• autorizzazione impianto e indicazione dei limiti di concentrazione di sostanze pericolose

    Alla luce della competenza costituzionale in materia di ambiente e in applicazione delle norme europee, le Regioni, anche quelle a statuto speciale, non possono toccare i livelli di tutela ambientale uniforme sull’intero territorio nazionale previsti dal Codice dell’ambiente, non potendo vietare aprioristicamente l’impiego di fanghi di depurazione, anche se di origine industriale, senza una effettiva e scientifica valutazione dei limiti di concentrazione di sostanze nocive o tossiche che confermi la loro pericolosità e dannosità.

    Il Consiglio di Stato
    Con una complessa pronuncia, il Consiglio di Stato, Sezione IV 6 giugno 2017, n. 2722, si è pronunciato sul tema dell’autorizzazione all’uso dei fanghi di depurazione, specie di quelli di origine industriale, in agricoltura, ancorando la pratica al necessario accertamento dei limiti di concentrazione, non potendo essere aprioristicamente vietato il reimpiego, che il Codice dell’Ambiente invece favorisce, ogni volta che esso risulti «appropriato».

    Autorizzazione provinciale
    Il provvedimento, impugnato da una ditta specializzata in attività di recupero di fanghi derivanti dai processi di depurazione, riguardava il rinnovo, nella Provincia di Nuoro, della autorizzazione all’utilizzo di tali fanghi in agricoltura come ammendanti ai sensi del d. Lgs n. 99 del 1992, laddove vietava l’utilizzo di quelli provenienti da impianti non autorizzati allo scarico, dietro riscontro di una serie di condizioni direttamente previste dalla legge unitamente al divieto assoluto di riutilizzo di fanghi provenienti da impianti di trattamento di reflui industriali contenenti sostanze pericolose.

    Regione Sardegna
    Sul punto, infatti, la normativa di settore adottata dalla Regione Sardegna, regione a Statuto speciale, vieta l’utilizzo nel suo territorio dei fanghi provenienti dagli impianti di depurazione non autorizzati allo scarico ai sensi della Parte III del d. Lgs. n. 152 del 2006, ma al contempo vieta l’impiego di fanghi provenienti da impianti di trattamento di reflui industriali contenenti sostanze pericolose.

    Codice dell’ambiente
    La normativa statale del Codice dell’ambiente, oltre a prevedere all’articolo 124 la preventiva autorizzazione degli scarichi, disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato negli impianti di depurazione, prevede tuttavia all’articolo 127, come norma di chiusura, che «i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti», prescrivendone quindi il riutilizzo in agricoltura «ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato», ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99.

    Direttiva 86/278/CEE
    In particolare, il d. Lgs 99/1992, recante attuazione della direttiva 86/278/CEE in materia di protezione dell’ambiente e del suolo nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, mira a evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull’uomo, incoraggiando un corretto utilizzo attraverso la fissazione dei livelli minimi di tutela e dei casi di divieto di utilizzazione dei fanghi, basati sul rigoroso controllo dei requisiti dei fanghi utilizzabili in agricoltura, in particolare vigilando sulla fase finale del ciclo di depurazione.

    Livelli di tutela
    Ricostruita la normativa statale ed europea di riferimento, i giudici hanno quindi ribadito il principio espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 180/2015, per cui la disciplina sui rifiuti rientra nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per cui spetta allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, residuando alle Regioni, nella materie di propria competenza, la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali, anche innalzando i livelli stabiliti, ma non derogando al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero peggiorandolo.

    Precauzione
    Sulla scorta di tali principi, la sentenza ha ritenuto costituire una norma prudenziale, pienamente valida, la previsione della Regione Sardegna della preventiva autorizzazione allo scarico dell’impianto di depurazione da cui provengono i fanghi di cui si discute, che innalza, quindi, i livelli di tutela ambientale previsti dalla normativa statale, facendo salvo il potere di integrare le condizioni o introdurre ulteriori limiti per l’utilizzo in agricoltura dei fanghi provenienti da depurazione delle acque.

    Limiti di concentrazione
    Al contempo, prosegue la sentenza, il provvedimento impugnato appare invece illegittimo, laddove fa applicazione della previsione regionale che impone il divieto assoluto di utilizzo in agricoltura dei fanghi «derivanti da acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose» individuate dalla disciplina regionale degli scarichi, senza che il divieto consegua a un effettivo superamento dei limiti di concentrazione, laddove la normativa europea e di recepimento chiaramente collegano il divieto di impiego a una valutazione suffragata da dati scientifici, che provi la dannosità degli stessi, con il superamento delle soglie limite di concentrazione delle sostanze pericolose o inquinanti.

     

    Così i Giudici:

    … il concetto di trattamento era riferibile al fango già separato, e non atteneva al processo depurativo di separazione dei fanghi dai reflui …  secondo i giudici I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato”); ed è parimenti vero che nessuna disposizione del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 fa riferimento alla previa autorizzazione dell’impianto di depurazione  … ma  costituisce norma prudenziale non illogica quella che impone che, a monte, l’impianto di depurazione venga autorizzato

    …  il divieto di utilizzo in agricoltura dei fanghi «derivanti da acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose di cui all’art. 2, lett. s), e all’allegato 6 della disciplina degli scarichi (D.G.R. n. 69/25 del 10.12.2008)», senza che sia stato al contempo stabilito alcun necessario superamenti dei limiti di concentrazione, appare integrare una prescrizione del tutto illogica, e foriera di un elemento impediente di portata assoluta.

    … si ritiene di avere prima dimostrato che il Legislatore comunitario (prima) e quello statuale poi, hanno stabilito che il divieto all’impiego debba conseguire ad una valutazione non aprioristica e generale, ma che, suffragata da dati scientifici, ancori il divieto di riutilizzazione dei fanghi alla conclamata dannosità degli stessi: stabilire – come nel caso di specie- un divieto non ancorato alla indicazione dei limiti di concentrazione, e non definire questi ultimi, appare prescrizione illogica, e foriera di conseguenze collidenti con la stessa applicabilità del precetto primario (che, come si è prima dimostrato, a determinate condizioni consente il riutilizzo).

     

    qui la sentenza CdS 2017 2722

Comments are closed.