Leggi d'Italia  
 
D.Lgs. 3-4-2006 n. 152
Norme in materia ambientale.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 aprile 2006, n. 88, S.O. n. 96.

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152   (1).

(commento di giurisprudenza)

Norme in materia ambientale. (2)


(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 aprile 2006, n. 88, S.O. n. 96.

(2) In deroga alle disposizioni relative alla valutazione di impatto ambientale contenute nel presente decreto, vedi l'art. 9, comma 5, D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 luglio 2008, n. 123 e l'art. 1, comma 2, D.L. 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 gennaio 2011, n. 1. Vedi, anche, l'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284. Sui limiti di applicabilità del presente decreto, vedi l'art. 369, comma 1, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66.

 


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;

Vista la legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione;

Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;

Viste le direttive 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, e 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, come modificata dalle direttive 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, e 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, nonché riordino e coordinamento delle procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per la prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC);

Vista la direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;

Vista la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque;

Vista la direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti;

Vista la direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi;

Vista la direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio;

Vista la direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali;

Vista la direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio;

Vista la direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell'11 marzo 1999, concernente la limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti;

Vista la direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi e recante modifica della direttiva 93/12/CEE;

Vista la direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione;

Vista la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che, in vista di questa finalità, «istituisce un quadro per la responsabilità ambientale» basato sul principio «chi inquina paga»;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 novembre 2005;

Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 gennaio 2006;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 10 febbraio e del 29 marzo 2006;

Sulla proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per la funzione pubblica, per gli affari regionali, dell'interno, della giustizia, della difesa, dell'economia e delle finanze, delle attività produttive, della salute, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali; (3)

Emana

il seguente decreto legislativo:


(3) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI E PRINCIPI GENERALI (4)

ART. 1  (Ambito di applicazione)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti:

a)  nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
b)  nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche;
c)  nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;
d)  nella parte quinta, la tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
e)  nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente.


(4) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Precedentemente, la rubrica era la seguente: “Disposizioni comuni”.

 


ART. 2  (Finalità)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.

2.  Per le finalità di cui al comma 1, il presente decreto provvede al riordino, al coordinamento e all'integrazione delle disposizioni legislative nelle materie di cui all'articolo 1, in conformità ai principi e criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9 dell'articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto degli obblighi internazionali, dell'ordinamento comunitario, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali. (5)

3.  Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


(5) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


ART. 3  (Criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi)

In vigore dal 26 agosto 2010

[1.  Le norme di cui al presente decreto non possono essere derogate, modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute. (6) ]

[2.  Entro due anni dalla data di pubblicazione del presente decreto legislativo, con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adotta i necessari provvedimenti per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. (7) ]

3.  Per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio acquisisce, entro 30 giorni dalla richiesta, il parere delle rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. (8) (10)

[4.  Entro il medesimo termine di cui al comma 2, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio provvede alla modifica ed all'integrazione delle norme tecniche in materia ambientale con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l'applicazione dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale. (9) ]

[5.  Ai fini degli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio si avvale, per la durata di due anni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un gruppo di dieci esperti nominati, con proprio decreto, fra professori universitari, dirigenti apicali di istituti pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione nei settori e nelle materie oggetto del presente decreto. Ai componenti del gruppo di esperti non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese. (9) ]


(6) Comma soppresso dall'art. 1, comma 2, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(7) Comma soppresso dall'art. 1, comma 2, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(8) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 2, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(9) Comma soppresso dall'art. 1, comma 2, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(10) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


ART. 3-bis  (Principi sulla produzione del diritto ambientale) (11)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  I principi posti dalla presente Parte prima e dagli articoli seguenti costituiscono i principi generali in tema di tutela dell'ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42, 44, 117, commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario. (12)

2.  I principi previsti dalla presente Parte Prima costituiscono regole generali della materia ambientale nell'adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell'emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente.

3.  Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica, purché sia comunque sempre garantito il rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle Regioni e degli Enti locali. (13)


(11) Articolo inserito dall'art. 1, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(12)  Comma così modificato dall'art. 1, comma 3, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(13)  Comma così sostituito dall'art. 1, comma 3, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


ART. 3-ter  (Principio dell'azione ambientale) (14)

In vigore dal 13 febbraio 2008

1.  La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio “chi inquina paga” che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.


(14) Articolo inserito dall'art. 1, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

 


ART. 3-quater  (Principio dello sviluppo sostenibile) (15)

In vigore dal 13 febbraio 2008

1.  Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.

2.  Anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.

3.  Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro.

4.  La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane.


(15) Articolo inserito dall'art. 1, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

 


ART. 3-quinquies  (Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione) (16)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  I principi contenuti nel presente decreto legislativo costituiscono le condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell'ambiente su tutto il territorio nazionale. (17)

2.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purché ciò non comporti un'arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali.

3.  Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell'azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell'entità dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati.

4.  Il principio di sussidiarietà di cui al comma 3 opera anche nei rapporti tra regioni ed enti locali minori. Qualora sussistano i presupposti per l'esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti di un ente locale, nelle materie di propria competenza la Regione può esercitare il suo potere sostitutivo. (18)


(16) Articolo inserito dall'art. 1, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(17) Comma così modificato dall'art. 1, comma 4, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(18) Comma così modificato dall'art. 1, comma 4, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


ART. 3-sexies  (Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo) (19)

In vigore dal 21 agosto 2014

1.  In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale.

1-bis.  Nel caso di piani o programmi da elaborare a norma delle disposizioni di cui all'allegato 1 alla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, qualora agli stessi non si applichi l'articolo 6, comma 2, del presente decreto, l'autorità competente all'elaborazione e all'approvazione dei predetti piani o programmi assicura la partecipazione del pubblico nel procedimento di elaborazione, di modifica e di riesame delle proposte degli stessi piani o programmi prima che vengano adottate decisioni sui medesimi piani o programmi. (20)

1-ter.  Delle proposte dei piani e programmi di cui al comma 1-bis l'autorità procedente dà avviso mediante pubblicazione nel proprio sito web. La pubblicazione deve contenere l'indicazione del titolo del piano o del programma, dell'autorità competente, delle sedi ove può essere presa visione del piano o programma e delle modalità dettagliate per la loro consultazione. (20)

1-quater.  L'autorità competente mette altresì a disposizione del pubblico il piano o programma mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione nel proprio sito web. (20)

1-quinquies  Entro il termine di sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'avviso di cui al comma 1-ter, chiunque può prendere visione del piano o programma ed estrarne copia, anche in formato digitale, e presentare all'autorità competente proprie osservazioni o pareri in forma scritta. (20)

1-sexies.  L'autorità procedente tiene adeguatamente conto delle osservazioni del pubblico presentate nei termini di cui al comma 1-quinquies nell'adozione del piano o programma. (20)

1-septies.  Il piano o programma, dopo che è stato adottato, è pubblicato nel sito web dell'autorità competente unitamente ad una dichiarazione di sintesi nella quale l'autorità stessa dà conto delle considerazioni che sono state alla base della decisione. La dichiarazione contiene altresì informazioni sulla partecipazione del pubblico. (20)


(19) Articolo inserito dall'art. 1, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(20) Comma aggiunto dall’ art. 16, comma 5-bis, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

 


PARTE SECONDA

PROCEDURE PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS), PER LA VALUTAZIONE DELL'IMPATTO AMBIENTALE (VIA) E PER L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (IPPC) (21) (22)

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D'INCIDENZA E L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA) (23) (24)

ART. 4  (Finalità) (25)

In vigore dal 21 luglio 2017

1.  Le norme del presente decreto costituiscono recepimento ed attuazione:

a)  della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull'ambiente;
b)  della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati; (29)
c)  della direttiva 2008/1/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008, concernente la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento. (26)

[2.  Il presente decreto individua, nell'ambito della procedura di Valutazione dell'impatto ambientale modalità di semplificazione e coordinamento delle procedure autorizzative in campo ambientale, ivi comprese le procedure di cui al Titolo III-bis, Parte Seconda del presente decreto. (27) (30) ]

3.  La valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la finalità di assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività economica. Per mezzo della stessa si affronta la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione.

4.  In tale ambito:

a)  la valutazione ambientale di piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull'ambiente ha la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile;
b)  la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un miglior ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione degli ecosistemi in quanto risorse essenziali per la vita. A questo scopo essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti ambientali di un progetto come definiti all'articolo 5, comma 1, lettera c); (31)
c)  l'autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato VIII e prevede misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale. (28)


(21) Parte sostituita dall'art. 1, comma 3 D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(22) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 3 D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, che ha sostituito l'intera Parte II. Precedentemente, la rubrica era la seguente: “Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC)”.

(23) Titolo sostituito dall'art. 1, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, nel presente titolo erano inseriti gli artt. da 4 a 6. In seguito alle modifiche apportate dal predetto D.Lgs. 4/2008 alla Parte II, sono stati inseriti nel presente titolo gli artt. da 4 a 10.

(24) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, che ha sostituito l'intera Parte II. Precedentemente, la rubrica del presente titolo era: “Norme generali”.

(25) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(26) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(27) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(28) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(29) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(30) Comma abrogato dall’ art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(31) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 5  (Definizioni) (32)

In vigore dal 17 luglio 2020

1.  Ai fini del presente decreto si intende per:

a)  valutazione ambientale di piani e programmi, nel seguito valutazione ambientale strategica, di seguito VAS: il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo II della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione ed il monitoraggio;
b)  valutazione d'impatto ambientale, di seguito VIA: il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto, l'elaborazione e la presentazione dello studio d'impatto ambientale da parte del proponente, lo svolgimento delle consultazioni, la valutazione dello studio d'impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente e degli esiti delle consultazioni, l'adozione del provvedimento di VIA in merito agli impatti ambientali del progetto, l'integrazione del provvedimento di VIA nel provvedimento di approvazione o autorizzazione del progetto; (47)
b-bis)  valutazione di impatto sanitario, di seguito VIS: elaborato predisposto dal proponente sulla base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell'Istituto superiore di sanità, al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e l'esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione; (48) (58)
b-ter)  valutazione d'incidenza: procedimento di carattere preventivo al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito o su un'area geografica proposta come sito della rete Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso; (48)
c)  impatti ambientali: effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un programma o di un progetto, sui seguenti fattori:
popolazione e salute umana;
biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE;
territorio, suolo, acqua, aria e clima;
beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio;
interazione tra i fattori sopra elencati.
Negli impatti ambientali rientrano gli effetti derivanti dalla vulnerabilità del progetto a rischio di gravi incidenti o calamità pertinenti il progetto medesimo; (49)
d)  patrimonio culturale: l'insieme costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici in conformità al disposto di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
e)  piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche:
1)  che sono elaborati e/o adottati da un'autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un'autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale e
2)  che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;
f)  rapporto ambientale: il documento del piano o del programma redatto in conformità alle previsioni di cui all'articolo 13;
g)  progetto: la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo. Ai fini del rilascio del provvedimento di VIA il proponente presenta il progetto di fattibilità come definito dall'articolo 23, commi 5 e 6, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, o, ove disponibile, il progetto definitivo come definito dall'articolo 23, comma 7, del decreto legislativo n. 50 del 2016, ed in ogni caso tale da consentire la compiuta valutazione dei contenuti dello studio di impatto ambientale ai sensi dell'allegato IV della direttiva 2011/92/UE; (45)
g-bis)  studio preliminare ambientale: documento da presentare per l'avvio del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, contenente le informazioni sulle caratteristiche del progetto e sui suoi probabili effetti significativi sull'ambiente, redatto in conformità alle indicazioni contenute nell'allegato IV-bis alla parte seconda del presente decreto; (50)
[h)  progetto definitivo: gli elaborati progettuali predisposti in conformità all'articolo 93 del decreto n. 163 del 2006 nel caso di opere pubbliche; negli altri casi, il progetto che presenta almeno un livello informativo e di dettaglio equivalente ai fini della valutazione ambientale; (46)]
i)  studio di impatto ambientale: documento che integra i progetti ai fini del procedimento di VIA, redatto in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 22 e alle indicazioni contenute nell'allegato VII alla parte seconda del presente decreto; (51)
i-bis)  sostanze: gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli organismi geneticamente modificati di cui ai decreti legislativi del 3 marzo 1993, n. 91 e n. 92; (33)
i-ter)  inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi; (33)
i-quater)  installazione: unità tecnica permanente, in cui sono svolte una o più attività elencate all'allegato VIII alla Parte Seconda e qualsiasi altra attività accessoria, che sia tecnicamente connessa con le attività svolte nel luogo suddetto e possa influire sulle emissioni e sull'inquinamento. È considerata accessoria l'attività tecnicamente connessa anche quando condotta da diverso gestore; (38)
i-quinquies)  installazione esistente: ai fini dell'applicazione del Titolo III-bis alla Parte Seconda una installazione che, al 6 gennaio 2013, ha ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale o per la quale, a tale data, sono state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che essa entri in funzione entro il 6 gennaio 2014. Le installazioni esistenti si qualificano come 'non già soggette ad AIA' se in esse non si svolgono attività già ricomprese nelle categorie di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dal decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128; (38)
i-sexies)  nuova installazione: una installazione che non ricade nella definizione di installazione esistente; (38)
i-septies)  emissione: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell'impianto, opera o infrastruttura, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore, agenti fisici o chimici, radiazioni, nell'aria, nell'acqua ovvero nel suolo; (33)
i-octies)  valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di un'emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, indicate nell'allegato X. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano, tranne i casi diversamente previsti dalla legge, nel punto di fuoriuscita delle emissioni dell'impianto; nella loro determinazione non devono essere considerate eventuali diluizioni. Per quanto concerne gli scarichi indiretti in acqua, l'effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dall'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente, fatto salvo il rispetto delle disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto; (33)
i-nonies)  norma di qualità ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualità, che sussistono in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella normativa vigente in materia ambientale; (33)
l)  modifica: la variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull'ambiente; (34)
l-bis)  modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: la variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell'impianto, dell'opera o dell'infrastruttura o del progetto che, secondo l'autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull'ambiente o sulla salute umana. In particolare, con riferimento alla disciplina dell'autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attività per la quale l'allegato VIII indica valori di soglia, è sostanziale una modifica all'installazione che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa; (39)
l-ter)  migliori tecniche disponibili (best available techniques - BAT): la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione e delle altre condizioni di autorizzazione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato XI. Si intende per:
1)  tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;
2)  disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente idonee nell'ambito del relativo comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli;
3)  migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso; (40)
l-ter.1)  'documento di riferimento sulle BAT' o 'BREF': documento pubblicato dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2010/75/UE; (41)
l-ter.2)  'conclusioni sulle BAT': un documento adottato secondo quanto specificato all'articolo 13, paragrafo 5, della direttiva 2010/75/UE, e pubblicato in italiano nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, contenente le parti di un BREF riguardanti le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, la loro descrizione, le informazioni per valutarne l'applicabilità, i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili, il monitoraggio associato, i livelli di consumo associati e, se del caso, le pertinenti misure di bonifica del sito; (41)
l-ter.4)  'livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili' o 'BAT-AEL': intervalli di livelli di emissione ottenuti in condizioni di esercizio normali utilizzando una migliore tecnica disponibile o una combinazione di migliori tecniche disponibili, come indicato nelle conclusioni sulle BAT, espressi come media in un determinato arco di tempo e nell'ambito di condizioni di riferimento specifiche; (41) (42)
l-ter.5)  'tecnica emergente': una tecnica innovativa per un'attività industriale che, se sviluppata commercialmente, potrebbe assicurare un più elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso o almeno lo stesso livello di protezione dell'ambiente e maggiori risparmi di spesa rispetto alle migliori tecniche disponibili esistenti; (41) (42)
m)  verifica di assoggettabilità a VIA di un progetto: la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se un progetto determina potenziali impatti ambientali significativi e negativi e deve essere quindi sottoposto al procedimento di VIA secondo le disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto; (52)
m-bis)  verifica di assoggettabilità di un piano o programma: la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, possano aver effetti significativi sull'ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto considerato il diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate; (35)
m-ter)  parere motivato: il provvedimento obbligatorio con eventuali osservazioni e condizioni che conclude la fase di valutazione di VAS, espresso dall'autorità competente sulla base dell'istruttoria svolta e degli esiti delle consultazioni; (35)
n)  provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA: il provvedimento motivato, obbligatorio e vincolante dell'autorità competente che conclude il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA; (53)
o)  provvedimento di VIA: il provvedimento motivato, obbligatorio e vincolante, che esprime la conclusione dell'autorità competente in merito agli impatti ambientali significativi e negativi del progetto, adottato sulla base dell'istruttoria svolta, degli esiti delle consultazioni pubbliche e delle eventuali consultazioni transfrontaliere; (54)
o-bis)  autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza l'esercizio di una installazione rientrante fra quelle di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c), o di parte di essa a determinate condizioni che devono garantire che l'installazione sia conforme ai requisiti di cui al Titolo III-bis ai fini dell'individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c). Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per una o più installazioni o parti di esse che siano localizzate sullo stesso sito e gestite dal medesimo gestore. Nel caso in cui diverse parti di una installazione siano gestite da gestori differenti, le relative autorizzazioni integrate ambientali sono opportunamente coordinate a livello istruttorio; (36)
o-ter)  condizione ambientale del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA: prescrizione vincolante, se richiesta dal proponente, relativa alle caratteristiche del progetto ovvero alle misure previste per evitare o prevenire impatti ambientali significativi e negativi, eventualmente associata al provvedimento negativo di verifica di assoggettabilità a VIA; (55)
o-quater)  condizione ambientale del provvedimento di VIA: prescrizione vincolante eventualmente associata al provvedimento di VIA che definisce le linee di indirizzo da seguire nelle successive fasi di sviluppo progettuale delle opere per garantire l'applicazione di criteri ambientali atti a contenere e limitare gli impatti ambientali significativi e negativi o incrementare le prestazioni ambientali del progetto, nonché i requisiti per la realizzazione del progetto o l'esercizio delle relative attività, ovvero le misure previste per evitare, prevenire, ridurre e, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi nonché, ove opportuno, le misure di monitoraggio; (57)
o-quinquies)  autorizzazione: il provvedimento che abilita il proponente a realizzare il progetto; (55)
p)  autorità competente: la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, l'elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l'adozione dei provvedimenti di VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale o del provvedimento comunque denominato che autorizza l'esercizio; (56)
q)  autorità procedente: la pubblica amministrazione che elabora il piano, programma soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma;
r)  proponente: il soggetto pubblico o privato che elabora il piano, programma o progetto soggetto alle disposizioni del presente decreto;
r-bis)  gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce, nella sua totalità o in parte, l'installazione o l'impianto oppure che dispone di un potere economico determinante sull'esercizio tecnico dei medesimi; (37)
s)  soggetti competenti in materia ambientale: le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere interessate agli impatti sull'ambiente dovuti all'attuazione dei piani, programmi o progetti;
t)  consultazione: l'insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella valutazione dei piani, programmi e progetti;
u)  pubblico: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;
v)  pubblico interessato: il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonché le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono considerate come aventi interesse;
v-bis)  relazione di riferimento: informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attività. Tali informazioni riguardano almeno: l'uso attuale e, se possibile, gli usi passati del sito, nonché, se disponibili, le misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee che ne illustrino lo stato al momento dell'elaborazione della relazione o, in alternativa, relative a nuove misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee tenendo conto della possibilità di una contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte delle sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate dall'installazione interessata. Le informazioni definite in virtù di altra normativa che soddisfano i requisiti di cui alla presente lettera possono essere incluse o allegate alla relazione di riferimento. Nella redazione della relazione di riferimento si terrà conto delle linee guida eventualmente emanate dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE; (43)
v-ter)  acque sotterranee: acque sotterranee quali definite all'articolo 74, comma 1, lettera l); (43)
v-quater)  suolo: lo strato più superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato roccioso e la superficie. Il suolo è costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Ai soli fini dell'applicazione della Parte Terza, l'accezione del termine comprende, oltre al suolo come precedentemente definito, anche il territorio, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali; (43)
v-quinquies)  ispezione ambientale: tutte le azioni, ivi compresi visite in loco, controllo delle emissioni e controlli delle relazioni interne e dei documenti di follow-up, verifica dell'autocontrollo, controllo delle tecniche utilizzate e adeguatezza della gestione ambientale dell'installazione, intraprese dall'autorità competente o per suo conto al fine di verificare e promuovere il rispetto delle condizioni di autorizzazione da parte delle installazioni, nonché, se del caso, monitorare l'impatto ambientale di queste ultime; (43)
v-sexies)  pollame: il pollame quale definito all'articolo 2, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 1993, n. 587; (43)
v-septies)  combustibile: qualsiasi materia combustibile solida, liquida o gassosa, che la norma ammette possa essere combusta per utilizzare l'energia liberata dal processo; (43)
v-octies)  sostanze pericolose: le sostanze o miscele, come definite all'articolo 2, punti 7 e 8, del regolamento (CE) n. 1272/2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, pericolose ai sensi dell'articolo 3 del medesimo regolamento. Ai fini della Parte Terza si applica la definizione di cui all'articolo 74, comma 2, lettera ee). (43)

1-bis.   Ai fini del della presente Parte Seconda si applicano inoltre le definizioni di 'impianto di incenerimento dei rifiuti' e di 'impianto di coincenerimento dei rifiuti' di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 237-ter. (44)


(32) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(33) Lettera inserita dall'art. 2, comma 2, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(34) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 2, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(35) Lettera inserita dall'art. 2, comma 2, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(36) Lettera sostituita dall'art. 2, comma 2, lett. h), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(37) Lettera inserita dall'art. 2, comma 2, lett. l), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. g), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(38) Lettera inserita dall'art. 2, comma 2, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(39) Lettera sostituita dall'art. 2, comma 2, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificata dall’ art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e dall’ art. 18, comma 1, lett. a), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(40) Lettera inserita dall'art. 2, comma 2, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(41) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(42) N.D.R.: La numerazione della presente lettera corrisponde a quanto pubblicato in GU.

(43) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 1, lett. h), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(44) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 1, lett. i), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(45) Lettera sostituita dall’ art. 15, comma 1, lett. a), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116. Successivamente, la presente lettera è stata sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, che ha sostituito la lettera g) con le lettere g) e g-bis). Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017. Infine, la presente lettera è stata così modificata dall’ art. 50, comma 1, lett. a), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(46) Lettera abrogata dall’ art. 15, comma 1, lett. b), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(47) Lettera sostituita dall'art. 2, comma 2, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, che ha sostituito l’originaria lettera b) con le attuali lettere b), b-bis) e b-ter). Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(48) Lettera inserita dall’ art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, che ha sostituito l’originaria lettera b) con le attuali lettere b), b-bis) e b-ter). Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(49) Lettera così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(50) Lettera inserita dall’ art. 2, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, che ha sostituito l’originaria lettera g) con le attuali lettere g) e g-bis). Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(51) Lettera sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. d), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017. Successivamente, la presente lettera è stata così modificata dall’ art. 50, comma 1, lett. a), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(52) Lettera modificata dall'art. 2, comma 2, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. e), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(53) Lettera così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. f), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(54) Lettera modificata dall'art. 2, comma 2, lett. g), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. g), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(55) Lettera inserita dall’ art. 2, comma 1, lett. h), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(56) Lettera modificata dall'art. 2, comma 2, lett. i), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’ art. 1, comma 1, lett. f), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. i), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(57) Lettera inserita dall’ art. 2, comma 1, lett. h), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017. Successivamente, la presente lettera è stata così modificata dall’ art. 50, comma 1, lett. a), n. 3), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(58) In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi le linee guida adottate con D.M. 27 marzo 2019.

 


ART. 6  (Oggetto della disciplina) (59)

In vigore dal 17 luglio 2020

1.  La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale.

2.  Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:

a)  che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, II-bis, III e IV del presente decreto; (78)
b)  per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.

3.  Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento. (61)

3-bis.  L'autorità competente valuta, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12, se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti, producano impatti significativi sull'ambiente. (62)

3-ter.  Per progetti di opere e interventi da realizzarsi nell'ambito del Piano regolatore portuale o del Piano di sviluppo aeroportuale, già sottoposti ad una valutazione ambientale strategica, e che rientrano tra le categorie per le quali è prevista la Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano regolatore portuale o dal Piano di sviluppo aeroportuale. Qualora il Piano regolatore Portuale, il Piano di sviluppo aeroportuale ovvero le rispettive varianti abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale nella loro interezza secondo le norme comunitarie, tale valutazione è effettuata secondo le modalità e le competenze previste dalla Parte Seconda del presente decreto ed è integrata dalla valutazione ambientale strategica per gli eventuali contenuti di pianificazione del Piano e si conclude con un unico provvedimento. (63)

4.  Sono comunque esclusi dal campo di applicazione del presente decreto:

a)  i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o ricadenti nella disciplina di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni; (64)
b)  i piani e i programmi finanziari o di bilancio;
c)  i piani di protezione civile in caso di pericolo per l'incolumità pubblica;
c-bis)  i piani di gestione forestale o strumenti equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o sovraziendale di livello locale, redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile e approvati dalle regioni o dagli organismi dalle stesse individuati; (60)
c-ter)  i piani, i programmi e i provvedimenti di difesa fitosanitaria adottati dal Servizio fitosanitario nazionale che danno applicazione a misure fitosanitarie di emergenza (83).

5.  La valutazione d'impatto ambientale si applica ai progetti che possono avere impatti ambientali significativi e negativi, come definiti all'articolo 5, comma 1, lettera c). (65)

6.  La verifica di assoggettabilità a VIA è effettuata per:

a)  i progetti elencati nell'allegato II alla parte seconda del presente decreto, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni;
b)  le modifiche o le estensioni dei progetti elencati nell'allegato II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, la cui realizzazione potenzialmente possa produrre impatti ambientali significativi e negativi, ad eccezione delle modifiche o estensioni che risultino conformi agli eventuali valori limite stabiliti nei medesimi allegati II e III;
c)  i progetti elencati nell'allegato II-bis alla parte seconda del presente decreto, in applicazione dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015;
d)  i progetti elencati nell'allegato IV alla parte seconda del presente decreto, in applicazione dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015. (79)

7.  La VIA è effettuata per:

a)  i progetti di cui agli allegati II e III alla parte seconda del presente decreto;
b)  i progetti di cui agli allegati II-bis e IV alla parte seconda del presente decreto, relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, che ricadono, anche parzialmente, all'interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, ovvero all'interno di siti della rete Natura 2000;
c)  i progetti elencati nell'allegato II alla parte seconda del presente decreto, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni, qualora, all'esito dello svolgimento della verifica di assoggettabilità a VIA, l'autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali significativi;
d)  le modifiche o estensioni dei progetti elencati negli allegati II e III che comportano il superamento degli eventuali valori limite ivi stabiliti;
e)  le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, qualora, all'esito dello svolgimento della verifica di assoggettabilità a VIA, l'autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali significativi e negativi;
f)  i progetti di cui agli allegati II-bis e IV alla parte seconda del presente decreto, qualora all'esito dello svolgimento della verifica di assoggettabilità a VIA, in applicazione dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015, l'autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali significativi e negativi. (80)

[8.  Per i progetti di cui agli allegati III e IV, ricadenti all'interno di aree naturali protette, le soglie dimensionali, ove previste, sono ridotte del cinquanta per cento. Le medesime riduzioni si applicano anche per le soglie dimensionali dei progetti di cui all'allegato II, punti 4-bis) e 4-ter), relativi agli elettrodotti facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale. (69) (74) (81) ]

9.  Per le modifiche, le estensioni o gli adeguamenti tecnici finalizzati a migliorare il rendimento e le prestazioni ambientali dei progetti elencati negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, fatta eccezione per le modifiche o estensioni di cui al comma 7, lettera d), il proponente, in ragione della presunta assenza di potenziali impatti ambientali significativi e negativi, ha la facoltà di richiedere all'autorità competente, trasmettendo adeguati elementi informativi tramite apposite liste di controllo, una valutazione preliminare al fine di individuare l'eventuale procedura da avviare. L'autorità competente, entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta di valutazione preliminare, comunica al proponente l'esito delle proprie valutazioni, indicando se le modifiche, le estensioni o gli adeguamenti tecnici devono essere assoggettati a verifica di assoggettabilità a VIA, a VIA, ovvero non rientrano nelle categorie di cui ai commi 6 o 7. L'esito della valutazione preliminare e la documentazione trasmessa dal proponente sono tempestivamente pubblicati dall'autorità competente sul proprio sito internet istituzionale. (75) (85)

10.  Per i progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettivo la difesa nazionale e per i progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, dopo una valutazione caso per caso, può disporre, con decreto, l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione delle norme di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare i suddetti obiettivi. (66)

11.  Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 32, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può, in casi eccezionali, previo parere del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora l'applicazione di tali disposizioni incida negativamente sulla finalità del progetto, a condizione che siano rispettati gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto ambientale. In tali casi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:

a)  esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione;
b)  mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;
c)  informa la Commissione europea, prima del rilascio dell'autorizzazione, dei motivi che giustificano l'esenzione accordata fornendo tutte le informazioni acquisite. (82)

12.  Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale, urbanistica o della destinazione dei suoli conseguenti all'approvazione dei piani di cui al comma 3-ter, nonché a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere. (84)

13.  L'autorizzazione integrata ambientale è necessaria per:

a)  le installazioni che svolgono attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda; (70)
b)  le modifiche sostanziali degli impianti di cui alla lettera a) del presente comma. (67)

14.  Per le attività di smaltimento o di recupero di rifiuti svolte nelle installazioni di cui all'articolo 6, comma 13, anche qualora costituiscano solo una parte delle attività svolte nell'installazione, l'autorizzazione integrata ambientale, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 29-quater, comma 11, costituisce anche autorizzazione alla realizzazione o alla modifica, come disciplinato dall'articolo 208. (71)

15.  Per le installazioni di cui alla lettera a) del comma 13, nonché per le loro modifiche sostanziali, l'autorizzazione integrata ambientale è rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al presente decreto e dei termini di cui all'articolo 29-quater, comma 10. (71)

16.  L'autorità competente, nel determinare le condizioni per l'autorizzazione integrata ambientale, fermo restando il rispetto delle norme di qualità ambientale, tiene conto dei seguenti principi generali:

a)  devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili;
b)  non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;
c)  è prevenuta la produzione dei rifiuti, a norma della parte quarta del presente decreto; i rifiuti la cui produzione non è prevenibile sono in ordine di priorità e conformemente alla parte quarta del presente decreto, riutilizzati, riciclati, ricuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono smaltiti evitando e riducendo ogni loro impatto sull'ambiente; (72)
d)  l'energia deve essere utilizzata in modo efficace ed efficiente;
e)  devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;
f)  deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività e il sito stesso deve essere ripristinato conformemente a quanto previsto all'articolo 29-sexies, comma 9-quinquies. (73) (67)

17.  Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all'adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell'ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l'aliquota di prodotto di cui all'articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l'olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell'incremento dell'aliquota ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione , rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare, e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assicurare il pieno svolgimento delle azioni di monitoraggio, ivi compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni ambientali in ambito costiero e marino, anche mediante l'impiego dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per l'ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza ambientale, e di contrasto dell'inquinamento marino. (68) (76) (77)


(59) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. l), D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90. Successivamente, l'abrogazione è stata confermata dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(60) Lettera aggiunta dall'art. 4-undecies, comma 1, D.L. 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 205.

(61) Comma così modificato dall'art. 2, comma 3, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(62) Comma così modificato dall'art. 2, comma 3, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(63) Comma inserito dall'art. 2, comma 3, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. b), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale ultima disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(64) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 3, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(65) Comma modificato dall'art. 2, comma 3, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(66) Comma modificato dall'art. 2, comma 3, lett. g), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 3, comma 1, lett. g), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(67) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 3, lett. h), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(68) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 3, lett. h), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e modificato dall'art. 3, comma 1, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121 e dall'art. 24, comma 1, lett. a), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35. Successivamente il presente comma è stato sostituito dall'art. 35, comma 1, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. Infine il presente comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 239, L. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016, e dall’ art. 2, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(69) Comma così modificato dall'art. 36, comma 7-bis, lett. d), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.

(70) Lettera così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(71) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 3, lett. h), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(72) Lettera così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(73) Lettera così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(74) Sull’applicabilità delle disposizioni di cui al presente comma vedi l’ art. 15, comma 3, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(75) Comma sostituito dall’ art. 15, comma 1, lett. d), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116. Successivamente, il presente comma è stato sostituito dall’ art. 3, comma 1, lett. f), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017. Infine, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

(76) La Corte costituzionale, con sentenza 19 gennaio-2 febbraio 2016, n. 17 (Gazz. Uff. 3 febbraio 2016, n. 5 – Prima serie speciale), ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare - dichiarata legittima con ordinanza del 26 novembre 2015 dell’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, e come trasferita con ordinanza del 7 gennaio 2016 dello stesso Ufficio centrale per il referendum - per l’abrogazione del terzo periodo del presente comma, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1. L. 28 dicembre 2015, n. 208, limitatamente alle seguenti parole: «per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale». Il referendum popolare è stato indetto con D.P.R. 15 febbraio 2016.

(77) La Corte costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto 11 aprile-19 maggio 2017, n. 114 (Gazz. Uff. 24 maggio 2017, n. 21 – Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale del comma 239 dell’art. 1, L. 28 dicembre 2015, n. 208, che ha modificato il presente comma, in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

(78) Lettera così modificata dall’ art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(79) Comma così sostituito dall’ art. 3, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(80) Comma sostituito dall'art. 2, comma 3, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e modificato dall’ art. 15, comma 1, lett. c), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 3, comma 1, lett. d), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(81) Comma soppresso dall’ art. 3, comma 1, lett. e), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(82) Comma così sostituito dall’ art. 3, comma 1, lett. h), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(83) Lettera aggiunta dall’ art. 8, comma 3, D.L. 29 marzo 2019, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2019, n. 44.

(84) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 3, lett. h), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. b), n. 3), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale ultima disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(85) Sui contenuti della modulistica necessaria ai fini della presentazione delle liste di controllo di cui al presente comma vedi il Decreto 3 agosto 2017, n. 239 e il Decreto 5 febbraio 2018, n. 48.

 


ART. 7  (Competenze in materia di VAS e di AIA) (90) (86)

In vigore dal 21 luglio 2017

1.  Sono sottoposti a VAS in sede statale i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete ad organi dello Stato.

2.  Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali.

[3.  Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II al presente decreto. (91) ]

[4.  Sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali, i progetti di cui agli allegati III e IV al presente decreto. (91) ]

4-bis.  Sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle attività di cui all'allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali. (87)

4-ter.  Sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali i progetti di cui all'allegato VIII che non risultano ricompresi anche nell'allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali. (87)

5.  In sede statale, l'autorità competente ai fini della VAS e dell'AIA è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il parere motivato in sede di VAS è espresso dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, che collabora alla relativa attività istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (88)

6.  In sede regionale, l'autorità competente ai fini della VAS e dell'AIA è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome. (92)

7.  Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti locali in materia di VAS e di AIA. Disciplinano inoltre:

a)  i criteri per la individuazione degli enti locali territoriali interessati;
b)  i criteri specifici per l'individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale;
c)  fermo il rispetto della legislazione europea, eventuali ulteriori modalità, rispetto a quelle indicate nel presente decreto, purché con questo compatibili, per l'individuazione dei piani e programmi o progetti o installazioni da sottoporre a VAS ed AIA e per lo svolgimento della relativa consultazione;
d)  le modalità di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti al processo di VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni nazionali in materia;
e)  le regole procedurali per il rilascio dei provvedimenti di AIA e dei pareri motivati in sede di VAS di propria competenza, fermo restando il rispetto dei limiti generali di cui al presente decreto ed all'articolo 29 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. (93)

8.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di valutazione in corso.

9.  Le Regioni e le Province Autonome esercitano la competenza ad esse assegnata dai commi 2, 4 e 7 nel rispetto dei principi fondamentali dettati dal presente Titolo. (89)


(86) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo II, Capo I, del presente provvedimento.

(87) Comma inserito dall'art. 2, comma 4, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(88) Comma modificato dall'art. 2, comma 4, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e sostituito dall’ art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(89) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 4, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(90) Rubrica così sostituita dall’ art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(91) Comma abrogato dall’ art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(92) Comma così sostituito dall’ art. 4, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(93) Comma modificato dall'art. 2, comma 4, lett. c) e d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’ art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 4, comma 1, lett. d), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


ART. 7-bis  (Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA) (94)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.   La verifica di assoggettabilità a VIA e la VIA vengono effettuate ai diversi livelli istituzionali, tenendo conto dell'esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni.

2.   Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II-bis alla parte seconda del presente decreto.

2-bis.  Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, individua, con uno più decreti, successivamente aggiornati, ove necessario, con cadenza semestrale, le tipologie di progetti e le opere necessarie per l'attuazione del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC), nonché le aree non idonee alla realizzazione di tali progetti o opere, tenendo conto delle caratteristiche del territorio, sociali, industriali, urbanistiche, paesaggistiche e morfologiche e delle aree sia a terra che a mare caratterizzate dalla presenza di siti di interesse nazionale da bonificare ovvero limitrofe, con particolare riferimento all'assetto idrogeologico e alle vigenti pianificazioni, da sottoporre a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA in sede statale ai sensi del comma 2. (95)

2-ter.   L'individuazione delle aree di cui al comma 2-bis deve avvenire nel rispetto delle esigenze di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, nonché delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici e del suolo, tenuto conto dei suoli degradati le cui funzioni ecosistemiche risultano pregiudicate in modo irreversibile e definitivo. (95)

2-quater.   Per la realizzazione delle opere di cui al comma 2-bis occorre privilegiare, ove possibile, l'utilizzo di superfici di strutture edificate, comprese le piattaforme petrolifere in disuso. (95)

3.   Fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis, sono sottoposti a VIA in sede regionale, i progetti di cui all'allegato III alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA in sede regionale i progetti di cui all'allegato IV alla parte seconda del presente decreto. (96)

4.   In sede statale, l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che esercita le proprie competenze in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per le attività istruttorie relative al procedimento di VIA. Il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA è adottato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA è adottato nelle forme e con le modalità di cui all'articolo 25, comma 2, e all'articolo 27, comma 8.

5.   In sede regionale, l'autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome.

6.   Qualora nei procedimenti di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA l'autorità competente coincida con l'autorità proponente di un progetto, le autorità medesime provvedono a separare in maniera appropriata, nell'ambito della propria organizzazione delle competenze amministrative, le funzioni confliggenti in relazione all'assolvimento dei compiti derivanti dal presente decreto. Le autorità competenti evitano l'insorgenza di situazioni che diano origine a un conflitto di interessi e provvedono a segnalare ogni situazione di conflitto, anche potenziale, alle competenti autorità. (97)

7.   Qualora un progetto sia sottoposto a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA di competenza regionale, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano che le procedure siano svolte in conformità agli articoli da 19 a 26 e da 27-bis a 29 del presente decreto. Il procedimento di VIA di competenza regionale si svolge con le modalità di cui all'articolo 27-bis.

8.   Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o regolamenti l'organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonché l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali. La potestà normativa di cui al presente comma è esercitata in conformità alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonché per la destinazione alle finalità di cui all'articolo 29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis.

8-bis.   Limitatamente agli interventi necessari per il superamento di sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in caso di inerzia regionale per i progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA ai sensi del comma 3, lo Stato esercita i poteri sostitutivi di cui all'articolo 41 della legge 24 dicembre 2012 n. 234. (98)

9.   A decorrere dal 31 dicembre 2017, e con cadenza biennale, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano informano il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e di VIA, fornendo:

a)  il numero di progetti di cui agli allegati III e IV sottoposti ad una valutazione dell'impatto ambientale;
b)  la ripartizione delle valutazioni dell'impatto ambientale secondo le categorie dei progetti di cui agli allegati III e IV;
c)  il numero di progetti di cui all'allegato IV sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA;
d)  la durata media delle procedure di valutazione dell'impatto ambientale;
e)  stime generali dei costi medi diretti delle valutazioni dell'impatto ambientale, incluse le stime degli effetti sulle piccole e medie imprese.

10.   A decorrere dal 16 maggio 2017, ed ogni 6 anni, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informa la Commissione europea circa lo stato di attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.


(94) Articolo inserito dall’ art. 5, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(95) Comma inserito dall’ art. 50, comma 1, lett. c), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(96) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. c), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(97) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. c), n. 3), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(98) Comma inserito dall’ art. 50, comma 1, lett. c), n. 4), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 8  (Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS) (99)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Il supporto tecnico-scientifico all'autorità competente per l'attuazione delle norme di cui ai Titoli II e III della presente parte nel caso di piani, programmi e progetti per i quali le valutazioni ambientali VIA e VAS spettano allo Stato è assicurato dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS, composta da un numero massimo di quaranta commissari, inclusi il Presidente e il Segretario, posta alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per lo svolgimento delle istruttorie tecniche la Commissione può avvalersi, tramite appositi protocolli d'intesa, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, a norma della legge 28 giugno 2016, n. 132 e, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, degli altri enti pubblici di ricerca. Per i procedimenti per i quali sia riconosciuto un concorrente interesse regionale, all'attività istruttoria partecipa un esperto designato dalle Regioni e dalle Province autonome interessate, individuato tra i soggetti in possesso di adeguata professionalità ed esperienza nel settore della valutazione dell'impatto ambientale e del diritto ambientale. (100)

2.  I commissari di cui al comma 1 sono scelti tra professori o ricercatori universitari, tra il personale di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, ivi compreso quello appartenente ad enti di ricerca, al Sistema nazionale a rete per la protezione dell'am-biente di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132, all'Istituto superiore di sanità ovvero tra soggetti anche estranei alla pubblica amministrazione, provvisti del diploma di laurea di vecchio ordinamento, di laurea specialistica o magistrale, con adeguata esperienza professionale di almeno cinque anni, all'atto della nomina; il loro incarico dura quattro anni ed è rinnovabile una sola volta. I commissari sono nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza obbligo di procedura concorsuale e con determinazione motivata esclusivamente in ordine al possesso da parte dei prescelti dei necessari requisiti di comprovata professionalità e competenza nelle materie ambientali, economiche, giuridiche e di sanità pubblica, garantendo il rispetto del principio dell'equilibrio di genere. Ai commissari, qualora provenienti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché se personale di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, si applica quanto previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, per il personale in regime di diritto pubblico, quanto stabilito dai rispettivi ordinamenti. Ai commissari spetta il compenso definito con le modalità di cui al comma 5 esclusivamente in ragione dei compiti istruttori effettivamente svolti e solo a seguito dell'adozione del relativo provvedimento finale.

2-bis.   Per lo svolgimento delle procedure di valutazione ambientale di competenza statale dei progetti individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 7-bis, comma 2-bis, è istituita la Commissione Tecnica PNIEC, posta alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e formata da un numero massimo di venti unità, in possesso di laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea, con almeno cinque anni di esperienza professionale e con competenze adeguate alla valutazione tecnica ed ambientale dei predetti progetti, individuate in base all'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, tra il personale di ruolo del CNR, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132, dell'ENEA e dell'ISS, secondo le modalità di cui al comma 2, secondo periodo. I componenti nominati nella Commissione Tecnica PNIEC non possono far parte della Commissione di cui al comma 1 del presente articolo. Nella nomina dei membri è garantito il rispetto dell'equilibrio di genere. I componenti della Commissione Tecnica PNIEC sono nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 7-bis, comma 2-bis. I componenti della Commissione Tecnica PNIEC restano in carica quattro anni e sono rinnovabili per una sola volta. Ai commissari spetta una indennità aggiuntiva definita con le modalità di cui al comma 5, esclusivamente in ragione dei compiti istruttori effettivamente svolti e solo a seguito dell'adozione del relativo provvedimento finale. Per lo svolgimento delle istruttorie tecniche la Commissione può avvalersi, tramite appositi protocolli d'intesa, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente a norma della legge 28 giugno 2016, n. 132, e degli altri enti pubblici di ricerca. La Commissione opera con le modalità previste dall'articolo 20, dall'articolo 21, dall'articolo 23, dall'articolo 24, dai commi 1, 2-bis, 3, 4, 5, 6 e 7 dell'articolo 25, e dall'articolo 27, del presente decreto. (104)

[3.  Al fine di assicurare il necessario supporto tecnico e giuridico, la Commissione si avvale di un Comitato tecnico istruttorio posto alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, formato da trenta unità di personale pubblico con almeno cinque anni di anzianità di servizio nella pubblica amministrazione ed esperienza professionale e competenze adeguate ai profili individuati, e collocato in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o analoga posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. All'atto del collocamento in fuori ruolo è reso indisponibile per tutta la durata dello stesso un numero di posti nella dotazione organica dell'amministrazione di provenienza equivalente dal punto di vista finanziario. I componenti del Comitato sono nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e individuati tra gli appartenenti ad Amministrazioni pubbliche, al Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, all'ENEA, ad altri Enti di ricerca, nonché, per lo svolgimento delle attività istruttorie in materia di impatto sanitario, sino a sei unità designate dal Ministro della salute. I componenti del Comitato restano in carica cinque anni e sono rinominabili per una sola volta. (101) ]

4.  Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro della salute, sono stabilite per i profili di rispettiva competenza l'articolazione, l'organizzazione, le modalità di funzionamento e la disciplina delle situazioni di inconferibilità, incompatibilità e conflitto di interessi anche potenziale della Commissione e della Commissione tecnica PNIEC. (102)

5.  A decorrere dall'anno 2017, con decreto annuale del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i costi di funzionamento della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale e della Commissione tecnica PNIEC, comprensivi dei compensi per i relativi componenti, in misura complessivamente non superiore all'ammontare delle tariffe di cui all'articolo 33 del presente decreto, versate all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno precedente, senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. I compensi sono stabiliti proporzionalmente alle responsabilità di ciascun membro della Commissione e della Commissione tecnica PNIEC e in ragione dei compiti istruttori effettivamente svolti, fermo restando che gli oneri relativi al trattamento economico fondamentale del personale di cui al comma 3 restano in carico all'amministrazione di appartenenza. (103)

6.  Resta in ogni caso fermo, per i commissari, quanto stabilito dall'articolo 6-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. In caso di accertata violazione delle prescrizioni del decreto legislativo n. 39 del 2013, fermo restando ogni altro profilo di responsabilità, il componente responsabile decade dall'incarico con effetto dalla data dell'accertamento. Per gli iscritti agli ordini professionali la violazione viene segnalata dall'autorità competente.

7.  Nel caso di progetti per i quali la VIA spetta alle Regioni e alle Province Autonome, queste ultime assicurano che l'autorità competente disponga di adeguate competenze tecnico-scientifiche o, se necessario, si avvalga di adeguate figure di comprovata professionalità, competenza ed esperienza per l'attuazione delle norme di cui ai Titoli II e III della presente parte.


(99) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II, e modificato dall'art. 4, comma 1-ter, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13, dall'art. 2, comma 5, lett. a), b) e c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’ art. 4, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 6, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo II, Capo I, del presente provvedimento.

(100) Comma così modificato dall’ art. 228, comma 1, lett. a), D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.

(101) Comma abrogato dall’ art. 228, comma 1, lett. b), D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.

(102) Comma così modificato dall’ art. 228, comma 1, lett. c), D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e, successivamente, dall’ art. 50, comma 1, lett. d), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale ultima disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(103) Comma così modificato dall’ art. 228, comma 1, lett. d), D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e, successivamente, dall’ art. 50, comma 1, lett. d), n. 3), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale ultima disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(104) Comma inserito dall’ art. 50, comma 1, lett. d), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 8-bis  (Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale - IPPC) (105)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  La Commissione istruttoria per l'IPPC, di cui all'articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, svolge l'attività di supporto scientifico per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con specifico riguardo alle norme di cui al titolo III-bis del presente decreto. La Commissione svolge i compiti di cui all'articolo 10, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90.

2.  I componenti della Commissione sono nominati nel rispetto dell'articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Si applicano i commi 2 e 3 dell'articolo 8 del presente decreto.


(105) Articolo inserito dall'art. 2, comma 6, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


ART. 9  (Norme procedurali generali) (106)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Alle procedure di verifica e autorizzazione disciplinate dal presente decreto si applicano, in quanto compatibili, le norme della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, concernente norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. (107)

2.  L'autorità competente, ove ritenuto utile indice, così come disciplinato dagli articoli che seguono, una o più conferenze di servizi ai sensi dell’ articolo 14 della legge n. 241 del 1990 al fine di acquisire elementi informativi e le valutazioni delle altre autorità pubbliche interessate. (108)

3.  Nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico, nell'ambito delle procedure di seguito disciplinate, l'autorità competente può concludere con il proponente o l'autorità procedente e le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei procedimenti.

4.  Per ragioni di segreto industriale o commerciale è facoltà del proponente presentare all'autorità competente motivata richiesta di non rendere pubblica parte della documentazione relativa al progetto, allo studio preliminare ambientale o allo studio di impatto ambientale. L'autorità competente, verificate le ragioni del proponente, accoglie o respinge motivatamente la richiesta soppesando l'interesse alla riservatezza con l'interesse pubblico all'accesso alle informazioni. L'autorità competente dispone comunque della documentazione riservata, con l'obbligo di rispettare le disposizioni vigenti in materia. L'invio di informazioni a un altro Stato membro e il ricevimento di informazioni da un altro Stato membro sono soggetti alle restrizioni vigenti nello Stato membro in cui il progetto è proposto. (109)

4-bis.  L'autorità competente provvede a mettere a disposizione del pubblico, mediante il proprio sito internet istituzionale, le informazioni pratiche sull'accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale. Ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 7 agosto 1990 n. 241, in ogni atto notificato al destinatario sono indicati l'autorità cui è possibile ricorrere e il relativo termine. (110)


(106) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo II, Capo I, del presente provvedimento.

(107) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 7, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(108) Comma così modificato dall’ art. 5, comma 1, lett. a), D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127; per l’applicazione di tale disposizione vedi l’ art. 7, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 127/2016.

(109) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. e), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(110) Comma aggiunto dall’ art. 50, comma 1, lett. e), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 10  (Coordinamento delle procedure di VAS, VIA, Verifica di assoggettabilità a VIA, Valutazione di incidenza e Autorizzazione integrata ambientale) (116) (111)

In vigore dal 21 luglio 2017

1.  Nel caso di progetti per i quali è prevista la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA, l'autorizzazione integrata ambientale può essere rilasciata solo dopo che, ad esito della predetta procedura di verifica, l'autorità competente abbia valutato di non assoggettare i progetti a VIA. (112)

[1-bis.  Nei casi di cui al comma 1, lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali contengono anche le informazioni previste ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 29-ter e il provvedimento finale le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 29-sexies e 29-septies del presente decreto. Qualora la documentazione prodotta risulti incompleta, si applica il comma 4 dell'articolo 23. (113) (117) ]

[1-ter.  Le condizioni e le misure supplementari di cui al comma 1-bis sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29-quattuordecies. (115) (117) ]

[2.  Le regioni e le province autonome assicurano che, per i progetti per i quali la valutazione d'impatto ambientale sia di loro attribuzione e che ricadano nel campo di applicazione dell'allegato VIII del presente decreto, la procedura per il rilascio di autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell'ambito del procedimento di VIA. È in ogni caso disposta l'unicità della consultazione del pubblico per le due procedure. Se l'autorità competente in materia di VIA coincide con quella competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, le disposizioni regionali e delle province autonome possono prevedere che il provvedimento di valutazione d'impatto ambientale faccia luogo anche di quella autorizzazione. In questo caso, si applica il comma 1-bis del presente articolo. (114) (117) ]

3.  La VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d'incidenza di cui all'articolo 5 del decreto n. 357 del 1997; a tal fine, il rapporto ambientale, lo studio preliminare ambientale o lo studio di impatto ambientale contengono gli elementi di cui all'allegato G dello stesso decreto n. 357 del 1997 e la valutazione dell'autorità competente si estende alle finalità di conservazione proprie della valutazione d'incidenza oppure dovrà dare atto degli esiti della valutazione di incidenza. Le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale.

4.  La verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 19 può essere condotta, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell'ambito della VAS. In tal caso le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale. (118)

5.  Nella redazione dello studio di impatto ambientale di cui all'articolo 22, relativo a progetti previsti da piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale, possono essere utilizzate le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale. Nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS.


(111) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo II, Capo I, del presente provvedimento.

(112) Comma modificato dall'art. 2, comma 8, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 24, comma 1, lett. b), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35 e dall’ art. 5, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 7, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(113) Comma inserito dall'art. 2, comma 8, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(114) Comma così modificato dall'art. 2, comma 8, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(115) Comma inserito dall'art. 2, comma 8, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 5, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(116) Rubrica così sostituita dall’ art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(117) Comma abrogato dall’ art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(118) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


TITOLO II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (119) (120)

ART. 11  (Modalità di svolgimento) (121)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  La valutazione ambientale strategica è avviata dall'autorità procedente contestualmente al processo di formazione del piano o programma e comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 18:

a)  lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità limitatamente ai piani e ai programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3-bis; (122)
b)  l'elaborazione del rapporto ambientale;
c)  lo svolgimento di consultazioni;
d)  la valutazione del rapporto ambientale e gli esiti delle consultazioni;
e)  la decisione;
f)  l'informazione sulla decisione;
g)  il monitoraggio.

2.  L'autorità competente, al fine di promuovere l'integrazione degli obiettivi di sostenibilità ambientale nelle politiche settoriali ed il rispetto degli obiettivi, dei piani e dei programmi ambientali, nazionali ed europei:

a)  esprime il proprio parere sull'assoggettabilità delle proposte di piano o di programma alla valutazione ambientale strategica nei casi previsti dal comma 3 dell'articolo 6;
b)  collabora con l'autorità proponente al fine di definire le forme ed i soggetti della consultazione pubblica, nonché l'impostazione ed i contenuti del Rapporto ambientale e le modalità di monitoraggio di cui all'articolo 18;
c)  esprime, tenendo conto della consultazione pubblica, dei pareri dei soggetti competenti in materia ambientale, un proprio parere motivato sulla proposta di piano e di programma e sul rapporto ambientale nonché sull'adeguatezza del piano di monitoraggio e con riferimento alla sussistenza delle risorse finanziarie.

3.  La fase di valutazione è effettuata anteriormente all'approvazione del piano o del programma, ovvero all'avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione. (123)

4.  La VAS viene effettuata ai vari livelli istituzionali tenendo conto dell'esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni.

5.  La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.


(119) Titolo sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, erano parti del presente titolo: il Capo I, Disposizioni comuni in materia di VAS, in cui erano inseriti gli artt. da 7 a 14 del presente provvedimento; il Capo II, Disposizioni specifiche per la VAS in sede statale, in cui erano inseriti gli artt. da 15 a 20 del presente provvedimento; il Capo III, Disposizioni specifiche per la VAS in sede regionale o provinciale, in cui erano inseriti gli artt. 21 e 22 del presente provvedimento. In seguito alle modifiche apportate dal predetto D.Lgs. 4/2008 alla Parte II, gli artt. da 7 a 10 e da 19 a 22 sono inseriti rispettivamente nella Parte II, Titolo I e nella Parte II, Titolo III del presente provvedimento.

(120) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II. Precedentemente, la rubrica del presente titolo era: “Valutazione ambientale strategica - VAS”.

(121) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(122) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 9, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(123) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 9, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


ART. 12  (Verifica di assoggettabilità) (124)

In vigore dal 21 agosto 2014

1.  Nel caso di piani e programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3-bis, l'autorità procedente trasmette all'autorità competente, su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficoltà di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri dell'allegato I del presente decreto. (125)

2.  L'autorità competente in collaborazione con l'autorità procedente, individua i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette loro il documento preliminare per acquisirne il parere. Il parere è inviato entro trenta giorni all'autorità competente ed all'autorità procedente.

3.  Salvo quanto diversamente concordato dall'autorità competente con l'autorità procedente, l'autorità competente, sulla base degli elementi di cui all'allegato I del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute, verifica se il piano o programma possa avere impatti significativi sull'ambiente.

4.  L'autorità competente, sentita l'autorità procedente, tenuto conto dei contributi pervenuti, entro novanta giorni dalla trasmissione di cui al comma 1, emette il provvedimento di verifica assoggettando o escludendo il piano o il programma dalla valutazione di cui agli articoli da 13 a 18 e, se del caso, definendo le necessarie prescrizioni.

5.  Il risultato della verifica di assoggettabilità, comprese le motivazioni, è pubblicato integralmente nel sito web dell'autorità competente. (127)

6.  La verifica di assoggettabilità a VAS ovvero la VAS relativa a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi già sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilità di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati. (126)


(124) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(125) Comma così modificato dall'art. 2, comma 10, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(126) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 10, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(127) Comma così sostituito dall’ art. 15, comma 1, lett. e), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

 


ART. 13  (Redazione del rapporto ambientale) (128)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi dell'attuazione del piano o programma, il proponente e/o l'autorità procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari dell'attività di elaborazione di piani e programmi, con l'autorità competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale.

2.  La consultazione, salvo quanto diversamente concordato, si conclude entro novanta giorni dall'invio del rapporto preliminare di cui al comma 1 del presente articolo. (129)

3.  La redazione del rapporto ambientale spetta al proponente o all'autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il rapporto ambientale costituisce parte integrante del piano o del programma e ne accompagna l'intero processo di elaborazione ed approvazione.

4.  Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l'attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma stesso. L'allegato VI al presente decreto riporta le informazioni da fornire nel rapporto ambientale a tale scopo, nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma. Il Rapporto ambientale dà atto della consultazione di cui al comma 1 ed evidenzia come sono stati presi in considerazione i contributi pervenuti. Per evitare duplicazioni della valutazione, possono essere utilizzati, se pertinenti, approfondimenti già effettuati ed informazioni ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni normative. (130)

5.  La proposta di piano o di programma è comunicata, anche secondo modalità concordate, all'autorità competente. La comunicazione comprende il rapporto ambientale e una sintesi non tecnica dello stesso. Dalla data di pubblicazione dell'avviso di cui all'articolo 14, comma 1, decorrono i tempi dell'esame istruttorio e della valutazione. La proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale sono altresì messi a disposizione dei soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico interessato affinché questi abbiano l'opportunità di esprimersi.

6.  La documentazione è depositata presso gli uffici dell'autorità competente e presso gli uffici delle regioni e delle province il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli impatti della sua attuazione.


(128) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(129) Comma così modificato dall'art. 2, comma 11, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(130) Comma così modificato dall'art. 2, comma 11, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


ART. 14  (Consultazione) (131)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Contestualmente alla comunicazione di cui all'articolo 13, comma 5, l'autorità procedente cura la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficiale della regione o provincia autonoma interessata. L'avviso deve contenere: il titolo della proposta di piano o di programma, il proponente, l'autorità procedente, l'indicazione delle sedi ove può essere presa visione del piano o programma e del rapporto ambientale e delle sedi dove si può consultare la sintesi non tecnica.

2.  L'autorità competente e l'autorità procedente mettono, altresì, a disposizione del pubblico la proposta di piano o programma ed il rapporto ambientale mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione sul proprio sito web.

3.  Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al comma 1, chiunque può prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni in forma scritta, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. (132)

4.  In attuazione dei principi di economicità e di semplificazione, le procedure di deposito, pubblicità e partecipazione, eventualmente previste dalle vigenti disposizioni anche regionali per specifici piani e programmi, si coordinano con quelle di cui al presente articolo, in modo da evitare duplicazioni ed assicurare il rispetto dei termini previsti dal comma 3 del presente articolo e dal comma 1 dell'articolo 15. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241. (133)


(131) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(132) Comma così modificato dall'art. 2, comma 12, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(133) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 12, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


ART. 15  (Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti dei risultati della consultazione) (134)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  L'autorità competente, in collaborazione con l'autorità procedente, svolge le attività tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell'articolo 14 e dell'articolo 32, nonché i risultati delle consultazioni transfrontaliere di cui al medesimo articolo 32 ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di novanta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui all'articolo 14. La tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione è disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo. (135)

2.  L'autorità procedente, in collaborazione con l'autorità competente, provvede, prima della presentazione del piano o programma per l'approvazione e tenendo conto delle risultanze del parere motivato di cui al comma 1 e dei risultati delle consultazioni transfrontaliere, alle opportune revisioni del piano o programma. (136)


(134) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(135) Comma così modificato dall'art. 2, comma 13, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(136) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 13, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


ART. 16  (Decisione) (137)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, sono trasmessi all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o programma. (138)


(137) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(138) Comma così modificato dall'art. 2, comma 14, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


ART. 17  (Informazione sulla decisione) (139)

In vigore dal 21 agosto 2014

1.  La decisione finale è pubblicata nei siti web delle autorità interessate con indicazione del luogo in cui è possibile prendere visione del piano o programma adottato e di tutta la documentazione oggetto dell'istruttoria. Sono inoltre rese pubbliche, attraverso la pubblicazione sui siti web delle autorità interessate: (140)

a)  il parere motivato espresso dall'autorità competente;
b)  una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate;
c)  le misure adottate in merito al monitoraggio di cui all'articolo 18.


(139) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(140) Alinea così modificato dall’ art. 15, comma 1, lett. f), nn. 1) e 2), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

 


ART. 18  (Monitoraggio) (141)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il monitoraggio assicura il controllo sugli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione dei piani e dei programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le opportune misure correttive. Il monitoraggio è effettuato dall'Autorità procedente in collaborazione con l'Autorità competente anche avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali e dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. (142)

2.  Il piano o programma individua le responsabilità e la sussistenza delle risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio.

3.  Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 è data adeguata informazione attraverso i siti web dell'autorità competente e dell'autorità procedente e delle Agenzie interessate.

4.  Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute in conto nel caso di eventuali modifiche al piano o programma e comunque sempre incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di pianificazione o programmazione.


(141) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

(142) Comma così modificato dall'art. 2, comma 15, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

 


TITOLO III

LA VALUTAZIONE D'IMPATTO AMBIENTALE (143) (144) (145)

ART. 19  (Modalità di svolgimento del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA) (146)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Il proponente trasmette all'autorità competente lo studio preliminare ambientale in formato elettronico, redatto in conformità a quanto contenuto nell'allegato IV-bis alla parte seconda del presente decreto, nonché copia dell'avvenuto pagamento del contributo di cui all'articolo 33.

2.  Entro cinque giorni dalla ricezione dello studio preliminare ambientale, l'autorità competente verifica la completezza e l'adeguatezza della documentazione e, qualora necessario, può richiedere per una sola volta chiarimenti e integrazioni al proponente. In tal caso, il proponente provvede a trasmettere i chiarimenti e le integrazioni richiesti, inderogabilmente entro i successivi quindici giorni. Qualora il proponente non trasmetta la documentazione richiesta entro il termine stabilito, la domanda si intende respinta ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione.

3.  Contestualmente alla ricezione della documentazione, ove ritenuta completa, ovvero dei chiarimenti e delle integrazioni richiesti ai sensi del comma 2, l'autorità competente provvede a pubblicare lo studio preliminare nel proprio sito internet istituzionale, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. Contestualmente, l'autorità competente comunica per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito internet.

4.  Entro e non oltre quarantacinque giorni dalla comunicazione di cui al comma 3 e dall'avvenuta pubblicazione sul sito internet della relativa documentazione, chiunque abbia interesse può presentare le proprie osservazioni all'autorità competente in merito allo studio preliminare ambientale e alla documentazione allegata.

5.  L'autorità competente, sulla base dei criteri di cui all'allegato V alla parte seconda del presente decreto, tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di eventuali altre valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative europee, nazionali o regionali, verifica se il progetto ha possibili ulteriori impatti ambientali significativi.

6.  L'autorità competente adotta il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA entro i successivi quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4. In casi eccezionali, relativi alla natura, alla complessità, all'ubicazione o alle dimensioni del progetto, l'autorità competente può prorogare, per una sola volta e per un periodo non superiore a venti giorni, il termine per l'adozione del provvedimento di verifica; in tal caso, l'autorità competente comunica tempestivamente per iscritto al proponente le ragioni che giustificano la proroga e la data entro la quale è prevista l'adozione del provvedimento. La presente comunicazione è, altresì, pubblicata nel sito internet istituzionale dell'autorità competente.

7.  Qualora l'autorità competente stabilisca di non assoggettare il progetto al procedimento di VIA, specifica i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato V alla parte seconda, e, ove richiesto dal proponente, tenendo conto delle eventuali osservazioni del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per i profili di competenza, specifica le condizioni ambientali necessarie per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi.

8.  Qualora l'autorità competente stabilisca che il progetto debba essere assoggettato al procedimento di VIA, specifica i motivi principali alla base della richiesta di VIA in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato V alla parte seconda.

9.  Per i progetti elencati nell'allegato II-bis e nell'allegato IV alla parte seconda del presente decreto la verifica di assoggettabilità a VIA è effettuata applicando i criteri e le soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015.

10.  Il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, comprese le motivazioni, è pubblicato integralmente nel sito internet istituzionale dell'autorità competente.

11.  I termini per il rilascio del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241. In caso di inerzia nella conclusione del procedimento, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, acquisito, qualora la competente Commissione di cui all'articolo 8 non si sia pronunciata, il parere dell'ISPRA entro il termine di trenta giorni, provvede al rilascio del provvedimento entro i successivi trenta giorni.

12.  Tutta la documentazione afferente al procedimento, nonché i risultati delle consultazioni svolte, le informazioni raccolte, le osservazioni e i pareri, e, comunque, qualsiasi informazione raccolta nell'esercizio di tale attività da parte dell'autorità competente, sono tempestivamente pubblicati dall'autorità competente sul proprio sito internet istituzionale e sono accessibili a chiunque.


(143) Titolo sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, erano parti del presente titolo: il Capo I, Disposizioni comuni in materia di VIA, in cui erano inseriti gli artt. da 23 a 34 del presente provvedimento; il Capo II, Disposizioni specifiche per la via in sede statale, in cui erano inseriti gli artt. da 35 a 41 del presente provvedimento; il Capo III, Disposizioni specifiche per la VIA in sede regionale o provinciale, in cui erano inseriti gli artt. da 42 a 47 del presente provvedimento. In seguito alle modifiche apportate dal predetto D.Lgs. 4/2008 alla Parte II: gli artt. da 19 a 22, precedentemente inseriti nella Parte II, Titolo II, Capi II (artt. 19 e 20) e III (artt. 21 e 22), sono stati inseriti nel presente Titolo; gli artt. da 30 a 32 e da 33 a 47, sono inseriti rispettivamente nella Parte II, Titolo IV e nella Parte II, Titolo V del presente provvedimento.

(144) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II. Precedentemente, la rubrica era: “Valutazione di impatto ambientale - VIA”.

(145) In deroga alle disposizioni relative alla valutazione d'impatto ambientale per l'apertura delle discariche e l'esercizio degli impianti, vedi l'art. 9, comma 5, D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 luglio 2008, n. 123 e l'art. 1, comma 2, D.L. 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 gennaio 2011, n. 1.

(146) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II, e modificato dall'art. 2, comma 16, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, il presente articolo è stato sostituito dall’ art. 8, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017. Infine, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 50, comma 1, lett. f), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020. Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo II, Capo II, del presente provvedimento.

 


ART. 20  (Consultazione preventiva) (147)

In vigore dal 17 luglio 2020

1.  Il proponente ha la facoltà di richiedere, prima di presentare il progetto di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), una fase di confronto con l'autorità competente al fine di definire la portata e il livello di dettaglio delle informazioni necessarie da considerare per la redazione dello studio di impatto ambientale. A tal fine, il proponente trasmette, in formato elettronico, una proposta di elaborati progettuali. Sulla base della documentazione trasmessa dal proponente, l'autorità competente trasmette al proponente il proprio parere.


(147) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II, e modificato dall'art. 2, comma 17, lett. da a) a f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall’ art. 6, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, e dall’ art. 15, comma 1, lett. g), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116. Successivamente, il presente articolo è stato sostituito dall’ art. 9, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017. Infine, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 50, comma 1, lett. g), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo II, Capo II, del presente provvedimento.

 


ART. 21  (Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale) (148)

In vigore dal 17 luglio 2020

1.  Il proponente ha la facoltà di richiedere una fase di consultazione con l'autorità competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle informazioni, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare per la predisposizione dello studio di impatto ambientale. A tal fine, trasmette all'autorità competente, in formato elettronico, il progetto di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), lo studio preliminare ambientale, nonché una relazione che, sulla base degli impatti ambientali attesi, illustra il piano di lavoro per l'elaborazione dello studio di impatto ambientale. (149)

2.  Entro cinque giorni dalla relativa trasmissione la documentazione di cui al comma 1, è pubblicata e resa accessibile, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, nel sito web dell'autorità competente che comunica contestualmente per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web. (150)

3.  Sulla base della documentazione trasmessa dal proponente e della consultazione con i soggetti di cui al comma 2, entro quarantacinque giorni dalla messa a disposizione della documentazione nel proprio sito web, l'autorità competente esprime un parere sulla portata e sul livello di dettaglio delle informazioni da includere nello studio di impatto ambientale. Il parere è pubblicato sul sito web dell'autorità competente. (151)

4.  L'avvio della procedura di cui al presente articolo può, altresì, essere richiesto dall'autorità competente sulla base delle valutazioni di cui all'articolo 6, comma 9, ovvero di quelle di cui all'articolo 20.


(148) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II, e modificato dall'art. 2, comma 18, lett. a), b) e c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 10, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017. Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo II, Capo III, del presente provvedimento.

(149) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. h), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(150) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. h), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(151) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. h), n. 3), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 22  (Studio di impatto ambientale) (152)

In vigore dal 21 luglio 2017

1.  Lo studio di impatto ambientale è predisposto dal proponente secondo le indicazioni e i contenuti di cui all'allegato VII alla parte seconda del presente decreto, sulla base del parere espresso dall'autorità competente a seguito della fase di consultazione sulla definizione dei contenuti di cui all'articolo 21, qualora attivata.

2.  Sono a carico del proponente i costi per la redazione dello studio di impatto ambientale e di tutti i documenti elaborati nelle varie fasi del procedimento.

3.  Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni:

a)  una descrizione del progetto, comprendente informazioni relative alla sua ubicazione e concezione, alle sue dimensioni e ad altre sue caratteristiche pertinenti;
b)  una descrizione dei probabili effetti significativi del progetto sull'ambiente, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio e di dismissione;
c)  una descrizione delle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e, possibilmente, compensare i probabili impatti ambientali significativi e negativi;
d)  una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali;
e)  il progetto di monitoraggio dei potenziali impatti ambientali significativi e negativi derivanti dalla realizzazione e dall'esercizio del progetto, che include le responsabilità e le risorse necessarie per la realizzazione e la gestione del monitoraggio;
f)  qualsiasi informazione supplementare di cui all'allegato VII relativa alle caratteristiche peculiari di un progetto specifico o di una tipologia di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio.

4.  Allo studio di impatto ambientale deve essere allegata una sintesi non tecnica delle informazioni di cui al comma 3, predisposta al fine di consentirne un'agevole comprensione da parte del pubblico ed un'agevole riproduzione.

5.  Per garantire la completezza e la qualità dello studio di impatto ambientale e degli altri elaborati necessari per l'espletamento della fase di valutazione, il proponente:

a)  tiene conto delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili derivanti da altre valutazioni pertinenti effettuate in conformità della legislazione europea, nazionale o regionale, anche al fine di evitare duplicazioni di valutazioni;
b)  ha facoltà di accedere ai dati e alle pertinenti informazioni disponibili presso le pubbliche amministrazioni, secondo quanto disposto dalle normative vigenti in materia;
c)  cura che la documentazione sia elaborata da esperti con competenze e professionalità specifiche nelle materie afferenti alla valutazione ambientale, e che l'esattezza complessiva della stessa sia attestata da professionisti iscritti agli albi professionali.


(152) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 11, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo II, Capo III, del presente provvedimento.

 


ART. 23  (Presentazione dell'istanza, avvio del procedimento di VIA e pubblicazione degli atti) (153)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Il proponente presenta l'istanza di VIA trasmettendo all'autorità competente in formato elettronico:

a)  il progetto di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g); (154)
b)  lo studio di impatto ambientale;
c)  la sintesi non tecnica;
d)  le informazioni sugli eventuali impatti transfrontalieri del progetto ai sensi dell'articolo 32;
e)  l'avviso al pubblico, con i contenuti indicati all'articolo 24, comma 2;
f)  copia della ricevuta di avvenuto pagamento del contributo di cui all'articolo 33;
g)  i risultati della procedura di dibattito pubblico eventualmente svolta ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

2.  Per i progetti di cui al punto 1) dell'allegato II alla presente parte e per i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, di cui al punto 2) del medesimo allegato II, il proponente trasmette, oltre alla documentazione di cui alle lettere da a) a e), la valutazione di impatto sanitario predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell'Istituto superiore di sanità.

3.  Entro dieci giorni dalla presentazione dell'istanza di VIA l'autorità competente verifica la completezza della documentazione, l'eventuale ricorrere della fattispecie di cui all'articolo 32, comma 1, nonché l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 33. Qualora la documentazione risulti incompleta, l'autorità competente richiede al proponente la documentazione integrativa, assegnando un termine perentorio per la presentazione non superiore a trenta giorni. Qualora entro il termine assegnato il proponente non depositi la documentazione integrativa, ovvero qualora all'esito della verifica, da effettuarsi da parte dell'autorità competente nel termine di quindici giorni, la documentazione risulti ancora incompleta, l'istanza si intende ritirata ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione. (155)

4.  La documentazione di cui al comma 1 è immediatamente pubblicata e resa accessibile, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, nel sito web dell'autorità competente all'esito delle verifiche di cui al comma 3. L'autorità competente comunica contestualmente per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web. Per i progetti individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 7-bis, comma 2-bis, contestualmente alla pubblicazione della documentazione di cui al comma 1, la Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis, avvia la propria attività istruttoria. La medesima comunicazione è effettuata in sede di notifica ad altro Stato ai sensi dell'articolo 32, comma 1. (156)


(153) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II, e modificato dall'art. 2, comma 19, lett. a), b) e c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 12, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(154) Lettera così modificata dall’ art. 50, comma 1, lett. i), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(155) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. i), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(156) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. i), n. 3), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 24  (Consultazione del pubblico, acquisizione dei pareri e consultazioni transfrontaliere) (157)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Della presentazione dell'istanza, della pubblicazione della documentazione, nonché delle comunicazioni di cui all'articolo 23 deve essere dato contestualmente specifico avviso al pubblico sul sito web dell'autorità competente. Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Dalla data di pubblicazione sul sito web dell'avviso al pubblico decorrono i termini per la consultazione, la valutazione e l'adozione del provvedimento di VIA.

2.  L'avviso al pubblico, predisposto dal proponente, è pubblicato a cura dell'autorità competente ai sensi e per gli effetti di cui al comma 1, e ne è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. L'avviso al pubblico deve indicare almeno:

a)  il proponente, la denominazione del progetto e la tipologia di procedura autorizzativa necessaria ai fini della realizzazione del progetto;
b)  l'avvenuta presentazione dell'istanza di VIA e l'eventuale applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32;
c)  la localizzazione e una breve descrizione del progetto e dei suoi possibili principali impatti ambientali;
d)  l'indirizzo web e le modalità per la consultazione della documentazione e degli atti predisposti dal proponente nella loro interezza;
e)  i termini e le specifiche modalità per la partecipazione del pubblico;
f)  l'eventuale necessità della valutazione di incidenza a norma dell'articolo 10, comma 3.

3.  Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico di cui al comma 2, chiunque abbia interesse può prendere visione, sul sito web, del progetto e della relativa documentazione e presentare le proprie osservazioni all'autorità competente, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. Entro il medesimo termine sono acquisiti per via telematica i pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23, comma 4. Entro i quindici giorni successivi alla scadenza del termine di cui ai periodi precedenti, il proponente ha facoltà di presentare all'autorità competente le proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti. (158)

4.  Qualora all'esito della consultazione ovvero della presentazione delle controdeduzioni da parte del proponente si renda necessaria la modifica o l'integrazione degli elaborati progettuali o della documentazione acquisita, l'autorità competente, entro i venti giorni successivi, può, per una sola volta, stabilire un termine non superiore ad ulteriori venti giorni, per la trasmissione, in formato elettronico, degli elaborati progettuali o della documentazione modificati o integrati. Su richiesta motivata del proponente l'autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a sessanta giorni. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alla richiesta entro il termine perentorio stabilito, l'istanza si intende respinta ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione. (159)

5.  L'autorità competente procede alla pubblicazione delle integrazioni sul proprio sito internet istituzionale e dispone, entro quindici giorni dalla ricezione della documentazione integrativa di cui al comma 4, che il proponente trasmetta, entro i successivi quindici giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformità al comma 2, da pubblicare a cura dell'autorità competente sul proprio sito web. In relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate agli elaborati progettuali e alla documentazione si applica il termine di trenta giorni per la presentazione delle osservazioni e la trasmissione dei pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23, comma 4. Entro i dieci giorni successivi il proponente ha facoltà di presentare all'autorità competente le proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti. (160)

6.  Nel caso di progetti cui si applica la disciplina di cui all'articolo 32, i termini per le consultazioni e l'acquisizione di tutti pareri di cui al presente articolo decorrono dalla comunicazione della dichiarazione di interesse alla partecipazione alla procedura da parte degli Stati consultati e coincidono con quelli previsti dal medesimo articolo 32.

7.  Tutta la documentazione afferente al procedimento, nonché i risultati delle consultazioni svolte, qualsiasi informazione raccolta, le osservazioni e i pareri comunque espressi, compresi quelli di cui agli articoli 20 e 32, sono tempestivamente resi disponibili al pubblico interessato mediante pubblicazione, a cura dell'autorità competente, sul proprio sito internet istituzionale. (161)


(157) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II, e modificato dall'art. 2, comma 20, lett. da a) a d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’ art. 15, comma 1, lett. h), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 13, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(158) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. l), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(159) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. l), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(160) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. l), nn. 3.1), 3.2) e 3.3), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(161) Comma così sostituito dall’ art. 50, comma 1, lett. l), n. 4), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 24-bis  (Inchiesta pubblica) (162)

In vigore dal 21 luglio 2017

1.   L'autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico di cui all'articolo 24, comma 3, primo periodo, si svolga nelle forme dell'inchiesta pubblica, con oneri a carico del proponente, nel rispetto del termine massimo di novanta giorni. L'inchiesta si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, predisposti dall'autorità competente.

2.   Per i progetti di cui all'allegato II, e nell'ipotesi in cui non sia stata svolta la procedura di dibattito pubblico di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l'autorità competente si esprime con decisione motivata, sentito il proponente, qualora la richiesta di svolgimento dell'inchiesta pubblica sia presentata dal consiglio regionale della Regione territorialmente interessata, ovvero da un numero di consigli comunali rappresentativi di almeno cinquantamila residenti nei territori interessati, ovvero da un numero di associazioni riconosciute ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, rappresentativo di almeno cinquantamila iscritti.

3.   La richiesta di cui al comma 2, motivata specificamente in relazione ai potenziali impatti ambientali del progetto, è presentata entro il quarantesimo giorno dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico di cui all'articolo 24, comma 1.


(162) Articolo inserito dall’ art. 13, comma 2, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


ART. 25  (Valutazione degli impatti ambientali e provvedimento di VIA) (163)

In vigore dal 17 luglio 2020

1.  L'autorità competente valuta la documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente, nonché dai risultati delle consultazioni svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli articoli 24 e 32. Qualora tali pareri non siano resi nei termini ivi previsti ovvero esprimano valutazioni negative o elementi di dissenso sul progetto, l'autorità competente procede comunque alla valutazione a norma del presente articolo.

2.  Nel caso di progetti di competenza statale, ad esclusione di quelli di cui all'articolo 7-bis, comma 2-bis, l'autorità competente, entro il termine di sessanta giorni dalla conclusione della fase di consultazione di cui all'articolo 24, propone al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione del provvedimento di VIA. Qualora sia necessario procedere ad accertamenti e indagini di particolare complessità, l'autorità competente, con atto motivato, dispone il prolungamento della fase di valutazione sino a un massimo di ulteriori trenta giorni, dando tempestivamente comunicazione per via telematica al proponente delle ragioni che giustificano la proroga e del termine entro cui sarà emanato il provvedimento. Nel caso di consultazioni transfrontaliere il provvedimento di VIA è proposto all'adozione del Ministro entro il termine di cui all'articolo 32, comma 5-bis. Decorsi inutilmente i termini di cui al periodo precedente senza che la Commissione competente di cui all'articolo 8 si sia espressa, il direttore generale della competente Direzione Generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro i successivi sessanta giorni, e sulla base del parere dell'ISPRA acquisito entro il termine di trenta giorni, trasmette il provvedimento di VIA al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la conseguente adozione. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede entro il termine di trenta giorni all'adozione del provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo da rendere entro quindici giorni dalla richiesta. In caso di inutile decorso del termine per l'adozione del provvedimento di VIA da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ovvero per l'espressione del concerto da parte del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo nonché qualora sia inutilmente decorso il termine complessivo di duecentodieci giorni, a decorrere dall'avvio del procedimento per l'adozione del provvedimento di VIA, su istanza del proponente o dei Ministri interessati, l'adozione del provvedimento è rimessa alla deliberazione del Consiglio dei ministri che si esprime entro i successivi trenta giorni. (164)

2-bis.   Per i progetti di cui all'articolo 7-bis, comma 2-bis, la Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis, si esprime entro il termine di centosettanta giorni dalla pubblicazione della documentazione di cui all'articolo 23 predisponendo lo schema di provvedimento di VIA. Nei successivi trenta giorni, il direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo entro il termine di quindici giorni. Nel caso di consultazioni transfrontaliere il provvedimento di VIA è adottato entro il termine di cui all'articolo 32, comma 5-bis. In caso di inerzia nella conclusione del procedimento, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, acquisito, qualora la competente commissione di cui all'articolo 8 non si sia pronunciata, il parere dell'ISPRA entro il termine di trenta giorni, provvede al rilascio del provvedimento entro i successivi trenta giorni. (165)

3.  Il provvedimento di VIA contiene le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la decisione dell'autorità competente, incluse le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico, la sintesi dei risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte ai sensi degli articoli 23, 24 e 24-bis, e, ove applicabile, ai sensi dell'articolo 32, nonché l'indicazione di come tali risultati siano stati integrati o altrimenti presi in considerazione.

4.  Il provvedimento di VIA contiene altresì le eventuali e motivate condizioni ambientali che definiscono:

a)  le condizioni per la realizzazione, l'esercizio e la dismissione del progetto, nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti;
a-bis)   le linee di indirizzo da seguire nelle successive fasi di sviluppo progettuale delle opere per garantire l'applicazione di criteri ambientali atti a contenere e limitare gli impatti ambientali significativi e negativi o incrementare le prestazioni ambientali del progetto; (166)
b)  le misure previste per evitare, prevenire, ridurre e, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi;
c)  le misure per il monitoraggio degli impatti ambientali significativi e negativi, anche tenendo conto dei contenuti del progetto di monitoraggio ambientale predisposto dal proponente ai sensi dell'articolo 22, comma 3, lettera e). La tipologia dei parametri da monitorare e la durata del monitoraggio sono proporzionati alla natura, all'ubicazione, alle dimensioni del progetto ed alla significatività dei suoi effetti sull'ambiente. Al fine di evitare una duplicazione del monitoraggio, è possibile ricorrere, se del caso, a meccanismi di controllo esistenti derivanti dall'attuazione di altre pertinenti normative europee, nazionali o regionali.

5.  Il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell'autorità competente e ha l'efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel provvedimento stesso, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonché dell'eventuale proposta formulata dal proponente e inserita nella documentazione a corredo dell'istanza di VIA. Decorsa l'efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga da parte dell'autorità competente. (167)

6.  Nel caso di consultazioni transfrontaliere, l'autorità competente informa l'altro Stato e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dell'avvenuta pubblicazione del provvedimento di VIA sul sito web.

7.  Tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241.


(163) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II, e modificato dall'art. 2, comma 21, lett. a), b) e c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’ art. 5, comma 1, lett. c), D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127; per l’applicazione di tale ultima disposizione vedi l’ art. 7, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 127/2016. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 14, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(164) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. m), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(165) Comma inserito dall’ art. 50, comma 1, lett. m), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(166) Lettera inserita dall’ art. 50, comma 1, lett. m), n. 3), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(167) Per la durata dell’efficacia del provvedimento di cui al presente comma vedi l’ art. 51, comma 2, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 26  (Integrazione del provvedimento di VIA negli atti autorizzatori) (168)

In vigore dal 21 luglio 2017

1.  Il provvedimento di VIA è sempre integrato nell'autorizzazione e in ogni altro titolo abilitativo alla realizzazione dei progetti sottoposti a VIA, nonché nell'autorizzazione integrata ambientale, ove prevista.

2.  L'autorizzazione recepisce ed esplicita almeno le seguenti informazioni:

a)  il provvedimento di VIA;
b)  le eventuali condizioni ambientali del provvedimento di VIA, una descrizione delle caratteristiche del progetto e delle eventuali misure previste per evitare, prevenire o ridurre e se possibile compensare gli impatti ambientali negativi e significativi, nonché, ove opportuno, una descrizione delle misure di monitoraggio.

3.  Della decisione in merito alla concessione o al rigetto dell'autorizzazione, è data prontamente informazione al pubblico, nonché alle Amministrazioni e agli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23, comma 4, mediante pubblicazione sul sito web dell'autorità che ha adottato l'atto, consentendo altresì l'accesso almeno alle seguenti informazioni:

a)  il contenuto della decisione e le condizioni che eventualmente l'accompagnano;
b)  le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la decisione, incluse le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico nel procedimento di VIA, la sintesi dei risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte ai sensi degli articoli 23, 24 e 24-bis, e, ove applicabile, ai sensi dell'articolo 32, nonché l'indicazione di come tali risultati siano stati integrati o altrimenti presi in considerazione.


(168) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II, e modificato dall'art. 23, comma 21-quinquies, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, dall'art. 2, comma 22, lett. da a) a f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’ art. 9, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221; per l’applicazione di tale ultima disposizione vedi l’ art. 9, comma 2, della medesima legge n. 221/2015. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


ART. 27  (Provvedimento unico in materia ambientale) (169)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale, il proponente può richiedere all'autorità competente che il provvedimento di VIA sia rilasciato nell'ambito di un provvedimento unico comprensivo di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atto di assenso in materia ambientale, richiesto dalla normativa vigente per la realizzazione e l'esercizio del progetto. A tal fine, il proponente presenta un'istanza ai sensi dell'articolo 23, avendo cura che l'avviso al pubblico di cui all'articolo 24, comma 2, rechi altresì specifica indicazione di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atti di assenso in materia ambientale richiesti, nonché la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutti i titoli ambientali di cui al comma 2. A tale istanza, laddove necessario, si applica l'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

2.  Il provvedimento unico di cui al comma 1 comprende il rilascio dei seguenti titoli laddove necessario:

a)  autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Titolo III-bis della Parte II del presente decreto;
b)  autorizzazione riguardante la disciplina degli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee di cui all'articolo 104 del presente decreto;
c)  autorizzazione riguardante la disciplina dell'immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte di cui all'articolo 109 del presente decreto;
d)  autorizzazione paesaggistica di cui all'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
e)  autorizzazione culturale di cui all'articolo 21 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
f)  autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, e al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
g)  nulla osta di fattibilità di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105;
h)  autorizzazione antisismica di cui all'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

3.  Nel caso di cui al comma 2, lettera a), lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali contengono anche le informazioni previste ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 29-ter e il provvedimento finale contiene le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 29-sexies e 29-septies.

4.  Entro dieci giorni dalla presentazione dell'istanza l'autorità competente verifica l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 33, nonché l'eventuale ricorrere della fattispecie di cui all'articolo 32, comma 1, e comunica per via telematica a tutte le amministrazioni ed enti potenzialmente interessati e comunque competenti in materia ambientale l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. La medesima comunicazione è effettuata in sede di notifica ad altro Stato ai sensi dell'articolo 32, comma 1. (170)

5.  Entro trenta giorni dalla pubblicazione della documentazione nel sito web dell'autorità competente, quest'ultima, nonché le amministrazioni e gli enti di cui al comma 4, per i profili di rispettiva competenza, verificano l'adeguatezza e la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine perentorio non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni.

6.  Entro cinque giorni dalla verifica della completezza documentale, ovvero, in caso di richieste di integrazioni, dalla data di ricevimento delle stesse, l'autorità competente indice la conferenza di servizi decisoria di cui all'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241 che opera secondo quanto disposto dal comma 8. Contestualmente l'autorità competente pubblica l'avviso di cui all'articolo 23, comma 1, lettera e), di cui è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge n. 241 del 1990. Dalla data della pubblicazione della suddetta documentazione, e per la durata di sessanta giorni, il pubblico interessato può presentare osservazioni concernenti la valutazione di impatto ambientale, la valutazione di incidenza ove necessaria e l'autorizzazione integrata ambientale nonché gli altri titoli autorizzativi inclusi nel provvedimento unico ambientale. (171)

7.  Entro i successivi quindici giorni l'autorità competente può chiedere al proponente eventuali integrazioni assegnando allo stesso un termine perentorio non superiore a quindici giorni. Su richiesta motivata del proponente l'autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a novanta giorni. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l'istanza si intende ritirata ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione. L'autorità competente procede immediatamente alla pubblicazione delle integrazioni sul sito internet istituzionale e dispone, entro cinque giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi dieci giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformità all'articolo 24, comma 2, del presente decreto, da pubblicare a cura della medesima autorità competente sul proprio sito internet e di cui è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. In relazione alle modifiche o integrazioni apportate al progetto e alla documentazione, i termini di cui al comma 6 per l'ulteriore consultazione del pubblico sono ridotti alla metà. (172)

8.  Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'articolo 32, comma 2, per il caso di consultazioni transfrontaliere, al fine di acquisire il provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi in materia ambientale richiesti dal proponente, l'autorità competente convoca nel termine di cui al primo periodo del comma 6, una conferenza di servizi decisoria che opera in modalità simultanea secondo quanto stabilito dall'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alla conferenza partecipano il proponente e tutte le amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate al rilascio del provvedimento di VIA e i titoli abilitativi ambientali richiesti dal proponente. Per i progetti di cui all'articolo 7-bis, comma 2-bis, alla conferenza partecipano in ogni caso il direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o un suo delegato e il direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo o un suo delegato. La conferenza, nell'ambito della propria attività, prende in considerazione le osservazioni e le informazioni raccolte in sede di consultazione ai sensi dei commi 6 e 7, e conclude i propri lavori nel termine di duecentodieci giorni. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, che costituisce il provvedimento unico in materia ambientale, reca l'indicazione espressa del provvedimento di VIA ed elenca, altresì, i titoli abilitativi compresi nel provvedimento unico. Fatto salvo quanto previsto per i progetti di cui all'articolo 7-bis, comma 2-bis, la decisione di rilasciare i titoli di cui al comma 2 è assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, ai sensi dell'articolo 25. I termini previsti dall'articolo 25, comma 2, quarto periodo, sono ridotti alla metà e, in caso di rimessione alla deliberazione del Consiglio dei ministri, la conferenza di servizi è sospesa per il termine di cui all'articolo 25, comma 2, quinto periodo. Tutti i termini del procedimento si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis della legge n. 241 del 1990. (173)

9.  Le condizioni e le misure supplementari relative all'autorizzazione integrata ambientale di cui al comma 2, lettera a), e contenute nel provvedimento unico, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29-quattuordecies. Le condizioni e le misure supplementari relative agli altri titoli abilitativi in materia ambientale di cui al comma 2, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità previste dalle relative disposizioni di settore da parte delle amministrazioni competenti per materia.

10.  Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano in deroga alle disposizioni che disciplinano i procedimenti riguardanti il solo primo rilascio dei titoli abilitativi in materia ambientale di cui al comma 2.


(169) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 16, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(170) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. n), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(171) Comma così sostituito dall’ art. 50, comma 1, lett. n), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(172) Comma così sostituito dall’ art. 50, comma 1, lett. n), n. 3), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(173) Comma così sostituito dall’ art. 50, comma 1, lett. n), n. 4), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 27-bis  (Provvedimento autorizzatorio unico regionale) (174)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.   Nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il proponente presenta all'autorità competente un'istanza ai sensi dell'articolo 23, comma 1, allegando la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso. L'avviso al pubblico di cui all'articolo 24, comma 2, reca altresì specifica indicazione di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atti di assenso richiesti.

2.   Entro dieci giorni dalla presentazione dell'istanza l'autorità competente verifica l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 33, nonché l'eventuale ricorrere della fattispecie di cui all'articolo 32, comma 1, e comunica per via telematica a tutte le amministrazioni ed enti potenzialmente interessati, e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione e sull'esercizio del progetto, l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. In caso di progetti che possono avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, la pubblicazione è notificata al medesimo con le modalità di cui all'articolo 32. (175)

3.   Entro trenta giorni dalla pubblicazione della documentazione nel sito web dell'autorità competente, quest'ultima, nonché le amministrazioni e gli enti di cui al comma 2, per i profili di rispettiva competenza, verificano l'adeguatezza e la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine perentorio non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni.

4.   Successivamente alla verifica della completezza documentale, ovvero, in caso di richieste di integrazioni, dalla data di ricevimento delle stesse, l'autorità competente pubblica l'avviso di cui all'articolo 23, comma 1, lettera e), di cui è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Dalla data della pubblicazione del suddetto avviso, e per la durata di trenta giorni, il pubblico interessato può presentare osservazioni concernenti la valutazione di impatto ambientale e, ove necessarie, la valutazione di incidenza e l'autorizzazione integrata ambientale. (176)

5.   Entro i successivi trenta giorni l'autorità competente può chiedere al proponente eventuali integrazioni assegnando allo stesso un termine non superiore a trenta giorni. Su richiesta motivata del proponente l'autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l'istanza si intende ritirata ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione. L'autorità competente, ove motivatamente ritenga che le modifiche o le integrazioni siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone, entro quindici giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi quindici giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformità all'articolo 24, comma 2, del presente decreto, da pubblicare a cura della medesima autorità competente sul proprio sito web, di cui è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. In relazione alle modifiche o integrazioni apportate al progetto e alla documentazione, i termini di cui al comma 4 per l'ulteriore consultazione del pubblico sono ridotti alla metà.

6.   L'autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico si svolga ai sensi dell'articolo 24-bis, comma 1, con le forme e le modalità disciplinate dalle regioni e dalle province autonome ai sensi dell'articolo 7-bis, comma 8.

7.   Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'articolo 32 per il caso di consultazioni transfrontaliere, entro dieci giorni dalla scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero dalla data di ricevimento delle eventuali integrazioni documentali, l'autorità competente convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi è convocata in modalità sincrona e si svolge ai sensi dell'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza di servizi è di novanta giorni decorrenti dalla data di convocazione dei lavori. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita. Resta fermo che la decisione di concedere i titoli abilitativi di cui al periodo precedente è assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato in conformità all'articolo 25, commi 1, 3, 4, 5 e 6, del presente decreto. (177)

8.   Tutti i termini del procedimento si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

9.   Le condizioni e le misure supplementari relative all'autorizzazione integrata ambientale e contenute nel provvedimento autorizzatorio unico regionale, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29-quattuordecies. Le condizioni e le misure supplementari relative agli altri titoli abilitativi di cui al comma 7, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità previste dalle relative disposizioni di settore da parte delle amministrazioni competenti per materia.


(174) Articolo inserito dall’ art. 16, comma 2, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(175) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. o), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(176) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. o), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(177) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. o), n. 2-bis), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 28  (Monitoraggio) (178)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Il proponente è tenuto a ottemperare alle condizioni ambientali contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o nel provvedimento di VIA.

2.  L'autorità competente, in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per i profili di competenza, verifica l'ottemperanza delle condizioni ambientali di cui al comma 1 al fine di identificare tempestivamente gli impatti ambientali significativi e negativi imprevisti e di adottare le opportune misure correttive. Per tali attività, l'autorità competente può avvalersi, tramite appositi protocolli d'intesa, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132, dell'Istituto superiore di sanità per i profili concernenti la sanità pubblica, ovvero di altri soggetti pubblici, i quali informano tempestivamente la stessa autorità competente degli esiti della verifica. Per il supporto alle medesime attività, nel caso di progetti di competenza statale particolarmente rilevanti per natura, complessità, ubicazione e dimensioni delle opere o degli interventi, l'autorità competente può istituire, d'intesa con il proponente e con oneri a carico di quest'ultimo, appositi osservatori ambientali finalizzati a garantire la trasparenza e la diffusione delle informazioni concernenti le verifiche di ottemperanza, che operano secondo le modalità definite da uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adottati sulla base dei seguenti criteri:

a)  designazione dei componenti dell'Osservatorio da parte di ciascuna delle Amministrazioni e degli Enti individuati nel decreto di Valutazione di Impatto Ambientale;
b)  nomina dei due terzi dei rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tra soggetti estranei ai ruoli del Ministero e dotati di significativa competenza e professionalità per l'esercizio delle funzioni;
c)  previsioni di cause di incandidabilità, incompatibilità e conflitto di interessi;
d)  temporaneità dell'incarico, non superiore a quattro anni, non rinnovabile e non cumulabile con incarichi in altri Osservatori;
e)  individuazione degli oneri a carico del proponente, fissando un limite massimo per i compensi dei componenti dell'Osservatorio.

All'esito positivo della verifica l'autorità competente attesta l'avvenuta ottemperanza pubblicando sul proprio sito web la relativa documentazione, entro quindici giorni dal ricevimento dell'esito della verifica. (179) (181)

3.  Per la verifica dell'ottemperanza delle condizioni ambientali, il proponente, nel rispetto dei tempi e delle specifiche modalità di attuazione stabilite nel provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o nel provvedimento di VIA, trasmette in formato elettronico all'autorità competente, o al soggetto eventualmente individuato per la verifica, la documentazione contenente gli elementi necessari alla verifica dell'ottemperanza. L'attività di verifica si conclude entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della documentazione trasmessa dal proponente.

4.  Qualora i soggetti individuati per la verifica di ottemperanza ai sensi del comma 2 non provvedano entro il termine stabilito dal comma 3, le attività di verifica sono svolte direttamente dall'autorità competente.

5.  Nel caso in cui la verifica di ottemperanza dia esito negativo, l'autorità competente diffida il proponente ad adempiere entro un congruo termine, trascorso inutilmente il quale si applicano le sanzioni di cui all'articolo 29.

6.  Qualora all'esito dei risultati delle attività di verifica di cui ai commi da 1 a 5, ovvero successivamente all'autorizzazione del progetto, dall'esecuzione dei lavori di costruzione ovvero dall'esercizio dell'opera, si accerti la sussistenza di impatti ambientali negativi, imprevisti, ulteriori o diversi, ovvero di entità significativamente superiore a quelli valutati nell'ambito del procedimento di VIA, comunque non imputabili al mancato adempimento delle condizioni ambientali da parte del proponente, l'autorità competente, acquisite ulteriori informazioni dal proponente o da altri soggetti competenti in materia ambientale, può ordinare la sospensione dei lavori o delle attività autorizzate e disporre l'adozione di opportune misure correttive.

7.  Nei casi in cui, al verificarsi delle fattispecie di cui al comma 6, emerga l'esigenza di modificare il provvedimento di VIA o di stabilire condizioni ambientali ulteriori rispetto a quelle del provvedimento originario, l'autorità competente, ai fini della riedizione del procedimento di VIA, dispone l'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e la nuova pubblicazione dello stesso, assegnando al proponente un termine non superiore a novanta giorni.

7-bis.   Il proponente, entro i termini di validità disposti dal provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o di VIA, trasmette all'autorità competente la documentazione riguardante il collaudo delle opere o la certificazione di regolare esecuzione delle stesse, comprensiva di specifiche indicazioni circa la conformità delle opere rispetto al progetto depositato e alle condizioni ambientali prescritte. La documentazione è pubblicata tempestivamente nel sito internet dell'autorità competente. (180)

8.  Delle modalità di svolgimento delle attività di monitoraggio, dei risultati delle verifiche, dei controlli e delle eventuali misure correttive adottate dall'autorità competente, nonché dei dati derivanti dall'attuazione dei monitoraggi ambientali da parte del proponente è data adeguata informazione attraverso il sito web dell'autorità competente.


(178) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II, e modificato dall'art. 2, comma 23, lett. a) e b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 17, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(179) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. p), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(180) Comma inserito dall’ art. 50, comma 1, lett. p-bis), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(181) Vedi, anche, l’ art. 50, comma 2, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

 


ART. 29  (Sistema sanzionatorio) (182) (183)

In vigore dal 21 luglio 2017

1.  I provvedimenti di autorizzazione di un progetto adottati senza la verifica di assoggettabilità a VIA o senza la VIA, ove prescritte, sono annullabili per violazione di legge.

2.  Qualora siano accertati inadempimenti o violazioni delle condizioni ambientali di cui all'articolo 28, ovvero in caso di modifiche progettuali che rendano il progetto difforme da quello sottoposto al procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, al procedimento di VIA, ovvero al procedimento unico di cui all'articolo 27 o di cui all'articolo 27-bis, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

a)  alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b)  alla diffida con contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifesti il rischio di impatti ambientali significativi e negativi;
c)  alla revoca del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, del provvedimento di VIA, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente.

3.  Nel caso di progetti a cui si applicano le disposizioni del presente decreto realizzati senza la previa sotto-posizione al procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, al procedimento di VIA ovvero al procedimento unico di cui all'articolo 27 o di cui all'articolo 27-bis, in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, ovvero in caso di annullamento in sede giurisdizionale o in autotutela dei provvedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA o dei provvedimenti di VIA relativi a un progetto già realizzato o in corso di realizzazione, l'autorità competente assegna un termine all'interessato entro il quale avviare un nuovo procedimento e può consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale. Scaduto inutilmente il termine assegnato all'interessato, ovvero nel caso in cui il nuovo provvedimento di VIA, adottato ai sensi degli articoli 25, 27 o 27-bis, abbia contenuto negativo, l'autorità competente dispone la demolizione delle opere realizzate e il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalità. In caso di inottemperanza, l'autorità competente provvede d'ufficio a spese dell'inadempiente. Il recupero di tali spese è effettuato con le modalità e gli effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.

4.  Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque realizza un progetto o parte di esso, senza la previa VIA o senza la verifica di assoggettabilità a VIA, ove prescritte, è punito con una sanzione amministrativa da 35.000 euro a 100.000 euro.

5.  Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a 80.000 euro nei confronti di colui che, pur essendo in possesso del provvedimento di verifica di assoggettabilità o di valutazione di impatto ambientale, non ne osserva le condizioni ambientali.

6.  Le sanzioni sono irrogate dall'autorità competente.

7.  Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

8.  I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza statale per le violazioni previste dal presente articolo, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato e sono successivamente riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per essere destinati al miglioramento delle attività di vigilanza, prevenzione e monitoraggio ambientale, alle attività di cui all'articolo 28 del presente decreto per la verifica dell'ottemperanza delle condizioni ambientali contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o nel provvedimento di VIA, nonché alla predisposizione di misure per la protezione sanitaria della popolazione in caso di incidenti o calamità naturali.


(182) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 18, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(183)  Per la definizione dei contenuti minimi e i formati dei verbali di accertamento, contestazione e notificazione dei procedimenti previsti dal presente articolo, vedi il D.M. 28 marzo 2018, n. 94.

 


TITOLO III-bis

L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (184) (185) (186)

ART. 29-bis  (Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili) (187)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  L'autorizzazione integrata ambientale è rilasciata tenendo conto di quanto indicato all'Allegato XI alla Parte Seconda e le relative condizioni sono definite avendo a riferimento le Conclusioni sulle BAT, salvo quanto previsto all'articolo 29-sexies, comma 9-bis, e all'articolo 29-octies. Nelle more della emanazione delle conclusioni sulle BAT l'autorità competente utilizza quale riferimento per stabilire le condizioni dell'autorizzazione le pertinenti conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati dalla Commissione europea in attuazione dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE o dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/01/CE. (188)

2.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa consultazione delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale degli operatori delle installazioni interessate, possono essere determinati requisiti generali, per talune categorie di installazioni, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti fissati per ogni singola autorizzazione, purché siano garantiti un approccio integrato ed una elevata protezione equivalente dell'ambiente nel suo complesso. I requisiti generali si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza prescrivere l'utilizzo di alcuna tecnica o tecnologia specifica, al fine di garantire la conformità con l'articolo 29-sexies. Per le categorie interessate, salva l'applicazione dell'articolo 29-septies, l'autorità competente rilascia l'autorizzazione in base ad una semplice verifica di conformità dell'istanza con i requisiti generali. (188)

2-bis.  I decreti di cui al comma 2 sono aggiornati entro sei mesi dall'emanazione delle pertinenti conclusioni sulle BAT da parte della Commissione europea, al fine di tener conto dei progressi delle migliori tecniche disponibili e garantire la conformità con l'articolo 29-octies, ed inoltre contengono un esplicito riferimento alla direttiva 2010/75/UE all'atto della pubblicazione ufficiale. Decorso inutilmente tale termine e fino al loro aggiornamento, i decreti già emanati ai sensi del comma 2 assumono, per installazioni pertinenti a tali conclusioni sulle BAT, una mera valenza informativa e conseguentemente non trova più applicazione l'ultimo periodo del comma 2. (189)

3.  Per le discariche di rifiuti da autorizzare ai sensi del presente titolo, si considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente titolo se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 fino all'emanazione delle relative conclusioni sulle BAT. (190)


(184) Titolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(185) Per il rinnovo delle autorizzazioni di cui al presente titolo, vedi l’ art. 14-bis, comma 8, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

(186) Vedi, anche, l’ art. 14-bis, comma 7, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

(187) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis.

(188) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(189) Comma inserito dall’ art. 7, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(190) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 29-ter  (Domanda di autorizzazione integrata ambientale) (191)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.  Ai fini dell'esercizio delle nuove installazioni di nuovi impianti, della modifica sostanziale e dell'adeguamento del funzionamento degli impianti delle installazioni esistenti alle disposizioni del presente decreto, si provvede al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale di cui all'articolo 29-sexies. Fatto salvo quanto disposto al comma 4 e ferme restando le informazioni richieste dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore, la domanda deve contenere le seguenti informazioni:

a)  descrizione dell'installazione e delle sue attività, specificandone tipo e portata;
b)  descrizione delle materie prime e ausiliarie, delle sostanze e dell'energia usate o prodotte dall'installazione;
c)  descrizione delle fonti di emissione dell'installazione;
d)  descrizione dello stato del sito di ubicazione dell'installazione;
e)  descrizione del tipo e dell'entità delle prevedibili emissioni dell'installazione in ogni comparto ambientale nonché un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente;
f)  descrizione della tecnologia e delle altre tecniche di cui si prevede l'uso per prevenire le emissioni dall'installazione oppure, qualora ciò non fosse possibile, per ridurle;
g)  descrizione delle misure di prevenzione, di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di recupero dei rifiuti prodotti dall'installazione;
h)  descrizione delle misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente nonché le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiedono l'intervento dell'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3;
i)  descrizione delle principali alternative alla tecnologia, alle tecniche e alle misure proposte, prese in esame dal gestore in forma sommaria;
l)  descrizione delle altre misure previste per ottemperare ai principi di cui all'articolo 6, comma 16;
m)  se l'attività comporta l'utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose e, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterrane nel sito dell'installazione, una relazione di riferimento elaborata dal gestore prima della messa in esercizio dell'installazione o prima del primo aggiornamento dell'autorizzazione rilasciata, per la quale l'istanza costituisce richiesta di validazione. L'autorità competente esamina la relazione disponendo nell'autorizzazione o nell'atto di aggiornamento, ove ritenuto necessario ai fini della sua validazione, ulteriori e specifici approfondimenti. (192)

2.  La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere anche una sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a m) del comma 1 e l'indicazione delle informazioni che ad avviso del gestore non devono essere diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di tutela della proprietà intellettuale e, tenendo conto delle indicazioni contenute nell'articolo 39 della legge 3 agosto 2007, n. 124, di pubblica sicurezza o di difesa nazionale. In tale caso il richiedente fornisce all'autorità competente anche una versione della domanda priva delle informazioni riservate, ai fini dell'accessibilità al pubblico. (193)

3.  Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attività industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001 e successive modifiche, nonché altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o più requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, tali dati possono essere utilizzati ai fini della presentazione della domanda e possono essere inclusi nella domanda o essere ad essa allegati.

4.  Entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorità competente verifica la completezza della stessa e della documentazione allegata. Qualora queste risultino incomplete, l'autorità competente ovvero, nel caso di impianti di competenza statale, la Commissione di cui all'art. 8-bis potrà chiedere apposite integrazioni, indicando un termine non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine indicato il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l'istanza si intende ritirata. È fatta salva la facoltà per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessità della documentazione da presentare.


(191) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis.

(192) Comma modificato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 7, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(193) Comma così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. b), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


ART. 29-quater  (Procedura per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale) (194)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.  Per le installazioni di competenza statale la domanda è presentata all'autorità competente per mezzo di procedure telematiche, con il formato e le modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 29-duodecies, comma 2. (195)

2.  L'autorità competente individua gli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine della consultazione del pubblico. Tale consultazione è garantita anche mediante pubblicazione sul sito internet dell'autorità competente, non appena sia ragionevolmente possibile, del progetto di decisione, compreso il verbale conclusivo della conferenza di servizi di cui al comma 5, del contenuto della decisione , compresa una copia dell'autorizzazione e degli eventuali successivi aggiornamenti, e con particolare riferimento agli elementi di cui alle lettere b), e), f) e g) del comma 13, nonché delle proposte di riesame pervenute dalle autorità competenti in materia ambientale ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 4, ovvero dal sindaco ai sensi del comma 7, del presente articolo. (196)

3.  L'autorità competente, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda ovvero, in caso di riesame ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 4, contestualmente all'avvio del relativo procedimento, comunica al gestore la data di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e la sede degli uffici di cui al comma 2. Entro il termine di quindici giorni dalla data di avvio del procedimento, l'autorità competente pubblica nel proprio sito web l'indicazione della localizzazione dell'installazione e il nominativo del gestore, nonché gli uffici individuati ai sensi del comma 2 ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Le informazioni pubblicate dal gestore ai sensi del presente comma sono altresì pubblicate dall'autorità competente nel proprio sito web. È in ogni caso garantita l'unicità della pubblicazione per gli impianti di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto. (197)

4.  Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al comma 3, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all'autorità competente, osservazioni sulla domanda.

5.  La convocazione da parte dell'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, di apposita Conferenza di servizi, alla quale sono invitate le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell'interno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al soggetto richiedente l'autorizzazione, nonché, per le installazioni di competenza regionale, le altre amministrazioni competenti per il rilascio dei titoli abilitativi richiesti contestualmente al rilascio dell'AIA, ha luogo ai sensi degli articoli 14 e 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Per le installazioni soggette alle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, ferme restando le relative disposizioni, al fine di acquisire gli elementi di valutazione ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 8, e di concordare preliminarmente le condizioni di funzionamento dell'installazione, alla conferenza è invitato un rappresentante della rispettiva autorità competente. (198)

6.  Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché la proposta dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente. (199)

7.  In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può, con proprio motivato provvedimento, corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell'autorizzazione, chiedere all'autorità competente di riesaminare l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 29-octies. (200)

8.  Nell'ambito della Conferenza dei servizi, l'autorità competente può richiedere integrazioni alla documentazione, anche al fine di valutare la applicabilità di specifiche misure alternative o aggiuntive, indicando il termine massimo non superiore a novanta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso, il termine di cui al comma 10 resta sospeso fino alla presentazione della documentazione integrativa. (201)

[9.  Salvo quanto diversamente concordato, la Conferenza dei servizi di cui al comma 5 deve concludersi entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine previsto dal comma 4 per la presentazione delle osservazioni. (202) ]

10.  L'autorità competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di autorizzazione integrata ambientale entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda. (203)

11.  Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco dell'Allegato IX alla Parte Seconda del presente decreto. A tal fine il provvedimento di autorizzazione integrata ambientale richiama esplicitamente le eventuali condizioni, già definite nelle autorizzazioni sostituite, la cui necessità permane. Inoltre le autorizzazioni integrate ambientali sostituiscono la comunicazione di cui all'articolo 216. (204)

12.  Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalità previste dal presente decreto per la protezione dell'ambiente, nonché, la data entro la quale le prescrizioni debbono essere attuate. (204)

13.  Copia dell'autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, è messa tempestivamente a disposizione del pubblico, presso l'ufficio di cui al comma 2. Presso il medesimo ufficio sono inoltre rese disponibili:

a)  informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento;
b)  i motivi su cui è basata la decisione;
c)  i risultati delle consultazioni condotte, anche coinvolgendo altri Stati ai sensi dell'articolo 32-bis, prima dell'adozione della decisione e una spiegazione della modalità con cui se ne è tenuto conto nella decisione; (205)
d)  il titolo dei documenti di riferimento sulle BAT pertinenti per l'installazione o l'attività interessati;
e)  il metodo utilizzato per determinare le condizioni di autorizzazione di cui all'articolo 29-sexies, ivi compresi i valori limite di emissione, in relazione alle migliori tecniche disponibili e ai livelli di emissione ivi associati;
f)  se è concessa una deroga ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 10, i motivi specifici della deroga sulla base dei criteri indicati in detto comma e le condizioni imposte;
g)  le informazioni pertinenti sulle misure adottate dal gestore, in applicazione dell'articolo 29-sexies, comma 13, al momento della cessazione definitiva delle attività;
h)  i risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni di autorizzazione e in possesso dell'autorità competente. (204)

14.  L'autorità competente può sottrarre all'accesso le informazioni, in particolare quelle relative agli impianti militari di produzione di esplosivi di cui al punto 4.6 dell'allegato VIII, qualora ciò si renda necessario per l'esigenza di salvaguardare ai sensi dell'articolo 24, comma 6, lettera a), della legge 7 agosto 1990, n. 241, e relative norme di attuazione, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale. L'autorità competente può inoltre sottrarre all'accesso informazioni non riguardanti le emissioni dell'impianto nell'ambiente, per ragioni di tutela della proprietà intellettuale o di riservatezza industriale, commerciale o personale.

15.  In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell'impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono essere conclusi, d'intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l'autorità competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 12, assicura il necessario coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e la procedura di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal presente comma i termini di cui al comma 10 sono raddoppiati.


(194) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis.

(195) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 3, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(196) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 3, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, dall’ art. 18, comma 1, lett. c), nn. 1), 2) e 3), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(197) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 3, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(198) Comma sostituito dall’ art. 7, comma 3, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificato dall’ art. 5, comma 1, lett. b), D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127; per l’applicazione di tale ultima disposizione vedi l’ art. 7, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 127/2016.

(199) Comma inserito dall’ art. 7, comma 3, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito l’originario comma 7 con gli attuali commi 6 e 7.

(200) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 3, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito l’originario comma 7 con gli attuali commi 6 e 7.

(201) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 3, lett. f), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(202) Comma soppresso dall’ art. 7, comma 3, lett. g), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(203) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 3, lett. h), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(204) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 3, lett. i), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(205) Lettera così modificata dall’ art. 18, comma 1, lett. d), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


ART. 29-quinquies  (Coordinamento per l'uniforme applicazione sul territorio nazionale) (206)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  È istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Coordinamento tra i rappresentanti di tale Ministero, di ogni regione e provincia autonoma e dell'Unione delle province italiane (UPI). Partecipano al Coordinamento rappresentanti dell'ISPRA, nonché, su indicazione della regione o provincia autonoma di appartenenza, rappresentanti delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente. Il Coordinamento opera attraverso l'indizione di riunioni periodiche e la creazione di una rete di referenti per lo scambio di dati e di informazioni.

2.  Il Coordinamento previsto dal comma 1 assicura, anche mediante gruppi di lavoro, l'elaborazione di indirizzi e di linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame congiunto di temi connessi all'applicazione del presente Titolo, anche al fine di garantire un'attuazione coordinata e omogenea delle nuove norme e di prevenire le situazioni di inadempimento e le relative conseguenze.

3.  Ai soggetti che partecipano, a qualsiasi titolo, al Coordinamento previsto al comma 1 non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.


(206) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 7, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 29-sexies  (Autorizzazione integrata ambientale) (207) (219)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  L'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi del presente decreto, deve includere tutte le misure necessarie a soddisfare i requisiti di cui ai seguenti commi del presente articolo nonché di cui agli articoli 6, comma 16, e 29-septies, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso. L'autorizzazione integrata ambientale di attività regolamentate dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di cui all'allegato B del medesimo decreto, solo quando ciò risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale. (208)

[2.  In caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale, se sottoposti alla normativa in materia di valutazione d'impatto ambientale, si applicano le disposizioni di cui all'art. 10 del presente decreto. (209) ]

3.  L'autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle dell'allegato X alla Parte Seconda, che possono essere emesse dall'installazione interessata in quantità significativa, in considerazione della loro natura e delle loro potenzialità di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro, acqua, aria e suolo, nonché i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate ambientali non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui è ubicata l'installazione. Se del caso i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti. (210)

3-bis.  L'autorizzazione integrata ambientale contiene le ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall'impianto e per la riduzione dell'impatto acustico, nonché disposizioni adeguate per la manutenzione e la verifica periodiche delle misure adottate per prevenire le emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee e disposizioni adeguate relative al controllo periodico del suolo e delle acque sotterranee in relazione alle sostanze pericolose che possono essere presenti nel sito e tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee presso il sito dell'installazione. (211)

4.  Fatto salvo l'articolo 29-septies, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui ai commi precedenti fanno riferimento all'applicazione delle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l'inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

4-bis.  L'autorità competente fissa valori limite di emissione che garantiscono che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AEL) di cui all'articolo 5, comma 1, lettera l-ter.4), attraverso una delle due opzioni seguenti:

a)  fissando valori limite di emissione, in condizioni di esercizio normali, che non superano i BAT-AEL, adottino le stesse condizioni di riferimento dei BAT-AEL e tempi di riferimento non maggiori di quelli dei BAT-AEL;
b)  fissando valori limite di emissione diversi da quelli di cui alla lettera a) in termini di valori, tempi di riferimento e condizioni, a patto che l'autorità competente stessa valuti almeno annualmente i risultati del controllo delle emissioni al fine di verificare che le emissioni, in condizioni di esercizio normali, non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili. (212)

4-ter.  L'autorità competente può fissare valori limite di emissione più rigorosi di quelli di cui al comma 4-bis, se pertinenti, nei seguenti casi:

a)  quando previsto dall'articolo 29-septies;
b)  quando lo richiede il rispetto della normativa vigente nel territorio in cui è ubicata l'installazione o il rispetto dei provvedimenti relativi all'installazione non sostituiti dall'autorizzazione integrata ambientale. (212)

4-quater.  I valori limite di emissione delle sostanze inquinanti si applicano nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'installazione e la determinazione di tali valori è effettuata al netto di ogni eventuale diluizione che avvenga prima di quel punto, tenendo se del caso esplicitamente conto dell'eventuale presenza di fondo della sostanza nell'ambiente per motivi non antropici. Per quanto concerne gli scarichi indiretti di sostanze inquinanti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'installazione interessata, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente. (212)

5.  L'autorità competente rilascia l'autorizzazione integrata ambientale osservando quanto specificato nell'articolo 29-bis, commi 1, 2 e 3. In mancanza delle conclusioni sulle BAT l'autorità competente rilascia comunque l'autorizzazione integrata ambientale secondo quanto indicato al comma 5-ter, tenendo conto di quanto previsto nell'Allegato XI alla Parte Seconda. (213)

5-bis.  Se l'autorità competente stabilisce condizioni di autorizzazione sulla base di una migliore tecnica disponibile non descritta in alcuna delle pertinenti conclusioni sulle BAT, essa verifica che tale tecnica sia determinata prestando particolare attenzione ai criteri di cui all'Allegato XI alla Parte Seconda, e:

a)  qualora le conclusioni sulle BAT applicabili contengano BAT-AEL verifica il rispetto degli obblighi di cui ai commi 4-bis e 9-bis, ovvero
b)  qualora le conclusioni sulle BAT applicabili non contengano BAT-AEL verifica che la tecnica garantisca un livello di protezione dell'ambiente non inferiore a quello garantito dalle migliori tecniche disponibili descritte nelle conclusioni sulle BAT. (214)

5-ter.  Se un'attività, o un tipo di processo di produzione svolto all'interno di un'installazione non è previsto, né da alcuna delle conclusioni sulle BAT, né dalle conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati dalla Commissione europea in attuazione dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE o dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/01/CE o, se queste conclusioni non prendono in considerazione tutti gli effetti potenziali dell'attività o del processo sull'ambiente, l'autorità competente, consultato il gestore, stabilisce le condizioni dell'autorizzazione tenendo conto dei criteri di cui all'Allegato XI. (214)

6.  L'autorizzazione integrata ambientale contiene gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, che specificano, in conformità a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale e basandosi sulle conclusioni sulle BAT applicabili, la metodologia e la frequenza di misurazione, le condizioni per valutare la conformità, la relativa procedura di valutazione, nonché l'obbligo di comunicare all'autorità competente periodicamente, ed almeno una volta all'anno, i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata nonché, quando si applica il comma 4-bis, lettera b), una sintesi di detti risultati espressi in un formato che consenta un confronto con i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili, rendendo disponibili, a tal fine, anche i risultati del controllo delle emissioni per gli stessi periodi e alle stesse condizioni di riferimento dei livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili. L'autorizzazione contiene altresì l'obbligo di comunicare all'autorità competente e ai comuni interessati, nonché all'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale. Tra i requisiti di controllo, l'autorizzazione stabilisce in particolare, nel rispetto del decreto di cui all'articolo 33, comma 3-bis, le modalità e la frequenza dei controlli programmati di cui all'articolo 29-decies, comma 3. Per gli impianti di competenza statale le comunicazioni di cui al presente comma sono trasmesse per il tramite dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. L'autorità competente in sede di aggiornamento dell'autorizzazione, per fissare i nuovi requisiti di controllo delle emissioni, su richiesta del gestore, tiene conto dei dati di controllo sull'installazione trasmessi per verificarne la conformità all'autorizzazione e dei dati relativi ai controlli delle emissioni, nonché dei dati reperiti durante le attività di cui all'articolo 29-octies, commi 3 e 4. (213)

6-bis.  Fatto salvo quanto specificato nelle conclusioni sulle BAT applicabili, l'autorizzazione integrata ambientale programma specifici controlli almeno una volta ogni cinque anni per le acque sotterranee e almeno una volta ogni dieci anni per il suolo, a meno che sulla base di una valutazione sistematica del rischio di contaminazione non siano state fissate diverse modalità o più ampie frequenze per tali controlli. (214)

6-ter.  Nell'ambito dei controlli di cui al comma 6 è espressamente prevista un'attività ispettiva presso le installazioni svolta con oneri a carico del gestore dall'autorità di controllo di cui all'articolo 29-decies, comma 3, e che preveda l'esame di tutta la gamma degli effetti ambientali indotti dalle installazioni interessate. Le Regioni possono prevedere il coordinamento delle attività ispettive in materia di autorizzazione integrata ambientale con quelle previste in materia di valutazione di impatto ambientale e in materia di incidenti rilevanti, nel rispetto delle relative normative. (214)

7.  L'autorizzazione integrata ambientale contiene le misure relative alle condizioni diverse da quelle di esercizio normali, in particolare per le fasi di avvio e di arresto dell'installazione, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti, e per l'arresto definitivo dell'installazione. L'autorizzazione può, tra l'altro, ferme restando le diverse competenze in materia di autorizzazione alla demolizione e alla bonifica dei suoli, disciplinare la pulizia, la protezione passiva e la messa in sicurezza di parti dell'installazione per le quali il gestore dichiari non essere previsto il funzionamento o l'utilizzo durante la durata dell'autorizzazione stessa. Gli spazi liberabili con la rimozione di tali parti di impianto sono considerati disponibili alla realizzazione delle migliori tecniche disponibili negli stretti tempi tecnici e amministrativi necessari alla demolizione e, se del caso, alla bonifica. (213)

7-bis.  Fermo restando quanto prescritto agli articoli 237-sexies, comma 1, lettera e), e 237-octiedecies per gli impianti di incenerimento o coincenerimento, è facoltà dell'autorità competente, considerata la stabilità d'esercizio delle tecniche adottate, l'affidabilità dei controlli e la mancata contestazione al gestore, nel periodo di validità della precedente autorizzazione, di violazioni relative agli obblighi di comunicazione, indicare preventivamente nell'autorizzazione il numero massimo, la massima durata e la massima intensità (comunque non eccedente il 20 per cento) di superamenti dei valori limite di emissione di cui al comma 4-bis, dovuti ad una medesima causa, che possono essere considerati, nel corso di validità dell'autorizzazione stessa, situazioni diverse dal normale esercizio e nel contempo non rientrare tra le situazioni di incidente o imprevisti, disciplinate dall'articolo 29-undecies. (214)

8.  Per le installazioni assoggettate al decreto legislativo del 17 agosto 1999, n. 334, l'autorità competente ai sensi di tale decreto trasmette all'autorità competente per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale le più recenti valutazioni assunte e i provvedimenti adottati, alle cui prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, citate nella autorizzazione, sono armonizzate le condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale. (213)

9.  L'autorizzazione integrata ambientale può contenere ulteriori condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dell'autorità competente. Ad esempio, fermo restando l'obbligo di immediato rispetto dei precedenti commi e in particolare del comma 4-bis, l'autorizzazione può disporre la redazione di progetti migliorativi, da presentare ai sensi del successivo articolo 29-nonies, ovvero il raggiungimento di determinate ulteriori prestazioni ambientali in tempi fissati, impegnando il gestore ad individuare le tecniche da implementare a tal fine. In tale ultimo caso, fermo restando l'obbligo di comunicare i miglioramenti progettati, le disposizioni di cui all'articolo 29-nonies non si applicano alle modifiche strettamente necessarie ad adeguare la funzionalità degli impianti alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale. (215)

9-bis.  In casi specifici l'autorità competente può fissare valori limite di emissione meno severi di quelli discendenti dall'applicazione del comma 4-bis, a condizione che una valutazione dimostri che porre limiti di emissione corrispondenti ai 'livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili' comporterebbe una maggiorazione sproporzionata dei costi rispetto ai benefici ambientali, in ragione dell'ubicazione geografica e delle condizioni ambientali locali dell'istallazione interessata e delle caratteristiche tecniche dell'istallazione interessata. In tali casi l'autorità competente documenta, in uno specifico allegato all'autorizzazione, le ragioni di tali scelta, illustrando il risultato della valutazione e la giustificazione delle condizioni imposte. I valori limite di emissione così fissati non superano, in ogni caso, i valori limite di emissione di cui agli allegati del presente decreto, laddove applicabili. Ai fini della predisposizione di tale allegato si fa riferimento alle linee guida di cui all'Allegato XII-bis alla Parte Seconda. Tale Allegato è aggiornato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro sei mesi dall'emanazione, da parte della Commissione europea, di eventuali linee guida comunitarie in materia, per garantire la coerenza con tali linee guida comunitarie. L'autorità competente verifica comunque l'applicazione dei principi di cui all'articolo 6, comma 16, e in particolare che non si verifichino eventi inquinanti di rilievo e che si realizzi nel complesso un elevato grado di tutela ambientale. L'applicazione del presente comma deve essere espressamente riverificata e riconfermata in occasione di ciascun pertinente riesame dell'autorizzazione. (216)

9-ter.  L'autorità competente può accordare deroghe temporanee alle disposizioni del comma 4-bis e 5-bis e dell'articolo 6, comma 16, lettera a), in caso di sperimentazione e di utilizzo di tecniche emergenti per un periodo complessivo non superiore a nove mesi, a condizione che dopo il periodo specificato tale tecnica sia sospesa o che le emissioni dell'attività raggiungano almeno i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili. (216)

9-quater.  Nel caso delle installazioni di cui al punto 6.6 dell'Allegato VIII alla Parte Seconda, il presente articolo si applica fatta salva la normativa in materia di benessere degli animali. (216)

9-quinquies.  Fatto salvo quanto disposto alla Parte Terza ed al Titolo V della Parte Quarta del presente decreto, l'autorità competente stabilisce condizioni di autorizzazione volte a garantire che il gestore:

a)  quando l'attività comporta l'utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito dell'installazione, elabori e trasmetta per validazione all'autorità competente la relazione di riferimento di cui all'articolo 5, comma 1, lettera v-bis), prima della messa in servizio della nuova installazione o prima dell'aggiornamento dell'autorizzazione rilasciata per l'installazione esistente;
b)  al momento della cessazione definitiva delle attività, valuti lo stato di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte di sostanze pericolose pertinenti usate, prodotte o rilasciate dall'installazione;
c)  qualora dalla valutazione di cui alla lettera b) risulti che l'installazione ha provocato un inquinamento significativo del suolo o delle acque sotterranee con sostanze pericolose pertinenti, rispetto allo stato constatato nella relazione di riferimento di cui alla lettera a), adotti le misure necessarie per rimediare a tale inquinamento in modo da riportare il sito a tale stato, tenendo conto della fattibilità tecnica di dette misure;
d)  fatta salva la lettera c), se, tenendo conto dello stato del sito indicato nell'istanza, al momento della cessazione definitiva delle attività la contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito comporta un rischio significativo per la salute umana o per l'ambiente in conseguenza delle attività autorizzate svolte dal gestore anteriormente al primo aggiornamento dell'autorizzazione per l'installazione esistente, esegua gli interventi necessari ad eliminare, controllare, contenere o ridurre le sostanze pericolose pertinenti in modo che il sito, tenuto conto dell'uso attuale o dell'uso futuro approvato, cessi di comportare detto rischio;
e)  se non è tenuto ad elaborare la relazione di riferimento di cui alla lettera a), al momento della cessazione definitiva delle attività esegua gli interventi necessari ad eliminare, controllare, contenere o ridurre le sostanze pericolose pertinenti in modo che il sito, tenuto conto dell'uso attuale o dell'uso futuro approvato del medesimo non comporti un rischio significativo per la salute umana o per l'ambiente a causa della contaminazione del suolo o delle acque sotterranee in conseguenza delle attività autorizzate, tenendo conto dello stato del sito di ubicazione dell'installazione indicato nell'istanza. (216)

9-sexies.  Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabilite le modalità per la redazione della relazione di riferimento di cui all'articolo 5, comma 1, lettera v-bis), con particolare riguardo alle metodiche di indagine ed alle sostanze pericolose da ricercare con riferimento alle attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda. (216) (217)

9-septies.  A garanzia degli obblighi di cui alla lettera c del comma 9-quinquies, l'autorizzazione integrata ambientale prevede adeguate garanzie finanziarie, da prestare entro 12 mesi dal rilascio in favore della regione o della provincia autonoma territorialmente competente. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabiliti criteri che l'autorità competente dovrà tenere in conto nel determinare l'importo di tali garanzie finanziarie. (216) (218)


(207) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis.

(208) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 5, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(209) Comma soppresso dall’ art. 7, comma 5, lett. b) D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e abrogato dall’ art. 34, comma 1, lett. a), del medesimo D.Lgs. n. 46/2014.

(210) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 5, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito l’originario comma 3 con gli attuali commi 3 e 3-bis.

(211) Comma inserito dall’ art. 7, comma 5, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito l’originario comma 3 con gli attuali commi 3 e 3-bis.

(212) Comma inserito dall’ art. 7, comma 5, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(213) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 5, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito gli originari commi 5, 6, 7 e 8 con gli attuali commi 5, 5-bis, 5-ter, 6, 6-bis, 6-ter, 7, 7-bis e 8.

(214) Comma inserito dall’ art. 7, comma 5, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito gli originari commi 5, 6, 7 e 8 con gli attuali commi 5, 5-bis, 5-ter, 6, 6-bis, 6-ter, 7, 7-bis e 8.

(215) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 5, lett. f), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito l’originario comma 9 con gli attuali commi 9, 9-bis, 9-ter, 9-quater, 9-quinquies, 9-sexies e 9-septies.

(216) Comma aggiunto dall’ art. 7, comma 5, lett. f), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito l’originario comma 9 con gli attuali commi 9, 9-bis, 9-ter, 9-quater, 9-quinquies, 9-sexies e 9-septies.

(217) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 13 novembre 2014, n. 272 e il D.M. 15 aprile 2019, n. 95.

(218) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 26 maggio 2016.

(219) Vedi, anche, il D.M. 7 novembre 2016.

 


ART. 29-septies  (Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale) (220) (221)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione ambientale, quali ad esempio il piano di tutela delle acque, o la pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, considerate tutte le sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessità di applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'amministrazione ambientale competente, per installazioni di competenza statale, o la stessa autorità competente, per le altre installazioni, lo rappresenta in sede di conferenza di servizi di cui all'articolo 29-quater, comma 5.

2.  Nei casi di cui al comma 1 l'autorità competente prescrive nelle autorizzazioni integrate ambientali degli impianti nell'area interessata, tutte le misure supplementari particolari più rigorose di cui al comma 1 fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.


(220) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 7, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(221) Vedi, anche, il D.M. 7 novembre 2016.

 


ART. 29-octies  (Rinnovo e riesame) (222) (223)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  L'autorità competente riesamina periodicamente l'autorizzazione integrata ambientale, confermando o aggiornando le relative condizioni.

2.  Il riesame tiene conto di tutte le conclusioni sulle BAT, nuove o aggiornate, applicabili all'installazione e adottate da quando l'autorizzazione è stata concessa o da ultimo riesaminata, nonché di eventuali nuovi elementi che possano condizionare l'esercizio dell'installazione. Nel caso di installazioni complesse, in cui siano applicabili più conclusioni sulle BAT, il riferimento va fatto, per ciascuna attività, prevalentemente alle conclusioni sulle BAT pertinenti al relativo settore industriale.

3.  Il riesame con valenza, anche in termini tariffari, di rinnovo dell'autorizzazione è disposto sull'installazione nel suo complesso:

a)  entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea delle decisioni relative alle conclusioni sulle BAT riferite all'attività principale di un'installazione;
b)  quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale o dall'ultimo riesame effettuato sull'intera installazione.

4.  Il riesame è inoltre disposto, sull'intera installazione o su parti di essa, dall'autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:

a)  a giudizio dell'autorità competente ovvero, in caso di installazioni di competenza statale, a giudizio dell'amministrazione competente in materia di qualità della specifica matrice ambientale interessata, l'inquinamento provocato dall'installazione è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite, in particolare quando è accertato che le prescrizioni stabilite nell'autorizzazione non garantiscono il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;
b)  le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni;
c)  a giudizio di una amministrazione competente in materia di igiene e sicurezza del lavoro, ovvero in materia di sicurezza o di tutela dal rischio di incidente rilevante, la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;
d)  sviluppi delle norme di qualità ambientali o nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o regionali lo esigono;
e)  una verifica di cui all'articolo 29-sexies, comma 4-bis, lettera b), ha dato esito negativo senza evidenziare violazioni delle prescrizioni autorizzative, indicando conseguentemente la necessità di aggiornare l'autorizzazione per garantire che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni corrispondano ai “livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili.

5.  A seguito della comunicazione di avvio del riesame da parte dell'autorità competente, il gestore presenta, entro il termine determinato dall'autorità competente in base alla prevista complessità della documentazione, e compreso tra 30 e 180 giorni, ovvero, nel caso in cui la necessità di avviare il riesame interessi numerose autorizzazioni, in base ad un apposito calendario annuale, tutte le informazioni necessarie ai fini del riesame delle condizioni di autorizzazione, ivi compresi, in particolare, i risultati del controllo delle emissioni e altri dati, che consentano un confronto tra il funzionamento dell'installazione, le tecniche descritte nelle conclusioni sulle BAT applicabili e i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili nonché, nel caso di riesami relativi all'intera installazione, l'aggiornamento di tutte le informazioni di cui all'articolo 29-ter, comma 1. Nei casi di cui al comma 3, lettera b), la domanda di riesame è comunque presentata entro il termine ivi indicato. Nel caso di inosservanza del predetto termine l'autorizzazione si intende scaduta. La mancata presentazione nei tempi indicati di tale documentazione, completa dell'attestazione del pagamento della tariffa, comporta la sanzione amministrativa da 10.000 euro a 60.000 euro, con l'obbligo di provvedere entro i successivi 90 giorni. Al permanere dell'inadempimento la validità dell'autorizzazione, previa diffida, è sospesa. In occasione del riesame l'autorità competente utilizza anche tutte le informazioni provenienti dai controlli o dalle ispezioni.

6.  Entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Unione europea delle decisioni sulle conclusioni sulle BAT riferite all'attività principale di un'installazione, l'autorità competente verifica che:

a)  tutte le condizioni di autorizzazione per l'installazione interessata siano riesaminate e, se necessario, aggiornate per assicurare il rispetto del presente decreto in particolare, se applicabile, dell'articolo 29-sexies, commi 3, 4 e 4-bis;
b)  l'installazione sia conforme a tali condizioni di autorizzazione.

7.  Il ritardo nella presentazione della istanza di riesame, nel caso disciplinato al comma 3, lettera a), non può in alcun modo essere tenuto in conto per dilazionare i tempi fissati per l'adeguamento dell'esercizio delle installazioni alle condizioni dell'autorizzazione.

8.  Nel caso di un'installazione che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, risulti registrata ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, il termine di cui al comma 3, lettera b), è esteso a sedici anni. Se la registrazione ai sensi del predetto regolamento è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, il riesame di detta autorizzazione è effettuato almeno ogni sedici anni, a partire dal primo successivo riesame.

9.  Nel caso di un'installazione che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, risulti certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001, il termine di cui al comma 3, lettera b), è esteso a dodici anni. Se la certificazione ai sensi della predetta norma è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, il riesame di detta autorizzazione è effettuato almeno ogni dodici anni, a partire dal primo successivo riesame.

10.  Il procedimento di riesame è condotto con le modalità di cui agli articoli 29-ter, comma 4, e 29-quater. In alternativa alle modalità di cui all'articolo 29-quater, comma 3, la partecipazione del pubblico alle decisioni può essere assicurata attraverso la pubblicazione nel sito web istituzionale dell'autorità competente.

11.  Fino alla pronuncia dell'autorità competente in merito al riesame, il gestore continua l'attività sulla base dell'autorizzazione in suo possesso.


(222) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 7, comma 7, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(223) Per la definizione della modulistica da compilare per la presentazione della domanda di AIA di competenza statale, con specifico riferimento alla presentazione delle informazioni necessarie al fine del riesame di cui al presente articolo, vedi il Decreto 15 marzo 2016.

 


ART. 29-nonies  (Modifica degli impianti o variazione del gestore) (224)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Il gestore comunica all'autorità competente le modifiche progettate dell'impianto, come definite dall'articolo 5, comma 1, lettera l). L'autorità competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l'autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche progettate sono sostanziali ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera l-bis), ne dà notizia al gestore entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione ai fini degli adempimenti di cui al comma 2 del presente articolo. Decorso tale termine, il gestore può procedere alla realizzazione delle modifiche comunicate.

2.  Nel caso in cui le modifiche progettate, ad avviso del gestore o a seguito della comunicazione di cui al comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia all'autorità competente una nuova domanda di autorizzazione corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 29-ter, commi 1 e 2. Si applica quanto previsto dagli articoli 29-ter e 29-quater in quanto compatibile.

3.  Il gestore, esclusi i casi disciplinati ai commi 1 e 2, informa l'autorità competente e l'autorità di controllo di cui all'articolo 29-decies, comma 3, in merito ad ogni nuova istanza presentata per l'installazione ai sensi della normativa in materia di prevenzione dai rischi di incidente rilevante, ai sensi della normativa in materia di valutazione di impatto ambientale o ai sensi della normativa in materia urbanistica. La comunicazione, da effettuare prima di realizzare gli interventi, specifica gli elementi in base ai quali il gestore ritiene che gli interventi previsti non comportino né effetti sull'ambiente, né contrasto con le prescrizioni esplicitamente già fissate nell'autorizzazione integrata ambientale. (225)

4.  Nel caso in cui intervengano variazioni nella titolarità della gestione dell'impianto, il vecchio gestore e il nuovo gestore ne danno comunicazione entro trenta giorni all'autorità competente, anche nelle forme dell'autocertificazione ai fini della volturazione dell'autorizzazione integrata ambientale. (226)


(224) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis.

(225) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 8, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(226) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 8, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 29-decies  (Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale) (227)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.  Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale, ne dà comunicazione all'autorità competente. Per gli impianti localizzati in mare, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3, coordinandosi con gli uffici di vigilanza del Ministero dello sviluppo economico. (228)

2.  A far data dall'invio della comunicazione di cui al comma 1, il gestore trasmette all'autorità competente e ai comuni interessati, nonché all'ente responsabile degli accertamenti di cui al comma 3, i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale, secondo modalità e frequenze stabilite nell'autorizzazione stessa. L'autorità competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli uffici individuati ai sensi dell'articolo 29-quater, comma 3, ovvero mediante pubblicazione sul sito internet dell'autorità competente ai sensi dell'articolo 29-quater, comma 2. Il gestore provvede, altresì, ad informare immediatamente i medesimi soggetti in caso di violazione delle condizioni dell'autorizzazione, adottando nel contempo le misure necessarie a ripristinare nel più breve tempo possibile la conformità. (229)

3.  L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale, o, negli altri casi, l'autorità competente, avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 6 e con oneri a carico del gestore: (230)

a)  il rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale;
b)  la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell'inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione;
c)  che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l'autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull'ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.

4.  Ferme restando le misure di controllo di cui al comma 3, l'autorità competente, nell'ambito delle disponibilità finanziarie del proprio bilancio destinate allo scopo, può disporre ispezioni straordinarie sugli impianti autorizzati ai sensi del presente decreto.

5.  Al fine di consentire le attività' di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve fornire tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica relativa all'impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto. A tal fine, almeno dopo ogni visita in loco, il soggetto che effettua gli accertamenti redige una relazione che contiene i pertinenti riscontri in merito alla conformità dell'installazione alle condizioni di autorizzazione e le conclusioni riguardanti eventuali azioni da intraprendere. La relazione è notificata al gestore interessato e all'autorità competente entro due mesi dalla visita in loco ed è resa disponibile al pubblico, conformemente al comma 8, entro quattro mesi dalla visita in loco. Fatto salvo il comma 9, l'autorità competente provvede affinché il gestore, entro un termine ragionevole, adotti tutte le ulteriori misure che ritiene necessarie, tenendo in particolare considerazione quelle proposte nella relazione. (231)

6.  Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all'autorità competente ed al gestore indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le misure da adottare.

7.  Ogni organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono attività di cui agli allegati VIII e XII, e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini dell'applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi comprese le eventuali notizie di reato, anche all'autorità competente.

8.  I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell'autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico, tramite l'ufficio individuato all'articolo 29-quater, comma 3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

9.  In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni e delle misure di sicurezza di cui all'articolo 29-quattuordecies, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

a)  alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonché un termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l'autorità competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformità;
b)  alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni che costituiscano un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte in un anno. Decorso il tempo determinato contestualmente alla diffida, la sospensione è automaticamente prorogata, finché il gestore non dichiara di aver individuato e risolto il problema che ha causato l'inottemperanza. La sospensione è inoltre automaticamente rinnovata a cura dell'autorità di controllo di cui al comma 3, alle medesime condizioni e durata individuate contestualmente alla diffida, se i controlli sul successivo esercizio non confermano che è stata ripristinata la conformità, almeno in relazione alle situazioni che, costituendo un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente, avevano determinato la precedente sospensione; (234)
c)  alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente;
d)  alla chiusura dell'installazione, nel caso in cui l'infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione. (232)

10.  In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell'assunzione delle eventuali misure ai sensi dell'articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

11.  L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto all'articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

11-bis.  Le attività ispettive in sito di cui all'articolo 29-sexies, comma 6-ter, e di cui al comma 4 sono definite in un piano d'ispezione ambientale a livello regionale, periodicamente aggiornato a cura della Regione o della Provincia autonoma, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per garantire il coordinamento con quanto previsto nelle autorizzazioni integrate statali ricadenti nel territorio, e caratterizzato dai seguenti elementi:

a)  un'analisi generale dei principali problemi ambientali pertinenti;
b)  la identificazione della zona geografica coperta dal piano d'ispezione;
c)  un registro delle installazioni coperte dal piano;
d)  le procedure per l'elaborazione dei programmi per le ispezioni ambientali ordinarie;
e)  le procedure per le ispezioni straordinarie, effettuate per indagare nel più breve tempo possibile e, se necessario, prima del rilascio, del riesame o dell'aggiornamento di un'autorizzazione, le denunce ed i casi gravi di incidenti, di guasti e di infrazione in materia ambientale;
f)  se necessario, le disposizioni riguardanti la cooperazione tra le varie autorità d'ispezione. (233)

11-ter  Il periodo tra due visite in loco non supera un anno per le installazioni che presentano i rischi più elevati, tre anni per le installazioni che presentano i rischi meno elevati, sei mesi per installazioni per le quali la precedente ispezione ha evidenziato una grave inosservanza delle condizioni di autorizzazione. Tale periodo è determinato, tenendo conto delle procedure di cui al comma 11-bis, lettera d), sulla base di una valutazione sistematica effettuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma sui rischi ambientali delle installazioni interessate, che considera almeno:

a)  gli impatti potenziali e reali delle installazioni interessate sulla salute umana e sull'ambiente, tenendo conto dei livelli e dei tipi di emissioni, della sensibilità dell'ambiente locale e del rischio di incidenti;
b)  il livello di osservanza delle condizioni di autorizzazione;
c)  la partecipazione del gestore al sistema dell'Unione di ecogestione e audit (EMAS) (a norma del regolamento (CE) n. 1221/2009. (233)


(227) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis.

(228) Comma così modificato dall'art 24, comma 1, lett. c), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

(229) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 9, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(230) Alinea così modificato dall’ art. 7, comma 9, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(231) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 9, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(232) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 9, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(233) Comma aggiunto dall’ art. 7, comma 9, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(234) Lettera così sostituita dall’ art. 18, comma 1, lett. e), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


ART. 29-undecies  (Incidenti o imprevisti) (235)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Fatta salva la disciplina relativa alla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, in caso di incidenti o eventi imprevisti che incidano in modo significativo sull'ambiente, il gestore informa immediatamente l'autorità competente e l'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, e adotta immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali e a prevenire ulteriori eventuali incidenti o eventi imprevisti, informandone l'autorità competente.

2.  In esito alle informative di cui al comma 1, l'autorità competente può diffidare il gestore affinché adotti ogni misura complementare appropriata che l'autorità stessa, anche su proposta dell'ente responsabile degli accertamenti o delle amministrazioni competenti in materia ambientale territorialmente competenti, ritenga necessaria per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o imprevisti. La mancata adozione di tali misure complementari da parte del gestore nei tempi stabiliti dall'autorità competente è sanzionata ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, commi 1 o 2.

3.  L'autorizzazione può meglio specificare tempi, modalità e destinatari delle informative di cui al comma 1, fermo restando il termine massimo di otto ore, di cui all'articolo 271, comma 14, nel caso in cui un guasto non permetta di garantire il rispetto dei valori limite di emissione in aria.


(235) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 7, comma 10, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 29-duodecies  (Comunicazioni) (236)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Le autorità competenti comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con cadenza almeno annuale, i dati di sintesi concernenti le domande ricevute, copia informatizzata delle autorizzazioni rilasciate e dei successivi aggiornamenti, nonché un rapporto sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni della autorizzazione integrata ambientale. L'obbligo si intende ottemperato nel caso in cui tali informazioni siano rese disponibili telematicamente ed almeno annualmente l'autorità competente comunichi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le modalità per acquisire in remoto tali informazioni. (237)

1-bis.  In ogni caso in cui è concessa una deroga ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 9-bis, le autorità competenti comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro 120 giorni dall'emanazione del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale, i motivi specifici della deroga e le relative condizioni imposte. (238)

2.  Le domande relative agli impianti di competenza statale di cui all'articolo 29-quater, comma 1, i dati di cui al comma 1 del presente articolo e quelli di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 29-decies, sono trasmessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, secondo il formato e le modalità di cui al decreto dello stesso Ministro 7 febbraio 2007.


(236) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis.

(237) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 11, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito l’originario comma 1 con gli attuali commi 1 e 1-bis.

(238) Comma inserito dall’ art. 7, comma 11, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito l’originario comma 1 con gli attuali commi 1 e 1-bis.

 


ART. 29-terdecies  (Scambio di informazioni) (239)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Le autorità competenti trasmettono periodicamente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale , una comunicazione relativa all'applicazione del presente titolo, ed in particolare sui dati rappresentativi circa le emissioni e altre forme di inquinamento e sui valori limite di emissione applicati in relazione agli impianti di cui all'Allegato VIII nonché sulle migliori tecniche disponibili su cui detti valori si basano, segnalando eventuali progressi rilevati nello sviluppo ed applicazione di tecniche emergenti. La frequenza delle comunicazioni, il tipo e il formato delle informazioni che devono essere messe a disposizione, nonché l'eventuale individuazione di attività e inquinanti specifici a cui limitare le informazioni stesse, sono stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla base delle decisioni in merito emanate dalla Commissione europea. Nelle more della definizione di tale provvedimento le informazioni di cui al presente comma sono trasmesse annualmente, entro il 30 giugno 2014, con riferimento al biennio 2012-2013; entro il 30 aprile 2017, con riferimento al triennio 2014-2016, e successivamente con frequenza triennale, facendo riferimento a tipi e formati definiti nel formulario adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 15 marzo 2012. (240) (242)

2.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone e invia alla Commissione europea una relazione in formato elettronico sull'attuazione del Capo II della direttiva 2010/75/UE e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell'ambiente, sulla base delle informazioni pervenute ai sensi dell'articolo 29-duodecies e del comma 1, rispettando periodicità, contenuti e formati stabiliti nelle specifiche decisioni assunte in merito in sede comunitaria. (240)

2-bis.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare garantisce la partecipazione dell'Italia al Comitato di cui all'articolo 75 della direttiva 2010/75/UE e al Forum di cui all'articolo 13, paragrafo 3, della stessa direttiva, sulla base delle intese di cui al comma 3. (241)

3.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di intesa con il Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministero della salute e con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede ad assicurare la partecipazione dell'Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonché alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni. Le modalità di tale partecipazione, in particolare, dovranno consentire il coinvolgimento delle autorità competenti in tutte le fasi ascendenti dello scambio di informazioni. Le attività di cui al presente comma sono svolte di intesa con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali limitatamente alle attività di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII.

4.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, provvede a garantire la sistematica informazione del pubblico sullo stato di avanzamento dei lavori relativi allo scambio di informazioni di cui al comma 3 e adotta d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 modalità di scambio di informazioni tra le autorità competenti, al fine di promuovere una più ampia conoscenza sulle migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.


(239) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis.

(240) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 12, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito gli originari commi 1 e 2 con gli attuali commi 1, 2 e 2-bis.

(241) Comma inserito dall’ art. 7, comma 12, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito gli originari commi 1 e 2 con gli attuali commi 1, 2 e 2-bis.

(242) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 31 maggio 2016.

 


ART. 29-quattuordecies  (Sanzioni) (243) (244)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Chiunque esercita una delle attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda senza essere in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale, o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata e' punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro. Nel caso in cui l'esercizio non autorizzato comporti lo scarico di sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla Parte Terza, ovvero la raccolta, o il trasporto, o il recupero, o lo smaltimento di rifiuti pericolosi, nonché nel caso in cui l'esercizio sia effettuato dopo l'ordine di chiusura dell'installazione, la pena è quella dell'arresto da sei mesi a due anni e dell'ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro. Se l'esercizio non autorizzato riguarda una discarica, alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale e' realizzata la discarica abusiva, se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

2.  Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall' autorità competente.

3.  Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall' autorità competente nel caso in cui l'inosservanza:

a)  sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell'autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all'articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell'autorizzazione stessa;
b)  sia relativa alla gestione di rifiuti;
c)  sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa.

4.  Nei casi previsti al comma 3 e salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell'arresto fino a due anni qualora l'inosservanza sia relativa:

a)  alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;
b)  allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla Parte Terza;
c)  a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa;
d)  all'utilizzo di combustibili non autorizzati.

5.  Chiunque sottopone una installazione ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro.

6.  Ferma restando l'applicazione del comma 3, nel caso in cui per l'esercizio dell'impianto modificato è necessario l'aggiornamento del provvedimento autorizzativo, colui il quale sottopone una installazione ad una modifica non sostanziale senza aver effettuato le previste comunicazioni o senza avere atteso il termine di cui all'articolo 29-nonies, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.

7.  E' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000 euro il gestore che omette di trasmettere all'autorità competente la comunicazione prevista all'articolo 29-decies, comma 1, nonché il gestore che omette di effettuare le comunicazioni di cui all'articolo 29-undecies, comma 1, nei termini di cui al comma 3 del medesimo articolo 29-undecies.

8.  E' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 11.000 euro il gestore che omette di comunicare all'autorità competente, all'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, e ai comuni interessati i dati relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all'articolo 29-decies, comma 2. Nel caso in cui il mancato adempimento riguardi informazioni inerenti la gestione di rifiuti pericolosi la sanzione amministrativa pecuniaria è sestuplicata. La sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un decimo se il gestore effettua tali comunicazioni con un ritardo minore di 60 giorni ovvero le effettua formalmente incomplete o inesatte ma, comunque, con tutti gli elementi informativi essenziali a caratterizzare i dati di esercizio dell'impianto.

9.  Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale a chi nell'effettuare le comunicazioni di cui al comma 8 fornisce dati falsificati o alterati.

10.  E' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 26.000 euro il gestore che, senza giustificato e documentato motivo, omette di presentare, nel termine stabilito dall'autorità competente, la documentazione integrativa prevista all'articolo 29-quater, comma 8, o la documentazione ad altro titolo richiesta dall'autorità competente per perfezionare un'istanza del gestore o per consentire l'avvio di un procedimento di riesame.

11.  Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

12.  Le sanzioni sono irrogate dal prefetto per gli impianti di competenza statale e dall'autorità competente per gli altri impianti.

13.  I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza statale, per le violazioni previste dal presente decreto, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato. I soli proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al comma 2, al comma 6, al comma 7, limitatamente alla violazione dell'articolo 29-undecies, comma 1, e al comma 10, con esclusione della violazione di cui all'articolo 29-quater, comma 8, del presente articolo, nonché di cui all'articolo 29-octies, commi 5 e 5-ter, sono successivamente riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono destinati a potenziare le ispezioni ambientali straordinarie previste dal presente decreto, in particolare all'articolo 29-decies, comma 4, nonché le ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione.

14.  Per gli impianti autorizzati ai sensi della Parte Seconda, dalla data della prima comunicazione di cui all'articolo 29-decies, comma 1, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore o speciali, relative a fattispecie oggetto del presente articolo, a meno che esse non configurino anche un più grave reato.


(243) Articolo inserito dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, che ha inserito l'intero Titolo III-bis, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 7, comma 13, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(244) Per la definizione dei contenuti minimi e dei formati dei verbali di accertamento, contestazione e notificazione relativi ai procedimenti di cui al presente articolo, vedi il D.M. 17 ottobre 2016, n. 228.

 


TITOLO IV

VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE (245) (246)

ART. 30  (Impatti ambientali interregionali) (247)

In vigore dal 21 luglio 2017

1.  Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a procedura di VIA di competenza regionale, i quali risultino localizzati anche sul territorio di regioni confinanti, le procedure di valutazione e autorizzazione ambientale sono effettuate d'intesa tra le autorità competenti. (250)

2.  Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a VIA di competenza regionale nonché di impianti o parti di essi le cui modalità di esercizio necessitano del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale con esclusione di quelli previsti dall'allegato XII, i quali possano avere impatti ambientali rilevanti ovvero effetti ambientali negativi e significativi su regioni confinanti, l'autorità competente è tenuta a darne informazione e ad acquisire i pareri delle autorità competenti di tali regioni, nonché degli enti locali territoriali interessati dagli impatti. (248)

2-bis.  Nei casi di cui al comma 2, ai fini dell'espressione dei rispettivi pareri, l'autorità competente mette a disposizione nel proprio sito web tutta la documentazione pervenuta affinché i soggetti di cui al comma 2 rendano le proprie determinazioni. (249)


(245) Titolo sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, erano inseriti nel presente titolo gli artt. da 48 a 52. In seguito alle modifiche apportate dal predetto D.Lgs. 4/2008 alla Parte II, gli artt. da 30 a 32, precedentemente inseriti nella Parte II, Titolo III, Capo I, sono stati inseriti nel presente titolo ed i predetti articoli da 48 a 52 sono inseriti nella Parte II, Titolo V del presente provvedimento.

(246) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II. Precedentemente, la rubrica era la seguente: “Disposizioni transitorie e finali”.

(247) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo I del presente provvedimento.

(248) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 25, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(249) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 25, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 19, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(250) Comma sostituito dall'art. 2, comma 25, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 8, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 31  (Attribuzione competenze) (251)

In vigore dal 13 febbraio 2008

1.  In caso di piani, programmi o progetti la cui valutazione ambientale è rimessa alla regione, qualora siano interessati territori di più regioni e si manifesti un conflitto tra le autorità competenti di tali regioni circa gli impatti ambientali di un piano, programma o progetto localizzato sul territorio di una delle regioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su conforme parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può disporre che si applichino le procedure previste dal presente decreto per i piani, programmi e progetti di competenza statale.


(251) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo I del presente provvedimento.

 


ART. 32  (Consultazioni transfrontaliere) (252)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  In caso di piani, programmi, progetti e impianti che possono avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, o qualora un altro Stato così richieda, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il Ministero degli affari esteri e per suo tramite, ai sensi della Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata ai sensi della legge 3 novembre 1994, n. 640, nell'ambito delle fasi previste dalle procedure di cui ai titoli II, III e III-bis, provvede quanto prima e comunque contestualmente alla informativa resa al pubblico interessato alla notifica dei progetti di tutta la documentazione concernente il piano, programma, progetto o impianto e delle informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata. Nell'ambito della notifica è fissato il termine, non superiore ai sessanta giorni, per esprimere il proprio interesse alla partecipazione alla procedura. Della notifica è data evidenza pubblica attraverso il sito web dell'autorità competente. (253)

2.  Qualora sia espresso l'interesse a partecipare alla procedura, gli Stati consultati trasmettono all'autorità competente i pareri e le osservazioni delle autorità pubbliche e del pubblico entro novanta giorni dalla comunicazione della dichiarazione di interesse alla partecipazione alla procedura ovvero secondo le modalità ed i termini concordati dagli Stati membri interessati, in modo da consentire comunque che le autorità pubbliche ed il pubblico degli Stati consultati siano informati ed abbiano l'opportunità di esprimere il loro parere entro termini ragionevoli. L'Autorità competente ha l'obbligo di trasmettere agli Stati membri consultati le decisioni finali e tutte le informazioni già stabilite dagli articoli 17, 25, 27, 27-bis e 29-quater del presente decreto. (254)

3.  Fatto salvo quanto previsto dagli accordi internazionali, le regioni o le province autonome nel caso in cui i piani, i programmi, i progetti od anche le modalità di esercizio di un impianto o di parte di esso, con esclusione di quelli previsti dall'allegato XII, possano avere effetti transfrontalieri informano immediatamente il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e collaborano per lo svolgimento delle fasi procedurali di applicazione della convenzione. (255)

4.  La predisposizione e la distribuzione della documentazione necessaria sono a cura del proponente o del gestore o dell'autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, che deve provvedervi su richiesta dell'autorità competente secondo le modalità previste dai titoli II, III o III-bis del presente decreto ovvero concordate dall'autorità competente e gli Stati consultati. (256)

5.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero degli affari esteri, d'intesa con le regioni interessate, stipulano con i Paesi aderenti alla Convenzione accordi per disciplinare le varie fasi al fine di semplificare e rendere più efficace l'attuazione della convenzione.

5-bis.  Nel caso in cui si provveda ai sensi dei commi 1 e 2, il termine per l'emissione del provvedimento finale di cui all'art. 25, comma 2, è prorogato di 90 giorni o del diverso termine concordato ai sensi del comma 2. (258)

5-ter.  Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi del presente articolo ne fissano preventivamente la durata in tempi ragionevoli. (257)

5-quater.  In caso di progetti proposti da altri Stati membri che possono avere effetti significativi sull'ambiente italiano le informazioni ricevute dall'altro Stato membro sono tempestivamente rese disponibili alle pertinenti autorità italiane e al pubblico interessato italiano che entro sessanta giorni esprimono le proprie osservazioni. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro sessanta giorni redige il proprio parere e lo trasmette unitamente alle osservazioni ricevute all'autorità competente nell'altro Stato membro. (259)


(252) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo I del presente provvedimento.

(253) Comma così modificato dall'art. 2, comma 26, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 15, comma 1, lett. i), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, e, successivamente, dall’ art. 50, comma 1, lett. r), n. 1), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale ultima disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(254) Comma sostituito dall'art. 2, comma 26, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 20, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(255) Comma così modificato dall'art. 2, comma 26, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(256) Comma così modificato dall'art. 2, comma 26, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(257) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 26, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(258) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 26, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 20, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(259) Comma aggiunto dall’ art. 50, comma 1, lett. r), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 32-bis  (Effetti transfrontalieri) (260)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.  Nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, comunica a tale Stato membro i dati forniti ai sensi degli articoli 29-ter, 29-quater e 29-octies, nel momento stesso in cui sono messi a disposizione del pubblico. Comunque tali dati devono essere forniti ad uno Stato dell'Unione europea che ne faccia richiesta, qualora ritenga di poter subire effetti negativi e significativi sull'ambiente nel proprio territorio. Nel caso in cui l'impianto non ricada nell'ambito delle competenze statali, l'autorità competente, qualora constati che il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (261) che provvede ai predetti adempimenti.

2.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (261) provvede, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, nel quadro dei rapporti bilaterali fra Stati, affinché, nei casi di cui al comma 1, le domande siano accessibili anche ai cittadini dello Stato eventualmente interessato per un periodo di tempo adeguato che consenta una presa di posizione prima della decisione dell'autorità competente.

2-bis.   Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, attraverso il proprio sito internet istituzionale, a rendere disponibili al pubblico in modo appropriato le informazioni ricevute da altri Stati dell'Unione europea, in attuazione degli obblighi recati dall'articolo 26, paragrafo 1, della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, circa le decisioni adottate in tali Stati su domande presentate per l'esercizio di attività di cui all'allegato VIII alla parte seconda del presente decreto. (262)


(260) Articolo inserito dall'art. 2, comma 27, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(261) L'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 ha disposto, tra l'altro, che nel presente provvedimento, ovunque ricorrano, le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio», siano sostituite dalle seguenti: «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» e le parole: «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» siano sostituite dalle seguenti: «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(262) Comma aggiunto dall’ art. 18, comma 1, lett. f), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


TITOLO V

NORME TRANSITORIE E FINALI (263)

ART. 33  (Oneri istruttori) (264)

In vigore dal 21 luglio 2017

1.  Le tariffe da applicare ai proponenti, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, per la copertura dei costi sopportati dall'autorità competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA, di VIA e di VAS sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. (268) (270)

2.  Per le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti.

3.  Nelle more dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, si continuano ad applicare le norme vigenti in materia.

3-bis.  Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti ed i sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione integrata ambientale o delle domande di modifica di cui all'articolo 29-nonies o del riesame di cui all'articolo 29-octies e per i successivi controlli previsti dall'articolo 29-decies sono a carico del gestore. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti al Titolo III-bis della Parte Seconda, nonché i compensi spettanti ai membri della Commissione istruttoria di cui all'articolo 8-bis. Il predetto decreto stabilisce altresì le modalità volte a garantire l'allineamento temporale tra gli introiti derivanti dalle tariffe e gli oneri derivanti dalle attività istruttorie e di controllo. Gli oneri per l'istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla complessità delle attività svolte dall'autorità competente e dall'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, sulla base delle categorie di attività condotte nell'installazione, del numero e della tipologia delle emissioni e delle componenti ambientali interessate, nonché della eventuale presenza di sistemi di gestione ambientale registrati o certificati e delle spese di funzionamento della commissione di cui all'articolo 8-bis. Gli introiti derivanti dalle tariffe corrispondenti a tali oneri, posti a carico del gestore, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine gli importi delle tariffe istruttorie vengono versati, per installazioni di cui all'Allegato XII alla Parte Seconda, all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con gli stessi criteri e modalità di emanazione, le tariffe sono aggiornate almeno ogni due anni. (265) (269)

3-ter.  Nelle more del decreto di cui al comma 3-bis, resta fermo quanto stabilito dal decreto 24 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 settembre 2008. (267)

4.  Al fine di garantire l'operatività della Commissione di cui all'articolo 8-bis, nelle more dell'adozione del decreto di cui al comma 3-bis, e fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 1 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonché per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta Commissione è posto a carico del richiedente il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma è riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, e da apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le somme di cui al presente comma si intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l'obbligo del richiedente di corrispondere conguaglio in relazione all'eventuale differenza risultante a quanto stabilito dal decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso. (266)


(263) Titolo inserito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

In seguito alle modifiche apportate dal predetto D.Lgs. 4/2008 alla Parte II, sono stati inseriti nel presente titolo gli artt. da 33 a 52, che precedentemente erano inseriti: nella Parte II, Titolo III, Capo I (artt. 33 e 34); nella Parte II, Titolo III, Capo II (artt. da 35 a 41); nella Parte II, Titolo III, Capo III (artt. da 42 a 47); nella Parte II, Titolo IV (artt. dal 48 a 52).

(264) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo I del presente provvedimento.

(265) Comma inserito dall'art. 2, comma 28, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 9, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(266) Comma così modificato dall'art. 2, comma 28, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(267) Comma inserito dall'art. 2, comma 28, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 9, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(268) Comma così sostituito dall’ art. 21, comma 1, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(269) Vedi, anche, l’ art. 33, comma 3, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e la Direttiva 16 dicembre 2015, n. DEC/MIN/274/2015. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 6 marzo 2017, n. 58.

(270) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 25 ottobre 2016, n. 245 e il D.M. 4 gennaio 2018, n. 1. Vedi, anche, l’ art. 25, comma 8, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

 


ART. 34  (Norme tecniche, organizzative e integrative) (271)

In vigore dal 21 luglio 2017

[1.  Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, provvede alla modifica ed all'integrazione delle norme tecniche in materia di valutazione ambientale nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l'applicazione dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale. Resta ferma altresì, nelle more dell'emanazione delle norme tecniche di cui al presente comma, l'applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988. (272) (277) ]

[2.  Al fine della predisposizione dei provvedimenti di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare acquisisce il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. (277) ]

3.  Il Governo, con apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome, ed acquisito il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, provvede, con cadenza almeno triennale, all'aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 2 agosto 2002. (276) (278)

4.  Entro dodici mesi dalla delibera di aggiornamento della strategia nazionale di cui al comma 3, le regioni si dotano, attraverso adeguati processi informativi e partecipativi, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci regionali, di una complessiva strategia di sviluppo sostenibile che sia coerente e definisca il contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia nazionale. Le strategie regionali indicano insieme al contributo della regione agli obiettivi nazionali, la strumentazione, le priorità, le azioni che si intendono intraprendere. In tale ambito le regioni assicurano unitarietà all'attività di pianificazione. Le regioni promuovono l'attività delle amministrazioni locali che, anche attraverso i processi di Agenda 21 locale, si dotano di strumenti strategici coerenti e capaci di portare un contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia regionale.

5.  Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui al presente decreto. Dette strategie, definite coerentemente ai diversi livelli territoriali, attraverso la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni, in rappresentanza delle diverse istanze, assicurano la dissociazione fra la crescita economica ed il suo impatto sull'ambiente, il rispetto delle condizioni di stabilità ecologica, la salvaguardia della biodiversità ed il soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialità individuali quali presupposti necessari per la crescita della competitività e dell'occupazione.

6.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni e le province autonome cooperano per assicurare assetti organizzativi, anche mediante la costituzione di apposite unità operative, senza aggravio per la finanza pubblica, e risorse atti a garantire le condizioni per lo svolgimento di funzioni finalizzate a:

a)  determinare, nell'ottica della strategia di sviluppo sostenibile, i requisiti per una piena integrazione della dimensione ambientale nella definizione e valutazione di politiche, piani, programmi e progetti;
b)  garantire le funzioni di orientamento, valutazione, sorveglianza e controllo nei processi decisionali della pubblica amministrazione;
c)  assicurare lo scambio e la condivisione di esperienze e contenuti tecnico-scientifici in materia di valutazione ambientale;
d)  favorire la promozione e diffusione della cultura della sostenibilità dell'integrazione ambientale;
e)  agevolare la partecipazione delle autorità interessate e del pubblico ai processi decisionali ed assicurare un'ampia diffusione delle informazioni ambientali.

7.  Le norme tecniche assicurano la semplificazione delle procedure di valutazione. In particolare, assicurano che la valutazione ambientale strategica e la valutazione d'impatto ambientale si riferiscano al livello strategico pertinente analizzando la coerenza ed il contributo di piani, programmi e progetti alla realizzazione degli obiettivi e delle azioni di livello superiore. Il processo di valutazione nella sua interezza deve anche assicurare che piani, programmi e progetti riducano il flusso di materia ed energia che attraversa il sistema economico e la connessa produzione di rifiuti.

8.  Il sistema di monitoraggio, effettuato anche avvalendosi delle Agenzie ambientali e dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), garantisce la raccolta dei dati concernenti gli indicatori strutturali comunitari o altri appositamente scelti dall'autorità competente. (273)

9.  Salvo quanto disposto dai commi 9-bis e 9-ter, le modifiche agli allegati alla parte seconda del presente decreto sono apportate con regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (274)

9-bis.  L'elenco riportato nell'allegato IX, ove necessario, è modificato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con le stesse modalità, possono essere introdotte modifiche all'allegato XII, anche per assicurare il coordinamento tra le procedure di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e quelle in materia di valutazione d'impatto ambientale. (275)

9-ter.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa comunicazione ai Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, si provvede al recepimento di direttive tecniche di modifica degli allegati VIII, X e XI e XII emanate dalla Commissione europea. (275)


(271) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo I del presente provvedimento.

(272) Comma così modificato dall'art. 2, comma 29, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(273) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 29, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(274) Comma così modificato dall'art. 2, comma 29, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(275) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 29, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(276) Comma così modificato dall’ art. 3, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(277) Comma abrogato dall’ art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(278) Vedi, anche, l’ art. 3, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221 e la Direttiva 16 marzo 2018.

 


ART. 35  (Disposizioni transitorie e finali) (279)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Le regioni ove necessario adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro dodici mesi dall'entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto. (280)

2.  Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili.

2-bis.  Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalità del presente decreto ai sensi dei relativi statuti.

2-ter.  Le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente all'entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento. (281)

2-quater.  Fino alla data di invio della comunicazione di cui all'articolo 29-decies, comma 1, relativa alla prima autorizzazione integrata ambientale rilasciata all'installazione, le installazioni esistenti per le quali sia stata presentata nei termini previsti la relativa domanda, possono proseguire la propria attività, nel rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni stabilite nelle autorizzazioni ambientali di settore rilasciate per l'esercizio e per le modifiche non sostanziali delle installazioni medesime; tali autorizzazioni restano valide ed efficaci fino alla data di cui all'articolo 29-quater, comma 12, specificata nell'autorizzazione integrata ambientale, ovvero fino alla conclusione del procedimento, ove esso non porti al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. (283)

2-quinquies.  Nei casi di cui al comma 2-quater non si applica la sanzione di cui di cui all'articolo 29-quattuordecies, comma 1. (284)

2-sexies.  Le amministrazioni statali, gli enti territoriali e locali, gli enti pubblici, ivi compresi le università e gli istituti di ricerca, le società per azioni a prevalente partecipazione pubblica, comunicano alle autorità competenti un elenco dei piani e un riepilogo dei dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in loro possesso, utili ai fini delle istruttorie per il rilascio di autorizzazioni integrate ambientali, segnalando quelli riservati e rendono disponibili tali dati alle stesse autorità competenti in forma riproducibile e senza altri oneri oltre quelli di copia, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. I dati relativi agli impianti di competenza statale sono comunicati, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nell'ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati. (282)

2-septies.  L'autorità competente rende accessibili ai gestori i dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in proprio possesso, di interesse ai fini dell'applicazione del presente decreto, ove non ritenuti riservati, ed in particolare quelli di cui al comma 2-sexies, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. A tale fine l'autorità competente può avvalersi dell'Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, nell'ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati. (282)

2-octies.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità di autorizzazione nel caso in cui più impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore, e soggetti ad autorizzazione integrata ambientale da rilasciare da più di una autorità competente. (282)

2-nonies.  Il rilascio dell'autorizzazione di cui al presente decreto non esime i gestori dalla responsabilità in relazione alle eventuali sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di cui al decreto legislativo 4 luglio 2006, n. 216 e successive modifiche ed integrazioni. (282)


(279) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo II del presente provvedimento.

(280) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(281) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(282) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 30, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(283) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 30, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 10, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(284) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 30, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 10, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. Peraltro l’ art. 34, comma 1, lett. b) del medesimo D.Lgs. n. 46/2014 ha disposto l’abrogazione del presente comma.

 


ART. 36  (Abrogazioni e modifiche) (285)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Gli articoli da 4 a 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati.

2.  Gli allegati da I a V della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono sostituiti dagli allegati al presente decreto.

3.  Fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono inoltre abrogati:

e)  il comma 2, dell'articolo 4, ed il comma 2, dell'articolo 5, della legge 4 agosto 1990, n. 240;
s)  il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;
v)  la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 1999;
aa)  il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999, n. 302;
bb)  il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000;

[4.  A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto:

a)  nell'articolo 5, comma 1, lettera h) del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, alla fine sono inserite le seguenti parole: «nonché le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiede l'intervento dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici e delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente»;
b)  nell'articolo 5, comma 10, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole «convoca» sono sostituite dalle seguenti: «può convocare»;
c)  nell'articolo 5, comma 11, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole «Nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10 sono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.», sono sostituite dalle seguenti: «L'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al comma 7, trascorsi i quali l'autorità competente rilascia l'autorizzazione anche in assenza di tali espressioni, ovvero nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10, le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché il parere dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici per gli impianti di competenza statale o delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente negli altri casi per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente.»;
d)  nell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le parole «L'autorità ambientale rinnova ogni cinque anni le condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, o le condizioni dell'autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermandole o aggiornandole, a partire dalla data di cui all'articolo 5, comma 18, per gli impianti esistenti, e, a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione negli altri casi, salvo per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici ai quali si applica il disposto dell'articolo 17, comma 4, per i quali il primo rinnovo dell'autorizzazione ambientale è effettuato dopo sette anni dalla data di rilascio dell'autorizzazione.», sono sostituite dalle seguenti: «L'autorità ambientale rinnova ogni cinque anni l'autorizzazione integrata ambientale, o l'autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermando o aggiornando le relative condizioni, a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione.»;
e)  nell'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono abrogate le seguenti parole: «Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio adotta le determinazioni relative all'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai principi del presente decreto, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dal rilascio della valutazione di impatto ambientale. Per gli impianti già muniti di valutazione di impatto ambientale, il predetto termine di sessanta giorni decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei casi di inutile scadenza del termine previsto dal presente comma, o di determinazione negativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la decisione definitiva in ordine all'autorizzazione integrata ambientale è rimessa al Consiglio dei Ministri.»;
f)  nell'articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono soppresse le seguenti parole «fino al termine fissato nel calendario» nonché le parole «entro tale termine». (286)
]


(285) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008. Contestualmente all'abrogazione, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. 4/2008, che ha sostituito l'intera Parte II.

Precedentemente, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo II del presente provvedimento.

(286) Comma abrogato dall’ art. 34, comma 1, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 37  (Compiti istruttori della commissione tecnico-consultiva) (287)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Le attività tecnico-istruttorie per la valutazione ambientale dei progetti di opere ed interventi di competenza dello Stato sono svolte dalla Commissione di cui all'articolo 6. A tal fine il vicepresidente competente, per ogni progetto inviatogli ai sensi dell'articolo 26, comma 1, provvede alla costituzione di apposita sottocommissione secondo i criteri di cui all'articolo 6, comma 5; ove ne ricorrano i presupposti la sottocommissione è integrata ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 6. Il presente comma non si applica agli impianti disciplinati dai commi 8, 9, 10 e 11.

2.  Ove la sottocommissione verifichi l'incompletezza della documentazione presentata, ne può richiedere l'integrazione. In tal caso i termini temporali del procedimento restano sospesi fino al ricevimento delle integrazioni richieste. Nel caso in cui il soggetto interessato non provveda a fornire le integrazioni richieste entro i trenta giorni successivi, o entro il diverso termine specificato nella richiesta di integrazioni stessa in considerazione della possibile difficoltà a produrre determinate informazioni, il procedimento viene archiviato. È comunque facoltà del committente o proponente presentare una nuova domanda.

3.  La sottocommissione incaricata acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi degli articoli 36, commi 4 e 6, e 39, ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di trenta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui ai citati articoli 36, commi 4 e 6, e 39, fatta comunque salva la sospensione eventualmente disposta ai sensi del comma 2.

4.  Il parere emesso dalla sottocommissione è trasmesso, entro dieci giorni dalla sua verbalizzazione, dal competente vicepresidente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, per l'adozione del giudizio di compatibilità ambientale ai sensi del comma 7 dell'articolo 36.

5.  Nei casi in cui, in base alle procedure di approvazione previste, la valutazione di impatto ambientale venga eseguita su progetti preliminari, la sottocommissione ha, altresì, il compito di verificare l'ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del giudizio di compatibilità ambientale e di effettuare gli opportuni controlli in tal senso.

6.  Qualora nel corso delle verifiche di cui al comma 5 si accerti che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate oppure alle risorse ambientali coinvolte, o comunque che risulta da esso sensibilmente diverso, la sottocommissione trasmette specifico rapporto al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che adotta i provvedimenti relativi all'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e dispone la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell'invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.

7.  Ai fini dello svolgimento dei compiti di cui ai commi 5 e 6, il proponente è tenuto, pena la decadenza dell'autorizzazione alla realizzazione del progetto o del titolo abilitante alla trasformazione del territorio, a trasmettere il progetto definitivo alla competente sottocommissione prima dell'avvio della realizzazione dell'opera. ]


(287) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo II del presente provvedimento.

 


ART. 38  (Fase preliminare e verifica preventiva) (288)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Per i progetti di cui all'articolo 35, la Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6 provvede all'istruttoria anche per le fasi preliminari ed eventuali di verifica preventiva, di cui, rispettivamente, agli articoli 26, comma 3, 27, comma 2, 32 e 36, comma 3.

2.  Ai fini di cui al comma 1, le relative richieste sono rivolte direttamente al vicepresidente della Commissione competente per materia, che provvede alla costituzione, secondo i criteri di cui all'articolo 6, commi 5 e 6, delle sottocommissioni cui vengono assegnate le relative istruttorie.

3.  La sottocommissione costituita per la fase preliminare relativa ad un determinato progetto provvede poi anche all'istruttoria di cui all'articolo 37 relativa al medesimo progetto. Lo stesso vale per la sottocommissione costituita per la verifica preventiva in caso di esito positivo di detta procedura preliminare. ]


(288) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo II del presente provvedimento.

 


ART. 39  (Procedure per i progetti con impatti ambientali transfrontalieri) (289)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Qualora l'opera o l'intervento progettato possa avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro dell'Unione europea, ovvero qualora lo Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, al medesimo Stato devono essere trasmesse quanto meno:

a)  una descrizione del progetto corredata di tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero;
b)  informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata.

2.  Se lo Stato membro, cui siano pervenute le informazioni di cui al comma 1, entro i successivi trenta giorni comunica che intende partecipare alla procedura di valutazione in corso, allo stesso Stato, qualora non vi si sia già provveduto, devono essere trasmessi in copia la domanda del committente o proponente, il progetto dell'opera o intervento, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica.

3.  Con la trasmissione della documentazione di cui al comma 2 viene assegnato allo Stato interessato un termine di trenta giorni per presentare eventuali osservazioni, salvo che detto Stato non abbia adottato la decisione di esprimere il proprio parere previa consultazione al proprio interno delle autorità competenti e del pubblico interessato, nel qual caso viene assegnato un congruo termine, comunque non superiore a novanta giorni.

4.  Modalità più dettagliate per l'attuazione del presente articolo possono essere concordate caso per caso con lo Stato membro interessato, ferma restando la previsione di condizioni adeguate di partecipazione del pubblico alle procedure decisionali.

5.  In pendenza dei termini di cui al comma 3, ogni altro termine della procedura resta sospeso. ]


(289) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo II del presente provvedimento.

 


ART. 40  (Effetti del giudizio di compatibilità ambientale) (290)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale devono essere comunicati ai soggetti del procedimento, a tutte le amministrazioni pubbliche competenti, anche in materia di controlli ambientali, e devono essere adeguatamente pubblicizzati. In particolare, le informazioni messe a disposizione del pubblico comprendono: il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l'accompagnano; i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, tenuto conto delle istanze e dei pareri del pubblico, nonché le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico; una descrizione, ove necessario, delle principali misure prescritte al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi.

2.  Il giudizio di compatibilità ambientale comprendente le eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e degli impianti deve, in particolare, essere acquisito dall'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione definitiva alla realizzazione dell'opera o dell'intervento progettato.

3.  Nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche, il provvedimento definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura d'impatto ambientale. Negli altri casi, i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione.

4.  Nel caso di opere non realizzate almeno per il venti per cento entro tre anni dal giudizio di compatibilità ambientale, la procedura deve essere riaperta per valutare se le informazioni riguardanti il territorio e lo stato delle risorse abbiano subito nel frattempo mutamenti rilevanti. In ogni caso il giudizio di compatibilità ambientale cessa di avere efficacia al compimento del quinto anno dalla sua emanazione. ]


(290) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo II del presente provvedimento.

 


ART. 41  (Controlli successivi) (291)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Qualora durante l'esecuzione delle opere di cui all'articolo 35 la commissione di cui all'articolo 6 ravvisi situazioni contrastanti con il giudizio espresso sulla compatibilità ambientale del progetto, oppure comportamenti contrastanti con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ne dà tempestiva comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il quale, esperite le opportune verifiche, ordina la sospensione dei lavori e impartisce le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori medesimi. ]


(291) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo II del presente provvedimento.

 


ART. 42  (Progetti sottoposti a via in sede regionale o provinciale) (292)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale in sede regionale o provinciale i progetti di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui all'articolo 23, salvo si tratti di opere o interventi sottoposti ad autorizzazione statale o aventi impatto ambientale interregionale o internazionale ai sensi dell'articolo 35.

2.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire, per determinate tipologie progettuali e/o aree predeterminate, sulla base degli elementi indicati nell'Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, un incremento delle soglie di cui all'elenco B dell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto fino alla misura del venti per cento.

3.  Qualora dall'istruttoria esperita in sede regionale o provinciale emerga che l'opera o intervento progettato può avere impatti rilevanti anche sul territorio di altre regioni o province autonome o di altri Stati membri dell'Unione europea, l'autorità competente con proprio provvedimento motivato si dichiara incompetente e rimette gli atti alla Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6 per il loro eventuale utilizzo nel procedimento riaperto in sede statale. In tale ipotesi è facoltà del committente o proponente chiedere, ai sensi dell'articolo 36, comma 3, la definizione in via preliminare delle modalità per il rinnovo parziale o totale della fase di apertura del procedimento.

4.  Qualora si accerti che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate oppure alle risorse ambientali coinvolte, o comunque che risulta da esso sensibilmente diverso, l'autorità competente adotta i provvedimenti relativi all'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e dispone la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell'invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati. ]


(292) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo III del presente provvedimento.

 


ART. 43  (Procedure di via in sede regionale o provinciale) (293)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33 e 34, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le procedure per la valutazione di impatto ambientale dei progetti di cui all'articolo 42, comma 1.

2.  Fino all'entrata in vigore delle discipline regionali e provinciali di cui al comma 1, trovano applicazione le disposizioni di cui alla parte seconda del presente decreto.

3.  Nel disciplinare i contenuti e la procedura di valutazione d'impatto ambientale le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano comunque che siano individuati:

a)  l'autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale;
b)  l'organo tecnico competente allo svolgimento dell'istruttoria;
c)  le eventuali deleghe agli enti locali per particolari tipologie progettuali;
d)  le eventuali modalità, ulteriori o in deroga rispetto a quelle indicate nella parte seconda del presente decreto, per l'informazione e la consultazione del pubblico;
e)  le modalità di realizzazione o adeguamento delle cartografie, degli strumenti informativi territoriali di supporto e di un archivio degli studi di impatto ambientale consultabile dal pubblico;
f)  i criteri integrativi con i quali vengono definiti le province ed i comuni interessati dal progetto.

4.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono individuare appropriate forme di pubblicità, ulteriori rispetto a quelle previste nel regolamento di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b).

5.  Qualora durante l'esecuzione delle opere di cui all'articolo 42 siano ravvisate situazioni contrastanti con il giudizio espresso sulla compatibilità ambientale del progetto, oppure comportamenti contrastanti con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, l'autorità competente, esperite le opportune verifiche, ordina la sospensione dei lavori e impartisce le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori medesimi. ]


(293) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo III del presente provvedimento.

 


ART. 44  (Termini del procedimento) (294)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Ferme restando le ipotesi di sospensione e di interruzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono stabilire, in casi di particolare rilevanza, la prorogabilità dei termini per la conclusione della procedura sino ad un massimo di sessanta giorni. ]


(294) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo III del presente provvedimento.

 


ART. 45  (Coordinamento ed integrazione dei procedimenti amministrativi) (295)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono le modalità per l'armonizzazione, il coordinamento e, se possibile, l'integrazione della procedura di valutazione dell'impatto ambientale con le procedure ordinarie di assenso alla realizzazione delle opere.

2.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano integrano e specificano, in relazione alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari, quanto disposto dagli articoli 33 e 34. ]


(295) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo III del presente provvedimento.

 


ART. 46  (Procedure semplificate ed esoneri) (296)

In vigore dal 13 febbraio 2008

1.  Per i progetti di dimensioni ridotte o di durata limitata realizzati da artigiani o piccole imprese, nonché per le richieste di verifica di cui all'articolo 32, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono modalità semplificate.

2.  Per i progetti di cui all'articolo 23, comma 1, lettera c), le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono determinare, per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali, sulla base degli elementi di cui all'Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, criteri o condizioni di esclusione dalla procedura.


(296) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo III del presente provvedimento.

 


ART. 47  (Obblighi di informazione) (297)

In vigore dal 13 febbraio 2008

1.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio circa i provvedimenti adottati, i procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso e lo stato di definizione delle cartografie e degli strumenti informativi.


(297) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo III, Capo III del presente provvedimento.

 


ART. 48  (Abrogazioni) (298)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Fatto salvo quanto previsto dal comma 3, a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono abrogati:

a)  l'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;
b)  l'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;
c)  il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;
d)  l'articolo 27 della legge 30 aprile 1999, n. 136;
e)  il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1999;
f)  il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000;
g)  l'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;
l)  gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5;
m)  (299)
n)  l'articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.

2.  La Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali di cui all'articolo 6 provvede, attraverso proprie sottocommissioni costituite secondo le modalità di cui al comma 5 del citato articolo 6, alle attività già di competenza delle commissioni di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Ogni riferimento a tali commissioni contenuto nella citata legge 11 marzo 1988, n. 67 e nei citati decreti legislativi 20 agosto 2002, n. 190, e 18 febbraio 2005, n. 59, si deve intendere riferito alle sottocommissioni di cui all'articolo 6, comma 5, di volta in volta costituite.

3.  Fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe previsto dall'articolo 49, comma 2, resta sospesa l'applicazione del comma 1, lettere b), d), g), h), i), l), del presente articolo e pertanto continuano a svolgere le funzioni di propria competenza le commissioni di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. (300) ]


(298) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo IV del presente provvedimento.

(299) Lettera abrogata dall'art. 14, comma 1, lett. l), D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

(300) Comma modificato dall'art. 14, comma 1, lett. l), D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

 


ART. 49  (Provvedimenti di attuazione per la costituzione e funzionamento della commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali) (301)

In vigore dal 25 luglio 2007

[1.  Il decreto di cui all'articolo 6, comma 1, è adottato entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. In sede di prima attuazione del presente decreto, i componenti delle commissioni tecnico-consultive di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all'articolo 19, commi 2 e 3, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, restano in carica, in continuità con le attività svolte nelle commissioni di provenienza, assumendo le funzioni di componenti della commissione di cui all'articolo 6 fino alla scadenza del quarto anno dall'entrata in vigore della parte seconda del presente decreto; tale commissione viene integrata nei casi e con le modalità previste dall'articolo 6, commi 6, 7 e 8.

2.  Entro il medesimo termine di novanta giorni, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dalla parte seconda del presente decreto, comprese le verifiche preventive di cui agli articoli 7, comma 5, e 19, commi 1 e 2, la fase preliminare e quella di conduzione di procedimenti integrati ai sensi dell'articolo 34, comma 1, nonché i compensi spettanti ai membri della Commissione di cui all'articolo 6. Gli oneri per l'istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla dimensione e complessità del progetto, al suo valore economico, al numero ed alla tipologia delle componenti ambientali interessate, tenuto conto della eventuale presenza di sistemi di gestione registrati o certificati e delle spese di funzionamento della Commissione. Tali oneri, posti a carico del committente o proponente, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine, per gli impianti di competenza statale gli importi delle tariffe vengono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati entro sessanta giorni allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

3.  Entro i successivi quindici giorni ciascuna regione e provincia autonoma comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio il proprio elenco di esperti di cui all'articolo 6, comma 6, con l'ordine di turnazione secondo il quale, all'occorrenza, dovranno essere convocati in sottocommissione.

4.  L'operatività della Commissione di cui all'articolo 6 è subordinata all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe previsto dal comma 2.

5.  Sono comunque confermate le autorizzazioni di spesa già disposte ai sensi dell'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e dell'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93.

6.  Al fine di garantire l'operatività della commissione di cui all'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 18, comma 2 del citato decreto legislativo n. 59/2005, e fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 2 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonché per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta commissione nominata con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 4 gennaio 2006, è posto a carico del richiedente il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma è riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Le somme di cui al presente comma s'intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l'obbligo del richiedente di corrispondere conguaglio in relazione all'eventuale differenza risultante in base a quanto stabilito dal successivo decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso. ]


(301) Articolo abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. l), D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90. Successivamente, l'abrogazione è stata confermata dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo IV del presente provvedimento.

 


ART. 50  (Adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali) (302)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono affinché le disposizioni legislative e regolamentari emanate per adeguare i rispettivi ordinamenti alla parte seconda del presente decreto entrino in vigore entro il termine di centoventi giorni dalla pubblicazione del presente decreto. In mancanza delle disposizioni suddette trovano applicazione le norme della parte seconda del presente decreto e dei suoi Allegati. ]


(302) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo IV del presente provvedimento.

 


ART. 51  (Regolamenti e norme tecniche integrative - autorizzazione unica ambientale per le piccole imprese) (303)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Al fine di semplificare le procedure di valutazione ambientale strategica e valutazione di impatto ambientale, con appositi regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, possono essere adottate norme puntuali per una migliore integrazione di dette valutazioni negli specifici procedimenti amministrativi vigenti di approvazione o autorizzazione dei piani o programmi e delle opere o interventi sottoposti a valutazione.

2.  A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, non trova applicazione il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, in materia di impianti di gestione di rifiuti soggetti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale, fermo restando che, per le opere o interventi sottoposti a valutazione di impatto ambientale, fino all'emanazione dei regolamenti di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 2 del suddetto decreto.

3.  Le norme tecniche integrative della disciplina di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, concernenti la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione dei giudizi di compatibilità in relazione a ciascuna categoria di opere, sono emanate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri competenti per materia e sentita la Commissione di cui all'articolo 6.

4.  Le norme tecniche emanate in attuazione delle disposizioni di legge di cui all'articolo 48, ivi compreso il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, restano in vigore fino all'emanazione delle corrispondenti norme di cui al comma 3.

5.  Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive, si provvederà ad accorpare in un unico provvedimento, indicando l'autorità unica competente, le diverse autorizzazioni ambientali nel caso di impianti non rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, ma sottoposti a più di una autorizzazione ambientale di settore. ]


(303) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo IV del presente provvedimento.

 


ART. 52  (Entrata in vigore) (304)

In vigore dal 13 febbraio 2008

[1.  Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 49 e 50, la parte seconda del presente decreto entra in vigore il 31 luglio 2007. (305)

2.  I procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell'interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all'epoca della presentazione di detta istanza. ]


(304) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 1 del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008.

Nel periodo precedente le modifiche apportate alla Parte II dall'art. 1, comma 3, del predetto D.Lgs. 4/2008, il presente articolo era inserito nella Parte II, Titolo IV del presente provvedimento.

(305) Comma modificato dall'art. 1-septies, comma 1, D.L. 12 maggio 2006, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2006, n. 228 e, successivamente, sostituito dall'art. 5, comma 2, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17.

 


PARTE TERZA

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE, DI TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE (306)

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

CAPO I

PRINCIPI GENERALI

ART. 53  (Finalità) (307)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione.

2.  Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonché preordinata alla loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono.

3.  Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.


(306) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(307) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 54  (Definizioni) (308)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Ai fini della presente sezione si intende per:

[a)  suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali; (309)]
b)  acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito specificate;
c)  acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
d)  acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;
e)  acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
f)  fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere parzialmente sotterraneo;
g)  lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
h)  acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;
i)  acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
l)  corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonché di acque di transizione o un tratto di acque costiere;
m)  corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
n)  corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata;
o)  corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
p)  falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;
q)  reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;
r)  bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
s)  sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
t)  distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
u)  difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonché del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate;
v)  dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;
z)  opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;
z-bis)  Autorità di bacino distrettuale o Autorità di bacino: l'autorità competente ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49; (310)
z-ter)  Piano di bacino distrettuale o Piano di bacino: il Piano di distretto (310).


(308) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(309) Lettera abrogata dall’ art. 34, comma 1, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(310) Lettera aggiunta dall’ art. 51, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


ART. 55  (Attività conoscitiva) (313)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Nell'attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui all'articolo 53 e riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:

a)  raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;
b)  accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;
c)  formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;
d)  valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;
e)  attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 53.

2.  L'attività conoscitiva di cui al presente articolo è svolta, sulla base delle deliberazioni di cui all'articolo 57, comma 1, secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d'ltalia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 31 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome. (312)

3.  È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), secondo le modalità definite ai sensi del comma 2 del presente articolo. (312)

4.  L'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo svolgimento dell'attività conoscitiva di cui al presente articolo, in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative di cui al comma 1, lettera e), nonché ai fini della diffusione dell'informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresì con riguardo a:

a)  inquinamento dell'aria;
b)  inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;
c)  inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;
d)  tutela del territorio;
e)  sviluppo sostenibile;
f)  ciclo integrato dei rifiuti;
g)  energie da fonti energetiche rinnovabili;
h)  parchi e aree protette.

5.  L'ANCI provvede all'esercizio delle attività di cui al comma 4 attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati necessari al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono definiti i criteri e le modalità di esercizio delle suddette attività. Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla convenzione in essere, una somma non inferiore all'uno e cinquanta per cento dell'ammontare della massa spendibile annualmente delle spese d'investimento previste per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui sopra si provvede a valere sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale. (311)


(311) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» e le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(312) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(313) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 56  (Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione) (314)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo 53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:

a)  la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;
b)  la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonché delle zone umide;
c)  la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;
d)  la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;
e)  la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonché la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;
f)  il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;
g)  la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine ed il ripascimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;
h)  la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonché la polizia delle acque;
i)  lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonché della gestione dei relativi impianti;
l)  la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni;
m)  la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;
n)  il riordino del vincolo idrogeologico.

2.  Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di:

a)  condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;
b)  modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.


(314) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


CAPO II

COMPETENZE

ART. 57  (Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo) (317)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:

a)  su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: (316)
1)  le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonché per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;
2)  i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;
3)  gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;
4)  ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla presente sezione;
b)  su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma nazionale di intervento. (315)

2.  Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è composto da quest'ultimo e dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e le attività culturali, nonché dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile. (316)

3.  Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento, che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale, verificandone l'attuazione.

4.  Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.

5.  Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.

6.  I princìpi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.


(315) La Corte Costituzionale, con sentenza 15-23 luglio 2009, n. 232 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera nella parte in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia approvato con il previo parere della Conferenza unificata.

(316) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(317) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 58  (Competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) (320) (322)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile. (320)

2.  In particolare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: (320)

a)  formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell'adozione, ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
b)  predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonché la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui all'articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d'ltalia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA); (321)
c)  opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela dell'ambiente.

3.  Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge le seguenti funzioni: (320)

a)  programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo; (318)
b)  previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;
c)  indirizzo e coordinamento dell'attività dei rappresentanti del Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo 63;
d)  identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali; (319)
e)  determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione, da parte del Servizio geologico d'ltalia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e di consultazione dei dati, definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonché definizione degli indirizzi per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio; (321)
f)  valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;
g)  coordinamento dei sistemi cartografici.


(318) La Corte Costituzionale, con sentenza 15-23 luglio 2009, n. 232 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera nella parte in cui non prevede che le funzioni di programmazione e finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo siano esercitate previo parere della Conferenza unificata.

(319) La Corte Costituzionale, con sentenza 15-23 luglio 2009, n. 232 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera nella parte in cui non prevede che le funzioni in esso indicate siano esercitate previo parere della Conferenza unificata.

(320) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» e le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(321) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(322) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 59  (Competenze della conferenza Stato-regioni) (325)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed osservazioni, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 57, in ordine alle attività ed alle finalità di cui alla presente sezione, ed ogni qualvolta ne è richiesta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In particolare: (323)

a)  formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto articolo 57;
b)  formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono attività di rilevazione, studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo; (324)
c)  formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
d)  esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;
e)  esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.


(323) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(324) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(325) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 60  (Competenze dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ISPRA) (327) (328)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) esercita, mediante il Servizio geologico d'ltalia - Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni: (327)

a)  svolgere l'attività conoscitiva, qual è definita all'articolo 55;
b)  realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati di rilevamento e sorveglianza;
c)  fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca. (326)


(326) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(327) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(328) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 61  (Competenze delle regioni) (330)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell'ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d'intesa tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali, ed in particolare:

a)  collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti di competenza;
b)  formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;
c)  provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela di cui all'articolo 121;
d)  per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;
e)  provvedono, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
f)  provvedono all'organizzazione e al funzionamento della navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g)  predispongono annualmente la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso e la trasmettono al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il mese di dicembre; (329)
h)  assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.

2.  Il Registro italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone sismiche, alla identificazione e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del Ministero delle attività produttive tutte le opere di sbarramento che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali.

3.  Rientrano nella competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto tecnico richiesto.

4.  Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacità di invaso.

5.  Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.

6.  Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite o delegate alle regioni.


(329) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(330) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 62  (Competenze degli enti locali e di altri soggetti) (332)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.

2.  Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, del Servizio geologico d'ltalia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e sono tenuti a collaborare con la stessa. (331)


(331) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(332) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 63  (Autorità di bacino distrettuale) (333)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 è istituita l'Autorità di bacino distrettuale, di seguito denominata “Autorità di bacino”, ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione e uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.

2.  Nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nonché di efficienza e riduzione della spesa, nei distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, le regioni, al fine di adeguare il proprio ordinamento ai princìpi del presente decreto, istituiscono l'Autorità di bacino distrettuale, che esercita i compiti e le funzioni previsti nel presente articolo; alla medesima Autorità di bacino distrettuale sono altresì attribuite le competenze delle regioni di cui alla presente parte. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dell'ISPRA, assume le funzioni di indirizzo dell'Autorità di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorità di bacino distrettuali.

3.  Sono organi dell'Autorità di bacino: la conferenza istituzionale permanente, il segretario generale, la conferenza operativa, la segreteria tecnica operativa e il collegio dei revisori dei conti, quest'ultimo in conformità alle previsioni della normativa vigente. Agli oneri connessi al funzionamento degli organi dell'Autorità di bacino si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nel rispetto dei princìpi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l'espletamento delle stesse e di sussidiarietà. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinati l'attribuzione e il trasferimento alle Autorità di bacino di cui al comma 1 del presente articolo del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e finanziarie delle Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, salvaguardando l'attuale organizzazione e i livelli occupazionali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica e nell'ambito dei contingenti numerici da ultimo determinati dai provvedimenti attuativi delle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni. Al fine di garantire un più efficiente esercizio delle funzioni delle Autorità di bacino di cui al comma 1 del presente articolo, il decreto di cui al periodo precedente può prevederne un'articolazione territoriale a livello regionale, utilizzando le strutture delle soppresse Autorità di bacino regionali e interregionali. (334) (335)

4.  Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni e le province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico, sono individuate le unità di personale trasferite alle Autorità di bacino e sono determinate le dotazioni organiche delle medesime Autorità. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza e il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'ente incorporante, è attribuito, per la differenza, un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Con il decreto di cui al primo periodo sono, altresì, individuate e trasferite le inerenti risorse strumentali e finanziarie. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. (336)

5.  Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino di cui al comma 1 sono adottati in sede di conferenza istituzionale permanente, convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti o del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla conferenza istituzionale permanente partecipano i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli assessori dai medesimi delegati, nonché il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati, il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e, nei casi in cui siano coinvolti i rispettivi ambiti di competenza, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell'ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza istituzionale permanente è validamente costituita con la presenza di almeno tre membri, tra i quali necessariamente il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e delibera a maggioranza dei presenti. Le delibere della conferenza istituzionale permanente sono approvate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatta salva la procedura di adozione e approvazione dei Piani di bacino. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

6.  La conferenza istituzionale permanente:

a)  adotta criteri e metodi per l'elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
b)  individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che può articolarsi in piani riferiti a sotto-bacini o sub-distretti;
c)  determina quali componenti del Piano di bacino costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;
d)  adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del Piano di bacino;
e)  adotta il Piano di bacino e i suoi stralci;
f)  controlla l'attuazione dei programmi di intervento sulla base delle relazioni regionali sui progressi realizzati nell'attuazione degli interventi stessi e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della regione interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g)  delibera, nel rispetto dei princìpi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l'espletamento delle funzioni stesse e di sussidiarietà, lo statuto dell'Autorità di bacino in relazione alle specifiche condizioni ed esigenze rappresentate dalle amministrazioni interessate, nonché i bilanci preventivi, i conti consuntivi e le variazioni di bilancio, il regolamento di amministrazione e contabilità, la pianta organica, il piano del fabbisogno del personale e gli atti regolamentari generali, trasmettendoli per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro dell'economia e delle finanze. Lo statuto è approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

7.  Il segretario generale è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

8.  Il segretario generale, la cui carica ha durata quinquennale:

a)  provvede agli adempimenti necessari al funzionamento dell'Autorità di bacino;
b)  cura l'istruttoria degli atti di competenza della conferenza istituzionale permanente, cui formula proposte;
c)  promuove la collaborazione tra le amministrazioni statali, regionali e locali, ai fini del coordinamento delle rispettive attività;
d)  cura l'attuazione delle direttive della conferenza operativa;
e)  riferisce semestralmente alla conferenza istituzionale permanente sullo stato di attuazione del Piano di bacino;
f)  cura la raccolta dei dati relativi agli interventi programmati e attuati nonché alle risorse stanziate per le finalità del Piano di bacino da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali e comunque agli interventi da attuare nell'ambito del distretto, qualora abbiano attinenza con le finalità del Piano medesimo, rendendoli accessibili alla libera consultazione nel sito internet dell'Autorità.

9.  La conferenza operativa è composta dai rappresentanti delle amministrazioni presenti nella conferenza istituzionale permanente; è convocata dal segretario generale che la presiede. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell'ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza operativa delibera a maggioranza dei tre quinti dei presenti e può essere integrata, per le attività istruttorie, da esperti appartenenti a enti, istituti e società pubbliche, designati dalla conferenza istituzionale permanente e nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza diritto di voto e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e nel rispetto del principio di invarianza della spesa. La conferenza operativa esprime parere sugli atti di cui al comma 10, lettera a), ed emana direttive, anche tecniche qualora pertinenti, per lo svolgimento delle attività di cui al comma 10, lettera b).

10.  Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:

a)  a elaborare il Piano di bacino distrettuale e i relativi stralci, tra cui il piano di gestione del bacino idrografico, previsto dall'articolo 13 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e successive modificazioni, e il piano di gestione del rischio di alluvioni, previsto dall'articolo 7 della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, nonché i programmi di intervento;
b)  a esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi dell'Unione europea, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche.

11.  Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62 del presente decreto, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonché del Consorzio del Ticino - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago Maggiore, del Consorzio dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago d'Iseo e del Consorzio dell'Adda - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e alla fitodepurazione.


(333) Articolo modificato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 51, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(334) Vedi, anche, l’ art. 51, comma 4, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(335) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 25 ottobre 2016.

(336) Vedi, anche, l’ art. 12, comma 4, D.M. 25 ottobre 2016.

In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi:

- per l'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali, il D.P.C.M. 4 aprile 2018;

- per l'Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, il D.P.C.M. 4 aprile 2018;

- per l'Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Settentrionale, il D.P.C.M. 4 aprile 2018;

- per l'Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale, il D.P.C.M. 4 aprile 2018;

- per l'Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale, il D.P.C.M. 4 aprile 2018.

 


TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

CAPO I

I DISTRETTI IDROGRAFICI

ART. 64  (Distretti idrografici) (337)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:

a)  distretto idrografico delle Alpi orientali, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1)  Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2)  Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3)  bacini del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4)  Lemene, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
b)  distretto idrografico del Fiume Po, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1)  Po, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2)  Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3)  Fissero Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4)  Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
5)  Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
6)  Fiumi Uniti (Montone, Ronco), Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
7)  bacini minori afferenti alla costa romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
c)  distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1)  Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2)  Serchio, già bacino pilota ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3)  Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4)  bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
5)  bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
d)  distretto idrografico dell'Appennino centrale, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1)  Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2)  Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3)  Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4)  bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
5)  bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
6)  Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
7)  Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
8)  Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
e)  distretto idrografico dell'Appennino meridionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1)  Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
2)  Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
3)  Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
4)  Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
5)  Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
6)  Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
7)  Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
8)  Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
9)  Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
10)  bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
11)  bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
12)  bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
13)  bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
14)  bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
f)  distretto idrografico della Sardegna, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
g)  distretto idrografico della Sicilia, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183.


(337) Articolo così sostituito dall’ art. 51, comma 5, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


CAPO II

GLI STRUMENTI

ART. 65  (Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale) (339)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

2.  Il Piano di bacino è redatto dall'Autorità di bacino in base agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo-valle.

3.  Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate all'articolo 56 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:

a)  il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonché dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
b)  la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonché delle relative cause;
c)  le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;
d)  l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:
1)  dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;
2)  dei pericoli di siccità;
3)  dei pericoli di frane, smottamenti e simili;
4)  del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonché del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;
e)  la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;
f)  la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente;
g)  il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f), qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;
h)  le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico;
i)  i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;
l)  la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;
m)  la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;
n)  l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;
o)  le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della stessa;
p)  il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;
q)  il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre;
r)  il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantità;
s)  le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto;
t)  l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

4.  Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.

5.  Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione del Piano di bacino le autorità competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli relativi alle attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.

6.  Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni.

7.  In attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorità di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle ed ai contenuti di cui alle lettere b), c), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province e dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa derivare un grave danno al territorio, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informa senza indugio il Ministro competente da cui l'ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane la necessità di un intervento cautelare per evitare un grave danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adotta l'ordinanza cautelare di cui al presente comma. (338)

8.  I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.

9.  Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


(338) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(339) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 66  (Adozione ed approvazione dei piani di bacino) (341)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti alla verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica (VAS), di cui all'articolo 12, qualora definiscano il quadro di riferimento per la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV alla parte seconda del presente decreto, oppure possano comportare un qualsiasi impatto ambientale sui siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e su quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto. (342)

2.  Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, è adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:

a)  i termini per l'adozione da parte delle regioni dei provvedimenti conseguenti;
b)  quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o più regioni.

3.  Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di cui al comma 2, è inviato ai componenti della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

4.  In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine e sentita la regione interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina di un commissario «ad acta», per garantire comunque lo svolgimento delle procedure e l'adozione degli atti necessari per la formazione del piano. (340)

5.  Dell'adozione del piano è data notizia secondo le forme e con le modalità previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell'esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.

6.  Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base del giudizio di compatibilità ambientale espresso dall'autorità competente, i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui all'articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.

7.  Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:

a)  il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;
b)  una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;
c)  copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.


(340) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(341) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(342) Comma così modificato dall’ art. 54, comma 2-bis, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 67  (I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio) (345)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.

2.  Le Autorità di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo 66, approvano altresì piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 (346) della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle Autorità di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all'articolo 57, comma 2, adotta gli atti relativi all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate.

3.  Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi già adottati da parte delle Autorità di bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale, con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 (346) della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e d'intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui all'articolo 5 (346), comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. (343)

4.  Per l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonché della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorità di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d'ltalia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), per quanto di rispettiva competenza. (344)

5.  Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.

6.  Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede con le modalità previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali.

7.  Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.


(343) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(344) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(345) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(346) Il riferimento al presente articolo è da intendere agli artt. 24 e 25, D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 47, comma 1, lett. m), del medesimo D.Lgs. n. 1/2018.

 


ART. 68  (Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio) (347)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1 dell'articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all'articolo 66.

2.  L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.

3.  Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro ambito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell'Autorità di bacino.

4.  La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.

4-bis.  Nelle more dell'adozione dei piani e dei relativi stralci, di cui agli articoli 65 e 67, comma 1, ovvero dei loro aggiornamenti, le modifiche della perimetrazione e/o classificazione delle aree a pericolosità e rischio dei piani stralcio relativi all'assetto idrogeologico emanati dalle soppresse Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, derivanti dalla realizzazione di interventi collaudati per la mitigazione del rischio, dal verificarsi di nuovi eventi di dissesto idrogeologico o da approfondimenti puntuali del quadro conoscitivo, sono approvate con proprio atto dal Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale, d'intesa con la Regione territorialmente competente e previo parere della Conferenza Operativa. Le modifiche di cui al presente comma costituiscono parte integrante degli aggiornamenti dei Piani di cui all'articolo 67, comma 1. (348)

4-ter.  Gli aggiornamenti di piano di cui al comma 4-bis sono effettuati nel rispetto delle procedure di partecipazione previste dalle norme tecniche di attuazione dei piani di bacino vigenti nel territorio distrettuale e, comunque, garantendo adeguate forme di consultazione e osservazione sulle proposte di modifica. Nelle more dell'espletamento delle procedure di aggiornamento, il Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale può adottare, sulla base del parere della Conferenza Operativa, misure di salvaguardia che sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione dell'aggiornamento del piano di cui al comma 4-bis. (348)


(347) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(348) Comma aggiunto dall’ art. 54, comma 3, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

 


ART. 68-bis  (Contratti di fiume) (349)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  I contratti di fiume concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree.


(349) Articolo inserito dall’ art. 59, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


CAPO III

GLI INTERVENTI

ART. 69  (Programmi di intervento) (350)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.

2.  I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:

a)  interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;
b)  svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
c)  compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.

3.  Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.

4.  Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.


(350) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 70  (Adozione dei programmi) (352)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla conferenza.

2.  La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31 dicembre dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l'attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.

3.  Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in corso, i nuovi programmi di intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo le modalità di cui al comma 1, sono trasmessi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione del disegno di legge finanziaria. (351)

4.  Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.


(351) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(352) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 71  (Attuazione degli interventi) (353)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4.

2.  L'esecuzione di opere di pronto intervento può avere carattere definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.

3.  Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai sensi della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.


(353) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 72  (Finanziamento) (356)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.

2.  Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze fino all'espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

3.  Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di intervento per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorità indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove necessario, il coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone l'ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi per l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). (355)

4.  Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 57. (355)

5.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro trenta giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta. (354)


(354) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(355) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(356) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 72-bis  (Disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione o di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a rischio idrogeologico) (357)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito un capitolo per il finanziamento di interventi di rimozione o di demolizione, da parte dei comuni, di opere e immobili realizzati, in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, ovvero di opere e immobili dei quali viene comprovata l'esposizione a rischio idrogeologico, in assenza o in totale difformità del permesso di costruire.

2.   Ai fini del comma 1 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno finanziario 2016. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per l'anno 2016, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

3.   Ferme restando le disposizioni in materia di acquisizione dell'area di sedime ai sensi dell'articolo 31, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, i comuni beneficiari dei finanziamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono tenuti ad agire nei confronti dei destinatari di provvedimenti esecutivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, per la ripetizione delle relative spese, comprensive di rivalutazioni e interessi. Il comune, entro trenta giorni dalla riscossione, provvede al versamento delle somme di cui al primo periodo ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, trasmettendone la quietanza di versamento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché le stesse siano integralmente riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al capitolo di cui al comma 1 del presente articolo.

4.   Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 6, 13, 29 e 30 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, sono ammessi a finanziamento, sino a concorrenza delle somme disponibili nel capitolo di cui al comma 1 del presente articolo, gli interventi su opere e immobili per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, con priorità per gli interventi in aree classificate a rischio molto elevato, sulla base di apposito elenco elaborato su base trimestrale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e adottato ogni dodici mesi dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

5.  Per accedere ai finanziamenti di cui al comma 1, i comuni presentano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare apposita domanda di concessione, corredata di una relazione contenente il progetto delle attività di rimozione o di demolizione, l'elenco dettagliato dei relativi costi, l'elenco delle opere e degli immobili ubicati nel proprio territorio per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti e la documentazione attestante l'inottemperanza a tali provvedimenti da parte dei destinatari dei medesimi. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono adottati i modelli e le linee guida relativi alla procedura per la presentazione della domanda di concessione. (358)

6.   I finanziamenti concessi ai sensi del comma 5 del presente articolo sono aggiuntivi rispetto alle somme eventualmente percepite ai sensi dell'articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Resta ferma la disciplina delle modalità di finanziamento e di realizzazione degli interventi di demolizione o di rimozione di opere e immobili abusivi contenuta in altre disposizioni.

7.  Nei casi di mancata realizzazione degli interventi di rimozione o di demolizione di cui al comma 4, nel termine di centoventi giorni dall'erogazione dei finanziamenti concessi, i finanziamenti stessi devono essere restituiti, con le modalità di cui al secondo periodo del comma 3, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

8.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alle Camere una relazione sull'attuazione del presente articolo, in cui sono indicati i finanziamenti utilizzati e gli interventi realizzati.


(357) Articolo inserito dall’ art. 52, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(358) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 22 luglio 2016.

 


SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

ART. 73  (Finalità) (359)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:

a)  prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
b)  conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c)  perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;
d)  mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;
e)  mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:
1)  garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;
2)  ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;
3)  proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
f)  impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.

2.  Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:

a)  l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;
b)  la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;
c)  il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;
d)  l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;
e)  l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f)  l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;
g)  l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
h)  l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.

3.  Il perseguimento delle finalità e l'utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.


(359) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 ed il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 74  (Definizioni) (372)

In vigore dal 11 novembre 2015

1.  Ai fini della presente sezione si intende per:

a)  abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
b)  acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;
c)  acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
d)  acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
e)  estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa; (369) (376)
f)  acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
g)  acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
h)  acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento; (360)
i)  acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato; (361)
l)  acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
m)  acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge;
n)  agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale; (362)
o)  applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;
p)  utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;
q)  ente di governo dell'ambito (373): la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;
r)  gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato;
s)  bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;
t)  composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;
u)  concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;
v)  effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;
z)  eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;
aa)  fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;
bb)  fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
cc)  inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;
dd)  rete fognaria: un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane; (363)
ee)  fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;
ff)  scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114; (364)
gg)  acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
hh)  scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'affidamento dei lavori, nonché gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;
ii)  trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;
ll)  trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;
mm)  trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
nn)  stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;
oo)  valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di tempo; i valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori nell'ambiente; (365)
pp)  zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.

2.  Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:

a)  acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
b)  acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
c)  fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;
d)  lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
e)  acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;
f)  corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
g)  corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;
h)  corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;
i)  acquifero: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee; (367)
l)  corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
m)  bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
n)  sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
o)  distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
p)  stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;
q)  buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno «buono»;
r)  stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;
s)  buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno «buono»;
t)  stato ecologico: l'espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
u)  buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
v)  buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
z)  buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dalla presente sezione secondo le modalità previste all'articolo 78, comma 2, lettere a) e b), ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non superi gli standard di qualità ambientali fissati per le sostanze dell'elenco di priorità di cui alle tabelle 1/A e 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza; (370)
aa)  buono stato chimico: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde alle condizioni di cui agli articoli 3 e 4 ed all'Allegato 3, Parte A; (367)
bb)  stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;
cc)  risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque, nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;
dd)  buono stato quantitativo: stato definito all'Allegato 3, Parte B; (367)
ee)  sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;
ff)  sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;
gg)  inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;
hh)  immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;
ii)  obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;
ll)  standard di qualità ambientale, denominati anche «SQA»: la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente; (374)
mm)  approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, e quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:
1)  nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento; (368)
2)  nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;
nn)  acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;
oo)  servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:
1)  estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione, di acque superficiali o sotterranee;
2)  strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;
pp)  utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;
[qq)  valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente; (366)]
rr)  controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;
ss)  costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l'ambiente;
tt)  costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;
uu)  impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'impianto si identifica nello stabilimento. Nel caso di attività di cui all'Allegato I del predetto decreto, l'impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento; (368)
uu-bis)  limite di rivelabilità: il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra del quale si può affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato campione è diverso da un bianco che non contiene l'analita; (371)
uu-ter)  limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di rivelabilità a una concentrazione dell'analita che può ragionevolmente essere determinata con accettabile accuratezza e precisione. Il limite di quantificazione può essere calcolato servendosi di un materiale di riferimento o di un campione adeguato e può essere ottenuto dal punto di taratura più basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco; (371)
uu-quater)  incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle informazioni utilizzate; (371)
uu-quinquies)  materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e stabile rispetto a proprietà specificate, che si è stabilito essere idonee per un determinato utilizzo in una misurazione o nell'esame di proprietà nominali; (371)
uu-sexies)   matrice: un comparto dell'ambiente acquatico, vale a dire acqua, sedimenti, biota; (375)
uu-septies)   taxon del biota: un particolare taxon acquatico all'interno del rango tassonomico o “sub phylum”, “classe” o un loro equivalente (375).


(360) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 1, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(361) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(362) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(363) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 4, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(364) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 5, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(365) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 6, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(366) Lettera abrogata dall'art. 2, comma 7, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(367) Lettera così sostituita dall'art. 9, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(368) A norma dell'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» sono sostituite dalle parole «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto».

(369) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(370) Lettera sostituita dall'art. 1, comma 1, lett. a), n. 1), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219. Successivamente la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

(371) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lett. a), n. 2), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

(372) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(373) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(374) Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

(375) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

(376) Per la definizione dei limiti dell'estuario, area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 


ART. 75  (Competenze) (379)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:

a)  lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute; (378)
b)  le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.

2.  Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonché quanto disposto dall'articolo 132. (378)

3.  Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte terza del presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli Allegati alla parte terza del presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche. (378)

4.  Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica degli Allegati alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11. (380)

5.  Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione della parte terza del presente decreto, nonché quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti. (377)

6.  Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo 121.

7.  Le regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi tra gli Stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.

8.  Qualora il distretto idrografico superi i confini della Comunità europea, lo Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine di realizzare gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico.

9.  I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della filodepurazione.


(377) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» , le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» , le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(378) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(379) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(380) Per il Regolamento recante i criteri tecnici per la caratterizzazione dei corpi idrici, vedi il D.M. 16 giugno 2008, n. 131.

 


TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITÀ

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITÀ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITÀ PER SPECIFICA DESTINAZIONE

ART. 76  (Disposizioni generali) (381)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.

2.  L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

3.  L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.

4.  In attuazione della parte terza del presente decreto sono adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo 121, misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015:

a)  sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di «buono»;
b)  sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale «elevato» come definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
c)  siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.

5.  Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale; l'obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.

6.  Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.

7.  Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonché individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.


(381) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 77  (Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale) (385)

In vigore dal 9 aprile 2008

1.  Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle indicate nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

2.  In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all'articolo 76, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle indicazioni delle Autorità di bacino, e assicurando in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.

3.  Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di «buono», entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di «sufficiente» di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

4.  Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi e agli standard di qualità fissati nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite.

5.  La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

a)  le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:
1)  sull'ambiente in senso ampio;
2)  sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;
3)  sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;
4)  sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;
5)  su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;
b)  i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

6.  Le regioni possono motivatamente prorogare il termine del 23 dicembre 2015 per poter conseguire gradualmente gli obiettivi dei corpi idrici purché non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato dei corpi idrici e sussistano tutte le seguenti condizioni:

a)  i miglioramenti necessari per il raggiungimento del buono stato di qualità ambientale non possono essere raggiunti entro i termini stabiliti almeno per uno dei seguenti motivi:
1)  i miglioramenti dello stato dei corpi idrici possono essere conseguiti per motivi tecnici solo in fasi successive al 23 dicembre 2015;
2)  il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionalmente costoso;
3)  le condizioni naturali non consentono il miglioramento del corpo idrico nei tempi richiesti;
b)  la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate nei piani di cui agli articoli 117 e 121;
c)  le proroghe non possono superare il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti dei piani di cui alla lettera b), fatta eccezione per i casi in cui le condizioni naturali non consentano di conseguire gli obiettivi entro detto periodo;
c)  l'elenco delle misure, la necessità delle stesse per il miglioramento progressivo entro il termine previsto, la giustificazione di ogni eventuale significativo ritardo nella attuazione delle misure, nonché il relativo calendario di attuazione delle misure devono essere riportati nei piani di cui alla lettera b). Le informazioni devono essere aggiornate nel riesame dei piani. (382)

7.  Le regioni, per alcuni corpi idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli di cui al comma 4, qualora, a causa delle ripercussioni dell'impatto antropico rilevato ai sensi dell'articolo 118 o delle loro condizioni naturali, non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro raggiungimento. Devono, in ogni caso, ricorrere le seguenti condizioni:

a)  la situazione ambientale e socio-economica non consente di prevedere altre opzioni significativamente migliori sul piano ambientale ed economico;
b)  la garanzia che:
1)  per le acque superficiali venga conseguito il migliore stato ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attività umana o dell'inquinamento;
2)  per le acque sotterranee siano apportate modifiche minime al loro stato di qualità, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attività umana o dell'inquinamento;
c)  per lo stato del corpo idrico non si verifichi alcun ulteriore deterioramento;
d)  gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico e del piano di tutela di cui agli articoli 117 e 121 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni nell'ambito della revisione di detti piani. (383)

8.  Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché essi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purché non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico.

9.  Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonché le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.

10.  Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate, o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo a una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a)  che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l'ulteriore deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;
b)  che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui detti eventi possano essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;
c)  che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il ripristino della qualità del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;
d)  che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui all'articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;
e)  che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.

10-bis.  Le regioni non violano le disposizioni del presente decreto nei casi in cui:

a)  il mancato raggiungimento del buon stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico delle acque superficiali o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l'incapacità di impedire il deterioramento del corpo idrico superficiale e sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni idrogeologiche dei corpi idrici sotterranei;
b)  l'incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano purché sussistano le seguenti condizioni:
1)  siano state avviate le misure possibili per mitigare l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico;
2)  siano indicate puntualmente ed illustrate nei piani di cui agli articoli 117 e 121 le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni e gli obiettivi siano rivisti ogni sei anni;
3)  le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni di cui alla lettera b) siano di prioritario interesse pubblico ed i vantaggi per l'ambiente e la società, risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, siano inferiori rispetto ai vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni per la salute umana, per il mantenimento della sicurezza umana o per lo sviluppo sostenibile;
4)  per motivi di fattibilità tecnica o di costi sproporzionati, i vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che garantiscono soluzioni ambientali migliori. (384)


(382) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 giugno 2008, n. 101.

(383) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. b), D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 giugno 2008, n. 101.

(384) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 1, lett. c), D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 giugno 2008, n. 101.

(385) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 78  (Standard di qualità ambientale per le acque superficiali) (386) (387)

In vigore dal 11 novembre 2015

1.  Ai fini della determinazione del buono stato chimico delle acque superficiali si applicano, con le modalità disciplinate dal presente articolo, gli SQA elencati alla tabella 1/A per la colonna d'acqua e per il biota e gli SQA elencati alla tabella 2/A per i sedimenti, di cui al paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

2.  Le regioni e le province autonome, avvalendosi delle agenzie regionali per l'ambiente, applicano gli SQA alla colonna d'acqua e al biota con le modalità di cui al paragrafo A.2.8 dell'allegato 1 alla parte terza e nel rispetto dei seguenti criteri e condizioni:

a)   gli SQA per le sostanze individuate con i numeri 2, 5, 15, 20, 22, 23, 28, di cui alla tabella 1/A, paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, si applicano dal 22 dicembre 2015, per conseguire un buono stato chimico entro il 22 dicembre 2021, mediante programmi di misure inclusi nei piani di gestione dei bacini idrografici elaborati entro il 2015, in attuazione dell'articolo 117;
b)  gli SQA fissati per le nuove sostanze individuate con i numeri da 34 a 45, di cui alla tabella 1/A, del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, si applicano dal 22 dicembre 2018, per conseguire un buono stato chimico entro il 22 dicembre 2027 ed impedire il deterioramento dello stato chimico relativamente a tali sostanze. A tal fine, entro il 22 dicembre 2018, le regioni e le province autonome, in collaborazione con le Autorità di bacino, elaborano un programma di monitoraggio supplementare ed un programma preliminare di misure relative a dette sostanze, che trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane, di seguito SINTAI, per il successivo inoltro alla Commissione europea. I piani di gestione di cui all'articolo 117, elaborati entro il 22 dicembre 2021, contengono un programma di misure definitivo, ai sensi dell'articolo 116, per il raggiungimento del buono stato chimico delle sostanze di cui alla presente lettera, che è attuato e reso pienamente operativo, entro e non oltre il 22 dicembre 2024;
c)  per le sostanze identificate con i numeri 5, 15, 16, 17, 21, 28, 34, 35, 37, 43 e 44, che figurano alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, si applicano gli SQA per il biota fissati alla medesima tabella 1/A, salvo quanto previsto al comma 3, lettera a). A tal fine, è resa disponibile, entro il 22 marzo 2016, la linea guida italiana, di cui all'allegato 1 alla parte terza, paragrafo A.2.6, elaborata sulla base delle linee guida europee n. 25 - Chemical Monitoring of Sediment and Biota, n. 32 - Biota Monitoring e n. 33 - Analytical Methods for Biota Monitoring, contenente le informazioni pratiche, necessarie per l'utilizzo di taxa di biota alternativi ai fini della classificazione;
d)   per le sostanze diverse da quelle di cui al punto c) si applicano gli SQA per l'acqua fissati alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, salvo quanto previsto al comma 3, lettera b).

3.   Se sono rispettate le condizioni di cui al comma 4 le regioni e le province autonome:

a)   per le sostanze recanti il numero 15, 16, 17, 28, 34, 35, 43 e 44 possono applicare gli SQA fissati alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza per la colonna d'acqua;
b)   per la sostanza 9-ter possono applicare lo SQA per il biota.

4.   Ai fini del comma 3 il metodo di analisi scelto per la matrice o per il taxon del biota deve soddisfare i criteri minimi di efficienza specificati all'articolo 78-sexies. Se i criteri di cui all'articolo 78-sexies non sono rispettati per alcuna matrice, le regioni e le province autonome garantiscono che il monitoraggio sia effettuato utilizzando le migliori tecniche disponibili che non comportino costi eccessivi e che il metodo di analisi fornisca risultati almeno equivalenti al metodo disponibile per la matrice di cui al comma 2, lettera c), per la sostanza pertinente.

5.  Per le acque marino costiere e di transizione le regioni e le province autonome possono applicare gli SQA di cui alla tabella 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza ai sedimenti, se sono rispettate le condizioni di cui al comma 4.

6.   Quando viene individuato un rischio potenziale per l'ambiente acquatico o proveniente dall'ambiente acquatico causato da un'esposizione acuta, quale risultato di concentrazioni od emissioni ambientali misurate o stimate ed è stato applicato uno SQA per il biota o i sedimenti, le regioni e le province autonome effettuano il monitoraggio anche della colonna d'acqua e applicano gli SQA-CMA di cui alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

7.  Per le sostanze alle quali si applica uno SQA per i sedimenti o per il biota, le regioni e le province autonome effettuano il monitoraggio della sostanza nella corrispondente matrice con cadenza almeno annuale, salvo che le conoscenze tecniche e la valutazione di esperti non giustifichino un diverso intervallo temporale. In tale ultimo caso, la motivazione tecnico-scientifica della frequenza applicata è inserita nei Piani di gestione dei distretti idrografici, in conformità all'articolo 78-nonies, comma 1, lettera c).

8.  Le regioni e le province autonome effettuano l'analisi della tendenza a lungo termine delle concentrazioni delle sostanze dell'elenco di priorità di cui alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza che tendono ad accumularsi nei sedimenti e nel biota ovvero in una sola delle due matrici, con particolare attenzione per le sostanze riportate nella citata tabella ai numeri 2, 5, 6, 7, 12, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 26, 28, 30, 34, 35, 36, 37, 43 e 44, conformemente al paragrafo A.3.2.4 dell'allegato 1 alla parte terza ed ai commi 9 e 10.

9.  Le regioni e le province autonome effettuano il monitoraggio delle sostanze di cui al comma 8 nei sedimenti o nel biota, con cadenza triennale, al fine di disporre di un numero di dati sufficienti per un'analisi della tendenza a lungo termine affidabile. Ai medesimi fini effettuano, in via prioritaria, eventualmente intensificando la frequenza, il monitoraggio nei corpi idrici che presentano criticità ambientali, quali i corpi idrici in cui sono ubicati scarichi contenenti sostanze dell'elenco di priorità o soggetti a fonti diffuse e perdite derivanti da attività agricola intensiva, siti contaminati da bonificare, discariche e depositi di rifiuti. All'esito dell'analisi di tendenza sono adottate le necessarie misure di tutela nell'ambito del piano di gestione.

10.  Le regioni e le province autonome effettuano la valutazione delle variazioni a lungo termine ai sensi del paragrafo A.3.2.4 dell'allegato 1 alla parte terza nei siti interessati da una diffusa attività antropica. Per l'individuazione di detti siti si tiene conto degli esiti dell'analisi delle pressioni e degli impatti, effettuata in base alle disposizioni di cui all'allegato 3 alla parte terza, dando priorità ai corpi idrici ed ai siti soggetti a pressioni da fonti puntuali e diffuse derivanti dalle sostanze elencate alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza. In ogni caso, l'elenco comprende i siti rappresentativi dei corpi idrici marino-costieri e di transizione che, sulla base dei dati disponibili, superano gli SQA di cui alla tabella 3/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza. Le regioni e le province autonome, attraverso il sistema SINTAI, rendono disponibili l'elenco dei siti così selezionati, entro il 31 dicembre 2015, ed i risultati dell'analisi di tendenza secondo le modalità previste al punto 1.4.2 del paragrafo A.2.8-ter dell'allegato 1 alla parte terza. I risultati dell'analisi di tendenza sono inseriti nei piani di gestione di cui all'articolo 117.

11.  I risultati del monitoraggio delle sostanze di cui al comma 8 nei sedimenti e nel biota concorrono all'aggiornamento ed all'integrazione degli standard di qualità ambientali per i corpi idrici lacustri e fluviali.

12.   Le regioni e le province autonome adottano misure atte a garantire che le concentrazioni delle sostanze di cui al comma 8 non aumentino in maniera significativamente rilevante nei sedimenti o nel biota.

13.   Le disposizioni del presente articolo concorrono a conseguire l'obiettivo dell'eliminazione delle sostanze pericolose prioritarie indicate come PP alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, negli scarichi, nei rilasci da fonte diffusa e nelle perdite, nonché alla graduale riduzione negli stessi delle sostanze prioritarie individuate come P alla medesima tabella. Tali obiettivi devono essere conseguiti entro venti anni dall'inserimento della sostanza nell'elenco delle sostanze prioritarie da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. Per le sostanze indicate come E l'obiettivo è di eliminare l'inquinamento delle acque causato da scarichi, rilasci da fonte diffusa e perdite entro il 2021.


(386) Articolo sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219. Successivamente il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

(387) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 78-bis  (Zone di mescolamento) (388)

In vigore dal 4 gennaio 2011

1.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono designare zone di mescolamento adiacenti ai punti di scarico di acque reflue contenenti sostanze dell'elenco di priorità nel rispetto dei criteri tecnici stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base delle linee guida definite a livello comunitario, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/105/CE. Le concentrazioni di una o più sostanze di detto elenco possono superare, nell'ambito di tali zone di mescolamento, gli SQA applicabili, a condizione che il superamento non abbia conseguenze sulla conformità agli SQA del resto del corpo idrico superficiale.

2.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano designano le zone di mescolamento assicurando che l'estensione di ciascuna di tali zone:

a)  sia limitata alle vicinanze del punto di scarico;
b)  sia calibrata sulla base delle concentrazioni di inquinanti nel punto di scarico, dell'applicazione delle disposizioni in materia di disciplina degli scarichi di cui alla normativa vigente e dell'adozione delle migliori tecniche disponibili, in funzione del raggiungimento o mantenimento degli obiettivi ambientali.

3.  Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorità di distretto riportano, rispettivamente, nei piani di tutela e nei piani di gestione le zone di mescolamento designate indicando:

a)  l'ubicazione e l'estensione;
b)  gli approcci e le metodologie applicati per definire tali zone;
c)  le misure adottate allo scopo di limitare in futuro l'estensione delle zone di mescolamento, quali quelle necessarie alla riduzione ed all'eliminazione dell'inquinamento delle acque superficiali causato dalle sostanze dell'elenco di priorità o le misure consistenti nel riesame delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e successive modificazioni, o delle autorizzazioni preventive rilasciate ai sensi del presente decreto.

4.  Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle aree protette elencate all'allegato 9, alle lettere i), ii), iii), v).


(388) Articolo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

 


ART. 78-ter  (Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite) (389)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ciascuna per la parte di territorio di competenza ricadente in ciascun distretto idrografico, mettono a disposizione attraverso il sistema SINTAI le informazioni di cui alla lettera A.2.8.-ter, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza, secondo le scadenze temporali riportate nel medesimo allegato. Le informazioni sono ricavate sulla base dell'attività di monitoraggio e dell'attività conoscitiva delle pressioni e degli impatti di cui rispettivamente all'allegato 1 e all'allegato 3 - sezione C, alla parte terza.

2.  L'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, di seguito: ISPRA, rende disponibili attraverso il sistema SINTAI i formati standard, aggiornandoli sulla base delle linee guida adottate a livello comunitario, nonché i servizi per la messa a disposizione delle informazioni da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

3.  L'ISPRA elabora l'inventario, su scala di distretto, dei rilasci derivanti da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite, di seguito denominato "inventario", con riferimento alle sostanze prioritarie e alle sostanze pericolose prioritarie. L'ISPRA effettua ulteriori elaborazioni sulla base di specifiche esigenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (390)

4.  L'inventario è redatto sulla base della elaborazione delle informazioni di cui al comma 1, dei dati raccolti in attuazione del regolamento (CE) n. 166/2006, nonché sulla base di altri dati ufficiali. Nell'inventario sono altresì riportate, ove disponibili, le carte topografiche e, ove rilevate, le concentrazioni di tali sostanze ed inquinanti nei sedimenti e nel biota.

5.  L'inventario è finalizzato a verificare il raggiungimento dell'obiettivo di cui ai commi 1 e 7 dell'articolo 78, ed è sottoposto a riesami sulla base degli aggiornamenti effettuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 118, comma 2.

6.  L'ISPRA, previa verifica e validazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, mette a disposizione di ciascuna autorità di distretto, tramite il sistema SINTAI, gli inventari aggiornati su scala distrettuale ai fini dell'inserimento della sezione A dell'inventario nei piani di gestione riesaminati da pubblicare.


(389) Articolo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

(390) Comma così sostituito dall'art. 24, comma 1, lett. a), L. 6 agosto 2013, n. 97.

 


ART. 78-quater  (Inquinamento transfrontaliero) (391)

In vigore dal 4 gennaio 2011

1.  Qualora si verifichi un superamento di un SQA nei bacini idrografici transfrontalieri, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano interessate non si ritengono inadempienti se possono dimostrare che:

a)  il superamento dell'SQA è dovuto ad una fonte di inquinamento al di fuori della giurisdizione nazionale;
b)  a causa di tale inquinamento transfrontaliero si è verificata l'impossibilità di adottare misure efficaci per rispettare l'SQA in questione;
c)  sia stato applicato, per i corpi idrici colpiti da inquinamento transfrontaliero, il meccanismo di coordinamento ai sensi dei commi 7 e 8 dell'articolo 75 e, se del caso, sia stato fatto ricorso alle disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 10 dell'articolo 77.

2.  Qualora si verifichino le circostanze di cui al comma 1, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorità di distretto competenti forniscono le informazioni necessarie al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione europea e predispongono una relazione sintetica delle misure adottate riguardo all'inquinamento transfrontaliero da inserire rispettivamente nel piano di tutela e nel piano di gestione.


(391) Articolo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

 


ART. 78-quinquies  (Metodi di analisi per le acque superficiali e sotterranee) (392)

In vigore dal 4 gennaio 2011

1.  L'ISPRA assicura che i metodi di analisi, compresi i metodi di laboratorio, sul campo e on line, utilizzati dalle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, di seguito: "ARPA", e dalle agenzie provinciali per la protezione dell'ambiente, di seguito: "APPA", ai fini del programma di monitoraggio chimico svolto ai sensi dell'allegato 1 alla parte terza, siano convalidati e documentati ai sensi della norma UNI-EN ISO/CEI - 17025:2005 o di altre norme equivalenti internazionalmente accettate.

2.  Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 78, commi 1 e 2, e 78-bis, il monitoraggio è effettuato applicando le metodiche di campionamento e di analisi riportati alle lettere A.2.8, punti 16, 17 e 18, e A.3.10 dell'allegato 1 alla parte terza.

3.  Le disposizioni di cui al presente articolo, agli articoli 78-sexies, 78-septies e 78-octies ed alla lettera A.2.8.-bis della sezione A "Stato delle acque superficiali" della parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza si applicano per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei.


(392) Articolo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

 


ART. 78-sexies  (Requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi) (393)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.  L'ISPRA verifica che i requisiti minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi siano basati su una incertezza di misura definita conformemente ai criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.

2.  In mancanza di standard di qualità ambientali per un dato parametro o di un metodo di analisi che rispetti i requisiti minimi di prestazione di cui al comma 1, le ARPA e le APPA assicurano che il monitoraggio sia svolto applicando le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. Le autorità di bacino distrettuali promuovono intese con le regioni e con le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza, al fine di garantire l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico, dei dati del monitoraggio delle sostanze prioritarie di cui alle tabelle 1/A e 2/A e delle sostanze non appartenenti alla lista di priorità di cui alla tabella 1/B dell'allegato 1 alla parte terza. Ai fini del monitoraggio e della valutazione dello stato della qualità delle acque, le autorità di bacino distrettuali promuovono altresì intese con i medesimi soggetti di cui al periodo precedente finalizzate all'adozione di una metodologia di valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee. A tale fine, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'ISPRA rende disponibile mediante pubblicazione nel proprio sito internet istituzionale l'elenco dei laboratori del sistema delle agenzie dotati delle metodiche di analisi disponibili a costi sostenibili, conformi ai requisiti di cui al paragrafo A.2.8-bis dell'allegato 1 alla parte terza. Le autorità di bacino distrettuali rendono disponibili nel proprio sito internet istituzionale, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, i dati dei monitoraggi periodici come ottenuti dalle analisi effettuate da tali laboratori. (394)


(393) Articolo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

(394) Comma così modificato dall’ art. 16, comma 1, L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


ART. 78-septies  (Calcolo dei valori medi) (395)

In vigore dal 11 novembre 2015

1.  Ai fini del calcolo dei valori medi si applicano i criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.

1-bis.  Nel caso in cui, ai sensi del presente articolo, il valore medio calcolato di una misurazione, quando è effettuato utilizzando la migliore tecnica disponibile che non comporti costi eccessivi, è indicato come “inferiore al limite di quantificazione” e il “limite di quantificazione” di tale tecnica è superiore allo SQA, il risultato per la sostanza oggetto di misurazione non si considera ai fini dello stato chimico globale di tale corpo idrico. (396)


(395) Articolo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

(396) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 1, lett. e), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

 


ART. 78-octies  (Garanzia e controllo di qualità) (397)

In vigore dal 4 gennaio 2011

1.  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che i laboratori delle Agenzie regionali per l'ambiente (ARPA), e delle agenzie provinciali per l'ambiente (APPA), o degli enti appaltati da queste ultime applichino pratiche di gestione della qualità conformi a quanto previsto dalla norma UNI-EN ISO/CEI-17025:2005 e successive modificazioni o da altre norme equivalenti internazionalmente riconosciute.

2.  L'ISPRA assicura la comparabilità dei risultati analitici dei laboratori ARPA, APPA o degli enti appaltati da queste ultime, sulla base:

a)  della promozione di programmi di prove valutative delle competenze che comprendono i metodi di analisi di cui all'articolo 78-quinquies per i misurandi a livelli di concentrazione rappresentativi dei programmi di monitoraggio delle sostanze chimiche svolti ai sensi del presente decreto;
b)  dell'analisi di materiali di riferimento rappresentativi di campioni prelevati nelle attività di monitoraggio e che contengono livelli di concentrazioni adeguati rispetto agli standard di qualità ambientali di cui all'articolo 78-sexies, comma 1.

3.  I programmi di prove valutative di cui al comma 2, lettera a), vengono organizzati dall'ISPRA o da altri organismi accreditati a livello nazionale o internazionale, che rispettano i criteri stabiliti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010 o da altre norme equivalenti accettate a livello internazionale. L'esito della partecipazione a tali programmi viene valutato sulla base dei sistemi di punteggio definiti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010, dalla norma ISO-13528:2006 o da altre norme equivalenti internazionalmente accettate.


(397) Articolo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

 


ART. 78-nonies  (Aggiornamento dei piani di gestione) (398)

In vigore dal 11 novembre 2015

1.  Gli aggiornamenti dei Piani di gestione dei distretti idrografici predisposti ai sensi dell'articolo 117, comma 2-bis, riportano le seguenti informazioni fornite dalle regioni e dalle province autonome, avvalendosi delle agenzie regionali per l'ambiente:

a)   una tabella contenente i limiti di quantificazione dei metodi di analisi applicati e le informazioni sulle prestazioni di tali metodi in relazione ai criteri minimi di efficienza di cui all'articolo 78-sexies;
b)   per le sostanze per le quali si applica l'opzione di cui all'articolo 78, comma 3:
1)  i motivi e la giustificazione forniti dalle regioni e province autonome, per la scelta di tale opzione;
2)   i limiti di quantificazione dei metodi di analisi per le matrici specificate alle tabelle 1/A e 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, comprese le informazioni sulle prestazioni di tali metodi in relazione ai requisiti minimi di prestazione fissati all'articolo 78-sexies, al fine di permettere il confronto con le informazioni di cui alla lettera a);
c)  la motivazione tecnica della frequenza applicata per i monitoraggi in conformità all'articolo 78, comma 7, se gli intervalli tra un monitoraggio e l'altro sono superiori ad un anno.

2.  Se del caso, i piani di gestione riportano per gli SQA alternativi stabiliti per la colonna d'acqua relativi all'esaclorobenzene e all'esaclorobutadiene, per il biota relativo al DDT e per le sostanze di cui alla tabella 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza la motivazione tecnica che dimostri che tali SQA garantiscano almeno lo stesso livello di protezione degli SQA fissati per le altre matrici alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

3.  Le Autorità di bacino mettono a disposizione su un sito accessibile elettronicamente al pubblico, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, i piani di gestione dei bacini idrografici aggiornati ai sensi dell'articolo 117, comma 2-bis, contenenti i risultati e l'impatto delle misure adottate per prevenire l'inquinamento chimico delle acque superficiali e la relazione provvisoria sui progressi realizzati nell'attuazione del programma di misure di cui all'articolo 116. Tali informazioni sono pubblicate e rese accessibili al pubblico sul sito istituzionale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.


(398) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

 


ART. 78-decies  (Disposizioni specifiche per alcune sostanze) (399)

In vigore dal 11 novembre 2015

1.  Nel rispetto degli obblighi di cui al paragrafo A.4.6.3 dell'allegato 1 alla parte terza, concernenti la presentazione dello stato chimico nonché degli obiettivi e degli obblighi di cui agli articoli 76, 77, 78, 116 e 117, i piani di gestione possono contenere mappe supplementari che presentano separatamente, rispetto alle informazioni riguardanti le altre sostanze di cui alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, le informazioni sullo stato chimico per una o più delle seguenti sostanze:

a)  sostanze che si comportano come PBT (Persistenti, bioaccumulabili e tossiche) ubiquitarie, recanti il numero 5, 21, 28, 30, 35, 37, 43 e 44;
b)  sostanze recanti il numero da 34 a 45;
c)   sostanze per le quali sono stati definiti SQA rivisti e più restrittivi, recanti il numero 2, 5, 15, 20, 22, 23 e 28.

2.  I piani di gestione dei bacini idrografici possono riportare l'entità di ogni deviazione dal valore degli SQA per le sostanze di cui alle lettere a), b) e c), cercando di garantirne l'intercomparabilità a livello di bacino idrografico.


(399) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

 


ART. 78-undecies  (Elenco di controllo) (400)

In vigore dal 11 novembre 2015

1.  Le regioni e le province autonome, avvalendosi delle agenzie regionali per l'ambiente, effettuano il monitoraggio delle sostanze presenti nell'elenco di controllo di cui alla decisione 2015/495 della Commissione del 20 marzo 2015, che istituisce un elenco di controllo delle sostanze da sottoporre a monitoraggio a livello dell'Unione nel settore della politica delle acque in attuazione della direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

2.   Il monitoraggio è effettuato per un periodo di almeno dodici mesi, a partire dal 24 settembre 2015. Per ciascuna sostanza presente in elenchi successivi il monitoraggio è avviato entro sei mesi dalla inclusione di dette sostanze nell'elenco di cui al comma 1.

3.  Su proposta delle regioni e delle province autonome, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, di seguito ISPRA, seleziona venti stazioni di monitoraggio rappresentative e definisce la frequenza e la tempistica del monitoraggio per ciascuna sostanza, tenendo conto degli usi e dell'eventuale frequenza di ritrovamento della stessa. ISPRA elabora una relazione che descrive la rappresentatività delle stazioni di monitoraggio e la strategia di monitoraggio e che riporta le informazioni di cui al comma 5, tenuto conto dei criteri indicati all'articolo 8-ter, paragrafo 3, della direttiva 2008/105/CE, come modificata dalla direttiva 2013/39/UE. ISPRA identifica le sostanze di cui al comma 5 sulla base delle informazioni fornite dalle regioni.

4.  Il monitoraggio delle sostanze dell'elenco di controllo viene effettuato almeno una volta l'anno.

5.  Le sostanze dell'elenco di controllo per cui esistono dati di monitoraggio sufficienti, comparabili, rappresentativi e recenti, ricavati da programmi di monitoraggio o da studi esistenti possono essere escluse dal monitoraggio supplementare, purché tali sostanze siano monitorate utilizzando metodiche conformi ai requisiti delle linee guida elaborate dalla Commissione per facilitare il monitoraggio delle sostanze appartenenti all'elenco di controllo.

6.  ISPRA, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, trasmette alla Commissione europea, per conto dello stesso Ministero, i dati di monitoraggio e la relazione di cui al comma 3, entro quindici mesi dal 24 settembre 2015, per il primo elenco di controllo, o entro ventuno mesi dall'inserimento della sostanza nell'elenco di controllo di cui al comma 1 e, successivamente, ogni dodici mesi finché la sostanza è presente in detto elenco. A tal fine, le regioni e le province autonome mettono a disposizione, attraverso il sistema SINTAI, i risultati dei monitoraggi condotti ai sensi dei commi 1 e 2, trenta giorni prima delle suddette scadenze.


(400) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

 


ART. 79  (Obiettivo di qualità per specifica destinazione) (401)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Sono acque a specifica destinazione funzionale:

a)  le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b)  le acque destinate alla balneazione;
c)  le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d)  le acque destinate alla vita dei molluschi.

2.  Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.

3.  Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di cui al comma 1.


(401) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE

ART. 80  (Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile) (402)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2.  A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:

a)  Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b)  Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c)  Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione.

3.  Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.

4.  Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.


(402) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 81  (Deroghe) (403)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:

a)  in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
b)  limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;
c)  quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie A1, A2 e A3;
d)  nel caso di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).

2.  Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.


(403) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 82  (Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile) (404)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:

a)  tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone; e
b)  i corpi idrici destinati a tale uso futuro.

2.  L'autorità competente provvede al monitoraggio, a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.

3.  Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.


(404) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 83  (Acque di balneazione) (406)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.

2.  Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto di cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro l'inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e, successivamente, con periodicità annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte le informazioni relative alle cause della non balneabilità ed alle misure che intendono adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di cui all'articolo 75, comma 6. (405)


(405) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(406) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 84  (Acque dolci idonee alla vita dei pesci) (407)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:

a)  i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato nonché di parchi e riserve naturali regionali;
b)  i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;
c)  le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate «di importanza internazionale» ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonché quelle comprese nelle «oasi di protezione della fauna», istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
d)  le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.

2.  Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto come acque dolci «salmonicole» o «ciprinicole».

3.  La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare, nell'ambito del medesimo, alcuni tratti come «acqua salmonicola» e alcuni tratti come «acqua ciprinicola». La designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.

4.  Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

5.  Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 85 e 86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.


(407) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 85  (Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci) (408)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2.  Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorità competente le misure appropriate.

3.  Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.


(408) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 86  (Deroghe) (409)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.


(409) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 87  (Acque destinate alla vita dei molluschi) (410)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le regioni, d'intesa con il Ministero della politiche agricole e forestali, designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.

2.  Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.

3.  Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.


(410) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 88  (Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi) (411)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne l'inquinamento.

2.  Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei parametri di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.


(411) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 89  (Deroghe) (412)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.


(412) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 90  (Norme sanitarie) (413)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.


(413) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

CAPO I

AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE DALL'INQUINAMENTO E DI RISANAMENTO

ART. 91  (Aree sensibili) (415) (416)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:

a)  i laghi di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonché i corsi d'acqua a essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
b)  le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
c)  le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
d)  le aree costiere dell'Adriatico-Nord Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
e)  il lago di Garda e il lago d'ldro;
f)  i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;
g)  il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;
h)  il golfo di Castellammare in Sicilia;
i)  le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.

2.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua con proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto. (414)

3.  Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.

4.  Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.

5.  Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.

6.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, alla reidentificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili. (414)

7.  Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.

8.  Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo 106.


(414) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(415) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(416) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 251 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 91, comma 1, lettera d), proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost.; ha dichiarato, inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 91, comma 2, proposte in riferimento agli artt. 5, 76, 117 e 118 Cost. nonché inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’artt. 91 comma 2, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost.; ha dichiarato, ancora, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 91, commi 2 e 6, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost. e al principio di leale collaborazione, nonché inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’artt. 91, commi 2 e 6, proposte in riferimento agli artt. 2, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 Cost., nonché al principio di leale collaborazione.

 


ART. 92  (Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola) (422)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.

2.  Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.

3.  Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, può modificare i criteri di cui al comma 1. (418)

4.  Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle zone indicate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

5.  Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le Autorità di bacino, devono riesaminare e, se necessario, opportunamente rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, nonché riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere. (419)

6.  Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.

7.  Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all'Allegato 7/A-IV alla parte terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in essere, i programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.

8.  Le regioni provvedono, inoltre, a:

a)  integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;
b)  predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
c)  elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.

8-bis.  Le regioni riesaminano e, se del caso, rivedono i programmi d'azione obbligatori di cui al comma 7, inclusa qualsiasi misura supplementare adottata ai sensi della lettera c) del comma 8, per lo meno ogni quattro anni. (420)

9.  Gli esiti del riesame delle designazioni di cui al comma 5, i programmi di azione stabiliti ai sensi del comma 7, inclusi gli esiti del riesame di cui al comma 8-bis, i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche agricole e forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonché degli interventi di formazione e informazione. (417) (421)

10.  Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque è raccomandata l'applicazione del codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.


(417) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(418) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(419) Comma così modificato dall'art. 24, comma 1, lett. b), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(420) Comma inserito dall'art. 24, comma 1, lett. c), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(421) Comma così modificato dall'art. 24, comma 1, lett. d), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(422) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 93  (Zone vulnerabili da prodotti fìtosanitari e zone vulnerabili alla desertifìcazione) (423)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Con le modalità previste dall'articolo 92, e sulla base delle indicazioni contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti fìtosanitari secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fìtosanitari.

2.  Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.

3.  Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.


(423) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 94  (Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano) (424)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Su proposta degli enti di governo dell'ambito (425), le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.

2.  Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.

3.  La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio. (426)

4.  La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:

a)  dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b)  accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c)  spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;
d)  dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade;
e)  aree cimiteriali;
f)  apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g)  apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
h)  gestione di rifiuti;
i)  stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l)  centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m)  pozzi perdenti;
n)  pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. È comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.

5.  Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività:

a)  fognature;
b)  edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c)  opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d)  pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.

6.  In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

7.  Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

8.  Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:

a)  aree di ricarica della falda;
b)  emergenze naturali ed artificiali della falda;
c)  zone di riserva.


(424) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(425) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(426) Sull’applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi l’ art. 4-ter, comma 10, D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 giugno 2019, n. 55.

 


CAPO II

TUTELA QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO

ART. 95  (Pianificazione del bilancio idrico) (429)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.

2.  Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.

3.  Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei criteri già adottati dalle Autorità di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni dell'Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorità di bacino competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 6. (428)

4.  Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione. (427)

5.  Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Autorità concedenti effettuano il censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime Autorità provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione. (427) (430)

6.  Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonché le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.


(427) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(428) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(429) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(430) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 251 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 95, comma 5, proposta in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost.

 


ART. 96  (Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775) (433) (434)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
«Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino territorialmente competenti che, entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla data di ricezione ove si tratti di domande relative a piccole derivazioni, comunicano il proprio parere vincolante al competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche in attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano relative a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del suddetto parere è elevato a novanta giorni dalla data di ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti termini senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nomina un Commissario «ad acta» che provvede entro i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.». (432)

2.  I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti:
«1. Tra più domande concorrenti, completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, è preferita quella che da sola, o in connessione con altre utenze concesse o richieste, presenta la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:
a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate all'uso potabile;
b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione all'uso;
c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico oggetto di prelievo;
d) la quantità e la qualità dell'acqua restituita rispetto a quella prelevata.
1-bis. È preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi produttivi è altresì preferita quella del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
1-ter. Per lo stesso tipo di uso è preferita la domanda che garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attività di recupero e di riciclo.».

3.  L'articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
«Articolo 12-bis.
1. Il provvedimento di concessione è rilasciato se:
a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d'acqua interessato;
b) è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio idrico;
c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico.
2. I volumi d'acqua concessi sono altresì commisurati alle possibilità di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque.
3. L'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o comunque riservate al consumo umano, può essere assentito per usi diversi da quello potabile se:
a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio idrico per ogni singolo fabbisogno;
b) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico;
c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette e vi è una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento.
4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso diverso da quello potabile è triplicato. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.».

4.  L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
«Articolo 17.
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorità competente.
2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.
3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, l'Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. È in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.».

5.  Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.

6.  Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.

7.  I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico. (431)

8.  Il primo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
«Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.».

9.  Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 è inserito il seguente:
«Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalità di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture consortili già operanti sul territorio.».

10.  Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

11.  Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.


(431) Comma modificato dall'art. 2, comma 1, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17.

(432) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(433) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(434) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 251 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 96 proposte in riferimento agli artt. 2, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 Cost., nonché al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 96, comma 1, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost.; ha dichiarato, ancora, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 96, comma 1, proposte in riferimento all'art. 76 Cost.; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 96, comma 1, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost.

 


ART. 97  (Acque minerali naturali e di sorgenti) (435)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.


(435) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 98  (Risparmio idrico) (436)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.

2.  Le regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.


(436) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 99  (Riutilizzo dell'acqua) (438) (440)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle attività produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue. (439) (441)

2.  Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate. (437)


(437) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(438) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che subentra nelle competenze già attribuite all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ai sensi degli articoli 99, 101, 146, 148, 149, 152, 154, 172 e 174 del presente provvedimento.

(439) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(440) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(441) Il provvedimento previsto dal presente comma è stato emanato con D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 


CAPO III

TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

ART. 100  (Reti fognarie) (442)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.

2.  La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:

a)  della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
b)  della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;
c)  della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.

3.  Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi.


(442) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 101  (Criteri generali della disciplina degli scarichi) (446) (448) (451)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.

2.  Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:

a)  nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;
b)  nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
c)  nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
d)  nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.

3.  Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

4.  L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.

5.  I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza del presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4. (443)

6.  Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.

7.  Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

a)  provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;
b)  provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame; (444)
c)  provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
d)  provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
e)  aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;
f)  provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore. (450)

7-bis.  Sono altresì assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Al fine di assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, lo scarico di acque di vegetazione in pubblica fognatura è ammesso, ove l'ente di governo dell'ambito e il gestore d'ambito non ravvisino criticità nel sistema di depurazione, per i frantoi che trattano olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale e da aziende agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente praticabili, previo idoneo trattamento che garantisca il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e all'effettiva capacità di trattamento dell'impianto di depurazione. (449)

8.  Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Servizio geologico d'ltalia -Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 5. (445) (447)

9.  Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.

10.  Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.


(443) Comma così modificato dall'art. 2, comma 8, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(444) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 8, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(445) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(446) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77 è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che subentra nelle competenze già attribuite all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ai sensi degli articoli 99, 101, 146, 148, 149, 152, 154, 172 e 174 del presente provvedimento.

(447) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(448) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(449) Comma inserito dall’ art. 65, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(450) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 251 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 101, comma 7, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost.; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 101, comma 7, proposte in riferimento agli artt. 76 e 117 Cost.; ha dichiarato, ancora, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 101, comma 7, proposta in riferimento all'art. 76 Cost.; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 101, comma 7, proposte in riferimento agli artt. 76, 114, 117, primo e terzo comma, e 118 Cost.; ha dichiarato, infine, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 101, comma 7, proposta in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.

(451) Vedi, anche, l'art. 2, D.P.R. 19 ottobre 2011, n. 227.

 


ART. 102  (Scarichi di acque termali) (452)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, è ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate o, in alternativa che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. (453)

2.  Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi dell'articolo 124, comma 5:

a)  in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all'ambiente;
b)  sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;
c)  in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato e vengano autorizzati dalle Autorità di ambito;
d)  in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.


(452) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(453) Comma così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. p-ter), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

 


ART. 103  (Scarichi sul suolo) (454)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:

a)  per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;
b)  per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c)  per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
d)  per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;
e)  per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;
f)  per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.

2.  Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.

3.  Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.


(454) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 104  (Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee) (460)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.

2.  In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.

3.  In deroga a quanto previsto al comma 1, per i giacimenti a mare, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico e, per i giacimenti a terra, ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o abbiano contenuto, idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi. (455) (462)

4.  In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di sostanze estranee, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese del soggetto richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione allo scarico. (462)

4-bis.  Fermo restando il divieto di cui al comma 1, l'autorità competente, al fine del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici sotterranei, può autorizzare il ravvenamento o l'accrescimento artificiale dei corpi sotterranei, nel rispetto dei criteri stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'acqua impiegata può essere di provenienza superficiale o sotterranea, a condizione che l'impiego della fonte non comprometta la realizzazione degli obiettivi ambientali fissati per la fonte o per il corpo idrico sotterraneo oggetto di ravvenamento o accrescimento. Tali misure sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre nell'ambito del Piano di tutela e del Piano di gestione. (459) (463)

5.  Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, purché la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all'iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3. (457)

5-bis.  In deroga a quanto previsto al comma 1 è consentita l'iniezione, a fini di stoccaggio, di flussi di biossido di carbonio in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre formazioni che per motivi naturali sono definitivamente inadatte ad altri scopi, a condizione che l'iniezione sia effettuata a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio. (458)

6.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi: (456)

a)  per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi;
b)  per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione o di reiniezione.

7.  Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.

8.  Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è revocata.

8-bis.  Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 5 e 7 sono istruite a livello di progetto esecutivo e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale. (461)


(455) Comma così sostituito dall'art. 7, comma 6, D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(456) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(457) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(458) Comma inserito dall'art. 35, comma 1, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011.

(459) Comma inserito dall'art. 24, comma 1, lett. e), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(460) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(461) Comma aggiunto dall’ art. 8, comma 1, lett. a), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(462) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 251 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 104, commi 3 e 4, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost.

(463) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2016, n. 100.

 


ART. 105  (Scarichi in acque superficiali) (464)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.

2.  Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

3.  Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

4.  Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

5.  Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.

6.  Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna, ossia al di sopra dei 1.500 metri sul livello del mare, dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché appositi studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.


(464) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 106  (Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili) (465)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo 105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2.  Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.

3.  Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.


(465) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 107  (Scarichi in reti fognarie) (467)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall'ente di governo dell'ambito (468) competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

2.  Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'ente di governo dell'ambito (468) competente.

3.  Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previo accertamento dell'esistenza di un sistema di depurazione da parte dell'ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi. L'installazione delle apparecchiature è comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio. (466)

4.  Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.


(466) Comma così sostituito dall'art. 9-quater, comma 1, D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210. Precedentemente il presente comma era stato sostituito dall'art. 2, commi 8-bis e 19, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, a loro volta, rispettivamente, abrogato e sostituito dai commi 2 e 3 del predetto art. 9-quater, D.L. 172/2008, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210.

(467) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(468) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

 


ART. 108  (Scarichi di sostanze pericolose) (472)

In vigore dal 13 febbraio 2008

1.  Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2.  Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione fissa, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2. (469)

3.  Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. (471)

4.  Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

5.  Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell'articolo 124, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo Allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue. (470) (471)

6.  L'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.


(469) Comma così modificato dall'art. 2, comma 9, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(470) Comma così modificato dall'art. 2, comma 10, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(471) A norma dell'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» sono sostituite dalle parole «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto».

(472) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

ART. 109  (Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte) (477)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:

a)  materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
b)  inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale;
c)  materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.

2.  L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è rilasciata dalla regione, fatta eccezione per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, per i quali è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. (474) (475) (480)

3.  L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione regionale, con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all'autorità competente. (476)

4.  L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non è soggetta ad autorizzazione.

5.  La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. (473) (478)

5-bis.  Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale. Nel caso di condotte o cavi facenti parte della rete nazionale di trasmissione dell'energia elettrica o di connessione con reti energetiche di altri Stati, non soggetti a valutazione di impatto ambientale, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti. (479)


(473) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» e le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(474) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(475) Comma così modificato dall'art. 24, comma 1, lett. d), n. 1), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

(476) Comma così modificato dall'art. 24, comma 1, lett. d), n. 2), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

(477) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(478) Comma così modificato dall’ art. 8, comma 1, lett. b), n. 1), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(479) Comma aggiunto dall’ art. 8, comma 1, lett. b), n. 2), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(480) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 15 luglio 2016, n. 173.

 


ART. 110  (Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane) (481)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.

2.  In deroga al comma 1, l'autorità competente, d'intesa con l'ente di governo dell'ambito (482), in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.

3.  Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

a)  rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
b)  rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;
c)  materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente.

4.  L'attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.

5.  Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.

6.  Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l'apposita tariffa determinata dall'ente di governo dell'ambito (482).

7.  Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.


(481) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(482) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

 


ART. 111  (Impianti di acquacoltura e piscicoltura) (484)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura. (483)


(483) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(484) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 112  (Utilizzazione agronomica) (487)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 75 del presente decreto. (485) (489)

2.  Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto. (486) (488)

3.  Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinati in particolare:

a)  le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;
b)  i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;
c)  le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;
d)  i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;
e)  le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall'articolo 137, comma 15.


(485) A norma dell'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» sono sostituite dalle parole «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto».

(486) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(487) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(488) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 25 febbraio 2016.

(489) Vedi, anche, il D.M. 25 febbraio 2016.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 113  (Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia) (491)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, disciplinano e attuano: (490)

a)  le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
b)  i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione. (492)

2.  Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.

3.  Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

4.  È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.


(490) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(491) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(492) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 251 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 113, comma 1, proposte in riferimento agli artt. 2, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 Cost., nonché al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’artt. 113, comma 1, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost.

 


ART. 114  (Dighe) (494)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al titolo II della parte terza del presente decreto. (493) (495)

2.  Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.

3.  Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.

4.  Il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. (493)

5.  Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell'amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.

6.  Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

7.  Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.

8.  I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione. (493)

9.  Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.


(493) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(494) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(495) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 251 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 114, comma 1, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost. nonché inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 114, comma 1 proposte in riferimento agli artt. 2, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 Cost., nonché al principio di leale collaborazione.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 115  (Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici) (496)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

2.  Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.

3.  Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.

4.  Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.


(496) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 116  (Programmi di misure) (498) (499)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all'Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per l'approvazione all'Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l'Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni.

1-bis.  Eventuali misure nuove o modificate, approvate nell'ambito di un programma aggiornato, sono applicate entro tre anni dalla loro approvazione. (497)


(497) Comma aggiunto dall'art. 24, comma 1, lett. f), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(498) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(499) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 251 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 116 proposte in riferimento agli artt. 2, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 Cost., nonché al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 116 proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost. e al principio di leale collaborazione.

 


TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

CAPO I

PIANI DI GESTIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

ART. 117  (Piani di gestione e registro delle aree protette) (502) (506)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest'ultimo dall'articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore.

2.  Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella parte A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2-bis.  I Piani di gestione dei distretti idrografici, adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, sono riesaminati e aggiornati entro il 22 dicembre 2015 e, successivamente, ogni sei anni. (500)

2-ter.  Qualora l'analisi effettuata ai sensi dell'articolo 118 e i risultati dell'attività di monitoraggio condotta ai sensi dell'articolo 120 evidenzino impatti antropici significativi da fonti diffuse, le Autorità competenti individuano misure vincolanti di controllo dell'inquinamento. In tali casi i piani di gestione prevedono misure che vietano l'introduzione di inquinanti nell'acqua o stabiliscono obblighi di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti. Dette misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre. (503)

2-quater.  Al fine di coniugare la prevenzione del rischio di alluvioni con la tutela degli ecosistemi fluviali, nell'ambito del Piano di gestione, le Autorità di bacino, in concorso con gli altri enti competenti, predispongono il programma di gestione dei sedimenti a livello di bacino idrografico, quale strumento conoscitivo, gestionale e di programmazione di interventi relativo all'assetto morfologico dei corridoi fluviali. I programmi di cui al presente comma sono redatti in ottemperanza agli obiettivi individuati dalle direttive 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, e concorrono all'attuazione dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, che individua come prioritari, tra le misure da finanziare per la mitigazione del dissesto idrogeologico, gli interventi integrati che mirino contemporaneamente alla riduzione del rischio e alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità. Il programma di gestione dei sedimenti ha l'obiettivo di migliorare lo stato morfologico ed ecologico dei corsi d'acqua e di ridurre il rischio di alluvioni tramite interventi sul trasporto solido, sull'assetto plano-altimetrico degli alvei e dei corridoi fluviali e sull'assetto e sulle modalità di gestione delle opere idrauliche e di altre infrastrutture presenti nel corridoio fluviale e sui versanti che interagiscano con le dinamiche morfologiche del reticolo idrografico. Il programma di gestione dei sedimenti è costituito dalle tre componenti seguenti:

a)   definizione di un quadro conoscitivo a scala spaziale e temporale adeguata, in relazione allo stato morfologico attuale dei corsi d'acqua, alla traiettoria evolutiva degli alvei, alle dinamiche e quantità di trasporto solido in atto, all'interferenza delle opere presenti con i processi morfologici e a ogni elemento utile alla definizione degli obiettivi di cui alla lettera b);
b)   definizione, sulla base del quadro conoscitivo di cui alla lettera a), di obiettivi espliciti in termini di assetto dei corridoi fluviali, al fine di un loro miglioramento morfologico ed ecologico e di ridurre il rischio idraulico; in questo ambito è prioritario, ovunque possibile, ridurre l'alterazione dell'equilibrio geomorfologico e la disconnessione degli alvei con le pianure inondabili, evitando un'ulteriore artificializzazione dei corridoi fluviali;
c)  identificazione degli eventuali interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi definiti alla lettera b), al loro monitoraggio e all'adeguamento nel tempo del quadro conoscitivo; la scelta delle misure più appropriate tra le diverse alternative possibili, incluso il non intervento, deve avvenire sulla base di un'adeguata valutazione e di un confronto degli effetti attesi in relazione ai diversi obiettivi, tenendo conto di un orizzonte temporale e spaziale sufficientemente esteso; tra gli interventi da valutare deve essere data priorità alle misure, anche gestionali, per il ripristino della continuità idromorfologica longitudinale, laterale e verticale, in particolare al ripristino del trasporto solido laddove vi siano significative interruzioni a monte di tratti incisi, alla riconnessione degli alvei con le pianure inondabili e al ripristino di più ampi spazi di mobilità laterale, nonché alle misure di rinaturazione e riqualificazione morfologica; l'eventuale asportazione locale di materiale litoide o vegetale o altri interventi di artificializzazione del corso d'acqua devono essere giustificati da adeguate valutazioni rispetto alla traiettoria evolutiva del corso d'acqua, agli effetti attesi, sia positivi che negativi nel lungo periodo, rispetto ad altre alternative di intervento; all'asportazione dal corso d'acqua è da preferire comunque, ovunque sia possibile, la reintroduzione del materiale litoide eventualmente rimosso in tratti dello stesso adeguatamente individuati sulla base del quadro conoscitivo, in coerenza con gli obiettivi in termini di assetto del corridoio fluviale. (505)

3.  L'Autorità di bacino, sentiti gli enti di governo dell'ambito (504) del servizio idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9 alla parte terza del presente decreto, designate dalle autorità competenti ai sensi della normativa vigente.

3-bis.  Il registro delle aree protette di cui al comma 3 deve essere tenuto aggiornato per ciascun distretto idrografico. (501)


(500) Comma inserito dall'art. 24, comma 1, lett. g), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(501) Comma aggiunto dall'art. 24, comma 1, lett. h), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(502) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(503) Comma inserito dall’ art. 17, comma 2, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(504) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(505) Comma inserito dall’ art. 51, comma 10, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(506) La Corte costituzionale, con sentenza 23 - 30 luglio 2009, n. 254 (Gazz. Uff. 5 agosto 2009, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 117 proposta, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione e al principio di leale collaborazione.

 


ART. 118  (Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica) (509)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di gestione di cui all'articolo 117, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'allegato 10 alla presente parte terza. Le risultanze delle attività di cui al primo periodo sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle competenti Autorità di bacino e al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. (510)

2.  I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono aggiornati entro il 22 dicembre 2013 e successivamente ogni sei anni. (507) (508) (511)

3.  Nell'espletamento dell'attività conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite.


(507) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(508) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

(509) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(510) Comma modificato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 51, comma 6, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(511) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 17 luglio 2009.

 


ART. 119  (Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici) (512) (514)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio «chi inquina paga».

2.  Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonché di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:

a)  i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell'acqua;
b)  le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.

3.  Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.

3-bis.   Fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 3, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni, mediante la stipulazione di accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono determinare, stabilendone l'ammontare, la quota parte delle entrate dei canoni derivanti dalle concessioni del demanio idrico nonché le maggiori entrate derivanti dall'applicazione del principio “chi inquina paga” di cui al comma 1 del presente articolo, e in particolare dal recupero dei costi ambientali e di quelli relativi alla risorsa, da destinare al finanziamento delle misure e delle funzioni previste dall'articolo 116 del presente decreto e delle funzioni di studio e progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino ai sensi dell'articolo 71 del presente decreto. (513)


(512) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(513) Comma aggiunto dall’ art. 51, comma 7, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(514) La Corte costituzionale, con sentenza 23 - 30 luglio 2009, n. 254 (Gazz. Uff. 5 agosto 2009, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 119, proposta in riferimento all'art. 118 della Costituzione.

 


ART. 120  (Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici) (517) (519)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.

2.  I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonché con quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1 sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). (515)

3.  Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell'esercizio delle rispettive competenze, accordi di programma con l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province, gli enti di governo dell'ambito (518), i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni. (516)


(515) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(516) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(517) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(518) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(519) La Corte costituzionale, con sentenza 23 - 30 luglio 2009, n. 254 (Gazz. Uff. 5 agosto 2009, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 2, proposta in riferimento all'art. 118 della Costituzione.

 


ART. 121  (Piani di tutela delle acque) (522) (525)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2.  Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentiti le province e gli enti di governo dell'ambito (523), definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acque e lo trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di competenza. (521)

3.  Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.

4.  Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:

a)  i risultati dell'attività conoscitiva;
b)  l'individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;
c)  l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;
d)  le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;
e)  l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;
f)  il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;
g)  gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
g-bis)  i dati in possesso delle autorità e agenzie competenti rispetto al monitoraggio delle acque di falda delle aree interessate e delle acque potabili dei comuni interessati, rilevati e periodicamente aggiornati presso la rete di monitoraggio esistente, da pubblicare in modo da renderli disponibili per i cittadini; (520)
h)  l'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;
i)  le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5.  Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2016. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni. (524)


(520) Lettera inserita dall'art. 2, comma 2-ter, D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210.

(521) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(522) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(523) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(524) Comma così modificato dall’ art. 51, comma 8, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(525) La Corte costituzionale, con sentenza 23 - 30 luglio 2009, n. 254 (Gazz. Uff. 5 agosto 2009, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 121 proposta, in riferimento agli artt. 5, 76, 97, 114, 117, 119 e 120 della Costituzione e al principio di leale collaborazione; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 121 proposta, in riferimento agli artt. 3 e 118 della Costituzione; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 121, comma 4, lettera h), proposta in riferimento all'art. 118 della Costituzione; inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 121, comma 2, proposta in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione e al principio di leale collaborazione; inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 121, comma 2, proposte, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 121, comma 2, proposte, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 121, comma 2, proposta in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione.

 


ART. 122  (Informzione e consultazione pubblica) (526) (527)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare all'elaborazione, al riesame e ll'aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta motivata, le regioni autorizzano l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni provvedono affinché, per il territorio di competenza ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:

a)  il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
b)  una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
c)  copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

2.  Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, le regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.

3.  I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.


(526) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(527) La Corte costituzionale, con sentenza 23 - 30 luglio 2009, n. 254 (Gazz. Uff. 5 agosto 2009, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 121 proposta, in riferimento agli artt. 5, 76, 97, 114, 117, 119 e 120 della Costituzione e al principio di leale collaborazione; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 121 proposta, in riferimento agli artt. 3 e 118 della Costituzione; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 121, comma 4, lettera h), proposta in riferimento all'art. 118 della Costituzione; inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 121, comma 2, proposta in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione e al principio di leale collaborazione; inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 121, comma 2, proposte, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 121, comma 2, proposte, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 121, comma 2, proposta in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione.

 


ART. 123  (Trasmissione delle informazioni e delle relazioni) (530) (531)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine del successivo inoltro alla Commissione europea. (528)

2.  Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti: (529)

a)  l'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;
b)  i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all'articolo 120 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza annuale. (532)

3.  Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sui progressi realizzati nell'attuazione delle misure di base o supplementari di cui all'articolo 116. (528)


(528) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(529) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(530) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(531) La Corte costituzionale, con sentenza 23 - 30 luglio 2009, n. 254 (Gazz. Uff. 5 agosto 2009, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 123 proposta, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.

(532) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 17 luglio 2009.

 


CAPO II

AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI

(commento di giurisprudenza)

ART. 124  (Criteri generali) (536) (540)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

2.  L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto. (533)

3.  Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.

4.  In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'ente di governo dell'ambito (537). (539)

5.  Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali è definito dalle regioni; tali scarichi sono ammessi in reti fognarie nell'osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed in conformità all'autorizzazione rilasciata dall'ente di governo dell'ambito (537). (539)

6.  Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio oppure, se già in esercizio, allo svolgimento di interventi, sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, ovvero al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o alla dismissione. (538)

7.  Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero all'ente di governo dell'ambito (537) se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro novanta giorni dalla ricezione della domanda. (534)

8.  Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima. (535)

9.  Per gli scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.

10.  In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.

11.  Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorità competente determina, preliminarmente all'istruttoria e in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima Autorità, completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.

12.  Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.


(533) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 11, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(534) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 12, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(535) A norma dell'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» sono sostituite dalle parole «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto».

(536) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(537) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(538) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, lett. l), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(539) La Corte costituzionale, con sentenza 23 - 30 luglio 2009, n. 254 (Gazz. Uff. 5 agosto 2009, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato tra l’altro inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 124, commi 4 e 5, proposta in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione.

(540) Vedi, anche, l'art. 3, D.P.R. 19 ottobre 2011, n. 227.

 


ART. 125  (Domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali) (541)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione del punto previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.

2.  Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:

a)  la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
b)  il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.


(541) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 126  (Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane) (542)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali.


(542) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 127  (Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue) (544)

In vigore dal 13 febbraio 2008

1.  Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato. (543)

2.  È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.


(543) Comma così modificato dall'art. 2, comma 12-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(544) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


CAPO III

CONTROLLO DEGLI SCARICHI

ART. 128  (Soggetti tenuti al controllo) (545)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  L'autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli.

2.  Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di gestione.


(545) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 129  (Accessi ed ispezioni) (546)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  L'autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.


(546) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 130  (Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico) (547)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatone di cui al titolo V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a)  alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b)  alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c)  alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.


(547) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 131  (Controllo degli scarichi di sostanze pericolose) (548)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione può rescrivere, a carico del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.


(548) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 132  (Interventi sostitutivi) (550)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centoottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente. (549)

2.  Nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nomina un commissario «ad acta» che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli. (549)


(549) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(550) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


TITOLO V

SANZIONI

CAPO I

SANZIONI AMMINISTRATIVE

(commento di giurisprudenza)

ART. 133  (Sanzioni amministrative) (551)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato e fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, commi 2 e 3, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro. (552)

2.  Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da seimila euro a sessantamila euro. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da seicento euro a tremila euro.

3.  Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1 e di cui all'articolo 29-quattuordecies, comma 2, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell'articolo 107, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro. (553)

4.  Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l'attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

5.  Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi le disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

6.  Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.

7.  Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:

a)  nell'effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2;
b)  effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione.

8.  Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto.

9.  Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.


(551) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(552) Comma così modificato dall’ art. 11, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(553) Comma così modificato dall’ art. 11, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 134  (Sanzioni in materia di aree di salvaguardia) (554)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.


(554) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 135  (Competenza e giurisdizione) (555)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 133, comma 8, per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità.

2.  Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza e all'accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero.

3.  Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

4.  Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.


(555) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 136  (Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie) (556)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.


(556) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


CAPO II

SANZIONI PENALI

(commento di giurisprudenza)

ART. 137  (Sanzioni penali) (558)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro. (560)

2.  Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni e dell'ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro. (561) (559)

3.  Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5 o di cui all'articolo 29-quattuordecies, comma 3, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due anni. (562) (559)

4.  Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 131 è punito con la pena di cui al comma 3.

5.  Salvo che il fatto costituisca più grave reato chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da seimila euro a centoventimila euro. (557) (559)

6.  Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.

7.  Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

8.  Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.

9.  Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.

10.  Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, è punito con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.

11.  Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 è punito con l'arresto sino a tre anni. (559)

12.  Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 87, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.

13.  Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente. (559)

14.  Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.


(557) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, L. 25 febbraio 2010, n. 36 e, successivamente, dall’ art. 11, comma 2, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(558) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(559) Vedi, anche, l'art. 25-undecies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

(560) Comma così modificato dall’ art. 11, comma 2, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(561) Comma così modificato dall’ art. 11, comma 2, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(562) Comma così modificato dall’ art. 11, comma 2, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 138  (Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura) (564)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai quali è inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli impianti. (563)


(563) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(564) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 139  (Obblighi del condannato) (565)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.


(565) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 140  (Circostanza attenuante) (566)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.


(566) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


SEZIONE III

GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

ART. 141  (Ambito di applicazione) (567)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.

2.  Il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.


(567) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 142  (Competenze) (570)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione. (568) (569)

2.  Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio.

3.  Gli enti locali, attraverso l'ente di governo dell'ambito (571) di cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto.


(568) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(569) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(570) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(571) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

 


ART. 143  (Proprietà delle infrastrutture) (572)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.

2.  Spetta anche all'ente di governo dell'ambito (573) la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.


(572) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(573) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 144  (Tutela e uso delle risorse idriche) (574)

In vigore dal 12 novembre 2014

1.  Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.

2.  Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

3.  La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.

4.  Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.

4-bis.  Ai fini della tutela delle acque sotterranee dall'inquinamento e per promuovere un razionale utilizzo del patrimonio idrico nazionale, tenuto anche conto del principio di precauzione per quanto attiene al rischio sismico e alla prevenzione di incidenti rilevanti, nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato sono vietati la ricerca e l'estrazione di shale gas e di shale oil e il rilascio dei relativi titoli minerari. A tal fine è vietata qualunque tecnica di iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni rocciose in cui sono intrappolati lo shale gas e lo shale oil. I titolari dei permessi di ricerca o di concessioni di coltivazione comunicano, entro il 31 dicembre 2014, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i dati e le informazioni relativi all'utilizzo pregresso di tali tecniche per lo shale gas e lo shale oil, anche in via sperimentale, compresi quelli sugli additivi utilizzati precisandone la composizione chimica. Le violazioni accertate delle prescrizioni previste dal presente articolo determinano l'automatica decadenza dal relativo titolo concessorio o dal permesso. (575)

5.  Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.


(574) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(575) Comma inserito dall’ art. 38, comma 11-quater, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 145  (Equilibrio del bilancio idrico) (576)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  L'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144.

2.  Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.

3.  Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.


(576) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 146  (Risparmio idrico) (578) (580)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (577), nel rispetto dei principi della legislazione statale, adottano norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:

a)  migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b)  prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;
c)  realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;
d)  promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
e)  adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;
f)  installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
g)  realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;
h)  individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e gestione atte a garantire un processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo.

2.  Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione, nel progetto, dell'installazione di contatori per ogni singola unità abitativa, nonché del collegamento a reti duali, ove già disponibili.

3.  Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed all'ente di governo dell'ambito (581) competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi. (577) (579)


(577) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(578) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che subentra nelle competenze già attribuite all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ai sensi degli articoli 99, 101, 146, 148, 149, 152, 154, 172 e 174 del presente provvedimento.

(579) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(580) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(581) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

 


TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

ART. 147  (Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato) (583)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Le regioni che non hanno individuato gli enti di governo dell'ambito provvedono, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente tale termine si applica l'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all'ente di governo dell'ambito, individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1. (584)

1-bis.  Qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell'ambito individuati ai sensi del comma 1 entro il termine fissato dalle regioni e dalle province autonome e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla delibera di individuazione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente. Si applica quanto previsto dagli ultimi due periodi dell'articolo 172, comma 4. (585)

2.  Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:

a)  unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;
b)  unicità della gestione; (582)
c)  adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

2-bis.  Qualora l'ambito territoriale ottimale coincida con l'intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all'utenza, è consentito l'affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane. Sono fatte salve:

a)  le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148;
b)  le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l'ente di governo d'ambito territorialmente competente provvede all'accertamento dell'esistenza dei predetti requisiti. (586)

3.  Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.


(582) Lettera modificata dall'art. 2, comma 13, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 7, comma 1, lett. b), n. 3), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(583) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(584) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, lett. b), n. 1), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(585) Comma inserito dall’ art. 7, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164. Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 23 febbraio-10 marzo 2016, n. 51 (Gazz. Uff. 16 marzo 2016, n. 11 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del suddetto n. 2), limitatamente alle parole «e dalle province autonome».

(586) Comma inserito dall’ art. 7, comma 1, lett. b), n. 4), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, e, successivamente, così modificato dall’ art. 62, comma 4, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 148  (Autorità d'ambito territoriale ottimale) (589) (592) (593)

In vigore dal 31 dicembre 2012

[1.  L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.

2.  Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 1, cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato.

3.  I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorità d'ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro quindici giorni dall'adozione delle relative delibere. (588) (590) (591)

4.  I costi di funzionamento della struttura operativa dell'Autorità d'ambito, determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all'Autorità d'ambito.

5.  Ferma restando la partecipazione obbligatoria all'Autorità d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d'ambito competente. (587) ]


(587) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 14, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(588) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(589) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che subentra nelle competenze già attribuite all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ai sensi degli articoli 99, 101, 146, 148, 149, 152, 154, 172 e 174 del presente provvedimento.

(590) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 246 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede che: «I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorità d'ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente».

(591) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(592) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(593) L’ art. 2, comma 186-bis, L. 23 dicembre 2009, n. 191, come modificato dall'art. 1, comma 1-quinquies, D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 marzo 2010, n. 42, ha disposto la soppressione dell'Autorità d'ambito territoriale di cui al presente articolo. Il medesimo art. 2, comma 186-bis ha inoltre abrogato il presente articolo, a decorrere dal 31 dicembre 2012, per effetto di quanto disposto dall'art. 13, comma 2, D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14.

 


ART. 149  (Piano d'ambito) (595) (597)

In vigore dal 12 novembre 2014

1.  Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'ente di governo dell'ambito (598) provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito è costituito dai seguenti atti:

a)  ricognizione delle infrastrutture;
b)  programma degli interventi;
c)  modello gestionale ed organizzativo;
d)  piano economico finanziario.

2.  La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.

3.  Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza, tenuto conto di quella collocata nelle zone montane o con minore densità di popolazione. Il programma degli interventi, commisurato all'intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione. (599)

4.  Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l'andamento dei costi di gestione e di investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

5.  Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi.

6.  Il piano d'ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente, all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all'ente di governo dell'ambito (598), entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell'evoluzione tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati. (594) (596)


(594) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(595) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che subentra nelle competenze già attribuite all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ai sensi degli articoli 99, 101, 146, 148, 149, 152, 154, 172 e 174 del presente provvedimento.

(596) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(597) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(598) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(599) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, lett b-bis), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

 


ART. 149-bis  (Affidamento del servizio) (600)

In vigore dal 1 gennaio 2015

1.  L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale. (601)

2.  Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l'efficienza, l'efficacia e la continuità del servizio idrico integrato, l'ente di governo dell'ambito dispone l'affidamento al gestore unico di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell'affidamento previgente.
Il soggetto affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale.

2-bis.  Al fine di ottenere un'offerta più conveniente e completa e di evitare contenziosi tra i soggetti interessati, le procedure di gara per l'affidamento del servizio includono appositi capitolati con la puntuale indicazione delle opere che il gestore incaricato deve realizzare durante la gestione del servizio.

2-ter.  L'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 4 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, come sostituito dal comma 4 dell'articolo 25 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è soppresso.


(600) Articolo inserito dall’ art. 7, comma 1, lett. d), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(601) Comma così modificato dall'art. 1, comma 615, L. 23 dicembre 2014, n. 190, a decorrere dal 1° gennaio 2015.

 


ART. 150  (Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento) (606) (605) (607) (609)

In vigore dal 13 settembre 2014

[1.  L'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio di unitarietà della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. (602) (604)

2.  L'Autorità d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia. (603) (608)

3.  La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o a società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2.

4.  I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo 148, comma 5. ]


(602) Comma così modificato dall'art. 2, comma 13, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(603) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(604) Per l'abrogazione del presente comma, vedi l'art. 12, comma 1, lett. b), D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168.

(605) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(606) Articolo abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. c), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(607) La Corte costituzionale, con sentenza 12-26 gennaio 2011, n. 25 (Gazz. Uff. 28 gennaio 2011, n. 5, ediz. straord. – Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente articolo, come modificato dall'articolo 2, comma 13, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, nel testo risultante dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168; richiesta dichiarata legittima con ordinanza emessa in data 6 dicembre 2010, depositata in data 7 dicembre 2010, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.

(608) Il provvedimento previsto dal presente comma è stato emanato con D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

(609) Vedi, anche, l'art. 26-ter, D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

 


ART. 151  (Rapporti tra enti di governo dell'ambito (615) e soggetti gestori del servizio idrico integrato) (610)

In vigore dal 12 novembre 2014

1.  Il rapporto tra l'ente di governo dell'ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato è regolato da una convenzione predisposta dall'ente di governo dell'ambito sulla base delle convenzioni tipo, con relativi disciplinari, adottate dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico in relazione a quanto previsto dall'articolo 10, comma 14, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e dall'articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. (611)

2.  A tal fine, le convenzioni tipo, con relativi disciplinari, devono prevedere in particolare: (612)

a)  il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b)  la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni; (613)
b-bis)  le opere da realizzare durante la gestione del servizio come individuate dal bando di gara; (619)
c)  l'obbligo del raggiungimento e gli strumenti per assicurare il mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione; (614)
d)  il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
e)  i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall'ente di governo dell'ambito (615) e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;
f)  l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo vigenti;
g)  l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;
h)  le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e l'obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall'articolo 165;
i)  il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'ente di governo dell'ambito (615) ha facoltà di disporre durante tutto il periodo di affidamento;
l)  l'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'ente di governo dell'ambito (615) del verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità nell'erogazione del servizio, nonché l'obbligo di assumere ogni iniziativa per l'eliminazione delle irregolarità, in conformità con le prescrizioni dell'Autorità medesima;
m)  l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione, nonché la disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione anticipata dell'affidamento, anche tenendo conto delle previsioni di cui agli articoli 143 e 158 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed i criteri e le modalità per la valutazione del valore residuo degli investimenti realizzati dal gestore uscente; (616)
n)  l'obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o)  le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;
p)  le modalità di rendicontazione delle attività del gestore.

3.  Sulla base della convenzione tipo di cui al comma 1 o, in mancanza di questa, sulla base della normativa vigente, l'ente di governo dell'ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare ai capitolati della procedura di gara. Le convenzioni esistenti devono essere integrate in conformità alle previsioni di cui al comma 2, secondo le modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico. (617)

4.  Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonché il programma temporale e finanziario di esecuzione.

5.  L'affidamento del servizio è subordinato alla prestazione da parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio.

6.  Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.

[7.  L'affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso dell'Autorità d'ambito, può gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all'intero ambito territoriale ottimale. (618) ]

8.  Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonché le società miste costituite a seguito dell'individuazione del socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al dieci per cento è offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio.


(610) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(611) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 1, lett. e), n. 1), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(612) Alinea così sostituito dall’ art. 7, comma 1, lett. e), n. 2), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(613) La presente lettera era stata sostituita dall’ art. 7, comma 1, lett. e), n. 3), D.L. 12 settembre 2014, n. 133; successivamente tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 11 novembre 2014, n. 164).

(614) Lettera così modificata dall’ art. 7, comma 1, lett. e), n. 4), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(615) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(616) Lettera così modificata dall’ art. 7, comma 1, lett. e), n. 5), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(617) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 1, lett. e), n. 6), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(618) Comma abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. e), n. 7), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(619) Lettera inserita dall’ art. 7, comma 1, lett. e), n. 3-bis), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

 


ART. 152  (Poteri di controllo e sostitutivi) (621) (623)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  L'ente di governo dell'ambito (624) ha facoltà di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.

2.  Nell'ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, l'ente di governo dell'ambito (624) interviene tempestivamente per garantire l'adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e di revoca, l'ente di governo dell'ambito (624), previa diffida, può sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti pubblici.

3.  Qualora l'ente di governo dell'ambito (624) non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario «ad acta». Qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mediante nomina di un commissario «ad acta». (620) (622)

4.  L'ente di governo dell'ambito (624) con cadenza annuale comunica al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della gestione. (620) (622)


(620) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(621) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che subentra nelle competenze già attribuite all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ai sensi degli articoli 99, 101, 146, 148, 149, 152, 154, 172 e 174 del presente provvedimento.

(622) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(623) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(624) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

 


ART. 153  (Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato) (625)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare. Gli enti locali proprietari provvedono in tal senso entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo eventuali quote residue di ammortamento relative anche ad interventi di manutenzione. Nelle ipotesi di cui all'articolo 172, comma 1, gli enti locali provvedono alla data di decorrenza dell'affidamento del servizio idrico integrato. Qualora gli enti locali non provvedano entro i termini prescritti, si applica quanto previsto dal comma 4, dell'articolo 172. La violazione della presente disposizione comporta responsabilità erariale. (626) (628)

2.  Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi. Di tale trasferimento si tiene conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica. Il gestore è tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguerli, ed a corrispondere al gestore uscente un valore di rimborso definito secondo i criteri stabiliti dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. (627)


(625) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(626) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, lett. f), n. 1), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(627) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, lett. f), n. 2), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(628) La Corte costituzionale, con ordinanza 14 - 23 aprile 2010, n. 144 (Gazz. Uff. 28 aprile 2010, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e, in particolare, del suo art. 153, comma 1, sollevate in riferimento all'art. 76 della Costituzione, all'art. 17, comma 25, lettera a), della legge 15 maggio 1997, n. 127, e all'art. 16, comma 1, numero 3), del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 153, comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 3, 76 e 119, primo comma, Cost., all'art. 1, commi 1 e 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e all'art. 2 del medesimo D.Lgs. n. 152 del 2006.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 154  (Tariffa del servizio idrico integrato) (630) (634)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'ente di governo dell'ambito (635), in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio «chi inquina paga». Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo. (632) (636)

2.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio «chi inquina paga», definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua. (629) (631)

3.  Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale. (631)

4.  Il soggetto competente, al fine della redazione del piano economico-finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera d), predispone la tariffa di base, nell'osservanza del metodo tariffario di cui all'articolo 10, comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e la trasmette per l'approvazione all'Autorità per l'energia elettrica e il gas. (633)

5.  La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.

6.  Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.

7.  L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.


(629) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(630) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che subentra nelle competenze già attribuite all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ai sensi degli articoli 99, 101, 146, 148, 149, 152, 154, 172 e 174 del presente provvedimento.

(631) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(632) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, D.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, con effetto a decorrere dal 21 luglio 2011, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 del medesimo art. 1, D.P.R. n. 116/2011.

(633) Comma così sostituito dall'art. 34, comma 29, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.

(634) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(635) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(636) La Corte costituzionale, con sentenza 12-26 gennaio 2011, n. 26 (Gazz. Uff. 28 gennaio 2011, n. 5, ediz. straord. - Prima serie speciale),aveva dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito»; richiesta dichiarata legittima, con ordinanza pronunciata il 6 dicembre 2010, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione. Il referendum popolare è stato indetto con D.P.R. 23 marzo 2011. La stessa Corte, con successiva ordinanza 20 febbraio 2012 - 7 marzo 2012, n. 48 (Gazz. Uff. 14 marzo 2012, n. 11, 1ª Serie speciale), aveva dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 154, comma 1, nella parte in cui stabiliva che la tariffa del servizio idrico integrato andasse determinata tenendo conto anche «dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito».

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 155  (Tariffa del servizio di fognatura e depurazione) (638)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo vincolato intestato all'ente di governo dell'ambito (639), che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito. La tariffa non è dovuta se l'utente è dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'ente di governo dell'ambito (639). (637) (640)

2.  In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici locali al gestore del servizio idrico integrato, i comuni già provvisti di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla manutenzione degli impianti medesimi.

3.  Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici.

4.  Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.

5.  Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio «chi inquina paga». È fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'ente di governo dell'ambito (639).

6.  Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.


(637) La Corte Costituzionale, con sentenza 8-10 ottobre 2008, n. 335 (Gazz. Uff. 15 ottobre 2008, n. 43 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo periodo del presente comma nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti "anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi".

(638) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(639) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

(640) Vedi, anche, l'art. 8-sexies, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13.

 


ART. 156  (Riscossione della tariffa) (642)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione, in base a quanto stabilito dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. (643)

2.  Con apposita convenzione, sottoposta al controllo dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione. (644)

3.  La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l’Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all’albo previsto dall’ articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica. (641)


(641) Comma sostituito dall'art. 2, comma 10, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.

(642) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(643) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, lett. g), n. 1), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(644) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, lett. g), n. 2), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

 


ART. 157  (Opere di adeguamento del servizio idrico) (645)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo parere di compatibilità con il piano d'ambito reso dall'ente di governo dell'ambito (646) e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione.


(645) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(646) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

 


ART. 158  (Opere e interventi per il trasferimento di acqua) (648)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici, le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le regioni medesime, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalità di cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi. (647)

2.  In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo delle risorse idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso, provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (647)

3.  Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello Stato mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esperisce le procedure per la concessione d'uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalità per l'esecuzione e la gestione degli interventi, nonché l'affidamento per la realizzazione e la gestione degli impianti. (647)


(647) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(648) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 158-bis  (Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell'autorità espropriante) (649)

In vigore dal 12 novembre 2014

1.  I progetti definitivi delle opere, degli interventi previsti nei piani di investimenti compresi nei piani d'ambito di cui all'articolo 149 del presente decreto, sono approvati dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che provvedono alla convocazione di apposita conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. La medesima procedura si applica per le modifiche sostanziali delle medesime opere, interventi ed impianti.

2.  L'approvazione di cui al comma 1 comporta dichiarazione di pubblica utilità e costituisce titolo abilitativo e, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, esclusi i piani paesaggistici. Qualora l'approvazione costituisca variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, tale variante deve essere coordinata con il piano di protezione civile secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma 6 (650), della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

3.  L'ente di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui al comma 1 costituisce autorità espropriante per la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo.
L'ente di governo può delegare, in tutto o in parte, i propri poteri espropriativi al gestore del servizio idrico integrato, nell'ambito della convenzione di affidamento del servizio i cui estremi sono specificati in ogni atto del procedimento espropriativo.


(649) Articolo inserito dall’ art. 7, comma 1, lett. h), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(650) Il riferimento al presente comma è da intendere all’ art. 18, comma 3, D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 47, comma 1, lett. n), del medesimo D.Lgs. n. 1/2018.

 


TITOLO III

VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

ART. 159  (Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti) (651) (652)

In vigore dal 25 novembre 2006

[1.  Alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche istituito dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la denominazione di Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, di seguito denominata «Autorità», con il compito di assicurare l'osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto. (653)

2.  Sono organi dell'Autorità il presidente, il comitato esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni denominate «Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche» e «Sezione per la vigilanza sui rifiuti»; ciascuna sezione è composta dal presidente dell'Autorità, dal coordinatore di sezione e da cinque componenti per la «Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche» e da sei componenti per la «Sezione per la vigilanza sui rifiuti». Il comitato esecutivo è composto dal presidente dell'Autorità e dai coordinatori di sezione. Il consiglio dell'Autorità è composto da tredici membri e dal presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il presidente dell'Autorità e quattro componenti del consiglio, dei quali due con funzioni di coordinatore di sezione, sono nominati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, due su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, due su proposta del Ministro per la funzione pubblica, uno su proposta del Ministro delle attività produttive relativamente alla «Sezione per la vigilanza sui rifiuti», quattro su designazione della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Le proposte sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

3.  Il Presidente dell'Autorità è il legale rappresentante, presiede il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso si articola. Il comitato esecutivo è l'organo deliberante dell'Autorità e provvede ad assumere le relative decisioni sulla base dell'istruttoria e delle proposte formulate dal consiglio o dalle sue sezioni.

4.  L'organizzazione e il funzionamento, anche contabile, dell'Autorità sono disciplinati, in conformità alle disposizioni di cui alla parte terza e quarta del presente decreto, da un regolamento deliberato dal Consiglio dell'Autorità ed emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il procedimento di cui al comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

5.  I componenti dell'Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta competenza nel settore, durano in carica sette anni e non possono essere confermati. A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza attinente al settore di competenza dell'Autorità; essi non possono essere dipendenti di soggetti privati, né ricoprire incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico o, se professori universitari, in aspettativa, senza assegni, per l'intera durata del mandato. Per almeno due anni dalla cessazione dell'incarico i componenti dell'Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza.

6.  In fase di prima attuazione, e nel rispetto del principio dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica di cui all'articolo 1, comma 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, il Presidente ed i componenti del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di Presidente dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e di componenti della «Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche», tra i quali il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina il coordinatore. Analogamente, il Presidente ed i componenti dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di coordinatore e di componenti della «Sezione per la vigilanza sui rifiuti».

7.  L'Autorità si avvale di una segreteria tecnica, composta da esperti di elevata qualificazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dell'Autorità. Per essi valgono le incompatibilità di cui al comma 5 con le relative conseguenze previste. L'Autorità può richiedere ad altre amministrazioni pubbliche di avvalersi di loro prestazioni per funzioni di ispezione e di verifica. La dotazione organica della segreteria tecnica, cui è preposto un dirigente, e le spese di funzionamento sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica.

8.  I componenti dell'Autorità e della segreteria tecnica, nell'esercizio delle funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al segreto d'ufficio. Si applicano le norme in materia di pubblicità, partecipazione e accesso.

9.  Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri dell'Autorità e ai componenti della segreteria tecnica.

10.  Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione sono soggetti al controllo della Corte dei conti ed alle forme di pubblicità indicate nel regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione è dato avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

11.  L'Autorità definisce annualmente e con proiezione triennale i programmi di attività e le iniziative che intende porre in essere per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1, ed a garanzia degli interessi degli utenti, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

12.  L'Autorità è rappresentata in giudizio dall'Avvocatura dello Stato. ]


(651) Articolo abrogato dall'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, a decorrere dal 25 novembre 2006.

(652) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(653) Il provvedimento previsto dal presente comma è stato emanato con D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 


ART. 160  (Compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza) (654) (655)

In vigore dal 25 novembre 2006

[1.  Nell'esercizio delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1 dell'articolo 159, l'Autorità vigila sulle risorse idriche e sui rifiuti e controlla il rispetto della disciplina vigente a tutela delle risorse e della salvaguardia ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.

2.  L'Autorità in particolare:

a)  assicura l'osservanza dei principi e delle regole della concorrenza e della trasparenza nelle procedure di affidamento dei servizi;
b)  tutela e garantisce i diritti degli utenti e vigila sull'integrità delle reti e degli impianti;
c)  esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al comma 3;
d)  promuove e svolge studi e ricerche sull'evoluzione dei settori e dei rispettivi servizi, avvalendosi dell'Osservatorio di cui all'articolo 161;
e)  propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle convenzioni in base all'andamento del mercato e laddove siano resi necessari dalle esigenze degli utenti o dalle finalità di tutela e salvaguardia dell'ambiente;
f)  specifica i livelli generali di qualità riferiti ai servizi da prestare nel rispetto dei regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che disciplinano la materia;
g)  controlla che i gestori adottino una carta di servizio pubblico con indicazione di standard dei singoli servizi e ne verifica il rispetto;
h)  propone davanti al giudice amministrativo i ricorsi contro gli atti e provvedimenti ed eventualmente i comportamenti posti in essere in violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita l'azione in sede civile avverso gli stessi comportamenti, richiedendo anche il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente; denuncia all'autorità giudiziaria le violazioni perseguibili in sede penale delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; sollecita l'esercizio dell'azione di responsabilità per i danni erariali derivanti dalla violazione delle norme medesime;
i)  formula al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio proposte di revisione della disciplina vigente, segnalandone i casi di grave inosservanza e di non corretta applicazione;
l)  predispone ed invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale sull'attività svolta, con particolare riferimento allo stato e all'uso delle risorse idriche, all'andamento dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché all'utilizzo dei medesimi nella produzione di energia;
m)  definisce, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, i programmi di attività e le iniziative da porre in essere a garanzia degli interessi degli utenti, anche mediante la cooperazione con analoghi organi di garanzia eventualmente istituiti dalle regioni e dalle province autonome competenti;
n)  esercita le funzioni già di competenza dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dall'articolo 2 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
o)  può svolgere attività di consultazione nelle materie di propria competenza a favore delle Autorità d'ambito e delle pubbliche amministrazioni, previa adozione di apposito decreto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la disciplina delle modalità, anche contabili, e delle tariffe relative a tali attività.

3.  Nell'esercizio delle proprie competenze, l'Autorità:

a)  richiede informazioni e documentazioni ai gestori operanti nei settori idrico e dei rifiuti e a tutti i soggetti pubblici e privati tenuti all'applicazione delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita poteri di acquisizione, accesso ed ispezione alle documentazioni in conformità ad apposito regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
b)  irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a trentamila euro, ai soggetti che, senza giustificato motivo, rifiutano od omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti ai sensi della lettera a) o intralciano l'accesso o le ispezioni; irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a sessantamila euro ai soggetti che forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri; le stesse sanzioni sono irrogate nel caso di violazione degli obblighi di informazione all'Osservatorio di cui all'articolo 161;
c)  comunica, alle autorità competenti ad adottare i relativi provvedimenti, le violazioni, da parte dei gestori, delle Autorità d'ambito e dei consorzi di bonifica e di irrigazione, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto, in particolare quelle lesive della concorrenza, della tutela dell'ambiente, dei diritti degli utenti e dei legittimi usi delle acque; adotta i necessari provvedimenti temporanei ed urgenti, ordinatori ed inibitori, assicurando tuttavia la continuità dei servizi;
d)  può intervenire, su istanza dei gestori, in caso di omissioni o inadempimenti delle Autorità d'ambito.

4.  Il ricorso contro gli atti e i provvedimenti dell'Autorità spetta alla giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del TAR del Lazio. ]


(654) Articolo abrogato dall'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, a decorrere dal 25 novembre 2006.

(655) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 161  Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (656) (657) (662) (663) (664)

In vigore dal 13 settembre 2014

1.  La Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche di cui al decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 284, articolo 1, comma 5, è istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 141, comma 2 del presente decreto legislativo, con particolare riferimento alla regolare determinazione ed al regolare adeguamento delle tariffe, nonché alla tutela dell'interesse degli utenti.

2.  La Commissione è composta da cinque membri nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che durano in carica tre anni, due dei quali designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e tre, di cui uno con funzioni di presidente individuato con il medesimo decreto, scelti tra persone di elevata qualificazione giuridico-amministrativa o tecnico-scientifica, nel settore pubblico e privato, nel rispetto del principio dell’equilibrio di genere. Il presidente è scelto nell’ambito degli esperti con elevata qualificazione tecnico-scientifica. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare procede, con proprio decreto, alla nomina dei cinque componenti della Commissione, in modo da adeguare la composizione dell’organo alle prescrizioni di cui al presente comma. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di nomina dei nuovi componenti, lo svolgimento delle attività è garantito dai componenti in carica alla data di entrata in vigore della presente disposizione. (658)

3.  I componenti non possono essere dipendenti di soggetti di diritto privato operanti nel settore, né possono avere interessi diretti e indiretti nei medesimi; qualora siano dipendenti pubblici, essi sono collocati fuori ruolo o, se professori universitari, sono collocati in aspettativa per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri della Commissione. (659)

4.  La Commissione, nell'ambito delle attività previste all'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, in particolare:

a)  predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui all'articolo 154 e le modalità di revisione periodica, e lo trasmette al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
b)  verifica la corretta redazione del piano d'ambito, esprimendo osservazioni, rilievi e prescrizioni sugli elementi tecnici ed economici e sulla necessità di modificare le clausole contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra gli enti di governo dell'ambito (665) e i gestori in particolare quando ciò sia richiesto dalle ragionevoli esigenze degli utenti;
c)  predispone con delibera una o più convenzioni tipo di cui all'articolo 151, e la trasmette al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che la adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
d)  emana direttive per la trasparenza della contabilità delle gestioni e valuta i costi delle singole prestazioni;
e)  definisce i livelli minimi di qualità dei servizi da prestare, sentite le regioni, i gestori e le associazioni dei consumatori;
f)  controlla le modalità di erogazione dei servizi richiedendo informazioni e documentazioni ai gestori operanti nel settore idrico, anche al fine di individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionali dei servizi idrici;
g)  tutela e garantisce i diritti degli utenti emanando linee guida che indichino le misure idonee al fine di assicurare la parità di trattamento degli utenti, garantire la continuità della prestazione dei servizi e verificare periodicamente la qualità e l'efficacia delle prestazioni;
h)  predispone periodicamente rapporti relativi allo stato di organizzazione dei servizi al fine di consentire il confronto delle prestazioni dei gestori;
i)  esprime pareri in ordine a problemi specifici attinenti la qualità dei servizi e la tutela dei consumatori, su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni, degli enti locali, degli enti di governo dell'ambito (665), delle associazioni dei consumatori e di singoli utenti del servizio idrico integrato; per lo svolgimento delle funzioni di cui al presente comma la Commissione promuove studi e ricerche di settore;
l)  predispone annualmente una relazione al Parlamento sullo stato dei servizi idrici e sull'attività svolta.

5.  Per l'espletamento dei propri compiti e per lo svolgimento di funzioni ispettive, la Commissione si avvale della segreteria tecnica di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1, lettera o). Esso può richiedere di avvalersi, altresì, dell'attività ispettiva e di verifica dell'Osservatorio di cui al comma 6 e di altre amministrazioni.

6.  La Commissione svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi, in particolare, in materia di: (660)

a)  censimento dei soggetti gestori dei servizi idrici e relativi dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;
b)  convenzioni e condizioni generali di contratto per l'esercizio dei servizi idrici;
c)  modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;
d)  livelli di qualità dei servizi erogati;
e)  tariffe applicate;
f)  piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.

6-bis.  Le attività della Segreteria tecnica sono svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (661)

7.  I soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono entro il 31 dicembre di ogni anno all'Osservatorio, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i dati e le informazioni di cui al comma 6. L'Osservatorio ha, altresì, facoltà di acquisire direttamente le notizie relative ai servizi idrici ai fini della proposizione innanzi agli organi giurisdizionali competenti, da parte della Commissione, dell'azione avverso gli atti posti in essere in violazione del presente decreto legislativo, nonché dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e di risarcimento dei danni a tutela dei diritti dell'utente.

8.  L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate per la tutela degli interessi degli utenti.


(656) Articolo così sostituito dall'art. 2, comma 15, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(657) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche è soppresso e, conseguentemente, la denominazione «Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche» sostituisce la denominazione «Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche».

Per la successiva soppressione della suddetta Commissione, vedi l'art. 10, comma 26, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, e, successivamente, l'art. 21, comma 20, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

(658) Comma così sostituito dall'art. 9-bis, comma 6, lett. a), n. 1), D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

(659) Comma così modificato dall'art. 9-bis, comma 6, lett. a), n. 2), D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

(660) Alinea così modificato dall'art. 9-bis, comma 6, lett. a), n. 3), D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

(661) Comma così modificato dall'art. 9-bis, comma 6, lett. a), n. 4), D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

(662) Per la durata in carica degli organismi, di cui al presente articolo, vedi l'art. 9, comma 4, D.P.R. 3 agosto 2009, n. 140.

(663) Per l'abrogazione del presente articolo, vedi l'art. 10, comma 26, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, con i limiti ivi indicati.

(664) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(665) A norma dell’ art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, nella Parte III del presente provvedimento, ovunque ricorrenti, le parole «l'Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono state sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito».

 


ART. 162  (Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti) (668)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il gestore del servizio idrico integrato assicura l'informazione agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate.

2.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni e le province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine. (667)

3.  Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicità degli atti delle amministrazioni pubbliche. (666)


(666) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(667) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(668) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 163  (Gestione delle aree di salvaguardia) (669)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico esercitati.

2.  La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale all'altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.


(669) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 164  (Disciplina delle acque nelle aree protette) (670)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.

2.  Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.


(670) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 165  (Controlli) (671)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque e sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.

2.  Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.

3.  Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, si applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.


(671) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


TITOLO IV

USI PRODUTTIVI DELLE RISORSE IDRICHE

ART. 166  (Usi delle acque irrigue e di bonifica) (672)

In vigore dal 25 giugno 2014

1.  I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati al pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 3 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775. (674)

2.  I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.

3.  Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque e degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.

4.  Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.

4-bis.  Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentiti i competenti istituti di ricerca, definisce, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalità di verifica, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 112 del presente decreto e dalla relativa disciplina di attuazione e anche considerati gli standard di qualità, di cui al decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, nonché gli esiti delle indagini e delle attività effettuati ai sensi del medesimo decreto legislativo. Con il regolamento di cui al presente comma si provvede, altresì, alla verifica ed eventualmente alla modifica delle norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2003, n. 185. (673)


(672) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(673) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 6-sexies, D.L. 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 febbraio 2014, n. 6 e, successivamente, così modificato dall'art. 14, comma 8, lett. a), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(674) Vedi, anche, l'art. 3, comma 5-bis, D.L. 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 205.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 167  (Usi agricoli delle acque) (675)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.

2.  Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi provvedimenti.

3.  La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.

4.  La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

5.  L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purché non comprometta l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente decreto.


(675) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 168  (Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico) (677)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di bacino, nonché le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione: (676)

a)  la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;
b)  l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;
c)  la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.


(676) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(677) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 169  (Piani, studi e ricerche) (678)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.


(678) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


SEZIONE IV

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

(commento di giurisprudenza)

ART. 170  (Norme transitorie) (683)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

2.  Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti all'articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.

2-bis.  Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della eventuale revisione della relativa disciplina legislativa, le Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fino alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 3 dell'articolo 63 del presente decreto. (679)

3.  Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente decreto:

a)  fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e 5, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;
b)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;
c)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;
d)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;
e)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;
f)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
g)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
h)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;
i)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2, all'affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato nonché all'affidamento a società miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonché le circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 6 dicembre 2004; (682)
l)  fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.

4.  La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:

a)  direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b)  direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;
c)  direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d)  direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
e)  direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura;
f)  direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
g)  direttiva 82/ 176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
h)  direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;
i)  direttiva 84/ 156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
l)  direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;
m)  direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato della direttiva 76/464/CEE;
n)  direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;
o)  direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
p)  direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
q)  direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1;
r)  direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

5.  Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo 121.

6.  Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.

7.  Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

8.  Dall'attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.

9.  Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali di finanziamento è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all'attuazione della parte terza del presente decreto.

10.  Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.

11.  Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.

12.  All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36. (681)

[13.  All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sui rifiuti, pari ad unmilioneduecentoquarantamila euro, aggiornato annualmente in relazione al tasso d'inflazione, provvede il Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 con un contributo di pari importo a carico dei consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. (680) ]

14.  In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui all'articolo 112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.


(679) Comma inserito dall'art. 1, comma 3, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, a decorrere dal 25 novembre 2006, sostituito dall'art. 1, comma 1, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13, e, successivamente, così modificato dall’ art. 51, comma 9, L. 28 dicembre 2015, n. 221. Vedi, anche, l'art. 1, comma 4, del citato D.Lgs. n. 284 del 2006. Inoltre, per gli atti posti in essere dal 30 aprile 2006 dall'Autorità di bacino, vedi il comma 2 del medesimo art. 1, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208.

(680) Comma soppresso dall'art. 2, comma 29-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(681) Comma così modificato dall'art. 9-bis, comma 6, lett. b), D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

(682) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(683) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 171  (Canoni per le utenze di acqua pubblica) (684)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Nelle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all'articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a decorrere dal 1° gennaio 2002, i seguenti canoni annui:

a)  per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro, ridotte alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;
b)  per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;
c)  per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;
d)  per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo 1.750,00 euro. II canone è ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, non si applicano per l'uso industriale;
e)  per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l'irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;
f)  per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;
g)  per ogni modulo di acqua assentita ad uso igienico ed assimilati, concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.

2.  Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.


(684) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 172  (Gestioni esistenti) (685) (686)

In vigore dal 12 novembre 2014

1.  Gli enti di governo degli ambiti che non abbiano già provveduto alla redazione del Piano d'Ambito di cui all'articolo 149, ovvero non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento, sono tenuti, entro il termine perentorio del 30 settembre 2015, ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l'affidamento del servizio al gestore unico con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplina pro tempore vigente. (687)

2.  Al fine di garantire il rispetto del principio di unicità della gestione all'interno dell'ambito territoriale ottimale, il gestore del servizio idrico integrato subentra, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, agli ulteriori soggetti operanti all'interno del medesimo ambito territoriale. Qualora detti soggetti gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege, il gestore del servizio idrico integrato subentra alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. (687)

3.  In sede di prima applicazione, al fine di garantire il conseguimento del principio di unicità della gestione all'interno dell'ambito territoriale ottimale, l'ente di governo dell'ambito, nel rispetto della normativa vigente e fuori dai casi di cui al comma 1, dispone l'affidamento al gestore unico di ambito ai sensi dell'articolo 149-bis alla scadenza di una o più gestioni esistenti nell'ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, il cui bacino complessivo affidato sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell'ambito territoriale ottimale di riferimento. Il gestore unico così individuato subentra agli ulteriori soggetti che gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. Al fine di addivenire, nel più breve tempo possibile, all'affidamento del servizio al gestore unico di ambito, nelle more del raggiungimento della percentuale di cui al primo periodo, l'ente competente, nel rispetto della normativa vigente, alla scadenza delle gestioni esistenti nell'ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, i cui bacini affidati siano complessivamente inferiori al 25 per cento della popolazione ricadente nell'ambito territoriale ottimale di riferimento, dispone l'affidamento del relativo servizio per una durata in ogni caso non superiore a quella necessaria al raggiungimento di detta soglia, ovvero per una durata non superiore alla durata residua delle menzionate gestioni esistenti, la cui scadenza sia cronologicamente antecedente alle altre, ed il cui bacino affidato, sommato a quello delle gestioni oggetto di affidamento, sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell'ambito territoriale ottimale di riferimento. (687)

3-bis.  Entro il 31 dicembre 2014 e, negli anni successivi, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico presenta alle Camere una relazione sul rispetto delle prescrizioni stabilite dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in particolare:

a)  a carico delle regioni, per la costituzione degli enti di governo dell'ambito;
b)  a carico degli enti di governo dell'ambito, per l'affidamento del servizio idrico integrato;
c)  a carico degli enti locali, in relazione alla partecipazione agli enti di governo dell'ambito e in merito all'affidamento in concessione d'uso gratuito delle infrastrutture del servizio idrico integrato ai gestori affidatari del servizio. (689)

4.  Qualora l'ente di governo dell'ambito non provveda nei termini stabiliti agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3 o, comunque, agli ulteriori adempimenti previsti dalla legge, il Presidente della regione esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali e avviando entro trenta giorni le procedure di affidamento. In tali ipotesi, i costi di funzionamento dell'ente di governo riconosciuti in tariffa sono posti pari a zero per tutta la durata temporale dell'esercizio dei poteri sostitutivi. Qualora il Presidente della regione non provveda nei termini così stabiliti, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, entro i successivi trenta giorni, segnala l'inadempienza al Presidente del Consiglio dei Ministri che nomina un commissario ad acta, le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente. La violazione della presente disposizione comporta responsabilità erariale. (687)

5.  Alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione. (687)

6.  Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell'unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni, le province e gli enti interessati. (688)


(685) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che subentra nelle competenze già attribuite all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ai sensi degli articoli 99, 101, 146, 148, 149, 152, 154, 172 e 174 del presente provvedimento.

(686) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

(687) Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 1, lett. i), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, che ha sostituito gli originari commi da 1 a 5 con gli attuali commi 1, 2, 3, 3-bis, 4 e 5.

(688) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(689) Comma inserito dall’ art. 7, comma 1, lett. i), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, che ha sostituito gli originari commi da 1 a 5 con gli attuali commi 1, 2, 3, 3-bis, 4 e 5.

 


ART. 173  (Personale) (690)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.


(690) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 174  (Disposizioni di attuazione e di esecuzione) (692) (694)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Sino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994. (693)

2.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, nell'ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno specifico programma per il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva 91/271/CEE, attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 152 negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva. (691) (693)


(691) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(692) A norma dell'art. 9-bis, comma 6, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, è istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che subentra nelle competenze già attribuite all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ai sensi degli articoli 99, 101, 146, 148, 149, 152, 154, 172 e 174 del presente provvedimento.

(693) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(694) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 175  (Abrogazione di norme) (695)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:

c)  la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
e)  la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
g)  la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;
h)  gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;
m)  gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;
t)  l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;
u)  la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo 22, comma 6;
v)  l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
z)  la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;


(695) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


ART. 176  (Norma finale) (696)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.

2.  Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

3.  Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.


(696) Ad integrazione di quanto disposto nella parte terza, comprendente gli articoli da 53 a 176, vedi il D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e il D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 


PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

TITOLO I

GESTIONE DEI RIFIUTI

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

ART. 177  (Campo di applicazione e finalità) (697)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE, così come modificata dalla direttiva (UE) 2018/851 prevedendo misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana, evitando o riducendo la produzione di rifiuti, gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia e l'efficienza che costituiscono elementi fondamentali per il passaggio a un'economia circolare e per assicurare la competitività a lungo termine dell'Unione. (698)

2.  La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse.

3.  Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.

4.  I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

a)  senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;
b)  senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c)  senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.

5.  Per conseguire le finalità e gli obiettivi di cui ai commi da 1 a 4, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati.

6.  I soggetti di cui al comma 5 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.

7.  Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

8.  Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi del supporto tecnico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


(697) Articolo modificato dall'art. 2, comma 16, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituito dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(698) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 1, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 178  (Principi) (699)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto del principio di concorrenza nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali. (700)


(699) Articolo modificato dall'art. 2, comma 16-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituito dall'art. 2, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(700) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 2, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 178-bis  (Responsabilità estesa del produttore) (701)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Al fine di rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti, con uno o più decreti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, sono istituiti, anche su istanza di parte, regimi di responsabilità estesa del produttore. Con il medesimo decreto sono definiti, per singolo regime di responsabilità estesa del produttore, i requisiti, nel rispetto dell'articolo 178-ter, e sono altresì determinate le misure che includono l'accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo l'utilizzo di tali prodotti e la successiva gestione dei rifiuti, la responsabilità finanziaria per tali attività nonché misure volte ad assicurare che qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto) sia soggetto ad una responsabilità estesa del produttore. Sono fatte salve le discipline di responsabilità estesa del produttore di cui agli articoli 217 e seguenti del presente decreto.

2.  La responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatta salva la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all'articolo 188, comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici.

3.  I regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti con i decreti di cui al comma 1 prevedono misure appropriate per incoraggiare una progettazione dei prodotti e dei loro componenti volta a ridurne gli impatti ambientali e la produzione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti e tesa ad assicurare che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano secondo i criteri di priorità di cui all'articolo 179 e nel rispetto del comma 4 dell'articolo 177. Tali misure incoraggiano, tra l'altro, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti e componenti dei prodotti adatti all'uso multiplo, contenenti materiali riciclati, tecnicamente durevoli e facilmente riparabili e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti a essere preparati per il riutilizzo e riciclati per favorire la corretta attuazione della gerarchia dei rifiuti. Le misure tengono conto dell'impatto dell'intero ciclo di vita dei prodotti, della gerarchia dei rifiuti e, se del caso, della potenzialità di riciclaggio multiplo.

4.  I decreti di cui al comma 1:

a)  tengono conto della fattibilità tecnica e della praticabilità economica nonché degli impatti complessivi sanitari, ambientali e sociali, rispettando l'esigenza di assicurare il corretto funzionamento del mercato interno;
b)  disciplinano le eventuali modalità di riutilizzo dei prodotti nonché di gestione dei rifiuti che ne derivano ed includono l'obbligo di mettere a disposizione del pubblico le informazioni relative alla modalità di riutilizzo e riciclo;
c)   prevedono specifici obblighi per gli aderenti al sistema.

5.  Nelle materie di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, i regimi di responsabilità estesa del produttore sono istituiti e disciplinati, ai sensi del comma 1, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata.


(701) Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 1, comma 3, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 178-ter  (Requisiti generali minimi in materia di responsabilità estesa del produttore) (702)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  I regimi di responsabilità estesa del produttore rispettano i seguenti requisiti:

a)  definizione dei ruoli e delle responsabilità di tutti i pertinenti attori coinvolti nelle diverse filiere di riferimento, compresi i produttori che immettono prodotti sul mercato nazionale, le organizzazioni che attuano, per conto dei produttori di prodotti, gli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa di questi ultimi, i gestori pubblici o privati di rifiuti, le autorità locali e, ove applicabile, gli operatori per il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo e le imprese dell'economia sociale;
b)  definizione in linea con la gerarchia dei rifiuti degli obiettivi di gestione dei rifiuti, volti a conseguire almeno gli obiettivi quantitativi rilevanti per il regime di responsabilità estesa del produttore e per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente decreto ed alle direttive 94/62/CE, 2000/53/CE, 2006/66/CE e 2012/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, e definiscono, ove opportuno, altri obiettivi quantitativi e/o qualitativi considerati rilevanti per il regime di responsabilità estesa del produttore;
c)  adozione di un sistema di comunicazione delle informazioni relative ai prodotti immessi sul mercato e dei dati sulla raccolta e sul trattamento di rifiuti risultanti da tali prodotti, specificando i flussi dei materiali di rifiuto e di altri dati pertinenti ai fini della lettera b), da parte dei produttori, tramite il Registro di cui al comma 8;
d)  adempimento degli oneri amministrativi a carico dei produttori e importatori di prodotti, nel rispetto del principio di equità e proporzionalità in relazione alla quota di mercato e indipendentemente dalla loro provenienza;
e)   assicurazione che i produttori del prodotto garantiscano la corretta informazione agli utilizzatori del loro prodotto e ai detentori di rifiuti interessati dai regimi di responsabilità estesa del produttorecirca le misure di prevenzione dei rifiuti, i centri per il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo, i sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti e la prevenzione della dispersione dei rifiuti nonché le misure per incentivare i detentori di rifiuti a conferire i rifiuti ai sistemi esistenti di raccolta differenziata, in particolare, se del caso, mediante incentivi economici.

2.  I regimi di responsabilità estesa assicurano:

a)   una copertura geografica della rete di raccolta dei rifiuti corrispondente alla copertura geografica della distribuzione dei prodotti, senza limitare la raccolta alle aree in cui la raccolta stessa e gestione dei rifiuti sono più proficue e fornendo un'adeguata disponibilità dei sistemi di raccolta dei rifiuti anche nelle zone più svantaggiate;
b)  idonei mezzi finanziari o mezzi finanziari e organizzativi per soddisfare gli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore;
c)   meccanismi adeguati di autosorveglianza supportati da regolari verifiche indipendenti, e inviate al soggetto di cui al comma 4, per valutare:
1.  la loro gestione finanziaria, compreso il rispetto degli obblighi di cui al comma 3, lettere a) e b);
2.  la qualità dei dati raccolti e comunicati in conformità del comma 1, lettera c) e delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1013/2006;
d)  pubblicità delle informazioni sul conseguimento degli obiettivi di gestione dei rifiuti di cui al comma 1, lettera b), e, nel caso di adempimento collettivo degli obblighi in materia di responsabilità estesa del produttore, informazioni altresì su:
1.   proprietà e membri;
2.   contributi finanziari versati da produttori di prodotti per unità venduta o per tonnellata di prodotto immessa sul mercato;
3.  procedura di selezione dei gestori di rifiuti.

3.  I produttori, in adempimento ai propri obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore, versano un contributo finanziario affinché lo stesso:

a)  copra i seguenti costi per i prodotti che il produttore immette sul mercato nazionale:
1)   costi della raccolta differenziata di rifiuti e del loro successivo trasporto;
2)  costi della cernita e del trattamento necessario per raggiungere gli obiettivi dell'Unione in materia di gestione dei rifiuti tenendo conto degli introiti ricavati dal riutilizzo, dalla vendita dei rifiuti derivanti dai propri prodotti, dalla vendita delle materie prime secondarie ottenute dai propri prodotti e da cauzioni di deposito non reclamate;
3)  costi necessari a raggiungere altri traguardi e obiettivi di cui al comma 1, lettera b);
4)  costi di una congrua informazione agli utilizzatori dei prodotti e ai detentori di rifiuti a norma del comma 1, lettera e);
5)   costi della raccolta e della comunicazione dei dati a norma del comma 1, lettera c);
b)   nel caso di adempimento collettivo degli obblighi in materia di responsabilità estesa del produttore, sia modulato, ove possibile, per singoli prodotti o gruppi di prodotti simili, in particolare tenendo conto della loro durevolezza, riparabilità, riutilizzabilità e riciclabilità e della presenza di sostanze pericolose, adottando in tal modo un approccio basato sul ciclo di vita e in linea con gli obblighi fissati dalla pertinente normativa dell'Unione e, se del caso, sulla base di criteri armonizzati al fine di garantire il buon funzionamento del mercato interno;
c)   non superi i costi che sono necessari per fornire servizi di gestione dei rifiuti in modo efficiente in termini di costi. Tali costi sono stabiliti, sentita l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), in modo trasparente tra i soggetti interessati.

4.   La lettera a) di cui al comma 3 non si applica ai regimi di responsabilità estesa del produttore di cui alle direttive 2000/53/CE, 2006/66/CE e 2012/19/UE. Il principio della copertura finanziaria dei costi, così come declinato alla lettera a) del comma 3 può essere derogato, previa autorizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ove ricorra la necessità di garantire la corretta gestione dei rifiuti e la sostenibilità economica del regime di responsabilità estesa, a condizione che:

a)   nel caso di regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti con direttive europee, per raggiungere gli obiettivi in materia di gestione dei rifiuti, i produttori di prodotti sostengano almeno l'80 per cento dei costi necessari;
b)   nel caso di regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti dopo il 4 luglio 2018 per raggiungere gli obiettivi in materia di gestione dei rifiuti, i produttori di prodotti sostengano almeno l'80 per cento dei costi necessari;
c)   nel caso di regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti prima del 4 luglio 2018 per raggiungere gli obiettivi in materia di gestione dei rifiuti, i produttori sostengano almeno il 50 per cento dei costi necessari;
d)   e a condizione che i rimanenti costi siano sostenuti da produttori originali di rifiuti o distributori.

5.   La deroga non può essere utilizzata per ridurre la quota dei costi sostenuti dai produttori di prodotti nell'ambito dei regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti prima del 4 luglio 2018.

6.   Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita la funzione di vigilanza e controllo sul rispetto degli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore e, in particolare:

a)  raccoglie in formato elettronico i dati di cui al comma 9 nel Registro nazionale di cui al comma 8 e ne verifica la correttezza e la provenienza;
b)  analizza i bilanci di esercizio ed effettua analisi comparative tra i diversi sistemi collettivi evidenziando eventuali anomalie;
c)  analizza la determinazione del contributo ambientale di cui al comma 3;
d)  controlla che vengano raggiunti gli obbiettivi previsti negli accordi di programma stipulati dai sistemi di gestione volti a favorire la prevenzione, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti e ne monitora l'attuazione;
e)   verifica la corretta attuazione delle previsioni del presente articolo per ciascun sistema istituito e per tutti i soggetti responsabili.

7.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono definite le modalità di vigilanza e controllo di cui al comma 6.

8.   Al fine dello svolgimento della funzione di vigilanza e controllo di cui al comma 6, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito il Registro nazionale dei produttori al quale i soggetti sottoposti ad un regime di responsabilità estesa del produttore sono tenuti ad iscriversi secondo le modalità definite con il decreto di cui al comma 7; in caso di produttori con sede legale in altro Stato Membro dell'Unione che immettono prodotti sul territorio nazionale, ai fini di adempiere agli obblighi derivanti dall'istituzione di un regime di responsabilità estesa, questi designano una persona giuridica o fisica stabilita sul territorio nazionale quale rappresentante autorizzato per l'adempimento degli obblighi e l'iscrizione al Registro.

9.   I soggetti di cui al comma 8 trasmettono al Registro, secondo le modalità stabilite con il decreto di cui al comma 7: i dati relativi all'immesso sul mercato nazionale dei propri prodotti e le modalità con cui intendono adempiere ai propri obblighi; i sistemi attraverso i quali i produttori adempiono ai propri obblighi, in forma individuale e associata, con statuto e annessa documentazione relativa al proprio progetto; entro il 31 ottobre di ogni anno il bilancio in caso di sistemi collettivi, il rendiconto dell'attività di gestione in caso di sistemi individuali; entro il 31 ottobre di ogni anno una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente contenente gli obiettivi raggiunti ovvero le ragioni che, eventualmente, impediscono il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclo previsti e le relative soluzioni, le modalità di raccolta e di trattamento implementate, le voci di costo relative alle diverse operazioni di gestione, inclusa la prevenzione, i ricavi dalla commercializzazione dei materiali e dal riutilizzo e le entrate da contributo ambientale; entro il 31 ottobre di ogni anno un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno successivo; entro il 31 ottobre di ogni anno l'entità del contributo ambientale per l'anno successivo dettagliando le voci di costo che lo compongono.


(702) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 4, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 179  (Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti) (703)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:

a)  prevenzione;
b)  preparazione per il riutilizzo;
c)  riciclaggio;
d)  recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
e)  smaltimento.

2.  La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.

3.  Con riferimento a flussi di rifiuti specifici è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall’ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia previsto nella pianificazione nazionale e regionale e consentito dall'autorità che rilascia l'autorizzazione ai sensi del Titolo III-bis della Parte II o del Titolo I, Capo IV, della Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse. (704)

4.  Con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, possono essere individuate, con riferimento a flussi di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell’ambiente. (705)

[5.  Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:

a)  la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;
b)  la promozione della messa a punto tecnica e dell'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
c)  la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;
d)  la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
e)  l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in generale, l'impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia. (706)
]

[6.  Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia. (706) ]

[7.  Le pubbliche amministrazioni promuovono l’analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite mediante linee guida dall’ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di informazioni anche ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l’uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie. (706) ]

[8.  Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. (706) ]


(703) Articolo modificato dall'art. 2, comma 17, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituito dall'art. 4, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(704) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 5, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(705) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 5, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(706) Comma abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 180  (Prevenzione della produzione di rifiuti) (707)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione della produzione dei rifiuti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, adotta il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti. Il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti fissa idonei indicatori e obiettivi qualitativi e quantitativi per la valutazione dell'attuazione delle misure di prevenzione dei rifiuti in esso stabilite.

2.  Fatte salve le misure già in essere, il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti comprende misure che:

a)  promuovono e sostengono modelli di produzione e consumo sostenibili;
b)  incoraggiano la progettazione, la fabbricazione e l'uso di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse, durevoli, anche in termini di durata di vita e di assenza di obsolescenza programmata, scomponibili, riparabili, riutilizzabili e aggiornabili nonché l'utilizzo di materiali ottenuti dai rifiuti nella loro produzione;
c)  riguardano prodotti che contengono materie prime critiche onde evitare che tali materie diventino rifiuti;
d)  incoraggiano il riutilizzo di prodotti e la creazione di sistemi che promuovono attività di riparazione e di riutilizzo, in particolare per le apparecchiature elettriche ed elettroniche, i tessili e i mobili, nonché imballaggi e materiali e prodotti da costruzione;
e)  incoraggiano, se del caso e fatti salvi i diritti di proprietà intellettuale, la disponibilità di pezzi di ricambio, i manuali di istruzioni e di manutenzione, le informazioni tecniche o altri strumenti, attrezzature o software che consentano la riparazione e il riutilizzo dei prodotti senza comprometterne la qualità e la sicurezza;
f)  riducono la produzione di rifiuti nei processi inerenti alla produzione industriale, all'estrazione di minerali, all'industria manifatturiera, alla costruzione e alla demolizione, tenendo in considerazione le migliori tecniche disponibili;
g)  riducono la produzione di rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella fabbricazione, nella vendita e in altre forme di distribuzione degli alimenti, nei ristoranti e nei servizi di ristorazione, nonché nei nuclei domestici come contributo all'obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite di ridurre del 50 per cento i rifiuti alimentari globali pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumatori e di ridurre le perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento entro il 2030. Il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti comprende una specifica sezione dedicata al Programma di prevenzione dei rifiuti alimentari che favorisce l'impiego degli strumenti e delle misure finalizzate alla riduzione degli sprechi secondo le disposizioni di cui alla legge 19 agosto 2016, n. 166;
h)  incoraggiano la donazione di alimenti e altre forme di ridistribuzione per il consumo umano, dando priorità all'utilizzo umano rispetto ai mangimi e al ritrattamento per ottenere prodotti non alimentari;
i)  promuovono la riduzione del contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti, fatti salvi i requisiti giuridici armonizzati relativi a tali materiali e prodotti stabiliti a livello dell'Unione;
l)  riducono la produzione di rifiuti, in particolare dei rifiuti che non sono adatti alla preparazione per il riutilizzo o al riciclaggio;
m)  identificano i prodotti che sono le principali fonti della dispersione di rifiuti, in particolare negli ambienti terrestri e acquatici, e adottano le misure adeguate per prevenire e ridurre la dispersione di rifiuti da tali prodotti;
n)  mirano a porre fine alla dispersione di rifiuti in ambiente acquatico come contributo all'obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per prevenire e ridurre in modo significativo l'inquinamento acquatico di ogni tipo;
o)  sviluppano e supportano campagne di informazione per sensibilizzare alla riduzione della produzione dei rifiuti e alla prevenzione della loro dispersione.

3.  A decorrere dal 5 gennaio 2021, ogni fornitore di un articolo, quale definito al punto 33 dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, trasmette le informazioni di cui all'articolo 33, paragrafo 1, del suddetto regolamento all'Agenzia europea per le sostanze chimiche tramite il format e la modalità di trasmissione stabiliti dalla medesima Agenzia ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/CE. L'attività di controllo è esercitata in linea con gli accordi Stato-regioni in materia. Con successivo decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero della salute, sono stabilite le modalità di analisi dei dati trasmessi dai fornitori di articoli.

4.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare controlla e valuta l'attuazione delle misure di prevenzione di cui al comma 2.

5.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base della metodologia stabilita ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 7, della direttiva 2008/98/CE, valuta l'attuazione delle misure sul riutilizzo.

6.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali controllano e valutano l'attuazione delle misure di prevenzione dei rifiuti alimentari, misurando i livelli di rifiuti alimentari sulla base della metodologia stabilita ai sensi dell'articolo 9, paragrafi 5 e 8, della direttiva 2008/98/CE.


(707) Articolo modificato dall'art. 5, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, dall'art. 1, comma 3-bis, lett. a e b), D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 28, e dall’ art. 38, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 6, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 180-bis  (Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti) (708) (710)

In vigore dal 26 settembre 2020

[1.  Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell’esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere anche in:

a)  uso di strumenti economici;
b)  misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo;
c)  adozione, nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, di idonei criteri, ai sensi dell’ articolo 83, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e previsione delle condizioni di cui agli articoli 68, comma 3, lettera b), e 69 del medesimo decreto; a tale fine il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i decreti attuativi di cui all’ articolo 2 del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 11 aprile 2008, pubblicato nella G.U. n. 107 dell'8 maggio 2008;
d)  definizione di obiettivi quantitativi;
e)  misure educative;
f)  promozione di accordi di programma.

1-bis.  Ai fini di cui al comma 1, i comuni possono individuare anche appositi spazi, presso i centri di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera mm), per l'esposizione temporanea, finalizzata allo scambio tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Nei centri di raccolta possono altresì essere individuate apposite aree adibite al deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti destinati alla preparazione per il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei centri di raccolta possono anche essere individuati spazi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con l'obiettivo di consentire la raccolta di beni da destinare al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli operatori professionali dell'usato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di igiene urbana. (709)

2.  Con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l’introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto. Con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo.

3.  Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. ]


(708) Articolo inserito dall'art. 6, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(709) Comma inserito dall’ art. 66, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(710) Articolo abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 181  (Preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti) (711)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Nell'ambito delle rispettive competenze, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le Regioni, gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, o, laddove questi non siano stati costituiti, i Comuni, adottano modalità autorizzative semplificate nonché le misure necessarie, comprese quelle relative alla realizzazione della raccolta differenziata, per promuovere la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, il riciclaggio o altre operazioni di recupero, in particolare incoraggiando lo sviluppo di reti di operatori per facilitare le operazioni di preparazione per il riutilizzo e riparazione, agevolando, ove compatibile con la corretta gestione dei rifiuti, il loro accesso ai rifiuti adatti allo scopo, detenuti dai sistemi o dalle infrastrutture di raccolta, sempre che tali operazioni non siano svolte da parte degli stessi sistemi o infrastrutture.

2.  I regimi di responsabilità estesa del produttore adottano le misure necessarie per garantire la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di rispettiva competenza.

3.  Ove necessario per ottemperare al comma 1 e per facilitare o migliorare il recupero, gli operatori e gli enti competenti adottano le misure necessarie, prima o durante il recupero, laddove tecnicamente possibile, per eliminare le sostanze pericolose, le miscele e i componenti dai rifiuti pericolosi in vista della loro gestione conformemente alla gerarchia dei rifiuti ed alla tutela della salute umana e dell'ambiente.

4.  Al fine di rispettare le finalità del presente decreto e procedere verso un'economia circolare con un alto livello di efficienza delle risorse, le autorità competenti adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

a)  entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50 per cento in termini di peso;
b)  entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di riempimento che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 per cento in termini di peso;
c)  entro il 2025, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 55 per cento in peso;
d)  entro il 2030, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 60 per cento in peso;
e)  entro il 2035, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 65 per cento in peso.

5.  Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell'Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando, anche con strumenti economici, il principio di prossimità agli impianti di recupero.

6.  Gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale ovvero i Comuni possono individuare appositi spazi, presso i centri di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera mm), per l'esposizione temporanea, finalizzata allo scambio tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Nei centri di raccolta possono altresì essere individuate apposite aree adibite al deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti destinati alla preparazione per il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei centri di raccolta possono anche essere individuati spazi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con l'obiettivo di consentire la raccolta di beni da destinare al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli operatori professionali dell'usato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di igiene urbana.


(711) Articolo sostituito dall'art. 2, comma 18, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Successivamente, il presente articolo è stato sostituito dall'art. 7, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205. Infine, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 7, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 181-bis  (Materie, sostanze e prodotti secondari) (712) (713)

In vigore dal 25 dicembre 2010

[1.  Non rientrano nella definizione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), le materie, le sostanze e i prodotti secondari definiti dal decreto ministeriale di cui al comma 2, nel rispetto dei seguenti criteri, requisiti e condizioni:

a)  siano prodotti da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti;
b)  siano individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre;
c)  siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producono, con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse;
d)  siano precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto secondario;
e)  abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato.

2.  I metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenere materie, sostanze e prodotti secondari devono garantire l'ottenimento di materiali con caratteristiche fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro il 31 dicembre 2008. (714)

3.  Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 2 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.

4.  Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 181-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, comma 2, continua ad applicarsi la circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n. 3402/V/MIN.

5.  In caso di mancata adozione del decreto di cui al comma 2 nel termine previsto, il Consiglio dei Ministri provvede in sostituzione nei successivi novanta giorni, ferma restando l'applicazione del regime transitorio di cui al comma 4 del presente articolo. ]


(712) Articolo abrogato dall'art. 39, comma 3, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(713) Articolo inserito dall'art. 2, comma 18-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(714) Vedi, anche, l'art. 9-bis, D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210.

 


ART. 182  (Smaltimento dei rifiuti)

In vigore dal 12 novembre 2014

1.  Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.

2.  I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attività di riciclaggio o di recupero. (718)

3.  È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. (719)

3-bis.  Il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della regione ritiene necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori del territorio della regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamità naturali per le quali è dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225. (722)

4.  Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico. (717)

5.  Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE. (717)

6.  Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall'articolo 107, comma 3. (716)

6-bis.  Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10). (721)

[7.  Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE. (723) (720) ]

[8.  È ammesso lo smaltimento della frazione biodegradabile ottenuta da trattamento di separazione fisica della frazione residua dei rifiuti solidi urbani nell'ambito degli impianti di depurazione delle acque reflue previa verifica tecnica degli impianti da parte dell'ente gestore. (715) ]


(715) Comma abrogato dall'art. 2, comma 19, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 dicembre 2008, n. 210.

(716) Il presente comma era stato abrogato dall'art. 2, comma 19, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. L'abrogazione non è più prevista nella nuova formulazione del suddetto comma 19 dopo la sua sostituzione ai sensi dell'art. 9-quater, comma 3, D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 dicembre 2008, n. 210.

(717) Comma così sostituito dall'art. 8, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(718) Comma così modificato dall'art. 8, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(719) Comma così sostituito dall'art. 8, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(720) Comma abrogato dall'art. 8, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(721) Comma inserito dall’ art. 14, comma 8, lett. b), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(722) Comma inserito dall’ art. 35, comma 11, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(723) In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi l'art. 9, comma 8, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

 


ART. 182-bis  (Principi di autosufficienza e prossimità) (724)

In vigore dal 25 dicembre 2010

1.  Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:

a)  realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
b)  permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c)  utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

2.  Sulla base di una motivata richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può essere limitato l’ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che l’ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza la necessità di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti. Può essere altresì limitato, con le modalità di cui al periodo precedente, l’invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006.

3.  I provvedimenti di cui al comma 2 sono notificati alla Commissione europea.


(724) Articolo inserito dall'art. 9, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

 


ART. 182-ter  (Rifiuti organici) (725)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano favoriscono, nell'ambito delle risorse previste a legislazione vigente, il riciclaggio, ivi compresi il compostaggio e la digestione dei rifiuti organici, in modo da rispettare un elevato livello di protezione dell'ambiente e che dia luogo ad un prodotto in uscita che soddisfi pertinenti standard di elevata qualità. L'utilizzo in agricoltura è consentito per i soli prodotti in uscita conformi alla normativa vigente sui fertilizzanti.

2.  Al fine di incrementarne il riciclaggio, entro il 31 dicembre 2021, i rifiuti organici sono differenziati e riciclati alla fonte, anche mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione, oppure raccolti in modo differenziato, con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002, senza miscelarli con altri tipi di rifiuti.

3.  Le attività di compostaggio sul luogo di produzione comprendono oltre all'autocompostaggio anche il compostaggio di comunità realizzato secondo i criteri operativi e le procedure autorizzative da stabilirsi con decreto del Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro della salute.

4.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, gli Enti di governo dell'ambito ed i Comuni, secondo le rispettive competenze, promuovono le attività di compostaggio sul luogo di produzione, anche attraverso gli strumenti di pianificazione di cui all'articolo 199 e la pianificazione urbanistica.

5.  Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano promuovono la produzione e l'utilizzo di materiali ottenuti dal riciclaggio di rifiuti organici.

6.  I rifiuti anche di imballaggi, aventi analoghe proprietà di biodegradabilità e compostabilità rispetto ai rifiuti organici sono raccolti e riciclati assieme a questi ultimi, laddove:

a)  siano certificati conformi, da organismi accreditati, allo standard europeo EN 13432 per gli imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione, o allo standard europeo EN14995 per gli altri manufatti diversi dagli imballaggi;
b)  siano opportunamente etichettati e riportino, oltre alla menzione della conformità ai predetti standard europei, elementi identificativi del produttore e del certificatore nonché idonee istruzioni per i consumatori di conferimento di tali rifiuti nel circuito di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti organici;
c)  entro il 31 dicembre 2023 siano tracciati in maniera tale da poter essere distinti e separati dalle plastiche convenzionali nei comuni impianti di selezione dei rifiuti e negli impianti di riciclo organico.

7.  Entro un anno dall'entrata in vigore della presente disposizione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare stabilisce livelli di qualità per la raccolta differenziata dei rifiuti organici e individua precisi criteri da applicare ai controlli di qualità delle raccolte nonché degli impianti di riciclaggio di predetti rifiuti.


(725) Articolo inserito dall'art. 9, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 1, comma 8, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 183  (Definizioni) (726)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:

a)  «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi;
b)  «rifiuto pericoloso»: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto;
b-bis)   «rifiuto non pericoloso»: rifiuto non contemplato dalla lettera b); (734)
b-ter)   «rifiuti urbani»:
1.   i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;
2.  i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies;
3.   i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;
4.  i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;
5.  i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d'erba e potature di alberi, nonché i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;
6.   i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5; (735)
b-quater)  «rifiuti da costruzione e demolizione» i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione; (734)
b-quinquies)   la definizione di rifiuti urbani di cui alla lettera b-ter) rileva ai fini degli obiettivi di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio nonché delle relative norme di calcolo e non pregiudica la ripartizione delle responsabilità in materia di gestione dei rifiuti tra gli attori pubblici e privati; (734)
b-sexies)  i rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione; (734)
c)  «oli usati»: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici;
d)  «rifiuti organici»: rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, uffici, attività all'ingrosso, mense, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti equiparabili prodotti dagli impianti dell'industria alimentare; (736)
d-bis)  «rifiuti alimentari»: tutti gli alimenti di cui all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio che sono diventati rifiuti; (737)
e)  «autocompostaggio»: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche e non domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto; (732)
f)  «produttore di rifiuti»: il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore); (728)
g)  «produttore del prodotto»: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti;
g-bis)  «regime di responsabilità estesa del produttore»: le misure volte ad assicurare che ai produttori di prodotti spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto; (738)
h)  «detentore»: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;
i)  «commerciante»: qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente, al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;
l)  «intermediario»: qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti;
m)  «prevenzione»: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono:
1)  la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita;
2)  gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana;
3)  il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;
n)  «gestione dei rifiuti»: la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari. Non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, selezione e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati; (729)
o)  «raccolta»: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito preliminare alla raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera «mm», ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento; (731)
p)  «raccolta differenziata»: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;
q)  «preparazione per il riutilizzo»: le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;
r)  «riutilizzo»: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
s)  «trattamento»: operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;
t)  «recupero»: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale. L'allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;
t-bis)  «recupero di materia»: qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia. Esso comprende, tra l'altro la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento; (739)
u)  «riciclaggio»: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;
u-bis)  «riempimento»: qualsiasi operazione di recupero in cui rifiuti non pericolosi idonei ai sensi della normativa UNI sono utilizzati a fini di ripristino in aree escavate o per scopi ingegneristici nei rimodellamenti morfologici. I rifiuti usati per il riempimento devono sostituire i materiali che non sono rifiuti, essere idonei ai fini summenzionati ed essere limitati alla quantità strettamente necessaria a perseguire tali fini; (740)
v)  «rigenerazione degli oli usati»: qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;
z)  «smaltimento»: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;
aa)  «stoccaggio»: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta;
bb)  «deposito temporaneo prima della raccolta»: il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell'articolo 185-bis; (727)
cc)  «combustibile solido secondario (CSS)»: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’ articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale;
dd)  «rifiuto biostabilizzato»: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità;
ee)  «compost»: prodotto ottenuto dal compostaggio, o da processi integrati di digestione anaerobica e compostaggio, dei rifiuti organici raccolti separatamente, di altri materiali organici non qualificati come rifiuti, di sottoprodotti e altri rifiuti a matrice organica che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dalla vigente normativa in tema di fertilizzanti e di compostaggio sul luogo di produzione; (741)
ff)  «digestato da rifiuti»: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; (742)
gg)  «emissioni»: le emissioni in atmosfera di cui all'articolo 268, comma 1, lettera b);
hh)  «scarichi idrici»: le immissioni di acque reflue di cui all'articolo 74, comma 1, lettera ff);
ii)  «inquinamento atmosferico»: ogni modifica atmosferica di cui all'articolo 268, comma 1, lettera a);
ll)  «gestione integrata dei rifiuti»: il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti;
mm)  «centro di raccolta»: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; (730)
nn)  «migliori tecniche disponibili»: le migliori tecniche disponibili quali definite all’ articolo 5, comma 1, lett. l-ter) del presente decreto;
oo)  «spazzamento delle strade»: modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito;
pp)  «circuito organizzato di raccolta»: sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All’accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione;
qq)  «sottoprodotto»: qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’ articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’ articolo 184-bis, comma 2;
qq-bis)  «compostaggio di comunità»: compostaggio effettuato collettivamente da più utenze domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle medesime, al fine dell'utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti; (733)
qq-ter)  «compostaggio»: trattamento biologico aerobico di degradazione e stabilizzazione, finalizzato alla produzione di compost dai rifiuti organici differenziati alla fonte, da altri materiali organici non qualificati come rifiuti, da sottoprodotti e da altri rifiuti a matrice organica previsti dalla disciplina nazionale in tema di fertilizzanti nonché dalle disposizioni della parte quarta del presente decreto relative alla disciplina delle attività di compostaggio sul luogo di produzione (743).


(726) Articolo sostituito dall'art. 2, comma 20, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 10, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(727) Lettera modificata dall'art. 28, comma 2, D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, dall'art. 52, comma 2-ter, lett. a), D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, e dall’ art. 11, comma 16-bis, lett. c), D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125. Successivamente, la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 1, comma 9, lett. h), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

In precedenza identica modifica era stata disposta dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.L. 4 luglio 2015, n. 92, abrogato dall’ art. 1, comma 3 della citata Legge n. 125/2015.

(728) Lettera così modificata dall’ art. 11, comma 12, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125, e, successivamente, dall’ art. 11, comma 16-bis, lett. a), D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125.

In precedenza identica modifica era stata disposta dall'art. 1, comma 1, lett. a), D.L. 4 luglio 2015, n. 92, abrogato dall’ art. 1, comma 3 della citata Legge n. 125/2015.

(729) Lettera modificata dall’ art. 14, comma 8, lett. b-bis), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, e, successivamente, così sostituita dall’ art. 1, comma 9, lett. e), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(730) Per la disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, vedi il D.M. 8 aprile 2008.

(731) Lettera così modificata dall’ art. 11, comma 16-bis, lett. b), D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125.

In precedenza identica modifica era stata disposta dall'art. 1, comma 1, lett. b), D.L. 4 luglio 2015, n. 92, abrogato dall’ art. 1, comma 3 della citata Legge n. 125/2015.

(732) Lettera così modificata dall’ art. 38, comma 2, lett. a), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(733) Lettera aggiunta dall’ art. 38, comma 2, lett. b), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(734) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 9, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(735) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 9, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 6, comma 5, del medesimo D.Lgs. n. 116/2020.

(736) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 9, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(737) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 9, lett. c), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(738) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 9, lett. d), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(739) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 9, lett. f), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(740) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 9, lett. g), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(741) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 9, lett. m), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(742) Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 9, lett. i), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(743) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 9, lett. l), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 184  (Classificazione)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

2.  Sono rifiuti urbani i rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter). (749)

3.  Sono rifiuti speciali:

a)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2135 del codice civile, e della pesca;
b)  i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;
c)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2;
d)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli di cui al comma 2;
e)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2;
f)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2;
g)  i rifiuti derivanti dall'attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;
h)  i rifiuti derivanti da attività sanitarie se diversi da quelli all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter);
i)  i veicoli fuori uso. (750)

4.  Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto. (745)

5.  L’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’ articolo 183. La corretta attribuzione dei Codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti è effettuata dal produttore sulla base delle Linee guida redatte, entro il 31 dicembre 2020, dal Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale ed approvate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare notifica immediatamente alla Commissione europea i casi di cui all'articolo 7 della direttiva 2008/98/CE e fornisce alla stessa tutte le informazioni pertinenti. (746)

5-bis.  Con uno o più decreti del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro della salute, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate, nel rispetto delle norme dell'Unione europea e del presente decreto legislativo, le speciali procedure per la gestione, lo stoccaggio, la custodia, nonché per l'autorizzazione e i nulla osta all'esercizio degli impianti per il trattamento dei rifiuti prodotti dai sistemi d'arma, dai mezzi, dai materiali e dalle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale, così come individuati con decreto del Ministro della difesa, compresi quelli per il trattamento e lo smaltimento delle acque reflue navali e oleose di sentina delle navi militari da guerra, delle navi militari ausiliarie e del naviglio dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera iscritti nel quadro e nei ruoli speciali del naviglio militare dello Stato. (744) (751) (752)

5-bis.1.   Presso ciascun poligono militare delle Forze armate è tenuto, sotto la responsabilità del comandante, il registro delle attività a fuoco. Nel registro sono annotati, immediatamente dopo la conclusione di ciascuna attività:

a)   l'arma o il sistema d'arma utilizzati;
b)   il munizionamento utilizzato;
c)   la data dello sparo e i luoghi di partenza e di arrivo dei proiettili. (748)

5-bis.2.   Il registro di cui al comma 5-bis.1 è conservato per almeno dieci anni dalla data dell'ultima annotazione. Lo stesso è esibito agli organi di vigilanza e di controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro, su richiesta degli stessi, per gli accertamenti di rispettiva competenza. (748)

5-bis.3.   Entro trenta giorni dal termine del periodo esercitativo, il direttore del poligono avvia le attività finalizzate al recupero dei residuati del munizionamento impiegato. Tali attività devono concludersi entro centottanta giorni al fine di assicurare i successivi adempimenti previsti dagli articoli 1 e seguenti del decreto del Ministro della difesa 22 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 2010. (748)

5-ter.  La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto. (747)

5-quater.  L’obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui all’articolo 193 e l’obbligo di tenuta dei registri di cui all’ art. 190 non si applicano alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un’impresa che abbiano ottenuto l’autorizzazione o siano registrate in conformità agli articoli 208, 212, 214 e 216. (747)


(744) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 21, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e modificato dall'art. 35, comma 2, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. Successivamente il presente comma è stato così sostituito dall'art. 13, comma 5, lett. a), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(745) Comma così sostituito dall'art. 11, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(746) Comma sostituito dall'art. 11, comma 1, lett. e), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, così modificato dall’ art. 1, comma 10, lett. c), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(747) Comma aggiunto dall'art. 11, comma 1, lett. f), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(748) Comma inserito dall’ art. 1, comma 304, lett. a), L. 27 dicembre 2017, n. 205, a decorrere dal 1° gennaio 2018.

(749) Comma così sostituito dall’ art. 1, comma 10, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 6, comma 5, del medesimo D.Lgs. n. 116/2020.

(750) Comma modificato dall'art. 2, comma 21-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e dall'art. 11, comma 1, lett. a), b) e c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 10, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(751) Per l’individuazione dei sistemi d’arma, dei mezzi, dei materiali e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale, di cui al presente comma, vedi l’ art. 1, comma 1, D.M. 6 marzo 2008.

(752) Per le procedure per la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale, vedi il D.M. 22 ottobre 2009.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 184-bis  (Sottoprodotto) (753)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’ articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a)  la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b)  è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c)  la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d)  l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

2.  Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti garantendo un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana favorendo, altresì, l'utilizzazione attenta e razionale delle risorse naturale dando priorità alle pratiche replicabili di simbiosi industriale. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’ articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria. (757) (755)

[2-bis.  Il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 10 agosto 2012, n. 161, adottato in attuazione delle previsioni di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, si applica solo alle terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d'impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Il decreto di cui al periodo precedente non si applica comunque alle ipotesi disciplinate dall'articolo 109 presente decreto. (754) (756) ]


(753) Articolo inserito dall'art. 12, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205; vedi, anche, l'art. 39, comma 13 del medesimo D.Lgs. 205/2010.

(754) Comma aggiunto dall'art. 41, comma 2, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

(755) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 13 ottobre 2016, n. 264. Vedi, anche, il D.P.R. 13 giugno 2017, n. 120.

(756) Comma abrogato dall’ art. 31, comma 2, lett. a), D.P.R. 13 giugno 2017, n. 120.

(757) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 11, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 184-ter  (Cessazione della qualifica di rifiuto) (758)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: (763)

a)  la sostanza o l'oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici; (760)
b)  esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c)  la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d)  l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

2.  L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’ articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto. (765)

3.  In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi del presente articolo, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell'ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, che includono:

a)   materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell'operazione di recupero;
b)   processi e tecniche di trattamento consentiti;
c)   criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
d)   requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso;
e)   un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269. (759)

3-bis.  Le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 3 comunicano all'ISPRA i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto istante. (761) (762)

3-ter.   L'ISPRA, o l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente delegata dal predetto Istituto, controlla a campione, sentita l'autorità competente di cui al comma 3-bis, in contraddittorio con il soggetto interessato, la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni di cui al comma 1, redigendo, in caso di non conformità, apposita relazione. Il procedimento di controllo si conclude entro sessanta giorni dall'inizio della verifica. L'ISPRA o l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente delegata comunica entro quindici giorni gli esiti della verifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Al fine di assicurare l'armonizzazione, l'efficacia e l'omogeneità dei controlli di cui al presente comma sul territorio nazionale, si applicano gli articoli 4, comma 4, e 6 della legge 28 giugno 2016, n. 132. (761)

3-quater.  Ricevuta la comunicazione di cui al comma 3-ter, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei sessanta giorni successivi, adotta proprie conclusioni, motivando l'eventuale mancato recepimento degli esiti dell'istruttoria contenuti nella relazione di cui al comma 3-ter, e le trasmette all'autorità competente. L'autorità competente avvia un procedimento finalizzato all'adeguamento degli impianti, da parte del soggetto interessato, alle conclusioni di cui al presente comma, disponendo, in caso di mancato adeguamento, la revoca dell'autorizzazione e dando tempestiva comunicazione della conclusione del procedimento al Ministero medesimo. Resta salva la possibilità per l'autorità competente di adottare provvedimenti di natura cautelare. (761)

3-quinquies.  Decorsi centottanta giorni dalla comunicazione all'autorità competente, ove il procedimento di cui al comma 3-quater non risulti avviato o concluso, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può provvedere, in via sostitutiva e previa diffida, anche mediante un commissario ad acta, all'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3-quater. Al commissario non è dovuto alcun compenso per lo svolgimento delle funzioni attribuite ai sensi del presente comma e il medesimo commissario non ha diritto a gettoni, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati. (761)

3-sexies.  Con cadenza annuale, l'ISPRA redige una relazione sulle verifiche e i controlli effettuati nel corso dell'anno ai sensi del comma 3-ter e la comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 dicembre. (761)

3-septies.  Al fine del rispetto dei princìpi di trasparenza e di pubblicità, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse ai sensi del presente articolo. Le autorità competenti, al momento del rilascio, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i nuovi provvedimenti autorizzatori emessi, riesaminati e rinnovati nonché gli esiti delle procedure semplificate avviate per l'inizio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo. Con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le modalità di funzionamento e di organizzazione del registro di cui al presente comma. A far data dall'effettiva operatività del registro di cui al presente comma, la comunicazione di cui al comma 3-bis si intende assolta con la sola comunicazione al registro. Alle attività di cui al presente comma le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. (761) (766)

4.  Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.

5.  La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

5-bis.  La persona fisica o giuridica che utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato o che immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato rifiuto, provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati. Le condizioni di cui al comma 1 devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifiuto. (764)


(758) Articolo inserito dall'art. 12, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(759) Comma sostituito dall’ art. 1, comma 19, D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 giugno 2019, n. 55. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 14-bis, comma 2, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

(760) Lettera così sostituita dall’ art. 14-bis, comma 1, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

(761) Comma inserito dall’ art. 14-bis, comma 3, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

(762) Sull’applicabilità degli obblighi di comunicazione di cui al presente comma vedi l’ art. 14-bis, comma 9, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

(763) Alinea così modificato dall’ art. 1, comma 12, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(764) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 12, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(765) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 14 febbraio 2013, n. 22, il D.M. 28 marzo 2018, n. 69, il D.M. 15 maggio 2019, n. 62 e il D.M. 31 marzo 2020, n. 78.

(766) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 21 aprile 2020. Vedi, anche, l’ art. 14-bis, comma 4, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

 


ART. 184-quater  (Utilizzo dei materiali di dragaggio) (767)

In vigore dal 21 agosto 2014

1.  I materiali dragati sottoposti ad operazioni di recupero in casse di colmata o in altri impianti autorizzati ai sensi della normativa vigente, cessano di essere rifiuti se, all'esito delle operazioni di recupero, che possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione, soddisfano e sono utilizzati rispettando i seguenti requisiti e condizioni:

a)  non superano i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 al titolo V della parte quarta, con riferimento alla destinazione urbanistica del sito di utilizzo, o, in caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, rispondono ai requisiti tecnici di cui alla lettera b), secondo periodo;
b)  è certo il sito di destinazione e sono utilizzati direttamente, anche a fini del riuso o rimodellamento ambientale, senza rischi per le matrici ambientali interessate e in particolare senza determinare contaminazione delle acque sotterranee e superficiali. In caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, devono, invece, rispettare i requisiti tecnici per gli scopi specifici individuati, la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti e alle materie prime, e in particolare non devono determinare emissioni nell'ambiente superiori o diverse qualitativamente da quelle che derivano dall'uso di prodotti e di materie prime per i quali è stata rilasciata l'autorizzazione all'esercizio dell'impianto.

2.  Al fine di escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee, i materiali di dragaggio destinati all'utilizzo in un sito devono essere sottoposti a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all'Allegato 3 del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998. L'autorità competente può derogare alle concentrazioni limite di cloruri e di solfati qualora i materiali di dragaggio siano destinati ad aree prospicenti il litorale e siano compatibili con i livelli di salinità del suolo e della falda.

3.  Il produttore o il detentore predispongono una dichiarazione di conformità da cui risultino, oltre ai dati del produttore, o del detentore e dell'utilizzatore, la tipologia e la quantità dei materiali oggetto di utilizzo, le attività di recupero effettuate, il sito di destinazione e le altre modalità di impiego previste e l'attestazione che sono rispettati i criteri di cui al presente articolo. La dichiarazione di conformità è presentata all'autorità competente per il procedimento di recupero e all'ARPA nel cui territorio è localizzato il sito di destinazione o il ciclo produttivo di utilizzo, trenta giorni prima dell'inizio delle operazioni di conferimento. Tutti i soggetti che intervengono nel procedimento di recupero e di utilizzo dei materiali di cui al presente articolo conservano una copia della dichiarazione per almeno un anno dalla data del rilascio, mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano.

4.  Entro trenta giorni dalla comunicazione della dichiarazione di cui al comma 3, l'autorità competente per il procedimento di recupero verifica il rispetto dei requisiti e delle procedure disciplinate dal presente articolo e qualora rilevi difformità o violazioni degli stessi ordina il divieto di utilizzo dei materiali di cui al comma 1 che restano assoggettati al regime dei rifiuti.

5.  I materiali che cessano di essere rifiuti ai sensi dei commi 1 e 2 durante la movimentazione sono accompagnati dalla comunicazione di cui al comma 3 e dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286.


(767) Articolo inserito dall’ art. 14, comma 8, lett. b-ter), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 185  (Esclusioni dall’ambito di applicazione) (768)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:

a)  le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera e il biossido di carbonio catturato e trasportato ai fini dello stoccaggio geologico e stoccato in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre formazioni a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio; (769)
b)  il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati; (770)
c)  il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato; (770)
d)  i rifiuti radioattivi;
e)  i materiali esplosivi in disuso;
f)  le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana (773).

2.  Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:

a)  le acque di scarico;
b)  i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;
c)  le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;
d)  i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117;
d-bis)   sostanze destinate a essere utilizzate come materie prime per mangimi di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera g), del regolamento (CE) n. 767/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio e che non sono costituite né contengono sottoprodotti di origine animale (774).

3.  Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali o nell'ambito delle pertinenze idrauliche ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni. (772)

4.  Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter. (771)


(768) Articolo sostituito dall'art. 2, comma 22, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4; modificato dall'art. 20, comma 10-sexies, lett. a), D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2 e, successivamente, dall'art. 1, comma 3, D.L. 8 luglio 2010, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 agosto 2010, n. 129. Infine, il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 13, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(769) Lettera così sostituita dall'art. 35, comma 2, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011.

(770) Per l'interpretazione autentica dei riferimenti al «suolo», di cui alla presente lettera, vedi l'art. 3, commi 1, 2 e 3 , D. L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

(771) Per l'interpretazione autentica dei riferimenti al «suolo», di cui al presente comma, vedi l'art. 3, commi 1, 2 e 3 , D. L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

(772) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 8-bis, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(773) Lettera sostituita dall’ art. 41, comma 1, L. 28 luglio 2016, n. 154. Successivamente, la presente lettera è stata sostituita dall’ art. 20, comma 1, L. 3 maggio 2019, n. 37 e così modificata dall’ art. 1, comma 13, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(774) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 13, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 185-bis  (Deposito temporaneo prima della raccolta) (775)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni:

a)  nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;
b)  esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita;
c)  per i rifiuti da costruzione e demolizione, nonché per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti.

2.  Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle seguenti condizioni:

a)   i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
b)  i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
c)  i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee, nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
d)   nel rispetto delle norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose.

3.  Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle condizioni di cui ai commi 1 e 2 e non necessita di autorizzazione da parte dell'autorità competente.


(775) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 14, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 186  (Terre e rocce da scavo) (776) (780) (781) (782)

In vigore dal 25 dicembre 2010

1.  Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché:

a)  siano impiegate direttamente nell'ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti;
b)  sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell'integrale utilizzo;
c)  l'utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate;
d)  sia garantito un elevato livello di tutela ambientale;
e)  sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f)  le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d'uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione;
g)  la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L'impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel rispetto delle condizioni fissate all'articolo 183, comma 1, lettera p). (777)

2.  Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che è approvato dall'autorità titolare del relativo procedimento. Nel caso in cui i progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell'eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto purché in ogni caso non superino i tre anni.

3.  Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell'ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalità della dichiarazione di inizio di attività (DIA).

4.  Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti né a VIA né a permesso di costruire o denuncia di inizio di attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal progettista.

5.  Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto.

6.  La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalità previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto. L'accertamento che le terre e rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti è svolto a cura e spese del produttore e accertato dalle autorità competenti nell'ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4.

7.  Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno. L'autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA.

7-bis.  Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni:

a)  un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvo-pastorali;
b)  un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane;
c)  un miglioramento della percezione paesaggistica. (778)

7-ter.  Ai fini dell'applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall'estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresì equiparati i residui delle attività di lavorazione di pietre e marmi che presentano le caratteristiche di cui all’articolo 184-bis. Tali residui, quando siano sottoposti a un'operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze inquinanti presenti, previsti nell'Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente derivanti dall'utilizzo della sostanza o dell'oggetto. (779)


(776) Articolo così sostituito dall'art. 2, comma 23, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(777) Comma così modificato dall'art. 20, comma 10-sexies, lett. b), D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.

(778) Comma aggiunto dall'art. 8-ter, comma 1, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13.

(779) Comma aggiunto dall'art. 8-ter, comma 1, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13 e, successivamente, così modificato dall'art. 14, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(780) Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 184-bis, comma 2 del presente provvedimento, vedi l'art. 39, comma 4, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(781) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186, proposte in riferimento agli artt. 11, 76 e 117 della Costituzione.

(782) Per la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo vedi il D.M. 10 agosto 2012, n. 161.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 187  (Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi) (783)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  È vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

2.  In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che:

a)  siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 177, comma 4, e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;
b)  l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;
c)  l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’ articolo 183, comma 1, lettera nn).

2-bis.  Gli effetti delle autorizzazioni in essere relative all'esercizio degli impianti di recupero o di smaltimento di rifiuti che prevedono la miscelazione di rifiuti speciali, consentita ai sensi del presente articolo e dell'allegato G alla parte quarta del presente decreto, nei testi vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, restano in vigore fino alla revisione delle autorizzazioni medesime. (784)

3.  Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto di quanto previsto dall’ articolo 177, comma 4.

3-bis.  Le miscelazioni non vietate in base al presente articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge. (785)


(783) Articolo così sostituito dall'art. 15, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(784) Comma inserito dall’ art. 14, comma 8-quater, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(785) Comma aggiunto dall’ art. 49, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221. Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 21 marzo-12 aprile 2017, n. 75 (Gazz. Uff. 19 aprile 2017, n. 16 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 49, L. n. 221/2015.

 


ART. 188  (Responsabilità della gestione dei rifiuti) (786)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Il produttore iniziale, o altro detentore, di rifiuti provvede al loro trattamento direttamente ovvero mediante l'affidamento ad intermediario, o ad un commerciante o alla loro consegna a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto addetto alla raccolta o al trasporto dei rifiuti, pubblico o privato, nel rispetto della Parte IV del presente decreto.

2.  Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti a titolo professionale sono tenuti all'iscrizione all'Albo dei Gestori Ambientali di cui all'articolo 212 e conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti o a un centro di raccolta.

3.  I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti nonché dai detentori che si succedono a vario titolo nelle fasi del ciclo di gestione.

4.  La consegna dei rifiuti, ai fini del trattamento, dal produttore iniziale o dal detentore ad uno dei soggetti di cui al comma 1, non costituisce esclusione automatica della responsabilità rispetto alle operazioni di effettivo recupero o smaltimento. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1013/2006, la responsabilità del produttore o del detentore per il recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa nei seguenti casi:

a)  conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;
b)  conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore ovvero che alla scadenza di detto termine il produttore o detentore abbia provveduto a dare comunicazione alle autorità competenti della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti, con riferimento ai documenti previsti dal regolamento (CE) n. 1013/2006, tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla Regione o alla Provincia autonoma.

5.  Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell'allegato B alla Parte IV del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di identificazione abbiano ricevuto un'attestazione di avvenuto smaltimento, resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sottoscritta dal titolare dell'impianto da cui risultino, almeno, i dati dell'impianto e del titolare, la quantità dei rifiuti trattati e la tipologia di operazione di smaltimento effettuata. La disposizione di cui al presente comma si applica sino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, in cui sono definite, altresì, le modalità per la verifica ed invio della comunicazione dell'avvenuto smaltimento dei rifiuti, nonché le responsabilità da attribuire all'intermediario dei rifiuti.


(786) Articolo sostituito dall'art. 16, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con la decorrenza prevista dal comma 2 del medesimo art. 16, D.Lgs. 205/2010, e modificato dall’ art. 14, comma 8, lett. b-quater), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, e dall’ art. 30, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 15, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 188-bis  (Sistema di tracciabilità dei rifiuti) (787)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Il sistema di tracciabilità dei rifiuti si compone delle procedure e degli strumenti di tracciabilità dei rifiuti integrati nel Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti istituito ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, e gestito con il supporto tecnico operativo dell'Albo nazionale dei gestori di cui all'articolo 212. Per consentire la lettura integrata dei dati, gli adempimenti relativi alle modalità di compilazione e tenuta del registro di carico e scarico e del formulario identificativo di trasporto dei rifiuti, di cui agli articoli 190 e 193, sono effettuati secondo le modalità dettate con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della pubblica amministrazione, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nonché, per gli aspetti di competenza, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

2.  In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse rispettivamente alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalità con le quali il sistema di tracciabilità dei rifiuti si applica alle corrispondenti Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell'economia e delle finanze e, per quanto di competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

3.  Il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, collocato presso la competente struttura organizzativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è articolato in:

a)  una sezione Anagrafica, comprensiva dei dati dei soggetti iscritti e delle informazioni relative alle specifiche autorizzazioni rilasciate agli stessi per l'esercizio di attività inerenti alla gestione dei rifiuti;
b)  una sezione Tracciabilità, comprensiva dei dati ambientali relativi agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 e dei dati afferenti ai percorsi dei mezzi di trasporto nei casi stabiliti dal decreto di cui al comma 1.

4.  I decreti di cui ai commi 1 e 2 disciplinano anche l'organizzazione ed il funzionamento del sistema di tracciabilità di cui al presente articolo, consentendo il colloquio con i sistemi gestionali degli utenti, pubblici e privati, attraverso apposite interfacce, favorendo la semplificazione amministrativa, garantendo un periodo preliminare di sperimentazione e la sostenibilità dei costi a carico degli aderenti al sistema, disponendo in particolare:

a)  i modelli ed i formati relativi al registro di carico e scarico dei rifiuti ed al formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193 con l'indicazione altresì delle modalità di compilazione, vidimazione e tenuta in formato digitale degli stessi;
b)  le modalità di iscrizione al Registro elettronico nazionale, e relativi adempimenti, da parte dei soggetti obbligati ovvero di coloro che intendano volontariamente aderirvi, ai sensi del comma 3, dell'articolo 6 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, con la previsione di criteri di gradualità per la progressiva partecipazione degli operatori;
c)  il funzionamento del Registro elettronico nazionale, ivi incluse le modalità di trasmissione dei dati relativi ai documenti di cui alla lettera a), nonché dei dati relativi ai percorsi dei mezzi di trasporto;
d)  le modalità per la condivisione dei dati del Registro elettronico con l'Istituto superiore per la ricerca ambientale (ISPRA) al fine del loro inserimento nel Catasto di cui all'articolo 189;
e)  le modalità di interoperabilità per l'acquisizione della documentazione di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006, nonché le modalità di coordinamento tra le comunicazioni di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70 e gli adempimenti trasmessi al Registro elettronico nazionale;
f)  le modalità di svolgimento delle funzioni da parte dell'Albo nazionale indicate al comma 1;
g)  le modalità di accesso ai dati del Registro elettronico nazionale da parte degli organi di controllo;
h)  le modalità per la verifica e l'invio della comunicazione dell'avvenuto recupero o smaltimento dei rifiuti, di cui all'articolo 188, comma 5, nonché le responsabilità da attribuire all'intermediario.

5.  Gli adempimenti relativi agli articoli 190 e 193 sono effettuati digitalmente da parte dei soggetti obbligati ovvero di coloro che intendano volontariamente aderirvi ai sensi del comma 3 dell'articolo 6 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135; negli altri casi i suddetti adempimenti possono essere assolti mediante il formato cartaceo. In entrambi i casi la modulistica è scaricabile direttamente dal Registro elettronico nazionale.

6.  Al fine di garantire tempestivi adeguamenti dei modelli di cui alla lettera a) del comma 2, in caso di intervenute novità tecniche o operative, gli aggiornamenti sono adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di natura non regolamentare, sentiti i Ministri indicati al comma 1 e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

7.  Fino all'entrata in vigore del decreto previsto al comma 1 continuano ad applicarsi i decreti del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145 e 1° aprile 1998, n. 148, recanti i modelli di registro di carico e scarico e di formulario di identificazione del rifiuto.


(787) Articolo inserito dall'art. 16, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con la decorrenza prevista dal comma 2 del medesimo art. 16, D.Lgs. 205/2010; vedi, anche, l'art. 39 del medesimo D.Lgs. 205/2010. Successivamente, il presente articolo è stato modificato dall'art. 6, comma 2, lett. c), D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, e dall’ art. 11, comma 7, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125. Infine, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 16, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 188-ter  (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)) (792) (788) (794)

In vigore dal 26 settembre 2020

[1.  Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali pericolosi a titolo professionale compresi i vettori esteri che operano sul territorio nazionale, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti urbani e speciali pericolosi, inclusi i nuovi produttori che trattano o producono rifiuti pericolosi. Sono altresì tenuti ad aderire al SISTRI, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali pericolosi in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell'impresa navale o ferroviaria o dell'impresa che effettua il successivo trasporto. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definite le modalità di applicazione a regime del SISTRI al trasporto intermodale. (789) (795)

2.  Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), su base volontaria i produttori, i gestori e gli intermediari e i commercianti dei rifiuti diversi da quelli di cui al comma 1. (789)

3.  Oltre a quanto previsto dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 aprile 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 2014, con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possono essere specificate le categorie di soggetti di cui al comma 1 e sono individuate, nell'ambito degli enti o imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, ulteriori categorie di soggetti a cui è necessario estendere il sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui all'articolo 188-bis. (791) (796) (793)

4.  Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania. (797)

5.  Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, può essere esteso l’obbligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2 ai produttori di rifiuti speciali pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa, nonché ai soggetti di cui al decreto previsto dall’ articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature. (790)

6.  Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti, nel rispetto delle norme comunitarie, i criteri e le condizioni per l’applicazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006, e successive modificazioni, ivi compresa l’adozione di un sistema di interscambio di dati previsto dall’articolo 26, paragrafo 4, del predetto regolamento. Nelle more dell’adozione dei predetti decreti, sono fatti salvi gli obblighi stabiliti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, relativi alla tratta del territorio nazionale interessata dal trasporto transfrontaliero.

7.  Con uno o più regolamenti, ai sensi dell’ articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, è effettuata la ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del presente decreto, le quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali, sono abrogate.

8.  In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse, rispettivamente, alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalità con le quali il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) si applica alle corrispondenti Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell’economia e delle finanze e, per quanto di rispettiva competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell’interno, da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

9.  Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare potranno essere individuate modalità semplificate per l’iscrizione dei produttori di rifiuti pericolosi al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’ articolo 188-bis, comma 2, lett. a).

10.  Nel caso di produzione accidentale di rifiuti pericolosi il produttore è tenuto a procedere alla richiesta di adesione al SISTRI entro tre giorni lavorativi dall’accertamento della pericolosità dei rifiuti. ]


(788) Il presente articolo, inserito dall'art. 16, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con la decorrenza prevista dal comma 2 del medesimo art. 16, D.Lgs. 205/2010, era stato abrogato dall'art. 6, comma 2, lett. c), D.L. 13 agosto 2011, n. 138; successivamente, tale abrogazione non è stata confermata dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148.

(789) Comma così sostituito dall’ art. 11, comma 1, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.

(790) Comma abrogato dall’ art. 11, comma 6, lett. a), D.L. 31 agosto 2013, n. 101.

(791) Comma sostituito dall’ art. 11, comma 1, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125 e, successivamente, così modificato dall’ art. 29, comma 5, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(792) Articolo abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(793) Vedi, anche, l’ art. 11, comma 4, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.

(794) Vedi, anche, l’ art. 19, comma 8, D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49 e il D.M. 1° luglio 2016.

(795) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi l’ art. 2, D.M. 24 aprile 2014.

(796) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi l’ art. 1, D.M. 24 aprile 2014.

(797) Vedi, anche, l’ art. 5, comma 1, D.M. 30 marzo 2016, n. 78.

 


ART. 189  (Catasto dei rifiuti) (798)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Il Catasto dei rifiuti, istituito dall'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ed in Sezioni regionali o delle Province autonome di Trento e Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle Province autonome per la protezione dell'ambiente. Le norme di organizzazione del Catasto sono emanate ed aggiornate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Sino all'emanazione del decreto di cui al secondo periodo continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 4 agosto 1998, n. 372.

2.  Il Catasto assicura, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti, un quadro conoscitivo, completo e costantemente aggiornato, dei dati raccolti ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70 e mediante gli strumenti di tracciabilità di cui alla presente Parte IV, utilizzando la nomenclatura prevista dalla disciplina europea e nazionale di riferimento.

3.  Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi e i sistemi riconosciuti, gli istituiti per il recupero e riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti, nonché le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti, con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività, dei materiali prodotti all'esito delle attività di recupero nonché i dati relativi alle autorizzazioni ed alle comunicazioni inerenti le attività di gestione dei rifiuti. Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all'articolo 212, comma 8, nonché, per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.

4.  Nel caso in cui i produttori di rifiuti speciali conferiscano i medesimi al servizio pubblico di raccolta competente per territorio, ovvero ad un circuito organizzato di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera pp), previa apposita convenzione, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita.

5.  I soggetti responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati comunicano annualmente, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente:

a)  la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;
b)  la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;
c)  i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno;
d)  i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all'articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;
e)  i dati relativi alla raccolta differenziata;
f)  le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.

6.  La Sezione nazionale rende disponibili, entro trenta giorni dal ricevimento, alle Sezioni regionali e provinciali le banche dati trasmesse dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 25 gennaio 1994, n. 70. Le Sezioni regionali e provinciali provvedono all'elaborazione dei dati, secondo una metodologia condivisa ai sensi dell'articolo 4 della legge 28 giugno 2016, n. 132, ed alla successiva trasmissione alla Sezione nazionale entro novanta giorni dal ricevimento, delle informazioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 5. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) elabora i dati, evidenziando le tipologie e le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati, recuperati e smaltiti, nonché gli impianti di smaltimento e di recupero in esercizio e ne assicura la pubblicità anche attraverso la pubblicazione di un rapporto annuale.

7.  Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall'articolo 220, comma 2.

8.  La Sezione nazionale del catasto dei rifiuti e il Registro elettronico nazionale di cui all'articolo 188-bis, assicurano il coordinamento e la condivisione dei dati, anche al fine di consentire un'opportuna pubblicità alle informazioni.

9.  Il decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, disciplina le modalità di coordinamento tra le comunicazioni al Catasto dei rifiuti e gli adempimenti trasmessi al Registro elettronico nazionale, garantendone la precompilazione automatica.


(798) Articolo modificato dall'art. 2, comma 24, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e sostituito dall'art. 16, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con la decorrenza prevista dal comma 2 del medesimo art. 16, D.Lgs. 205/2010. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 17, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 190  (Registro cronologico di carico e scarico) (799)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi e i sistemi riconosciuti, istituiti per il recupero e riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti, nonché le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), ha l'obbligo di tenere un registro cronologico di carico e scarico, in cui sono indicati per ogni tipologia di rifiuto la quantità prodotta, la natura e l'origine di tali rifiuti e la quantità dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento quali preparazione per riutilizzo, riciclaggio e altre operazioni di recupero nonché, laddove previsto, gli estremi del formulario di identificazione di cui all'articolo 193.

2.  Il modello di registro cronologico di carico e scarico è disciplinato con il decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1. Fino alla data di entrata in vigore del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, nonché le disposizioni relative alla numerazione e vidimazione dei registri da parte delle Camere di commercio territorialmente competenti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA.

3.  Le annotazioni di cui al comma 1, da riportare nel registro cronologico, sono effettuate:

a)  per i produttori iniziali, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo;
b)  per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all'impianto di destino;
c)  per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all'impianto di destino;
d)  per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.

4.  I soggetti e le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234 e 236, possono adempiere all'obbligo di cui al comma 1 tramite i documenti contabili, con analoghe funzioni, tenuti ai sensi delle vigenti normative.

5.  Sono esonerati dall'obbligo di cui al comma 1 gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all'articolo 212, comma 8, nonché, per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.

6.  Gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile produttori iniziali di rifiuti pericolosi, nonché i soggetti esercenti attività ricadenti nell'ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02, 96.02.03 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, compresi quelli aventi codice EER 18.01.03*, relativi ad aghi, siringhe e oggetti taglienti usati ed i produttori di rifiuti pericolosi non rientranti in organizzazione di ente o impresa, quando obbligati alla tenuta del registro ai sensi del comma 1, possono adempiere all'obbligo con una delle seguenti modalità:

a)  con la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione di cui all'articolo 193, comma 1, relativo al trasporto dei rifiuti o dei documenti sostitutivi previsti dall'articolo 193;
b)   con la conservazione per tre anni del documento di conferimento rilasciato dal soggetto che provvede alla raccolta di detti rifiuti nell'ambito del circuito organizzato di raccolta di cui all'articolo 183. Tale modalità è valida anche ai fini della comunicazione al catasto di cui all'articolo 189.

7.  I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le venti tonnellate di rifiuti non pericolosi e le quattro tonnellate di rifiuti pericolosi, in luogo della tenuta in proprio dei registri di carico e scarico dei rifiuti, possono adempiere tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad annotare i dati con cadenza mensile, mantenendo presso la sede operativa dell'impresa copia delle annotazioni o, comunque, rendendola tempestivamente disponibile su richiesta degli organi di controllo.

8.  Per le attività di gestione dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono assolti anche tramite l'utilizzo dei registri IVA di acquisto e di vendita secondo le procedure e le modalità fissate dall'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modifiche.

9.  Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all'articolo 183 sono escluse dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico può essere effettuata contestualmente al momento dell'uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell'elenco dei rifiuti.

10.  I registri sono tenuti, o resi accessibili, presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, ovvero per le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto e per i commercianti e gli intermediari, presso la sede operativa. I registri, integrati con i formulari di cui all'articolo 193 relativi al trasporto dei rifiuti, sono conservati per tre anni dalla data dell'ultima registrazione. I registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica devono essere conservati a tempo indeterminato e consegnati all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione, alla chiusura dell'impianto. I registri relativi agli impianti dismessi o non presidiati possono essere tenuti presso la sede legale del soggetto che gestisce l'impianto.

11.  I registri relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di cui all'articolo 230 possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti, così come definito dal medesimo articolo. Per rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di impianti e infrastrutture a rete e degli impianti a queste connessi, i registri possono essere tenuti presso le sedi di coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all'ARPA territorialmente competente ovvero al Registro elettronico nazionale di cui all'articolo 188-bis.

12.  Le informazioni contenute nel registro sono utilizzate anche ai fini della comunicazione annuale al Catasto di cui all'articolo 189.

13.  Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all'autorità di controllo che ne faccia richiesta.


(799) Articolo modificato dall'art. 2, comma 24-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e sostituito dall'art. 16, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con la decorrenza prevista dal comma 2 del medesimo art. 16, D.Lgs. 205/2010. Successivamente, il presente articolo è stato modificato dall'art. 4, comma 1, lett. a) e b), D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, dall’ art. 11, commi 12-bis e 12-ter, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125, dall’ art. 14, comma 8-bis, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, e dall’ art. 60, comma 3, L. 28 dicembre 2015, n. 221. Infine, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 18, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 191  (Ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi) (806)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all'articolo 5 (805) della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, nel rispetto, comunque, delle disposizioni contenute nelle direttive dell'Unione europea, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della regione e all'autorità d'ambito di cui all'articolo 201 entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi. (803) (802)

2.  Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro sessanta giorni e, in caso di protrazione dell'inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini. (804)

3.  Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.

4.  Le ordinanze di cui al comma 1 possono essere reiterate per un periodo non superiore a 18 mesi per ogni speciale forma di gestione dei rifiuti. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini. (800) (801)

5.  Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione dell'Unione europea. (801)


(800) Comma così modificato dall'art. 9, comma 8, D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 luglio 2008, n. 123.

(801) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(802) Il presente comma era stato modificato dall’ art. 14, comma 1, lett. a) e b), D.L. 24 giugno 2014, n. 91; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 11 agosto 2014, n. 116).

(803) Comma così modificato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 44, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(804) Comma così modificato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 44, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(805) Il riferimento al presente articolo è da intendere agli artt. 24 e 25, D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 47, comma 1, lett. m), del medesimo D.Lgs. n. 1/2018.

(806) In deroga a quanto previsto dal presente articolo vedi l'art. 9, comma 8, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 192  (Divieto di abbandono)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2.  È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3.  Fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

4.  Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.


 


(commento di giurisprudenza)

ART. 193  (Trasporto dei rifiuti) (807) (808)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Il trasporto dei rifiuti, eseguito da enti o imprese, è accompagnato da un formulario di identificazione (FIR) dal quale devono risultare i seguenti dati:

a)  nome ed indirizzo del produttore e del detentore;
b)  origine, tipologia e quantità del rifiuto;
c)  impianto di destinazione;
d)  data e percorso dell'istradamento;
e)  nome ed indirizzo del destinatario.

2.  Con il decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, sono disciplinati il modello del formulario di identificazione del rifiuto e le modalità di numerazione, vidimazione, tenuta e trasmissione al Registro elettronico nazionale, con possibilità di scaricare dal medesimo Registro elettronico il formato cartaceo. Possono essere adottati modelli di formulario per particolari tipologie di rifiuti ovvero per particolari forme di raccolta.

3.  Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, continuano ad applicarsi il decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145, nonché le disposizioni relative alla numerazione e vidimazione dagli uffici dell'Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti. La vidimazione dei formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.

4.  Fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, il formulario in formato cartaceo è redatto in quattro esemplari, compilati, datati e firmati dal produttore o detentore, sottoscritti altresì dal trasportatore; una copia deve rimanere presso il produttore o il detentore, le altre tre, sottoscritte e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al produttore o al detentore. La trasmissione della quarta copia può essere sostituita dall'invio mediante posta elettronica certificata sempre che il trasportatore assicuri la conservazione del documento originale ovvero provveda, successivamente, all'invio dello stesso al produttore. Le copie del formulario devono essere conservate per tre anni.

5.  Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, in alternativa alle modalità di vidimazione di cui al comma 3, il formulario di identificazione del rifiuto è prodotto in format esemplare, conforme al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145, identificato da un numero univoco, tramite apposita applicazione raggiungibile attraverso i portali istituzionali delle Camere di Commercio, da stamparsi e compilarsi in duplice copia. La medesima applicazione rende disponibile, a coloro che utilizzano propri sistemi gestionali per la compilazione dei formulari, un accesso dedicato al servizio anche in modalità telematica al fine di consentire l'apposizione del codice univoco su ciascun formulario. Una copia rimane presso il produttore e l'altra accompagna il rifiuto fino a destinazione. Il trasportatore trattiene una fotocopia del formulario compilato in tutte le sue parti. Gli altri soggetti coinvolti ricevono una fotocopia del formulario completa in tutte le sue parti. Le copie del formulario devono essere conservate per tre anni.

6.  Durante la raccolta e il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia.

7.  Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani e assimilati ai centri di raccolta di cui all'articolo 183, effettuato dal produttore iniziale degli stessi; al soggetto che gestisce il servizio pubblico; ai trasporti di rifiuti speciali non pericolosi, effettuati dal produttore dei rifiuti stessi in modo occasionale e saltuario. Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti effettuati per non più di cinque volte l'anno, che non eccedano la quantità giornaliera di trenta chilogrammi o di trenta litri.

8.  Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano altresì al trasporto di rifiuti speciali di cui all'articolo 184, comma 3, lettera a), effettuato dal produttore in modo occasionale e saltuario, come definito al comma 7, per il conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta, ovvero al circuito organizzato di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera pp), con i quali sia stata stipulata apposita convenzione.

9.  Per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, il formulario di cui al presente articolo è sostituito dai documenti previsti dall'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.

10.  Il formulario di identificazione di cui al comma 1, con riguardo all'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, può sostituire il documento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 e successive modificazioni, a condizione che siano espressamente riportate in maniera chiara e leggibile le specifiche informazioni di cui all'allegato III A del citato decreto legislativo n. 99 del 1992, nonché le sottoscrizioni richieste, ancorché non previste nel modello del formulario.

11.  La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all'interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della Parte quarta del presente decreto e non necessita di formulario di identificazione.

12.  La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla medesima azienda agricola, ancorché effettuati percorrendo la pubblica via, non è considerata trasporto ai fini del presente decreto qualora risulti comprovato da elementi oggettivi ed univoci che sia finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo e la distanza fra i fondi non sia superiore a quindici chilometri; non è altresì considerata trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall'imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile dai propri fondi al sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa di cui è socio, ivi compresi i consorzi agrari, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.

13.  Il documento commerciale di cui al regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, per gli operatori soggetti all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico di cui all'articolo 190 sostituisce a tutti gli effetti il formulario di identificazione di cui al comma 1. Con il decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, sono disciplinate le modalità di trasmissione al Registro elettronico nazionale (REN).

14.  La micro-raccolta, intesa come raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori, svolta con lo stesso automezzo, ovvero presso diverse unità locali dello stesso produttore, deve essere effettuata nel termine massimo di 48 ore; nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate tutte le tappe intermedie effettuate. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.

15.  Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compresi quelli effettuati con cassoni e dispositivi scarrabili, o con altre carrozzerie mobili che proseguono il trasporto, non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, aa), purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le 72 ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.

16.  Il formulario di identificazione dei rifiuti di cui al comma 1 sostituisce a tutti gli effetti il modello F di cui al decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392 e la scheda di cui all'allegato IB del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008.

17.  Nella compilazione del formulario di identificazione, ogni operatore è responsabile delle informazioni inserite e sottoscritte nella parte di propria competenza. Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nel formulario di identificazione dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili in base alla comune diligenza.

18.  Ferma restando la disciplina in merito all'attività sanitaria e relativi rifiuti prodotti, ai fini del deposito e del trasporto, i rifiuti provenienti da assistenza sanitaria domiciliare si considerano prodotti presso l'unità locale, sede o domicilio dell'operatore che svolge tali attività. La movimentazione di quanto prodotto, dal luogo dell'intervento fino alla sede di chi lo ha svolto, non comporta l'obbligo di tenuta del formulario di identificazione del rifiuto e non necessita di iscrizione all'Albo ai sensi dell'articolo 212.

19.  I rifiuti derivanti da attività di manutenzione e piccoli interventi edili, ivi incluse le attività di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 82, si considerano prodotti presso l'unità locale, sede o domicilio del soggetto che svolge tali attività. Nel caso di quantitativi limitati che non giustificano l'allestimento di un deposito dove è svolta l'attività, il trasporto dal luogo di effettiva produzione alla sede, in alternativa al formulario di identificazione, è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.

20.  Per le attività di cui all'articolo 230, commi 1 e 3, con riferimento alla movimentazione del materiale tolto d'opera prodotto, al fine di consentire le opportune valutazioni tecniche e di funzionalità dei materiali riutilizzabili, lo stesso è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.


(807) Articolo modificato dall'art. 2, comma 25, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 4-quinquies, comma 1, lett. a), D.L. 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 205 e sostituito dall'art. 16, comma 1, lett. e), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con la decorrenza prevista dal comma 2 del medesimo art. 16, D.Lgs. 205/2010. Successivamente, il presente articolo è stato modificato dall'art. 28, comma 1, D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, dall'art. 52, comma 2-ter, lett. b), D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, dall’ art. 11, comma 12-quater, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125, e dall’ art. 29, comma 6, L. 28 dicembre 2015, n. 221. Infine, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 19, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(808) Vedi, anche, l’ art. 40, comma 8, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

 


ART. 193-bis  (Trasporto intermodale) (809)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Fermi restando gli obblighi in materia di tracciabilità e le eventuali responsabilità del trasportatore, dell'intermediario, nonché degli altri soggetti ad esso equiparati per la violazione degli obblighi assunti nei confronti del produttore, il deposito di rifiuti nell'ambito di attività intermodale di carico e scarico, trasbordo e soste tecniche all'interno di porti, scali ferroviari, interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci, effettuato da soggetti ai quali i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico degli stessi da parte di un'impresa navale o ferroviaria o che effettua il successivo trasporto, non rientra nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera aa), a condizione che non superi il termine finale di trenta giorni e che i rifiuti siano presi in carico per il successivo trasporto entro sei giorni dalla data d'inizio dell'attività di deposito.

2.  Nell'ipotesi in cui i rifiuti non siano presi in carico entro sei giorni dall'inizio dell'attività di trasporto, il soggetto al quale i rifiuti sono affidati deve darne comunicazione formale, non oltre le successive 24 ore, all'autorità competente ed al produttore nonché, se esistente, all'intermediario o al soggetto ad esso equiparato che ha organizzato il trasporto. Il produttore, entro i ventiquattro giorni successivi alla ricezione della comunicazione è tenuto a provvedere alla presa in carico dei rifiuti per il successivo trasporto ed alla corretta gestione dei rifiuti stessi.

3.  L'invio della comunicazione e la presa in carico dei rifiuti nel rispetto dei termini indicati al comma 2 escludono la responsabilità per attività di stoccaggio di rifiuti non autorizzato, ai sensi dell'articolo 256, fermo restando l'obbligo, per il soggetto al quale i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico, di garantire che il deposito sia effettuato nel rispetto delle norme di tutela ambientale e sanitaria.

4.  Gli oneri sostenuti dal soggetto al quale i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico degli stessi da parte di un'impresa navale o ferroviaria o altra impresa per il successivo trasporto, sono posti a carico dei precedenti detentori e del produttore dei rifiuti, in solido tra loro.


(809) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 20, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 194  (Spedizioni transfrontaliere) (810) (813)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui agli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 e dal decreto di cui al comma 4.

2.  Sono fatti salvi, ai sensi degli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 42 del predetto regolamento.

3.  Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’ articolo 212. L’iscrizione all’Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri, non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 10 del medesimo articolo 212. (811)

4.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del regolamento (CE) n. 1013/2006 sono disciplinati:

a)  i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all'articolo 6 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;
b)  le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell'articolo 29, del regolamento;
c)  le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2.

5.  Sino all'adozione del decreto di cui al comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 3 settembre 1998, n. 370.

6.  Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CE) n. 1013/2006:

a)  le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome;
b)  l'autorità di transito è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
c)  corrispondente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

7.  Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all'articolo 56 del regolamento (CE) n. 1013/2006 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione dell'Unione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all'anno precedente, previsti dall'articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340. La comunicazione dei dati relativi alle spedizioni di rifiuti è effettuata in formato elettronico utilizzando la piattaforma elettronica messa a disposizione dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la quale garantisce l'interoperabilità con il Registro elettronico nazionale di cui all'articolo 188-bis. (812)


(810) Articolo così sostituito dall'art. 17, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(811) Comma così modificato dall'art. 24, comma 1, lett. d-bis), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35 e, successivamente, dall’ art. 9, comma 3-terdecies, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44.

(812) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 21, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(813) Vedi, anche, l'art. 18, comma 1-bis, D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 luglio 2008, n. 123, aggiunto dall'art. 4-decies, comma 1, lettera f), D.L. 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 agosto 2008, n. 129 e il D.M. 22 dicembre 2016.

 


ART. 194-bis  (Procedure semplificate per il recupero dei contributi dovuti per il SISTRI) (814)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Per il recupero dei contributi per il SISTRI dovuti e non corrisposti e delle richieste di rimborso o di conguaglio da parte di utenti del SISTRI, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto di natura non regolamentare, stabilisce procedure semplificate per la regolarizzazione della posizione contributiva degli utenti, anche mediante ravvedimento operoso, acquiescenza o accertamento concordato in contraddittorio.

2.  L'esperimento delle procedure di cui al presente articolo determina, all'esito della regolarizzazione della posizione contributiva, l'estinzione delle sanzioni per il mancato pagamento e non comporta l'obbligo di corrispondere interessi.

3.  Al contributo previsto dall'articolo 7 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 30 marzo 2016, n. 78, si applicano i termini di prescrizione ordinaria previsti dall'articolo 2946 del codice civile.


(814) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 1135, L. 27 dicembre 2017, n. 205, a decorrere dal 1° gennaio 2018, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 1, comma 22, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


CAPO II

COMPETENZE

ART. 195  (Competenze dello Stato)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato:

a)  le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;
b)  la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti; (817)
b-bis)  la definizione di linee guida, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216; (818)
b-ter)  la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le attività di recupero energetico dei rifiuti; (818)
c)  l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità;
d)  l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi;
e)  l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
f)  l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese; l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Nell'individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini dell'erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili; (816)
g)  la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione; (815)
h)  l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti; (819)
i)  l'individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero di rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai sensi dell'articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 maggio 2003, n. 203; (816) (820)
l)  l'individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;
m)  la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui all'articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell'articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi; (821)
n)  la determinazione, relativamente all'assegnazione della concessione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la definizione delle gare d'appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti; (821)
o)  la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità; (821)
p)  l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;
q)  l'indicazione dei criteri generali, ivi inclusa l'emanazione di specifiche linee guida, per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani; (822)
r)  la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell'impatto sull'ambiente connesso all'estensione dell'area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale; (821)
s)  la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per l'attuazione dell'articolo 196, comma 1, lettera p);
t)  l'adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea. (829)

2.  Sono inoltre di competenza dello Stato:

a)  l'indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi dell'articolo 178, comma 5;
b)  l'adozione delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;
c)  la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;
d)  la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive; (816)
[e)  la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani; (826) (827)]
f)  la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti; (823)
g)  la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l'esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti obbligati all'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo; (823)
h)  la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all'articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti; (823)
i)  l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica; (823)
l)  l'adozione di un modello uniforme del registro di cui all'articolo 190 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché l'individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso; (823)
m)  l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a); (823)
n)  l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto; (823)
o)  l'adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata; (823)
p)  l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire; (823)
q)  l'individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da università o istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori, al fine di prevenire l'inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all'ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell'attività esercitata; (823) (831)
r)  l'individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di forme di semplificazione degli adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, da adottarsi con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disciplina; (823)
s)  la riorganizzazione del Catasto dei rifiuti; (823)
t)  predisposizione di linee guida per l’individuazione di una codifica omogenea per le operazioni di recupero e smaltimento da inserire nei provvedimenti autorizzativi da parte delle autorità competenti, anche in conformità a quanto disciplinato in materia dalla direttiva 2008/12/CE, e sue modificazioni; (824)
u)  individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti autorizzativi di cui agli articoli 208, 209, 211; (824)
v)  predisposizione di linee guida per l’individuazione delle procedure analitiche, dei criteri e delle metodologie per la classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell’allegato D della parta quarta del presente decreto. (824)

3.  Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni di cui al comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. (816) (825)

4.  Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, nonché, quando le predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti. (816) (830)

5.  Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato.

5-bis.  Nelle more dell'esercizio da parte dello Stato delle competenze di cui al comma 2, lettere a) e g), le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano possono disciplinare comunque tali aspetti, con l'obbligo di adeguamento alle sopravvenute norme nazionali entro 6 mesi. (828)


(815) Lettera sostituita dall'art. 2, comma 26, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, così modificata dall'art. 5, comma 2, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13 e, successivamente, dall'art. 15, comma 2-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(816) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(817) Lettera così modificata dall'art. 18, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(818) Lettera inserita dall'art. 18, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(819) Lettera così modificata dall'art. 18, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(820) Lettera così modificata dall'art. 18, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(821) Lettera così modificata dall'art. 18, comma 1, lett. e), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(822) Lettera così modificata dall'art. 18, comma 1, lett. f), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(823) Lettera così sostituita dall'art. 18, comma 1, lett. g), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, che ha sostituito le originarie lett. da f) a s-bis) con le attuali lett. da f) a v).

(824) Lettera aggiunta dall'art. 18, comma 1, lett. g), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, che ha sostituito le originarie lett. da f) a s-bis) con le attuali lett. da f) a v).

(825) Comma così modificato dall'art. 18, comma 1, lett. h), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(826) Lettera sostituita dall'art. 2, comma 26, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, e, successivamente, così modificata dall'art. 5, comma 2, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13, dall'art. 15, comma 2-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 e, infine, dall'art. 14, comma 46, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

(827) Lettera abrogata dall’ art. 1, comma 23, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(828) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 23, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(829) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 195, comma 1, lettere f), g), l), m), n), o), p), q) e t); comma 2, lettere b), e), l), m), n), q) ed s), comma 4, proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 ed al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 195, comma 1, lettere m) ed o), e dell'art. 202, comma 6, proposte in riferimento agli artt. 76, 117, 118 e 119 Cost.

(830) Per l'approvazione dei modelli di registro di carico e scarico dei rifiuti, vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

(831) In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi il D.M. 24 gennaio 2011, n. 20.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 196  (Competenze delle regioni) (834)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all'articolo 195:

a)  la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199;
b)  la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio generale di separazione dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidità dai restanti rifiuti;
c)  l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate di propria competenza;
d)  l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi, e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera f), e di cui all'articolo 7, comma 4-bis; (833)
e)  l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti, anche pericolosi, fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 7, comma 4-bis; (833)
f)  le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento (CEE) n. 259/93 del 1° febbraio 1993 attribuisce alle autorità competenti di spedizione e di destinazione;
g)  la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
h)  la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l'individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 195, comma 1, lettera r);
i)  la promozione della gestione integrata dei rifiuti;
l)  l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;
m)  la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215 e 216, nel rispetto di linee guida elaborate ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera b);
n)  la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell'articolo 195, comma 1, lettera p);
o)  la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
p)  l'adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, delle disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A tal fine i predetti soggetti inseriscono nei bandi di gara o di selezione per l'aggiudicazione apposite clausole di preferenza, a parità degli altri requisiti e condizioni. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela e del mare del territorio 8 maggio 2003, n. 203, e successive circolari di attuazione. Restano ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali esistenti. (832)

2.  Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono anche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

3.  Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche.


(832) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(833) Lettera così sostituita dall’ art. 12, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(834) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 196, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 196, comma 1, lettere d) ed m), proposte in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 ed al principio di leale collaborazione.

 


ART. 197  (Competenze delle province) (838)

In vigore dal 25 dicembre 2010

1.  In attuazione dell'articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle province competono in linea generale le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare: (835)

a)  il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;
b)  il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
c)  la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215 e 216;
d)  l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.

2.  Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e 216 in tema di procedure semplificate.

3.  Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente.

4.  Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente.

5.  Nell'ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo professionale, gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti. (836)

5-bis.  Le province, nella programmazione delle ispezioni e controlli di cui al presente articolo, possono tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle registrazioni ottenute dai destinatari nell’ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS). (837)

6.  Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali.


(835) Alinea così modificato dall'art. 2, comma 27, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(836) Comma così modificato dall'art. 19, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(837) Comma inserito dall'art. 19, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(838) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 197, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 198  (Competenze dei comuni) (839)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  I comuni concorrono, nell'ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani. Sino all'inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. (840)

2.  I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d'ambito adottati ai sensi dell'articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:

a)  le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
b)  le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
c)  le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi; (841)
d)  le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all'articolo 184, comma 2, lettera f);
e)  le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;
f)  le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
[g)  l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d) (842).]

2-bis.   Le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi. Tali rifiuti sono computati ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti urbani. (843)

3.  I comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provincia ed alle Autorità d'ambito tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani da esse richieste.

4.  I comuni sono altresì tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine all'approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni.


(839) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 198, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione.

(840) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 24, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(841) Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 24, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(842) Lettera soppressa dall’ art. 1, comma 24, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(843) Comma inserito dall’ art. 1, comma 24, lett. c), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 198-bis  (Programma nazionale per la gestione dei rifiuti) (844)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare predispone, con il supporto di ISPRA, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti. Il Programma nazionale è sottoposto a verifica di assoggettabilità a VAS, ai sensi dell'articolo 12 del presente decreto, ed è approvato, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, con decreto del Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare.

2.  Il Programma nazionale fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199 del presente decreto.

3.  Il Programma nazionale contiene:

a)  i dati inerenti alla produzione, su scala nazionale, dei rifiuti per tipo, quantità, e fonte;
b)  la ricognizione impiantistica nazionale, per tipologia di impianti e per regione;
c)  l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore concernenti specifiche tipologie di rifiuti, incluse quelle derivanti dal riciclo e dal recupero dei rifiuti stessi, finalizzati alla riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi stessi;
d)  l'indicazione dei criteri generali per l'individuazione di macroaree, definite tramite accordi tra Regioni ai sensi dell'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, che consentano la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità, anche relativamente agli impianti di recupero, in coordinamento con quanto previsto all'articolo 195, comma 1, lettera f);
e)  lo stato di attuazione in relazione al raggiungimento degli obiettivi derivanti dal diritto dell'Unione europea in relazione alla gestione dei rifiuti e l'individuazione delle politiche e degli obiettivi intermedi cui le Regioni devono tendere ai fini del pieno raggiungimento dei medesimi;
f)  l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi, i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macroaree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nazionale;
g)  l'individuazione di flussi omogenei di rifiuti funzionali e strategici per l'economia circolare e di misure che ne possano promuovere ulteriormente il loro riciclo;
h)  la definizione di un Piano nazionale di comunicazione e conoscenza ambientale in tema di rifiuti e di economica circolare;
i)  il piano di gestione delle macerie e dei materiali derivanti dal crollo e dalla demolizione di edifici ed infrastrutture a seguito di un evento sismico, definito d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sulla base dell'istruttoria presentata da ciascuna Regione e Provincia autonoma.

4.  Il Programma nazionale può, inoltre, contenere:

a)  l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;
b)  la definizione di meccanismi vincolanti di solidarietà tra Regioni finalizzata alla gestione di eventuali emergenze.

5.  In sede di prima applicazione, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti è approvato entro 18 mesi dalla entrata in vigore della presente disposizione. Il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare aggiorna il Programma almeno ogni 6 anni, tenendo conto, tra l'altro, delle modifiche normative, organizzative e tecnologiche intervenute nello scenario nazionale e sovranazionale.


(844) Articolo inserito dall’ art. 2, comma 1, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

ART. 199  (Piani regionali) (845)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. L'approvazione dei piani regionali avviene tramite atto amministrativo e si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso gli uffici competenti sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate. (848)

2.  I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto.

3.  I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:

a)  l'indicazione del tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell’evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonché la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall’ articolo 205; (849)
b)  la ricognizione degli impianti di trattamento, smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi, rifiuti contenenti quantità importanti di materie prime critiche o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa unionale specifica; (850)
c)  una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati;
d)  informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;
e)  l'indicazione delle politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione; (851)
f)  la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m);
g)  il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;
h)  prevedono, per gli ambiti territoriali ottimali più meritevoli, un sistema di premialità tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente; (852)
i)  la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;
l)  i criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti; (853)
m)  le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino;
n)  le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;
o)  la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto;
p)  le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6;
q)  il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui all’ articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
r)  un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’ art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate anche per la riduzione dei rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella fabbricazione e nel consumo. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori; (854)
r-bis)  informazioni sulle misure volte a conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 5, paragrafo 3 bis), della direttiva 1999/31/CE o in altri documenti strategici che coprano l'intero territorio dello Stato membro interessato; (855)
r-ter)   misure per contrastare e prevenire tutte le forme di dispersione di rifiuti e per rimuovere tutti i tipi di rifiuti dispersi (855).

4.  Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica dell’area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:

a)  aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;
b)  valutazione dell’utilità e dell’idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno;
c)  campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

5.  Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente.

6.  Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:

a)  l'ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
b)  l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;
c)  le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;
d)  la stima degli oneri finanziari;
e)  le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.

7.  L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.

8.  La regione approva o adegua il piano entro 18 mesi dalla pubblicazione del Programma Nazionale di cui all'articolo 198-bis, a meno che non siano già conformi nei contenuti o in grado di garantire comunque il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa europea. In tale caso i piani sono adeguati in occasione della prima approvazione o aggiornamento ai sensi del comma 10. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti. (856)

9.  In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell’approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’ articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano regionale.

10.  Le regioni per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessità dell’aggiornamento del piano almeno ogni sei anni. (857)

11.  Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare esclusivamente tramite la piattaforma telematica MonitorPiani, l’adozione o la revisione dei piani di gestione e di altri piani regionali di gestione di specifiche tipologie di rifiuti, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione europea e comunicano periodicamente idonei indicatori e obiettivi qualitativi o quantitativi che diano evidenza dell'attuazione delle misure previste dai piani. (858)

12.  Le regioni e le province autonome assicurano, attraverso propria deliberazione, la pubblicazione annuale nel proprio sito web di tutte le informazioni utili a definire lo stato di attuazione dei piani regionali e dei piani e programmi di cui al presente articolo. (846)

12-bis.  L'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti è garantita almeno dalla fruibilità delle seguenti informazioni da comunicare esclusivamente tramite la piattaforma telematica di cui al comma 11, alla quale ISPRA avrà accesso per i dati di competenza: (859)

a)   produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani suddivisa per ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero per ogni comune;
b)   percentuale di raccolta differenziata totale e percentuale di rifiuti effettivamente riciclati;
c)   ubicazione, proprietà, capacità nominale autorizzata e capacità tecnica delle piattaforme per il conferimento dei materiali raccolti in maniera differenziata, degli impianti di selezione del multimateriale, degli impianti di trattamento meccanico-biologico, degli impianti di compostaggio, di ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati e degli inceneritori e coinceneritori;
d)  per ogni impianto di trattamento meccanico-biologico e per ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantità di rifiuti in ingresso e quantità di prodotti in uscita, suddivisi per codice CER;
e)  per gli inceneritori e i coinceneritori, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantità di rifiuti in ingresso, suddivisi per codice CER;
f)  per le discariche, ubicazione, proprietà, autorizzazioni, capacità volumetrica autorizzata, capacità volumetrica residua disponibile e quantità di materiale ricevuto suddiviso per codice CER, nonché quantità di percolato prodotto; (847)
f-bis)   per ogni impianto di recupero di materia autorizzato con i criteri di cui all'articolo 184-ter, ubicazione, proprietà, capacità nominale autorizzata, quantità di rifiuti in ingresso e quantitativi di materia recuperata (860).

13.  Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


(845) Articolo così sostituito dall'art. 20, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(846) Comma sostituito dall’ art. 29, comma 4, L. 28 dicembre 2015, n. 221, che ha sostituito l’originario comma 12 con gli attuali commi 12 e 12-bis, e, successivamente, così modificato dall’ art. 2, comma 2, lett. f), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(847) Comma inserito dall’ art. 29, comma 4, L. 28 dicembre 2015, n. 221, che ha sostituito l’originario comma 12 con gli attuali commi 12 e 12-bis.

(848) Comma così modificato dall’ art. 2, comma 2, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(849) Lettera così modificata dall’ art. 2, comma 2, lett. b), n. 1), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(850) Lettera così sostituita dall’ art. 2, comma 2, lett. b), n. 2), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(851) Lettera così modificata dall’ art. 2, comma 2, lett. b), n. 3), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(852) Lettera così sostituita dall’ art. 2, comma 2, lett. b), n. 4), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(853) Lettera così sostituita dall’ art. 2, comma 2, lett. b), n. 5), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(854) Lettera così modificata dall’ art. 2, comma 2, lett. b), n. 6), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(855) Lettera aggiunta dall’ art. 2, comma 2, lett. b), n. 7), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(856) Comma così modificato dall’ art. 2, comma 2, lett. c), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(857) Comma così modificato dall’ art. 2, comma 2, lett. d), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(858) Comma così modificato dall’ art. 2, comma 2, lett. e), nn. 1), 2) e 3), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(859) Alinea così modificato dall’ art. 2, comma 2, lett. g), n. 1), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(860) Lettera aggiunta dall’ art. 2, comma 2, lett. g), n. 2), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 200  (Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani) (861)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:

a)  superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;
b)  conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;
c)  adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;
d)  valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;
e)  ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;
f)  considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.

2.  Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni interessati.

3.  Le regioni interessate, d'intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o più regioni.

4.  Le regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

5.  Le città o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie di un singolo ambito, possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.

6.  I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate e documentate richieste di modifica all'assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione.

7.  Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'art. 195.


(861) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 200, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 201  (Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani) (864) (865) (866)

In vigore dal 31 dicembre 2012

[1.  Al fine dell'organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti.

2.  L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.

3.  L'Autorità d'ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza; a tal fine adotta un apposito piano d'ambito in conformità a quanto previsto dall'articolo 203, comma 3.

4.  Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall'Autorità d'ambito, sono affidate, ai sensi dell'articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull'evidenza pubblica, le seguenti attività:

a)  la realizzazione, gestione ed erogazione dell'intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti; (862)
b)  la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all'interno dell'ATO. (863)

5.  In ogni ambito:

a)  è raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;
b)  è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio.

6.  La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni, è disciplinata dalle regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. ]


(862) La presente lettera era stata modificata dall'art. 25, comma 2, lett. a), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 24 marzo 2012, n. 27).

(863) La presente lettera era stata modificata dall'art. 25, comma 2, lett. b), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 24 marzo 2012, n. 27).

(864) L'art. 25, comma 2, lett. c), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 aveva inserito nel presente articolo il comma 4-bis; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 24 marzo 2012, n. 27).

(865) L’ art. 2, comma 186-bis, L. 23 dicembre 2009, n. 191, come modificato dall'art. 1, comma 1-quinquies, D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 marzo 2010, n. 42, ha disposto la soppressione dell'Autorità d'ambito territoriale di cui al presente articolo. Il medesimo art. 2, comma 186-bis ha inoltre abrogato il presente articolo, a decorrere dal 31 dicembre 2012, per effetto di quanto disposto dall'art. 13, comma 2, D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14.

(866) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 201, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 201, comma 6, proposte in riferimento agli art. 11, 76 e 117 della Costituzione.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 202  (Affidamento del servizio) (870)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  L'Autorità d'ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all'ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia. (867) (868) (869) (871)

2.  I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione tecnico-illustrativa allegata all'offerta, proposte di miglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento dei fattori ambientali, proponendo un proprio piano di riduzione dei corrispettivi per la gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamente definiti.

3.  Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che graverà sull'utente sia in termini economici, sia di complessità delle operazioni a suo carico.

4.  Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali già esistenti al momento dell'assegnazione del servizio sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio.

5.  I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, ai sensi dell'articolo 113, comma 5-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, ovvero secondo lo schema della finanza di progetto di cui agli articoli 37-bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994.

6.  Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.


(867) Comma così modificato dall'art. 2, comma 28, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(868) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(869) Per l'abrogazione del presente comma, vedi l'art. 12, comma 1, lett. c), D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168.

(870) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 202, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 6, proposte in riferimento agli artt. 76, 117, 118 e 119 Cost.

(871) Il provvedimento previsto dal presente comma è stato emanato con D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddettoD.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 


ART. 203  (Schema tipo di contratto di servizio) (873)

In vigore dal 13 febbraio 2008

1.  I rapporti tra le Autorità d'ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato sono regolati da contratti di servizio, da allegare ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle regioni in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o).

2.  Lo schema tipo prevede:

a)  il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;
b)  l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;
c)  la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a quindici anni;
d)  i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;
e)  le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;
f)  i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al corrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le caratteristiche delle strutture organizzative all'uopo preposte;
g)  gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni;
h)  le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo;
i)  il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
l)  la facoltà di riscatto secondo i princìpi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;
m)  l'obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali strumentali all'erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
n)  idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o)  i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;
p)  l'obbligo di applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, da parte del gestore del servizio integrato dei rifiuti, del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell'igiene ambientale, stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative, anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente. (872)

3.  Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2, le Autorità d'ambito operano la ricognizione delle opere ed impianti esistenti, trasmettendo alla regione i relativi dati. Le Autorità d'ambito inoltre, ai medesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del presente decreto ed elaborano, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un piano d'ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi derivanti dall'applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato.


(872) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 28-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(873) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 203, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 203 proposte in riferimento all'art. 117 della Costituzione; ha dichiarato, ancora, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 203, comma 2, lettera c), proposte in riferimento agli art. 11, 76 e 117 della Costituzione.

 


ART. 204  (Gestioni esistenti) (877)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d'ambito.

2.  In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorità d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, entro nove mesi dall'entrata in vigore della medesima parte quarta.

3.  Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della Giunta regionale esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario «ad acta» che avvia entro quarantacinque giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento. (874) (875) (876)

4.  Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previste dalle rispettive convenzioni di affidamento.


(874) A norma dell'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, in vigore dal 25 novembre 2006, tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi.

(875) La Corte Costituzionale, con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui disciplina l'esercizio del potere sostitutivo del Presidente della Giunta regionale in tema di gestioni esistenti del servizio di gestione dei rifiuti.

(876) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(877) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 204, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 204 proposte in riferimento all'art. 117 della Costituzione; ha dichiarato, ancora, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 204, comma 3, secondo periodo, proposte in riferimento all'art. 120, secondo comma, della Costituzione.

 


ART. 205  (Misure per incrementare la raccolta differenziata) (889)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis, in ogni ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero in ogni comune deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti: (882)

a)  almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
b)  almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
c)  almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012. (890)

1-bis.  Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico, non sia realizzabile raggiungere gli obiettivi di cui al comma 1, il comune può richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga al rispetto degli obblighi di cui al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei requisiti stabiliti al primo periodo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare la predetta deroga, previa stipula senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica di un accordo di programma tra Ministero, regione ed enti locali interessati, che stabilisca:

a)  le modalità attraverso le quali il comune richiedente intende conseguire gli obiettivi di cui all’ articolo 181, comma 1. Le predette modalità possono consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni;
b)  la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non destinati al recupero di materia;
c)  la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al riciclo, che il comune richiedente si obbliga ad effettuare. (881)

1-ter.  L’accordo di programma di cui al comma precedente può stabilire obblighi, in linea con le disposizioni vigenti, per il comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta, titolo I, del presente decreto nonché stabilire modalità di accertamento dell'adempimento degli obblighi assunti nell’ambito dell’accordo di programma e prevedere una disciplina per l’eventuale inadempimento. I piani regionali si conformano a quanto previsto dagli accordi di programma di cui al presente articolo. (881)

[2.  La frazione organica umida separata fisicamente dopo la raccolta e finalizzata al recupero complessivo tra materia ed energia, secondo i criteri dell'economicità, dell'efficacia, dell'efficienza e della trasparenza del sistema, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1. (878) ]

3.  Nel caso in cui, a livello di ambito territoriale ottimale se costituito, ovvero in ogni comune, non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del 20 per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dei comuni che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni. (883) (886)

3-bis.   Al fine di favorire la raccolta differenziata di rifiuti urbani e assimilati, la misura del tributo di cui all'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è modulata in base alla quota percentuale di superamento del livello di raccolta differenziata (RD), fatto salvo l'ammontare minimo fissato dal comma 29 dell'articolo 3 della medesima legge n. 549 del 1995, secondo la tabella seguente:
Superamento del livello di RD rispetto alla normativa statale Riduzione del tributo
da 0,01 per cento fino alla percentuale inferiore al 10 per cento 30 per cento
10 per cento 40 per cento
15 per cento 50 per cento
20 per cento 60 per cento
25 per cento 70 per cento

(884)

3-ter.  Per la determinazione del tributo si assume come riferimento il valore di RD raggiunto nell'anno precedente. Il grado di efficienza della RD è calcolato annualmente sulla base dei dati relativi a ciascun comune. (884) (892)

3-quater.  La regione, avvalendosi del supporto tecnico-scientifico del gestore del catasto regionale dei rifiuti o di altro organismo pubblico che già svolge tale attività, definisce, con apposita deliberazione, il metodo standard per calcolare e verificare le percentuali di RD dei rifiuti solidi urbani raggiunte in ogni comune, sulla base di linee guida definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La regione individua i formati, i termini e le modalità di rilevamento e trasmissione dei dati che i comuni sono tenuti a comunicare ai fini della certificazione della percentuale di RD raggiunta, nonché le modalità di eventuale compensazione o di conguaglio dei versamenti effettuati in rapporto alle percentuali da applicare. (887) (891)

3-quinquies.  La trasmissione dei dati di cui al comma 3-quater è effettuata annualmente dai comuni attraverso l'adesione al sistema informatizzato adottato per la tenuta del catasto regionale dei rifiuti. L'omessa, incompleta o inesatta trasmissione dei dati determina l'esclusione del comune dall'applicazione della modulazione del tributo di cui al comma 3-bis. (884)

3-sexies.  L'ARPA o l'organismo di cui al comma 3-quater provvede alla validazione dei dati raccolti e alla loro trasmissione alla regione, che stabilisce annualmente il livello di RD relativo a ciascun comune e a ciascun ambito territoriale ottimale, ai fini dell'applicazione del tributo. (884)

3-septies.  L'addizionale di cui al comma 3 non si applica ai comuni che hanno ottenuto la deroga di cui al comma 1-bis oppure che hanno conseguito nell'anno di riferimento una produzione pro capite di rifiuti, come risultante dai dati forniti dal catasto regionale dei rifiuti, inferiore di almeno il 30 per cento rispetto a quella media dell'ambito territoriale ottimale di appartenenza, anche a seguito dell'attivazione di interventi di prevenzione della produzione di rifiuti. (884)

3-octies.  L'addizionale di cui al comma 3 è dovuta alle regioni e affluisce in un apposito fondo regionale destinato a finanziare gli interventi di prevenzione della produzione di rifiuti previsti dai piani regionali di cui all'articolo 199, gli incentivi per l'acquisto di prodotti e materiali riciclati di cui agli articoli 206-quater e 206-quinquies, il cofinanziamento degli impianti e attività di informazione ai cittadini in materia di prevenzione e di raccolta differenziata. (884)

4.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, vengono stabilite la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonché la nuova determinazione del coefficiente di correzione di cui all'articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2. (880)

5.  Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la disciplina attuativa di cui all'articolo 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

6.  Fatti salvi gli obiettivi indicati all'articolo 181, comma 1, lettera a), la cui realizzazione è valutata secondo la metodologia scelta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi della decisione 2011/753/UE della Commissione, del 18 novembre 2011, le regioni tramite apposita legge, e previa intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e recupero. (879) (885)

6-bis.  I rifiuti raccolti in modo differenziato non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali che ne possano compromettere le operazioni di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di altre operazioni di recupero. (888)

6-ter.  Alla disposizione di cui al comma 6-bis si può derogare nel caso di raccolta congiunta di più materiali purché ciò sia economicamente sostenibile e non pregiudichi la possibilità che siano preparati per il riutilizzo, il riciclaggio e altre operazioni di recupero e offra, al termine di tali operazioni, un risultato di qualità comparabile a quello ottenuto mediante la raccolta differenziata delle singole frazioni. (888)

6-quater.  La raccolta differenziata è effettuata almeno per la carta, i metalli, la plastica, il vetro, ove possibile per il legno, nonché per i tessili entro il 1° gennaio 2022; per i rifiuti organici; per imballaggi, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti ingombranti ivi compresi materassi e mobili. (888)

6-quinquies.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuove, previa consultazione con le associazioni di categoria, la demolizione selettiva, onde consentire la rimozione e il trattamento sicuro delle sostanze pericolose e facilitare il riutilizzo e il riciclaggio di alta qualità, di quanto residua dalle attività di costruzione e demolizione tramite la rimozione selettiva dei materiali, nonché garantire l'istituzione di sistemi di selezione dei rifiuti da costruzione e demolizione almeno per legno, frazioni minerali (cemento, mattoni, piastrelle e ceramica, pietre), metalli, vetro, plastica e gesso. (888)


(878) Comma soppresso dall'art. 2, comma 28-ter, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(879) La Corte Costituzionale, con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui assoggetta ad una previa intesa con il Ministro dell'ambiente l'adozione delle leggi con cui le Regioni possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti.

(880) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(881) Comma inserito dall'art. 21, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(882) Alinea così modificato dall'art. 21, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, dall’ art. 32, comma 1, lett. a), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(883) Comma così sostituito dall’ art. 32, comma 1, lett. b), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(884) Comma inserito dall’ art. 32, comma 1, lett. c), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(885) Comma così modificato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 32, comma 1, lett. d), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(886) Sull’applicabilità dell’addizionale prevista dal presente comma, vedi l’ art. 11-bis, comma 1, D.L. 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 aprile 2017, n. 45.

(887) Comma inserito dall’ art. 32, comma 1, lett. c), L. 28 dicembre 2015, n. 221 e, successivamente, così modificato dall’ art. 2, comma 3, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(888) Comma aggiunto dall’ art. 2, comma 3, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(889) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 205 in relazione all'art. 183, comma 1, lettera f), e dell'art. 205, comma 2, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 97, 114 e 117 della Costituzione.

(890) Vedi, anche, l'art. 1, comma 1108, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(891) Per le linee guida previste dal presente comma vedi il D.M. 26 maggio 2016.

(892) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l’art. 46-ter, comma 1, D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96.

 


ART. 205-bis  (Regole per il calcolo degli obiettivi) (893)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Gli obiettivi di cui all'articolo 181 sono calcolati tramite:

a)  il peso dei rifiuti urbani prodotti e preparati per il riutilizzo o riciclati in un determinato anno civile;
b)  il peso dei rifiuti urbani preparati per il riutilizzo calcolato come il peso dei prodotti e dei componenti di prodotti che sono divenuti rifiuti urbani e sono stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, pulizia o riparazione per consentirne il riutilizzo senza ulteriore cernita o pretrattamento;
c)  il peso dei rifiuti urbani riciclati calcolato come il peso dei rifiuti che, dopo essere stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, cernita e altre operazioni preliminari per eliminare i materiali di scarto che non sono interessati dal successivo ritrattamento e per garantire un riciclaggio di alta qualità, sono immessi nell'operazione di riciclaggio con la quale sono effettivamente ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze.

2.  Ai fini del comma 1, lettera c), il peso dei rifiuti urbani riciclati è misurato all'atto dell'immissione nell'operazione di riciclaggio.

3.  In deroga al comma 1, il peso dei rifiuti urbani riciclati può essere misurato in uscita dopo qualsiasi operazione di selezione a condizione che:

a)  tali rifiuti in uscita siano successivamente riciclati;
b)  il peso dei materiali o delle sostanze che sono rimossi con ulteriori operazioni, precedenti l'operazione di riciclaggio e che non sono successivamente riciclati, non sia incluso nel peso dei rifiuti comunicati come riciclati.

4.  Per calcolare se gli obiettivi di cui all'articolo 181, comma 4, lettere c), d) ed e), siano stati conseguiti, l'ISPRA tiene conto delle seguenti disposizioni:

a)  la quantità di rifiuti urbani biodegradabili raccolti in modo differenziato in ingresso agli impianti di trattamento aerobico o anaerobico è computata come riciclata se il trattamento produce compost, digestato o altro prodotto in uscita con analoga resa di contenuto riciclato rispetto all'apporto, destinato a essere utilizzato come prodotto, materiale o sostanza riciclati. Qualora il prodotto in uscita sia utilizzato sul terreno, lo stesso è computato come riciclato solo se il suo utilizzo comporta benefici per l'agricoltura o un miglioramento dell'ambiente;
b)  le quantità di materiali di rifiuto che hanno cessato di essere rifiuti prima di essere sottoposti ad ulteriore trattamento possono essere computati come riciclati a condizione che tali materiali siano destinati all'ottenimento di prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. I materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuti da utilizzare come combustibili o altri mezzi per produrre energia, o da incenerire, o da utilizzare in riempimenti o smaltiti in discarica, non sono computati ai fini del conseguimento degli obiettivi di riciclaggio;
c)  è possibile tener conto del riciclaggio dei metalli separati dopo l'incenerimento di rifiuti urbani, a condizione che i metalli riciclati soddisfino i criteri di qualità stabiliti con la decisione di esecuzione (UE) 2019/1004 della Commissione, del 7 giugno 2019;
d)  è possibile computare, ai fini degli obiettivi di cui all'articolo 181, comma 4, lettere a), b), c), d) ed e) i rifiuti raccolti ed inviati in un altro Stato membro per essere preparati per il riutilizzo, per essere riciclati o per operazioni di riempimento;
e)  è possibile computare i rifiuti esportati fuori dell'Unione per la preparazione per il riutilizzo o il riciclaggio soltanto se gli obblighi di cui all'articolo 188-bis sono soddisfatti e se, in conformità del regolamento (CE) n. 1013/2006, l'esportatore può provare che la spedizione di rifiuti è conforme agli obblighi di tale regolamento e il trattamento dei rifiuti al di fuori dell'Unione ha avuto luogo in condizioni che siano ampiamente equivalenti agli obblighi previsti dal pertinente diritto ambientale dell'Unione.


(893) Articolo inserito dall’ art. 2, comma 4, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 206  (Accordi, contratti di programma, incentivi) (894) (896)

In vigore dal 1 marzo 2009

1.  Nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le altre autorità competenti possono stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto:

a)  l'attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
b)  la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti;
c)  lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili;
d)  le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo;
e)  la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
f)  la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti;
g)  l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto di produzione;
h)  lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti;
i)  l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
l)  l'impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.

2.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può altresì stipulare appositi accordi e contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per: a) promuovere e favorire l'utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale di cui al regolamento (Cee) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001; b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero.

3.  Gli accordi e i contratti di programma di cui al presente articolo non possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e possono prevedere semplificazioni amministrative. (895)

4.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, sono individuate le risorse finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e sono fissate le modalità di stipula dei medesimi.

5.  Ai sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della Commissione delle Comunità europee è inoltre possibile concludere accordi ambientali che la Commissione può utilizzare nell'ambito della autoregolamentazione, intesa come incoraggiamento o riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della coregolamentazione, intesa come proposizione al legislatore di utilizzare gli accordi, quando opportuno.


(894) Articolo così sostituito dall'art. 2, comma 29, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(895) Comma così sostituito dall'art. 8-quater, comma 1, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13.

(896) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 206, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 206, commi 2 e 3, proposte in riferimento al principio di leale collaborazione nonché all'art. 118 della Costituzione.

 


ART. 206-bis  (Vigilanza e controllo in materia di gestione dei rifiuti) (898) (897)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Al fine di garantire l'attuazione delle norme di cui alla parte quarta del presente decreto con particolare riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all'efficacia, all'efficienza ed all'economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge, in particolare, le seguenti funzioni: (899)

a)  vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
b)  provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento permanente di criteri e specifici obiettivi d'azione, nonché alla definizione ed all'aggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l'elaborazione di linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne efficacia, efficienza e qualità, per promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti;
c)  predispone il Programma generale di prevenzione di cui all'articolo 225 qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti;
d)  verifica l'attuazione del Programma generale di cui all'articolo 225 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio;
e)  verifica i costi di gestione dei rifiuti, delle diverse componenti dei costi medesimi e delle modalità di gestione ed effettua analisi comparative tra i diversi ambiti di gestione, evidenziando eventuali anomalie;
f)  verifica livelli di qualità dei servizi erogati;
g)  predispone un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio e ne cura la trasmissione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
g-bis)   elabora i parametri per l'individuazione dei costi standard, comunque nel rispetto del procedimento di determinazione di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, e la definizione di un sistema tariffario equo e trasparente basato sul principio dell'ordinamento dell'Unione europea “chi inquina paga” e sulla copertura integrale dei costi efficienti di esercizio e di investimento; (900)
g-ter)   elabora uno o più schemi tipo di contratto di servizio di cui all'articolo 203; (900)
g-quater)  verifica il rispetto dei termini di cui all'articolo 204, segnalando le inadempienze al Presidente del Consiglio dei ministri; (900)
g-quinquies)  verifica il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall'Unione europea in materia di rifiuti e accerta il rispetto della responsabilità estesa del produttore da parte dei produttori e degli importatori di beni (900).

[2.  L'Osservatorio nazionale sui rifiuti è composto da nove membri, scelti tra persone, esperte in materia di rifiuti, di elevata qualificazione giuridico/amministrativa e tecnico/scientifica nel settore pubblico e privato, nominati, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, di cui: a) tre designati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzione di Presidente; b) due designati dal Ministro dello sviluppo economico, di cui uno con funzioni di vice-presidente; c) uno designato dal Ministro della salute; d) uno designato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali; e) uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze; f) uno designato dalla Conferenza Stato-regioni. (901) ]

[3.  La durata in carica dei componenti dell'Osservatorio è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90. Il trattamento economico dei componenti dell'Osservatorio è determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (901) ]

4.  Per l'espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo in materia di rifiuti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale dell'ISPRA, a tal fine utilizzando le risorse di cui al comma 6. (902)

[5.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità organizzative e di funzionamento dell'Osservatorio, nonché gli enti e le agenzie di cui esso può avvalersi. (901) ]

6.  All'onere derivante dall'esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo di cui al comma 4 dell'articolo 178-ter e al presente articolo, pari a due milioni di euro, aggiornato annualmente al tasso di inflazione, provvedono, tramite contributi di pari importo complessivo, il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 224, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e i Consorzi di cui agli articoli 233, 234, 235, 236 nonché quelli istituiti ai sensi degli articoli 227 e 228. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento e successivamente entro il 31 gennaio di ogni anno, determina l'entità del predetto onere da porre in capo ai Consorzi e soggetti predetti. Dette somme sono versate dal Consorzio Nazionale Imballaggi e dagli altri soggetti e Consorzi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e della finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (903) (904)


(897) Articolo inserito dall'art. 2, comma 29-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(898) Rubrica così sostituita dall’ art. 29, comma 1, lett. a), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(899) Alinea così modificato dall'art. 29, comma 1, lett. b), n. 1), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(900) Lettera aggiunta dall'art. 29, comma 1, lett. b), n. 2), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(901) Comma abrogato dall'art. 29, comma 1, lett. c), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(902) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 1, lett. d), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(903) Comma così modificato dall'art. 29, comma 1, lett. e), L. 28 dicembre 2015, n. 221 e, successivamente, dall’ art. 2, comma 4-bis, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(904)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per l’anno 2016, il D.M. 28 marzo 2018 e, per l’anno 2017, il D.M. 27 maggio 2020.

 


ART. 206-ter  (Accordi e contratti di programma per incentivare l'acquisto di prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi) (905)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.   Al fine di incentivare il risparmio e il riciclo di materiali attraverso il sostegno all'acquisto di prodotti derivanti da materiali riciclati post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, può stipulare appositi accordi e contratti di programma:

a)  con le imprese che producono beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorità per i beni provenienti dai rifiuti;
b)  con enti pubblici;
c)   con soggetti pubblici o privati;
d)   con le associazioni di categoria, ivi comprese le associazioni di aziende che si occupano di riuso, preparazione al riutilizzo e riciclaggio;
e)   con associazioni senza fini di lucro, di promozione sociale nonché con imprese artigiane e imprese individuali;
f)   con i soggetti incaricati di svolgere le attività connesse all'applicazione del principio di responsabilità estesa del produttore.

2.  Gli accordi e i contratti di programma di cui al comma 1 hanno ad oggetto:

a)   l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di produzione di beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorità per i beni provenienti dai rifiuti per i quali devono essere perseguiti obiettivi di raccolta e riciclo nel rispetto del presente decreto e della normativa dell'Unione europea, e l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di produzione e di preparazione dei materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi per il loro riutilizzo e di attività imprenditoriali di produzione e di commercializzazione di prodotti e componenti di prodotti reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
b)  l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di commercializzazione di aggregati riciclati marcati CE e definiti secondo le norme UNI EN 13242: 2013 e UNI EN 12620: 2013, nonché di prodotti derivanti da rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e da pneumatici fuori uso ovvero realizzati con i materiali plastici provenienti dal trattamento dei prodotti giunti a fine vita, così come definiti dalla norma UNI 10667-13: 2013, dal post consumo o dal recupero degli scarti di produzione;
c)   l'erogazione di incentivi in favore dei soggetti economici e dei soggetti pubblici che acquistano prodotti derivanti dai materiali di cui alle lettere a) e b).

3.  Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, individua con decreto le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente da destinare, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi e ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e fissa le modalità di stipulazione dei medesimi accordi e contratti secondo criteri che privilegino prioritariamente le attività per il riutilizzo, la produzione o l'acquisto di beni riciclati utilizzati per la stessa finalità originaria e sistemi produttivi con il minor impatto ambientale rispetto ai metodi tradizionali.


(905) Articolo inserito dall’ art. 23, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


ART. 206-quater  (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi) (906) (907)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.   Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce con decreto il livello degli incentivi, anche di natura fiscale, e le percentuali minime di materiale post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere erogati gli incentivi di cui all'articolo 206-ter, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riciclando i materiali, tenendo conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti. La presenza delle percentuali di materiale riciclato e riciclato post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi può essere dimostrata tramite certificazioni di enti riconosciuti. Il medesimo decreto stabilisce gli strumenti e le misure di incentivazione per il commercio e per l'acquisto di prodotti e componenti di prodotti usati per favorire l'allungamento del ciclo di vita dei prodotti.

2.  Per l'acquisto e la commercializzazione di manufatti realizzati in materiali polimerici misti riciclati, l'incentivo erogato varia a seconda della categoria di prodotto, in base ai criteri e alle percentuali stabiliti dall'allegato L-bis alla presente parte.

3.   Gli incentivi di cui al comma 2 si applicano ai soli manufatti che impiegano materiali polimerici eterogenei da riciclo post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi in misura almeno pari alle percentuali indicate dall'allegato L-bis alla presente parte. Il contenuto di materiali polimerici eterogenei da riciclo nei manufatti di cui al presente comma deve essere garantito da idonea certificazione, sulla base della normativa vigente.

4.   Gli incentivi di cui al presente articolo possono essere fruiti nel rispetto delle regole in materia di aiuti di importanza minore concessi dagli Stati membri dell'Unione europea in favore di talune imprese o produzioni, di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013.


(906) Articolo inserito dall’ art. 23, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(907) Vedi, anche, l’ art. 23, comma 3, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


ART. 206-quinquies  (Incentivi per l'acquisto e la commercializzazione di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi) (908) (909)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.   Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotta, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento che stabilisce i criteri e il livello di incentivo, anche di natura fiscale, per l'acquisto di manufatti che impiegano materiali post consumo riciclati o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, ivi inclusi quelli provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti diversi dal materiale polimerico.


(908) Articolo inserito dall’ art. 23, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(909) Vedi, anche, l’ art. 23, comma 3, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


ART. 206-sexies  (Azioni premianti l'utilizzo di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi negli interventi concernenti gli edifici scolastici, le pavimentazioni stradali e le barriere acustiche) (910)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Le amministrazioni pubbliche, nelle more dell'adozione da parte delle regioni di specifiche norme tecniche per la progettazione esecutiva degli interventi negli edifici scolastici, al fine di consentirne la piena fruibilità dal punto di vista acustico, prevedono, nelle gare d'appalto per l'incremento dell'efficienza energetica delle scuole e comunque per la loro ristrutturazione o costruzione, l'impiego di materiali e soluzioni progettuali idonei al raggiungimento dei valori indicati per i descrittori acustici dalla norma UNI 11367: 2010 e dalla norma UNI 11532: 2014. Nei bandi di gara sono previsti criteri di valutazione delle offerte ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con il decreto di cui al comma 3 del presente articolo.

2.   Nelle gare d'appalto per la realizzazione di pavimentazioni stradali e barriere acustiche, anche ai fini dell'esecuzione degli interventi di risanamento acustico realizzati ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2000, le amministrazioni pubbliche e gli enti gestori delle infrastrutture prevedono criteri di valutazione delle offerte ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con i decreti di cui al comma 3 del presente articolo.

3.   Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con uno o più decreti, anche attraverso i decreti di attuazione del Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell'8 maggio 2008, definisce:

a)  l'entità dei punteggi premianti e le caratteristiche dei materiali che ne beneficeranno, quali quelli indicati all'articolo 206-ter, comma 2, lettera a), e quelli derivanti dall'utilizzo di polverino da pneumatici fuori uso;
b)   i descrittori acustici da tenere in considerazione nei bandi di gara e i relativi valori di riferimento;
c)   le percentuali minime di residui di produzione e di materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere assegnati i punteggi premianti, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riutilizzando i materiali, tenendo conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti;
d)  i materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che non possono essere utilizzati senza operazioni di pre-trattamento finalizzate a escludere effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana.


(910) Articolo inserito dall’ art. 23, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


ART. 207  (Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti) (911) (912) (913)

In vigore dal 25 novembre 2006

[1.  L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti di cui all'articolo 159, di seguito denominata «Autorità», garantisce e vigila in merito all'osservanza dei principi ed al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta del presente decreto, con particolare riferimento all'efficienza, all'efficacia, all'economicità ed alla trasparenza del servizio.

2.  L'Autorità, oltre alle attribuzioni individuate dal presente articolo, subentra in tutte le altre competenze già assegnate dall'articolo 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, all'Osservatorio nazionale sui rifiuti, il quale continua ad operare sino all'entrata in vigore del regolamento di cui al comma 4 dell'articolo 159 del presente decreto.

3.  La struttura e la composizione dell'Autorità sono disciplinate dall'articolo 159.

4.  L'autorità svolge le funzioni previste dall'articolo 160.

5.  Per l'espletamento dei propri compiti ed al fine di migliorare, incrementare ed adeguare agli standard europei, alle migliori tecnologie disponibili ed alle migliori pratiche ambientali gli interventi in materia di tutela delle acque interne, di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, nonché di aumentare l'efficienza di detti interventi anche sotto il profilo della capacità di utilizzare le risorse derivanti da cofinanziamenti, l'Autorità si avvale della Segreteria tecnica di cui all'articolo 1, comma 42, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente. Essa può avvalersi, altresì, di organi ed uffici ispettivi e di verifica di altre amministrazioni pubbliche. ]


(911) Articolo abrogato dall'art. 1, comma 5, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, a decorrere dal 25 novembre 2006.

(912) A norma dell'art. 29, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221 tutti i richiami all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e all’Autorità di cui al presente articolo si intendono riferiti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

(913) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’artt. 207, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione.

 


CAPO IV

AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI

(commento di giurisprudenza)

ART. 208  (Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti) (938) (940) (941) (944)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto.

2.  Per le installazioni di cui all'articolo 6, comma 13, l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione di cui al presente articolo. A tal fine, in relazione alle attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti:

a)  ove un provvedimento di cui al presente articolo sia stato già emanato, la domanda di autorizzazione integrata ambientale ne riporta gli estremi;
b)  se l'istanza non riguarda esclusivamente il rinnovo o l'adeguamento dell'autorizzazione all'esercizio, prevedendo invece nuove realizzazioni o modifiche, la partecipazione alla conferenza di servizi di cui all'articolo 29-quater, comma 5, è estesa a tutti i partecipanti alla conferenza di servizio di cui all'articolo 208, comma 3;
c)  la Regione, o l'autorità da essa delegata, specifica in conferenza le garanzie finanziarie da richiedere ai sensi dell'articolo 208, comma 11, lettera g);
d)  i contenuti dell'AIA sono opportunamente integrati con gli elementi di cui all'articolo 208, comma 11;
e)  le garanzie finanziarie di cui all'articolo 208, comma 11, sono prestate a favore della Regione, o dell'autorità da essa delegata alla gestione della materia;
f)  la comunicazione di cui all'articolo 208, comma 18, è effettuata dall'amministrazione che rilascia l'autorizzazione integrata ambientale;
g)  la comunicazione di cui all'articolo 208, comma 19, è effettuata dal soggetto pubblico che accerta l'evento incidente. (917)

3.  Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l’impianto, nonché il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di 20 giorni, la documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della conferenza di servizi. La decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. (918)

4.  Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:

a)  procede alla valutazione dei progetti;
b)  acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall’ articolo 177, comma 4; (919)
c)  acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;
d)  trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione.

5.  Per l'istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

6.  Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. (920)

7.  Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell'articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione.

8.  L'istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell'autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.

9.  I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.

10.  Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilità ai sensi della normativa vigente, ove l’autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. (921)

11.  L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:

a)  i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati; (922)
b)  per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell'impianto al progetto approvato; (923)
c)  le misure precauzionali e di sicurezza da adottare; (924)
d)  la localizzazione dell'impianto autorizzato; (925)
e)  il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione; (926)
f)  le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie; (927)
g)  le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36; (928) (942)
h)  la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12;
i)  i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.

11-bis.  Le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili. (929)

12.  Salva l'applicazione dell'articolo 29-octies per le installazioni di cui all'articolo 6, comma 13, l'autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni prima della scadenza dell'autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che decide prima della scadenza dell'autorizzazione stessa. In ogni caso l'attività può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate. Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990. (914)

12-bis.  Per impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti ricompresi in un'installazione di cui all'articolo 6, comma 13, il rinnovo, l'aggiornamento e il riesame dell'autorizzazione di cui al presente articolo sono disciplinati dal Titolo III-bis della Parte Seconda, previa estensione delle garanzie finanziarie già prestate. (936)

13.  Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a)  alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b)  alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c)  alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente. (915)

14.  Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 193, comma 1, del presente decreto. (930)

15.  Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l'interessato, almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, nonché l'ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica. (931) (939) (943)

16.  Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.

17.  Fatti salvi l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all'articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all'articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'articolo 183, comma 1, lettera m). (916)

17-bis.  L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione competente al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189 attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:

a)  ragione sociale;
b)  sede legale dell’impresa autorizzata;
c)  sede dell’impianto autorizzato;
d)  attività di gestione autorizzata;
e)  i rifiuti oggetto dell’attività di gestione;
f)  quantità autorizzate;
g)  scadenza dell’autorizzazione. (932)

17-ter.  La comunicazione dei dati di cui al comma 17-bis deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi. (932)

18.  In caso di eventi incidenti sull'autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all'interessato, al Catasto dei rifiuti di cui all’ articolo 189. (933)

19.  Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata. (934)

19-bis.  Alle utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell'ambito delle attività agricole e vivaistiche e alle utenze domestiche che effettuano compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino è applicata una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani. (937)

[20.  Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata. (935) ]


(914) Comma così modificato dall'art. 2, comma 29-ter, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 22, comma 1, lett. o), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, dall’ art. 13, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(915) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 29-ter, lett. b), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(916) Comma così modificato dall'art. 2, comma 29-ter, lett. c), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(917) Comma modificato dall'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 13, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(918) Comma così sostituito dall'art. 22, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(919) Lettera così modificata dall'art. 22, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(920) Comma così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(921) Comma così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(922) Lettera così modificata dall'art. 22, comma 1, lett. e), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(923) Lettera così modificata dall'art. 22, comma 1, lett. f), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(924) Lettera così sostituita dall'art. 22, comma 1, lett. g), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(925) Lettera così modificata dall'art. 22, comma 1, lett. h), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(926) Lettera così modificata dall'art. 22, comma 1, lett. i), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(927) Lettera così sostituita dall'art. 22, comma 1, lett. l), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(928) Lettera così modificata dall'art. 22, comma 1, lett. m), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(929) Comma inserito dall'art. 22, comma 1, lett. n), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(930) Comma così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. p), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(931) Comma così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. q), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(932) Comma inserito dall'art. 22, comma 1, lett. r), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(933) Comma così sostituito dall'art. 22, comma 1, lett. s), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(934) Comma così sostituito dall'art. 22, comma 1, lett. t), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(935) Comma abrogato dall'art. 22, comma 1, lett. u), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(936) Comma inserito dall’ art. 13, comma 1, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(937) Comma inserito dall’ art. 37, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(938) In deroga a quanto previsto dal presente articolo vedi l'art. 9, comma 8, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

(939) In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi l'art. 9, comma 5, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

(940) Per il rinnovo delle autorizzazioni di cui al presente articolo, vedi l’ art. 14-bis, comma 8, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

(941) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 208, comma 10, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 208, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione.

(942) Vedi, anche, l'art. 3, comma 2-bis, D.L. 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 gennaio 2011, n. 1.

(943) Vedi, anche, l’ art. 28, comma 7-bis, D.L. 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2016, n. 229, come modificato dall’ art. 4, comma 1, lett. c), D.L. 24 ottobre 2019, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 dicembre 2019, n. 156.

(944) Vedi, anche, l’ art. 14-bis, comma 7, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

 


ART. 209  (Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale) (949) (950) (951)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell’iscrizione all’Albo di cui all’ articolo 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit, che abroga il regolamento (CE) n. 761/2001 e le decisioni della Commissione 2001/681/CE e 2006/193/CE o certificati Uni En Iso 14001, possono sostituire tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. (945)

2.  L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1, nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell'impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste.

3.  L'autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2, sostituiscono a tutti gli effetti l'autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all'esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300. Si applicano, altresì, le disposizioni sanzionatorie di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4.  L'autocertificazione e i relativi documenti mantengono l'efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all'interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1.

5.  Salva l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nell'autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2.

6.  Resta ferma l'applicazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, relativo alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del medesimo. (946)

7.  I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell'amministrazione che li rilascia, all’ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 17, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. (947)

7-bis.  La comunicazione dei dati di cui al comma 7 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi. (948)


(945) Comma così sostituito dall'art. 23, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(946) Comma sostituito dall'art. 23, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, così modificato dall’ art. 14, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(947) Comma così modificato dall'art. 23, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(948) Comma aggiunto dall'art. 23, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(949) Per il rinnovo delle autorizzazioni di cui al presente articolo, vedi l’ art. 14-bis, comma 8, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

(950) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 209, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione.

(951) Vedi, anche, l’ art. 14-bis, comma 7, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

 


ART. 210  (Autorizzazioni in ipotesi particolari) (952) (956)

In vigore dal 25 dicembre 2010

[1.  Coloro che alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto non abbiano ancora ottenuto l'autorizzazione alla gestione dell'impianto, ovvero intendano, comunque, richiedere una modifica dell'autorizzazione alla gestione di cui sono in possesso, ovvero ne richiedano il rinnovo presentano domanda alla regione competente per territorio, che si pronuncia entro novanta giorni dall'istanza. La procedura di cui al presente comma si applica anche a chi intende avviare una attività di recupero o di smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato o adibito ad altre attività. Ove la nuova attività di recupero o di smaltimento sia sottoposta a valutazione di impatto ambientale, si applicano le disposizioni previste dalla parte seconda del presente decreto per le modifiche sostanziali.

2.  Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. (955)

3.  L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:

a)  i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;
b)  i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto alla nuova forma di gestione richiesta;
c)  le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;
d)  la localizzazione dell'impianto da autorizzare;
e)  il metodo di trattamento e di recupero;
f)  i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico;
g)  le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell'impianto e ripristino del sito;
h)  le garanzie finanziarie, ove previste dalla normativa vigente, o altre equivalenti; tali garanzie sono in ogni caso ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001(Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;
i)  la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità a quanto previsto dall'articolo 208, comma 12.

4.  Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a)  alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b)  alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c)  alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente. (953)

5.  Le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 183, comma 1, lettera m), che è soggetto unicamente agli adempimenti relativi al registro di carico e scarico di cui all'articolo 190 ed al divieto di miscelazione di cui all'articolo 187. (954)

6.  Per i rifiuti in aree portuali e per le operazioni di imbarco e sbarco in caso di trasporto transfrontaliere di rifiuti si applica quanto previsto dall'articolo 208, comma 14.

7.  Per gli impianti mobili, di cui all'articolo 208, comma 15, si applicano le disposizioni ivi previste.

8.  Ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento relativo al rilascio dell'autorizzazione entro i termini previsti dal comma 1, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

9.  Le autorizzazioni di cui al presente articolo devono essere comunicate, a cura dell'amministrazione che le rilascia, all'Albo di cui all'articolo 212, comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. ]


(952) Articolo abrogato dall'art. 39, comma 3, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(953) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 29-quater, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(954) Comma così modificato dall'art. 2, comma 29-quater, lett. b), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(955) A norma dell'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» sono sostituite dalle parole «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto».

(956) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 210, proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione.

 


ART. 211  (Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione) (961) (963)

In vigore dal 25 dicembre 2010

1.  I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per l'autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:

a)  le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;
b)  gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove.

2.  La durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare altri due anni. (962)

3.  Qualora il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l'interessato può presentare istanza al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato. (957) (962)

4.  In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario, l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. (957) (958) (962)

5.  L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione che la rilascia, all’ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 16, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. (959) (962)

5-bis.  La comunicazione dei dati di cui al comma 5 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi. (960)


(957) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(958) Comma così modificato dall'art. 24, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(959) Comma così modificato dall'art. 24, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(960) Comma aggiunto dall'art. 24, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(961) Per il rinnovo delle autorizzazioni di cui al presente articolo, vedi l’ art. 14-bis, comma 8, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

(962) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 211, comma 3, proposte in riferimento agli artt. 118 e 120 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 211, commi 2-5 proposte in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, all'art. 2, lettera b), dello statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), nonché al principio di leale collaborazione.

(963) Vedi, anche, l’ art. 14-bis, comma 7, D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 212  (Albo nazionale gestori ambientali) (980)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  È costituito, presso il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, l'Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni. (970)

2.  Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all'Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri effettivi di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:

a)  due dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzioni di Presidente;
b)  uno dal Ministro dello sviluppo economico, con funzioni di vice-Presidente;
c)  uno dal Ministro della salute;
d)  uno dal Ministro dell'economia e delle finanze;
e)  uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
f)  uno dal Ministro dell'interno;
g)  tre dalle regioni;
h)  uno dall'Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;
i)  otto dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle organizzazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti e uno delle organizzazioni rappresentative delle imprese che effettuano attività di bonifica dei siti e di bonifica di beni contenenti amianto. Per ogni membro effettivo è nominato un supplente. (972)

3.  Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono composte: (971)

a)  dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all'uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;
b)  da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;
c)  da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;
d)  da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; (971)
[e)  da due esperti designati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie economiche; (964)]
[f)  da due esperti designati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. (964)]

[4.  Le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell'Albo sono svolte, sino alla scadenza del loro mandato, rispettivamente dal Comitato nazionale e dalle Sezioni regionali dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti già previsti all'articolo 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, integrati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dai nuovi componenti individuati ai sensi, rispettivamente, del comma 2, lettera 1), e del comma 3, lettere e) ed f), nel rispetto di quanto previsto dal comma 16. (973) ]

5.  L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, e al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, limitatamente all'attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli. Per le aziende speciali, i consorzi di comuni e le società di gestione dei servizi pubblici di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'iscrizione all'Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di cui al presente comma, già effettuate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro naturale scadenza. (965) (984)

6.  L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l’iscrizione abilita allo svolgimento delle attività medesime. (974)

7.  Gli enti e le imprese iscritte all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte. (974)

8.  I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un'apposita sezione dell'Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell'Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l'interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 241 del 1990:

a)  la sede dell'impresa, l'attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti;
b)  le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti
c)  gli estremi identificativi e l'idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo;
d)  l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406.

L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l'impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all'iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. (966) (981)

9.  Le imprese tenute ad aderire al sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui all'articolo 188-bis, procedono all'iscrizione al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti istituito ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, attraverso la piattaforma telematica dell'Albo nazionale gestori ambientali, che fornisce mediante le Sezioni regionali e provinciali il necessario supporto tecnico operativo, ed assicura la gestione dei rapporti con l'utenza e la riscossione dei contributi. (978)

10.  L’iscrizione all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, per l’attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi, è subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato i cui importi e modalità sono stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Fino alla data di entrata in vigore dei predetti decreti si applicano la modalità e gli importi previsti dal decreto del Ministro dell’ambiente in data 8 ottobre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 1997, come modificato dal decreto del Ministro dell’ambiente in data 23 aprile 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 26 giugno 1999. (974)

11.  Le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 2, lettera g). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. (974)

12.  Sono iscritti all’Albo le imprese e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti ai quali, nell’ambito del trasporto intermodale, sono affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa ferroviaria o navale o dell’impresa che effettua il successivo trasporto, nel caso di trasporto navale, il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, è delegato dall’armatore o noleggiatore, che effettuano il trasporto, per gli adempimenti relativi al sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui all'articolo 188-bis. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie. (975)

13.  L'iscrizione all'Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell'iscrizione, nonché l'accettazione, la revoca e lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell'Albo della regione ove ha sede legale l'impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale. (974) (981)

14.  Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo. (968)

15.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i requisiti dei responsabili tecnici delle medesime, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione. Fino all'adozione del predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406, e delle deliberazioni del Comitato nazionale dell’Albo. Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:

a)  individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;
b)  coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, sul trasporto ferroviario, sul trasporto via mare e per via navigabile interna, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a);
c)  effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione;
d)  ridefinizione dei diritti annuali d’iscrizione relativi alle imprese di trasporto dei rifiuti iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali;
e)  interconnessione e interoperabilità con le pubbliche amministrazioni competenti alla tenuta di pubblici registri;
f)  riformulazione del sistema disciplinare-sanzionatorio dell’Albo e delle cause di cancellazione dell’iscrizione;
g)  definizione delle competenze e delle responsabilità del responsabile tecnico. (974) (983)

16.  Nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, la cui abrogazione è differita al momento della pubblicazione dei suddetti decreti. (974)

17.  Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Fino all'adozione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente in data 29 dicembre 1993, e successive modificazioni, e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente in data 13 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 1° marzo 1995. Le somme di cui all’articolo 7, comma 7, del decreto del Ministro dell’ambiente 29 dicembre 1993 sono versate al Capo XXXII, capitolo 2592, articolo 04, dell’entrata del Bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, al Capitolo 7083 (spesa corrente funzionamento registro) dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. (979)

18.  I compensi da corrispondere ai componenti del Comitato nazionale dell’Albo e delle Sezioni regionali dell’Albo sono determinati ai sensi dell’ articolo 7, comma 5, del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, 406. (969)

19.  La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio di un'attività privata può essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell'attività non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell'Albo. (974)

19-bis.  Sono esclusi dall'obbligo di iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, produttori iniziali di rifiuti, per il trasporto dei propri rifiuti effettuato all'interno del territorio provinciale o regionale dove ha sede l'impresa ai fini del conferimento degli stessi nell'ambito del circuito organizzato di raccolta di cui alla lettera pp) del comma 1 dell'articolo 183. (977)

[20.  Le imprese iscritte all'Albo con procedura ordinaria ai sensi del comma 5 sono esentate dall'obbligo della comunicazione di cui al comma 18 se lo svolgimento dell'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell'articolo 216 ed effettivamente avviati al riciclaggio e al recupero non comporta variazioni della categoria, della classe e della tipologia di rifiuti per le quali tali imprese sono iscritte. (976) ]

[21.  Alla comunicazione di cui al comma 18 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alle imprese che svolgono le attività di cui al comma 18 a seguito di comunicazione corredata da documentazione incompleta o inidonea, si applica il disposto di cui all'articolo 256, comma 1. (976) ]

[22.  I soggetti firmatari degli accordi e contratti di programma previsti dall'articolo 181 e dall'articolo 206 sono iscritti presso un'apposita sezione dell'Albo, a seguito di semplice richiesta scritta e senza essere sottoposti alle garanzie finanziarie di cui ai commi 8 e 9. (967) ]

[23.  Sono istituiti presso il Comitato nazionale i registri delle imprese autorizzate alla gestione di rifiuti, aggiornati ogni trenta giorni, nei quali sono inseriti, a domanda, gli elementi identificativi dell'impresa consultabili dagli operatori secondo le procedure fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I registri sono pubblici e, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono resi disponibili al pubblico, senza oneri, anche per via telematica, secondo i criteri fissati dal predetto decreto (982). Le Amministrazioni autorizzanti comunicano al Comitato nazionale, subito dopo il rilascio dell'autorizzazione, la ragione sociale dell'impresa autorizzata, l'attività per la quale viene rilasciata l'autorizzazione, i rifiuti oggetto dell'attività di gestione, la scadenza dell'autorizzazione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell'autorizzazione stessa. Nel caso di ritardo dell'Amministrazione superiore a trenta giorni dal rilascio dell'autorizzazione, l'impresa interessa ta può inoltrare copia autentica del provvedimento, anche per via telematica, al Comitato nazionale, che ne dispone l'inserimento nei registri. (976) ]

[24.  Le imprese che effettuano attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi nel luogo di produzione dei rifiuti stessi ai sensi dell'articolo 215 sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste dal medesimo articolo. (967) ]

[25.  Le imprese che svolgono operazioni di recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 216 sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste dal medesimo articolo. (967) ]

[26.  Per la tenuta dei registri di cui ai commi 22, 23, 24 e 25 gli interessati sono tenuti alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione, per ogni tipologia di registro, pari a 50 euro, rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. I diritti di cui al commi 8, 24 e 25 sono versati, secondo le modalità di cui al comma 16, alla competente Sezione regionale dell'Albo, che procede a contabilizzarli separatamente e ad utilizzarli integralmente per l'attuazione dei medesimi commi. (976) ]

[27.  La tenuta dei registri di cui ai commi 22 e 23 decorre dall'entrata in vigore del decreto di cui al comma 16. (976) ]

[28.  Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. (976) ]


(964) Lettera soppressa dall'art. 2, comma 30, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(965) Comma modificato dall'art. 2, commi 30 e 31, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(966) Comma sostituito dall'art. 2, comma 30, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, modificato dall'art. 4-quinquies, comma 1, lett. b), D.L. 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 205. Infine, il presente comma è stato così sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(967) Comma abrogato dall'art. 2, comma 30, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Successivamente, tale abrogazione è stata confermata dall'art. 25, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(968) Comma sostituito dall'art. 2, comma 31, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(969) Comma modificato dall'art. 2, comma 31, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(970) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(971) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(972) Comma così sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(973) Comma abrogato dall'art. 25, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(974) Comma così sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(975) Comma sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, così modificato dall’ art. 2, comma 5, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

In precedenza, il presente comma era stato abrogato dall'art. 2, comma 30, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(976) Comma abrogato dall'art. 25, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(977) Comma inserito dall’ art. 11, comma 12-quinquies, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.

(978) Comma sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 2, comma 5, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(979) Comma sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, così modificato dall’ art. 2, comma 5, lett. c), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(980) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 212 proposte in riferimento agli artt. 11, 76 e 117 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, non fondate le questione di legittimità costituzionale dell'art. 212, comma 2, proposte in riferimento agli artt. 114, 117 e 118 della Costituzione.

(981) L'iscrizione all'Albo prevista dal presente comma è stata disciplinata con deliberazione 26 aprile 2006, modificata dall'art. 1, deliberazione 4 luglio 2007, e con deliberazione 3 marzo 2008.

(982) Per l'istituzione del registro delle imprese autorizzate alla gestione dei rifiuti, vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

(983) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 3 giugno 2014, n. 120.

(984) Vedi, anche, la Deliberazione 18 novembre 2015, n. 04/CN/ALBO.

 


ART. 213  (Autorizzazioni integrate ambientali)

In vigore dal 25 dicembre 2010

1.  Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste: (985)

a)  le autorizzazioni di cui al presente capo;
b)  la comunicazione di cui all'articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse dall'autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V. (985)

[2.  Al trasporto dei rifiuti di cui alla lista verde del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, destinati agli impianti di cui al comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto. (986) ]


(985) A norma dell'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» sono sostituite dalle parole «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto».

(986) Comma abrogato dall'art. 26, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

 


CAPO V

PROCEDURE SEMPLIFICATE

(commento di giurisprudenza)

ART. 214  (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate) (987)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 177, comma 4.

2.  Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.

3.  Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:

a)  siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;
b)  i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c)  sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;
d)  siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi 1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3.

4.  Sino all'adozione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno 2002, n. 161.

5.  L’adozione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'Allegato III del regolamento (CE), n. 1013/2006.

6.  Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato è tenuto a versare alla provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’emanazione del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 21 luglio 1998, n. 350. All’attuazione dei compiti indicati dal presente comma le Province provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

7.  La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali.
L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211.

7-bis.  In deroga a quanto stabilito dal comma 7, ferme restando le disposizioni delle direttive e dei regolamenti dell'Unione europea, gli impianti di compostaggio aerobico di rifiuti biodegradabili derivanti da attività agricole e vivaistiche o da cucine, mense, mercati, giardini o parchi, che hanno una capacità di trattamento non eccedente 80 tonnellate annue e sono destinati esclusivamente al trattamento di rifiuti raccolti nel comune dove i suddetti rifiuti sono prodotti e nei comuni confinanti che stipulano una convenzione di associazione per la gestione congiunta del servizio, acquisito il parere dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) previa predisposizione di un regolamento di gestione dell'impianto che preveda anche la nomina di un gestore da individuare in ambito comunale, possono essere realizzati e posti in esercizio con denuncia di inizio di attività ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, anche in aree agricole, nel rispetto delle prescrizioni in materia urbanistica, delle norme antisismiche, ambientali, di sicurezza, antincendio e igienico-sanitarie, delle norme relative all'efficienza energetica nonché delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. (988)

8.  Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 216, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia.

9.  Le province comunicano al catasto dei rifiuti di cui all’ articolo 189, attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3:

a)  ragione sociale;
b)  sede legale dell’impresa;
c)  sede dell’impianto;
d)  tipologia di rifiuti oggetto dell’attività di gestione;
e)  relative quantità;
f)  attività di gestione;
g)  data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3.

10.  La comunicazione dei dati di cui al comma 9 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.

11.  Con uno o più decreti, emanati ai sensi dell’ articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono individuate le condizioni alle quali l’utilizzo di un combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al regime di cui al Titolo III-bis della Parte II, dotati di certificazione di qualità ambientale, sia da qualificarsi, ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti decreti possono stabilire, nel rispetto dell’ articolo 177, comma 4, le opportune modalità di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte, per l’aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale, con effetto di assorbimento e sostituzione di ogni altro prescritto atto di assenso. Alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l’alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell’ambito del sito dello stabilimento qualora non già autorizzate ai sensi del precedente periodo, si applica il regime di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.


(987) Articolo modificato dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituito dall'art. 27, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(988) Comma inserito dall’ art. 37, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


ART. 214-bis  (Sgombero della neve) (989)

In vigore dal 25 dicembre 2010

1.  Le attività di sgombero della neve effettuate dalle pubbliche amministrazioni o da loro delegati, dai concessionari di reti infrastrutturali o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lettera a) del comma 1 dell'articolo 183.


(989) Articolo inserito dall'art. 28, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

 


ART. 214-ter  (Determinazione delle condizioni per l'esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata) (990)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  L'esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo di prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti, di cui all'articolo 183, comma 1, lettera q), sono avviate, a partire dall'entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, mediante segnalazione certificata di inizio di attività ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

2.  Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità operative, le dotazioni tecniche e strutturali, i requisiti minimi di qualificazione degli operatori necessari per l'esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo, le quantità massime impiegabili, la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti, nonché le condizioni specifiche di utilizzo degli stessi in base alle quali prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono sottoposti a operazioni di preparazione per il riutilizzo.


(990) Articolo inserito dall’ art. 2, comma 6, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 215  (Autosmaltimento)

In vigore dal 25 dicembre 2010

1.  A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. (991)

2.  Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:

a)  il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;
b)  il ciclo di provenienza dei rifiuti;
c)  le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti;
d)  le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;
e)  la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell'ambiente.

3.  La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale deve risultare: (992)

a)  il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;
b)  il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente. (994)

4.  La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione. (993)

5.  La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.

6.  Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti. (994)


(991) Comma così modificato dall'art. 2, comma 33, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall'art. 29, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(992) Alinea così modificato dall'art. 2, comma 34, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(993) Comma così modificato dall'art. 2, comma 35, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(994) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 215, commi 3 e 6, proposte in riferimento all'art. 117 della Costituzione.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 216  (Operazioni di recupero) (1006) (1007)

In vigore dal 21 agosto 2014

1.  A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione. (1000) (1009)

2.  Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare:

a)  per i rifiuti non pericolosi:
1)  le quantità massime impiegabili;
2)  la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;
3)  le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
b)  per i rifiuti pericolosi:
1)  le quantità massime impiegabili;
2)  la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;
3)  le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;
4)  gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;
5)  le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.

3.  La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti: (997)

a)  il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;
b)  il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;
c)  le attività di recupero che si intendono svolgere;
d)  lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l'utilizzo di eventuali impianti mobili;
e)  le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero. (1008)

4.  La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione. (998)

5.  La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.

6.  La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifica sostanziale dell'impianto.

7.  Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo al recupero. (1001)

8.  Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all'articolo 214, comma 4, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l'osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell'utilizzazione dei rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti, nonché come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e di quanto previsto dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, nonché dalla direttiva 2009/28/CE e dalle relative disposizioni di recepimento. (995) (999)

8-bis.  Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto. (1002)

8-ter.  Fatto salvo quanto previsto dal comma 8, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni (1002).

8-quater.  Le attività di trattamento disciplinate dai regolamenti di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, che fissano i criteri che determinano quando specifici tipi di rifiuti cessano di essere considerati rifiuti, sono sottoposte alle procedure semplificate disciplinate dall’articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai predetti regolamenti, con particolare riferimento:

a)  alla qualità e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare;
b)  alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attività;
c)  alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio;
d)  alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati. (1005)

8-quinquies.  L’operazione di recupero può consistere nel mero controllo sui materiali di rifiuto per verificare se soddisfino i criteri elaborati affinché gli stessi cessino di essere considerati rifiuti nel rispetto delle condizioni previste. Questa è sottoposta, al pari delle altre, alle procedure semplificate disciplinate dall’articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai predetti regolamenti con particolare riferimento:

a)  alla qualità e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare;
b)  alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attività;
c)  alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio;
d)  alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati. (1005)

8-sexies.  Gli enti e le imprese che effettuano, ai sensi delle disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269, e dell’articolo 9-bis del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, operazioni di recupero di materia prima secondaria da specifiche tipologie di rifiuti alle quali sono applicabili i regolamenti di cui al comma 8-quater del presente articolo, adeguano le proprie attività alle disposizioni di cui al medesimo comma 8-quater o all’articolo 208 del presente decreto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei predetti regolamenti di cui al comma 8-quater. Fino alla scadenza di tale termine è autorizzata la continuazione dell’attività in essere nel rispetto delle citate disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio n. 161 del 2002 e n. 269 del 2005 e dell’articolo 9-bis del decreto-legge n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210 del 2008. Restano in ogni caso ferme le quantità massime stabilite dalle norme di cui al secondo periodo. (1005)

8-septies.  Al fine di un uso più efficiente delle risorse e di un’economia circolare che promuova ambiente e occupazione, i rifiuti individuati nella lista verde di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, possono essere utilizzati negli impianti industriali autorizzati ai sensi della disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale di cui agli articoli 29-sexies e seguenti del presente decreto, nel rispetto del relativo BAT References, previa comunicazione da inoltrare quarantacinque giorni prima dell’avvio dell’attività all’autorità ambientale competente. In tal caso i rifiuti saranno assoggettati al rispetto delle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario di identificazione. (1005)

[9.  Con apposite norme tecniche adottate ai sensi del comma 1, da pubblicare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, è individuata una lista di rifiuti non pericolosi maggiormente utilizzati nei processi dei settori produttivi nell'osservanza dei seguenti criteri:

a)  diffusione dell'impiego nel settore manifatturiero sulla base di dati di contabilità nazionale o di studi di settore o di programmi specifici di gestione dei rifiuti approvati ai sensi delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;
b)  utilizzazione coerente con le migliori tecniche disponibili senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
c)  impiego in impianti autorizzati. (996)
]

[10.  I rifiuti individuati ai sensi del comma 9 sono sottoposti unica mente alle disposizioni di cui agli articoli 188, comma 3,189, 190 e 193 nonché alle relative norme sanzionatorie contenute nella parte quarta del presente decreto. Sulla base delle informazioni di cui all'articolo 189 il Catasto redige per ciascuna provincia un elenco degli impianti di cui al comma 9. (996) ]

[11.  Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo ed oggettivo al recupero. (1003) ]

[12.  Le condizioni e le norme tecniche relative ai rifiuti pericolosi di cui al comma 1 sono comunicate alla Commissione dell'Unione europea tre mesi prima della loro entrata in vigore. (1003) ]

[13.  Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto. (1003) ]

[14.  Fatto salvo quanto previsto dal comma 13, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni. (1003) ]

[15.  Le comunicazioni effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto alle sezioni regionali dell'Albo sono trasmesse, a cura delle Sezioni medesime, alla provincia territorialmente competente. (1003) (1004) ]


(995) Comma così modificato dall'art. 2, comma 36, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall'art. 30, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(996) Comma soppresso dall'art. 2, comma 36, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(997) Alinea così modificato dall'art. 2, comma 37, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(998) Comma così modificato dall'art. 2, comma 38, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(999) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1000) Comma sostituito dall'art. 2, comma 39, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così modificato dall'art. 30, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1001) Comma così sostituito dall'art. 30, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1002) Comma inserito dall'art. 30, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1003) Comma abrogato dall'art. 30, comma 1, lett. e), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1004) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 39, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1005) Comma inserito dall’ art. 13, comma 4, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1006) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 249 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 216, commi 3-7 e 10-15, proposte in riferimento all'art. 117 della Costituzione.

(1007) In deroga a quanto previsto dal presente articolo vedi l'art. 9, comma 5, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

(1008) Vedi, anche, l'art. 6, comma 1, lettera m-bis), D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

(1009) Vedi, anche, l’ art. 20, comma 3, D.Lgs. 14 marzo 2014, n. 49.

 


ART. 216-bis  (Oli usati) (1010)

In vigore dal 21 agosto 2014

1.  Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi, gli oli usati sono gestiti in base alla classificazione attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell'articolo 184, nel rispetto delle disposizioni della parte IV del presente decreto e, in particolare, secondo l'ordine di priorità di cui all’ articolo 179, comma 1.

2.  In deroga a quanto previsto dall'articolo 187, comma 1, fatti salvi i requisiti di cui al medesimo articolo 187, comma 2, lettere a), b) e c), il deposito temporaneo e le fasi successive della gestione degli oli usati sono realizzati, anche miscelando gli stessi, in modo da tenere costantemente separati, per quanto tecnicamente possibile, gli oli usati da destinare, secondo l'ordine di priorità di cui all'articolo 179, comma 1, a processi di trattamento diversi fra loro. E' fatto comunque divieto di miscelare gli oli usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze. (1012)

3.  Gli oli usati devono essere gestiti:

a)  in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;
b)  in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell'ordine di priorità di cui all’ articolo 179, comma 1, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo III-bis della parte II del presente decreto e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
c)  in via residuale, qualora le modalità di trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b) non siano tecnicamente praticabili a causa della composizione degli oli usati, tramite operazioni di smaltimento di cui all’Allegato B della parte IV del presente decreto.

4.  Al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati, le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio nazionale, sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli articoli 177 e 178, nonché il principio di prossimità.

5.  Le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di rigenerazione collocati al di fuori del territorio nazionale sono valutate ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006 e, in particolare, dell’ articolo 12 del predetto regolamento.

6.  Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può individuare con uno o più decreti gli elementi da valutare secondo le facoltà concesse alle autorità di spedizione o di transito nell’esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006.

7.  Con uno o più regolamenti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi, ai sensi dell’ articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le norme tecniche per la gestione di oli usati in conformità a quanto disposto dal presente articolo. Nelle more dell'emanazione del decreto di cui al primo periodo, le autorità competenti possono autorizzare, nel rispetto della normativa dell'Unione europea, le operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in deroga all'allegato A, tabella 3, del decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392, fermi restando i limiti stabiliti dalla predetta tabella in relazione al parametro PCB/PCT. (1011)

8.  I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele oleose sono soggette alla disciplina sugli oli usati.


(1010) Articolo inserito dall'art. 31, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1011) Comma così modificato dall'art. 24, comma 1, lett. e), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

(1012) Comma così sostituito dall’ art. 14, comma 8-quinquies, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

 


ART. 216-ter  (Comunicazioni alla Commissione europea) (1013)

In vigore dal 25 dicembre 2010

1.  I piani di gestione ed i programmi di prevenzione di cui all’ articolo 199, commi 1 e 3, lettera r) e le loro eventuali revisioni sostanziali, sono comunicati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, utilizzando il formato adottato in sede comunitaria, per la successiva trasmissione alla Commissione europea.

2.  Con cadenza triennale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea le informazioni sull’applicazione della direttiva 2008/98/CE, inviando una relazione settoriale in formato elettronico sulla base di un questionario o di uno schema inviato dalla Commissione europea stessa sei mesi prima del periodo contemplato dalla citata relazione settoriale.

3.  La relazione di cui al comma 2, trasmessa la prima volta alla Commissione europea entro nove mesi dalla fine del triennio che decorre dal 12 dicembre 2010, prevede, tra l’altro, le informazioni sulla gestione degli oli usati, sui progressi compiuti nell’attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti, di cui all’ articolo 199, comma 3, lettera r), e sulle misure previste dall’eventuale attuazione del principio della responsabilità estesa del produttore, di cui all’ articolo 178-bis, comma 1, lettera a).

4.  Gli obiettivi di cui all’ articolo 181 relativi alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea con i tempi e le modalità descritte nei commi 2 e 3.

5.  La parte quarta del presente decreto nonché i provvedimenti inerenti la gestione dei rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea.


(1013) Articolo inserito dall'art. 31, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

 


TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

ART. 217  (Ambito di applicazione e finalità) (1017) (1018)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente, favorendo, fra l’altro, livelli sostenuti di riduzione dell’utilizzo di borse di plastica, nonché misure intese a prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio, ad incentivare il riutilizzo degli imballaggi, il riciclaggio e altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggio e, conseguentemente, la riduzione dello smaltimento finale di tali rifiuti, ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e dalla direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché dalla direttiva (UE) 2018/852 del Parlamento europeo e del Consiglio di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell'ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati. (1016)

2.  La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato dell'Unione europea e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici o da qualunque altro soggetto che produce o utilizza imballaggi o rifiuti di imballaggio, qualunque siano i materiali che li compongono. Gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della «responsabilità condivisa», che l'impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita. (1014)

3.  Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all'igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.

3-bis.  In attuazione dell'articolo 18 della direttiva 94/62/CE e fatte salve le ipotesi di deroga a tale disposizione previste dalla medesima direttiva o da altre disposizioni dell'ordinamento europeo, è garantita l'immissione sul mercato nazionale degli imballaggi conformi alle previsioni del presente titolo e ad ogni altra disposizione normativa adottata nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva 94/62/CE. (1015)


(1014) Comma così modificato dall’ art. 23, comma 1, lett. a), n. 1), L. 29 luglio 2015, n. 115.

(1015) Comma aggiunto dall’ art. 23, comma 1, lett. a), n. 2), L. 29 luglio 2015, n. 115.

(1016) Comma così modificato dall’ art. 9-bis, comma 1, lett. a), D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123, e, successivamente, dall’ art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1017) Rubrica così modificata dall’ art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1018) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 217 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione.

 


ART. 218  (Definizioni) (1026)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:

a)  imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;
b)  imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore;
c)  imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
d)  imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;
e)  imballaggio riutilizzabile: imballaggio o componente di imballaggio che è stato concepito, progettato e immesso sul mercato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita molteplici spostamenti o rotazioni all'interno di un circuito di riutilizzo, con le stesse finalità per le quali è stato concepito; (1022)
e-bis)  imballaggio composito: un imballaggio costituito da due o più strati di materiali diversi che non possono essere separati manualmente e formano una singola unità, composto da un recipiente interno e da un involucro esterno, e che è riempito, immagazzinato, trasportato e svuotato in quanto tale; (1023)
f)  rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione;
[g)  gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera d); (1024)]
[h)  prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività per l'ambiente sia delle materie e delle sostanze utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio nella fase del processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della distribuzione, dell'utilizzazione e della gestione post-consumo; (1024)]
[i)  riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l'imballaggio concepito e progettato per poter compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento dell'imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato; (1024)]
[l)  riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia; (1024)]
[m)  recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano rifiuti di imballaggio per generare materie prime secondarie, prodotti o combustibili, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto; (1024)]
[n)  recupero di energia: l'utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili quale mezzo per produrre energia mediante termovalorizzazione con o senza altri rifiuti ma con recupero di calore; (1024)]
[o)  riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico (biometanazione), ad opera di microrganismi e in condizioni controllate, delle parti biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di residui organici stabilizzanti o di metano, ad esclusione dell'interramento in discarica, che non può essere considerato una forma di riciclaggio organico; (1019) (1024)]
[p)  smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente un imballaggio o un rifiuto di imballaggio dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto; (1024)]
q)  operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali, le pubbliche amministrazioni e i gestori;
r)  produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;
s)  utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni;
t)  pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta del presente decreto o loro concessionari;
u)  utente finale: il soggetto che nell'esercizio della sua attività professionale acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate;
v)  consumatore: il soggetto che fuori dall'esercizio di una attività professionale acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate;
z)  accordo volontario: accordo formalmente concluso tra le pubbliche amministrazioni competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti i soggetti, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all'articolo 220; (1020)
aa)  filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la propria attività, dall'inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito di imballaggio, nonché svolge attività di recupero e riciclo a fine vita dell'imballaggio stesso;
bb)  ritiro: l'operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico, nonché dei rifiuti speciali assimilati, gestita dagli operatori dei servizi di igiene urbana o simili;
cc)  ripresa: l'operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari e terziari dall'utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore, al fornitore della merce o distributore e, a ritroso, lungo la catena logistica di fornitura fino al produttore dell'imballaggio stesso;
dd)  imballaggio usato: imballaggio secondario o terziario già utilizzato e destinato ad essere ritirato o ripreso.
dd-bis)  plastica: un polimero ai sensi dell’articolo 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e che può funzionare come componente strutturale principale delle borse; (1021)
dd-ter)  borse di plastica: borse con o senza manici, in plastica, fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti; (1021)
dd-quater)  borse di plastica in materiale leggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 50 micron fornite per il trasporto; (1021)
dd-quinquies)  borse di plastica in materiale ultraleggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 15 micron richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi; (1021)
dd-sexies)  borse di plastica oxo-degradabili: borse di plastica composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti; (1021)
dd-septies)  borse di plastica biodegradabili e compostabili: borse di plastica certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità, come stabiliti dal Comitato europeo di normazione ed in particolare dalla norma EN 13432 recepita con la norma nazionale UNI EN 13432:2002; (1021)
dd-octies)  commercializzazione di borse di plastica: fornitura di borse di plastica a pagamento o a titolo gratuito da parte dei produttori e dei distributori, nonché da parte dei commercianti nei punti vendita di merci o prodotti. (1021)

1-bis.  Ai fini del presente titolo si applicano le definizioni di “rifiuto”, “gestione dei rifiuti”, “raccolta”, “raccolta differenziata”, “prevenzione”, “riutilizzo”, “trattamento”, “recupero”, “riciclaggio” e “smaltimento” di cui all'articolo 183, comma 1, lettere a), g-bis), m), n), o), p), r), s), t), u) e z). (1025)

2.  La definizione di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 è inoltre basata sui criteri interpretativi indicati nell'articolo 3 della direttiva 94/62/CEE, così come modificata dalla direttiva 2004/12/CE e sugli esempi illustrativi riportati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.


(1019) Lettera così modificata dall’ art. 23, comma 1, lett. b), n. 1), L. 29 luglio 2015, n. 115.

(1020) Lettera così modificata dall’ art. 23, comma 1, lett. b), n. 2), L. 29 luglio 2015, n. 115.

(1021) Lettera aggiunta dall’ art. 9-bis, comma 1, lett. b), D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

(1022) Lettera così modificata dall’ art. 3, comma 2, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1023) Lettera inserita dall’ art. 3, comma 2, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1024) Lettera abrogata dall’ art. 3, comma 2, lett. c), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1025) Comma inserito dall’ art. 3, comma 2, lett. d), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1026) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 218 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione.

 


ART. 219  (Criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio) (1034)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  L'attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti principi generali:

a)  incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso iniziative, anche di natura economica in conformità ai principi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l'utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il loro concreto riutilizzo;
b)  incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l'utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati;
c)  riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero;
d)  applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati;
d-bis)   utilizzo di strumenti economici o altre misure volte ad incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti, come quelle elencate nell'allegato L ter o altri strumenti e misure appropriate (1028).

2.  Al fine di favorire la transizione verso un'economia circolare conformemente al principio “chi inquina paga”, gli operatori economici cooperano secondo il principio di responsabilità condivisa, promuovendo misure atte a garantire la prevenzione, il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio. (1029)

3.  L'attività di gestione integrata dei rifiuti di imballaggio rispetta i seguenti principi:

a)  individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che i costi di cui all'articolo 221, comma 10, del presente decreto siano sostenuti dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale, a tal fine promuovendo per tali soggetti e i relativi sistemi di responsabilità estesa del produttore, nel rispetto del principio di concorrenza, l'accesso alle infrastrutture di raccolta e selezione, in condizioni di parità tra loro, e che i Comuni ovvero gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituiti ed operanti, organizzino la raccolta differenziata;
b)  promozione di strumenti di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;
c)  informazione agli utenti finali degli imballaggi ed in particolare ai consumatori. Dette informazioni riguardano:
1)  i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
2)  il ruolo degli utenti finali di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
3)  il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;
d)  gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell'articolo 225, comma 6.
e)  gli impatti delle borse di plastica sull'ambiente e le misure necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica;
f)  la sostenibilità dell'utilizzo di borse di plastica biodegradabili e compostabili;
g)  l'impatto delle borse oxo-degradabili, come definito dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 20-bis, paragrafo 2, della direttiva 94/62/CE. (1030)

3.1.  Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 3 sono rese secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. (1031)

3-bis.  Al fine di fornire idonee modalità di informazione ai consumatori e di consentire il riconoscimento delle borse di plastica commercializzabili, i produttori delle borse di cui agli articoli 226-bis e 226-ter, ferme le certificazioni ivi previste, devono apporre su tali borse i propri elementi identificativi, nonché diciture idonee ad attestare che le borse prodotte rientrino in una delle tipologie commercializzabili. Alle borse biodegradabili e compostabili si applica il disciplinare delle etichette o dei marchi adottato dalla Commissione, ai sensi dell’articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE. (1027)

4.  In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dell'Unione europea, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono adottate le misure tecniche necessarie per l'applicazione delle disposizioni del presente titolo, con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonché agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici, ai piccoli imballaggi ed agli imballaggi di lusso. Qualora siano coinvolti aspetti sanitari, il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro della salute.

5.  Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell'Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. I produttori hanno, altresì, l'obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell'imballaggio, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione. (1032)

5-bis. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico può stabilire un livello rettificato degli obiettivi di cui all'Allegato E, per un determinato anno, tenendo conto della quota media, nei tre anni precedenti, di imballaggi per la vendita riutilizzabili immessi per la prima volta sul mercato e riutilizzati nell'ambito di un sistema di riutilizzo degli imballaggi, nel rispetto dei criteri ivi definiti. (1033)


(1027) Comma inserito dall’ art. 9-bis, comma 1, lett. d), D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

(1028) Lettera aggiunta dall’ art. 3, comma 3, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1029) Comma così sostituito dall’ art. 3, comma 3, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, che ha sostituito i commi 2 e 3 con gli attuali commi 2, 3 e 3.1.

(1030) Comma modificato dall’ art. 9-bis, comma 1, lett. c), D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 3, comma 3, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, che ha sostituito i commi 2 e 3 con gli attuali commi 2, 3 e 3.1.

(1031) Comma inserito dall’ art. 3, comma 3, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, che ha sostituito i commi 2 e 3 con gli attuali commi 2, 3 e 3.1.

(1032) Comma così modificato dall’ art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 3, comma 3, lett. c), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1033) Comma aggiunto dall’ art. 3, comma 3, lett. d), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1034) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 219 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione.

 


ART. 219-bis  (Sistema di riutilizzo di specifiche tipologie di imballaggi) (1035)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.   Conformemente alla gerarchia dei rifiuti di cui all'articolo 179, gli operatori economici adottano misure volte ad assicurare l'aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato anche attraverso l'utilizzo di sistemi di restituzione con cauzione, nonché dei sistemi per il riutilizzo degli imballaggi senza causare pregiudizio alla salute umana e nel rispetto della normativa europea, senza compromettere l'igiene degli alimenti né la sicurezza dei consumatori, nel rispetto della normativa nazionale in materia. Al fine di perseguire le predette finalità, gli operatori economici possono stipulare appositi accordi e contratti di programma ai sensi dell'articolo 206 del presente decreto.

2.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono adottate misure atte ad incentivare forme di riutilizzo attraverso, tra l'altro:

1)  la fissazione di obiettivi qualitativi e/o quantitativi;
2)  l'impiego di premialità e di incentivi economici;
3)  la fissazione di una percentuale minima di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato ogni anno per ciascun flusso di imballaggi;
4)  la promozione di campagne di sensibilizzazione rivolte ai consumatori.


(1035) Articolo inserito dall’ art. 39, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 3, comma 4, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 220  (Obiettivi di recupero e di riciclaggio) (1043)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Per conformarsi ai principi di cui all'articolo 219, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria indicati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

2.  Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all'articolo 224 acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi e comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il modello unico di dichiarazione di cui all'articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati, riferiti all'anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla Comunità sono presi in considerazione, ai fini dell'adempimento degli obblighi e del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione comprovante che l'operazione di recupero e/o di riciclaggio è stata effettuata con modalità equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria. L'Autorità di cui all'articolo 207, entro centoventi giorni dalla sua istituzione, redige un elenco dei Paesi extracomunitari in cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio sono considerate equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni e orientamenti dell'Unione europea in materia. (1036)

[3.  Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, per motivi ambientali o in considerazione del rapporto costi-benefici, il recupero energetico ove esso sia preferibile al riciclaggio, purché non si determini uno scostamento rilevante rispetto agli obiettivi nazionali di recupero e di riciclaggio. (1037) ]

4.  Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, ove opportuno, l'uso di materiali ottenuti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti mediante:

a)  il miglioramento delle condizioni di mercato per tali materiali;
b)  la revisione delle norme esistenti che impediscono l'uso di tali materiali.

5.  Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 224, comma 3, lettera e), qualora gli obiettivi complessivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti alla scadenza prevista, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, alle diverse tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di carattere economico, proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dette somme saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio. (1038)

6.  Il calcolo degli obiettivi di cui al comma 1 è effettuato su base nazionale con le seguenti modalità:

a)  è calcolato il peso dei rifiuti di imballaggio prodotti e riciclati in un determinato anno civile. La quantità di rifiuti di imballaggio prodotti può essere considerata equivalente alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nel corso dello stesso anno;
b)  il peso dei rifiuti di imballaggio riciclati è calcolato come il peso degli imballaggi diventati rifiuti che, dopo essere stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, cernita e altre operazioni preliminari, per eliminare i materiali di scarto che non sono interessati dal successivo ritrattamento e per garantire un riciclaggio di elevata qualità, sono immessi nell'operazione di riciclaggio sono effettivamente ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze;
c)  ai fini della lettera a), il peso dei rifiuti di imballaggio riciclati è misurato all'atto dell'immissione dei rifiuti nell'operazione di riciclaggio. In deroga il peso dei rifiuti di imballaggio riciclati può essere misurato in uscita dopo qualsiasi operazione di cernita, a condizione che:
1)  tali rifiuti in uscita siano successivamente riciclati;
2)  il peso dei materiali o delle sostanze che sono rimossi con ulteriori operazioni precedenti l'operazione di riciclaggio e che non sono successivamente riciclati non sia incluso nel peso dei rifiuti comunicati come riciclati. Il controllo della qualità e di tracciabilità dei rifiuti di imballaggio è assicurato dal sistema previsto dall'articolo 188-bis. (1040)

6-bis.  Per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo la quantità di rifiuti di imballaggio biodegradabili in ingresso al trattamento aerobico o anaerobico può essere considerata come riciclata se il trattamento produce compost, digestato o altro prodotto in uscita con analoga quantità di contenuto riciclato rispetto ai rifiuti immessi, destinato a essere utilizzato come prodotto, materiale o sostanza riciclati. Quando il prodotto in uscita è utilizzato sul terreno, può essere considerato come riciclato solo se il suo utilizzo comporta benefici per l'agricoltura o un miglioramento sul piano ecologico. (1041)

6-ter.  La quantità di materiali dei rifiuti di imballaggio che hanno cessato di essere rifiuti a seguito di un'operazione preparatoria prima di essere ritrattati può essere considerata riciclata, purché tali materiali siano destinati al successivo ritrattamento al fine di ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Tuttavia, i materiali che hanno cessato di essere rifiuti e che devono essere utilizzati come combustibili o altri mezzi per produrre energia o devono essere inceneriti, usati per operazioni di riempimento o smaltiti in discarica non possono essere considerati ai fini del conseguimento degli obiettivi di riciclaggio. (1041)

6-quater.   Per il calcolo degli obiettivi di cui al comma 1, il riciclaggio dei metalli separati dopo l'incenerimento dei rifiuti, proporzionalmente alla quota di rifiuti di imballaggio inceneriti, può essere computato ai fini del raggiungimento a condizione che i metalli riciclati soddisfino determinati criteri di qualità stabiliti dalla decisione di esecuzione (UE) 2019/665 della Commissione del 17 aprile 2019. (1041)

6-quinquies.  I rifiuti di imballaggio inviati in un altro Stato membro per essere riciclati in quello stesso Stato possono essere considerati ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 esclusivamente dallo Stato membro in cui sono stati raccolti tali rifiuti di imballaggio. (1041)

6-sexies.   I rifiuti di imballaggio esportati fuori dell'Unione europea sono considerati ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 da parte dello Stato membro nel quale sono stati raccolti soltanto se i requisiti di cui all'articolo 188-bis sono soddisfatti e se, in conformità del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, l'esportatore può provare che la spedizione di rifiuti è conforme agli obblighi di tale regolamento e il trattamento dei rifiuti di imballaggio al di fuori dell'Unione europea ha avuto luogo in condizioni sostanzialmente equivalenti agli obblighi previsti dal pertinente diritto ambientale dell'Unione. (1041)

7.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive notificano alla Commissione dell'Unione europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12 e 16 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994 , la relazione sull'attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che si intendono adottare nell'ambito del titolo medesimo. (1039) (1042)

8.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive forniscono periodicamente all'Unione europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell'Unione europea con la decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005. (1039)


(1036) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-bis, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, e, successivamente, dall'art. 5, comma 2-bis, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13.

(1037) Comma soppresso dall'art. 2, comma 30-bis, lett. b), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1038) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» e le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1039) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1040) Comma modificato dall’ art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 3, comma 5, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1041) Comma inserito dall’ art. 3, comma 5, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1042) Comma così modificato dall’ art. 3, comma 5, lett. c), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1043) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 220 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione.

 


ART. 220-bis  (Obbligo di relazione sull’utilizzo delle borse di plastica) (1044)

In vigore dal 13 agosto 2017

1. Il Consorzio nazionale imballaggi di cui all’articolo 224 acquisisce dai produttori e dai distributori di borse di plastica i dati necessari ad elaborare la relazione annuale prevista dall’articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE e comunica tali dati alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, avvalendosi del modello di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, che, a tal fine, è modificato con le modalità previste dalla medesima legge. Le informazioni sono fornite per via telematica e riguardano ciascuna categoria di borse di plastica di cui all’articolo 218, comma 1, lettere dd-ter), dd-quater), dd-quinquies), dd-sexies) e dd-septies).

2. I dati sono elaborati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in attuazione della metodologia di calcolo dell’utilizzo annuale pro capite di borse di plastica e dei modelli di segnalazione stabiliti ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE. Dal 27 maggio 2018, i dati relativi all’utilizzo annuale delle borse di plastica in materiale leggero sono comunicati alla Commissione europea con la relazione sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, in conformità all’articolo 12 della medesima direttiva.


(1044) Articolo inserito dall’ art. 9-bis, comma 1, lett. e), D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

 


ART. 221  (Obblighi dei produttori e degli utilizzatori) (1053)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti. I produttori e gli utilizzatori degli imballaggi sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale dei rifiuti riferibili ai propri prodotti definiti in proporzione alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale. (1052)

2.  Nell'ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all'articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall'accordo di programma di cui all'articolo 224, comma 5, adempiono all'obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario raccordo con l'attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicate nell'articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo.

3.  Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all'obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:

a)  organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull'intero territorio mazionale; (1045)
b)  aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223;
c)  attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6.

4.  Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri determinati ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera e). (1046)

5.  I produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi e a un Consorzio di cui all'articolo 223, devono presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto va presentato entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti Consorzi. Il recesso è efficace dal momento del riconoscimento del progetto e perde tale efficacia solo in caso di accertamento del mancato funzionamento del sistema. L'obbligo di corrispondere il contributo ambientale di cui all'articolo 224, comma 3, lettera h), è sospeso a seguito dell'intervenuto riconoscimento del progetto sulla base di idonea documentazione e sino al provvedimento definitivo che accerti il funzionamento o il mancato funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio. Per ottenere il riconoscimento i produttori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema sarà effettivamente ed autonomamente funzionante e che sarà in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all'articolo 220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Osservatorio, acquisiti i necessari elementi di valutazione forniti dall'ISPRA, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Osservatorio sarà tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa. Alle domande disciplinate dal presente comma si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi del presente articolo, le attività di cui al comma 3 lettere a) e c) possono essere intraprese decorsi novanta giorni dallo scadere del termine per l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come indicato nella presente norma. (1047) (1049) (1051)

6.  I produttori di cui al comma 5 elaborano e trasmettono al Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 225.

7.  Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all'Autorità prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all'articolo 225. (1051)

8.  Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all'Autorità prevista dall'articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno solare precedente, comprensiva dell'indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa. (1051)

9.  Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall'Autorità, previo avviso all'interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori l'obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al consorzio previsto dall'articolo 224. I provvedimenti dell'Autorità sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L'adesione obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo ambientale previsto dall'articolo 224, comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora. Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell'Autorità, non provvedano ad aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste dall'articolo 261. (1050) (1051)

10.  Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori, in linea con i criteri di priorità nella gestione rifiuti:

a)  i costi per il riutilizzo o la ripresa degli imballaggi secondari e terziari usati;
b)  i costi per la gestione degli imballaggi secondari e terziari;
c)  almeno l'80 per cento dei costi relativi ai servizi di cui all'articolo 222, comma 1, lettera b);
d)  i costi del successivo trasporto, nonché delle operazioni di cernita o di altre operazioni preliminari di cui all'Allegato C del presente decreto legislativo;
e)  i costi per il trattamento dei rifiuti di imballaggio;
f)  i costi per un'adeguata attività di informazione ai detentori di rifiuti sulle misure di prevenzione e di riutilizzo, sui sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti anche al fine di prevenire la dispersione degli stessi;
g)  i costi relativi alla raccolta e alla comunicazione dei dati sui prodotti immessi sul mercato nazionale, sui rifiuti raccolti e trattati, e sui quantitativi recuperati e riciclati. (1048)

11.  La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore.


(1045) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 30-ter, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall'art. 26, comma 1, lett. a), n. 1), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27.

(1046) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-ter, lett. b), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1047) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-ter, lett. c), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 5, comma 2-ter, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13, dall'art. 26, comma 1, lett. a), n. 2), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, dall’ art. 1, comma 120, lett. a), b) e c), L. 4 agosto 2017, n. 124 e, successivamente, dall’ art. 3, comma 6, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1048) Comma modificato dall'art. 2, comma 30-ter, lett. d), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 3, comma 6, lett. c), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1049) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1050) Il presente comma era stato modificato dall'art. 26, comma 1, lett. a), n. 3), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 24 marzo 2012, n. 27).

(1051) A norma dell'art. 29, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221 tutti i richiami all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e all’Autorità di cui all’art. 207 del presente provvedimento, si intendono riferiti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

(1052) Comma così modificato dall’ art. 3, comma 6, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1053) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 221 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 221, commi da 4 a 9.

 


ART. 221-bis  (Sistemi autonomi) (1054)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  I produttori che non intendono aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223, presentano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un'istanza di riconoscimento per la costituzione di un sistema autonomo in forma individuale ovvero collettiva, avente personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, retto da uno statuto, conforme ai principi del presente decreto, nonché allo “statuto tipo” di cui al comma 2.

2.  L'istanza, corredata di un progetto, è presentata entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r), ovvero prima del recesso da uno dei sistemi collettivi già esistenti. Il recesso è, in ogni caso, efficace solo dal momento in cui il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare emette il provvedimento di dichiarazione di idoneità del progetto e ne dà comunicazione ai suddetti sistemi collettivi dell'articolo 223.

3.  Il progetto è redatto secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità e contiene: a) un piano di raccolta che prevede una rete articolata sull'intero territorio nazionale, b) un piano industriale volto a garantire l'effettivo funzionamento in grado di conseguire gli obiettivi di recupero e di riciclaggio fissati dalle norme europee o dalle norme di settore nazionali. Lo statuto deve essere conforme ai principi di cui alle disposizioni del presente titolo. I proponenti determinano il contributo ambientale secondo le modalità di cui all'articolo 237. Nel progetto sono altresì individuate modalità di gestione idonee a garantire che i commercianti, i distributori, gli utenti finali e i consumatori, siano informati sulle modalità di funzionamento del sistema adottato e sui metodi di raccolta, nonché sul contributo applicato e su ogni altro aspetto per loro rilevante.

4.  Il proponente può richiedere, in qualunque momento, una fase di confronto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di definire la portata delle informazioni e il relativo livello di dettaglio della documentazione di cui al comma 3.

5.  Sulla base della documentazione trasmessa dal proponente, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro sessanta giorni dalla presentazione della istanza, verificato che il progetto contenga tutti gli elementi di cui al precedente comma 3, con un livello di dettaglio tale da consentire l'avvio della successiva istruttoria, comunica al proponente l'avvio del procedimento di riconoscimento, ovvero, qualora gli elaborati progettuali non presentano un livello di dettaglio adeguato, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica al proponente il provvedimento motivato di diniego, dichiarando la non idoneità del progetto.

6.  Acquisiti i necessari elementi di valutazione forniti dall'ISPRA e la fidejussione prevista al comma 11, entro centoventi giorni dall'avvio del procedimento, conclusa l'istruttoria amministrativa attestante l'idoneità del progetto, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è riconosciuto il sistema collettivo.

7.  A seguito del provvedimento di riconoscimento di idoneità del progetto, viene effettuata apposita attività di monitoraggio a cura del Ministero con il supporto dell'Ispra, anche attraverso un congruo numero di controlli in loco, per la durata indicata nel provvedimento stesso, volta a verificare l'effettivo funzionamento del sistema, e la conformità alle eventuali prescrizioni dettate. All'esito del monitoraggio effettuato, viene adottato provvedimento di conferma del riconoscimento, ovvero provvedimento motivato di diniego che attesta il mancato funzionamento del sistema.

8.  L'obbligo di corrispondere il contributo ambientale ad uno dei sistemi collettivi già esistenti, è sospeso a seguito dell'intervenuta dichiarazione di idoneità del progetto e sino al provvedimento definitivo di cui al comma 7. La sospensione è comunicata al sistema collettivo di provenienza.

9.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può revocare il riconoscimento nei casi in cui:

a)  il sistema adottato non operi secondo i criteri di efficienza, efficacia ed economicità;
b)  i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di riciclaggio ove previsti;
c)  il sistema adottato non adempia agli obblighi di gestione;
d)  siano stati violati gli obblighi previsti dall'articolo 221, commi 6, 7 e 8.

10.  A seguito della comunicazione di non idoneità del progetto di cui al comma 5, di mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 7, ovvero di revoca del riconoscimento di cui al comma 9, i produttori hanno l'obbligo di partecipare ad uno dei sistemi collettivi già esistenti. Ove, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione, i produttori non provvedono ad aderire ai sistemi collettivi già esistenti e a versare le somme a essi dovute a decorrere dalla data della stessa comunicazione, si applicano le sanzioni previste al Titolo VI.

11.  I proponenti, al fine di garantire la continuità della raccolta, nelle more del provvedimento definitivo di cui al comma 7, sono tenuti alla presentazione di una fideiussione bancaria a prima richiesta in favore del Ministero dell'am-biente e della tutela del territorio e del mare, pari all'importo delle entrate previste dall'applicazione del contributo ambientale di cui al comma 3. Detta garanzia sarà aggiornata sino al provvedimento definitivo di cui al comma 7.

12.  Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa. Tali sistemi si adeguano alle disposizioni di cui al presente Titolo entro il 31 dicembre 2024.


(1054) Articolo inserito dall’ art. 3, comma 7, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 222  (Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione) (1059)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituiti ed operanti, ovvero i Comuni, organizzano sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio riportati nell'allegato E, e da consentire al consumatore di conferire al servizio pubblico i rifiuti di imballaggio e le altre particolari categorie di rifiuti selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare:

a)  garantiscono la copertura della raccolta differenziata in maniera omogenea in ciascun ambito territoriale ottimale, ove costituito ed operante, ovvero in ciascun Comune, su tutto il suo territorio promuovendo per i produttori e i relativi sistemi di responsabilità estesa del produttore, nel rispetto del principio di concorrenza, l'accesso alle infrastrutture di raccolta, in condizioni di parità tra loro;
b)  garantiscono la gestione della raccolta differenziata, del trasporto, nonché delle operazioni di cernita o di altre operazioni preliminari di cui all'Allegato C del presente decreto legislativo, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti prodotti nel territorio dell'ambito territoriale ottimale, ove costituito ed operante, ovvero i Comuni. (1057)

2.  I servizi di cui alla lettera b) sono prestati secondo i criteri di efficacia, efficienza ed economicità, nonché dell'effettiva riciclabilità, sulla base delle determinazioni in merito ai costi efficienti dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA). I costi necessari per fornire tali servizi di gestione di rifiuti sono posti a carico dei produttori e degli utilizzatori nella misura almeno dell'80 per cento. Tali somme sono versate nei bilanci dei Comuni ovvero degli Enti di Gestione Territoriale Ottimale, ove costituiti e operanti nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti, al fine di essere impiegate nel piano economico finanziario relativo alla determinazione della tassa sui rifiuti (TARI). (1055)

3.  Gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituiti e operanti, ovvero i Comuni, trasmettono annualmente entro il 31 ottobre alla Regione competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un resoconto delle voci di costo sostenute per ciascun materiale, di cui all'allegato E, nonché per ciascuna tipologia di rifiuto, dimostrando l'effettivo riciclo, nonché l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dei servizi resi. (1057)

4.  Gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituiti ed operanti, ovvero i Comuni, garantiscono la gestione completa della raccolta differenziata relativa a tutte le categorie di rifiuti indicate nella direttiva 2018/851/UE all'articolo 1, paragrafo 1, numero 3, lettera a), punto 2-ter, tramite specifici accordi di programma, da sottoscrivere con i sistemi collettivi. (1057)

5.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive cura la pubblicazione delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui all'articolo 226, comma 3, e ne dà comunicazione alla Commissione dell'Unione europea. (1056)

5-bis.  Nel caso in cui il Ministero dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare accerti che le pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti, anche per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 205, ed in particolare di quelli di recupero e riciclaggio di cui all'articolo 220, può attivare azioni sostitutive ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di soggetti pubblici, ovvero sistemi collettivi o Consorzi, o privati individuati mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e d'urgenza, comunque per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, sempre che ciò avvenga all'interno di ambiti ottimali opportunamente identificati, per l'organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente. Ai Consorzi aderenti alla richiesta, per raggiungere gli obiettivi di recupero e riciclaggio previsti dall'articolo 220, è riconosciuto il valore della tariffa applicata per la raccolta dei rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei materiali e del corrispettivo dovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni merceologiche omogenee. Ai soggetti privati, selezionati per comprovata e documentata affidabilità e capacità, a cui è affidata la raccolta differenziata e conferiti i rifiuti di imballaggio in via temporanea e d'urgenza, fino all'espletamento delle procedure ordinarie di aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi in caso di impossibilità oggettiva e documentata di aggiudicazione, è riconosciuto il costo del servizio spettante ai gestori, oggetto dell'azione sostitutiva. (1058)

5-ter.  Le pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l'utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti. (1058)

5-quater.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all'articolo 224, comma 3, lettera g). (1058)


(1055) Comma modificato dall'art. 2, comma 30-terbis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 3, comma 8, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1056) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1057) Comma così sostituito dall’ art. 3, comma 8, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1058) Comma aggiunto dall’ art. 3, comma 8, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1059) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 222 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 222 sollevate, in riferimento all'art. 117 della Costituzione.

 


ART. 223  (Consorzi) (1068)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  I produttori che non provvedono ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono un Consorzio per ciascun materiale di imballaggio di cui all'allegato E della parte quarta del presente decreto, operante su tutto il territorio nazionale. Ai Consorzi possono partecipare i recuperatori, ed i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi. (1060)

2.  I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 2008, conformemente ai principi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore (1067). Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. Entro il 31 dicembre 2008 i Consorzi già riconosciuti dalla previgente normativa adeguano il proprio statuto in conformità al nuovo schema tipo e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera Concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di imballaggio. Lo statuto adottato da ciascun Consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, salvo motivate osservazioni cui i Consorzi sono tenuti ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora i Consorzi non ottemperino nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. (1061) (1065)

3.  I consorzi di cui al comma 1 e 2 sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti consorzi derivano dai contributi dei consorziati e dai versamenti effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell'articolo 224, comma 3, lettera h), secondo le modalità indicate dall'articolo 224, comma 8, dai proventi della cessione, nel rispetto dei principi della concorrenza e della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio ripresi, raccolti o ritirati, nonché da altri eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi. (1062)

4.  Ciascun Consorzio mette a punto e trasmette al CONAI e all'Osservatorio nazionale sui rifiuti un proprio programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti d'imballaggio entro il 30 settembre di ogni anno. (1063) (1066)

5.  Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui al presente articolo presentano all'Osservatorio nazionale sui rifiuti e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione. (1064) (1066)

6.  Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo sono inoltre tenuti a presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente, con l'indicazione nominativa dei consorziati, il programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio. (1064) (1066)


(1060) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30-quater, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1061) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-quater, lett. b) e c), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1062) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-quater, lett. d), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1063) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30-quater, lett. e), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1064) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-quater, lett. f), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1065) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1066) A norma dell'art. 29, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221 tutti i richiami all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e all’Autorità di cui all’art. 207 del presente provvedimento, si intendono riferiti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

(1067) Per l'approvazione dello schema-tipo di statuto dei consorzi per ciascun materiale di imballaggio operanti su tutto il territorio nazionale, vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti. Per l’approvazione dello schema tipo di statuto dei Consorzi per la gestione degli imballaggi di cui al presente periodo, vedi il D.M. 26 aprile 2013 e il D.M. 24 giugno 2016.

(1068) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 223 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 223 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, e sollevata, poi, in riferimento agli articoli 76 e 118, primo comma, della Costituzione.

 


ART. 224  (Consorzio nazionale imballaggi) (1083)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta differenziata, i produttori e gli utilizzatori, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 221, comma 2, partecipano in forma paritaria al Consorzio nazionale imballaggi, in seguito denominato CONAI, che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive. (1078)

2.  Entro il 30 giugno 2008, il CONAI adegua il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui il CONAI è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il CONAI non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive. (1069) (1078)

3.  Il CONAI svolge le seguenti funzioni:

a)  definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento;
b)  definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata;
c)  elabora ed aggiorna, valutati i programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225; (1070)
d)  promuove accordi di programma con gli operatori economici per favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce l'attuazione;
e)  assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all'articolo 223, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e gli altri operatori economici, anche eventualmente destinando una quota del contributo ambientale CONAI, di cui alla lettera h), ai consorzi che realizzano percentuali di recupero o di riciclo superiori a quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all'Allegato E alla parte quarta del presente decreto. Ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero è in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal Conai; (1071)
f)  indirizza e garantisce il necessario raccordo tra le amministrazioni pubbliche, i consorzi e gli altri operatori economici; (1072)
g)  organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del Programma generale nonché campagne di educazione ambientale e di sensibilizzazione dei consumatori sugli impatti delle borse di plastica sull’ambiente, in particolare attraverso la diffusione delle informazioni di cui all’ articolo 219, comma 3, lettere d-bis), d-ter) e d-quater); (1080)
h)  ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per gli oneri di cui all'articolo 221, comma 10, lettera b), nonché gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a carico dei consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni e ai criteri di cui al comma 8, il contributo denominato contributo ambientale CONAI; (1073)
i)  promuove il coordinamento con la gestione di altri rifiuti previsto dall'articolo 222, comma 1, lettera b), anche definendone gli ambiti di applicazione;
l)  promuove la conclusione, su base volontaria, di accordi tra i consorzi di cui all'articolo 223 e i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati. Tali accordi sono relativi alla gestione ambientale della medesima tipologia di materiale oggetto dell'intervento dei consorzi con riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l'utilizzazione del contributo ambientale CONAI;
m)  fornisce i dati e le informazioni richieste dall'Autorità di cui all'articolo 207 e assicura l'osservanza degli indirizzi da questa tracciati; (1079)
n)  acquisisce da enti pubblici o privati, nazionali o esteri, i dati relativi ai flussi degli imballaggi in entrata e in uscita dal territorio nazionale e i dati degli operatori economici coinvolti. Il conferimento di tali dati al CONAI e la raccolta, l'elaborazione e l'utilizzo degli stessi da parte di questo si considerano, ai fini di quanto previsto dall'articolo 178, comma 1, di rilevante interesse pubblico ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. (1074)

4.  Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e dai consorzi di cui all'articolo 223 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati ed agli aderenti di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei predetti sistemi gestionali, dei consorzi e del CONAI.

5.  Al fine di garantire l'attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubbliche amministrazioni, CONAI ed i sistemi autonomi di cui all'articolo 221, comma, 3 lettere a) e c) promuovono e stipulano un accordo di programma quadro, di cui alla legge 241/90 e successive modificazioni, su base nazionale tra tutti gli operatori del comparto di riferimento, intendendosi i sistemi collettivi operanti e i gestori delle piattaforme di selezione (CSS), con l'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), con l'Unione delle province italiane (UPI) o con gli Enti di gestione di Ambito territoriale ottimale. In particolare, tale accordo stabilisce:

1.  la copertura dei costi di cui all'articolo 222, commi 1 e 2 del presente decreto legislativo;
2.  le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio ai fini delle attività di riciclaggio e di recupero;
3.  gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti. (1081)

5-bis.  L'accordo di programma di cui al comma 5 è costituito da una parte generale e dai relativi allegati tecnici per ciascun materiale di cui all'Allegato E. Gli allegati tecnici prevedono i corrispettivi calcolati secondo le fasce di qualità, tenendo conto delle operazioni di cernita o di altre operazioni preliminari, che sono stabilite tramite analisi merceologiche effettuate da un soggetto terzo, individuato congiuntamente dai soggetti sottoscrittori, nominato dagli Enti di governo d'ambito territoriali ottimali, ove costituiti ed operanti, ovvero dai Comuni con oneri posti a carico dei sistemi collettivi. (1082)

6.  L'accordo di programma di cui al comma 5 è trasmesso all'Autorità di cui all'articolo 207, che può richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni. (1079)

7.  Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h), sono esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione.

8.  Il contributo ambientale del Conai è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l'organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. A tali fini, tale contributo è attribuito dal Conai, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all'articolo 223, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. Il CONAI provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i proventi dell'attività, con i contributi dei consorziati e con una quota del contributo ambientale CONAI, determinata nella misura necessaria a far fronte alle spese derivanti dall'espletamento, nel rispetto dei criteri di contenimento dei costi e di efficienza della gestione, delle funzioni conferitegli dal presente titolo nonché con altri contributi e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei soggetti di cui all'articolo 221, lettere a) e c), per le attività svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge. (1075)

9.  L'applicazione del contributo ambientale CONAI esclude l'assoggettamento del medesimo bene e delle materie prime che lo costituiscono ad altri contributi con finalità ambientali previsti dalla parte quarta del presente decreto o comunque istituiti in applicazione del presente decreto.

10.  Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto un rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministro delle attività produttive. (1078)

[11.  Al Consiglio di amministrazione del CONAI non possono partecipare gli amministratori ai quali siano attribuite deleghe operative ed i titolari di cariche direttive degli organismi di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), e 223. (1076) ]

12.  In caso di mancata stipula dell'accordo di cui al comma 5, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invita le parti a trovare un'intesa entro sessanta giorni, decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, a definire il corrispettivo di cui alla lettera a) del comma 5. L'accordo di cui al comma 5 è sottoscritto, per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al ritiro dei rifiuti di ciascun materiale d'imballaggio, anche dal competente Consorzio di cui all'articolo 223. Nel caso in cui uno di questi Consorzi non lo sottoscriva e/o non raggiunga le intese necessarie con gli enti locali per il ritiro dei rifiuti d'imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni locali al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall'articolo 220. (1077)

13.  Nel caso siano superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio indicati nel programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi di cui all'articolo 225, il CONAI adotta, nell'ambito delle proprie disponibilità finanziarie, forme particolari di incentivo per il ritiro dei rifiuti di imballaggi nelle aree geografiche che non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata di cui all'articolo 205, comma 1, entro i limiti massimi di riciclaggio previsti dall'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.


(1069) Comma così modificato dall'art. 1, comma 6, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, a decorrere dal 25 novembre 2006, dall'art. 5, comma 2-bis, lett. a), D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17 e, successivamente, dall'art. 2, comma 30-quinquies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1070) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 30-quinquies, lett. b), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1071) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 30-quinquies, lett. c), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1072) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 30-quinquies, lett. d), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1073) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 30-quinquies, lett. e), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, dall’ art. 3, comma 9, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1074) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 30-quinquies, lett. f), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1075) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-quinquies, lett. g), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1076) Comma soppresso dall'art. 2, comma 30-quinquies, lett. h), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1077) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30-quinquies, lett. i), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1078) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1079) A norma dell'art. 29, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221 tutti i richiami all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e all’Autorità di cui all’art. 207 del presente provvedimento, si intendono riferiti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

(1080) Lettera così modificata dall’ art. 9-bis, comma 1, lett. f), D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

(1081) Comma così sostituito dall’ art. 3, comma 9, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, che ha sostituito l’originario comma 5 con gli attuali commi 5 e 5-bis.

(1082) Comma inserito dall’ art. 3, comma 9, lett. b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, che ha sostituito l’originario comma 5 con gli attuali commi 5 e 5-bis.

(1083) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 224 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione; ha dichiarato, inoltre, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 224 sollevate, in riferimento all'art. 118 della Costituzione.

 


ART. 225  (Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio) (1088)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221, comma 6, e 223, comma 4, il CONAI elabora annualmente un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio che individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure per conseguire i seguenti obiettivi:

a)  prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;
b)  accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili;
c)  accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili;
d)  miglioramento delle caratteristiche dell'imballaggio allo scopo di permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;
e)  realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio.

2.  Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:

a)  la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da recuperare ogni cinque anni e, nell'ambito di questo obiettivo globale, sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale in peso per ciascun materiale;
b)  gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a).

3.  Entro il 30 novembre di ogni anno il CONAI trasmette all'Osservatorio nazionale sui rifiuti un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione. (1084) (1086)

4.  La relazione generale consuntiva relativa all'anno solare precedente è trasmessa per il parere all'Autorità di cui all'articolo 207 (1087), entro il 30 giugno di ogni anno. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'ANCI si provvede alla approvazione ed alle eventuali modificazioni e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio. (1085) (1086)

5.  Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo stesso è elaborato in via sostitutiva dall'Osservatorio nazionale sui rifiuti. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi previsti dall'allegato E alla parte quarta del presente decreto. (1084) (1086)

6.  I piani regionali di cui all'articolo 199 sono integrati con specifiche previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo.


(1084) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-quinquiesbis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1085) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1086) A norma dell'art. 29, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221 tutti i richiami all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e all’Autorità di cui all’art. 207 del presente provvedimento, si intendono riferiti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

(1087) Ora «Osservatorio nazionale sui rifiuti», ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2, comma 30-quinquiesbis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1088) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 225 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione.

 


ART. 226  (Divieti) (1091)

In vigore dal 18 agosto 2015

1.  È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.

2.  Fermo restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.

3.  Possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti a tutti i requisiti essenziali stabiliti dalla direttiva 94/62/CEE e riportati nell'allegato F alla parte quarta del presente decreto. Tali requisiti si presumono soddisfatti quando gli imballaggi siano conformi alle pertinenti norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o alle norme nazionali che abbiano recepito tali norme armonizzate e, in mancanza di queste, agli standard europei fissati dal Comitato europeo di normalizzazione. In mancanza delle norme armonizzate, i requisiti essenziali stabiliti nella direttiva 94/62/CE nonché quelli di cui all'allegato F alla parte quarta del presente decreto si presumono soddisfatti quando gli imballaggi sono conformi alle pertinenti norme nazionali, adottate ai sensi del paragrafo 3 dell'articolo 9 della direttiva 94/62/CE. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono aggiornati i predetti standard, tenuto conto della comunicazione della Commissione europea 2005/C44/13. Sino all'emanazione del predetto decreto si applica l'Allegato F alla parte quarta del presente decreto. (1089) (1090)

4.  È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/CE del 19 febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la decisione 1999/177/CE del 8 febbraio 1999.

5.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono determinate, in conformità alle decisioni dell'Unione europea: (1089)

a)  le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata;
b)  le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4.


(1089) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1090) Comma così modificato dall’ art. 23, comma 1, lett. c), nn. 1) e 2), L. 29 luglio 2015, n. 115.

(1091) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 226 sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione.

 


ART. 226-bis  (Divieti di commercializzazione delle borse di plastica) (1092)

In vigore dal 13 agosto 2017

1.   Fatta salva comunque la commercializzazione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili, è vietata la commercializzazione delle borse di plastica in materiale leggero, nonché delle altre borse di plastica non rispondenti alle seguenti caratteristiche:

a)  borse di plastica riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del sacco:
1)  con spessore della singola parete superiore a 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;
2)  con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari;
b)  borse di plastica riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco:
1)  con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;
2)  con spessore della singola parete superiore a 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

2.   Le borse di plastica di cui al comma 1 non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite.


(1092) Articolo inserito dall’ art. 9-bis, comma 1, lett. g), D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

 


ART. 226-ter  (Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero) (1093)

In vigore dal 13 agosto 2017

1.   Al fine di conseguire, in attuazione della direttiva (UE) 2015/720, una riduzione sostenuta dell’utilizzo di borse di plastica, è avviata la progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero diverse da quelle aventi entrambe le seguenti caratteristiche, attestate da certificazioni rilasciate da organismi accreditati:

a)  biodegradabilità e compostabilità secondo la norma armonizzata UNI EN 13432:2002;
b)  contenuto minimo di materia prima rinnovabile secondo le percentuali di cui al comma 2, lettere a), b) e c), determinato sulla base dello standard di cui al comma 4.

2.   La progressiva riduzione delle borse di plastica in materiale ultraleggero è realizzata secondo le seguenti modalità:

a)  dal 1° gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento;
b)  dal 1° gennaio 2020, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 50 per cento;
c)  dal 1° gennaio 2021, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 60 per cento.

3.   Nell’applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2 sono fatti comunque salvi gli obblighi di conformità alla normativa sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti adottata in attuazione dei regolamenti (UE) n. 10/2011, (CE) n. 1935/2004 e (CE) n. 2023/2006, nonché il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare.

4.   Gli organismi accreditati certificano la presenza del contenuto minimo di materia prima rinnovabile determinando la percentuale del carbonio di origine biologica presente nelle borse di plastica rispetto al carbonio totale ivi presente ed utilizzando a tal fine lo standard internazionale vigente in materia di determinazione del contenuto di carbonio a base biologica nella plastica ovvero lo standard UNI CEN/TS 16640.

5.   Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite.


(1093) Articolo inserito dall’ art. 9-bis, comma 1, lett. g), D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

 


ART. 226-quater  (Plastiche monouso) (1094)

In vigore dal 1 gennaio 2019

1.   Ai fini di prevenire la produzione di rifiuti da prodotti di plastica monouso e di quella dei materiali di origine fossile, nonché di prevenire l'abbandono e di favorire la loro raccolta differenziata e il relativo riciclaggio di materia, nonché di facilitare e promuovere l'utilizzo di beni di consumo ecocompatibili coerentemente con gli obiettivi indicati nella comunicazione della Commissione europea “Strategia europea per la plastica nell'economia circolare”, COM(2018) 28 definitivo, i produttori, su base volontaria e in via sperimentale dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023:

a)  adottano modelli di raccolta differenziata e di riciclo di stoviglie in plastica da fonte fossile con percentuali crescenti di reintroduzione delle materie prime seconde nel ciclo produttivo;
b)  producono, impiegano e avviano a compostaggio stoviglie fabbricate con biopolimeri di origine vegetale;
c)   utilizzano entro il 31 dicembre 2023 biopolimeri, con particolare attenzione alle fonti di approvvigionamento nazionale, in modo massivo e in alternativa alle plastiche di fonte fossile per la produzione di stoviglie monouso.

2.  Per le finalità e gli obiettivi di cui al comma 1 i produttori promuovono:

a)  la raccolta delle informazioni necessarie alla messa a punto di materie prime, processi e prodotti ecocompatibili e la raccolta dei dati per la costruzione di Life Cycle Assessment certificabili;
b)  l'elaborazione di standard qualitativi per la:
1)  determinazione delle caratteristiche qualitative delle materie prime e degli additivi impiegabili in fase di produzione;
2)  determinazione delle prestazioni minime del prodotto durante le fasi di impiego, compreso il trasporto, lo stoccaggio e l'utilizzo;
c)   lo sviluppo di tecnologie innovative per il riciclo dei prodotti in plastica monouso;
d)   l'informazione sui sistemi di restituzione dei prodotti in plastica monouso usati da parte del consumatore.

3.  Le informazioni di cui alla lettera d) del comma 2 riguardano in particolare:

a)  i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
b)  il ruolo degli utenti di prodotti di plastica monouso e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio dei prodotti di plastica monouso e dei rifiuti di imballaggio;
c)  il significato dei marchi apposti sui prodotti di plastica monouso.

4.  Al fine di realizzare attività di studio e verifica tecnica e monitoraggio da parte dei competenti istituti di ricerca, è istituito un apposito Fondo presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con una dotazione di euro 100.000 a decorrere dall'anno 2019. Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono individuate le specifiche modalità di utilizzazione del Fondo.


(1094) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 802, L. 30 dicembre 2018, n. 145, a decorrere dal 1° gennaio 2019.

 


TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

(commento di giurisprudenza)

ART. 227  (Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto) (1095)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Fatte salve le disposizioni degli articoli 178-bis e 178-ter, ove applicabili, restano in vigore le disposizioni nazionali relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:

d)  recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248;


(1095) Articolo modificato dall’ art. 43, comma 1, lett. a) e b), L. 28 dicembre 2015, n. 221 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 3, comma 10, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 228  (Pneumatici fuori uso)

In vigore dal 1 gennaio 2019

1.  Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, nonché il disposto di cui agli articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di garantire il perseguimento di finalità di tutela ambientale secondo le migliori tecniche disponibili, ottimizzando, anche tramite attività di ricerca, sviluppo e formazione, il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale, provvedendo anche ad attività di ricerca, sviluppo e formazione finalizzata ad ottimizzare la gestione dei pneumatici fuori uso nel rispetto dell’ articolo 177, comma 1. Ai fini di cui al presente comma, un quantitativo di pneumatici pari in peso a cento equivale ad un quantitativo di pneumatici fuori uso pari in peso a novantacinque. (1097)

2.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni centoventi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono disciplinati i tempi e le modalità attuative dell'obbligo di cui al comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici è indicato in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall'obbligo di cui al comma 1. Detto contributo, parte integrante del corrispettivo di vendita, è assoggettato ad IVA ed è riportato nelle fatture in modo chiaro e distinto. Il produttore o l’importatore applicano il rispettivo contributo vigente alla data della immissione del pneumatico nel mercato nazionale del ricambio. Il contributo rimane invariato in tutte le successive fasi di commercializzazione del pneumatico con l’obbligo, per ciascun rivenditore, di indicare in modo chiaro e distinto in fattura il contributo pagato all’atto dell’acquisto dello stesso. (1100) (1096) (1101)

3.  Il trasferimento all'eventuale struttura operativa associata, da parte dei produttori e importatori di pneumatici che ne fanno parte, delle somme corrispondenti al contributo per la gestione, calcolato sul quantitativo di pneumatici immessi sul mercato nell'anno precedente costituisce adempimento dell'obbligo di cui al comma 1 con esenzione del produttore o importatore da ogni relativa responsabilità. (1098)

3-bis.  I produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate determinano annualmente l'ammontare del rispettivo contributo necessario per l'adempimento, nell'anno solare successivo, degli obblighi di cui al comma 1 e lo comunicano, entro il 31 ottobre di ogni anno, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche specificando gli oneri e le componenti di costo che giustificano l'ammontare del contributo. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se necessario, richiede integrazioni e chiarimenti al fine di disporre della completezza delle informazioni da divulgare anche a mezzo del proprio portale informatico entro il 31 dicembre del rispettivo anno. È fatta salva la facoltà di procedere nell'anno solare in corso alla rideterminazione, da parte dei produttori e degli importatori di pneumatici o le rispettive forme associate, del contributo richiesto per l'anno solare in corso. I produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate devono utilizzare, nei due esercizi successivi, gli avanzi di gestione derivanti dal contributo ambientale per la gestione di pneumatici fuori uso, anche qualora siano stati fatti oggetto di specifico accordo di programma, protocollo d'intesa o accordo comunque denominato, ovvero per la riduzione del contributo ambientale. (1099)

4.  I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di cui al comma 1 sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell'inadempimento, comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato.


(1096) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1097) Comma così modificato dall'art. 32, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, dall’ art. 1, comma 751, lett. a), L. 30 dicembre 2018, n. 145, a decorrere dal 1° gennaio 2019.

(1098) Comma così modificato dall'art. 32, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1099) Comma inserito dall'art. 24, comma 1, lett. f), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, e, successivamente, così modificato dall’ art. 1, comma 751, lett. b), L. 30 dicembre 2018, n. 145, a decorrere dal 1° gennaio 2019.

(1100) Comma così modificato dall’ art. 8-bis, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1101) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 19 novembre 2019, n. 182.

 


ART. 229  (Combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - cdr e cdr-q) (1102)

In vigore dal 25 dicembre 2010

[1.  Ai sensi e per gli effetti della parte quarta del presente decreto, il combustibile da rifiuti (Cdr), di seguito Cdr, e il combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q) di seguito CDR-Q, come definito dall'articolo 183, comma 1, lettera s), sono classificati come rifiuto speciale. (1104)

2.  [Ferma restando l'applicazione della disciplina di cui al presente articolo, è escluso dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto il combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q), di seguito CDR-Q, come definito dall'articolo 183, comma 1, lettera s), prodotto nell'ambito di un processo produttivo che adotta un sistema di gestione per la qualità basato sullo standard UNI-EN ISO 9001 e destinato all'effettivo utilizzo in co-combustione, come definita dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 11 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 14 dicembre 1999, in impianti di produzione di energia elettrica e in cementifici, come specificato nel decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2002. Il Governo è autorizzato ad apportare le conseguenti modifiche al citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002.] (1106)

3.  La produzione del CDR e del CDR-Q deve avvenire nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti e rimane comunque subordinata al rilascio delle autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio dell'impianto previste dalla parte quarta del presente decreto. Nella produzione del CDR e del CDR-Q è ammesso per una percentuale massima del cinquanta per cento in peso l'impiego di rifiuti speciali non pericolosi. Per la produzione e l'impiego del CDR è ammesso il ricorso alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216.

4.  Ai fini della costruzione e dell'esercizio degli impianti di incenerimento o coincenerimento che utilizzano il CDR si applicano le specifiche disposizioni, comunitarie e nazionali, in materia di autorizzazione integrata ambientale e di incenerimento dei rifiuti. Per la costruzione e per l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica e per i cementifici che utilizzano CDR-Q si applica la specifica normativa di settore. (1105)

5.  [Il CDR-Q è fonte rinnovabile, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in misura proporzionale alla frazione biodegradabile in esso contenuta.] (1106)

6.  [Il CDR e il CDR-Q beneficiano del regime di incentivazione di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.] (1103) ]


(1102) Articolo abrogato dall'art. 39, comma 3, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1103) Comma abrogato dall'art. 1, comma 1120, lett. h), L. 27 dicembre 2006, n. 296, a decorrere dal 1° gennaio 2007. Tale abrogazione è stata successivamente confermata dall'art. 2, comma 41, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1104) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 40, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1105) Comma così modificato dall'art. 2, comma 41, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1106) Comma soppresso dall'art. 2, comma 41, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 230  (Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.

1-bis.  I rifiuti derivanti dalla attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani. (1107)

2.  La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni.

3.  Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1.

[4.  Fermo restando quanto previsto nell'articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1. (1109) ]

5.  I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva. Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva. Il soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva è comunque tenuto all’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, prevista dall’ articolo 212, comma 5, per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti. (1108)


(1107) Comma inserito dall'art. 2, comma 30-quinquiester, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1108) Comma sostituito dall'art. 33, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, così modificato dall’ art. 7, comma 2, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1109) Comma abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 231  (Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209)

In vigore dal 1 gennaio 2020

1.  Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore.

2.  Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro.

3.  I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927,928, 929 e 923 del codice civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti. Fino all'adozione di tale decreto, trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460. (1110)

4.  I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali delle case costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi dell'autorizzazione del centro, le generalità del proprietario e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché l'assunzione, da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare della succursale, dell'impegno a provvedere direttamente alle pratiche di cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA).

5.  La cancellazione dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro novanta giorni dalla consegna del veicolo o del rimorchio da parte del proprietario, il gestore del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale restituisce la carta di circolazione e le targhe ad uno sportello telematico dell'automobilista che provvede secondo le procedure previste dal decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358. (1111)

6.  Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso.

7.  I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5.

8.  Gli estremi della ricevuta dell'avvenuta denuncia e consegna delle targhe e dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull'apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

9.  Agli stessi obblighi di cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell'articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di demolizione del veicolo ai sensi dell'articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

10.  È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione di quelle che abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli. L'origine delle parti di ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente.

11.  Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l'attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di autoriparazione è tenuta a certificarne l'idoneità e la funzionalità.

12.  L'utilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 10 e 11 da parte delle imprese esercenti attività di autoriparazione deve risultare dalle fatture rilasciate al cliente.

13.  Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11. Fino all'adozione di tale decreto, si applicano i requisiti relativi ai centri di raccolta e le modalità di trattamento dei veicoli di cui all'Allegato I del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209. (1110) (1112)


(1110) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1111) Comma così modificato dall’ art. 5, comma 2, D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 98, a decorrere dal 1° gennaio 2020 ai sensi di quanto disposto dall’ art. 7, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 98/2017, come modificato dall’ art. 1, comma 1140, lett. b), L. 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’ art. 1, comma 1135, lett. b), n. 2), L. 30 dicembre 2018, n. 145.

(1112) Il provvedimento previsto dal presente comma è stato emanato con D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 232  (Rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182.

2.  Gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento preliminare in impianti autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell'Allegato 3 del predetto decreto, come modificato dal comma 3 del presente articolo.

3.  Ai punti 2.4 dell'allegato 1 e 6.6.4 dell'Allegato 3 del decreto 17 novembre 2005, n. 269 la congiunzione: «e» è sostituita dalla disgiunzione: «o».


 


ART. 232-bis  (Rifiuti di prodotti da fumo) (1113) (1114)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.   I comuni provvedono a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo.

2.   Al fine di sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo, i produttori, in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attuano campagne di informazione.

3.   E' vietato l'abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi.


(1113) Articolo inserito dall’ art. 40, comma 1, lett. a), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(1114) Vedi, anche, il D.M. 15 febbraio 2017.

 


ART. 232-ter  (Divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni) (1115) (1116)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Al fine di preservare il decoro urbano dei centri abitati e per limitare gli impatti negativi derivanti dalla dispersione incontrollata nell'ambiente di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare, è vietato l'abbandono di tali rifiuti sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi.


(1115) Articolo inserito dall’ art. 40, comma 1, lett. a), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(1116) Vedi, anche, il D.M. 15 febbraio 2017.

 


ART. 233  (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti) (1123) (1117) (1126)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un Consorzio. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237. (1118)

2.  Il Consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nel consiglio di amministrazione del Consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del Consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. (1119) (1127)

3.  I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a)  assicurano la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;
b)  assicurano, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione;
c)  promuovono lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti.

4.  Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti.

5.  Partecipano ai consorzi:

a)  le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti;
b)  le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti;
c)  le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti;
d)  eventualmente, le imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma 10, lettera d).

6.  Le quote di partecipazione ai consorzi sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima categoria.

7.  La determinazione e l'assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione dei consorzi che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto.

8.  Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti stabiliti dalla parte quarta del presente decreto, il consorzio può, nei limiti e nei modi determinati dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l'assolvimento degli obblighi medesimi.

9.  Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'Autorità di cui all'articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità è tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. (1120) (1124) (1125)

10.  I consorzi sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. Le risorse finanziarie dei consorzi sono costituite:

a)  dai proventi delle attività svolte dai consorzi;
b)  dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
c)  dalle quote consortili;
d)  dal contributo ambientale a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, al fine di garantire l'equilibrio di gestione dei consorzi (1121) (1128) (1124).

11.  I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente. (1124)

12.  Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli ai consorzi direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi, fermo restando quanto previsto al comma 9. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere oli e grassi vegetali e animali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

13.  Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del conferimento ai consorzi, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento.

14.  Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.

15.  I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 9, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. (1122)


(1117) Rubrica così modificata dall'art. 2, comma 30-sexies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1118) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-sexies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1119) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30-sexies, lett. b), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1120) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-sexies, lett. c), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1121) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 30-sexies, lett. d), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1122) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-sexies, lett. e), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1123) Per la sostituzione della parola “Consorzi” con la parola “Consorzio” nel testo del presente articolo, vedi l'art. 2, comma 30-sexies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1124) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1125) A norma dell'art. 29, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221 tutti i richiami all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e all’Autorità di cui all’art. 207 del presente provvedimento, si intendono riferiti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

(1126) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 233 sollevate, in riferimento all'art. 118 della Costituzione.

(1127) Per l’approvazione dello schema tipo di statuto del Consorzio di cui al presente comma vedi il D.M. 22 giugno 2016.

(1128) Sul contributo di cui alla presente lettera vedi l’ art. 10, commi da 1 a 4, L. 28 luglio 2016, n. 154.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 234  (Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene) (1134) (1129) (1142)

In vigore dal 12 novembre 2014

1.  Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, è istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e 231. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237. (1130)

[2.  Ai fini della presente disposizione, per beni in polietilene si intendono i beni composti interamente da polietilene individuati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico. L'elenco dei beni in polietilene, di cui al periodo precedente, viene verificato con cadenza triennale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sulla base dei risultati conseguiti in termini di raccolta e ridda dei rifiuti dei predetti beni nonché degli impatti ambientali generati dagli stessi. In fase di prima attuazione e fino all'emanazione del decreto di cui al presente comma, per beni in polietilene si intendono i teli e le reti ad uso agricolo quali i film per copertura di serre e tunnel, film per la copertura di vigneti e frutteti, film per pacciamatura, film per insilaggio, film per la protezione di attrezzi e prodotti agricoli, film per pollai, le reti ombreggianti, di copertura e di protezione. (1137) (1138) (1143) ]

3.  Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri dì amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. In ogni caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, nominato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico. (1131) (1144)

4.  Ai consorzi partecipano:

a)  i produttori e gli importatori di beni in polietilene;
b)  gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;
c)  i riciclatori e i recuperatori di rifiuti di beni in polietilene.

5.  Ai consorzi possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed importatori di materie prime in polietilene per la produzione di beni in polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono definite nell'ambito dello statuto di cui al comma 3.

6.  I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 7, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. (1132)

7.  Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:

a)  organizzare autonomamente la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale;
b)  mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in polietilene al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previo accordi con aziende che svolgono tali attività, con quantità definite e documentate;

Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'osservatorio nazionale sui rifiuti, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. (1133) (1135) (1141)

8.  I consorzi di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine i consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a)  promuovono la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;
b)  assicurano la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene;
c)  promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;
d)  promuovono l'informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;
e)  assicurano l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.

9.  Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati, i consorzi possono ricorrere a forme di deposito cauzionale.

10.  I consorzi sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. I mezzi finanziari per il funzionamento dei consorzi sono costituiti:

a)  dai proventi delle attività svolte dai consorzi;
b)  dai contributi dei soggetti partecipanti;
c)  dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
d)  dall'eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13. (1136)

11.  Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i soggetti partecipanti.

12.  I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente. (1135)

13.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull'importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Il contributo percentuale di riciclaggio è stabilito comunque in misura variabile, in relazione alla percentuale di polietilene contenuta nel bene e alla durata temporale del bene stesso. Con il medesimo decreto di cui al presente comma è stabilita anche l'entità dei contributi di cui al comma 10, lettera b). (1135) (1139) (1140)

14.  Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 3, chiunque, in ragione della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli a uno dei consorzi riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma 7. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere i rifiuti di beni in polietilene ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.


(1129) Rubrica così modificata dall'art. 2, comma 30-septies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1130) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-septies, lett. a) e b), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1131) Comma sostituito dall'art. 2, comma 30-septies, lett. d), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così modificato dall'art. 35, comma 12, lett. b), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(1132) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-septies, lett. e), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1133) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-septies, lett. f) e g), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1134) Per la sostituzione della parola “Consorzi” con la parola “Consorzio” nel testo del presente articolo, vedi l'art. 2, comma 30-septies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1135) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1136) A norma dell’ art. 35, comma 13, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, i contributi previsti dal presente comma sono dovuti nella misura del 30 per cento dei relativi importi fino all’emanazione del decreto di cui al comma 13 del presente articolo.

(1137) Comma sostituito dall'art. 2, comma 30-septies, lett. c), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 14, comma 8, lett. b-quinquies), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1138) Comma abrogato dall’ art. 35, comma 12, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(1139) Comma così modificato dall’ art. 35, comma 12, lett. c), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(1140) A norma dell’ art. 35, comma 13, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, i contributi previsti dal presente comma sono dovuti nella misura del 30 per cento dei relativi importi fino all’emanazione del decreto di cui al presente comma.

(1141) A norma dell'art. 29, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221 tutti i richiami all’Osservatorio nazionale sui rifiuti e all’Autorità di cui all’art. 207 del presente provvedimento, si intendono riferiti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

(1142) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 234 sollevate, in riferimento all'art. 118 della Costituzione.

(1143) Le tipologie di beni in polietilene di cui al presente articolo sono state individuate con D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

(1144) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per l’approvazione dello schema tipo, il D.M. 29 luglio 2016 e, per l’approvazione dello statuto, il D.M. 23 maggio 2019.

 


ART. 235  (Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi) (1145) (1147) (1155) (1156)

In vigore dal 18 dicembre 2008

[1.  Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, tutte le imprese di cui all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 15 del presente articolo, aderiscono al consorzio di cui al medesimo articolo 9-quinquies che adotta sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237. (1148)

2.  Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. (1149)

3.  All'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, il comma 6-bis, è sostituito dal presente: “Tutti i soggetti che effettuano attività di gestione del rifiuto di batterie al piombo esauste e di rifiuti piombosi, devono trasmettere contestualmente al Consorzio copia della comunicazione di cui all'articolo 189, per la sola parte inerente i rifiuti di batterie esauste e di rifiuti piombosi. Alla violazione dell'obbligo si applicano le medesime sanzioni previste per la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189, comma 3.”. (1150)

4.  [I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a)  assicurare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;
b)  cedere le batterie al piombo esauste e i rifiuti piombosi alle imprese che ne effettuano il recupero;
c)  assicurare il loro smaltimento, nel caso non sia possibile o economicamente conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento;
d)  promuovere lo svolgimento di indagini di mercato e azioni di ricerca tecnico-scientifica per il miglioramento tecnologico del ciclo di produzione, recupero e smaltimento;
e)  promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi.] (1151)

5.  [Ai consorzi di cui al comma 1 partecipano:

a)  le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;
b)  le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;
c)  le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;
d)  le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.] (1151)

6.  [Le quote di partecipazione dei consorziati sono determinate di anno in anno con i criteri di cui al comma 3-bis dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 16 del presente articolo.] (1151)

7.  [Le deliberazioni degli organi dei consorzi di cui al presente articolo, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono obbligatorie per tutte le imprese partecipanti.] (1151)

8.  I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 15 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. (1152)

9.  Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento ai consorzi, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti, fermo restando quanto previsto al comma 3. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

10.  All'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, il comma 7 è sostituito dal seguente: “Al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un contributo ambientale sulla vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i produttori e gli importatori che immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori versano direttamente al consorzio i proventi del contributo ambientale.”. (1153)

11.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono determinati: il contributo ambientale di cui al comma 10, la percentuale dei costi da coprirsi con l'applicazione di tale contributo ambientale. (1154)

12.  Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del conferimento ai sensi del comma 9, detenga batterie esauste è obbligato a stoccare le batterie stesse in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti.

13.  I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.

14.  Al comma 2 dell'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475,è aggiunta la seguente lettera: «d-bis) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi».

15.  Il comma 3 dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è sostituito dal seguente:
«Al Consorzio, che è dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano:

a)  le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;
b)  le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;
c)  le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;
d)  le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.».

16.  Dopo il comma 3, dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è inserito il seguente:
«3-bis: Nell'ambito di ciascuna categoria, le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue:

a)  per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti alla stessa categoria;
b)  per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure d'importazione delle batterie al piombo di cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate sulla base del contributo ambientale versato al netto dei rimborsi;
c)  le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 del presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell'artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo.». (1154)

17.  [Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Consorzio di cui dell'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, adegua il proprio statuto ai princìpi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che lo approva, di concerto con il Ministro delle attività produttive, nei successivi novanta giorni, salvo motivate osservazioni cui il citato Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il citato Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive.] (1146)

18.  Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi. ]


(1145) Articolo abrogato dall'art. 29, comma 1, lett. f), D.Lgs. 20 novembre 2008, n. 188.

(1146) Comma soppresso dall'art. 2, comma 30-octies, lett. i), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1147) Rubrica così sostituita dall'art. 2, comma 30-octies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1148) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-octies, lett. b), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1149) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30-octies, lett. c), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1150) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30-octies, lett. d), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1151) Comma soppresso dall'art. 2, comma 30-octies, lett. e), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1152) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-octies, lett. f), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1153) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30-octies, lett. g), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1154) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-octies, lett. h), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1155) Per la sostituzione della parola “Consorzi” con la parola “Consorzio” nel testo del presente articolo, vedi l'art. 2, comma 30-octies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1156) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, cessata la materia del contendere relativamente al giudizio sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 235 sollevata in riferimento all'art. 118 della Costituzione.

 


ART. 236  (Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati) (1167) (1158) (1171)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base, le imprese di cui al comma 4, sono tenute a partecipare all'assolvimento dei compiti previsti al comma 12 tramite adesione al consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. I consorzi adottano sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237. (1159)

2.  Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. (1157) (1172)

3.  Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e all'uopo debitamente autorizzate e gli altri consorzi di cui al presente articolo sono tenute a fornire al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al comma 12, lettera h), affinché tale consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa. Alla violazione dell'obbligo si applicano le sanzioni di cui all'articolo 258 per la mancata comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3. (1160)

4.  Ai Consorzi partecipano in forma paritetica tutte le imprese che: (1162)

a)  le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini; (1163)
b)  le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione; (1163)
c)  le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati; (1163)
d)  le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti. (1164)

5.  Le quote di partecipazione al consorzio sono ripartite fra le categorie di imprese di cui al comma 4 e nell'ambito di ciascuna di esse sono attribuite in proporzione delle quantità di lubrificanti prodotti, commercializzati, rigenerati o recuperati. (1165)

6.  Le deliberazioni degli organi dei Consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i consorziati. (1166)

7.  I consorzi determinano annualmente, con riferimento ai costi sopportati nell'anno al netto dei ricavi per l'assolvimento degli obblighi di cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo dell'olio lubrificante che sarà messo a consumo nell'anno successivo. Ai fini della parte quarta del presente decreto si considerano immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti all'atto del pagamento dell'imposta di consumo.

8.  Le imprese partecipanti sono tenute a versare al consorzio i contributi dovuti da ciascuna di esse secondo le modalità ed i termini fissati ai sensi del comma 9.

9.  Le modalità e i termini di accertamento, riscossione e versamento dei contributi di cui al comma 8, sono stabiliti con decreto del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle attività produttive, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro un mese dall'approvazione dello statuto del consorzio. (1170)

10.  I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I Consorzi di cui al comma 1, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente. (1170)

11.  Lo statuto di cui al comma 2, prevede, in particolare, gli organi dei consorzi e le relative modalità di nomina.

12.  I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

a)  promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle tematiche della raccolta;
b)  assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate;
c)  espletare direttamente la attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa;
d)  selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento;
e)  cedere gli oli usati raccolti:
1)  in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base;
2)  in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo, alla combustione o coincenerimento;
3)  in difetto dei requisiti per l'avvio agli usi di cui ai numeri precedenti, allo smaltimento tramite incenerimento o deposito permanente;
f)  perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi di trattamento e di impiego alternativi;
g)  operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei beni, di economicità della gestione, nonché della tutela della salute e dell'ambiente da ogni inquinamento dell'aria, delle acque e del suolo;
h)  annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, affinché tale Consorzio li trasmetta ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa;
i)  concordare con le imprese che svolgono attività di rigenerazione i parametri tecnici per la selezione degli oli usati idonei per l'avvio alla rigenerazione; (1168)
l)  incentivare la raccolta di oli usati rigenerabili; (1168)
l-bis)  cedere gli oli usati rigenerabili raccolti alle imprese di rigenerazione che ne facciano richiesta in ragione del rapporto fra quantità raccolte e richieste, delle capacità produttive degli impianti previste dalle relative autorizzazioni e, per gli impianti già in funzione, della pregressa produzione di basi lubrificanti rigenerate di qualità idonea per il consumo; (1169)
l-ter)  corrispondere alle imprese di rigenerazione un corrispettivo a fronte del trattamento determinato in funzione della situazione corrente del mercato delle basi lubrificanti rigenerate, dei costi di raffinazione e del prezzo ricavabile dall'avvio degli oli usati al riutilizzo tramite combustione; tale corrispettivo sarà erogato con riferimento alla quantità di base lubrificante ottenuta per tonnellata di olio usato, di qualità idonea per il consumo ed effettivamente ricavata dal processo di rigenerazione degli oli usati ceduti dal consorzio all'impresa stessa; (1169)
l-quater)  assicurare l'avvio alla combustione dell'olio usato non rigenerabile ma riutilizzabile ovvero dell'olio rigenerabile non ritirato dalle imprese di rigenerazione e lo smaltimento dell'olio usato non riutilizzabile nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento (1169).

13.  I consorzi possono svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati e limitati settori di attività o determinate aree territoriali. L'attività dei mandatari è svolta sotto la direzione e la responsabilità dei consorzi stessi.

14.  I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei Consorzi di cui al comma 1, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. (1161)

15.  Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento ai Consorzi di cui al comma 1, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

16.  Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi di cui al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.


(1157) Comma modificato dall'art. 5, comma 2-bis, lett. c), D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17 e, successivamente, così sostituito dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. b), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1158) Rubrica così modificata dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1159) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1160) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. c), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1161) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. d), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1162) Alinea così modificato dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. e), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1163) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. e), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1164) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. e), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1165) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. f), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1166) Comma così modificato dall'art. 2, comma 30-nonies, lett. g), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1167) Per la sostituzione della parola “Consorzi” con la parola “Consorzio” nel testo del presente articolo, vedi l'art. 2, comma 30-nonies, lett. a), D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1168) Lettera così sostituita dall'art. 13, comma 4, lett. a), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(1169) Lettera inserita dall'art. 13, comma 4, lett. b), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(1170) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1171) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 236 sollevate, in riferimento all'art. 118 della Costituzione.

(1172) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per l’adozione dello schema di statuto-tipo, il D.M. 7 dicembre 2016 e, per l’adozione dello statuto, il D.M. 7 novembre 2017.

 


ART. 237  (Criteri direttivi dei sistemi di gestione) (1173)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Al fine di migliorare la qualità dell'ambiente e per contribuire alla transizione verso un'economia circolare, i sistemi di gestione adottati favoriscono misure intese, in via prioritaria, a prevenire la produzione di rifiuti tenuto conto dell'obsolescenza programmata, nonché a incentivare il riciclaggio, la simbiosi industriale e altre forme di recupero, quindi, la riduzione dello smaltimento finale di tali rifiuti, tenendo conto dei principi di cui all'articolo 178 e dei criteri di cui all'articolo 179 del presente decreto legislativo. I Consorzi ovvero i sistemi di gestione in forma individuale o collettiva, di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto legislativo, già istituiti ovvero riconosciuti ovvero in corso di riconoscimento, operano sull'intero territorio nazionale senza generare distorsioni della concorrenza, curano per conto dei produttori la gestione dei rifiuti provenienti dai prodotti che immettono sul mercato nazionale e dai prodotti importati in condizioni non discriminatorie, in modo da evitare ostacoli al commercio, adempiono ai propri obblighi senza limitare le operazioni di raccolta e di gestione nelle aree più proficue.

2.  I sistemi di gestione adottati devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati, assicurando il rispetto del principio di trasparenza e di non discriminazione, garantiscono la continuità dei servizi di gestione dei rifiuti sull'anno solare di riferimento, ancorché siano stati conseguiti gli obiettivi generali e specifici ad essi applicabili, nonché adeguata attività di informazione ai detentori di rifiuti sulle misure di prevenzione e di riutilizzo, sui sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti anche al fine di prevenire la dispersione degli stessi.

3.  I produttori del prodotto, dispongono dei mezzi finanziari ovvero dei mezzi finanziari e organizzativi della gestione del ciclo di vita in cui il prodotto diventa rifiuto; tale responsabilità finanziaria non supera i costi necessari per la prestazione di tali servizi; i costi sono determinati in modo trasparente tra gli attori interessati, inclusi i produttori di prodotti, i sistemi collettivi che operano per loro conto e le autorità pubbliche; a tal fine, i produttori del prodotto, ovvero i sistemi collettivi, determinano il contributo ambientale secondo le modalità di cui al comma 4.

4.  Il contributo ambientale, determinato per tipologia, per unità o per peso del prodotto immesso sul mercato nazionale, assicura la copertura dei costi di gestione del rifiuto da esso generato in conformità ai principi di cui all'articolo 178, al netto degli introiti ricavati dal riutilizzo, dalla vendita delle materie prime ottenute dal prodotto, nonché da eventuali cauzioni di deposito non reclamate. Esso è modulato, ove possibile, per singoli prodotti o gruppi di prodotti simili, tenuto conto della loro durevolezza, riparabilità, riutilizzabilità e riciclabilità, nonché della presenza di sostanze pericolose, garantendo un approccio basato sul ciclo di vita del prodotto e il buon funzionamento del mercato interno.

5.  Il contributo è inoltre impiegato per accrescere l'efficienza della filiera, mediante attività di ricerca scientifica applicata all'ecodesign dei prodotti e allo studio di nuove tecnologie e sistemi innovativi per la gestione dei relativi rifiuti.

6.  Annualmente, entro il 31 ottobre, i sistemi di gestione adottati presentano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, e il bilancio con relazione sulla gestione relativa all'anno solare precedente, che riporti:

a)  l'indicazione nominativa degli operatori economici che partecipano al sistema;
b)  i dati sui prodotti immessi sul mercato nazionale, sui rifiuti raccolti e trattati, e sui quantitativi recuperati e riciclati;
c)  le modalità di determinazione del contributo ambientale;
d)  le finalità per le quali è utilizzato il contributo ambientale;
e)  l'indicazione delle procedure di selezione dei gestori di rifiuti di filiera, secondo la normativa vigente, nonché dell'elenco degli stessi gestori individuati per area geografica e che operano sull'intero territorio nazionale;
f)  le eventuali ragioni che impediscono il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclo previsti, con le relative misure e interventi correttivi finalizzati ad assicurare il raggiungimento degli stessi. In presenza di più attività produttive, il centro di costo afferente all'attività di gestione del fine vita del prodotto è evidenziato in una contabilità dedicata, tale da mostrare tutte le componenti di costo associate al contributo ambientale effettivamente sostenute. Eventuali avanzi di gestione derivanti dal contributo ambientale non concorrono alla formazione del reddito. E' fatto divieto di distribuire utili e avanzi di esercizio ai consorziati. L'avanzo di gestione proveniente dal contributo ambientale costituisce anticipazione per l'esercizio successivo e ne determina la riduzione del suo importo nel primo esercizio successivo.

7.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ove non ritenga congruo il contributo determinato, provvede a nuova determinazione. I sistemi collettivi si conformano alle indicazioni del Ministero ed applicano il contributo come determinato nell'esercizio finanziario successivo.

8.  Il contributo ambientale versato ad un sistema collettivo esclude l'assoggettamento del medesimo bene, e delle materie prime che lo costituiscono, ad altro contributo ambientale previsto dalla parte quarta del presente decreto legislativo. La presente disposizione si applica con efficacia retroattiva.

9.  I sistemi collettivi già istituiti si conformano ai principi e criteri contenuti negli articoli 178-bis e 178-ter entro il 5 gennaio 2023.

10.  I produttori che non intendono aderire ai sistemi collettivi esistenti di cui al Titolo III, presentano al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare una apposita istanza di riconoscimento per la costituzione di un sistema autonomo in forma individuale ovvero collettiva, avente personalità giuridica di diritto privato, senza scopo di lucro, retto da uno statuto conforme ai principi del presente decreto, nonché allo statuto tipo. Il riconoscimento è effettuato secondo le modalità contenute nell'articolo 221-bis, in quanto compatibili con il regime specifico applicabile.


(1173) Articolo così sostituito dall’ art. 3, comma 11, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


TITOLO III-bis

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI (1174)

ART. 237-bis  Finalità e oggetto (1175)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Il presente titolo definisce le misure e le procedure atte a prevenire oppure, qualora non sia possibile, a ridurre gli effetti negativi delle attività di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti, ed in particolare le emissioni delle suddette attività nell'aria, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee, al fine di conseguire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di tutela della salute umana.

2.   Ai fini di cui al comma 1, il presente titolo disciplina:

a)  i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;
b)  i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;
c)  i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento all'esigenza di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti.


(1174) Titolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1175) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-ter  Definizioni (1176)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.   Ai fini dell'applicazione del presente titolo si definiscono:

a)  'rifiuti urbani misti': i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, del presente decreto legislativo, ad esclusione di quelli individuati al sottocapitolo 20.01, che sono oggetto di raccolta differenziata, e al sottocapitolo 20.02 di cui all'Allegato D alla Parte Quarta;
b)  'impianto di incenerimento': qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione, attraverso l'incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di impianto di incenerimento si intendono compresi: il sito e tutte le linee di incenerimento, nonché i luoghi di ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento, i luoghi di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile ausiliario e in aria di combustione, le caldaie, le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e monitoraggio delle condizioni di incenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall'ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma, l'impianto di incenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di incenerimento; (1178)
c)  'impianto di coincenerimento': qualsiasi unità tecnica, fissa o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di materiali e che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento, mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di impianto di coincenerimento si intendono compresi: il sito e l'intero impianto, compresi le linee di coincenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile ausiliario e dell'aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di coincenerimento, le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle condizioni di coincenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall'ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma, l'impianto di coincenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di coincenerimento. Se il coincenerimento dei rifiuti avviene in modo che la funzione principale dell'impianto non consista nella produzione di energia o di materiali, bensì nel trattamento termico ai fini dello smaltimento dei rifiuti, l'impianto è considerato un impianto di incenerimento dei rifiuti ai sensi della lettera b); (1179)
d)  'impianto di incenerimento e coincenerimento esistente': un impianto autorizzato prima del 28 dicembre 2002, purché lo stesso sia stato messo in funzione entro il 28 dicembre 2003; ovvero un impianto per il quale la domanda di autorizzazione sia stata richiesta all'autorità competente entro il 28 dicembre 2002, purché lo stesso sia stato messo in funzione entro il 28 dicembre 2004;
e)  'impianto di incenerimento e coincenerimento nuovo': impianto diverso da quello ricadente nella definizione di impianto esistente;
f)  'modifica sostanziale': una modifica delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento di un'installazione o di un impianto di combustione, di un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti che potrebbe avere effetti negativi e significativi per la salute umana e per l'ambiente;
g)  'camino': una struttura contenente una o più canne di scarico che forniscono un condotto attraverso il quale lo scarico gassoso viene disperso nell'atmosfera;
h)  'capacità nominale': la somma delle capacità di incenerimento dei forni che costituiscono un impianto di incenerimento o coincenerimento dei rifiuti, quali dichiarate dal costruttore e confermate dal gestore, espressa in quantità di rifiuti che può essere incenerita in un'ora, rapportata al potere calorifico dichiarato dei rifiuti;
l)  'carico termico nominale': la somma delle capacità di incenerimento dei forni che costituiscono l'impianto, quali dichiarate dal costruttore e confermate dal gestore, espressa come prodotto tra la quantità oraria di rifiuti inceneriti ed il potere calorifico dichiarato dei rifiuti;
m)  'ore operative': il tempo, espresso in ore, durante cui un impianto di combustione, in tutto o in parte, è in funzione e scarica emissioni nell'atmosfera, esclusi i periodi di avvio o di arresto;
n)  'emissione': lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell'installazione, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua o nel suolo;
o)  'valori limite di emissione': la massa, espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione oppure il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo;
p)  'diossine e furani': tutte le dibenzo-p-diossine e i dibenzofurani policlorurati di cui alla nota 1 alla lettera a), del punto 4, al paragrafo A dell'Allegato 1;
q)  'gestore': la persona fisica o giuridica di cui all'articolo 5, comma 1, lettera r-bis);
r)  'residuo': qualsiasi materiale liquido o solido, comprese le scorie e le ceneri pesanti, le ceneri volanti e la polvere di caldaia, i prodotti solidi di reazione derivanti dal trattamento del gas, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue, i catalizzatori esauriti e il carbone attivo esaurito, definito come rifiuto all'articolo 183, comma 1, lettera a), generato dal processo di incenerimento o di coincenerimento, dal trattamento degli effluenti gassosi o delle acque reflue o da altri processi all'interno dell'impianto di incenerimento o di coincenerimento;
s)  'biomassa': per biomassa si intendono:
1)  prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile per recuperarne il contenuto energetico;
2)  i rifiuti seguenti:
2.1)  rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;
2.2)  rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata;
2.3)  rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e di produzione di carta dalla pasta, se sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata;
2.4)  rifiuti di sughero;
2.5)  rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, ottenuti a seguito di un trattamento o di rivestimento inclusi in particolare i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione;
t)  'autorizzazione': la decisione o più decisioni scritte, emanate dall'autorità competente ai fini di autorizzare la realizzazione e l'esercizio degli impianti di cui alle lettere b) e c), in conformità a quanto previsto nel presente titolo. (1177)


(1176) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

(1177) NDR: La suddivisione in lettere del presente comma corrisponde a quanto pubblicato in GU.

(1178) Lettera così modificata dall’ art. 18, comma 1, lett. g), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1179) Lettera così modificata dall’ art. 18, comma 1, lett. h), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


ART. 237-quater  Ambito di applicazione ed esclusioni (1180)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Il presente titolo si applica agli impianti di incenerimento e agli impianti di coincenerimento dei rifiuti solidi o liquidi.

2.   Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente titolo:

a)  gli impianti di gassificazione o di pirolisi, se i gas prodotti da siffatto trattamento termico dei rifiuti sono purificati in misura tale da non costituire più rifiuti prima del loro incenerimento e da poter provocare emissioni non superiori a quelle derivanti dalla combustione di gas naturale;
b)  gli impianti che trattano unicamente i seguenti rifiuti:
1)  rifiuti di cui all'articolo 237-ter, comma 1, lettera s), numero 2);
2)  rifiuti radioattivi;
3)  rifiuti animali, come regolati dal regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano;
4)  rifiuti derivanti dalla prospezione e dallo sfruttamento delle risorse petrolifere e di gas nelle installazioni offshore e inceneriti a bordo di queste ultime;
c)  impianti sperimentali utilizzati a fini di ricerca, sviluppo e sperimentazione per migliorare il processo di incenerimento che trattano meno di 50 t di rifiuti all'anno.


(1180) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-quinquies  Domanda di autorizzazione (1181)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   La realizzazione e l'esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti rientranti nell'ambito di applicazione del presente titolo devono essere autorizzati ai sensi delle seguenti disposizioni:

a)  per gli impianti non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell'articolo 6, comma 13, si applica l'articolo 208;
b)  per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell'articolo 6, comma 13 del presente decreto legislativo si applicano le disposizioni del Titolo III-bis della Parte Seconda.

2.   La domanda per il rilascio dell'autorizzazione deve contenere in particolare una descrizione delle misure previste per garantire che siano rispettate le seguenti prescrizioni:

a)  l'impianto è progettato e attrezzato e sarà gestito e sottoposto a manutenzione in maniera conforme ai requisiti del presente titolo, tenendo conto delle categorie di rifiuti da incenerire o da coincenerire;
b)  il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è recuperato, per quanto praticabile, attraverso la produzione di calore, vapore o energia;
c)  i residui sono ridotti al minimo in quantità e nocività e riciclati ove opportuno;
d)  lo smaltimento dei residui che non possono essere evitati, limitati o riciclati sarà effettuato nel rispetto della Parte IV;
e)  le tecniche di misurazione proposte per le emissioni negli effluenti gassosi e nelle acque di scarico sono conformi ai requisiti dell'Allegato 1, lettera C, e dell'Allegato 2, lettera C, al presente Titolo.

3.   Per gli impianti di produzione di energia elettrica tramite coincenerimento, per cui il produttore fornisca documentazione atta a dimostrare che la producibilità imputabile a fonti rinnovabili, per il quinquennio successivo alla data prevista di entrata in esercizio dell'impianto, sia superiore al 50 per cento della producibilità complessiva di energia elettrica, si applica il procedimento di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.


(1181) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-sexies  Contenuto dell'autorizzazione (1182)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.   L'autorizzazione alla realizzazione ed esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento deve in ogni caso indicare esplicitamente:

a)  un elenco di tutti i tipi di rifiuti che possono essere trattati nell'impianto, individuati mediante il riferimento ai relativi codici dell'elenco europeo dei rifiuti, nonché l'informazione sulla quantità di ciascun tipo di rifiuti autorizzati;
b)  la capacità nominale e il carico termico nominale autorizzato dell'impianto;
c)  i valori limite per le emissioni nell'atmosfera e nell'acqua per ogni singolo inquinante;
d)  le procedure e la frequenza di campionamento e misurazione da utilizzare per rispettare le condizioni fissate per il controllo delle emissioni, nonché la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione;
e)  il periodo massimo durante il quale, a causa di disfunzionamenti, guasti o arresti tecnicamente inevitabili dei dispositivi di depurazione e di misurazione, le emissioni nell'atmosfera e gli scarichi di acque reflue possono superare i valori limite di emissione previsti;
f)  i periodi massimi di tempo per l'avviamento e l'arresto durante il quale non vengono alimentati rifiuti come disposto all'articolo 237-octies, comma 11, del presente Titolo e conseguentemente esclusi dal periodo di effettivo funzionamento dell'impianto ai fini dell'applicazione dell'Allegato 1, paragrafo A, punto 5, e paragrafo C, punto 1;
g)  le modalità e la frequenza dei controlli programmati per accertare il rispetto delle condizioni e delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione medesima, da effettuarsi, ove non diversamente disposto, da parte delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, con oneri a carico del gestore;
h)  il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa in esercizio deve essere comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce altresì la data entro cui devono essere comunicati all'autorità competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonché il numero dei campionamenti da realizzare.

2.   In aggiunta alle prescrizioni di cui al comma 1, l'autorizzazione rilasciata per un impianto di incenerimento e di coincenerimento che utilizza rifiuti pericolosi contiene:

a)  un elenco delle quantità ed i poteri calorifici inferiori minimi e massimi delle diverse tipologie di rifiuti pericolosi che possono essere trattati nell'impianto;
b)  i flussi di massa minimi e massimi di tali rifiuti pericolosi, i loro valori calorifici minimi e massimi e il loro contenuto massimo di policlorobifenile, pentaclorofenolo, cloro, fluoro, zolfo, metalli pesanti e altre sostanze inquinanti.

3.   Per quanto concerne il coincenerimento dei propri rifiuti nel luogo di produzione in caldaie a corteccia utilizzate nelle industrie della pasta di legno e della carta, l'autorizzazione è subordinata almeno alle seguenti condizioni:

a)  devono essere adottate tecniche tali da assicurare il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell'Allegato 1, paragrafo A, per il carbonio organico totale; (1183)
b)  le condizioni d'esercizio autorizzate non devono dare luogo ad una maggior quantità di residui o a residui con un più elevato tenore di inquinanti organici rispetto ai residui ottenibili applicando le prescrizioni di cui al presente articolo.

3-bis.   L'autorità competente riesamina periodicamente e aggiorna, ove necessario, le condizioni di autorizzazione. (1184)


(1182) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

(1183) Lettera così modificata dall’ art. 18, comma 1, lett. i), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1184) Comma aggiunto dall’ art. 18, comma 1, lett. l), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


ART. 237-septies  Consegna e ricezione dei rifiuti (1185)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Il gestore dell'impianto di incenerimento o di coincenerimento adotta tutte le precauzioni necessarie riguardo alla consegna e alla ricezione dei rifiuti per evitare o limitare per quanto praticabile gli effetti negativi sull'ambiente, in particolare l'inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee nonché altri effetti negativi sull'ambiente, odori e rumore e i rischi diretti per la salute umana. Tali misure devono soddisfare almeno le prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 5.

2.   Prima dell'accettazione dei rifiuti nell'impianto di incenerimento o di coincenerimento, il gestore determina la massa di ciascun tipo di rifiuti, possibilmente individuati in base all'elenco europeo dei rifiuti.

3.   Prima dell'accettazione dei rifiuti pericolosi nell'impianto di incenerimento o nell'impianto di coincenerimento, il gestore raccoglie informazioni sui rifiuti al fine di verificare l'osservanza dei requisiti previsti dall'autorizzazione, in particolare quelli di cui all'articolo 237-sexies.

4.   Le informazioni di cui al comma 3 comprendono quanto segue:

a)  tutti i dati di carattere amministrativo sul processo produttivo contenuti nei documenti di cui al comma 5, lettera a);
b)  la composizione fisica e, se possibile, chimica dei rifiuti e tutte le altre informazioni necessarie per valutarne l'idoneità ai fini del previsto processo di incenerimento e coincenerimento;
c)  le caratteristiche di pericolosità dei rifiuti, le sostanze con le quali non possono essere mescolati e le precauzioni da adottare nella manipolazione dei rifiuti.

5.   Prima dell'accettazione dei rifiuti pericolosi nell'impianto di incenerimento o di coincenerimento il gestore applica almeno le seguenti procedure:

a)  controllo dei documenti prescritti ai sensi della Parte Quarta, e, se del caso, di quelli prescritti dal regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alla spedizione di rifiuti e dalla legislazione in materia di trasporto di merci pericolose;
b)  ad esclusione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo e di eventuali altri rifiuti individuati dall'autorità competente, per i quali il campionamento risulti inopportuno, devono essere prelevati campioni rappresentativi. Questa operazione va effettuata, per quanto possibile, prima del conferimento nell'impianto, per verificarne mediante controlli la conformità all'autorizzazione nonché alle informazioni di cui ai commi 3 e 4, e per consentire alle autorità competenti di identificare la natura dei rifiuti trattati. I campioni sono conservati per almeno un mese dopo l'incenerimento o il coincenerimento dei rifiuti da cui sono stati prelevati

6.   L'autorità competente, in sede di autorizzazione, può concedere deroghe ai commi 2, 3 4 e 5, lettera a), per gli impianti di incenerimento o di coincenerimento che sono parte di un'installazione di cui al Titolo III-bis della Parte Seconda a condizione che inceneriscano o coinceneriscano esclusivamente i propri rifiuti, nel luogo in cui gli stessi sono stati prodotti, e che venga garantito il rispetto delle previsioni del presente titolo, anche mediante la prescrizione di misure specifiche che tengano conto delle masse e delle categorie di tali rifiuti.


(1185) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-octies  Condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento (1186)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Nell'esercizio dell'impianto di incenerimento o di coincenerimento devono essere adottate tutte le misure affinché le attrezzature utilizzate per la ricezione, gli stoccaggi, i pretrattamenti e la movimentazione dei rifiuti, nonché per la movimentazione o lo stoccaggio dei residui prodotti, siano progettate e gestite in modo da ridurre le emissioni e gli odori, secondo le migliori tecniche disponibili.

2.   Gli impianti di incenerimento devono essere gestiti in modo da ottenere il più completo livello di incenerimento possibile, adottando, se necessario, adeguate tecniche di pretrattamento dei rifiuti. Le scorie e le ceneri pesanti prodotte dal processo di incenerimento non possono presentare un tenore di incombusti totali, misurato come carbonio organico totale, di seguito denominato TOC, superiore al 3 per cento in peso, o una perdita per ignizione superiore al 5 per cento in peso sul secco.

3.   Gli impianti di incenerimento devono essere progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo tale che, dopo l'ultima immissione di aria di combustione, i gas prodotti dal processo di incenerimento siano portati, in modo controllato ed omogeneo, anche nelle condizioni più sfavorevoli, ad una temperatura di almeno 850° C per almeno due secondi. Tale temperatura è misurata in prossimità della parete interna della camera di combustione, o in un altro punto rappresentativo della camera di combustione indicato dall'autorità competente.

4.   Gli impianti di coincenerimento devono essere progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo tale che i gas prodotti dal coincenerimento dei rifiuti siano portati, in modo controllato ed omogeneo, anche nelle condizioni più sfavorevoli previste, ad una temperatura di almeno 850°C per almeno due secondi.

5.   Se vengono inceneriti e coinceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l'1 per cento di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la temperatura necessaria per osservare il disposto del secondo e terzo comma è pari ad almeno 1100°C per almeno due secondi.

6.   Ciascuna linea dell'impianto di incenerimento deve essere dotata di almeno un bruciatore ausiliario da utilizzare, nelle fasi di avviamento e di arresto dell'impianto, per garantire l'innalzamento ed il mantenimento della temperatura minima stabilita ai sensi dei commi 3 e 5 e all'articolo 237-nonies, durante tali operazioni e fintantoché vi siano rifiuti nella camera di combustione. Tale bruciatore deve entrare in funzione automaticamente in modo da evitare, anche nelle condizioni più sfavorevoli, che la temperatura dei gas di combustione, dopo l'ultima immissione di aria di combustione, scenda al di sotto delle temperature minima stabilite ai commi 3 e 5 e all'articolo 237-nonies, fino a quando vi è combustione di rifiuto. Il bruciatore ausiliario non deve essere alimentato con combustibili che possano causare emissioni superiori a quelle derivanti dalla combustione di gasolio, gas liquefatto e gas naturale.

7.   Prima dell'inizio delle operazioni di incenerimento o coincenerimento, l'autorità competente verifica che l'impianto sia conforme alle prescrizioni alle quali è stato subordinato il rilascio dell'autorizzazione. I costi di tale verifica sono a carico del titolare dell'impianto. L'esito della verifica non comporta in alcun modo una minore responsabilità per il gestore.

8.   Qualora l'autorità competente non provvede alla verifica di cui al comma precedente entro trenta giorni dalla ricezione della relativa richiesta, il titolare può dare incarico ad un soggetto abilitato di accertare che l'impianto soddisfa le condizioni e le prescrizioni alle quali è stato subordinato il rilascio dell'autorizzazione. L'esito dell'accertamento è fatto pervenire all'autorità competente e, se positivo, trascorsi quindici giorni, consente l'attivazione dell'impianto.

9.   Al fine di ridurre l'impatto dei trasporti di rifiuti destinati agli impianti di incenerimento in fase progettuale può essere prevista la realizzazione di appositi collegamenti ferroviari con oneri a carico dei soggetti gestori di impianti. L'approvazione di tale elemento progettuale nell'ambito della procedura di autorizzazione, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

10.   La dismissione degli impianti deve avvenire nelle condizioni di massima sicurezza ed il sito deve essere bonificato e ripristinato ai sensi della normativa vigente.

11.   Gli impianti di incenerimento e di coincenerimento sono dotati di un sistema automatico per impedire l'alimentazione di rifiuti in camera di combustione nei seguenti casi:

a)  all'avviamento, finché non sia raggiunta la temperatura minima stabilita ai commi 3, 4 e 5 e la temperatura prescritta ai sensi dell'articolo 237-nonies;
b)  qualora la temperatura nella camera di combustione scenda al di sotto di quella minima stabilita ai sensi dei commi 3, 4 e 5, oppure della temperatura prescritta ai sensi dell'articolo 237-nonies;
c)  qualora le misurazioni in continuo degli inquinanti negli effluenti indichino il superamento di uno qualsiasi dei valori limite di emissione, a causa del cattivo funzionamento o di un guasto dei dispositivi di depurazione degli scarichi gassosi.

12.   Il calore generato durante il processo di incenerimento o coincenerimento è recuperato per quanto tecnicamente possibile.

13.   I rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono introdotti direttamente nel forno di incenerimento senza prima essere mescolati con altre categorie di rifiuti e senza manipolazione diretta.

14.   La gestione operativa degli impianti di incenerimento o di coincenerimento dei rifiuti deve essere affidata a persone fisiche tecnicamente competenti.


(1186) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-novies  Modifica delle condizioni di esercizio e modifica sostanziale dell'attività (1187)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.   Per determinate categorie di rifiuti o determinati processi termici, l'autorità competente può, in sede di autorizzazione, prevedere espressamente l'applicazione di prescrizioni diverse da quelle riportate ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 237-octies, nonché, per quanto riguarda la temperatura, di cui al comma 11 dell'articolo 237-octies, purché nell'impianto di incenerimento e di coincenerimento siano adottate tecniche tali da assicurare:

a)  il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell'Allegato 1, parte A, per l'incenerimento e Allegato 2, parte A, per il coincenerimento;
b)  che le condizioni d'esercizio autorizzate non diano luogo ad una maggior quantità di residui o a residui con un più elevato tenore di inquinanti organici rispetto ai residui ottenibili applicando le prescrizioni di cui all'articolo 237-octies.

1-bis.  Per le emissioni di carbonio organico totale e monossido di carbonio degli impianti di coincenerimento dei rifiuti, autorizzati a modificare le condizioni di esercizio, è comunque assicurato il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell'Allegato 1, paragrafo A. (1188)

2.   Le autorità competenti comunicano Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tutte le condizioni di esercizio autorizzate ai sensi del presente articolo e i risultati delle verifiche effettuate anche alla luce delle relazioni annuali di cui all'articolo 237-septiesdecies. Il Ministero provvede a comunicare alla Commissione europea le informazioni ricevute nell'ambito delle relazioni di cui all'articolo 29-terdecies.

3.   Se un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti tratta esclusivamente rifiuti non pericolosi, la modifica dell'attività che comporti l'incenerimento o il coincenerimento di rifiuti pericolosi è considerata sostanziale.


(1187) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

(1188) Comma inserito dall’ art. 18, comma 1, lett. m), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


ART. 237-decies  Coincenerimento di olii usati (1189)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   È vietato il coincenerimento di oli usati contenenti PCB/PCT e loro miscele in misura eccedente le 50 parti per milione. Tale divieto deve essere espressamente menzionato nell'autorizzazione concessa dall'autorità competente ad impianti di coincenerimento che utilizzano rifiuti pericolosi.

2.   Il coincenerimento di olii usati, fermo restando il divieto di cui al comma 1, è autorizzato secondo le disposizioni del presente titolo, a condizione che siano rispettate le seguenti ulteriori prescrizioni:

a)  gli oli usati come definiti all'articolo 183, comma 1, lettera c), siano conformi ai seguenti requisiti:
1)  la quantità di policlorodifenili (PCB) di cui al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, e successive modificazioni, e degli idrocarburi policlorurati presenti concentrazioni non superiori a 50 ppm;
2)  questi rifiuti non siano resi pericolosi dal fatto di contenere altri costituenti elencati nell'Allegato D alla Parte Quarta, in quantità o concentrazioni incompatibili con gli obiettivi previsti dall'articolo 177, comma 4;
3)  il potere calorifico inferiore sia almeno 30 MJ per chilogrammo;
b)  la potenza termica nominale della singola apparecchiatura dell'impianto in cui sono alimentati gli oli usati come combustibile sia pari o superiore a 6 MW.


(1189) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-undecies  Coincenerimento di rifiuti animali rientranti nell'ambito di applicazione del regolamento n. 1069/2009/UE (1190)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Il coincenerimento dei prodotti trasformati derivanti da materiali di categoria 1, 2 e 3 di cui al regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, è autorizzato secondo le disposizioni degli articoli 237-quinquies e 237-sexies, a condizione che siano rispettati i requisiti, le modalità di esercizio e le prescrizioni di cui all'Allegato 3.

2.   La domanda per il rilascio delle autorizzazioni è inviata anche alla Azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente.

3.   Nella documentazione di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, e nel Modello unico di dichiarazione ambientale, di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, e successive modificazioni, deve essere indicato, nella parte relativa all'individuazione e classificazione dei rifiuti di cui al presente articolo, il codice dell'Elenco europeo dei rifiuti; 020203 'Scarti inutilizzabili per il consumo e la trasformazione'.


(1190) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-duodecies  Emissione in atmosfera (1191)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Gli effluenti gassosi degli impianti di incenerimento e coincenerimento devono essere emessi in modo controllato attraverso un camino di altezza adeguata e con velocità e contenuto entalpico tale da favorire una buona dispersione degli effluenti al fine di salvaguardare la salute umana e l'ambiente, con particolare riferimento alla normativa relativa alla qualità dell'aria.

2.   Gli impianti di incenerimento dei rifiuti e gli impianti di coincenerimento sono progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo che le emissioni nell'atmosfera non superano i valori limite di emissione di cui rispettivamente all'Allegato I, paragrafo A, e all'Allegato 2, paragrafo A, al presente Titolo.

3.   Qualora il calore liberato dal coincenerimento di rifiuti pericolosi sia superiore al 40 per cento del calore totale liberato nell'impianto, o qualora l'impianto coincenerisca rifiuti urbani misti non trattati, i valori limite di emissione sono quelli fissati all'Allegato 1, paragrafo A, al presente Titolo e conseguentemente non si applica la formula di miscelazione di cui all'Allegato 2, paragrafo A.

4.   I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l'osservanza dei valori limite di emissione di cui al comma 1, sono normalizzati alle condizioni descritte all'Allegato 1, lettera B, al presente Titolo. Il controllo delle emissioni è effettuato conformemente al punto C dell'Allegato 1 e punto C dell'Allegato 2.

5.   I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l'osservanza dei valori limite di emissione di cui al comma 2, sono normalizzati alle condizioni descritte all'Allegato 2, lettera B, al presente Titolo.

6.   L'installazione e il funzionamento dei sistemi di misurazione automatici sono sottoposti a controllo e test annuale di verifica come prescritto al punto C dell'Allegato 1 e al punto C dell'Allegato 2 al presente Titolo.

7.   Nel caso di coincerimento dei rifiuti urbani misti non trattati, i valori limite di emissione sono quelli fissati all'Allegato 1, paragrafo A.

8.   In sede di autorizzazione, l'autorità competente valuta la possibilità di concedere specifiche deroghe previste agli Allegati 1 e 2, nel rispetto delle norme di qualità ambientale, e, ove ne ricorra la fattispecie, delle disposizioni del Titolo III-bis della Parte seconda.


(1191) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-terdecies  Scarico di acque reflue (1192)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.   Lo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi evacuate da un impianto di incenerimento o di coincenerimento è limitata per quanto possibile e comunque disciplinato dall'autorizzazione di cui all'articolo 237-sexies.

2.   Le acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi evacuate da un impianto di incenerimento o di coincenerimento sono soggette all'autorizzazione rilasciata dall'autorità competente ai sensi del Titolo III-bis.

3.   La domanda di autorizzazione, ove preveda lo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione di effluenti gassosi, deve essere accompagnata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico; della quantità di acqua da prelevare nell'anno solare, del corpo ricettore e del punto previsto per il prelievo al fine del controllo, dalla descrizione del sistema complessivo di scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dell'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi ove richiesto, dall'indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei sistemi di scarico, nonché dall'indicazione dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione di cui al comma 3.

4.   L'autorizzazione di cui all'articolo 237-sexies, con riferimento allo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione di effluenti gassosi, stabilisce:

a)  i valori limite di emissione per gli inquinanti di cui al punto D dell'Allegato I al presente Titolo;
b)  i parametri di controllo operativo per le acque reflue almeno relativamente al pH, alla temperatura e alla portata;
c)  le prescrizioni riguardanti le misurazioni ai fini della sorveglianza degli scarichi come frequenza delle misurazioni della massa degli inquinanti delle acque reflue trattate, nonché la localizzazione dei punti di campionamento o di misurazione;
d)  prescrizioni tecniche in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori individuati ai sensi dell'articolo 76 e successivi;
e)  le eventuali ulteriori prescrizioni volte a garantire che gli scarichi siano effettuati in conformità alle disposizioni del presente decreto e senza pregiudizio per il corpo recettore, per la salute pubblica e l'ambiente.

5.   Lo scarico in acque superficiali di acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi deve rispettare almeno i valori di emissioni previsti all'Allegato 1, paragrafo D. E' vietato lo scarico sul suolo, sottosuolo e nelle acque sotterranee.

6.   Le acque reflue provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi devono essere separate dalle acque di raffreddamento e dalle acque di prima pioggia rispettando i valori limite di emissione di cui alla Tabella 5 dell'Allegato V alla Parte Terza, a piè di impianto di trattamento.

7.   Qualora le acque reflue provenienti dalla depurazione dei gas di scarico siano trattate congiuntamente ad acque reflue provenienti da altre fonti, le misurazioni devono essere effettuate:

a)  sul flusso delle acque reflue provenienti dai processi di depurazione degli effluenti gassosi prima dell'immissione nell'impianto di trattamento collettivo delle acque reflue;
b)  sugli altri flussi di acque reflue prima dell'immissione nell'impianto di trattamento collettivo delle acque reflue;
c)  dopo il trattamento, al punto di scarico finale delle acque reflue.

8.   Al fine di verificare l'osservanza dei valori limite di emissione stabiliti all'Allegato I, paragrafo D, per il flusso di acque reflue provenienti dal processo di depurazione degli effluenti gassosi, sono effettuati gli opportuni calcoli di bilancio di massa per stabilire i livelli di emissione che, nello scarico finale delle acque reflue, possono essere attribuiti alla depurazione degli effluenti gassosi dell'impianto di incenerimento o coincenerimento. (1193)

9.   I valori limite di emissione si applicano nel punto in cui le acque reflue, provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi sono evacuate dall'impianto di incenerimento dei rifiuti o dall'impianto di incenerimento dei rifiuti o dall'impianto di coincenerimento dei rifiuti.

10.   I valori limite non possono essere in alcun caso conseguiti mediante diluizione delle acque reflue.

Fermo restando il divieto di scarico o di immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee, 11. ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le acque meteoriche di dilavamento, le acque di prima pioggia e di lavaggio, le acque contaminate derivanti da spandimenti o da operazioni di estinzione di incendi delle aree esterne devono essere convogliate ed opportunamente trattate, ai sensi della Parte III del presente decreto legislativo.

12.   Devono essere adottate le misure necessarie volte all'eliminazione ed alla riduzione dei consumi, nonché ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo come l'acqua di raffreddamento, anche mediante le migliori tecnologie disponibili ai sensi della Parte Terza.

13.   Qualora le acque reflue provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi siano trattate al di fuori dell'impianto di incenerimento dei rifiuti o dell'impianto di coincenerimento dei rifiuti in un impianto di trattamento destinato esclusivamente al trattamento di questo tipo di acque reflue, i valori limite di emissione di cui alla tabella dell'Allegato 1, lettera D, si applicano al punto in cui le acque reflue fuoriescono dall'impianto di trattamento.

14.   Il sito dell'impianto di incenerimento dei rifiuti e il sito dell'impianto di coincenerimento dei rifiuti, ivi comprese le aree di stoccaggio dei rifiuti, è progettato e gestito in modo da evitare l'immissione non autorizzata e accidentale di qualsiasi inquinante nel suolo, nelle acque superficiali e nelle acque sotterranee.

15.   È prevista una capacità di stoccaggio per le acque piovane contaminate che defluiscano dal sito dell'impianto di incenerimento dei rifiuti o dal sito dell'impianto di coincenerimento o per l'acqua contaminata derivante da spandimenti o da operazioni di estinzione di incendi. La capacità di stoccaggio deve essere sufficiente per garantire che tali acque possano, se necessario, essere analizzate e, se necessario, trattate prima dello scarico.


(1192) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

(1193) Comma così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. n), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


ART. 237-quattuordecies  Campionamento ed analisi delle emissioni in atmosfera degli impianti di incenerimento e di coincenerimento (1194)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   I metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni in atmosfera, nonché le procedure di acquisizione, validazione, elaborazione ed archiviazione dei dati, sono fissati ed aggiornati ai sensi della lettera C dell'Allegato 1 e della lettera C dell'Allegato 2 al presente Titolo, per quanto non previsto all'Allegato VI alla Parte Quinta.

2.   I valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e coincenerimento si intendono rispettati se conformi rispettivamente a quanto previsto all'Allegato 1, paragrafo C, punto 1, e all'Allegato 2, paragrafo C, punto 1.

3.   Negli impianti di incenerimento e in quelli di coincenerimento devono essere misurate e registrate in continuo nell'effluente gassoso le concentrazioni di CO, NOx, SO2, polveri totali, TOC, HCl, HF e NH3. L'autorità competente può autorizzare che le misurazioni in continuo siano sostituite da misurazioni periodiche di HCl, HF ed SO2, se il gestore dimostra che le emissioni di tali inquinanti non possono in nessun caso essere superiori ai valori limite di emissione stabiliti. La misurazione in continuo di acido fluoridrico (HF) può essere sostituita da misurazioni periodiche se l'impianto adotta sistemi di trattamento dell'acido cloridrico (HCl) nell'effluente gassoso che garantiscano il rispetto del valore limite di emissione relativo a tale sostanza.

4.   L'autorità competente può decidere di non imporre misurazioni in continuo per NOx e può prescrivere le misurazioni periodiche stabilite al comma 5, negli impianti esistenti di incenerimento o coincenerimento dei rifiuti aventi capacità nominale inferiore a 6t/ora se il gestore può dimostare, sulla base di informazioni relative alla qualità dei rifiuti in questione, delle tecnologie utilizzate e dei risultati del monitoraggio delle emissioni, che in nessuna circostanza le emissioni di NOx possono essere superiori al valore limite di emissione prescritto.

5.   Devono inoltre essere misurati e registrati in continuo il tenore volumetrico di ossigeno, la temperatura, la pressione, il tenore di vapore acqueo e la portata volumetrica nell'effluente gassoso. La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo non è richiesta se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi.

6.   Deve essere inoltre misurata e registrata in continuo la temperatura dei gas vicino alla parete interna o in altro punto rappresentativo della camera di combustione, secondo quanto autorizzato dall'autorità competente.

7.   Devono essere misurate con cadenza almeno quadrimestrale le sostanze di cui all'Allegato 1, paragrafo A, punti 3 e 4, nonché gli altri inquinanti, di cui al precedente comma 2, per i quali l'autorità competente abbia prescritto misurazioni periodiche; per i primi dodici mesi di funzionamento dell'impianto, le predette sostanze devono essere misurate almeno ogni tre mesi.

8.   All'atto della messa in esercizio dell'impianto, e successivamente su motivata richiesta dell'autorità competente, devono essere controllati nelle più gravose condizioni di funzionamento i seguenti parametri relativi ai gas prodotti, individuati agli articoli 237-octies e 237-nonies:

a)  tempo di permanenza;
b)  temperatura minima;
c)  tenore di ossigeno.

9.   Gli impianti di coincenerimento devono assicurare inoltre la misurazione e registrazione della quantità di rifiuti e di combustibile alimentato a ciascun forno o altra apparecchiatura.

10.   Tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati all'autorità competente in modo da consentirle di verificare l'osservanza delle condizioni di funzionamento previste e dei valori limite di emissione stabiliti nell'autorizzazione, secondo le procedure fissate dall'autorità che ha rilasciato la stessa.

11.   Qualora dalle misurazioni eseguite risulti che i valori limite di emissione in atmosfera stabiliti dal presente articolo sono superati, il gestore provvede a informarne senza indugio l'autorità competente e l'agenzia regionale o provinciale per la protezione dell'ambiente, fermo restando quanto previsto all'articolo 237-octiesdecies.

12.   La corretta installazione ed il funzionamento dei dispositivi automatici di misurazione delle emissioni gassose sono sottoposti a controllo da parte dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione. La taratura di detti dispositivi deve essere verificata, con metodo parallelo di riferimento, con cadenza almeno triennale.


(1194) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-quinquiesdecies  Controllo e sorveglianza delle emissioni nei corpi idrici (1195)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Fermo restando quanto previsto all'articolo 237-terdecies, ai fini della sorveglianza su parametri, condizioni e concentrazioni di massa inerenti al processo di incenerimento o di coincenerimento sono utilizzate tecniche di misurazione e sono installate le relative attrezzature.

2.   Le misurazioni delle emissioni negli ambienti idrici effettuate al punto di scarico delle acque reflue, devono essere eseguite in conformità a quanto previsto all'Allegato 1, paragrafo E, punto 1.

3.   I valori limite di emissione si considerano rispettati se conformi a quanto previsto all'Allegato 1, paragrafo E, punto 2.

4.   Tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati all'autorità competente in modo da consentirle di verificare l'osservanza delle condizioni di funzionamento previste e dei valori limite di emissione stabiliti nell'autorizzazione, secondo le procedure fissate dall'autorità che ha rilasciato la stessa.

5.   Qualora dalle misurazioni eseguite risulti che i valori limite di emissione negli ambienti idrici sono superati si provvede ad informare tempestivamente l'autorità competente e l'agenzia regionale o provinciale per la protezione dell'ambiente, fermo restando quanto previsto all'articolo 237-septiesdecies.

6.   La corretta installazione ed il funzionamento dei dispositivi automatici di misurazione degli scarichi idrici sono sottoposti a controllo da parte dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione. La taratura di detti dispositivi deve essere verificata, con metodo parallelo di riferimento, con cadenza almeno triennale.

7.   Il campionamento, la conservazione, il trasporto e le determinazioni analitiche, ai fini dei controlli e della sorveglianza, devono essere eseguiti secondo le metodiche APAT.


(1195) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-sexiesdecies  Residui (1196)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   La quantità e la pericolosità dei residui prodotti durante il funzionamento dell'impianto di incenerimento o di coincenerimento devono essere ridotte al minimo: I residui sono riciclati in conformità alla Parte IV del presente decreto legislativo, quando appropriato, direttamente nell'impianto o al di fuori di esso. I residui che non possono essere riciclati devono essere smaltiti in conformità alle norme del presente decreto legislativo.

2.   Il trasporto e lo stoccaggio intermedio di residui secchi sotto forma di polveri devono essere effettuati in modo tale da evitare la dispersione nell'ambiente di tali residui, ad esempio mediante l'utilizzo di contenitori chiusi.

3.   Preliminarmente al riciclaggio o smaltimento dei residui prodotti dall'impianto di incenerimento o di coincenerimento, devono essere effettuate opportune analisi per stabilire le caratteristiche fisiche e chimiche, nonché il potenziale inquinante dei vari residui. L'analisi deve riguardare in particolare l'intera frazione solubile e la frazione solubile dei metalli pesanti.


(1196) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-septiesdecies  Obblighi di comunicazione, informazione, accesso e partecipazione (1197)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, integra la relazione di cui all'articolo 29-terdecies, comma 2 con i dati concernenti l'applicazione del presente titolo, anche avvalendosi delle informazioni ricevute dai gestori degli impianti di incenerimento e coincenerimento di cui al successivo comma 5.

2.   Al fine di garantire al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la base informativa necessaria all'attuazione del comma 1, le autorità competenti integrano la comunicazione periodica trasmessa ai sensi dell'articolo 29-terdecies, comma 1, con le informazioni relative all'applicazione del presente titolo, secondo le indicazioni fornite del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

3.   Le autorizzazioni alla realizzazione e all'esercizio degli impianti di incenerimento o di coincenerimento sono rilasciate solo dopo aver garantito l'accesso alle informazioni ai sensi di quanto disposto dalla normativa di settore.

4.   Fatto salvo il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, e, esclusi i casi in cui si applicano le disposizioni in materia di informazione del pubblico previste al Titolo III-bis della Parte Seconda, le domande di autorizzazione e rinnovo per impianti di incenerimento e di coincenerimento sono rese accessibili al pubblico in uno o più luoghi aperti al pubblico, e comunque presso la sede del comune territorialmente competente, per un periodo di tempo adeguato e comunque non inferiore a trenta giorni, affinché chiunque possa esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell'autorità competente. La decisione dell'autorità competente, l'autorizzazione e qualsiasi suo successivo aggiornamento sono rese accessibili al pubblico con le medesime modalità.

5.   Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento aventi una capacità nominale di due o più Mg l'ora, entro il 30 aprile dell'anno successivo, il gestore predispone una relazione annuale relativa al funzionamento ed alla sorveglianza dell'impianto che dovrà essere trasmessa all'autorità competente che la rende accessibile al pubblico con le modalità di cui al comma 4. Tale relazione fornisce, come requisito minimo, informazioni in merito all'andamento del processo e delle emissioni nell'atmosfera e nell'acqua rispetto alle norme di emissione previste dal presente titolo.

6.   L'autorità competente redige un elenco, accessibile al pubblico, degli impianti di incenerimento e coincenerimento aventi una capacità nominale inferiore a due tonnellate l'ora.

7.   Copia delle autorizzazioni rilasciate, nonché della relazione di cui al comma 4 e degli elenchi di cui al comma 5 sono trasmesse, per le finalità di cui al comma 1 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).


(1197) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-octiesdecies  Condizioni anomale di funzionamento (1198)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.   L'autorità competente stabilisce nell'autorizzazione il periodo massimo di tempo durante il quale, a causa di disfunzionamenti, guasti o arresti tecnicamente inevitabili dei dispositivi di depurazione e di misurazione, le concentrazioni delle sostanze regolamentate presenti nelle emissioni in atmosfera e nelle acque reflue depurate possono superare i valori limite di emissione autorizzati.

2.   Nei casi di guasto, il gestore riduce o arresta l'attività appena possibile, finché sia ristabilito il normale funzionamento.

3.   Fatto salvo l'articolo 237-octies, comma 11, lettera c), per nessun motivo, in caso di superamento dei valori limite di emissione, l'impianto di incenerimento o di coincenerimento o la linea di incenerimento può continuare ad incenerire rifiuti per più di quattro ore consecutive. La durata cumulativa del funzionamento in tali condizioni in un anno deve essere inferiore a sessanta ore. La durata di sessanta ore si applica alle linee dell'intero impianto che sono collegate allo stesso dispositivo di abbattimento degli inquinanti dei gas di combustione.

4.   Per gli impianti di incenerimento, nei casi di cui al comma 1 e di cui al comma 2 qualora il gestore decide di ridurre l'attività, il tenore totale di polvere delle emissioni nell'atmosfera non deve in nessun caso superare i 150 mg/m3, espressi come media su 30 minuti. Non possono essere superati i valori limite relativi alle emissioni nell'atmosfera di TOC e CO di cui all'Allegato 1, lettera A, punto 2 e 5, lettera b). Devono inoltre essere rispettate tutte le altre prescrizioni di cui agli articoli 237-octies e 237-nonies.

5.   Non appena si verificano le condizioni anomale di cui ai commi 1 e 2, il gestore ne dà comunicazione nel più breve tempo possibile all'autorità competente e all'autorità di controllo. Analoga comunicazione viene data non appena e' ripristinata la completa funzionalità dell'impianto. (1199)


(1198) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

(1199) Comma così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. o), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


ART. 237-noviesdecies  Incidenti o inconvenienti (1200)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Fatte salve le disposizioni della Parte sesta, di attuazione della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale e esclusi i casi disciplinati all'articolo 29-undecies, in caso di incidenti o inconvenienti che incidano in modo significativo sull'ambiente, il gestore:

a)  deve informare immediatamente le Regioni, le Province e i Comuni territorialmente competenti;
b)  deve adottare immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti.

2.   Ai fini del comma 1, le Regioni e le Province territorialmente competenti, diffidano il gestore ad adottare ogni misura complementare appropriata e necessaria per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti.


(1200) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-vicies  Accessi ed ispezioni (1201)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   I soggetti incaricati dei controlli sono autorizzati ad accedere in ogni tempo presso gli impianti di incenerimento e coincenerimento per effettuare le ispezioni, i controlli, i prelievi e i campionamenti necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione in atmosfera e in ambienti idrici, nonché del rispetto delle prescrizioni relative alla ricezione, allo stoccaggio dei rifiuti e dei residui, ai pretrattamenti e alla movimentazione dei rifiuti e delle altre prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e di tutte le altre prescrizioni contenute nel presente decreto.

2.   Il proprietario o il gestore degli impianti sono tenuti a fornire tutte le informazioni, dati e documenti richiesti dai soggetti di cui al comma 1, necessari per l'espletamento delle loro funzioni, ed a consentire l'accesso all'intero impianto.


(1201) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-unvicies  Spese (1202)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Le spese relative alle ispezioni e ai controlli, in applicazione delle disposizioni del presente Titolo, nonché quelle relative all'espletamento dell'istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione e per la verifica degli impianti sono a carico del titolare dell'autorizzazione, sulla base del costo effettivo del servizio, secondo tariffe e modalità di versamento da determinarsi, salvi i casi disciplinati dalla Parte seconda del presente decreto, con disposizioni regionali.

2.   Fatto salvo il comma 1, le attività e le misure previste rientrano nell'ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni e degli enti interessati, cui si fa fronte con le risorse di bilancio allo scopo destinate a legislazione vigente.

3.   Dall'attuazione del presente titolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


(1202) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


ART. 237-duovicies  Disposizioni transitorie e finali (1203)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Gli impianti esistenti si adeguano alle disposizioni del presente Titolo entro il 10 gennaio 2016.

2.   Per gli impianti esistenti, fermo restando l'obbligo a carico del gestore di adeguamento previsto al comma 1, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione provvede all'aggiornamento della stessa secondo le norme regolamentari e tecniche stabilite dal presente decreto, in occasione del primo rinnovo, rilascio o riesame dell'autorizzazione ambientale, successivo alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

3.   Per gli impianti esistenti che effettuano coincenerimento di rifiuti non pericolosi secondo le procedure semplificate di cui al Capo V, del Titolo I alla Parte Quarta per i quali si effettui il rinnovo della comunicazione prevista articoli dal predetto Capo V, resta fermo l'obbligo di adeguamento, a carico del gestore, previsto al comma 1.

4.   Agli impianti di coincenerimento non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, con l'esclusione degli impianti che utilizzano rifiuti pericolosi, possono essere applicate le procedure semplificate di cui al Capo V, del Titolo I della Parte quarta. L'ammissione delle attività di coincenerimento dei rifiuti alle procedure semplificate è subordinata alla comunicazione di inizio di attività che dovrà comprendere, oltre a quanto previsto agli articoli 237-quinquies, comma 2, e 237-sexies, comma 1, la relazione prevista all'articolo 215, comma 3. Per l'avvio dell'attività di coincenerimento dei rifiuti la regione chiede la prestazione di adeguata garanzia finanziaria a suo favore nella misura definita dalla regione stessa e proporzionata alla capacità massima di coincenerimento dei rifiuti. L'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una ispezione preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla data di presentazione della predetta comunicazione. Le ispezioni successive, da effettuarsi almeno una volta l'anno, accertano:

a)  la tipologia e la quantità dei rifiuti sottoposti alle operazioni di coincenerimento;
b)  la conformità delle attività di coincenerimento a quanto previsto agli articoli 214 e 215, e relative norme di attuazione.

5.   Nel caso in cui la provincia competente per territorio, a seguito delle ispezioni previste al comma 4, accerta la violazione delle disposizioni stabilite al comma stesso, vieta, previa diffida e fissazione di un termine per adempiere, l'inizio ovvero la prosecuzione dell'attività, salvo che il titolare dell'impianto non provveda, entro il termine stabilito, a conformare detta attività alla normativa vigente.

6.   Nelle more del rilascio delle autorizzazioni di cui ai commi 2 e 3, i gestori continuano ad operare sulla base del titolo autorizzatorio precedentemente posseduto.

7.   Con riguardo agli impianti autorizzati ai sensi dell'articolo 208, nel caso in cui il titolo autorizzatorio di cui al comma 6 non preveda un rinnovo periodico entro il 10 gennaio 2015, entro tale data i gestori degli impianti di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti esistenti presentano comunque all'autorità competente una richiesta di rinnovo del titolo autorizzatorio ai fini dell'adeguamento di cui al comma 1.

8.   Per il recepimento di normative tecniche comunitarie di modifica degli allegati al presente Titolo si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa comunicazione ai Ministri della salute e delle attività produttive; ogni qualvolta la nuova normativa comunitaria preveda poteri discrezionali per la sua trasposizione, il decreto è adottato di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, sentita la Conferenza unificata.


(1203) Articolo inserito dall’ art. 15, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intero Titolo III-bis.

 


TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

(commento di giurisprudenza)

ART. 238  (Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani) (1204) (1207) (1208)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall'entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.

2.  La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.

3.  La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d'ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.

4.  La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.

5.  Le Autorità d'ambito approvano e presentano all'Autorità di cui all'articolo 207 il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l'integrale copertura dei costi.

6.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l'assenza di oneri per le autorità interessate. (1205) (1209)

7.  Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l'integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.

8.  Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.

9.  L'eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio.

10.  Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all'articolo 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell'utenza non domestica, di riprendere l'erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale. (1206)

11.  Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l'applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.

12.  La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l'Agenzia delle entrate.


(1204) L'art. 14, comma 33, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, ha interpretato il presente articolo nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

(1205) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1206) Comma così sostituito dall’ art. 3, comma 12, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1207) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 238 sollevate, in riferimento agli articoli 11, 76, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, dalle Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Marche e, limitatamente ai commi 1 e 2, anche dalla Regione Emilia-Romagna; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 238, commi 5 e 6, sollevate, in riferimento agli articoli 117, commi quarto e sesto, e 119, commi primo e secondo, della Costituzione.

(1208) Per l’istituzione e la disciplina della tassa sui rifiuti (TARI) vedi l'art. 1, commi 639, da 641 a 668, 704 e 705, L. 27 dicembre 2013, n. 147. In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 7, D.L. 11 maggio 2007, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 luglio 2007, n. 87. Vedi, anche, l'art. 33-bis, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31.

(1209) Vedi, anche, l'art. 5, comma 2-quater, D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13.

 


TITOLO V

BONIFICA DI SITI CONTAMINATI

(commento di giurisprudenza)

ART. 239  (Principi e campo di applicazione) (1210)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio «chi inquina paga».

2.  Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:

a)  all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;
b)  agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non disciplinato.

3.  Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.


(1210) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 239 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 239 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 240  (Definizioni) (1212)

In vigore dal 25 marzo 2012

1.  Ai fini dell'applicazione del presente titolo, si definiscono:

a)  sito: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti; (1211)
b)  concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto. Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un'area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati;
c)  concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il sito;
d)  sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
e)  sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;
f)  sito non contaminato: un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrici ambientali risulti inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) oppure, se superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) determinate a seguito dell'analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica;
g)  sito con attività in esercizio: un sito nel quale risultano in esercizio attività produttive sia industriali che commerciali nonché le aree pertinenziali e quelle adibite ad attività accessorie economiche, ivi comprese le attività di mantenimento e tutela del patrimonio ai fini della successiva ripresa delle attività;
h)  sito dismesso: un sito in cui sono cessate le attività produttive;
i)  misure di prevenzione: le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;
l)  misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi;
m)  messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente;
n)  messa in sicurezza operativa: l'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione delle contaminazioni all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate;
o)  messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici;
p)  bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
q)  ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici;
r)  inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine;
s)  analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto;
t)  condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria l'esecuzione di interventi di emergenza, quali ad esempio:
1)  concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;
2)  presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda;
3)  contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;
4)  pericolo di incendi ed esplosioni.


(1211) Lettera così modificata dall'art. 3, comma 4, D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

(1212) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 240 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 240 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 240 sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 240, sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, ancora, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 240, comma 1, lettera b), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 11, 76, 117 e 118, della Costituzione.

 


ART. 241  (Regolamento aree agricole) (1213) (1215)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento è adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali. (1214) (1216)


(1213) La Corte Costituzionale, con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede che, prima dell'adozione del regolamento da esso disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.

(1214) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1215) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 241 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 241 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 241 sollevata, in riferimento agli articoli 117 e 118, della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 241 sollevata, in riferimento all'art. 117, sesto comma, della Costituzione.

(1216) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 1° marzo 2019, n. 46.

 


ART. 241-bis  (Aree Militari) (1217)

In vigore dal 1 gennaio 2020

1.  Ai fini dell’individuazione delle misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica, e dell’istruttoria dei relativi progetti, da realizzare nelle aree del demanio destinate ad uso esclusivo delle Forze armate per attività connesse alla difesa nazionale, si applicano le concentrazioni di soglia di contaminazione previste nella tabella 1, colonne A e B, dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del presente decreto, individuate tenuto conto delle diverse destinazioni e delle attività effettivamente condotte all’interno delle aree militari.

2.  Gli obiettivi di intervento nelle aree di cui al comma 1 sono determinanti mediante applicazione di idonea analisi di rischio sito specifica che deve tenere conto dell'effettivo utilizzo e delle caratteristiche ambientali di dette aree o di porzioni di esse e delle aree limitrofe, al fine di prevenire, ridurre o eliminare i rischi per la salute dovuti alla potenziale esposizione a sostanze inquinanti e la diffusione della contaminazione nelle matrici ambientali.

3.  Resta fermo che in caso di declassificazione del sito da uso militare a destinazione residenziale dovranno essere applicati i limiti di concentrazione di soglia di contaminazione di cui alla Tabella 1, colonna a), dell'Allegato 5, alla Parte TV, Titolo V del presente decreto.

4.  Le concentrazioni soglia di contaminazione delle sostanze specifiche delle attività militari non incluse nella Tabella 1 dell'Allegato 5, alla Parte IV, Titolo V del presente decreto sono definite dall'Istituto Superiore di Sanità sulla base delle informazioni tecniche fornite dal Ministero della difesa.

4-bis.  Il comandante di ciascun poligono militare delle Forze armate adotta un piano di monitoraggio permanente sulle componenti di tutte le matrici ambientali in relazione alle attività svolte nel poligono, assumendo altresì le iniziative necessarie per l'estensione del monitoraggio, a cura degli organi competenti, anche alle aree limitrofe al poligono. Relativamente ai poligoni temporanei o semi-permanenti il predetto piano è limitato al periodo di utilizzo da parte delle Forze armate. (1218)

4-ter.   Il comandante di ciascun poligono militare delle Forze armate predispone semestralmente, per ciascuna tipologia di esercitazione o sperimentazione da eseguire nell'area del poligono, un documento indicante le attività previste, le modalità operative di tempo e di luogo e gli altri elementi rilevanti ai fini della tutela dell'ambiente e della salute. (1218)

4-quater.  Il comandante del poligono militare delle Forze armate trasmette il documento di cui al comma 4-ter alla regione in cui ha sede il poligono. Lo stesso documento è messo a disposizione dell'ARPA e dei comuni competenti per territorio. (1218)

4-quinquies.   Le regioni in cui hanno sede poligoni militari delle Forze armate istituiscono un Osservatorio ambientale regionale sui poligoni militari, nell'ambito dei sistemi informativi ambientali regionali afferenti alla rete informativa nazionale ambientale (SINANET) di cui all'articolo 11 della legge 28 giugno 2016, n. 132. Il comandante del poligono militare, entro trenta giorni dal termine del periodo esercitativo, trasmette all'Osservatorio le risultanze del piano di monitoraggio ambientale di cui al comma 4-bis. Le forme di collaborazione tra gli Osservatori ambientali regionali e il Ministero della difesa sono disciplinate da appositi protocolli. (1218)

4-sexies.   Con le modalità previste dall'articolo 184, comma 5-bis, sono disciplinate, nel rispetto dei princìpi di cui alla parte sesta, titolo II, del presente decreto, le procedure applicabili al verificarsi, nei poligoni militari delle Forze armate, di un evento in relazione al quale esiste il pericolo imminente di un danno ambientale. (1218)

4-septies.   Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro della salute, è stabilito il periodo massimo di utilizzo annuale dei poligoni militari delle Forze armate per le esercitazioni e le sperimentazioni. (1218)

4-octies.  Ferme restando le competenze di cui all'articolo 9 del decreto del Ministro della difesa 22 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 2010, l'ISPRA provvede alle attività di vigilanza sul rispetto della normativa sui rifiuti avvalendosi delle ARPA, secondo le modalità definite con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (1218)

[4-novies.  Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono determinati annualmente gli oneri a carico del Ministero della difesa, relativi alle attività di cui all'articolo 184, comma 5-bis.3, e ai commi 4-bis e 4-octies del presente articolo. (1219) (1220) ]

5.  Per le attività di progettazione e realizzazione degli interventi, di cui al presente articolo, il Ministero della difesa si può avvalere, con apposite convenzioni, di organismi strumentali dell'Amministrazione centrale che operano nel settore e definisce con propria determinazione le relative modalità di attuazione.


(1217) Articolo inserito dall’ art. 13, comma 5, lett. b), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1218) Comma inserito dall’ art. 1, comma 304, lett. b), L. 27 dicembre 2017, n. 205, a decorrere dal 1° gennaio 2018.

(1219) Comma inserito dall’ art. 1, comma 304, lett. b), L. 27 dicembre 2017, n. 205, a decorrere dal 1° gennaio 2018.

(1220) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 623, L. 27 dicembre 2019, n. 160, a decorrere dal 1° gennaio 2020.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 242  (Procedure operative ed amministrative) (1225) (1226)

In vigore dal 12 novembre 2014

1.  Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.

2.  Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l'inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo.

3.  Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all'Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. L'autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione.

4.  Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute entro il 30 giugno 2008. Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, i criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono riportati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto. Entro sei mesi dall'approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell'analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. (1221)

5.  Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l'approvazione del documento dell'analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell'analisi di rischio e all'attuale destinazione d'uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall'approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati:

a)  i parametri da sottoporre a controllo;
b)  la frequenza e la durata del monitoraggio.

6.  La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso. L'anzidetto termine può essere sospeso una sola volta, qualora l'autorità competente ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questo caso il termine per l'approvazione decorre dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio il soggetto responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attività di monitoraggio rilevino il superamento di una o più delle concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7.

7.  Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. Per la selezione delle tecnologie di bonifica in situ più idonee, la regione può autorizzare l'applicazione a scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative, anche finalizzata all'individuazione dei parametri di progetto necessari per l'applicazione a piena scala, a condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza con riguardo ai rischi sanitari e ambientali. Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al primo periodo, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive. Nell'ambito dell'articolazione temporale potrà essere valutata l'adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore. La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questa ipotesi il termine per l'approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all'attuazione medesima, l'autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all'interno dell'area oggetto dell'intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l'esecuzione dei lavori ed è fissata l'entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell'intervento, che devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi. (1223)

8.  I criteri per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per l'individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. - Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie sono riportati nell'Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto.

9.  La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati, garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un'ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell'efficacia delle misure adottate ed indicano se all'atto della cessazione dell'attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente. Possono essere altresì autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi. (1222)

10.  Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l'obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività.

11.  Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l'ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l'esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti.

12.  Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.

13.  La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge in Conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto. La relativa documentazione è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione.

13-bis.  Per la rete di distribuzione carburanti si applicano le procedure semplificate di cui all’articolo 252, comma 4. (1224) (1227)


(1221) Comma così modificato dall'art. 2, comma 43-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1222) Comma così modificato dall'art. 40, comma 5, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

(1223) Comma così modificato dall'art. 40, comma 5, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, dall'art. 24, comma 1, lett. f-bis, D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35 e, successivamente, dall'art. 34, comma 7-bis, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(1224) Comma aggiunto dall’ art. 13, comma 3-ter, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1225) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 242, sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 242 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 242 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, ancora, inammissibile le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 242 sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 118 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 242 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione; ha dichiarato, ancora, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 242, commi 2, 3, 4 5 e 7, sollevate, in riferimento agli articoli 11, 76, 117 e 118 della Costituzione; ha dichiarato, infine, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 242, commi 2, 3, 4 e 5, in combinato disposto con l'art. 240, comma 1, lettera b), del medesimo decreto legislativo, sollevate, in riferimento agli articoli 11, 76, 117 e 118 della Costituzione.

(1226) In deroga alle procedure previste dal presente articolo vedi l'art. 2, comma 1, D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210.

(1227) Vedi, anche, il D.M. 12 febbraio 2015, n. 31.

 


ART. 242-bis  (Procedura semplificata per le operazioni di bonifica) (1228) (1229)

In vigore dal 12 novembre 2014

1.  L'operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica del suolo con riduzione della contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, può presentare all'amministrazione di cui agli articoli 242 o 252 uno specifico progetto completo degli interventi programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito, nonché del cronoprogramma di svolgimento dei lavori. La caratterizzazione e il relativo progetto di bonifica non sono sottoposti alle procedure di approvazione di cui agli articoli 242 e 252, bensì a controllo ai sensi dei commi 3 e 4 del presente articolo per la verifica del conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nei suoli per la specifica destinazione d'uso. L'operatore è responsabile della veridicità dei dati e delle informazioni forniti, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. (1230)

1-bis.  Qualora il progetto di bonifica di cui al comma 1 riguardi un sito di estensione superiore a 15.000 metri quadrati, esso può essere attuato in non più di tre fasi, ciascuna delle quali è soggetta al termine di esecuzione di cui al comma 2. Nel caso di bonifica di un sito avente estensione superiore a 400.000 metri quadrati, il numero delle fasi o dei lotti funzionali in cui si articola il progetto è stabilito dallo specifico crono-programma ivi annesso, la cui definizione deve formare oggetto di intesa con l'autorità competente. Il crono-programma deve precisare, in particolare, gli interventi per la bonifica e le misure di prevenzione e messa in sicurezza relativi all'intera area, con specifico riferimento anche alle acque di falda. (1231)

2.  Per il rilascio degli atti di assenso necessari alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e attività previsti dal progetto di bonifica l'interessato presenta gli elaborati tecnici esecutivi di tali impianti e attività alla regione nei cui territorio ricade la maggior parte degli impianti e delle attività, che, entro i successivi trenta giorni, convoca apposita conferenza di servizi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, o delle discipline regionali applicabili in materia. Entro novanta giorni dalla convocazione, la regione adotta la determinazione conclusiva che sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato. Non oltre trenta giorni dalla comunicazione dell'atto di assenso, il soggetto interessato comunica all'amministrazione titolare del procedimento di cui agli articoli 242 o 252 e all’ARPA territorialmente competente, la data di avvio dell'esecuzione della bonifica che si deve concludere nei successivi diciotto mesi, salva eventuale proroga non superiore a sei mesi; decorso tale termine, salvo motivata sospensione, deve essere avviato il procedimento ordinario ai sensi degli articoli 242 o 252.

2-bis.  Nella selezione della strategia di intervento dovranno essere privilegiate modalità tecniche che minimizzino il ricorso allo smaltimento in discarica. In particolare, nel rispetto dei princìpi di cui alla parte IV del presente decreto legislativo, dovrà essere privilegiato il riutilizzo in situ dei materiali trattati.

3.  Ultimati gli interventi di bonifica, l'interessato presenta il piano di caratterizzazione all'autorità di cui agli articoli 242 o 252 al fine di verificare il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione della matrice suolo per la specifica destinazione d'uso. Il piano è approvato nei successivi quarantacinque giorni. In via sperimentale, per i procedimenti avviati entro il 31 dicembre 2017, decorso inutilmente il termine di cui al periodo precedente, il piano di caratterizzazione si intende approvato. L'esecuzione di tale piano è effettuata in contraddittorio con l'ARPA territorialmente competente, che procede alla validazione dei relativi dati e ne dà comunicazione all'autorità titolare del procedimento di bonifica entro quarantacinque giorni.

4.  La validazione dei risultati del piano di campionamento di collaudo finale da parte dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente, che conferma il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nei suoli, costituisce certificazione dell’avvenuta bonifica del suolo. I costi dei controlli sul piano di campionamento finale e della relativa validazione sono a carico del soggetto di cui al comma 1. Ove i risultati del campionamento di collaudo finale dimostrino che non sono stati conseguiti i valori di concentrazione soglia di contaminazione nella matrice suolo, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente comunica le difformità riscontrate all’autorità titolare del procedimento di bonifica e al soggetto di cui al comma 1, il quale deve presentare, entro i successivi quarantacinque giorni, le necessarie integrazioni al progetto di bonifica che è istruito nel rispetto delle procedure ordinarie ai sensi degli articoli 242 o 252 del presente decreto.

5.  Resta fermo l'obbligo di adottare le misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda, se necessarie, secondo le procedure di cui agli articoli 242 o 252.

6.  Conseguiti i valori di concentrazione soglia di contaminazione del suolo, il sito può essere utilizzato in conformità alla destinazione d'uso prevista secondo gli strumenti urbanistici vigenti, salva la valutazione di eventuali rischi sanitari per i fruitori del sito derivanti dai contaminanti volatili presenti nelle acque di falda.


(1228) Articolo inserito dall’ art. 13, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1229) Per l’applicabilità delle disposizioni di cui al presente articolo, vedi l’ art. 13, comma 2, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1230) Comma così modificato dall’ art. 34, comma 10-bis, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(1231) Comma inserito dall’ art. 34, comma 10-bis, lett. b), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

 


ART. 242-ter  (Interventi e opere nei siti oggetto di bonifica) (1232)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Nei siti oggetto di bonifica, inclusi i siti di interesse nazionale, possono essere realizzati interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonché opere lineari necessarie per l'esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari di pubblico interesse, di sistemazione idraulica, di mitigazione del rischio idraulico, opere per la realizzazione di impianti per la produzione energetica da fonti rinnovabili e di sistemi di accumulo, esclusi gli impianti termoelettrici, fatti salvi i casi di riconversione da un combustibile fossile ad altra fonte meno inquinante o qualora l'installazione comporti una riduzione degli impatti ambientali rispetto all'assetto esistente, opere con le medesime connesse, infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, nonché le tipologie di opere e interventi individuati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 7-bis, a condizione che detti interventi e opere siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudichino né interferiscano con l'esecuzione e il completamento della bonifica, né determinino rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell'area nel rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

2.   La valutazione del rispetto delle condizioni di cui al comma 1 è effettuata da parte dell'autorità competente ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del presente decreto, nell'ambito dei procedimenti di approvazione e autorizzazione degli interventi e, ove prevista, nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale.

3.  Per gli interventi e le opere individuate al comma 1, nonché per quelle di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto per le aree ricomprese nei siti di interesse nazionale, e le regioni per le restanti aree, provvedono all'individuazione delle categorie di interventi che non necessitano della preventiva valutazione da parte dell'Autorità competente ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del presente decreto, e, qualora necessaria, definiscono i criteri e le procedure per la predetta valutazione nonché le modalità di controllo.

4.  Ai fini del rispetto delle condizioni previste dal comma 1, anche nelle more dell'attuazione del comma 3, sono rispettate le seguenti procedure e modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni movimentati:

a)  nel caso in cui non sia stata ancora realizzata la caratterizzazione dell'area oggetto dell'intervento ai sensi dell'articolo 242, il soggetto proponente accerta lo stato di potenziale contaminazione del sito mediante un Piano di indagini preliminari. Il Piano, comprensivo della lista degli analiti da ricercare, è concordato con l'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente che si pronuncia entro e non oltre il termine di trenta giorni dalla richiesta del proponente, eventualmente stabilendo particolari prescrizioni in relazione alla specificità del sito. In caso di mancata pronuncia nei termini da parte dell'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente, il Piano di indagini preliminari è concordato con l'ISPRA che si pronuncia entro i quindici giorni successivi su segnalazione del proponente. Il proponente, trenta giorni prima dell'avvio delle attività d'indagine, trasmette agli enti interessati il piano con la data di inizio delle operazioni. Qualora l'indagine preliminare accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il soggetto proponente ne dà immediata comunicazione con le forme e le modalità di cui all'articolo 245, comma 2, con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate;
b)  in presenza di attività di messa in sicurezza operativa già in essere, il proponente può avviare la realizzazione degli interventi e delle opere di cui al comma 1 previa comunicazione all'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente da effettuarsi con almeno quindici giorni di anticipo rispetto all'avvio delle opere. Al termine dei lavori, l'interessato assicura il ripristino delle opere di messa in sicurezza operativa;
c)  le attività di scavo sono effettuate con le precauzioni necessarie a non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali interessate e, in particolare, delle acque sotterranee. Le eventuali fonti attive di contaminazione, quali rifiuti o prodotto libero, rilevate nel corso delle attività di scavo, sono rimosse e gestite nel rispetto delle norme in materia di gestione dei rifiuti. I terreni e i materiali provenienti dallo scavo sono gestiti nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120;
c-bis)  ove l'indagine preliminare di cui alla lettera a) accerti che il livello delle CSC non sia stato superato, per i siti di interesse nazionale il procedimento si conclude secondo le modalità previste dal comma 4-bis dell'articolo 252 e per gli altri siti nel rispetto di quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 242.

5.  All'attuazione del presente articolo le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


(1232) Articolo inserito dall’ art. 52, comma 1, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

 


ART. 243  (Gestione delle acque sotterranee emunte) (1233)

In vigore dal 21 agosto 2013

1.  Al fine di impedire e arrestare l'inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati, oltre ad adottare le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento delle acque, anche tramite conterminazione idraulica con emungimento e trattamento, devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall'articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette; in caso di emungimento e trattamento delle acque sotterranee deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito, in conformità alle finalità generali e agli obiettivi di conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti nella parte terza.

2.  Il ricorso al barrieramento fisico è consentito solo nel caso in cui non sia possibile conseguire altrimenti gli obiettivi di cui al comma 1 secondo le modalità dallo stesso previste.

3.  Ove non si proceda ai sensi dei commi 1 e 2, l'immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuare presso un apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti e in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.

4.  Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di tali acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla parte terza.

5.  In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli fini della bonifica, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. A tal fine il progetto di cui all'articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche qualitative e quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di controllo e monitoraggio della porzione di acquifero interessata; le acque emunte possono essere reimmesse anche mediante reiterati cicli di emungimento, trattamento e reimmissione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze ad eccezione di sostanze necessarie per la bonifica espressamente autorizzate, con particolare riferimento alle quantità utilizzabili e alle modalità d'impiego.

6.  Il trattamento delle acque emunte deve garantire un'effettiva riduzione della massa delle sostanze inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali.


(1233) Articolo così sostituito dall'art. 41, comma 1, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

 


ART. 244  (Ordinanze) (1234)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.

2.  La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.

3.  L'ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.

4.  Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250.


(1234) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 244, sollevate, in riferimento all'art. 117 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 244 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 244 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 245  (Obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione) (1235)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili.

2.  Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità.

3.  Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ovvero abbiano già provveduto in tal senso in precedenza, la decorrenza dell'obbligo di bonifica di siti per eventi anteriori all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto verrà definita dalla regione territorialmente competente in base alla pericolosità del sito, determinata in generale dal piano regionale delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva in ogni caso la facoltà degli interessati di procedere agli interventi prima del suddetto termine.


(1235) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 245, sollevate, in riferimento all'art. 117 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 245 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 245 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 


ART. 246  (Accordi di programma) (1237)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  I soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti altrimenti interessati hanno diritto di definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi mediante appositi accordi di programma stipulati, entro sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo.

2.  Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti che interessano il territorio di più regioni, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con appositi accordi di programma stipulati, entro dodici mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le regioni interessate.

3.  Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti dislocati su tutto il territorio nazionale o vi siano più soggetti interessati alla bonifica di un medesimo sito di interesse nazionale, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con accordo di programma da stipularsi, entro diciotto mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. (1236)


(1236) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1237) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 240, 242, 246 e 252 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 246 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 246 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, ancora, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 246 sollevata, in riferimento a non determinate attribuzioni costituzionali.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 247  (Siti soggetti a sequestro) (1238)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto può autorizzare l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.


(1238) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 247 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 247 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 


ART. 248  (Controlli) (1239)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito e al progetto operativo, comprensiva delle misure di riparazione, dei monitoraggi da effettuare, delle limitazioni d'uso e delle prescrizioni eventualmente dettate ai sensi dell'articolo 242, comma 4, è trasmessa alla provincia e all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente competenti ai fini dell'effettuazione dei controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati.

2.  Il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di messa in sicurezza operativa, nonché la conformità degli stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante apposita certificazione sulla base di una relazione tecnica predisposta dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente.

3.  La certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per lo svincolo delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 242, comma 7.


(1239) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 248, sollevate, in riferimento all'art. 117 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 248 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 248 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 


ART. 249  (Aree contaminate di ridotte dimensioni) (1240) (1241)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Per le aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le procedure semplificate di intervento riportate nell'Allegato 4 alla parte quarta del presente decreto.


(1240) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 249 sollevate, in riferimento all'art. 117 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 249 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 249 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

(1241) Vedi, anche, il D.M. 12 febbraio 2015, n. 31.

 


ART. 250  (Bonifica da parte dell'amministrazione) (1242)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissato dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.


(1242) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 250 sollevate, in riferimento all'art. 117 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 250 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 250 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 


ART. 251  (Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare) (1244)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), predispongono l'anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere: (1243)

a)  l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi;
b)  l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;
c)  gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell'esecuzione d'ufficio, fermo restando l'affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell'articolo 242.

2.  Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.

3.  Per garantire l'efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle informazioni, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali dell'anagrafe, nonché le modalità della loro trasposizione in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA). (1243)


(1243) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(1244) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 251 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 251 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 252  (Siti di interesse nazionale) (1255) (1256)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  I siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.

2.  All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: (1246)

a)  gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale;
b)  la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
c)  il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata;
d)  l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante;
e)  la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale;
f)  gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni;
f-bis)  l'insistenza, attualmente o in passato, di attività di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie. (1248)

2-bis.  Sono in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attività produttive ed estrattive di amianto. (1249)

3.  Ai fini della perimetrazione del sito, inteso nelle diverse matrici ambientali compresi i corpi idrici superficiali e i relativi sedimenti, sono sentiti i comuni, le province, le regioni e gli altri enti locali, assicurando la partecipazione dei responsabili nonché dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti responsabili. (1253)

4.  La procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle attività produttive. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale per l'istruttoria tecnica del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA) e dell'Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti. (1247) (1258)

4-bis.  Nei casi di cui al comma 4, il soggetto responsabile dell'inquinamento o altro soggetto interessato accerta lo stato di potenziale contaminazione del sito mediante un Piano di indagini preliminari. Il Piano, comprensivo della lista degli analiti da ricercare, è concordato con l'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente che si pronuncia entro e non oltre il termine di trenta giorni dalla richiesta del proponente, eventualmente stabilendo particolari prescrizioni in relazione alla specificità del sito. In caso di mancata pronuncia nei termini da parte dell'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente, il Piano di indagini preliminari è concordato con l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che si pronuncia entro e non oltre i quindici giorni successivi su segnalazione del proponente o dell'autorità competente. Il proponente, trenta giorni prima dell'avvio delle attività d'indagine, trasmette al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla regione, al comune, alla provincia e all'agenzia di protezione ambientale competenti il Piano con la data di inizio delle operazioni. Qualora l'indagine preliminare accerti l'avvenuto superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) anche per un solo parametro, si applica la procedura di cui agli articoli 242 e 245. Ove si accerti che il livello delle CSC non sia stato superato, il medesimo soggetto provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla regione, al comune, alla provincia e all'agenzia di protezione ambientale competenti entro novanta giorni dalla data di inizio delle attività di indagine. L'autocertificazione conclude il procedimento, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte della provincia competente da concludere nel termine di novanta giorni dalla data di acquisizione dell'autocertificazione, decorsi i quali il procedimento di verifica si considera definitivamente concluso. (1251)

4-ter.  In alternativa alla procedura di cui all'articolo 242, il responsabile della potenziale contaminazione o altro soggetto interessato al riutilizzo e alla valorizzazione dell'area, può presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare gli esiti del processo di caratterizzazione del sito eseguito nel rispetto delle procedure di cui all'allegato 2 del presente Titolo, allegando i risultati dell'analisi di rischio sito specifica e dell'applicazione a scala pilota, in campo, delle tecnologie di bonifica ritenute idonee. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, valutata la documentazione di cui al primo periodo, approva, nel termine di novanta giorni, l'analisi di rischio con il procedimento di cui al comma 4 e contestualmente indica le condizioni per l'approvazione del progetto operativo di cui all'articolo 242, comma 7. Sulla base delle risultanze istruttorie, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può motivatamente chiedere la revisione dell'analisi di rischio previa esecuzione di indagini integrative ove necessarie. Nei successivi sessanta giorni il proponente presenta il progetto e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare lo approva ai sensi del comma 4 e con gli effetti di cui al comma 6. Il potere di espropriare è attribuito al comune sede dell'opera. Ove il progetto debba essere sottoposto alla procedura di verifica di assoggettabilità o a valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, il procedimento è sospeso fino all'acquisizione della pronuncia dell'autorità competente ai sensi della parte seconda del presente decreto. Qualora il progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, i titoli abilitativi per la realizzazione e l'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessari all'attuazione del progetto operativo sono ricompresi nel provvedimento autorizzatorio unico regionale rilasciato ai sensi dell'articolo 27-bis. (1252)

4-quater.  Qualora gli obiettivi individuati per la bonifica del suolo, sottosuolo e materiali di riporto siano raggiunti anticipatamente rispetto a quelli previsti per la falda, è possibile procedere alla certificazione di avvenuta bonifica di cui all'articolo 248 limitatamente alle predette matrici ambientali, anche a stralcio in relazione alle singole aree catastalmente individuate, fermo restando l'obbligo di raggiungere tutti gli obiettivi di bonifica su tutte le matrici interessate da contaminazione. In tal caso è necessario effettuare un'analisi di rischio atta a dimostrare che le contaminazioni ancora presenti nelle acque sotterranee fino alla loro completa rimozione non comportino un rischio per i fruitori e per le altre matrici ambientali secondo le specifiche destinazioni d'uso. Le garanzie finanziarie di cui al comma 7 dell'articolo 242 sono comunque prestate per l'intero intervento e sono svincolate solo al raggiungimento di tutti gli obiettivi di bonifica. (1251)

5.  Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi sono predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), dell'Istituto superiore di sanità e dell'E.N.E.A. nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati. (1245)

6.  L'autorizzazione del progetto e dei relativi interventi sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi, tra l'altro, quelli relativi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie alla loro attuazione. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

7.  Se il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto ambientale, l'approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale valutazione.

8.  In attesa del perfezionamento del provvedimento di autorizzazione di cui ai commi precedenti, completata l'istruttoria tecnica, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare in via provvisoria, su richiesta dell'interessato, ove ricorrano motivi d'urgenza e fatta salva l'acquisizione della pronuncia positiva del giudizio di compatibilità ambientale, ove prevista, l'avvio dei lavori per la realizzazione dei relativi interventi di bonifica, secondo il progetto valutato positivamente, con eventuali prescrizioni, dalla conferenza di servizi convocata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'autorizzazione provvisoria produce gli effetti di cui all'articolo 242, comma 7. (1246)

9.  È qualificato sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente l'area interessata dalla bonifica della ex discarica delle Strillaie (Grosseto) (1250). Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si provvederà alla perimetrazione della predetta area. (1246) (1257)

9-bis.  E' individuata quale sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente l'area interessata dalla presenza di discariche ed impianti di trattamento dei rifiuti, compresa nel sito dell'Area vasta di Giugliano (Napoli). Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si provvede alla perimetrazione della predetta area. (1254)

9-ter.   In caso di compravendita di aree ubicate nei siti di interesse nazionale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su istanza congiunta degli interessati, autorizza entro novanta giorni dal ricevimento dell'istanza la volturazione dell'autorizzazione di cui all'articolo 242, commi 4 e 6. (1254)


(1245) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

(1246) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1247) Comma modificato dall'art. 57, comma 15-bis, D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, come inserito dall'art. 36, comma 4, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 53, comma 2-bis, lett. b), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

(1248) Lettera aggiunta dall'art. 36-bis, comma 1, lett. a), D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.

(1249) Comma inserito dall'art. 36-bis, comma 1, lett. b), D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.

(1250) A norma dell’ art. 1, comma 1, D.M. 11 gennaio 2013, il presente sito non è più compreso tra i siti di bonifica di interesse nazionale.

(1251) Comma inserito dall’ art. 53, comma 1, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

(1252) Comma inserito dall’ art. 53, comma 1, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 53, comma 2, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(1253) Comma così modificato dall’ art. 53, comma 2-bis, lett. a), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

(1254) Comma aggiunto dall’ art. 53, comma 3-bis, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

(1255) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli articoli 240, 242, 246 e 252 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 252 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 252 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, infine, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 252 sollevate, in riferimento agli articoli 76, 117 e 118 della Costituzione e al principio di leale collaborazione.

(1256) Per l’applicazione delle disposizioni del presente articolo vedi l’ art. 5-bis, comma 6, L. 28 gennaio 1994, n. 84, aggiunto dall’ art. 48, comma 1, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27.

(1257) Con D.M. 11 agosto 2006 si è provveduto alla perimetrazione del sito di bonifica di interesse nazionale in località Le Strillaie-Grosseto.

(1258) Per i criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei punti vendita carburanti, vedi il regolamento adottato con D.M. 12 febbraio 2015, n. 31.

 


ART. 252-bis  Siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale (1259) (1260)

In vigore dal 5 gennaio 2015

1.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la regione territorialmente interessata e, per le materie di competenza, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli aspetti di competenza in relazione agli eventuali specifici vincoli di tutela insistenti sulle aree e sugli immobili, possono stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale individuati entro il 30 aprile 2007 ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate. Sono escluse le aree interessate dalle misure di cui al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, e successive modificazioni. L'esclusione cessa di avere effetto nel caso in cui l'impresa è ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39. (1261)

2.  Gli accordi di programma di cui al comma 1 assicurano il coordinamento delle azioni per determinare i tempi, le modalità, il finanziamento e ogni altro connesso e funzionale adempimento per l'attuazione dei progetti e disciplinano in particolare:

a)  l'individuazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica da attuare, sulla base dei risultati della caratterizzazione validati dalle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente;
b)  l'individuazione degli interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico anche attraverso studi e ricerche appositamente condotti da università ed enti di ricerca specializzati;
c)  il piano economico finanziario dell'investimento e la durata del relativo programma;
d)  i tempi di attuazione degli interventi e le relative garanzie;
e)  i contributi pubblici e le altre misure di sostegno economico finanziario disponibili e attribuiti;
f)  la causa di revoca dei contributi e delle altre misure di sostegno, e di risoluzione dell'accordo;
g)  l'individuazione del soggetto attuatore degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica, e delle attività di monitoraggio, controllo e gestione degli interventi di messa in sicurezza che restano a carico del soggetto interessato;
h)  i tempi di presentazione e approvazione degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica;
i)  la previsione di interventi di formazione, riqualificazione e aggiornamento delle competenze dei lavoratori degli impianti dismessi da reimpiegare nei lavori di bonifica previsti dai medesimi accordi di programma, mediante il ricorso a fondi preliminarmente individuati a livello nazionale e regionale;
i-bis)  le modalità di monitoraggio per il controllo dell'adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.

3.  La stipula dell'accordo di programma costituisce riconoscimento dell'interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e dichiarazione di pubblica utilità.

4.  Ad eccezione di quanto previsto al comma 5, i soggetti interessati di cui al comma 1 non devono essere responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica, riconversione industriale e di sviluppo economico, tenuto conto anche dei collegamenti societari e di cariche direttive ricoperte nelle società interessate o ad esse collegate. A tal fine sono soggetti interessati non responsabili i proprietari e i gestori di siti inquinati che non hanno cagionato la contaminazione del sito e hanno assolto gli obblighi imposti dall'articolo 245, comma 2.

5.  Gli Accordi di Programma di cui al comma 1 possono essere stipulati anche con soggetti che non soddisfano i requisiti di cui al comma 4 alle seguenti ulteriori condizioni:

a)  i fatti che hanno causato l'inquinamento devono essere antecedenti al 30 aprile 2007;
b)  oltre alle misure di messa in sicurezza e bonifica, devono essere individuati gli interventi di riparazione del danno ambientale disciplinati dall'allegato 3 alla Parte VI del presente;
c)  termine finale per il completamento degli interventi di riparazione del danno ambientale è determinato in base ad uno specifico piano finanziario presentato dal soggetto interessato tenendo conto dell'esigenza di non pregiudicare l'avvio e lo sviluppo dell'iniziativa economica e di garantire la sostenibilità economica di detti interventi, comunque in misura non inferiore a dieci anni.

6.  L'attuazione da parte dei soggetti interessati degli impegni di messa in sicurezza, bonifica, monitoraggio, controllo e relativa gestione, e di riparazione, individuati dall'accordo di programma esclude per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo. La revoca dell'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo di programma previsto dalle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale è subordinata, nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, al rilascio della certificazione dell'avvenuta bonifica e messa in sicurezza dei siti inquinati ai sensi dell'articolo 248. Nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, i contributi e le misure di cui alla lettera e) del comma 2 non potranno riguardare le attività di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del danno ambientale di competenza dello stesso soggetto, ma esclusivamente l'acquisto di beni strumentali alla riconversione industriale e allo sviluppo economico dell'area.

7.  Al di fuori dei casi che rientrano nel campo di applicazione del comma 5, la pubblica amministrazione può agire autonomamente nei confronti del responsabile della contaminazione per la ripetizione delle spese sostenute per gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica individuati dall'accordo nonché per gli ulteriori interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nelle forme e nei modi previsti dalla legge.

8.  Gli interventi per l'attuazione del progetto integrato sono autorizzati e approvati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico sulla base delle determinazioni assunte in Conferenza di Servizi indetta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell'articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alla Conferenza di Servizi partecipano tutti i soggetti pubblici firmatari dell'accordo di programma o titolari dei procedimenti di approvazione e autorizzazione, comunque denominati, aventi ad oggetto gli interventi, le opere e le attività previste dall'accordo medesimo, nonché i soggetti interessati proponenti. L'assenso espresso dai rappresentanti degli enti locali sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi competenti, sostituisce ogni atto di competenza di detti enti.

9.  Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, i decreti di cui al comma 8 autorizzano gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica nonché la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere connesse.

10.  Alla progettazione, al coordinamento e al monitoraggio dei progetti integrati di bonifica, riconversione industriale e sviluppo economico in siti inquinati di interesse nazionale di cui al comma 1 sono preposte, con oneri posti a carico delle risorse stanziate a legislazione vigente, una o più società "in house" individuate nell'accordo di programma, di intesa tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Sulle aree di proprietà pubblica ovvero nel caso di attivazione degli interventi a iniziativa pubblica, i predetti soggetti sono tenuti ad attivare procedure a evidenza pubblica per l'attuazione degli interventi, salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti per la gestione in house in conformità ai requisiti prescritti dalla normativa e dalla giurisprudenza europea.

11.  Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e le Regioni e Province Autonome, adotta misure volte a favorire la formazione di nuove competenze professionali, anche in ambito degli Istituti tecnici superiori, in materia di bonifica ambientale, finanziate, nell'ambito delle risorse stanziate a legislazione vigente nonché a valere sulle risorse della programmazione 2014-2020, previamente incluse negli Accordi di programma di cui al comma 1 del presente articolo.


(1259) Articolo inserito dall'art. 2, comma 43-ter, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 4, comma 1, D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9.

(1260) Vedi, anche, l’ art. 4, commi da 2 a 10, D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9.

(1261) Comma così modificato dall’ art. 2, comma 11, D.L. 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 marzo 2015, n. 20.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 253  (Oneri reali e privilegi speciali) (1263)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.  Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi degli articoli 250 e 252, comma 5. L'onere reale viene iscritto nei registri immobiliari tenuti dagli uffici dell'Agenzia del territorio a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica. (1262)

2.  Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.

3.  Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.

4.  In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.

5.  Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.


(1262) Comma così modificato dall’ art. 53, comma 2-ter, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

(1263) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 253 sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 253 sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 


TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

SANZIONI

ART. 254  (Norme speciali)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.


 


(commento di giurisprudenza)

ART. 255  (Abbandono di rifiuti)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 252, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio. (1264)

1-bis.  Chiunque viola il divieto di cui all'articolo 232-ter è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta. Se l'abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all'articolo 232-bis, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio. (1265) (1266)

2.  Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.

3.  Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.


(1264) Comma così modificato dall'art. 34, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1265) Comma inserito dall’ art. 40, comma 1, lett. b), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(1266) Vedi, anche, il D.M. 15 febbraio 2017.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 256  (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.  Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito: (1268)

a)  con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; (1267)
b)  con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi. (1267)

2.  Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.

3.  Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi. (1269) (1267)

4.  Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.

5.  Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b). (1267)

6.  Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti. (1267)

7.  Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro.

8.  I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all'adozione del decreto di cui all'articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234.

9.  Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.


(1267) Vedi, anche, l'art. 25-undecies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

(1268) Alinea così modificato dall’ art. 11, comma 3, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1269) Comma così modificato dall’ art. 11, comma 3, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 256-bis  (Combustione illecita di rifiuti) (1270) (1271)

In vigore dal 21 agosto 2014

1.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.

2.  Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.

3.  La pena è aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 è commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o comunque di un'attività organizzata. Il titolare dell'impresa o il responsabile dell'attività comunque organizzata è responsabile anche sotto l'autonomo profilo dell'omessa vigilanza sull'operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all'impresa o all'attività stessa; ai predetti titolari d'impresa o responsabili dell'attività si applicano altresì le sanzioni previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

4.  La pena è aumentata di un terzo se il fatto di cui al comma 1 è commesso in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

5.  I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo, inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

6.   Si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e). Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all'abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato. (1272)


(1270) Articolo inserito dall’ art. 3, comma 1, D.L. 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla L. febbraio 2014, n. 6.

(1271) Nel presente articolo era stato aggiunto il comma 6-bis dall'art. 14, comma 8, lett. b), D.L. 24 giugno 2014, n. 91; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 11 agosto 2014, n. 116).

(1272) Comma così modificato dall’ art. 14, comma 8, lett. b-sexies), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 257  (Bonifica dei siti)

In vigore dal 29 maggio 2015

1.  Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da mille euro a ventiseimila euro. (1273) (1275)

2.  Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose. (1275)

3.  Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.

4.  L'osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non punibilità per le contravvenzioni ambientali contemplate da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1. (1274)


(1273) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. a), L. 22 maggio 2015, n. 68, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

(1274) Comma così sostituito dall’ art. 1, comma 2, lett. b), L. 22 maggio 2015, n. 68, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

(1275) Vedi, anche, l'art. 25-undecies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 258  (Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari) (1276)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, che non effettuano la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuano in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila a diecimila euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

2.  Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all'articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila a diecimila euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila euro a trentamila euro, nonché nei casi più gravi, la sanzione amministrativa accessoria facoltativa della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dalla carica di amministratore.

3.  Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le sanzioni sono quantificate nelle misure minime e massime da millequaranta euro a seimiladuecento euro per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione.

4.  Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 o senza i documenti sostitutivi ivi previsti, ovvero riporta nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a diecimila euro. Si applica la pena dell'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.

5.  Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 4, ove le informazioni, pur formalmente incomplete o inesatte, siano rinvenibili in forma corretta dai dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri cronologici di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica nei casi di indicazioni formalmente incomplete o inesatte, ma contenenti gli elementi atti a ricostruire le informazioni richieste ai sensi di legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193. La sanzione ridotta di cui alla presente disposizione si applica alla omessa o incompleta tenuta dei registri cronologici di carico e scarico da parte del produttore quando siano presenti i formulari di trasporto, a condizione che la data di produzione e presa in carico dei rifiuti possa essere dimostrata, o coincida con la data di scarico dei rifiuti stessi.

6.  I soggetti di cui all'articolo 220, comma 2, che non effettuano la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila euro a diecimila euro; nel caso in cui la comunicazione sia effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

7.  I soggetti responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati che non effettuano la comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3, ovvero la effettuano in modo incompleto o inesatto, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila euro a diecimila euro; nel caso in cui la comunicazione sia effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

8.  In caso di violazione di uno o più degli obblighi previsti dall'articolo 184, commi 5- bis.1 e 5-bis.2, e dall'articolo 241-bis, commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, del presente decreto, il comandante del poligono militare delle Forze armate è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a diecimila euro. In caso di violazione reiterata degli stessi obblighi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemila euro a ventimila euro.

9.  Chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo, ovvero commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui al presente articolo.

10.  Salvo che il fatto costituisca reato e fermo restando l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi eventualmente non versati, la mancata o irregolare iscrizione al Registro di cui all'articolo 188-bis, nelle tempistiche e con le modalità definite nel decreto di cui al comma 1 del medesimo articolo, comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a duemila euro, per i rifiuti non pericolosi, e da mille euro a tremila euro per i rifiuti pericolosi. La mancata o incompleta trasmissione dei dati informativi con le tempistiche e le modalità ivi definite comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a duemila euro per i rifiuti non pericolosi e da mille euro a tremila euro per i rifiuti pericolosi.

11.  Le sanzioni di cui al comma 10 sono ridotte ad un terzo nel caso in cui si proceda all'iscrizione al Registro entro 60 giorni dalla scadenza dei termini previsti dal decreto di cui al comma 1 dell'articolo 188-bis e dalle procedure operative. Non è soggetta alle sanzioni di cui al comma 11 la mera correzione di dati, comunicata con le modalità previste dal decreto citato.

12.  Gli importi delle sanzioni di cui al comma 10 sono versati ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, destinati agli interventi di bonifica dei siti di cui all'articolo 252, comma 5, ove ricorrano le condizioni di cui all'articolo 253, comma 5, secondo criteri e modalità di ripartizione fissati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

13.  Le sanzioni di cui al presente articolo, conseguenti alla trasmissione o all'annotazione di dati incompleti o inesatti sono applicate solo nell'ipotesi in cui i dati siano rilevanti ai fini della tracciabilità, con esclusione degli errori materiali e violazioni formali. In caso di dati incompleti o inesatti rilevanti ai fini della tracciabilità di tipo seriale, si applica una sola sanzione aumentata fino al triplo.


(1276) Articolo modificato dall'art. 2, comma 42, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 35, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e), D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e dall’ art. 1, comma 304, lett. c), L. 27 dicembre 2017, n. 205, a decorrere dal 1° gennaio 2018. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 4, comma 1, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 259  (Traffico illecito di rifiuti)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato II del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell'ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi. (1277)

2.  Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.


(1277) Vedi, anche, l'art. 25-undecies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 260  (Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) (1279) (1281)

In vigore dal 6 aprile 2018

[1.  Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni. (1280)

2.  Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. (1280)

3.  Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice.

4.  Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.

4-bis.  È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca. (1278) ]


(1278) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 3, L. 22 maggio 2015, n. 68, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

(1279) Articolo abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. q), D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21. A norma di quanto disposto dall’ art. 8, comma 1, D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, dal 6 aprile 2018 i richiami alle disposizioni del presente articolo, ovunque presenti, si intendono riferiti all’art. 452-quaterdecies del codice penale.

(1280) Vedi, anche, l'art. 25-undecies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

(1281) La condanna per il delitto previsto in questo articolo, se commesso in danno o a vantaggio di una attività imprenditoriale, o comunque in relazione ad essa, importa l'incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione (art. 32-quater c.p.). Vedi, anche, l'art. 12-sexies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge, con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356.

 


ART. 260-bis  (Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti) (1284) (1282) (1285)

In vigore dal 17 settembre 2011

1.  I soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’ articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nei termini previsti, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

2.  I soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’ articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. All’accertamento dell’omissione del pagamento consegue obbligatoriamente, la sospensione immediata dal servizio fornito dal predetto sistema di controllo della tracciabilità nei confronti del trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo annuale di iscrizione al predetto sistema di tracciabilità occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma.

3.  Chiunque omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

4.  Qualora le condotte di cui al comma 3 siano riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui l’infrazione è imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le modalità di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalità di cui al comma 3. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento.

5.  Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sono puniti, per ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila.

6.  Si applica la pena di cui all’articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti. (1286)

7.  Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati.

8.  Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI - AREA Movimentazione fraudolentemente alterata è punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del codice penale. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi. (1286)

9.  Se le condotte di cui al comma 7 non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

9-bis.  Chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo ovvero commette più violazioni della stessa disposizione soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui al presente articolo. (1283)

9-ter.  Non risponde delle violazioni amministrative di cui al presente articolo chi, entro trenta giorni dalla commissione del fatto, adempie agli obblighi previsti dalla normativa relativa al sistema informatico di controllo di cui al comma 1. Nel termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione della violazione, il trasgressore può definire la controversia, previo adempimento degli obblighi di cui sopra, con il pagamento di un quarto della sanzione prevista. La definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie. (1283)


(1282) Il presente articolo era stato abrogato dall'art. 6, comma 2, lett. d), D.L. 13 agosto 2011, n. 138; successivamente, tale abrogazione non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 14 settembre 2011, n. 148).

(1283) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 2, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

(1284) Articolo inserito dall'art. 36, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1285) Sull’applicabilità delle disposizioni di cui al presente articolo vedi le abrogazioni disposte, a decorrere dal 1° gennaio 2019, dall’ art. 6, comma 2, lett. a), b) e c), D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, e le norme contenute nell’ art. 6, commi da 3 a 3-quinquies, del medesimo D.L. n. 135/2018.

(1286) Vedi, anche, l'art. 25-undecies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

 


ART. 260-ter  (Sanzioni amministrative accessorie. Confisca) (1287) (1289)

In vigore dal 16 agosto 2011

1.  All’accertamento delle violazioni di cui ai commi 7 e 8 dell’ articolo 260-bis, consegue obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti di mesi 12, nel caso in cui il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all’art. 99 c.p. o all’ articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti. (1288)

2.  Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 213, 214, 214-bis e 224-ter del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e relative norme di attuazione.

3.  All’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’articolo 260-bis, consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del veicolo utilizzato dal trasportatore. In ogni caso restituzione del veicolo sottoposto al fermo amministrativo non può essere disposta in mancanza dell’iscrizione e del correlativo versamento del contributo.

4.  In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, è sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.

5.  Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono obbligatoriamente anche all’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’ articolo 256.


(1287) Articolo inserito dall'art. 36, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1288) Comma così modificato dall'art. 3, comma 3, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

(1289) Sull’applicabilità delle disposizioni di cui al presente articolo vedi le abrogazioni disposte, a decorrere dal 1° gennaio 2019, dall’ art. 6, comma 2, lett. a), b) e c), D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, e le norme contenute nell’ art. 6, commi da 3 a 3-quinquies, del medesimo D.L. n. 135/2018.

 


ART. 261  (Imballaggi)

In vigore dal 13 agosto 2017

1.  I produttori e gli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di raccolta di cui all'articolo 221, comma 2, o non adottano, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 5.000. (1290)

2.  I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all'articolo 223, né adottano un sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a quarantaseimilacinquecento euro. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di cui all'articolo 221, comma 4.

3.  La violazione dei divieti di cui all'articolo 226, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemiladuecento euro a quarantamila euro. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interno imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 219, comma 5.

4.  La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

4-bis.  La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 226-bis e 226-ter è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 25.000 euro. (1291)

4-ter.  La sanzione amministrativa di cui al comma 4-bis è aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda ingenti quantitativi di borse di plastica oppure un valore di queste ultime superiore al 10 per cento del fatturato del trasgressore, nonché in caso di utilizzo di diciture o altri mezzi elusivi degli obblighi di cui agli articoli 226-bis e 226-ter. (1291)

4-quater.  Le sanzioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689; all’accertamento delle violazioni provvedono, d’ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa, fermo restando quanto previsto dall’articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981. (1291)


(1290) Comma modificato dall'art. 26, comma 1, lett. c), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 11, comma 3, L. 28 luglio 2016, n. 154.

(1291) Comma aggiunto dall’ art. 9-bis, comma 1, lett. h), D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

 


ART. 261-bis  (Sanzioni) (1292)

In vigore dal 11 aprile 2014

1.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione all'esercizio di cui presente titolo, è punito con l'arresto da uno a due anni e con l'ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro.

2.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti non pericolosi, negli impianti di cui all'articolo 237-ter, comma 1, lettere b), c) d) ed e), in mancanza della prescritta autorizzazione all'esercizio, è punito con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da diecimila euro a trentamila euro.

3.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico sul suolo, nel sottosuolo o nelle acque sotterranee, di acque reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi di cui all'articolo 237-duodecies, comma 5, è punito con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da diecimila euro a trentamila euro.

4.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il proprietario ed il gestore che nell'effettuare la dismissione di un impianto di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti non provvedono a quanto previsto all'articolo 237-octies, comma 10, sono puniti con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da diecimila euro a venticinquemila euro.

5.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti nelle condizioni di cui all'articolo 237-septiesdecies, comma 3, superando anche uno solo dei limiti temporali ivi previsti, è punito con l'arresto fino a nove mesi e con l'ammenda da cinquemila euro a trentamila euro.

6.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico in acque superficiali di acque reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi di cui all'articolo 237-duodecies, comma 5, non rispettando i valori di emissione previsti all'Allegato 1, paragrafo D, è punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da diecimila euro a trentamila euro.

7.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico delle acque reflue di cui all'articolo 237-duodecies, in mancanza della prescritta autorizzazione di cui al comma 1, è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda da cinquemila euro a trentamila euro.

8.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nell'esercizio dell'attività di incenerimento o coincenerimento, supera i valori limite di emissione di cui all'articolo 237-undecies, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da diecimila euro a venticinquemila euro. Se i valori non rispettati sono quelli di cui all'Allegato 1, paragrafo A, punti 3) e 4), il responsabile è punito con l'arresto da uno a due anni e con l'ammenda da diecimila euro a quarantamila euro.

9.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il professionista che, nel certificato sostitutivo di cui all'articolo 237-octies, comma 8, e all'articolo 237-octies, comma 10, con riferimento agli impianti di coincenerimento, attesta fatti non corrispondenti al vero, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da cinquemila euro a venticinquemila euro.

10.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque mette in esercizio un impianto di incenerimento o di coincenerimento autorizzato alla costruzione ed all'esercizio, in assenza della verifica di cui all'articolo 237-octies, comma 7, o della relativa certificazione sostitutiva comunicata nelle forme di cui all'articolo 237-octies, comma 8, e all'articolo 237-octies, comma 10, con riferimento agli impianti di coincenerimento, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a venticinquemila euro.

11.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato e salvo quanto previsto al comma 12, chiunque, nell'esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, non osserva le prescrizioni indicate nell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 237-quinquies, comma 2, con riferimento agli impianti di incenerimento, all'articolo 237-quinquies, comma 3, all'articolo 237-septies, comma 1, e all'articolo 237-octies, comma 1, è punito con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro.

12.   Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell'esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le parziali deroghe di cui all'articolo 237-septies, comma 6, e all'articolo 237-nonies, non rispetta le prescrizioni imposte dall'autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a venticinquemila euro.

13.   Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell'esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le deroghe di cui all'articolo 237-undecies, comma 6, non rispetta le prescrizioni imposte dall'autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da duemilacinquecento euro a venticinquemila euro.

14.   Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, al di fuori dei casi previsti dal presente articolo, nell'esercizio di un impianto di incenerimento o coincenerimento non rispetta le prescrizioni di cui al presente decreto, o quelle imposte dall'autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da mille euro a trentacinquemila euro.

15.   Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 14 e 15 non si applicano nel caso in cui l'installazione è soggetta alle disposizioni del Titolo III-bis della Parte seconda.


(1292) Articolo inserito dall’ art. 16, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 262  (Competenza e giurisdizione)

In vigore dal 6 ottobre 2011

1.  Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte quarta del presente decreto provvede la provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma 1, per le quali è competente il comune.

2.  Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione previsto dall'articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689. (1293)

3.  Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli Enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.


(1293) Comma così modificato dall'art. 34, comma 4, D.Lgs. 1° settembre 2011, n. 150; per l'applicazione di tale disposizione, vedi l'art. 36 del medesimo D.Lgs. 150/2011.

 


ART. 263  (Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)

In vigore dal 2 febbraio 2016

1.  I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui alle disposizioni della parte quarta del presente decreto sono devoluti alle province e sono destinati all'esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma 1, che sono devoluti ai comuni.

2.  Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative irrogate ai sensi dell'articolo 261-bis sono versate all'entrata dei bilanci delle autorità competenti e sono destinate a potenziare le ispezioni ambientali straordinarie previste dal presente decreto, in particolare all'articolo 29-decies, comma 4, nonché le ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione. (1294)

2-bis.  Il 50 per cento delle somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate ai sensi dell'articolo 255, comma 1-bis, è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad un apposito Fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e destinato alle attività di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 232-bis. Il restante 50 per cento dei suddetti proventi è destinato ai comuni nel cui territorio sono state accertate le relative violazioni ed è destinato alle attività di cui al comma 1 dell'articolo 232-bis, ad apposite campagne di informazione da parte degli stessi comuni, volte a sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo e dei rifiuti di piccolissime dimensioni di cui all'articolo 232-ter, nonché alla pulizia del sistema fognario urbano. Con provvedimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell'interno e con il Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità attuative del presente comma. (1295) (1296)


(1294) Comma aggiunto dall’ art. 17, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1295) Comma aggiunto dall’ art. 40, comma 1, lett. c), L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(1296) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 15 febbraio 2017.

 


CAPO II

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

(commento di giurisprudenza)

ART. 264  (Abrogazione di norme)

In vigore dal 25 marzo 2012

1.  A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza:

c)  il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione dell'articolo 9 e dell'articolo 9-quinquies come riformulato dal presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
d)  il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies;
e)  il decreto-legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45;
g)  i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell'articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
h)  l'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994;
i)  il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;
l)  l'articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dall'articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178;
m)  l'articolo 9, comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ultimo periodo, dalle parole: «i soggetti di cui all'artico 38, comma 3, lettera a)» sino alla parola: «CONAI»;
o)  gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste ai sensi del presente decreto e per un periodo comunque non superiore ad un triennio dalla data della sua entrata in vigore, tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996. Al fine di assicurare che non vi sia soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;

2.  Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli ulteriori atti normativi incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo. (1298)

2-bis.  Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere dell'ISPRA, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. (1299)


(1297) Lettera soppressa dall'art. 2, comma 44, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1298) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1299) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 5, D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

 


ART. 264-bis  (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010) (1300)

In vigore dal 25 dicembre 2010

1.  All’Allegato «Articolazione del MUD» del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010, pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2010, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)  al capitolo 1 - Rifiuti, al punto «4. Istruzione per la compilazione delle singole sezioni» la «Sezione comunicazione semplificata» è abrogata e sono abrogati il punto 6 «Sezione rifiuti» e il punto 8 «Sezione intermediari e commercio»;
b)  i capitoli 2 e 3 sono abrogati a decorrere dalla dichiarazione relativa al 2011.


(1300) Articolo inserito dall'art. 37, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

 


ART. 264-ter  (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209) (1301) (1302)

In vigore dal 26 settembre 2020

[1.  All’ articolo 11 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. A decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’ articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai pertinenti materiali e componenti sottoposti a trattamento, nonché i dati relativi ai materiali, ai prodotti ed ai componenti ottenuti ed avviati al reimpiego, al riciclaggio e al recupero, sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e all’ articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.». ]


(1301) Articolo inserito dall'art. 37, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1302) Articolo abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 264-quater  (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151) (1303) (1304)

In vigore dal 26 settembre 2020

[1.  All’ articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 2, a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’ articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai RAEE esportati, trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a) e all’ articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009. Le informazioni specificano la categoria di appartenenza secondo l'allegato 1A, il peso o, se non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.». ]


(1303) Articolo inserito dall'art. 37, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1304) Articolo abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


ART. 265  (Disposizioni transitorie)

In vigore dal 24 gennaio 2012

1.  Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi. (1305)

2.  In attesa delle specifiche norme regolamentari e tecniche in materia di trasporto dei rifiuti, di cui all'articolo 195, comma 2, lettera l), e fermo restando quanto previsto dall’ articolo 188-ter e dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 in materia di rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico, i rifiuti sono assimilati alle merci per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i rifiuti pericolosi sono assimilati alle merci pericolose. (1310)

3.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro delle attività produttive, individua con apposito decreto le forme di promozione e di incentivazione per la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica presso le università, nonché presso le imprese e i loro consorzi. (1307) (1309)

4.  Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all'autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L'autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie.

[5.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive sono disciplinati modalità, presupposti ed effetti economici per l'ipotesi in cui i soggetti aderenti ai vigenti consorzi pongano in essere o aderiscano a nuovi consorzi o a forme ad essi alternative, in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri, senza che da ciò derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. (1311) (1312) ]

6.  Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e sottoposte alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono autorizzate in via transitoria, previa presentazione della relativa domanda, e fino al rilascio o al definitivo diniego dell'autorizzazione medesima, ad utilizzare, impiegandoli nel proprio ciclo produttivo, i rottami ferrosi individuati dal codice GA 430 dell'Allegato II (lista verde dei rifiuti) del regolamento (CE) 1° febbraio 1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato. (1308)

6-bis.  I soggetti che alla data di entrata in vigore del presente decreto svolgono attività di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi che erano da considerarsi escluse dal campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto n. 152 del 2006 possono proseguire le attività di gestione in essere alle condizioni di cui alle disposizioni previgenti fino al rilascio o al diniego delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento di dette attività nel nuovo regime. Le relative istanze di autorizzazione o iscrizione sono presentate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. (1306)


(1305) Comma così modificato dall'art. 2, comma 45, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1306) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 46, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1307) La Corte Costituzionale, con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che, prima dell'adozione del decreto ministeriale da esso disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.

(1308) A norma dell'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» sono sostituite dalle parole «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto».

(1309) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1310) Comma così modificato dall'art. 38, comma 1, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1311) Comma soppresso dall'art. 26, comma 1, lett. b), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27.

(1312) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


ART. 266  (Disposizioni finali) (1318)

In vigore dal 26 settembre 2020

1.  Nelle attrezzature sanitarie di cui all'articolo 4, comma 2, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.

2.  Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato.

3.  Le spese per l'indennità e per il trattamento economico del personale di cui all'articolo 9 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, restano a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvo quanto previsto dal periodo seguente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni di appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga attività di comune interesse. (1314)

[4.  I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività. (1316) ]

5.  Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.

6.  Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48, comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le disposizioni sanzionatorie previste dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6-quinquies, anche con riferimento a fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo 2004.

7.  Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia. (1313) (1315) (1317)


(1313) Comma così modificato dall'art. 2, comma 45-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1314) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1315) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1316) Comma abrogato dall’ art. 7, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

(1317) Il provvedimento previsto dal presente comma è stato emanato con D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

(1318) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l’ art. 28, comma 13-bis, D.L. 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2016, n. 229, aggiunto dall’ art. 7, comma 2, lett. e-bis), D.L. 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 aprile 2017, n. 45.

 


PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL'ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI E ATTIVITÀ (1319)

(commento di giurisprudenza)

ART. 267  (Campo di applicazione) (1326)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite.

2.  Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti i valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell'autorizzazione di cui all'articolo 208 o nell'autorizzazione integrata ambientale di cui al Titolo III-bis alla Parte Seconda. I valori limite e le prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento sulla base del Titolo III-bis della Parte Quarta e dei piani regionali di qualità dell'aria e, per gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, sulla base degli articoli 270 e 271 del presente titolo. Resta ferma l'applicazione del presente titolo per gli altri impianti e le altre attività presenti nello stesso stabilimento, nonché nei casi previsti dall'articolo 214, comma 8. (1322)

3.  Resta fermo, per le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto al Titolo III-bis della Parte Seconda; per tali installazioni l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente Titolo non è richiesta in quanto sostituita dall'autorizzazione integrata ambientale. (1323)

[4.  Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di cui alla parte quinta del presente decreto intende determinare l'attuazione di tutte le più opportune azioni volte a promuovere l'impiego dell'energia elettrica prodotta da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa comunitaria e nazionale vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il dispacciamento prioritario. In particolare:

a)  potranno essere promosse dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive e per lo sviluppo e la coesione territoriale misure atte a favorire la produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed al contempo sviluppare la base produttiva di tecnologie pulite, con particolare riferimento al Mezzogiorno; (1321) (1324)
b)  con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, sono determinati i compensi dei componenti dell'Osservatorio di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, da applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse di cui all'articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; (1324)
c)  i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, possono essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che siano stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003;
d)  al fine di prolungare il periodo di validità dei certificati verdi, all'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole «otto anni» sono sostituite dalle parole «dodici anni» (1320). (1325)
]


(1319) Vedi, anche, l’ art. 11, comma 10, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1320) A norma dell'art. 2, comma 151, L. 24 dicembre 2007, n. 244, il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui alla presente lettera, si applica ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999 fino al 31 dicembre 2007.

(1321) La Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto 16-24 luglio 2009, n. 250 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale della presente lettera, promosse, in riferimento all'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, dalle Regioni Calabria e Piemonte.

(1322) Comma sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1323) Comma sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 18, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1324) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1325) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1326) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 250 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 267, comma 4, lettera a), promossa, in riferimento all'art. 119, quinto comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 267, comma 4, lettera a), promosse in riferimento agli artt. 5 e 114 della Costituzione e «con riguardo a principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali»; ha dichiarato, infine, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 267, comma 4, lettera c), promossa in relazione all'art. 76 della Costituzione.

 


ART. 268  (Definizioni)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:

a)  inquinamento atmosferico: ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente;
b)  emissione in atmosfera: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di COV nell'ambiente; (1327)
c)  emissione convogliata: emissione di un effluente gassoso effettuata attraverso uno o più appositi punti;
d)  emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella lettera c); per le lavorazioni di cui all'articolo 275 le emissioni diffuse includono anche i COV contenuti negli scarichi idrici, nei rifiuti e nei prodotti, fatte salve le diverse indicazioni contenute nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto; (1328)
e)  emissione tecnicamente convogliabile: emissione diffusa che deve essere convogliata sulla base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela;
f)  emissioni totali: la somma delle emissioni diffuse e delle emissioni convogliate;
f-bis)  emissioni odorigene: emissioni convogliate o diffuse aventi effetti di natura odorigena; (1355)
g)  effluente gassoso: lo scarico gassoso, contenente emissioni solide, liquide o gassose; la relativa portata volumetrica è espressa in metri cubi all'ora riportate in condizioni normali (Nm³/ora), previa detrazione del tenore di vapore acqueo, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto;
h)  stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all'esercizio di una o più attività; (1329)
i)  stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e che è stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203; (1330)
i-bis)  stabilimento anteriore al 2006: uno stabilimento che è stato autorizzato ai sensi dell'articolo 6 o dell'articolo 11 o dell'articolo 15, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, purché in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008; (1331)
i-ter)  stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di cui alle lettere i) e i-bis); (1331)
l)  impianto: il dispositivo o il sistema o l'insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell'ambito di un ciclo più ampio; (1332)
m)  modifica dello stabilimento: installazione di un impianto o avvio di una attività presso uno stabilimento o modifica di un impianto o di una attività presso uno stabilimento, la quale comporti una variazione di quanto indicato nel progetto o nella relazione tecnica di cui all'articolo 269, comma 2, o nell'autorizzazione di cui all'articolo 269, comma 3, o nella domanda di adesione all'autorizzazione generale di cui all'articolo 272, o nell'autorizzazione rilasciata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, o nei documenti previsti dall'articolo 12 di tale decreto; ricadono nella definizione anche le modifiche relative alle modalità di esercizio o ai combustibili utilizzati; (1333)
m-bis)  modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse e che possa produrre effetti negativi e significativi sull'ambiente; per gli impianti di cui all'articolo 273 si applica la definizione prevista dall'articolo 5, comma 1, lettera l-bis); per le attività di cui all'articolo 275 si applicano le definizioni previste ai commi 21 e 22 di tale articolo. Le regioni e le province autonome possono, nel rispetto della presente definizione, definire ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali e indicare modifiche non sostanziali per le quali non vi è l'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 269, comma 8; (1334)
n)  gestore: la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l'installazione o l'esercizio dello stabilimento e che è responsabile dell'applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate nel presente decreto; per gli impianti di cui all'articolo 273 e per le attività di cui all'articolo 275 si applica la definizione prevista all'articolo 5, comma 1, lettera r-bis); (1335)
o)  autorità competente: la regione o la provincia autonoma o la diversa autorità indicata dalla legge regionale quale autorità competente al rilascio dell'autorizzazione alle emissioni e all'adozione degli altri provvedimenti previsti dal presente titolo; per gli stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per gli adempimenti a questa connessi, l'autorità competente è quella che rilascia tale autorizzazione; (1336)
p)  autorità competente per il controllo: l'autorità a cui la legge regionale attribuisce il compito di eseguire in via ordinaria i controlli circa il rispetto dell'autorizzazione e delle disposizioni del presente titolo, ferme restando le competenze degli organi di polizia giudiziaria; in caso di stabilimenti soggetti ad autorizzazione alle emissioni tale autorità coincide, salvo diversa indicazione della legge regionale, con quella di cui alla lettera o); per stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per i controlli a questa connessi, l'autorità competente per il controllo è quella prevista dalla normativa che disciplina tale autorizzazione; (1337)
q)  valore limite di emissione: il fattore di emissione, la concentrazione, la percentuale o il flusso di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati. I valori di limite di emissione espressi come concentrazione sono stabiliti con riferimento al funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose e, salvo diversamente disposto dal presente titolo o dall'autorizzazione, si intendono stabiliti come media oraria; (1338)
r)  fattore di emissione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e unità di misura specifica di prodotto o di servizio;
s)  concentrazione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e volume dell'effluente gassoso; per gli impianti di combustione i valori di emissione espressi come concentrazione (mg/Nm³) sono calcolati considerando, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, un tenore volumetrico di ossigeno di riferimento del 3 per cento in volume dell'effluente gassoso per i combustibili liquidi e gassosi, del 6 per cento in volume per i combustibili solidi e del 15 per cento in volume per le turbine a gas;
t)  percentuale: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e massa della stessa sostanza utilizzata nel processo produttivo, moltiplicato per cento;
u)  flusso di massa: massa di sostanza inquinante emessa per unità di tempo;
v)  soglia di rilevanza dell'emissione: flusso di massa, per singolo inquinante o per singola classe di inquinanti, calcolato a monte di eventuali sistemi di abbattimento, e nelle condizioni di esercizio più gravose dell'impianto, al di sotto del quale non si applicano i valori limite di emissione; (1339)
z)  condizioni normali: una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa;
aa)  migliori tecniche disponibili: la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche ad evitare ovvero, se ciò risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si intende per:
1)  tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura degli impianti e delle attività;
2)  disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
3)  migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso.
Per gli impianti di cui all'articolo 273 e per le attività di cui all'articolo 275 si applica la definizione prevista all'articolo 5, comma 1, lettera l-ter); (1349)
aa-bis)  ore operative: il tempo, espresso in ore, durante il quale un grande impianto di combustione o un medio impianto di combustione è, in tutto o in parte, in esercizio e produce emissioni in atmosfera, esclusi i periodi di avviamento e di arresto; (1350)
bb)  periodo di avviamento: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l'impianto, a seguito dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, è portato da una condizione nella quale non esercita l'attività a cui è destinato, o la esercita in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico, ad una condizione nella quale tale attività è esercitata in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico;
cc)  periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l'impianto, a seguito dell'interruzione dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, non dovuta ad un guasto, è portato da una condizione nella quale esercita l'attività a cui è destinato in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale funzione è esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico o non è esercitata;
dd)  carico di processo: il livello percentuale di produzione rispetto alla potenzialità nominale dell'impianto;
ee)  minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l'esercizio dell'attività cui l'impianto è destinato; (1340)
ff)  impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto;
gg)  grande impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW. Un grande impianto di combustione è classificato come:
1)  anteriore al 2013: il grande impianto di combustione che ha ottenuto un'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o per cui è stata presentata una domanda completa di autorizzazione entro tale data, a condizione che sia messo in servizio entro il 7 gennaio 2014;
2)  anteriore al 2002: il grande impianto di combustione che ha ottenuto un'autorizzazione prima del 27 novembre 2002 o per cui è stata presentata una domanda completa di autorizzazione prima di tale data, a condizione che sia stato messo in esercizio entro il 27 novembre 2003;
3)  nuovo: il grande impianto di combustione che non ricade nella definizione di cui ai numeri 2) e 3); (1341)
gg-bis)   medio impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50MW, inclusi i motori e le turbine a gas alimentato con i combustibili previsti all'allegato X alla Parte Quinta o con le biomasse rifiuto previste all'allegato II alla Parte Quinta. Un medio impianto di combustione è classificato come:
1)   esistente: il medio impianto di combustione messo in esercizio prima del 20 dicembre 2018 nel rispetto della normativa all'epoca vigente o previsto in una autorizzazione alle emissioni o in una autorizzazione unica ambientale o in una autorizzazione integrata ambientale che il gestore ha ottenuto o alla quale ha aderito prima del 19 dicembre 2017 a condizione che sia messo in esercizio entro il 20 dicembre 2018;
2)  nuovo: il medio impianto di combustione che non rientra nella definizione di cui al punto 1); (1352)
gg-ter)  motore: un motore a gas, diesel o a doppia alimentazione; (1352)
gg-quater)  motore a gas: un motore a combustione interna che funziona secondo il ciclo Otto e che utilizza l'accensione comandata per bruciare il combustibile; (1352)
gg-quinquies)  motore diesel: un motore a combustione interna che funziona secondo il ciclo diesel e che utilizza l'accensione spontanea per bruciare il combustibile; (1352)
gg-sexies)   motore a doppia alimentazione: un motore a combustione interna che utilizza l'accensione spontanea e che funziona secondo il ciclo diesel quando brucia combustibili liquidi e secondo il ciclo Otto quando brucia combustibili gassosi; (1352)
gg-septies)   turbina a gas: qualsiasi macchina rotante che trasforma energia termica in meccanica, costituita principalmente da un compressore, un dispositivo termico in cui il combustibile è ossidato per riscaldare il fluido motore e una turbina; sono incluse le turbine a gas a ciclo aperto, le turbine a gas a ciclo combinato e le turbine a gas in regime di cogenerazione, dotate o meno di bruciatore supplementare; (1352)
hh)  potenza termica nominale dell'impianto di combustione: prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato al singolo impianto di combustione, così come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli;
ii)  composto organico: qualsiasi composto contenente almeno l'elemento carbonio e uno o più degli elementi seguenti: idrogeno, alogeni, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio o azoto, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici;
ll)  composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure che abbia una volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso. Ai fini della parte quinta del presente decreto, è considerata come COV la frazione di creosoto che alla temperatura di 293,15 K ha una pressione di vapore superiore a 0,01 kPa;
mm)  solvente organico: qualsiasi COV usato da solo o in combinazione con altri agenti, senza subire trasformazioni chimiche, al fine di dissolvere materie prime, prodotti o rifiuti, o usato come agente di pulizia per dissolvere contaminanti oppure come dissolvente, mezzo di dispersione, correttore di viscosità, correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante; (1356)
nn)  capacità nominale: la massa giornaliera massima di solventi organici utilizzati per le attività di cui all'articolo 275, svolte in condizioni di normale funzionamento ed in funzione della potenzialità di prodotto per cui le attività sono progettate;
oo)  consumo di solventi: il quantitativo totale di solventi organici utilizzato in uno stabilimento per le attività di cui all'articolo 275 per anno civile ovvero per qualsiasi altro periodo di dodici mesi, detratto qualsiasi COV recuperato per riutilizzo; (1342)
pp)  consumo massimo teorico di solventi: il consumo di solventi calcolato sulla base della capacità nominale riferita, se non diversamente stabilito dall'autorizzazione, a trecentotrenta giorni all'anno in caso di attività effettuate su tutto l'arco della settimana ed a duecentoventi giorni all'anno per le altre attività; (1343)
qq)  riutilizzo di solventi organici: l'utilizzo di solventi organici prodotti da una attività e successivamente recuperati per qualsiasi finalità tecnica o commerciale, ivi compreso l'uso come combustibile; (1351)
rr)  soglia di consumo: il consumo di solvente espresso in tonnellate/anno stabilito dalla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, per le attività ivi previste;
rr-bis)   raffinerie: stabilimenti in cui si effettua la raffinazione di oli minerali o gas; (1353)
[ss)  raffinerie: raffinerie di oli minerali sottoposte ad autorizzazione ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239; (1344)]
tt)  impianti di distribuzione: impianti in cui il carburante viene erogato ai serbatoi dei veicoli a motore da impianti di deposito; ai fini dell'applicazione dell'articolo 277 si considerano esistenti gli impianti di distribuzione di benzina già costruiti o la cui costruzione ed il cui esercizio sono autorizzati ai sensi della vigente normativa prima del 1° gennaio 2012 e si considerano nuovi gli impianti di distribuzione di benzina la cui costruzione ed il cui esercizio sono autorizzati ai sensi della vigente normativa dal 1° gennaio 2012; sono equiparati agli impianti nuovi gli impianti distribuzione che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, sono oggetto di una ristrutturazione completa, intesa come il totale rinnovo o riposizionamento dei serbatoi e delle relative tubazioni; (1345)
tt-bis)  distributore: ogni apparecchio finalizzato all'erogazione di benzina; il distributore degli impianti di distribuzione di benzina deve essere dotato di idonea pompa di erogazione in grado di prelevare il carburante dagli impianti di deposito o, in alternativa, essere collegato a un sistema di pompaggio centralizzato; (1346)
tt-ter)  sistema di recupero dei vapori di benzina:
1)   ai fini dell'articolo 276, l'attrezzatura per il recupero di benzina dai vapori durante le operazioni di caricamento presso i terminali;
2)   ai fini dell'articolo 277, l'attrezzatura per il recupero dei vapori di benzina spostati dal serbatoio del carburante del veicolo durante il rifornimento presso un impianto di distribuzione; (1346)
tt-quater)  sistema di recupero di fase II: sistema di recupero dei vapori di benzina che prevede il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione o il riconvogliamento degli stessi al distributore per la reimmissione in commercio; (1346)
tt-quinquies)  flusso: quantità totale annua di benzina scaricata da cisterne mobili di qualsiasi capacità in un impianto di distribuzione; (1346)
uu)  benzina: ogni derivato del petrolio, con o senza additivi, corrispondente ai seguenti codici doganali: NC 2710 1131 -2710 1141 -2710 1145 - 2710 1149 - 2710 1151 - 2710 1159 o che abbia una tensione di vapore Reid pari o superiore a 27,6 kilopascal, pronto all'impiego quale carburante per veicoli a motore, ad eccezione del gas di petrolio liquefatto (GPL);
uu-bis)  vapori di benzina: composti gassosi che evaporano dalla benzina; (1347)
vv)  terminale: ogni struttura adibita al caricamento e allo scaricamento di benzina in/da veicolo-cisterna, carro-cisterna o nave-cisterna, ivi compresi gli impianti di deposito presenti nel sito della struttura;
zz)  impianto di deposito: ogni serbatoio fisso adibito allo stoccaggio di combustibile; ai fini dell'applicazione dell'articolo 277 si fa riferimento ai serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina presso gli impianti di distribuzione; (1348)
aaa)  impianto di caricamento: ogni impianto di un terminale ove la benzina può essere caricata in cisterne mobili. Gli impianti di caricamento per i veicoli-cisterna comprendono una o più torri di caricamento;
bbb)  torre di caricamento: ogni struttura di un terminale mediante la quale la benzina può essere, in un dato momento, caricata in un singolo veicolo-cisterna;
ccc)  deposito temporaneo di vapori: il deposito temporaneo di vapori in un impianto di deposito a tetto fisso presso un terminale prima del trasferimento e del successivo recupero in un altro terminale. Il trasferimento dei vapori da un impianto di deposito ad un altro nello stesso terminale non è considerato deposito temporaneo di vapori ai sensi della parte quinta del presente decreto;
ddd)  cisterna mobile: una cisterna di capacità superiore ad 1 m³, trasportata su strada, per ferrovia o per via navigabile e adibita al trasferimento di benzina da un terminale ad un altro o da un terminale ad un impianto di distribuzione di carburanti;
eee)  veicolo-cisterna: un veicolo adibito al trasporto su strada della benzina che comprenda una o più cisterne montate stabilmente o facenti parte integrante del telaio o una o più cisterne rimuovibili;
eee-bis)  combustibile: qualsiasi materia solida, liquida o gassosa, di cui l'allegato X alla Parte Quinta preveda l'utilizzo per la produzione di energia mediante combustione, esclusi i rifiuti; (1354)
eee-ter)   combustibile di raffineria: materiale combustibile solido, liquido o gassoso risultante dalle fasi di distillazione e conversione della raffinazione del petrolio greggio, inclusi gas di raffineria, gas di sintesi, oli di raffineria e coke di petrolio; (1354)
eee-quater)  olio combustibile pesante: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui al codice NC da 2710 19 51 a 2710 19 68, 2710 20 31, 2710 20 35, o 2710 20 39 o qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, diverso dal gasolio, che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria degli oli pesanti destinati a essere usati come combustibile e di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250° C secondo il metodo ASTM D86. anche se la percentuale del distillato a 250° C non può essere determinata secondo il predetto metodo; (1354)
eee-quinquies)   gasolio: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui ai codici NC 2710 19 25, 2710 19 29, 2710 19 47, 2710 19 48, 2710 20 17 o 2710 20 19 o qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250° C e di cui almeno l'85% in volume, comprese le perdite, distilla a 350° C secondo il metodo ASTM D86; (1354)
eee-sexies)   gas naturale: il metano presente in natura, contenente non più del 20% in volume di inerti e altri costituenti; (1354)
eee-septies)   polveri: particelle, di qualsiasi forma, struttura o densità, disperse in fase gassosa alle condizioni del punto di campionamento, che, in determinate condizioni, possono essere raccolte mediante filtrazione dopo il prelievo di campioni rappresentativi del gas da analizzare e che, in determinate condizioni, restano a monte del filtro e sul filtro dopo l'essiccazione; (1354)
eee-octies)  ossidi di azoto (NOx): il monossido di azoto (NO) ed il biossido di azoto espressi come biossido di azoto (NO2); (1354)
eee-nonies)  rifiuto: rifiuto come definito all'articolo 183, comma 1, lett. a) (1354).


(1327) Lettera sostituita dall'art. 3, comma 2, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 19, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1328) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 2, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1329) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 2, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1330) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 2, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1331) Lettera inserita dall'art. 3, comma 2, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1332) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 2, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1333) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 2, lett. g), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1334) Lettera inserita dall'art. 3, comma 2, lett. h), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, sostituita dall’ art. 19, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificata dall’ art. 1, comma 1, lett. b), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1335) Lettera sostituita dall'art. 3, comma 2, lett. i), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 19, comma 1, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1336) Lettera modificata dall'art. 3, comma 2, lett. l), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituita dall'art. 19, comma 1, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. In precedenza la presente lettera era stata modificata dall'art. 24, comma 1, lett. g), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5; tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 4 aprile 2012, n. 35).

(1337) Lettera sostituita dall'art. 3, comma 2, lett. m), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e modificata dall'art. 24, comma 1, lett. g), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35. Successivamente la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 19, comma 1, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1338) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 2, lett. n), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1339) Lettera così modificata dall'art. 3, comma 2, lett. o), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1340) Lettera così modificata dall'art. 3, comma 2, lett. q), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1341) Lettera modificata dall'art. 3, comma 2, lett. r), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e sostituita dall’ art. 19, comma 1, lett. h), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. Successivamente, la presente lettera è stata così modificata dall’ art. 1, comma 1, lett. b), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1342) Lettera così modificata dall'art. 3, comma 2, lett. s), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1343) Lettera così modificata dall'art. 3, comma 2, lett. t), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1344) Lettera soppressa dall'art. 3, comma 2, lett. u), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1345) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1346) Lettera inserita dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1347) Lettera inserita dall'art. 2, comma 1, lett. c), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1348) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 1, lett. d), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1349) Lettera così modificata dall'art. 3, comma 2, lett. p), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 19, comma 1, lett. f), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1350) Lettera inserita dall’ art. 19, comma 1, lett. g), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. b), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1351) Lettera così modificata dall’ art. 19, comma 1, lett. i), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1352) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 1, lett. b), n. 4), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1353) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 1, lett. b), n. 5), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1354) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 1, lett. b), n. 6), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1355) Lettera inserita dall’ art. 1, comma 1, lett. a), n. 1), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1356) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. a), n. 2), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 269  (Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti) (1357) (1375)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  Fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 267, commi 2 e 3, dal comma 10 del presente articolo e dall'articolo 272, commi 1 e 5, per tutti gli stabilimenti che producono emissioni deve essere richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto. L'autorizzazione è rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni. (1358)

1-bis.   In caso di stabilimenti soggetti ad autorizzazione unica ambientale si applicano, in luogo delle procedure previste ai commi 3, 7 e 8, le procedure previste dal decreto di attuazione dell'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, in legge 4 aprile 2012, n. 35. Le disposizioni dei commi 3, 7 e 8 continuano ad applicarsi nei casi in cui il decreto di attuazione dell'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, rinvia alle norme di settore, nonché in relazione alla partecipazione del Comune al procedimento. Sono fatti salvi gli ulteriori termini previsti all'articolo 273-bis, comma 13. (1370)

2.  Il gestore che intende installare uno stabilimento nuovo o trasferire uno stabilimento da un luogo ad un altro presenta all'autorità competente una domanda di autorizzazione, accompagnata: (1359)

a)  dal progetto dello stabilimento in cui sono descritti gli impianti e le attività, le tecniche adottate per limitare le emissioni e la quantità e la qualità di tali emissioni, le modalità di esercizio, la quota dei punti di emissione individuata in modo da garantire l'adeguata dispersione degli inquinanti, i parametri che caratterizzano l'esercizio e la quantità, il tipo e le caratteristiche merceologiche dei combustibili di cui si prevede l'utilizzo, nonché, per gli impianti soggetti a tale condizione, il minimo tecnico definito tramite i parametri di impianto che lo caratterizzano; (1360)
b)  da una relazione tecnica che descrive il complessivo ciclo produttivo in cui si inseriscono gli impianti e le attività ed indica il periodo previsto intercorrente tra la messa in esercizio e la messa a regime degli impianti. (1360)

2-bis.  Nella domanda di autorizzazione relativa a stabilimenti in cui sono presenti medi impianti di combustione devono essere indicati, oltre quanto previsto al comma 2, anche i dati previsti all'allegato I, Parte IV-bis, alla Parte Quinta. (1371)

3.  Per il rilascio dell'autorizzazione all'installazione di stabilimenti nuovi, l'autorità competente indice, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, una conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel corso della quale si procede anche, in via istruttoria, ad un contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi e, in particolare, nei procedimenti svolti dal comune ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Per il rinnovo e per l'aggiornamento dell'autorizzazione l'autorità competente, previa informazione al comune interessato il quale può esprimere un parere nei trenta giorni successivi, avvia un autonomo procedimento entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. In sede di conferenza di servizi o di autonomo procedimento, eventuali integrazioni della domanda devono essere trasmesse all'autorità competente entro trenta giorni dalla relativa richiesta; se l'autorità competente non si pronuncia in un termine pari a centoventi giorni o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a centocinquanta giorni dalla ricezione della domanda stessa, il gestore può, entro i successivi sessanta giorni, richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di provvedere, notificando tale richiesta anche all'autorità competente. (1361) (1369)

4.  L'autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271:

a)  per le emissioni che risultano tecnicamente convogliagli, le modalità di captazione e di convogliamento;
b)  per le emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, i valori limite di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e la periodicità del monitoraggio di competenza del gestore, la quota dei punti di emissione individuata tenuto conto delle relative condizioni tecnico-economiche, il minimo tecnico per gli impianti soggetti a tale condizione e le portate di progetto tali da consentire che le emissioni siano diluite solo nella misura inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio; devono essere specificamente indicate le sostanze a cui si applicano i valori limite di emissione, le prescrizioni ed i relativi controlli. I valori limite di emissione sono identificati solo per sostanze e parametri valutati pertinenti in relazione al ciclo produttivo e sono riportati nell'autorizzazione unitamente al metodo di monitoraggio di cui all'articolo 271, comma 18; (1362)
c)  per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni, anche di carattere gestionale, finalizzate ad assicurare il contenimento delle fonti su cui l'autorità competente valuti necessario intervenire (1372).

5.  In aggiunta a quanto previsto dal comma 4, l'autorizzazione può stabilire, per ciascun inquinante, valori limite di emissione espressi come flussi di massa annuali riferiti al complesso delle emissioni, eventualmente incluse quelle diffuse, degli impianti e delle attività di uno stabilimento. (1363)

6.  L'autorizzazione stabilisce il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa in esercizio, fermo restando quanto previsto all'articolo 272, comma 3, deve essere comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce la data entro cui devono essere trasmessi all'autorità competente i risultati delle misurazioni delle emissioni effettuate in un periodo rappresentativo delle condizioni di esercizio dell'impianto, decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonché il numero dei campionamenti da realizzare. L'autorità competente per il controllo effettua il primo accertamento circa il rispetto dell'autorizzazione entro sei mesi dalla data di messa a regime di uno o più impianti o dall'avvio di una o più attività dello stabilimento autorizzato. (1364)

7.  L'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo ha una durata di quindici anni. La domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un anno prima della scadenza. Nelle more dell'adozione del provvedimento sulla domanda di rinnovo dell'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo, l'esercizio dell'impianto può continuare anche dopo la scadenza dell'autorizzazione in caso di mancata pronuncia in termini del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi del comma 3. L'autorità competente può imporre il rinnovo dell'autorizzazione prima della scadenza ed il rinnovo delle autorizzazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, prima dei termini previsti dall'articolo 281, comma 1, se una modifica delle prescrizioni autorizzative risulti necessaria al rispetto dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta il decorso di un periodo di quindici anni. (1365) (1369)

8.  Il gestore che intende effettuare una modifica dello stabilimento ne dà comunicazione all'autorità competente o, se la modifica è sostanziale, presenta, ai sensi del presente articolo, una domanda di autorizzazione. Se la modifica per cui è stata data comunicazione è sostanziale, l'autorità competente ordina al gestore di presentare una domanda di autorizzazione ai sensi del presente articolo. Se la modifica è sostanziale l'autorità competente aggiorna l'autorizzazione dello stabilimento con un'istruttoria limitata agli impianti e alle attività interessati dalla modifica o, a seguito di eventuale apposita istruttoria che dimostri tale esigenza in relazione all'evoluzione della situazione ambientale o delle migliori tecniche disponibili, la rinnova con un'istruttoria estesa all'intero stabilimento. Se la modifica non è sostanziale, l'autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l'autorizzazione in atto. Se l'autorità competente non si esprime entro sessanta giorni, il gestore può procedere all'esecuzione della modifica non sostanziale comunicata, fatto salvo il potere dell'autorità competente di provvedere successivamente. È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, comma 11. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta, a differenza dell'aggiornamento, il decorso di un nuovo periodo di quindici anni. Alla variazione del gestore si applica la procedura di cui al comma 11-bis. (1366)

9.  L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare presso gli stabilimenti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per accertare il rispetto dell'autorizzazione. Il gestore fornisce a tale autorità la collaborazione necessaria per i controlli, anche svolti mediante attività di campionamento e analisi e raccolta di dati e informazioni, funzionali all'accertamento del rispetto delle disposizioni della parte quinta del presente decreto. Il gestore assicura in tutti i casi l'accesso in condizioni di sicurezza, anche sulla base delle norme tecniche di settore, ai punti di prelievo e di campionamento. (1373)

10.  Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito provvedimento dall'autorità competente. (1367)

11.  Il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale all'installazione di uno stabilimento nuovo. (1367)

11-bis.  La variazione del gestore dello stabilimento è comunicata dal nuovo gestore all'autorità competente entro dieci giorni dalla data in cui essa acquista efficacia, risultante dal contratto o dall'atto che la produce. L'aggiornamento dell'autorizzazione ha effetto dalla suddetta data. La presente procedura non si applica se, congiuntamente alla variazione del gestore, è effettuata una modifica sostanziale dello stabilimento. (1374)

11-ter.  In caso di trasferimento di una parte di uno stabilimento il gestore cessionario richiede il rilascio dell'autorizzazione per la parte trasferita. L'autorizzazione applica la classificazione di cui all'articolo 268, comma 1, lettere i), i-bis), i-ter), corrispondente a quella dello stabilimento oggetto di parziale trasferimento. L'autorità competente procede altresì all'aggiornamento dell'autorizzazione della parte di stabilimento che rimane sotto la gestione del gestore cedente, sulla base di una apposita comunicazione di modifica non sostanziale da parte di quest'ultimo. (1374)

11-quater.  Le spese per rilievi, accertamenti, verifiche e sopralluoghi necessari per l'istruttoria relativa alle autorizzazioni di cui al presente articolo sono a carico del richiedente, sulla base di appositi tariffari adottati dall'autorità competente. (1374)

[12.  Le disposizioni dei commi 10 e 11 si applicano altresì a chi intende effettuare, in modo non occasionale ed in un luogo a ciò adibito, in assenza di un impianto, attività di lavorazione, trasformazione o conservazione di materiali agricoli, le quali producano emissioni, o attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti, salvo tali attività ricadano tra quelle previste dall'articolo 272, comma 1. Per le attività aventi ad oggetto i materiali polverulenti si applicano le norme di cui alla parte I dell'Allegato V alla parte quinta del presente decreto. (1368) ]

[13.  Se un luogo é adibito, in assenza di una struttura fissa, all'esercizio non occasionale delle attività previste dai commi 10 o 12, ivi effettuate in modo occasionale da più soggetti, l'autorizzazione é richiesta dal gestore del luogo. Per gestore si intende, ai fini del presente comma, il soggetto che esercita un potere decisionale circa le modalità e le condizioni di utilizzo di tale area da parte di chi esercita l'attività. (1368) ]

[14.  Non sono sottoposti ad autorizzazione i seguenti impianti:

a)  impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni a cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse di cui all'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, a gasolio, come tale o in emulsione, o a biodiesel;
b)  impianti di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW;
c)  impianti di combustione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW;
d)  impianti di combustione, ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate;
e)  impianti di combustione alimentati a biogas di cui all'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale complessiva inferiore o uguale a 3 MW;
f)  gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW;
g)  gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW;
h)  impianti di combustione connessi alle attività di stoccaggio dei prodotti petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza termica nominale inferiore a 5 MW se alimentati a metano o GPL ed inferiore a 2,5 MW se alimentati a gasolio;
i)  impianti di emergenza e di sicurezza, laboratori di analisi e ricerca, impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazioni, individuazione di prototipi. Tale esenzione non si applica in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dalla parte II dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto. (1368)
]

[15.  L'autorità competente può prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori degli impianti di cui al comma 14 comunichino alla stessa, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività. (1368) ]

[16.  Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito provvedimento dall'autorità competente. (1368) ]


(1357) Rubrica così sostituita dall'art. 3, comma 3, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1358) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 3, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1359) Alinea così modificato dall'art. 3, comma 3, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1360) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 3, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1361) Comma così modificato dall'art. 3, comma 3, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 11, comma 4, lettera a), D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59 e, successivamente, dall’ art. 5, comma 1, lett. d), D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127; per l’applicazione di tale ultima disposizione vedi l’ art. 7, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 127/2016. Vedi, anche, il comma due dello stesso art. 11, D.P.R. n. 59/2013.

(1362) Lettera modificata dall'art. 3, comma 3, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’ art. 1, comma 1, lett. c), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, la presente lettera è stata così modificata dall’ art. 1, comma 1, lett. b), n. 1), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1363) Comma sostituito dall'art. 3, comma 3, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 20, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1364) Comma sostituito dall'art. 3, comma 3, lett. g), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. c), n. 4), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1365) Comma così modificato dall'art. 3, comma 3, lett. h), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1366) Comma modificato dall'art. 3, comma 3, lett. i), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall’ art. 20, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e dall’ art. 1, comma 1, lett. c), n. 5), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. b), n. 2), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1367) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 3, lett. l), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1368) Comma soppresso dall'art. 3, comma 3, lett. m), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1369) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1370) Comma inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1371) Comma inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. c), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1372) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. c), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1373) Comma così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. c), n. 6), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1374) Comma inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. b), n. 3), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1375) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 250 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 269, comma 3, promossa, in riferimento all'art. 120 della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 269, comma 7, promossa, in relazione al «principio di buon andamento della pubblica amministrazione»; ha dichiarato, ancora, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 269, comma 7, promosse, in riferimento ai principi di sussidiarietà e leale collaborazione nonché all'art. 76 della Costituzione; ha dichiarato, ancora, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 269, comma 7, promosse in riferimento agli artt. 5 e 114 della Costituzione e «con riguardo a principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali»; ha dichiarato, infine, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 269, commi 2, 3, 7 e 8, promossa, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.

 


ART. 270  (Individuazione degli impianti e convogliamento delle emissioni) (1376)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  In sede di autorizzazione, fatto salvo quanto previsto all'articolo 272, l'autorità competente verifica se le emissioni diffuse di ciascun impianto e di ciascuna attività sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento. (1377)

2.  In presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale, l'autorità competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse ai sensi del comma 1 anche se la tecnica individuata non soddisfa il requisito della disponibilità di cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa), numero 2).

[3.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sono stabiliti i criteri da utilizzare per la verifica di cui ai commi 1 e 2. (1382) (1384) ]

4.  Se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili, aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee e localizzati nello stesso stabilimento sono destinati a specifiche attività tra loro identiche, l'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può considerare gli stessi come un unico impianto disponendo il convogliamento ad un solo punto di emissione. L'autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione dei valori limite di emissione. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 282, comma 2. (1378)

5.  In caso di emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, ciascun impianto, deve avere un solo punto di emissione, fatto salvo quanto previsto nei commi 6 e 7. Salvo quanto diversamente previsto da altre disposizioni del presente titolo, i valori limite di emissione si applicano a ciascun punto di emissione. (1379)

6.  Ove non sia tecnicamente possibile, anche per ragioni di sicurezza, assicurare il rispetto del comma 5, l'autorità competente può consentire un impianto avente più punti di emissione. In tal caso, i valori limite di emissione espressi come flusso di massa, fattore di emissione e percentuale sono riferiti al complesso delle emissioni dell'impianto e quelli espressi come concentrazione sono riferiti alle emissioni dei singoli punti. L'autorizzazione può prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media ponderata delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di emissione dell'impianto; in tal caso, il flusso di massa complessivo dell'impianto non può essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione. (1380)

7.  Ove opportuno, l'autorità competente, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, può consentire il convogliamento delle emissioni di più impianti in uno o più punti di emissione comuni, purché le emissioni di tutti gli impianti presentino caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In tal caso a ciascun punto di emissione comune si applica il più restrittivo dei valori limite di emissione espressi come concentrazione previsti per i singoli impianti e, se del caso, si prevede un tenore di ossigeno di riferimento coerente con i flussi inviati a tale punto. L'autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni volte a limitare la diluizione delle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 4, lettera b). (1380)

8.  L'adeguamento alle disposizioni del comma 5 o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, alle disposizioni dei commi 6 e 7 è realizzato entro i tre anni successivi al primo rinnovo o all'ottenimento dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 281 o dell'articolo 272, comma 3, ovvero nel più breve termine stabilito dall'autorizzazione. Ai fini dell'applicazione dei commi 4, 5, 6 e 7 l'autorità competente tiene anche conto della documentazione elaborata dalla commissione di cui all'articolo 281, comma 9. (1381)

8-bis.  Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione ed ai medi impianti di combustione, ferme restando le specifiche disposizioni in materia di aggregazione degli impianti previste all'articolo 273, commi 9 e 10, e all'articolo 273-bis, commi 8 e 9. (1383)


(1376) Rubrica così sostituita dall'art. 3, comma 4, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1377) Comma così modificato dall'art. 3, comma 4, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 1, comma 1, lett. d), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1378) Comma così modificato dall'art. 3, comma 4, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1379) Comma così modificato dall'art. 3, comma 4, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1380) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 4, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1381) Comma così modificato dall'art. 3, comma 4, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1382) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1383) Comma aggiunto dall’ art. 20, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. d), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. c), n. 2), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1384) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. d), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


ART. 271  (Valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività) (1385) (1407)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  Il presente articolo disciplina i valori di emissione e le prescrizioni da applicare agli impianti ed alle attività degli stabilimenti. (1386)

[2.  Con decreto da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, sono individuati, sulla base delle migliori tecniche disponibili, i valori di emissione e le prescrizioni da applicare alle emissioni convogliate e diffuse degli impianti ed alle emissioni diffuse delle attività presso gli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi, attraverso la modifica e l'integrazione degli allegati I e V alla parte quinta del presente decreto. (1404) (1394) ]

3.  La normativa delle regioni e delle province autonome in materia di valori limite e di prescrizioni per le emissioni in atmosfera degli impianti e delle attività deve tenere conto, ove esistenti, dei piani e programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. Restano comunque in vigore le normative adottate dalle regioni o dalle province autonome in conformità al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ed al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989, in cui si stabiliscono appositi valori limite di emissione e prescrizioni. Per tutti gli impianti e le attività previsti dall'articolo 272, comma 1, la regione o la provincia autonoma, può stabilire, anche con legge o provvedimento generale, sulla base delle migliori tecniche disponibili, appositi valori limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati. Con legge o provvedimento generale la regione o la provincia autonoma può inoltre stabilire, ai fini della valutazione dell'entità della diluizione delle emissioni, portate caratteristiche di specifiche tipologie di impianti. (1386)

4.  I piani e i programmi di qualità dell'aria previsti dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 possono stabilire appositi valori limite di emissione e prescrizioni più restrittivi di quelli contenuti negli Allegati I, II e III e V alla parte quinta del presente decreto, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio, purché ciò sia necessario al perseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria. (1395)

5.  Per gli impianti e le attività degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 o nuovi l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito di un'istruttoria che si basa sulle migliori tecniche disponibili e sui valori e sulle prescrizioni fissati nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4. A tal fine possono essere altresì considerati, in relazione agli stabilimenti previsti dal presente titolo, i BAT-AEL e le tecniche previste nelle conclusioni sulle BAT pertinenti per tipologia di impianti e attività, anche se riferiti ad installazioni di cui al titolo III-bis alla Parte Seconda. Si devono altresì valutare il complesso di tutte le emissioni degli impianti e delle attività presenti, le emissioni provenienti da altre fonti e lo stato di qualità dell'aria nella zona interessata. I valori limite di emissione e le prescrizioni fissati sulla base di tale istruttoria devono essere non meno restrittivi di quelli previsti dagli Allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto e di quelli applicati per effetto delle autorizzazioni soggette al rinnovo. (1396) (1408)

5-bis.  Per gli impianti e le attività degli stabilimenti a tecnologia avanzata nella produzione di biocarburanti, i criteri per la fissazione dei valori limite di emissione sono fissati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro della salute. (1397) (1408)

[5-ter.  Nelle more dell'adozione delle linee guida di cui al comma 5-bis, gli impianti di bioraffinazione devono applicare le migliori tecniche disponibili, rispettare i limiti massimi previsti dalla normativa nazionale applicabile in materia di tutela della qualità dell'aria, di qualità ambientale e di emissioni in atmosfera. (1393) (1398) ]

6.  Per le sostanze per cui non sono fissati valori di emissione, l'autorizzazione stabilisce appositi valori limite con riferimento a quelli previsti per sostanze simili sotto il profilo chimico e aventi effetti analoghi sulla salute e sull'ambiente. (1386)

7.  L'autorizzazione degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi può sempre stabilire, per effetto dell'istruttoria prevista dal comma 5, valori limite e prescrizioni più severi di quelli contenuti negli allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto, nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4. (1399)

7-bis.  Le emissioni delle sostanze classificate come cancerogene o tossiche per la riproduzione o mutagene (H340, H350, H360) e delle sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevata devono essere limitate nella maggior misura possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio. Dette sostanze e quelle classificate estremamente preoccupanti dal regolamento (CE) n. 1907/2006, del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) devono essere sostituite non appena tecnicamente ed economicamente possibile nei cicli produttivi da cui originano emissioni delle sostanze stesse. Ogni cinque anni, a decorrere dalla data di rilascio o di rinnovo dell'autorizzazione i gestori degli stabilimenti o delle installazioni in cui le sostanze previste dal presente comma sono utilizzate nei cicli produttivi da cui originano le emissioni inviano all'autorità competente una relazione con la quale si analizza la disponibilità di alternative, se ne considerano i rischi e si esamina la fattibilità tecnica ed economica della sostituzione delle predette sostanze. Sulla base della relazione di cui al precedente periodo, l'autorità competente può richiedere la presentazione di una domanda di aggiornamento o di rinnovo dell'autorizzazione. In caso di stabilimenti o di installazioni in cui le sostanze o le miscele utilizzate nei cicli produttivi da cui originano le emissioni ricadono nel presente comma a seguito di una modifica della classificazione delle stesse sostanze o miscele, il gestore presenta, entro tre anni dalla modifica, una domanda di autorizzazione volta all'adeguamento alle disposizioni del presente comma, allegando alla stessa domanda la relazione di cui al terzo periodo. (1406)

[8.  Per gli impianti nuovi o per gli impianti anteriori al 2006, fino all'adozione del decreto di cui al comma 2, l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni sulla base dei valori e delle prescrizioni fissati nei piani e programmi di cui al comma 5 e sulla base delle migliori tecniche disponibili. Nell'autorizzazione non devono comunque essere superati i valori minimi di emissione che l'Allegato I fissa per gli impianti anteriori al 1988. Le prescrizioni finalizzate ad assicurare il contenimento delle emissioni diffuse sono stabilite sulla base delle migliori tecniche disponibili e dell'Allegato V alla parte quinta del presente decreto. Si applica l'ultimo periodo del comma 6. (1387) ]

[9.  Fermo restando quanto previsto dal comma 8, l'autorizzazione può stabilire valori limite di emissione più severi di quelli fissati dall'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, dalla normativa di cui al comma 3 e dai piani e programmi relativi alla qualità dell'aria:

a)  in sede di rinnovo, sulla base delle migliori tecniche disponibili, anche tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi;
b)  per zone di particolare pregio naturalistico, individuate all'interno dei piani e dei programmi adottati ai sensi degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, o dell'articolo 3 del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 183, o dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203. (1387)
]

[10.  Nel caso previsto dall'articolo 270, comma 6, l'autorizzazione può prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media p o n d e r a ta delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di emissione dell'impianto. Il flusso di massa complessivo dell'impianto non può essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione. (1387) ]

11.  I valori limite di emissione e il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento si riferiscono al volume di effluente gassoso rapportato alle condizioni normali, previa detrazione, salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, del tenore volumetrico di vapore acqueo.

12.  Salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento è quello derivante dal processo. Se nell'emissione il tenore volumetrico di ossigeno è diverso da quello di riferimento, le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:
E = 21 – O2 * EM
  21 – O2M  

13.  I valori limite di emissione si riferiscono alla quantità di emissione diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio. In caso di ulteriore diluizione dell'emissione le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:
E = EM * PM
  P

14.  Salvo quanto diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, i valori limite di emissione si applicano ai periodi di normale funzionamento dell'impianto, intesi come i periodi in cui l'impianto è in funzione con esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si verificano anomalie o guasti tali da non permettere il rispetto dei valori stessi. L'autorizzazione può stabilire specifiche prescrizioni per tali periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di tali anomalie o guasti ed individuare gli ulteriori periodi transitori nei quali non si applicano i valori limite di emissione. In caso di emissione di sostanze di cui all'articolo 272, comma 4, l'autorizzazione, ove tecnicamente possibile, deve stabilire prescrizioni volte a consentire la stima delle quantità di tali sostanze emesse durante i periodi in cui si verificano anomalie o guasti o durante gli altri periodi transitori e fissare appositi valori limite di emissione, riferiti a tali periodi, espressi come flussi di massa annuali. Se si verifica un'anomalia o un guasto tale da non permettere il rispetto di valori limite di emissione, l'autorità competente deve essere informata entro le otto ore successive e può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre prescrizioni, fermo restando l'obbligo del gestore di procedere al ripristino funzionale dell'impianto nel più breve tempo possibile. Si applica, in tali casi, la procedura prevista al comma 20-ter. Il gestore è comunque tenuto ad adottare tutte le precauzioni opportune per ridurre al minimo le emissioni durante le fasi di avviamento e di arresto e per assicurare che la durata di tali fasi sia la minore possibile. Sono fatte salve le diverse disposizioni contenute nella parte quinta del presente decreto per specifiche tipologie di impianti. Non costituiscono in ogni caso periodi di avviamento o di arresto i periodi di oscillazione che si verificano regolarmente nello svolgimento della funzione dell'impianto. (1388)

15.  Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione di cui all'articolo 273, ai medi impianti di combustione di cui all'articolo 273-bis ed agli impianti e alle attività di cui all'articolo 275. (1389)

[16.  Fermo quanto disposto dai commi 5-bis e 5-ter del presente articolo per le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale i valori limite e le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano ai fini del rilascio di tale autorizzazione, fermo restando il potere dell'autorità competente di stabilire valori limite e prescrizioni più severi. (1391) (1400) ]

17.  L'allegato VI alla Parte Quinta stabilisce i criteri per i controlli da parte dell'autorità e per il monitoraggio delle emissioni da parte del gestore. In sede di rilascio, rinnovo e riesame delle autorizzazioni previste dal presente titolo l'autorità competente individua i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni da utilizzare nel monitoraggio di competenza del gestore sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali, oppure, ove anche queste ultime non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche ISO o di altre norme internazionali o delle norme nazionali previgenti. I controlli, da parte dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), e l'accertamento del superamento dei valori limite di emissione sono effettuati sulla base dei metodi specificamente indicati nell'autorizzazione per il monitoraggio di competenza del gestore o, se l'autorizzazione non indica specificamente i metodi, sulla base di uno tra i metodi sopra elencati, oppure attraverso un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni conforme all'allegato VI alla Parte Quinta che rispetta le procedure di garanzia di qualità delle norma UNI EN 14181, qualora la relativa installazione sia prevista dalla normativa nazionale o regionale o qualora l'autorizzazione preveda che tale sistema sia utilizzato anche ai fini dei controlli dell'autorità. (1390)

18.  L'autorizzazione stabilisce, per il monitoraggio delle emissioni di competenza del gestore, l'esecuzione di misure periodiche basate su metodi discontinui o l'utilizzo di sistemi di monitoraggio basati su metodi in continuo. Il gestore effettua il monitoraggio di propria competenza sulla base dei metodi e dei sistemi di monitoraggio indicati nell'autorizzazione e mette i risultati a disposizione dell'autorità competente per il controllo nei modi previsti dall'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto e dall'autorizzazione; in caso di ricorso a metodi o a sistemi di monitoraggio diversi o non conformi alle prescrizioni dell'autorizzazione, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo e si applica la pena prevista dall'articolo 279, comma 2-bis. (1392)

[19.  Se i controlli di competenza del gestore e i controlli dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, forniscono risultati diversi, l'accertamento deve essere ripetuto sulla base del metodo di riferimento. In caso di divergenza tra i risultati ottenuti sulla base del metodo di riferimento e quelli ottenuti sulla base dei metodi e sistemi di monitoraggio indicati dall'autorizzazione, l'autorità competente provvede ad aggiornare tempestivamente l'autorizzazione nelle parti relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio ed, ove ne consegua la necessità, ai valori limite di emissione. (1405) (1401) ]

20.  Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai fini del reato di cui all'articolo 279, comma 2, soltanto se i controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), accertano una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di campionamento e di analisi o di sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni conformi ai requisiti previsti al comma 17. Le difformità accertate nel monitoraggio di competenza del gestore devono essere da costui specificamente comunicate all'autorità competente e all'autorità competente per il controllo entro 24 ore dall'accertamento. L'autorizzazione stabilisce i casi in cui devono essere comunicate anche le difformità relative ai singoli valori che concorrono alla valutazione dei valori limite su base media o percentuale. (1402)

20-bis.   Se si accerta, nel corso dei controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), la non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti, l'autorità competente impartisce al gestore, con ordinanza, prescrizioni dirette al ripristino della conformità nel più breve tempo possibile, sempre che tali prescrizioni non possano essere imposte sulla base di altre procedure previste dalla vigente normativa. La cessazione dell'esercizio dell'impianto deve essere sempre disposta se la non conformità può determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità dell'aria a livello locale. (1403)

20-ter.  Il gestore che, nel corso del monitoraggio di propria competenza, accerti la non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti deve procedere al ripristino della conformità nel più breve tempo possibile. In tali casi, l'autorità competente impartisce al gestore prescrizioni dirette al ripristino della conformità, fissando un termine per l'adempimento, e stabilisce le condizioni per l'esercizio dell'impianto fino al ripristino. La continuazione dell'esercizio non è in tutti i casi concessa se la non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti può determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità dell'aria a livello locale. Nel caso in cui il gestore non osservi la prescrizione entro il termine fissato si applica, per tale inadempimento, la sanzione prevista all'articolo 279, comma 2. (1403)


(1385) Rubrica così sostituita dall'art. 3, comma 5, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1386) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 5, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1387) Comma soppresso dall'art. 3, comma 5, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1388) Comma modificato dall'art. 3, comma 5, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 7), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. d), n. 2), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1389) Comma sostituito dall'art. 3, comma 5, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 8), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1390) Comma sostituito dall'art. 3, comma 5, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e modificato dall’ art. 21, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 10), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1391) Comma così modificato dall’ art. 21, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, dall’ art. 30, comma 2-septies, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1392) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 5, lett. g), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e modificato dall’ art. 21, comma 1, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 11), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. d), n. 3), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1393) Comma inserito dall’ art. 30, comma 2-sexies, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1394) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1395) Comma sostituito dall'art. 3, comma 5, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1396) Comma sostituito dall'art. 3, comma 5, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1397) Comma inserito dall’ art. 30, comma 2-sexies, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 4), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1398) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 5), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1399) Comma sostituito dall'art. 3, comma 5, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 6), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1400) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 9), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1401) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 12), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1402) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 5, lett. g), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 13), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. d), n. 4), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1403) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 14), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1404) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 5, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1405) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 5, lett. g), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1406) Comma inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. d), n. 1), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102. Vedi, anche le norme transitorie e finali di cui all’ art. 3, commi 3 e 7, del medesimo D.Lgs. n. 102/2020.

(1407) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 250 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 271 «in relazione agli allegati», promosse, in riferimento ai principi di sussidiarietà e leale cooperazione; ha dichiarato, inoltre, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 271 promosse in riferimento agli artt. 5 e 114 della Costituzione e «con riguardo a principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali».

(1408) Vedi, anche, il D.M. 7 novembre 2016.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 272  (Impianti e attività in deroga)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  Non sono sottoposti ad autorizzazione di cui al presente titolo gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attività elencati nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. L'elenco si riferisce a impianti e ad attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico. Si applicano esclusivamente i valori limite di emissione e le prescrizioni specificamente previsti, per tali impianti e attività, dai piani e programmi o dalle normative di cui all'articolo 271, commi 3 e 4. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell'elenco. Gli impianti che utilizzano i combustibili soggetti alle condizioni previste dalla parte II, sezioni 4 e 6, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, devono in ogni caso rispettare almeno i valori limite appositamente previsti per l'uso di tali combustibili nella parte II, dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto. Se in uno stabilimento sono presenti sia impianti o attività inclusi nell'elenco della parte I dell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto, sia impianti o attività non inclusi nell'elenco, l'autorizzazione di cui al presente titolo considera solo quelli esclusi. Il presente comma si applica anche ai dispositivi mobili utilizzati all'interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all'interno di uno stabilimento. Il gestore di uno stabilimento in cui i dispositivi mobili di un altro gestore sono collocati ed utilizzati in modo non occasionale deve comunque ricomprendere tali dispositivi nella domanda di autorizzazione dell'articolo 269 salva la possibilità di aderire alle autorizzazioni generali del comma 2 nei casi ivi previsti. L'autorità competente può altresì prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori comunichino alla stessa o ad altra autorità da questa delegata, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività ovvero, in caso di dispositivi mobili, la data di inizio di ciascuna campagna di utilizzo. Gli elenchi contenuti nell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto possono essere aggiornati ed integrati, con le modalità di cui all'articolo 281, comma 5, anche su indicazione delle regioni, delle province autonome e delle associazioni rappresentative di categorie produttive. (1409)

1-bis.  Per gli impianti previsti dal comma 1, ove soggetti a valori limite di emissione applicabili ai sensi del medesimo comma, la legislazione regionale di cui all'articolo 271, comma 3, individua i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni da utilizzare nei controlli e può imporre obblighi di monitoraggio di competenza del gestore. Per gli impianti di combustione previsti dal comma 1, ove soggetti a valori limite di emissione applicabili ai sensi del medesimo comma, l'autorità competente per il controllo può decidere di non effettuare o di limitare i controlli sulle emissioni se il gestore dispone di una dichiarazione di conformità dell'impianto rilasciata dal costruttore che attesta la conformità delle emissioni ai valori limite e se, sulla base di un controllo documentale, risultano regolarmente applicate le apposite istruzioni tecniche per l'esercizio e per la manutenzione previste dalla dichiarazione. La decisione dell'autorità competente per il controllo è ammessa solo se la dichiarazione riporta le istruzioni tecniche per l'esercizio e la manutenzione dell'impianto e le altre informazioni necessarie a rispettare i valori limite, quali le configurazioni impiantistiche e le modalità di gestione idonee, il regime di esercizio ottimale, le caratteristiche del combustibile ed i sistemi di regolazione. (1413)

2.  L'autorità competente può adottare autorizzazioni di carattere generale riferite a stabilimenti oppure a categorie di impianti e attività, nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati, i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di analisi e la periodicità dei controlli. Può inoltre stabilire apposite prescrizioni finalizzate a predefinire i casi e le condizioni in cui il gestore è tenuto a captare e convogliare le emissioni ai sensi dell'articolo 270. Al di fuori di tali casi e condizioni l'articolo 270 non si applica agli impianti degli stabilimenti soggetti ad autorizzazione generale. I valori limite di emissione e le prescrizioni sono stabiliti in conformità all'articolo 271, commi da 5 a 7. L'autorizzazione generale stabilisce i requisiti della domanda di adesione e può prevedere appositi modelli semplificati di domanda, nei quali le quantità e le qualità delle emissioni sono deducibili dalle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate. Le autorizzazioni generali sono adottate con priorità per gli stabilimenti in cui sono presenti le tipologie di impianti e di attività elencate alla Parte II dell'allegato IV alla Parte Quinta. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte II dell'allegato IV alla Parte Quinta si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell'elenco. I gestori degli stabilimenti per cui è stata adottata una autorizzazione generale possono comunque presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269. L'installazione di stabilimenti in cui sono presenti anche impianti e attività non previsti in autorizzazioni generali è soggetta alle autorizzazioni di cui all'articolo 269. L'installazione di stabilimenti in cui sono presenti impianti e attività previsti in più autorizzazioni generali è ammessa previa contestuale procedura di adesione alle stesse. In stabilimenti dotati di autorizzazioni generali è ammessa, previa procedura di adesione, l'installazione di impianti e l'avvio di attività previsti in altre autorizzazioni generali. In caso di convogliamento delle emissioni prodotte da impianti previsti da diverse autorizzazioni generali in punti di emissione comuni, si applicano i valori limite più severi prescritti in tali autorizzazioni per ciascuna sostanza interessata. In stabilimenti dotati di un'autorizzazione prevista all'articolo 269, è ammessa, previa procedura di adesione, l'installazione di impianti e l'avvio di attività previsti nelle autorizzazioni generali, purché la normativa regionale o le autorizzazioni generali stabiliscano requisiti e condizioni volti a limitare il numero massimo o l'entità delle modifiche effettuabili mediante tale procedura per singolo stabilimento; l'autorità competente provvede ad aggiornare l'autorizzazione prevista all'articolo 269 sulla base dell'avvenuta adesione. (1414)

3.  Ai fini previsti dal comma 2, almeno quarantacinque giorni prima dell'installazione il gestore invia all'autorità competente una domanda di adesione all'autorizzazione generale corredata dai documenti ivi prescritti. La domanda di adesione individua specificamente gli impianti e le attività a cui fare riferimento nell'ambito delle autorizzazioni generali vigenti. L'autorità che riceve la domanda può, con proprio provvedimento, negare l'adesione nel caso in cui non siano rispettati i requisiti previsti dall'autorizzazione generale o i requisiti previsti dai piani e dai programmi o dalla legislazione regionale di cui all'articolo 271, commi 3 e 4, o in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale. Alla domanda di adesione può essere allegata la comunicazione relativa alla messa in esercizio prevista all'articolo 269, comma 6, che può avvenire dopo un periodo di quarantacinque giorni dalla domanda stessa. La procedura si applica anche nel caso in cui il gestore intenda effettuare una modifica dello stabilimento. Resta fermo l'obbligo di sottoporre lo stabilimento alle autorizzazioni previste all'articolo 269 in caso di modifiche relative all'installazione di impianti o all'avvio di attività non previsti nelle autorizzazioni generali. L'autorizzazione generale si applica a chi vi ha aderito, anche se sostituita da successive autorizzazioni generali, per un periodo pari ai quindici anni successivi all'adesione. Non hanno effetto su tale termine le domande di adesione relative alle modifiche dello stabilimento. Almeno quarantacinque giorni prima della scadenza di tale periodo il gestore presenta una domanda di adesione all'autorizzazione generale vigente, corredata dai documenti ivi prescritti. L'autorità competente procede, almeno ogni quindici anni, al rinnovo delle autorizzazioni generali adottate ai sensi del presente articolo. Le procedure e le tempistiche previste dal presente articolo si applicano in luogo di quelle previste dalle norme generali vigenti in materia di comunicazioni amministrative e silenzio assenso. (1410) (1419)

3-bis.  Le autorizzazioni di carattere generale adottate per gli stabilimenti in cui sono presenti medi impianti di combustione, anche insieme ad altri impianti e attività, devono disciplinare anche le voci previste all'allegato I, Parte IV-bis, alla Parte Quinta, escluse quelle riportate alle lettere a), g) e h). Le relative domande di adesione devono contenere tutti i dati previsti all'allegato I, Parte IV-bis, alla Parte Quinta. (1415)

4.  Le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano nel caso in cui siano utilizzate, nei cicli produttivi da cui originano le emissioni, le sostanze o le miscele con indicazioni di pericolo H350, H340, H350i, H360D, H360F, H360FD, H360Df e H360Fd o quelle classificate estremamente preoccupanti, ai sensi della normativa europea vigente in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele. Nel caso in cui, a seguito di una modifica della classificazione di una sostanza, uno o più impianti o attività ricompresi in autorizzazioni generali siano soggetti al divieto previsto al presente comma, il gestore deve presentare all'autorità competente, entro tre anni dalla modifica della classificazione, una domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269. In caso di mancata presentazione, lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione. (1416) (1420)

[4-bis.  Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l'allegato IV, parte II, alla parte quinta del presente decreto con l'indicazione dei casi in cui, in deroga al comma precedente, l'autorità competente può permettere, nell'autorizzazione generale, l'utilizzo di sostanze inquinanti classificate con frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61, R68, in considerazione degli scarsi quantitativi d'impiego o delle ridotte percentuali di presenza nelle materie prime o nelle emissioni. (1411) (1417) ]

5.  Il presente titolo non si applica agli stabilimenti destinati alla difesa nazionale, fatto salvo quanto previsto al comma 5-bis, ed alle emissioni provenienti da sfiati e ricambi d'aria esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza degli ambienti di lavoro in relazione alla temperatura, all'umidità e ad altre condizioni attinenti al microclima di tali ambienti. Sono in tutti i casi soggette al presente titolo le emissioni provenienti da punti di emissione specificamente destinati all'evacuazione di sostanze inquinanti dagli ambienti di lavoro. Il presente titolo non si applica inoltre a valvole di sicurezza, dischi di rottura e altri dispositivi destinati a situazioni critiche o di emergenza, salvo quelli che l'autorità competente stabilisca di disciplinare nell'autorizzazione. Sono comunque soggetti al presente titolo gli impianti che, anche se messi in funzione in caso di situazioni critiche o di emergenza, operano come parte integrante del ciclo produttivo dello stabilimento. Agli impianti di distribuzione dei carburanti si applicano esclusivamente le pertinenti disposizioni degli articoli 276 e 277. (1412)

5-bis.  Sono soggetti ad autorizzazione gli stabilimenti destinati alla difesa nazionale in cui sono ubicati medi impianti di combustione. L'autorizzazione dello stabilimento prevede valori limite e prescrizioni solo per tali impianti. (1418)


(1409) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 6, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 1), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1410) Comma sostituito dall'art. 3, comma 6, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1411) Comma inserito dall'art. 3, comma 6, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1412) Comma modificato dall'art. 3, comma 6, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 6), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1413) Comma inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 2), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1414) Comma modificato dagli artt. 3, comma 6, lett. b), e 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall'art. 11, comma 4, lettera b), D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1415) Comma inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1416) Comma modificato dall'art. 3, comma 6, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 4), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. e), n. 3), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102. Vedi, anche le norme transitorie e finali di cui all’ art. 3, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 102/2020.

(1417) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 5), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1418) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 7), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1419) Vedi, anche le norme transitorie e finali di cui all’ art. 3, comma 4, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1420) Vedi, anche, l’ art. 5, comma 2, D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

 


ART. 272-bis  (Emissioni odorigene) (1421)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  La normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo. Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all'articolo 271:

a)  valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm3) per le sostanze odorigene;
b)  prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l'obbligo di attuazione di piani di contenimento;
c)   procedure volte a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell'intorno dello stabilimento;
d)  criteri e procedure volti a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m3 o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;
e)  specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m3 o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento.

2.   Il Coordinamento previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, può elaborare indirizzi in relazione alle misure previste dal presente articolo. Attraverso l'integrazione dell'allegato I alla Parte Quinta, con le modalità previste dall'articolo 281, comma 6, possono essere previsti, anche sulla base dei lavori del Coordinamento, valori limite e prescrizioni per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo, inclusa la definizione di metodi di monitoraggio e di determinazione degli impatti.


(1421) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 8), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


ART. 273  (Grandi impianti di combustione)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  L'Allegato II alla parte quinta del presente decreto stabilisce, in relazione ai grandi impianti di combustione, i valori limite di emissione, inclusi quelli degli impianti multicombustibili, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la verifica della conformità ai valori limite e le ipotesi di anomalo funzionamento o di guasto degli impianti.

2.  Ai grandi impianti di combustione nuovi si applicano i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 6, dell'Allegato II alla Parte Quinta. (1429) (1442)

3.  Ai grandi impianti di combustione anteriori al 2013 i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 6, dell'Allegato II alla Parte Quinta si applicano a partire dal 1° gennaio 2016. Ai grandi impianti di combustione che hanno ottenuto l'esenzione prevista all'Allegato II, Parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta si applicano, in caso di esercizio dal 1° gennaio 2016, i valori limite di emissione previsti dal comma 2 per gli impianti nuovi. Le vigenti autorizzazioni sono entro tale data adeguate alle disposizioni del presente articolo nell'ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico ovvero, se nessun rinnovo periodico è previsto entro tale data, a seguito di una richiesta di aggiornamento presentata dal gestore entro il 1° gennaio 2015 ai sensi dell'articolo 29-nonies. Fatto salvo quanto disposto dalla parte seconda del presente decreto, tali autorizzazioni continuano, nelle more del loro adeguamento, a costituire titolo all'esercizio fino al 1° gennaio 2016. Le autorizzazioni rilasciate in sede di rinnovo non possono stabilire valori limite meno severi di quelli previsti dalle autorizzazioni soggette al rinnovo, ferma restando l'istruttoria relativa alle domande di modifica degli impianti. (1429)

3-bis.  Il termine del 1° gennaio 2016, di cui al comma 3, è prorogato al 1° gennaio 2017 per i grandi impianti di combustione per i quali sono state regolarmente presentate istanze di deroga ai sensi dei commi 4 o 5. Sino alla definitiva pronuncia dell'Autorità Competente in merito all'istanza, e comunque non oltre il 1° gennaio 2017, le relative autorizzazioni continuano a costituire titolo all'esercizio a condizione che il gestore rispetti anche le condizioni aggiuntive indicate nelle istanze di deroga. (1437)

3-ter.  Il termine del 1° gennaio 2016, di cui al comma 3 è prorogato al 1° gennaio 2017 per i grandi impianti di combustione per i quali sono state regolarmente presentate, alla data del 31 dicembre 2015, istanze di deroga ai sensi dei paragrafi 3.3 o 3.4 della parte I dell'allegato II alla parte quinta del presente decreto ovvero ai sensi della parte II dell'allegato II alla parte quinta del presente decreto. Sino alla definitiva pronuncia dell'Autorità Competente in merito all'istanza, e comunque non oltre il 1° gennaio 2017, le relative autorizzazioni continuano a costituire titolo all'esercizio, a condizione che il gestore rispetti anche le condizioni aggiuntive indicate nelle istanze di deroga e rispetti dal 1° gennaio 2016, per gli inquinanti non oggetto di richiesta di deroga, i pertinenti valori limite di emissione massimi indicati nella parte II dell'allegato II alla parte quinta del presente decreto. (1437)

4.  L'autorizzazione può consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, gli impianti di combustione di cui al comma 3 siano in esercizio per un numero di ore operative pari o inferiore a 17.500 senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le seguenti condizioni:

a)  il gestore dell'impianto presenta all'autorità competente, entro il 30 giugno 2014, nell'ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico dell'autorizzazione ovvero, se nessun rinnovo periodico è previsto entro tale data, nell'ambito di una richiesta di aggiornamento presentata ai sensi dell'articolo 29-nonies, una dichiarazione scritta contenente l'impegno a non far funzionare l'impianto per più di 17.500 ore operative tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, informandone contestualmente il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
b)  entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, il gestore presenta all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui è riportata la registrazione delle ore operative utilizzate dal 1° gennaio 2016;
c)  nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023 si applicano valori limite di emissione non meno severi di quelli che l'impianto deve rispettare alla data del 31 dicembre 2015 ai sensi dell'autorizzazione, del presente Titolo e del Titolo III-bis alla Parte Seconda;
d)  l'impianto non ha ottenuto l'esenzione prevista all'Allegato II, parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta. (1429)

4-bis.  Se l'esenzione prevista dal comma 4 è concessa ad impianti di combustione con potenza termica nominale totale superiore a 500 MW alimentati con combustibili solidi, autorizzati per la prima volta dopo il 1° luglio 1987, devono essere in tutti i casi rispettati, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, i valori limite previsti per gli ossidi azoto all'Allegato II, Parte II, alla Parte Quinta. (1430)

5.  L'autorizzazione può consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2022, gli impianti di combustione anteriori al 2002 con potenza termica nominale totale non superiore a 200 MW siano in esercizio senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le seguenti condizioni: (1438)

a)  almeno il 50 per cento della produzione di calore utile dell'impianto, calcolata come media mobile su ciascun periodo di cinque anni a partire dal quinto anno antecedente l'autorizzazione, è fornito ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda; il gestore è tenuto a presentare all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, un documento in cui è indicata la percentuale di produzione di calore utile dell'impianto destinata a tale fornitura;
b)  nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2022 si applicano valori limite di emissione non meno severi di quelli che l'impianto deve rispettare alla data del 31 dicembre 2015 ai sensi dell'autorizzazione, del presente titolo e del Titolo III-bis della Parte Seconda (1439). (1429)

6.  Ai sensi dell'articolo 271, commi 5, 14 e 15, l'autorizzazione di tutti i grandi impianti di combustione deve prevedere valori limite di emissione non meno severi dei pertinenti valori di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 7, dell'Allegato II e dei valori di cui all'Allegato I alla Parte Quinta. (1429)

7.  Per i grandi impianti di combustione, ciascun camino, contenente una o più canne di scarico, corrisponde, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 270, ad un punto di emissione. (1422)

8.  In aggiunta a quanto previsto dall'articolo 271, comma 14, i valori limite di emissione non si applicano ai grandi impianti di combustione nei casi di anomalo funzionamento previsti dalla parte I dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, nel rispetto delle condizioni ivi previste.

9.  Si considerano come un unico grande impianto di combustione, ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione, più impianti di combustione di potenza termica pari o superiore a 15 MW e la somma delle cui potenze è pari o superiore a 50 MW che sono localizzati nello stesso stabilimento e le cui emissioni risultano convogliate o convogliabili, sulla base di una valutazione delle condizioni tecniche svolta dalle autorità competenti, ad un solo punto di emissione. La valutazione relativa alla convogliabilità tiene conto dei criteri previsti all'articolo 270. Non sono considerati, a tali fini, gli impianti di riserva che funzionano in sostituzione di altri impianti quando questi ultimi sono disattivati. L'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può altresì disporre il convogliamento delle emissioni di tali impianti ad un solo punto di emissione ed applicare i valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all'impianto più recente. (1440)

10.  L'adeguamento alle disposizioni del comma 9 è effettuato nei tempi a tal fine stabiliti dall'autorizzazione. (1423)

11.  Nel caso in cui un grande impianto di combustione sia sottoposto a modifiche sostanziali, si applicano all'impianto i valori limite di emissione stabiliti alla Parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell'Allegato II alla Parte Quinta. (1431)

12.  Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti nuovi o in caso di modifiche ai sensi del comma 11, la domanda di autorizzazione deve essere corredata da un apposito studio concernente la fattibilità tecnica ed economica della generazione combinata di calore e di elettricità. Nel caso in cui tale fattibilità sia accertata, anche alla luce di elementi diversi da quelli contenuti nello studio, l'autorità competente, tenuto conto della situazione del mercato e della distribuzione, condiziona il rilascio del provvedimento autorizzativo alla realizzazione immediata o differita di tale soluzione.

[13.  Dopo il 1° gennaio 2008, agli impianti di combustione di potenza termica nominale inferiore a 50MW ed agli altri impianti esclusi dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto, facenti parte di una raffineria, continuano ad applicarsi, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, i valori limite di emissione calcolati, su un intervallo mensile o inferiore, come rapporto ponderato tra la somma delle masse inquinanti emesse e la somma dei volumi delle emissioni di tutti gli impianti della raffineria, inclusi quelli ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo. (1424) (1441) ]

14.  In caso di realizzazione di grandi impianti di combustione che potrebbero arrecare un significativo pregiudizio all'ambiente di un altro Stato della Comunità europea, l'autorità competente informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'adempimento degli obblighi di cui alla convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata con la legge 3 novembre 1994, n. 640. (1427)

15.  Le disposizioni del presente articolo si applicano agli impianti di combustione destinati alla produzione di energia, ad esclusione di quelli che utilizzano direttamente i prodotti di combustione in procedimenti di fabbricazione. Sono esclusi in particolare:

a)  gli impianti in cui i prodotti della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali, come i forni di riscaldo o i forni di trattamento termico;
b)  gli impianti di postcombustione, cioè qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell'effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione;
c)  i dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di craking catalitico;
d)  i dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;
e)  i reattori utilizzati nell'industria chimica;
f)  le batterie di forni per il coke;
g)  i cowpers degli altiforni;
h)  qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile;
i)  le turbine a gas e motori a gas usati su piattaforme off-shore e sugli impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore; (1432)
[l)  le turbine a gas autorizzate anteriormente alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, fatte salve le disposizioni alle stesse espressamente riferite; (1425)]
[m)  gli impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas; (1433)]
m-bis)  gli impianti che utilizzano come combustibile qualsiasi rifiuto solido o liquido non ricadente nella definizione di biomassa di cui all'Allegato II alla Parte Quinta (1434).

[16.  Le disposizioni del presente articolo si applicano alle turbine a gas autorizzate successivamente all'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. Alle turbine a gas autorizzate precedentemente si applicano esclusivamente le disposizioni alle stesse riferite dall'Allegato II alla parte quinta del presente decreto in materia di monitoraggio e controllo delle emissioni, nonché di anomalie e guasti degli impianti di abbattimento. (1426) (1435) ]

16-bis.  A partire dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, ai fini del rilascio dell'autorizzazione prevista per la costruzione degli di impianti di combustione con una potenza termica nominale pari o superiore a 300 MW, il gestore presenta una relazione che comprova la sussistenza delle seguenti condizioni:

a)  disponibilità di appropriati siti di stoccaggio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162;
b)  fattibilità tecnica ed economica di strutture di trasporto di cui all'articolo 3, comma 1, lettera aa), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162;
c)  possibilità tecnica ed economica di installare a posteriori le strutture per la cattura di CO2. (1436)

16-ter.  L'autorità competente, sulla base della documentazione di cui al comma 16-bis, stabilisce se le condizioni di cui allo stesso comma sono soddisfatte. In tal caso il gestore provvede a riservare un'area sufficiente all'interno del sito per installare le strutture necessarie alla cattura e alla compressione di CO2. (1428)


(1422) Comma modificato dall'art. 3, comma 7, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito gli originari commi da 2 a 7 con gli attuali commi 2, 3, 4, 4-bis, 5, 6 e 7.

(1423) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 7, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1424) Comma così modificato dall'art. 3, comma 7, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1425) Lettera soppressa dall'art. 3, comma 7, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, abrogata dall’ art. 34, comma 1, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1426) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 7, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1427) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1428) Comma aggiunto dall'art. 35, comma 3, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011.

(1429) Comma così sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito gli originari commi da 2 a 7 con gli attuali commi 2, 3, 4, 4-bis, 5, 6 e 7.

(1430) Comma inserito dall’ art. 22, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha sostituito gli originari commi da 2 a 7 con gli attuali commi 2, 3, 4, 4-bis, 5, 6 e 7.

(1431) Comma così sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1432) Lettera così sostituita dall’ art. 22, comma 1, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1433) Lettera abrogata dall’ art. 34, comma 1, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1434) Lettera aggiunta dall’ art. 22, comma 1, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1435) Comma abrogato dall’ art. 34, comma 1, lett. f), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1436) Comma aggiunto dall'art. 35, comma 3, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1437) Comma inserito dall’ art. 8, comma 2, D.L. 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 febbraio 2016, n. 21.

(1438) Alinea così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. p), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1439) Lettera così modificata dall’ art. 18, comma 1, lett. p), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1440) Comma sostituito dall'art. 3, comma 7, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. g), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1441) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. g), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1442) Vedi, anche l’ art. 29, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


ART. 273-bis  (Medi impianti di combustione) (1443)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  Gli stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione sono soggetti ad autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 e, in caso di installazioni di cui alla Parte Seconda, all'autorizzazione integrata ambientale. Gli stabilimenti in cui sono presenti medi impianti di combustione alimentati con le biomasse rifiuto previste all'allegato II alla Parte Quinta sono autorizzati ai sensi degli articoli 208 o 214.

2.  Gli stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione, anche insieme ad altri impianti o attività, possono essere oggetto di adesione alle autorizzazioni di carattere generale adottate in conformità all'articolo 272, comma 3-bis.

3.   L'istruttoria autorizzativa prevista all'articolo 271, comma 5, e all'articolo 272, comma 2, individua, per i medi impianti di combustione, valori limite di emissione e prescrizioni di esercizio non meno restrittivi rispetto ai pertinenti valori e prescrizioni previsti agli allegati I e V alla Parte Quinta e dalle normative e dai piani regionali di cui all'articolo 271, commi 3 e 4, e rispetto a quelli applicati per effetto delle autorizzazioni soggette al rinnovo.

4.   Per i medi impianti di combustione ubicati in installazioni di cui alla Parte Seconda i valori limite di emissione e le prescrizioni di esercizio degli allegati I e V alla Parte Quinta e delle normative e dei piani regionali previsti all'articolo 271, commi 3 e 4, sono presi in esame nell'istruttoria dell'autorizzazione integrata ambientale ai fini previsti all'articolo 29-sexies, comma 4-ter.

5.   A partire dal 1° gennaio 2025 e, in caso di impianti di potenza termica nominale pari o inferiore a 5 MW, a partire dal 1° gennaio 2030, i medi impianti di combustione esistenti sono soggetti ai valori limite di emissione individuati attraverso l'istruttoria autorizzativa prevista ai commi 3 e 4. Fino a tali date devono essere rispettati i valori limite previsti dalle vigenti autorizzazioni e, per i medi impianti di combustione che prima del 19 dicembre 2017 erano elencati all'allegato IV, Parte I, alla Parte Quinta, gli eventuali valori limite applicabili ai sensi dell'articolo 272, comma 1.

6.  Ai fini dell'adeguamento alle disposizioni del presente articolo il gestore di stabilimenti dotati di un'autorizzazione prevista all'articolo 269, in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti, presenta una domanda autorizzativa almeno due anni prima delle date previste al comma 5. L'adeguamento, anche su richiesta dell'autorità competente, può essere altresì previsto nelle ordinarie domande di rinnovo periodico dell'autorizzazione presentate prima di tale termine di due anni. L'autorità competente aggiorna l'autorizzazione dello stabilimento con un'istruttoria limitata ai medi impianti di combustione esistenti o la rinnova con un'istruttoria estesa all'intero stabilimento. In caso di autorizzazioni che già prescrivono valori limite e prescrizioni conformi a quelli previsti al comma 5 il gestore comunica tale condizione all'autorità competente quantomeno due anni prima delle date previste dal comma 5. Fermo restando il rispetto dei termini di legge di cui al primo periodo, l'autorità competente può stabilire appositi calendari e criteri temporali per la presentazione delle domande e delle comunicazioni previste dal presente comma. (1444)

7.   Entro il termine previsto al comma 6 sono, altresì, presentate:

a)  le domande di adesione alle autorizzazioni di carattere generale adottate in conformità all'articolo 272, comma 3-bis, per gli stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti;
b)  le domande di autorizzazione degli stabilimenti, in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti, che non erano soggetti all'obbligo di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 secondo la normativa vigente prima del 19 dicembre 2017;
c)   le domande di autorizzazione, ai sensi degli articoli 208 o 214, comma 7, degli stabilimenti in cui sono presenti medi impianti di combustione alimentati con le biomasse rifiuto previste all'allegato II alla Parte Quinta. Tali domande sono sostituite da una comunicazione in caso di autorizzazioni che già prescrivono valori limite e prescrizioni conformi a quelli previsti al comma 5;
d)  le domande di rinnovo e riesame delle autorizzazioni integrate ambientali delle installazioni di cui alla Parte Seconda in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti. Tali domande sono sostituite da una comunicazione in caso di autorizzazioni che già prescrivono valori limite e prescrizioni conformi a quelli previsti al comma 5.

8.  Si considerano come un unico impianto, ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione, i medi impianti di combustione che sono localizzati nello stesso stabilimento e le cui emissioni risultano convogliate o convogliabili, sulla base di una valutazione delle condizioni tecniche svolta dalle autorità competenti, ad un solo punto di emissione. La valutazione relativa alla convogliabilità tiene conto dei criteri previsti all'articolo 270. Tale unità si qualifica come grande impianto di combustione nei casi previsti all'articolo 273, comma 9. Non sono considerati, a tali fini, gli impianti di riserva che funzionano in sostituzione di altri impianti quando questi ultimi sono disattivati. Se le emissioni di più medi impianti di combustione sono convogliate ad uno o più punti di emissione comuni, il medio impianto di combustione che risulta da tale aggregazione è soggetto ai valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all'impianto più recente.

9.  L'adeguamento alle disposizioni del comma 8, in caso di medi impianti di combustione esistenti, è effettuato nei tempi a tal fine stabiliti dall'autorizzazione, nel rispetto delle date previste dal comma 5.

10.   Non costituiscono medi impianti di combustione:

a)  impianti in cui i gas della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali;
b)   impianti di postcombustione, ossia qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell'effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione;
c)  qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile;
d)  turbine a gas e motori a gas e diesel usati su piattaforme off-shore;
e)  impianti di combustione utilizzati per il riscaldamento a gas diretto degli spazi interni di uno stabilimento ai fini del miglioramento delle condizioni degli ambienti di lavoro;
f)  dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di cracking catalitico;
g)  dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;
h)   reattori utilizzati nell'industria chimica;
i)  batterie di forni per il coke;
l)  cowpers degli altiforni;
m)  impianti di cremazione;
n)  medi impianti di combustione alimentati da combustibili di raffineria, anche unitamente ad altri combustibili, per la produzione di energia nelle raffinerie di petrolio e gas;
o)  caldaie di recupero nelle installazioni di produzione della pasta di legno;
p)  impianti di combustione disciplinati dalle norme europee in materia di motori o combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali;
q)   impianti di incenerimento o coincenerimento previsti al titolo III-bis alla Parte Quarta;
q-bis)  impianti di combustione aventi potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW per effetto delle norme di aggregazione previste dall'articolo 270 o dall'articolo 272, comma 1, salvo il caso in cui sia previsto l'effettivo convogliamento a punti di emissione comuni (1445).

10-bis.  Agli impianti previsti dal comma 10, lettera q-bis, si applicano i valori limite di emissione specificamente previsti dal presente decreto per gli impianti aventi potenza termica nominale inferiore a 1 MW e le norme sui controlli previste dall'articolo 272, comma 1-bis. (1446)

11.  E' tenuto, presso ciascuna autorità competente, con le forme da questa stabilite, un registro documentale nel quale sono riportati i dati previsti all'allegato I, Parte IV-bis, alla Parte Quinta per i medi impianti di combustione e per i medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, commi 2-bis e 2-ter, nonché i dati relativi alle modifiche di tali impianti. E' assicurato l'accesso del pubblico alle informazioni contenute nel registro, attraverso pubblicazione su siti internet, secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195. (1447)

12.   I dati previsti al comma 11 sono inseriti nel registro documentale:

a)   al rilascio dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 o delle autorizzazioni integrate ambientali o delle autorizzazioni di cui agli articoli 208 o 214 di stabilimenti o installazioni in cui sono presenti medi impianti di combustione nuovi;
b)  al rilascio dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 o delle autorizzazioni integrate ambientali delle autorizzazioni di cui agli articoli 208 o 214, comma 7, di stabilimenti o installazioni in cui sono presenti medi impianti di combustione esistenti, in caso di rilascio avvenuto a partire dal 19 dicembre 2017;
c)   entro sessanta giorni dalla comunicazione prevista al comma 6, ultimo periodo, e al comma 7, lettere c) e d);
d)  al perfezionamento della procedura di adesione alle autorizzazioni generali di cui all'articolo 272, comma 3-bis;
e)  entro sessanta giorni dalla comunicazione delle modifiche non sostanziali di cui all'articolo 269, comma 8, relative a medi impianti di combustione, fatte salve le eventuali integrazioni del registro ove l'autorità competente aggiorni l'autorizzazione dopo il termine;
f)   all'atto dell'iscrizione dei medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, commi 2-bis e 2-ter, nel relativo registro autorizzativo (1448).

13.   Entro trenta giorni dalla ricezione della domanda dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 o della domanda di autorizzazione integrata ambientale di stabilimenti e di installazioni in cui sono ubicati medi impianti di combustione o della domanda di adesione alle autorizzazioni generali di cui all'articolo 272, comma 3-bis, o della comunicazione di modifiche non sostanziali relative a medi impianti di combustione, l'autorità competente avvia il procedimento istruttorio e comunica tempestivamente tale avvio al richiedente.

14.   Per gli impianti di combustione di potenza termica inferiore a 1 MW alimentati a biomasse o biogas, installati prima del 19 dicembre 2017, i pertinenti valori di emissione in atmosfera previsti all'allegato I alla Parte Quinta devono essere rispettati entro il 1° gennaio 2030. Fino a tale data devono essere rispettati gli eventuali valori limite applicabili ai sensi dell'articolo 272, comma 1.

15.   L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 6 può esentare i medi impianti di combustione esistenti che non sono in funzione per più di 500 ore operative all'anno, calcolate in media mobile su ciascun periodo di cinque anni, dall'obbligo di adeguarsi ai valori limite di emissione previsti al comma 5. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. Il primo periodo da considerare per il calcolo si riferisce ai cinque anni civili successivi quello di rilascio dell'autorizzazione. Entro il 1° marzo di ogni anno, a partire dal secondo anno civile successivo a quello di rilascio dell'autorizzazione, il gestore presenta all'autorità competente, ai fini del calcolo della media mobile, la registrazione delle ore operative utilizzate nell'anno precedente. Il numero massimo di ore operative può essere elevato a 1.000 in caso di emergenza dovuta alla necessità di produrre energia elettrica nelle isole connesse ad un sistema di alimentazione principale a seguito dell'interruzione di tale alimentazione.

16.   L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione nuovi che non sono in funzione per più di 500 ore operative all'anno, calcolate in media mobile su un periodo di tre anni, può esentare tali impianti dall'applicazione dei pertinenti valori limite previsti all'allegato I alla Parte Quinta. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. Il primo periodo da considerare per il calcolo si riferisce alla frazione di anno civile successiva al rilascio dell'autorizzazione ed ai due anni civili seguenti. Entro il 1° marzo di ogni anno, a partire dall'anno civile successivo a quello di rilascio dell'autorizzazione, il gestore presenta all'autorità competente, ai fini del calcolo della media mobile, la registrazione delle ore operative utilizzate nell'anno precedente. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua valori limite non meno restrittivi di quelli previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017 e, per le emissioni di polveri degli impianti alimentati a combustibili solidi, in ogni caso, un valore limite non superiore a 100 mg/Nm3.

17.  L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 6 può differire al 1° gennaio 2030 l'obbligo di adeguarsi ai valori limite di emissione previsti al comma 5 per i medi impianti di comb ustione esistenti di potenza termica superiore a 5 MW se almeno il 50% della produzione di calore utile dell'impianto, calcolata come media mobile su ciascun periodo di cinque anni, sia fornito ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o acqua calda. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale percentuale di fornitura. Il primo periodo da considerare per il calcolo si riferisce ai cinque anni civili successivi quello di rilascio dell'autorizzazione. Entro il 1° marzo di ogni anno, a partire dal secondo anno civile successivo a quello di rilascio dell'autorizzazione, il gestore presenta all'autorità competente, ai fini del calcolo della media mobile, un documento in cui è indicata la percentuale di produzione di calore utile dell'impianto destinata a tale fornitura nell'anno precedente. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua, per le emissioni del periodo compreso tra il 1° gennaio 2025 ed al 1° gennaio 2030, valori limite non meno restrittivi di quelli precedentemente autorizzati e, per le emissioni di ossidi di zolfo, in ogni caso, un valore limite non superiore a 1.100 mg/Nm3.

18.   L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 6 può differire al 1° gennaio 2030 l'obbligo di adeguarsi ai valori limite di emissione degli ossidi di azoto previsti al comma 5 per i medi impianti di combustione esistenti costituiti da motori a gas o turbine a gas di potenza termica superiore a 5 MW, se tali impianti sono utilizzati per il funzionamento delle stazioni di compressione di gas necessarie per garantire la protezione e la sicurezza di un sistema nazionale di trasporto del gas. Resta fermo, fino alla data prevista di adeguamento, il rispetto dei valori limite precedentemente autorizzati.

19.  In caso di impossibilità di rispettare i pertinenti valori limite di emissione previsti per gli ossidi di zolfo all'allegato I alla Parte Quinta per i medi impianti nuovi ed esistenti a causa di un'interruzione nella fornitura di combustibili a basso tenore di zolfo, dovuta ad una situazione di grave penuria, l'autorità competente può disporre una deroga, non superiore a sei mesi, all'applicazione di tali valori limite. L'autorizzazione individua i valori limite da applicare in tali periodi, assicurando che risultino non meno restrittivi di quelli autorizzati prima del 19 dicembre 2017.

20.   In caso di medi impianti nuovi ed esistenti, alimentati esclusivamente a combustibili gassosi, che a causa di un'improvvisa interruzione nella fornitura di gas debbano eccezionalmente utilizzare altri combustibili e dotarsi di un apposito sistema di abbattimento, l'autorità competente può disporre una deroga, non superiore a 10 giorni, salvo giustificate proroghe, all'applicazione dei pertinenti valori limite di emissione previsti dall'allegato I alla Parte Quinta. L'autorizzazione individua i valori limite da applicare in tali periodi, assicurando che risultino non meno restrittivi di quelli autorizzati prima del 19 dicembre 2017. (1449)

21.   Le deroghe previste ai commi 18 e 19 sono comunicate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione europea entro un mese dalla concessione. L'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica al Ministero tali deroghe entro cinque giorni dalla concessione.

22.   L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 6 fissa al 1° gennaio 2030 l'obbligo di adeguarsi ai valori limite di emissione previsti al comma 5 per i medi impianti di combustione esistenti che fanno parte di un piccolo sistema isolato o di un microsistema isolato di cui alĺ’ articolo 2, punto 26 e punto 27, della direttiva 2009/72/CE. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua, per le emissioni del periodo compreso tra il 1° gennaio 2025 ed il 1° gennaio 2030, valori limite non meno restrittivi di quelli precedentemente autorizzati.


(1443) Articolo inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. g), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1444) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. f), nn. 1) e 2), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1445) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 3), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1446) Comma inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 4), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1447) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 5), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1448) Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 6), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1449) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. f), n. 7), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


ART. 274  (Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi impianti di combustione e dei medi impianti di combustione) (1451) (1450)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alla Commissione europea, ogni tre anni, una relazione inerente le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto, nella quale siano separatamente indicate le emissioni delle raffinerie. Tale relazione è trasmessa per la prima volta entro il 31 dicembre 2007 in relazione al periodo di tre anni che decorre dal 1° gennaio 2004 e, in seguito, entro dodici mesi dalla fine di ciascun successivo periodo di tre anni preso in esame. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette inoltre alla Commissione europea, su richiesta, i dati annuali relativi alle emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri dei singoli impianti di combustione.

[2.  Fino all'anno 2016, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alla Commissione europea ogni anno, in relazione all'anno precedente, una relazione concernente gli impianti per i quali è stata concessa l'esenzione prevista dall'Allegato II, parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta, con l'indicazione dei tempi utilizzati e non utilizzati che sono stati autorizzati per il restante periodo di funzionamento degli impianti. A tal fine l'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le predette informazioni. (1452) ]

3.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio presenta alla Commissione europea entro il 31 dicembre di ogni anno, a partire dal 2017, per ciascun impianto di cui all'articolo 273, comma 5, la registrazione del numero di ore operative utilizzate dal 1° gennaio 2016 e, per ciascun impianto di cui all'articolo 273, comma 6, la percentuale della produzione di calore utile, calcolata come media mobile sui cinque anni civili precedenti, fornita ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda. L'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, comunica a tale Ministero le predette deroghe contestualmente all'applicazione delle stesse specificando, per ciascun impianto, la potenza termica nominale totale, le tipologie di combustibili usati e i valori limite di emissione applicati per ossidi di zolfo, ossidi di azoto e polveri. (1453)

4.  Entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2006, i gestori dei grandi impianti di combustione comunicano all'Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (ISPRA), con le modalità previste alla Parte III dell'Allegato II alla Parte Quinta, la tipologia dell'impianto gestito, la data di messa in esercizio dell'impianto e, con riferimento all'anno precedente, le emissioni totali, di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri, determinate conformemente alle prescrizioni della Parte IV dell'Allegato II alla Parte Quinta, la quantità annua totale di energia prodotta rispettivamente dal carbone, dalla lignite, dalle biomasse, dalla torba, dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere calorifico netto, le ore operative, nonché la caratterizzazione dei sistemi di abbattimento delle emissioni. In caso di mancata comunicazione dei dati e delle informazioni di cui al presente comma, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, ordina al gestore inadempiente di provvedere.

5.  L'ISPRA, sulla base delle informazioni di cui al comma 4, elabora una relazione in cui sono riportate le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto. Tale relazione deve riportare tutti gli elementi previsti dal comma 4. Almeno due mesi prima della scadenza prevista dal comma 1 per la trasmissione dei dati alla Commissione europea, l'ISPRA trasmette al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la suddetta relazione, nonché i dati disaggregati relativi a ciascun impianto.

6.  I dati di cui al comma 4 sono raccolti e inviati in formato elettronico. A tal fine debbono essere osservate, ove disponibili, le procedure indicate sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La relazione di cui al comma 5, nonché i dati disaggregati raccolti dall'ISPRA sono resi disponibili alle autorità competenti sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sul sito internet dell'ISPRA.

7.  Entro il 31 dicembre di ogni anno, a partire dal 2017, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea, con riferimento all'anno precedente:

a)  per gli impianti di combustione cui si applica la Parte II, sezione 1, lettera C, dell'Allegato II alla Parte Quinta, il tenore di zolfo del combustibile solido indigeno usato e il grado di desolforazione raggiunto come media mensile; la prima comunicazione indica anche la motivazione tecnica dell'impossibilità di rispettare i valori limite di emissione oggetto di deroga;
b)  il numero di ore operative annue utilizzate dagli impianti di combustione a cui sono state concesse le deroghe previste all'Allegato II, parte II, alla Parte Quinta, sezione I, lettera A, paragrafo 2, sezione 2, lettera A, paragrafo 2, sezione 4, lettera A, paragrafo 1, note 1, 4 e 5, e sezione 4, lettera A-bis, paragrafo 3.

8.  L'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, comunica a tale Ministero le deroghe di cui alle lettere a) e b) contestualmente all'applicazione delle stesse.

8-bis.   Il Ministero dell'ambiente trasmette alla Commissione europea, sulla base dei formati da questa adottati:

a)   entro il 1° gennaio 2021, una relazione contenente una stima delle emissioni totali annue di monossido di carbonio dei medi impianti di combustione e dei medi impianti termici civili e le informazioni relative alle concentrazioni di monossido di carbonio nelle emissioni di tali impianti, raggruppate per tipo di combustibile e classe di capacità;
b)  entro il 1° ottobre 2026 ed entro il 1° ottobre 2031, una relazione contenente le informazioni qualitative e quantitative relative all'applicazione delle norme vigenti in materia di medi impianti di combustione e medi impianti termici civili, incluse le attività finalizzate a verificare la conformità degli impianti. La prima relazione contiene anche una stima delle emissioni totali annue di polveri, ossidi di azoto e ossidi di zolfo dei medi impianti di combustione e dei medi impianti termici civili, raggruppate per tipo di impianto, tipo di combustibile e classe di capacità. (1454)

8-ter.  Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabiliti i dati, i metodi di stima, i tempi e le modalità delle comunicazioni che i gestori dei medi impianti di combustione e le autorità competenti di cui ai titoli I e II alla Parte Quinta effettuano all'ISPRA ed al predetto Ministero ai fini della predisposizione delle relazioni previste al comma 8-bis. L'ISPRA, sulla base di tali informazioni, elabora un rapporto, conforme ai pertinenti formati adottati dalla Commissione europea, da inviare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare almeno tre mesi prima dei termini previsti al comma 8-bis. (1454)


(1450) Articolo modificato dagli artt. 3, comma 8, e 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 23, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1451) Rubrica così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. h), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1452) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. h), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1453) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. h), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1454) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 1, lett. h), n. 4), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 275  (Emissioni di COV)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  L'Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce, relativamente alle emissioni di composti organici volatili, i valori limite di emissione, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e le modalità di redazione del piano di gestione dei solventi. Le disposizioni previste dal presente articolo per gli stabilimenti si intendono riferite anche alle installazioni soggette ad autorizzazione integrata ambientale. L'Allegato III alla Parte Quinta indica i casi in cui le attività degli stabilimenti esistenti di cui al comma 8 sono soggette a valori limite e prescrizioni speciali. (1466)

2.  Se nello stesso stabilimento sono esercitate, mediante uno o più impianti o macchinari e sistemi non fissi o operazioni manuali, una o più attività individuate nella parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto le quali superano singolarmente le soglie di consumo di solvente ivi stabilite, a ciascuna di tali attività si applicano, secondo le modalità di cui al comma 7, i valori limite per le emissioni convogliate e per le emissioni diffuse di cui al medesimo Allegato III, parte III, oppure i valori limite di emissione totale di cui a tale Allegato III, parti III e IV, nonché le prescrizioni ivi previste. Tale disposizione si applica anche alle attività che, nello stesso stabilimento, sono direttamente collegate e tecnicamente connesse alle attività individuate nel suddetto Allegato III, parte II, e che possono influire sulle emissioni di COV. Il superamento delle soglie di consumo di solvente è valutato con riferimento al consumo massimo teorico di solvente. Le attività di cui alla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto comprendono la pulizia delle apparecchiature e non comprendono la pulizia dei prodotti, fatte salve le diverse disposizioni ivi previste. (1455)

3.  Ai fini di quanto previsto dal comma 2, i valori limite per le emissioni convogliate si applicano a ciascun impianto che produce tali emissioni ed i valori limite per le emissioni diffuse si applicano alla somma delle emissioni non convogliate di tutti gli impianti, di tutti i macchinari e sistemi non fissi e di tutte le operazioni.

4.  Il gestore che intende effettuare le attività di cui al comma 2 presenta all'autorità competente una domanda di autorizzazione dello stabilimento ai sensi dell'articolo 269 o, ricorrendone i presupposti, una domanda di adesione ai sensi dell'articolo 272, comma 3, o una domanda di autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell'articolo 29-ter, in conformità a quanto previsto al presente articolo e all'Allegato III alla Parte Quinta. In aggiunta ai casi previsti dall'articolo 269, comma 8, la domanda di autorizzazione deve essere presentata anche dal gestore dello stabilimento in cui sono esercitate delle attività che, a seguito di una modifica del consumo massimo teorico di solvente, rientrano tra quelle di cui al comma 2. (1456)

5.  L'autorizzazione stabilisce, sulla base dei commi 2 e 7, i valori limite di emissione e le prescrizioni che devono essere rispettati. Per la captazione e il convogliamento si applica l'articolo 270. Sono inoltre previste le precauzioni necessarie per ridurre al minimo le emissioni di COV durante le operazioni di avviamento e di arresto. Le autorizzazioni, incluse quelle rilasciate in sede di rinnovo ai sensi dell'articolo 281, assicurano che tali valori limite e prescrizioni si applichino a tutte le attività di cui al comma 2 e che i valori limite e le prescrizioni di cui all'ultimo periodo del comma 2 si possano applicare soltanto alle attività degli stabilimenti esistenti. (1457)

5-bis.   Fermo restando quanto previsto dall'articolo 271, commi 14 e 20, il gestore informa tempestivamente l'autorità competente di qualsiasi violazione delle prescrizioni autorizzative. (1472)

6.  L'autorizzazione indica il consumo massimo teorico di solvente e l'emissione totale annua conseguente all'applicazione dei valori limite di cui al comma 2 nonché la periodicità dell'aggiornamento del piano di gestione di cui alla parte V dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. Al fine di ammettere l'applicazione di valori limite espressi come emissioni totali equivalenti, ai sensi della parte V dell'allegato III alla parte quinta del presente decreto, negli stabilimenti caratterizzati da elevate soglie di consumo di solventi, l'autorità competente valuta anche, tenuto conto delle specifiche attività degli stabilimenti oggetto di autorizzazione, la sussistenza della possibilità di assicurare un efficace controllo sul rispetto di tali valori. (1473)

7.  Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal comma 2 è assicurato mediante l'applicazione delle migliori tecniche disponibili e, in particolare, utilizzando materie prime a ridotto o nullo tenore di solventi organici, ottimizzando l'esercizio e la gestione delle attività e, ove necessario, installando idonei dispositivi di abbattimento, in modo da minimizzare le emissioni di composti organici volatili.

8.  Si considerano esistenti, ai fini del presente articolo, gli stabilimenti che al 1° aprile 2001 erano in esercizio in base agli atti autorizzativi all'epoca previsti o per i quali è stata presentata una domanda completa di autorizzazione prima di tale data ove lo stabilimento sia stato messo in funzione entro il 1° aprile 2002. Si considerano nuovi gli altri stabilimenti. Ai fini dell'applicazione degli articoli 270, 271 e 281 gli stabilimenti previsti dal presente articolo, escluse le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, si considerano anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi sulla base delle definizioni previste dall'articolo 268. (1458)

[9.  Se le attività di cui al comma 2 sono effettuate esclusivamente da macchinari e sistemi non fissi o da operazioni manuali, in esercizio prima dell'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, le emissioni devono essere adeguate alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto e alle altre prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007. A tal fine l'autorizzazione di cui al comma 4 deve essere richiesta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. In caso di mancata presentazione della richiesta entro tale termine le attività si considerano in esercizio senza autorizzazione. (1467) ]

10.  Sono fatte salve le autorizzazioni rilasciate prima del 13 marzo 2004 che conseguono un maggiore contenimento delle emissioni di composti organici volatili rispetto a quello ottenibile con l'applicazione delle indicazioni di cui alle parti III e IV dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. In tal caso rimangono validi i metodi di campionamento e di analisi precedentemente in uso. È fatta salva la facoltà del gestore di chiedere all'autorità competente di rivedere dette autorizzazioni sulla base delle disposizioni della parte quinta del presente decreto. (1459)

11.  In caso di modifiche sostanziali di attività svolte negli stabilimenti esistenti l'autorizzazione dispone che le attività oggetto di modifica sostanziale:

a)  siano soggette alle prescrizioni relative alle attività degli stabilimenti nuovi;
b)  siano soggette alle prescrizioni relative alle attività degli stabilimenti esistenti se le emissioni totali di tutte le attività svolte nello stabilimento non superano quelle che si producono in caso di applicazione della lettera a). (1460)

12.  Se il gestore comprova all'autorità competente che, pur utilizzando la migliore tecnica disponibile, non è possibile, per uno specifico stabilimento, rispettare il valore limite per le emissioni diffuse, tale autorità può autorizzare deroghe a detto valore limite, purché ciò non comporti rischi per la salute umana o per l'ambiente e purché le migliori tecniche disponibili siano comunque applicate. (1468)

13.  Nei casi previsti nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, l'autorità competente può esentare il gestore dall'applicazione delle prescrizioni ivi stabilite se le emissioni non possono essere convogliate ai sensi dell'articolo 270, commi 1 e 2. In tal caso si applica quanto previsto dalla parte IV dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, salvo il gestore comprovi all'autorità competente che il rispetto di detto Allegato non è, nel caso di specie, tecnicamente ed economicamente fattibile e che l'impianto utilizza la migliore tecnica disponibile.

14.  L'autorità competente comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella relazione di cui al comma 18, le deroghe autorizzate ai sensi dei commi 12 e 13. (1465)

15.  Se due o più attività effettuate nello stesso stabilimento superano singolarmente le soglie di cui al comma 2, l'autorità competente può: (1469)

a)  applicare i valori limite previsti da tale comma a ciascuna singola attività; o
b)  applicare un valore di emissione totale, riferito alla somma delle emissioni di tali attività, non superiore a quello che si avrebbe applicando quanto previsto dalla lettera a); la presente opzione non si estende alle emissioni delle sostanze indicate nel comma 17.

[16.  Il gestore che, nei casi previsti dal comma 8, utilizza un dispositivo di abbattimento che consente il rispetto di un valore limite di emissione pari a 50 mgC/N m³, in caso di combustione, e pari a 150 mgC/Nm³, in tutti gli altri casi, deve rispettare i valori limite per le emissioni convogliate di cui alla parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto entro il 1° aprile 2013, purché, sin dalle date di adeguamento previste dal comma 8, le emissioni totali non superino quelle che si sarebbero prodotte in caso di applicazione delle prescrizioni della parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. (1461) (1467) ]

17.  La parte I dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce appositi valori limite di emissione per le sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l'ambiente.

18.  Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ogni tre anni ed entro il 30 aprile, a partire dal 2005, una relazione relativa all'applicazione del presente articolo, in conformità a quanto previsto dalla decisione della Commissione europea 2010/681/UE del 9 novembre 2010. Copia della relazione è inviata dalle autorità competenti alla regione o alla provincia autonoma. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia tali informazioni alla Commissione europea. (1462) (1465) (1471)

18-bis.  Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 6, si provvede ad inserire all'Allegato III alla Parte Quinta una specifica disciplina delle attività di relazione e di comunicazione alla Commissione europea in merito all'applicazione del presente articolo, in conformità ai provvedimenti comunitari di attuazione dell'articolo 72 della direttiva 2010/75/UE. Il comma 18 non trova applicazione a decorrere dalla data prevista dal predetto decreto. (1470) (1474)

[19.  Alle emissioni di COV degli impianti anteriori al 1988, disciplinati dal presente articolo, si applicano, fino alle date previste dai commi 8 e 9 ovvero fino alla data di effettivo adeguamento degli impianti, se anteriore, i valori limite e le prescrizioni di cui all'Allegato I alla parte quinta del presente decreto. (1463) ]

20.  I gestori degli stabilimenti costituiti da uno o più impianti a ciclo chiuso di pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso, per i quali l'autorità competente non abbia adottato autorizzazioni di carattere generale, comunicano a tali autorità di aderire all'autorizzazione di cui alla parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. È fatto salvo il potere delle medesime autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell'articolo 272, l'obbligatoria adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella prevista dalla parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto relativamente al territorio a cui tali nuove autorizzazioni si riferiscono. A tali attività non si applicano le prescrizioni della parte I, paragrafo 3, punti 3.2, 3.3 e 3.4 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. (1464)

21.  Costituisce modifica sostanziale, ai sensi del presente articolo:

a)  per le attività di ridotte dimensioni, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al venticinque per cento;
b)  per tutte le altre attività, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al dieci per cento;
c)  qualsiasi modifica che, a giudizio dell'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi significativi sulla salute umana o sull'ambiente;
d)  qualsiasi modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporti la variazione dei valori limite applicabili.

22.  Per attività di ridotte dimensioni, ai sensi del comma 21, si intendono le attività di cui alla parte III, punti 1, 3, 4, 5, 8, 10, 13, 16 o 17 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore o uguale alla più bassa tra le soglie di consumo ivi indicate in terza colonna e le altre attività di cui alla parte III del medesimo Allegato III aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore a 10 tonnellate l'anno.


(1455) Comma così modificato dall'art. 3, comma 9, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1456) Comma così modificato dall'art. 3, comma 9, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 24, comma 1, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1457) Comma sostituito dall'art. 3, comma 9, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 24, comma 1, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1458) Comma modificato dagli artt. 3, comma 9, lett. d), e 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 24, comma 1, lett. d), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1459) Comma così modificato dall'art. 3, comma 9, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1460) Comma modificato dall'art. 3, comma 9, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 24, comma 1, lett. e), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1461) Comma così modificato dall'art. 3, comma 9, lett. g), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1462) Comma così modificato dall'art. 3, comma 9, lett. h), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 24, comma 1, lett. h), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1463) Comma soppresso dall'art. 3, comma 9, lett. i), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1464) Comma così modificato dall'art. 3, comma 9, lett. l), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1465) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1466) Comma così modificato dall’ art. 24, comma 1, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1467) Comma abrogato dall’ art. 34, comma 1, lett. g), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1468) Comma così sostituito dall’ art. 24, comma 1, lett. f), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1469) Alinea così modificato dall’ art. 24, comma 1, lett. g), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1470) Comma inserito dall’ art. 24, comma 1, lett. i), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1471) Sull’applicabilità delle disposizioni di cui al presente comma, vedi l’ art. 1, comma 7, D.M. 31 maggio 2016.

(1472) Comma inserito dall’ art. 18, comma 1, lett. q), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1473) Comma così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. r), L. 20 novembre 2017, n. 167 e, successivamente, dall’ art. 1, comma 1, lett. i), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1474) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 31 maggio 2016.

 


ART. 276  (Controllo delle emissioni di cov derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  L'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto stabilisce le prescrizioni che devono essere rispettate ai fini del controllo delle emissioni di COV relativamente:

a)  agli impianti di deposito presso i terminali;
b)  agli impianti di caricamento di benzina presso i terminali;
c)  agli impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori presso i terminali;
d)  alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna;
e)  agli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti;
f)  alle attrezzature per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori.

2.  Per impianti di deposito ai sensi del presente articolo si intendono i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina. Per tali impianti di deposito situati presso i terminali le pertinenti prescrizioni dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto costituiscono le misure che i gestori devono adottare ai sensi dell'articolo 269, comma 10. Con apposito provvedimento l'autorità competente può disporre deroghe a tali prescrizioni, relativamente agli obblighi di rivestimento, ove necessario ai fini della tutela di aree di particolare pregio sotto il profilo paesaggistico. (1475)

3.  Per impianti di distribuzione, ai sensi del presente articolo, si intendono gli impianti in cui la benzina viene erogata ai serbatoi di tutti i veicoli a motore da impianti di deposito.

4.  Nei terminali all'interno dei quali è movimentata una quantità di benzina inferiore a 10.000 tonnellate/anno e la cui costruzione è stata autorizzata prima del 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento dell'autorizzazione, gli impianti di caricamento si adeguano alle disposizioni della parte II, paragrafo 2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto entro il 17 maggio 2010. Fino alla data di adeguamento deve essere garantita l'agibilità delle operazioni di caricamento anche per i veicoli-cisterna con caricamento dall'alto. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale nei tre anni precedenti il 17 maggio 2000.

5.  Le prescrizioni di cui alla parte II, punto 3.2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto si applicano ai veicoli cisterna collaudati dopo il 17 novembre 2000 e si estendono agli altri veicoli cisterna a partire dal 17 maggio 2010. Tali prescrizioni non si applicano ai veicoli cisterna a scomparti tarati, collaudati dopo il 1° gennaio 1990 e attrezzati con un dispositivo che garantisca la completa tenuta di vapori durante la fase di caricamento. A tali veicoli cisterna a scomparti tarati deve essere consentita l'agibilità delle operazioni di caricamento presso gli impianti di deposito dei terminali.

6.  Gli stabilimenti in cui sono presenti gli impianti di cui al comma 1, lettera b), non sono soggetti all'autorizzazione di cui all'articolo 269. (1476)


(1475) Comma così modificato dall'art. 3, comma 10, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1476) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 10, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e modificato dall'art. 36, comma 7, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. l), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


ART. 277  (Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento presso gli impianti di distribuzione di benzina) (1477)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  I distributori degli impianti di distribuzione di benzina devono essere attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina prodotti durante le operazioni di rifornimento.

2.  I nuovi impianti di distribuzione di benzina e quelli esistenti soggetti a ristrutturazione completa devono essere equipaggiati con sistemi di recupero dei vapori di benzina conformi ai requisiti previsti, per i sistemi di recupero di fase II, all'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto, nonché essere sottoposti ai controlli previsti all'allegato VIII medesimo, se:

a)  il flusso è superiore a 500 m³/anno;
b)  il flusso è superiore a 100 m³/anno e sono situati in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro.

3.  Negli impianti esistenti di distribuzione di benzina, aventi un flusso superiore a 3.000 mc all'anno, i sistemi di recupero devono rispettare, entro il 31 dicembre 2018, i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti per i sistemi di recupero di fase II dall'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto.

4.  Negli impianti di distribuzione di benzina esistenti, di cui ai commi 2 e 3, i sistemi di recupero devono rispettare, fino alla ristrutturazione completa o fino all'adeguamento previsto al comma 3, i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti all'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto per i sistemi di recupero diversi da quelli di fase II. È fatta comunque salva, presso tali impianti, la possibilità di rispettare i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti per i sistemi di recupero di fase II.

5.  I commi 2 e 3 non si applicano agli impianti di distribuzione di benzina utilizzati esclusivamente in relazione alla produzione e alla consegna di nuovi veicoli a motore ai fini del primo rifornimento di tali veicoli.

6.  Negli impianti di distribuzione diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 i sistemi di recupero devono rispettare i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti dall'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto per i sistemi di recupero diversi da quelli di fase II.

7.  Il flusso previsto dai commi 2 e 3 si calcola considerando la media degli anni civili in cui l'impianto è stato in esercizio nei tre anni antecedenti il 2012 oppure, se durante tale periodo non vi è stato almeno un anno civile di esercizio, una stima effettuata dal gestore e documentata con atti da tenere a disposizione presso l'impianto; se la media della quantità di benzina scaricata nei tre anni civili successivi a quello della messa in esercizio dell'impianto supera, diversamente dalla stima, il flusso di cui al comma 3, il titolare dell'autorizzazione o della concessione dell'impianto è tenuto all'obbligo di adeguamento previsto da tale disposizione. (1478)

8.  I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori devono essere omologati dal Ministero dell'interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza corredata della documentazione necessaria ad identificare i dispositivi e dalla certificazione di cui all'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto. Ai fini del rilascio dell'omologazione, il Ministero dell'interno verifica la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di efficienza previsti dal presente articolo ed ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia l'omologazione si intende negata.

9.  I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori che sono stati omologati dalle competenti autorità di altri Paesi appartenenti all'Unione europea possono essere utilizzati per attrezzare i distributori degli impianti di distribuzione, previo riconoscimento da parte del Ministero dell'interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza, corredata dalla documentazione necessaria ad identificare i dispositivi, dalle certificazioni di prova rilasciate dalle competenti autorità estere e da una traduzione giurata in lingua italiana di tali documenti e certificazioni. Ai fini del riconoscimento, il Ministero dell'interno verifica i documenti e le certificazioni trasmessi, da cui deve risultare il rispetto dei requisiti di efficienza previsti dal presente articolo, e verifica la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia il riconoscimento si intende negato.

10.  Durante le operazioni di rifornimento i gestori degli impianti di distribuzione devono mantenere in funzione i sistemi di recupero dei vapori di cui al presente articolo.

11.  Presso gli impianti di distribuzione attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II, deve essere esposto, sui distributori o vicino agli stessi, un cartello, una etichetta o un altro tipo di supporto che informi i consumatori circa l'esistenza di tale sistema. Presso gli impianti di distribuzione esistenti previsti dal comma 4 che, alla data del 1° gennaio 2012, sono già attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II, tale obbligo di informazione si applica entro i due mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

12.  I gestori degli impianti di distribuzione di benzina devono rispettare gli obblighi di documentazione previsti dall'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto.


(1477) Articolo modificato dall'art. 3, comma 11, lett. a) e b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1478) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. m), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


ART. 278  (Poteri di ordinanza)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a)  alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate;
b)  alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente; (1479)
c)  alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente. (1479)

1-bis.   Resta ferma, in caso di non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti, accertata nel corso dei controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), la possibilità di adottare le ordinanze previste all'articolo 271, comma 20-bis. (1480)


(1479) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 12, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1480) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 1, lett. n), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 279  (Sanzioni)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  Fuori dai casi per cui trova applicazione l'articolo 6, comma 13, cui eventuali sanzioni sono applicate ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza dell'autorizzazione prevista dagli articoli 269 o 272 ovvero continua l'esercizio con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro. Con la stessa pena è punito chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista dall'articolo 269, comma 8 o, ove applicabile, dal decreto di attuazione dell'articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35. Chi sottopone uno stabilimento ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dall'articolo 269, comma 8 o comma 11-bis, o, ove applicabile, dal decreto di attuazione dell'articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, è assoggettato ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.000 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente. (1481)

2.  Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 10.000 euro. Se i valori limite violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione. (1482)

2-bis.   Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola le prescrizioni stabilite dall'autorizzazione, dagli allegati I, II, III o V alla Parte Quinta, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente. Se le prescrizioni violate sono contenute nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione. (1485)

3.  Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 7, chi mette in esercizio un impianto o inizia ad esercitare un'attività senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi dell'articolo 269, comma 6, o ai sensi dell'articolo 272, comma 1, è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.500 euro. E' soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.500 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente, chi non presenta, nei termini previsti, la domanda o la relazione di cui all'articolo 271, comma 7-bis, chi non effettua, nei termini, una delle comunicazioni previste all'articolo 273-bis, comma 6 e comma 7, lettere c) e d), e chi non presenta, nei termini, la domanda prevista all'articolo 273-bis, comma 6. (1483)

4.  Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 8, chi non comunica all'autorità competente i dati relativi alle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 6, è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro. (1484)

5.  Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell'arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. (1487)

6.  Chi, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, non adotta tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o dell'ammenda fino a milletrentadue euro.

7.  Per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 276, nel caso in cui la stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai commi da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 277 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.500 euro a 155.000 euro. All'irrogazione di tale sanzione provvede, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale. La sospensione delle autorizzazioni in essere è sempre disposta in caso di recidiva. (1486)


(1481) Comma sostituito dall'art. 3, comma 13, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e modificato dall’ art. 11, comma 4, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e dall’ art. 1, comma 1, lett. o), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. g), n. 1), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1482) Comma sostituito dall'art. 3, comma 13, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. o), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1483) Comma modificato dall'art. 3, comma 13, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall’ art. 11, comma 4, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e dall’ art. 1, comma 1, lett. o), n. 4), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. g), n. 2), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1484) Comma così modificato dall'art. 3, comma 13, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 , dall’ art. 11, comma 4, lett. c), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, dall’ art. 1, comma 1, lett. g), n. 3), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1485) Comma inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. o), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1486) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. o), n. 5), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1487) Vedi, anche, l'art. 25-undecies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 2, comma 2, D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 280  (Abrogazioni) (1488)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto preveda l'ulteriore vigenza: (1489)


(1488) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1489) Alinea così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. p), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


ART. 281  (Disposizioni transitorie e finali) (1502)

In vigore dal 28 agosto 2020

[1.  I gestori degli stabilimenti autorizzati, anche in via provvisoria o in forma tacita, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ad esclusione di quelli dotati di autorizzazione generale che sono sottoposti alla disciplina di cui all'articolo 272, comma 3, devono presentare una domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 entro i termini di seguito indicati. Le regioni e le province autonome adottano, nel rispetto di tali termini, appositi calendari per la presentazione delle domande; in caso di mancata adozione dei calendari, la domanda di autorizzazione deve essere comunque presentata nei termini stabiliti dal presente comma. La mancata presentazione della domanda nei termini, inclusi quelli fissati dai calendari, comporta la decadenza della precedente autorizzazione. L'autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Se la domanda è presentata nei termini, l'esercizio degli stabilimenti può essere proseguito fino alla pronuncia dell'autorità competente. In caso di stabilimenti autorizzati in via provvisoria o in forma tacita, il gestore deve adottare, fino alla pronuncia dell'autorità competente, tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni. La domanda di autorizzazione di cui al presente comma deve essere presentata entro i seguenti termini:

a)  tra la data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto ed il 31 dicembre 2011, per stabilimenti anteriori al 1988;
b)  tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000;
c)  tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999. (1491) (1503)
]

[2.  Non sono sottoposti alla procedura autorizzativa prevista dal comma 1, gli stabilimenti per cui l'autorizzazione è stata rinnovata ai sensi dell'articolo 269, commi 7 o 8. Se uno stabilimento anteriore al 1988 è sottoposto ad una modifica sostanziale, ai sensi dell'articolo 269, comma 8, prima del termine previsto dal comma 1, l'autorità competente procede, in ogni caso, al rinnovo dell'autorizzazione. (1490) (1503) ]

3.  I gestori degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che non ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, si adeguano alle disposizioni del presente titolo entro il 1° settembre 2013 o nel più breve termine stabilito dall'autorizzazione alle emissioni. Se lo stabilimento è soggetto a tale autorizzazione la relativa domanda deve essere presentata, ai sensi dell'articolo 269 o dell'articolo 272, commi 2 e 3, entro il 31 luglio 2012. L'autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Dopo la presentazione della domanda, le condizioni di esercizio ed i combustibili utilizzati non possono essere modificati fino all'ottenimento dell'autorizzazione. In caso di mancata presentazione della domanda entro il termine previsto o in caso di realizzazione di modifiche prima dell'ottenimento dell'autorizzazione, lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni. Se la domanda è presentata nel termine previsto, l'esercizio può essere proseguito fino alla pronuncia dell'autorità competente. Ai soli fini della determinazione dei valori limite e delle prescrizioni di cui agli articoli 271 e 272, tali stabilimenti si considerano nuovi. La procedura prevista dal presente articolo si applica anche in caso di stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ma erano esentati dall'autorizzazione ivi disciplinata e che, per effetto di tale parte quinta, siano soggetti all'autorizzazione alle emissioni in atmosfera. (1492)

4.  Per gli impianti degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che ricadevano nel campo di applicazione della legge 13 luglio 1966, n. 615, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, o del titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, aventi potenza termica nominale inferiore a 10 MW, l'autorità competente, ai fini dell'applicazione del comma 3, adotta le autorizzazioni generali di cui all'articolo 272, comma 2, entro cinque anni da tale data. (1500)

5.  Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di tutela dell'aria e della riduzione delle emissioni in atmosfera del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. (1493)

6.  Alla modifica ed integrazione degli Allegati alla parte quinta del presente decreto, al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui le stesse comportino modifiche delle modalità esecutive e delle caratteristiche di ordine tecnico stabilite dalle norme vigenti, si provvede ai sensi dell'articolo 36 della legge 24 dicembre 2012, n. 234. (1504)

7.  Le domande di autorizzazione, i provvedimenti adottati dall'autorità competente e i risultati delle attività di controllo, ai sensi del presente titolo, nonché gli elenchi delle attività autorizzate in possesso dell'autorità competente sono messi a disposizione del pubblico ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

[8.  L'adozione, da parte dell'autorità competente o della regione che abbia delegato la propria competenza, di un atto precedentemente omesso preclude la conclusione del procedimento con il quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita i poteri sostitutivi previsti dal presente titolo. A tal fine l'autorità che adotta l'atto ne dà tempestiva comunicazione al Ministero. (1494) (1498) (1499) ]

9.  Il Coordinamento previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, assicura un esame congiunto e l'elaborazione di indirizzi e linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse inerenti la normativa vigente in materia di emissioni in atmosfera e inquinamento dell'aria ambiente ed assicura, anche sulla base dello scambio di informazioni previsto dall'articolo 6, comma 10, della direttiva 2015/2193/UE, le attività necessarie per la raccolta, l'elaborazione e la diffusione, tra le autorità competenti, dei dati e delle informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione della parte quinta del presente decreto e per la valutazione delle migliori tecniche disponibili di cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa). (1505)

10.  A fini di informazione le autorità competenti rendono disponibili al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in formato digitale, le autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 269 e 272. (1495) (1497)

10-bis.  Agli impianti che, prima del 19 dicembre 2017, erano soggetti al regime di deroga previsto dall'articolo 272, comma 1, e che, per effetto del decreto legislativo n. 183 del 2017, sono esclusi da tale regime, si applicano le tempistiche di adeguamento e le procedure di rilascio, rinnovo o riesame dell'autorizzazione del relativo stabilimento previsti dall'articolo 273-bis per i medi impianti di combustione di potenza termica nominale pari o inferiore a 5 MW. (1506)

[11.  Per l'esercizio dei poteri sostitutivi previsti dal presente titolo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio si può avvalere dell'ISPRA ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 2009, n. 140, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. (1496) (1498) (1501) ]


(1490) Comma modificato dall'art. 1, comma 1-ter, D.L. 30 ottobre 2007, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 2007, n. 243, dall'art. 32, comma 1, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modifcazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, dall'art. 8, comma 3-bis, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25 e, successivamente, così sostituito dall'art. 3, comma 14, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1491) Comma così modificato dall'art. 3, comma 14, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall'art. 11, comma 4, lettera c), n. 1), D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59. Vedi, anche, i commi 2 e 3 dello stesso art. 11, D.P.R. n. 59/2013.

(1492) Comma sostituito dall'art. 3, comma 14, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall'art. 11, comma 4, lettera c), n. 2), D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59. Vedi, anche, il comma 3 dello stesso art. 11, D.P.R. n. 59/2013.

(1493) Comma modificato dall'art. 3, comma 14, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall'art. 24, comma 1, lett. h), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

(1494) Comma abrogato dall'art. 11, comma 4, lettera c), n. 4), D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

(1495) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 14, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1496) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 14, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1497) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1498) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1499) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 14, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1500) Comma sostituito dall'art. 3, comma 14, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall'art. 11, comma 4, lettera c), n. 3), D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59 e dall’ art. 1, comma 1, lett. q), n.2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1501) Comma abrogato dall'art. 11, comma 4, lettera c), n. 5), D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

(1502) L'art. 24, comma 1, lettera h), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 aveva previsto l’aggiunta del comma 5-bis nel presente articolo. Tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 4 aprile 2012, n. 35).

(1503) Comma abrogato dall’ art. 1, comma 1, lett. q), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1504) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. q), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1505) Comma modificato dall'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. q), n. 4), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1506) Comma inserito dall’ art. 1, comma 1, lett. h), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI (1507)

ART. 282  (Campo di applicazione) (1508)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono sottoposti alle disposizioni del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore.

2.  Un impianto termico civile avente potenza termica nominale uguale o superiore a 3 MW si considera come un unico impianto ai fini dell'applicazione delle disposizioni del titolo I. Resta soggetta alle disposizioni degli articoli 270, 273, commi 9 e 10, e 273-bis, commi 8 e 9, l'aggregazione di tale impianto con altri impianti. (1509)

2-bis.  Il produttore di impianti termici civili attesta, per ciascun modello prodotto, la conformità alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 e l'idoneità a rispettare i valori limite di emissione di cui all'articolo 286. L'idoneità deve risultare da apposite prove, effettuate secondo le pertinenti norme EN da laboratori accreditati ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 per i metodi di prova relativi ai parametri per i quali si effettua la misura. I rapporti sono tenuti a disposizione dal produttore. Ciascun impianto termico civile messo in commercio é accompagnato dalla attestazione e dalle istruzioni relative all'installazione. (1510)


(1507) Vedi, anche, l’ art. 11, comma 10, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1508) Articolo così sostituito dall'art. 3, comma 15, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1509) Comma così sostituito dall’ art. 2, comma 1, lett. a), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1510) Comma aggiunto dall’ art. 2, comma 1, lett. a), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 283  (Definizioni) (1518)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:

a)  impianto termico: impianto destinato alla produzione di calore costituito da uno o più generatori di calore e da un unico sistema di distribuzione e utilizzazione di tale calore, nonché da appositi dispositivi di regolazione e di controllo;
b)  generatore di calore: qualsiasi dispositivo di combustione alimentato con combustibili al fine di produrre calore, costituito da un focolare ed eventualmente uno scambiatore di calore; (1511)
c)  focolare: parte di un generatore di calore nella quale avviene il processo di combustione;
d)  impianto termico civile: impianto termico la cui produzione di calore è esclusivamente destinata, anche in edifici ad uso non residenziale, al riscaldamento o alla climatizzazione invernale o estiva di ambienti o al riscaldamento di acqua per usi igienici e sanitari; l'impianto termico civile è centralizzato se serve tutte le unità dell'edificio o di più edifici ed è individuale negli altri casi; (1512)
d-bis)   medio impianto termico civile: impianto termico civile di potenza pari o superiore a 1 MW; non ricadono nella definizione gli impianti utilizzati per il riscaldamento a gas diretto degli spazi interni dello stabilimento ai fini del miglioramento delle condizioni degli ambienti di lavoro; (1516)
e)  potenza termica nominale dell'impianto: la somma delle potenze termiche nominali dei singoli focolari costituenti l'impianto;
f)  potenza termica nominale del focolare: il prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato all'interno del focolare, espresso in Watt termici o suoi multipli;
g)  valore di soglia: potenza termica nominale dell'impianto pari a 0,035 MW;
h)  modifica dell'impianto: qualsiasi intervento che sia effettuato su un impianto già installato e che richieda la dichiarazione di conformità di cui all'articolo 7 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37; (1513)
i)  autorità competente: l'autorità responsabile dei controlli, degli accertamenti e delle ispezioni previsti all'articolo 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), e comma 1-bis del citato decreto legislativo, o altra autorità indicata dalla legge regionale; (1514)
l)  installatore: il soggetto indicato dall'articolo 3 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37; (1515)
m)  responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto: il soggetto indicato dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), e comma 1-bis del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192; (1517)
n)  conduzione di un impianto termico: insieme delle operazioni necessarie al fine di assicurare la corretta combustione nei focolari e l'adeguamento del regime dell'impianto termico alla richiesta di calore.


(1511) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 16, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1512) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 16, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1513) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 16, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1514) Lettera sostituita dall'art. 3, comma 16, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall’ art. 2, comma 1, lett. b), n. 1.2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, la presente lettera è stata così modificata dall’ art. 1, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1515) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 16, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1516) Lettera inserita dall’ art. 2, comma 1, lett. b), n. 1.1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1517) Lettera modificata dall’ art. 2, comma 1, lett. b), n. 1.3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, la presente lettera è stata così modificata dall’ art. 1, comma 1, lett. i), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1518) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 250 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 283 promosse, con riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione e ai principi di leale collaborazione e di sussidiarietà.

 


ART. 284  (Installazione o modifica) (1519)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  Nel corso delle verifiche finalizzate alla dichiarazione di conformità prevista dal decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, l'installatore verifica e dichiara anche che l'impianto é dotato della attestazione prevista all'articolo 282, comma 2-bis. In caso di modifica di impianti fuori produzione l'installatore dichiara che il libretto di centrale è stato integrato nei modi previsti dal comma 2. Tali dichiarazioni devono essere espressamente riportate in un atto allegato alla dichiarazione di conformità, messo a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto da parte dell'installatore entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori. L'autorità che riceve la dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, provvede ad inviare tale atto all'autorità competente. In occasione della dichiarazione di conformità, l'installatore indica al responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto l'elenco delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286, affinché tale elenco sia inserito nel libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Se il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto non è ancora individuato al momento dell'installazione, l'installatore, entro 30 giorni dall'installazione, invia l'atto e l'elenco di cui sopra al soggetto committente, il quale li mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto entro 30 giorni dalla relativa individuazione. (1520)

2.  Per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, il libretto di centrale previsto dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 deve essere integrato, a cura del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, entro il 31 dicembre 2012, da un atto in cui si dichiara che l'impianto è conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di cui all'articolo 286. Entro il 31 dicembre 2012, il libretto di centrale deve essere inoltre integrato con l'indicazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286. Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto provvede ad inviare tali atti integrativi all'autorità competente entro 30 giorni dalla redazione. (1522)

2-bis.   I medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 devono essere preventivamente iscritti nel registro autorizzativo previsto al comma 2-quater. A tal fine il responsabile dell'esercizio e della manutenzione trasmette all'autorità titolare del registro, entro un termine non inferiore a sessanta giorni prima dell'installazione o della modifica dell'impianto, un apposito atto in cui dichiara i dati previsti all'allegato I, Parte IV-bis alla Parte Quinta. Il termine di sessanta giorni può essere ridotto qualora sussista una imprevedibile urgenza da dichiarare in un atto allegato dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione. (1521)

2-ter.   I medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 devono essere iscritti nel registro autorizzativo previsto al comma 2-quater entro il 1° gennaio 2029. A tal fine il responsabile dell'esercizio e della manutenzione trasmette all'autorità titolare del registro, entro il 31 ottobre 2028, un apposito atto in cui dichiara i dati previsti all'allegato I, parte IV-bis, alla Parte Quinta. (1523)

2-quater.  E' tenuto, presso ciascuna autorità competente, un registro per l'iscrizione dei medi impianti termici civili. Entro trenta giorni dalla ricezione degli atti previsti ai commi 2-bis e 2-ter l'autorità competente effettua o nega l'iscrizione nel registro autorizzativo e comunica tempestivamente tale esito al richiedente. (1524)


(1519) Articolo così sostituito dall'art. 3, comma 17, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1520) Comma modificato dall’ art. 2, comma 1, lett. c), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. l), n. 1), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1521) Comma aggiunto dall’ art. 2, comma 1, lett. c), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. l), n. 2), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1522) Vedi, anche, l’ art. 11, comma 7, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1523) Comma aggiunto dall’ art. 2, comma 1, lett. c), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. l), n. 3), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1524) Comma aggiunto dall’ art. 2, comma 1, lett. c), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


ART. 285  (Caratteristiche tecniche) (1525)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  Gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare le caratteristiche tecniche previste dalla parte II dell'allegato IX alla presente parte pertinenti al tipo di combustibile utilizzato. I piani e i programmi di qualità dell'aria previsti dal decreto legislativo n. 155 del 2010 possono imporre ulteriori caratteristiche tecniche, ove necessarie al conseguimento e al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria. (1526)


(1525) Articolo sostituito dall'art. 3, comma 18, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e dall'art. 34, comma 52, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221. Successivamente il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 11, comma 9, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1526) Comma così modificato dall’ art. 2, comma 1, lett. d), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


ART. 286  (Valori limite di emissione)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  Le emissioni in atmosfera degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare i pertinenti valori limite previsti dalla parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto e i più restrittivi valori limite previsti dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dal decreto legislativo n. 155 del 2010, ove necessario al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria. (1527)

1-bis.  I medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 sono soggetti ai pertinenti valori previsti a fini di adeguamento dall'allegato IX alla Parte Quinta ed alle disposizioni dei commi 2-bis e 2-ter a partire dal 1° gennaio 2029. (1530)

2.  I valori di emissione degli impianti di cui al comma 1 devono essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto nel corso delle normali operazioni di controllo e manutenzione. I valori misurati, con l'indicazione delle relative date, dei metodi di misura utilizzati e del soggetto che ha effettuato la misura, devono essere allegati al libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. La parte III, sezione 1, dell'allegato IX alla parte quinta del presente decreto individua i casi in cui tale controllo dei valori di emissione non è richiesto o deve essere effettuato con una diversa frequenza. Al libretto di centrale devono essere allegati altresì i documenti o le dichiarazioni che attestano l'espletamento delle manutenzioni necessarie a garantire il rispetto dei valori limite di emissione previste dal libretto di centrale. (1528)

2-bis.  In caso di medi impianti termici civili, le non conformità dei valori limite misurati rispetto ai valori limite prescritti, accertate nei controlli previsti al comma 2, sono comunicate dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto all'autorità competente entro 24 ore dall'accertamento, utilizzando il formato stabilito dalla normativa regionale. In tali casi, il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto deve procedere al ripristino della conformità nel più breve tempo possibile. L'autorità competente può impartire prescrizioni dirette al ripristino della conformità, fissando un termine per l'adempimento, e stabilire le condizioni per l'esercizio dell'impianto fino al ripristino. La continuazione dell'esercizio non é in tutti i casi concessa se la non conformità può determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità dell'aria a livello locale. (1531)

2-ter.  In caso di medi impianti termici civili, al libretto di centrale sono allegati, oltre agli atti previsti al comma 2, i seguenti atti:

a)   la comunicazione di avvenuta registrazione di cui all'articolo 284, comma 2-quater;
b)   la documentazione relativa al tipo ed al quantitativo di combustibili utilizzati;
c)   le prove del funzionamento effettivo e costante dell'impianto di abbattimento delle emissioni, ove presente;
d)   la documentazione relativa alle comunicazioni effettuate ed agli interventi effettuati ai sensi del comma 2-bis. (1531)

3.  Ai fini del campionamento, dell'analisi e della valutazione delle emissioni degli impianti termici di cui al comma 1 si applicano i metodi previsti nella parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto.

[4.  A decorrere dal 29 ottobre 2006, l'installatore, contestualmente all'installazione o alla modifica dell'impianto, verifica il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente articolo. La documentazione relativa a tale verifica è messa a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che la allega al libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Tale verifica non è richiesta nei casi previsti dalla parte III, sezione 1, dell'Allegato IX VIII alla parte quinta del presente decreto. (1529) (1532) ]


(1527) Comma sostituito dall'art. 3, comma 19, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 2, comma 1, lett. e), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1528) Comma così modificato dall'art. 3, comma 19, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 2, comma 1, lett. e), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1529) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 19, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1530) Comma inserito dall’ art. 2, comma 1, lett. e), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1531) Comma inserito dall’ art. 2, comma 1, lett. e), n. 4), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1532) Comma abrogato dall’ art. 2, comma 1, lett. e), n. 5), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


ART. 287  (Abilitazione alla conduzione)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il personale addetto alla conduzione degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore a 0,232 MW deve essere munito di un patentino di abilitazione rilasciato da una autorità individuata dalla legge regionale, la quale disciplina anche le opportune modalità di formazione nonché le modalità di compilazione, tenuta e aggiornamento di un registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici. I patentini possono essere rilasciati a persone aventi età non inferiore a diciotto anni compiuti. Il registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici è tenuto presso l'autorità che rilascia il patentino o presso la diversa autorità indicata dalla legge regionale e, in copia, presso l'autorità competente e presso il comando provinciale dei vigili del fuoco. (1533) (1538)

2.  Resta fermo quanto previsto dall'articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.

3.  Ai fini del comma 1 sono previsti due gradi di abilitazione. Il patentino di primo grado abilita alla conduzione degli impianti termici per il cui mantenimento in funzione è richiesto il certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore a norma del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e il patentino di secondo grado abilita alla conduzione degli altri impianti. Il patentino di primo grado abilita anche alla conduzione degli impianti per cui è richiesto il patentino di secondo grado.

4.  Il possesso di un certificato di abilitazione di qualsiasi grado per la condotta dei generatori di vapore, ai sensi del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, consente, ove previsto dalla legge regionale, il rilascio del patentino senza necessità dell'esame di cui al comma 1. (1534) (1537)

5.  Il patentino può essere in qualsiasi momento revocato in caso di irregolare conduzione dell'impianto. A tal fine l'autorità competente comunica all'autorità che ha rilasciato il patentino i casi di irregolare conduzione accertati. Il provvedimento di sospensione o di revoca del certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore ai sensi degli articoli 31 e 32 del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non ha effetto sul patentino di cui al presente articolo. (1535) (1539)

6.  Fino all'entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui al comma 1, la disciplina dei corsi e degli esami resta quella individuata ai sensi del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 12 agosto 1968. (1536) (1540)


(1533) Comma così modificato dall'art. 3, comma 20, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1534) La Corte Costituzionale, con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 250 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma limitatamente alle parole «senza necessità dell'esame di cui al comma 1».

(1535) Comma così modificato dall'art. 3, comma 20, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1536) Comma così modificato dall'art. 3, comma 20, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1537) Comma così modificato dall'art. 3, comma 20, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1538) La Corte costituzionale, con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 250 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l’altro, l'illegittimità del presente comma, nel testo previgente, limitatamente alle parole «rilasciato dall'ispettorato provinciale del lavoro, al termine di un corso per conduzione di impianti termici, previo superamento dell'esame finale».

(1539) La Corte costituzionale, con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 250 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l’altro, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità del presente comma, nel testo previgente, limitatamente alle parole «dall'Ispettorato provinciale del lavoro».

(1540) La Corte costituzionale, con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 250 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l’altro, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità del presente comma nel testo previgente.

 


ART. 288  (Controlli e sanzioni)

In vigore dal 19 dicembre 2017

1.  È punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro l'installatore che non redige o redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 1, o non lo mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto o del soggetto committente nei termini prescritti o non lo trasmette unitamente alla dichiarazione di conformità nei casi in cui questa è trasmessa ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. Con la stessa sanzione è punito il soggetto committente che non mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto l'atto e l'elenco dovuti nei termini prescritti. Con la stessa sanzione è punito il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non redige o redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 2, o non lo trasmette all'autorità competente nei termini prescritti. Il produttore di impianti termici civili che non tiene a disposizione i rapporti di prova previsti all'articolo 282, comma 2-bis, è soggetto alla stessa sanzione. (1541)

1-bis.  In caso di esercizio di medi impianti termici civili in assenza di iscrizione nel registro previsto all'articolo 284, comma 2-quater, il responsabile dell'esercizio e della manutenzione è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro. (1547)

2.  In caso di esercizio di un impianto termico civile non conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro:

a)  il produttore o, se manca l'attestazione prevista all'articolo 282, il produttore e l'installatore, nei casi soggetti all'articolo 284, comma 1; (1542)
b)  il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, nei casi soggetti all'articolo 284, comma 2 (1543).

3.  Nel caso in cui un impianto termico civile non rispetti i valori limite di emissione di cui all'articolo 286, comma 1, sono soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro:

a)  il produttore e l'installatore se mancano la attestazione o le istruzioni previste dall'articolo 282;
b)  il produttore se sussistono la attestazione e le istruzioni previste dall'articolo 282 e se dal libretto di centrale risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti dalla parte quinta del presente decreto e dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, purché non sia superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto;
c)  il responsabile dell'esercizio e della manutenzione se sussistono la attestazione e le istruzioni previste dall'articolo 282 e se dal libretto di centrale non risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti o è stata superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto. (1548)

3-bis.  In caso di violazione degli obblighi di comunicazione o di ripristino di conformità previsti dall'articolo 286, comma 2-bis, il responsabile dell'esercizio e della manutenzione è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro. (1549)

4.  Con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro è punito il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non effettua il controllo delle emissioni ai sensi dell'articolo 286, comma 2, o non allega al libretto di centrale i dati ivi previsti o i dati previsti all'articolo 286, comma 2-ter. (1550)

5.  Ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste dai commi precedenti, della procedura prevista all'articolo 286, comma 2-bis e delle sanzioni previste per la produzione di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni, l'autorità competente, ove accerti che l'impianto non rispetta le caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 o i valori limite di emissione di cui all'articolo 286 o quanto disposto dall'articolo 293, impone, con proprio provvedimento, al contravventore di procedere all'adeguamento entro un determinato termine oltre il quale l'impianto non può essere utilizzato. In caso di mancato rispetto del provvedimento adottato dall'autorità competente si applica l'articolo 650 del codice penale. (1544)

6.  All'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, provvede l'autorità competente di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i), o la diversa autorità indicata dalla legge regionale.

7.  Chi effettua la conduzione di un impianto termico civile di potenza termica nominale superiore a 0,232 MW senza essere munito, ove prescritto, del patentino di cui all'articolo 287 è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da quindici euro a quarantasei euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità indicata dalla legge regionale. (1545)

8.  I controlli relativi al rispetto del presente titolo sono effettuati dall'autorità competente in occasione delle ispezioni effettuate ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e del decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del citato decreto legislativo anche avvalendosi degli organismi ivi previsti, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. (1546)

8-bis.   Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto fornisce all'autorità competente la collaborazione necessaria per i controlli, anche svolti mediante attività di campionamento e analisi e raccolta di dati e informazioni, funzionali all'accertamento del rispetto delle disposizioni della Parte Quinta del presente decreto. (1551)

8-ter.   Gli atti allegati al libretto di centrale ai sensi del presente titolo, relativi ad un anno civile, sono conservati per almeno i sei anni civili successivi. Tali atti sono messi senza indebito ritardo a disposizione dell'autorità competente che ne richieda l'acquisizione. L'autorità competente richiede l'acquisizione degli atti ai fini di controllo e quando un cittadino formuli una richiesta di accesso ai dati ivi contenuti. (1551)


(1541) Comma sostituito dall'art. 3, comma 21, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 2, comma 1, lett. f), n. 1), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Vedi, anche, il comma 34 del citato art. 3, D.Lgs. n. 128/2010.

(1542) Lettera sostituita dall'art. 3, comma 21, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 2, comma 1, lett. f), n. 3), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Vedi, anche, il comma 34 del citato art. 3, D.Lgs. n. 128/2010.

(1543) Lettera così modificata dall'art. 3, comma 21, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Vedi, anche, il comma 34 del citato art. 3.

(1544) Comma così modificato dall'art. 3, comma 21, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, dall’ art. 2, comma 1, lett. f), n. 7), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1545) Comma così modificato dall'art. 3, comma 21, lett. e), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1546) Comma sostituito dall'art. 3, comma 21, lett. f), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 2, comma 1, lett. f), n. 8), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1547) Comma inserito dall’ art. 2, comma 1, lett. f), n. 2), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1548) Comma modificato dall'art. 3, comma 21, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 2, comma 1, lett. f), n. 4), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Vedi, anche, il comma 34 del citato art. 3, D.Lgs. n. 128/2010.

(1549) Comma inserito dall’ art. 2, comma 1, lett. f), n. 5), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1550) Comma così modificato dall’ art. 2, comma 1, lett. f), n. 6), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1551) Comma aggiunto dall’ art. 2, comma 1, lett. f), n. 9), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


ART. 289  (Abrogazioni)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza, la legge 13 luglio 1966, n. 615, ed il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391.


 


ART. 290  (Disposizioni transitorie e finali)

In vigore dal 19 dicembre 2017

[1.  Alla modifica e all'integrazione dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto si provvede con le modalità previste dall'articolo 281, comma 5. (1552) ]

2.  L'installazione di impianti termici civili centralizzati può essere imposta dai regolamenti edilizi comunali relativamente agli interventi di ristrutturazione edilizia ed agli interventi di nuova costruzione qualora tale misura sia individuata dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, come necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell'aria. (1553)

[3.  La legge 13 luglio 1966, n. 615, il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, e il titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 continuano ad applicarsi agli impianti termici assoggettati al titolo I della parte quinta del presente decreto, fino alla data in cui è effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 3. (1554) (1556) ]

4.  Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico sono disciplinati i requisiti, le procedure e le competenze per il rilascio di una certificazione dei generatori di calore, con priorità per quelli aventi potenza termica nominale inferiore al valore di soglia di 0,035 MW, alimentati con i combustibili individuati alle lettere f), g) e h) della parte I, sezione 2, dell'allegato X alla parte quinta del presente decreto. Nella certificazione si attesta l'idoneità dell'impianto ad assicurare specifiche prestazioni emissive, con particolare riferimento alle emissioni di polveri e di ossidi di azoto, e si assegna, in relazione ai livelli prestazionali assicurati, una specifica classe di qualità. Tale decreto individua anche le prestazioni emissive di riferimento per le diverse classi, i relativi metodi di prova e le verifiche che il produttore deve effettuare ai fini della certificazione, nonché indicazioni circa le corrette modalità di installazione e gestione dei generatori di calore. A seguito dell'entrata in vigore del decreto, i piani di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa possono imporre limiti e divieti all'utilizzo dei generatori di calore non aventi la certificazione o certificati con una classe di qualità inferiore, ove tale misura sia necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell'aria. I programmi e gli strumenti di finanziamento statali e regionali diretti ad incentivare l'installazione di generatori di calore a ridotto impatto ambientale assicurano priorità a quelli certificati con una classe di qualità superiore. (1555) (1557)


(1552) Comma soppresso dall'art. 3, comma 22, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1553) Comma così modificato dall'art. 3, comma 22, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1554) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 22, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1555) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 22, lett. d), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così modificato dall’ art. 2, comma 1, lett. g), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1556) Comma abrogato dall’ art. 2, comma 1, lett. g), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1557) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 7 novembre 2017, n. 186.

 


TITOLO III

COMBUSTIBILI

ART. 291  (Campo di applicazione)

In vigore dal 24 novembre 2007

1.  Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, le caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere utilizzati negli impianti di cui ai titoli I e II della parte quinta del presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, e le caratteristiche merceologiche dei combustibili per uso marittimo. Il presente titolo stabilisce inoltre le condizioni di utilizzo dei combustibili, comprese le prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il rendimento di combustione, e i metodi di misura delle caratteristiche merceologiche. (1558)


(1558) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

 


ART. 292  (Definizioni) (1559)

In vigore dal 27 agosto 2014

1.  Ai fini del presente titolo si applicano, ove non altrimenti disposto, le definizioni di cui al titolo I ed al titolo II della parte quinta.

2.  In aggiunta alle definizioni del comma 1, si applicano le seguenti definizioni:

a)  olio combustibile pesante:
1)  qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio che rientra nei codici da NC 2710 1951 a NC 2710 1968, 2710 2031, 2710 2035, 2710 2039, escluso il combustibile per uso marittimo; (1561)
2)  qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il gasolio di cui alle lettere b) e f), che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria degli oli pesanti destinati ad essere usati come combustibile e di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C secondo il metodo ASTM D86 o per il quale la percentuale del distillato a 250 °C non può essere determinata con tale metodo;
b)  gasolio:
1)  qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, che rientra nei codici NC 2710 1925, 2710 1929, 2710 1947, 2710 1948, 2710 2017, 2710 2019; (1562)
2)  qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C e di cui almeno l'85% in volume, comprese le perdite, distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86;
c)  metodo ASTM: i metodi stabiliti dalla “American Society for Testing and Materials” nell'edizione 1976 delle definizioni e delle specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti;
d)  combustibile per uso marittimo: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio utilizzato su una nave in mare o destinato ad essere utilizzato su una nave in mare, inclusi i combustibili definiti nella norma ISO 8217;
e)  olio diesel marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per la qualità “DMB” alla tabella I della norma ISO 8217, eccettuato il riferimento al tenore di zolfo; (1563)
f)  gasolio marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per le qualità “DMX”, “DMA” e “DMZ” alla tabella I della norma ISO 8217, eccettuato il riferimento al tenore di zolfo; (1564)
g)  immissione sul mercato: qualsiasi operazione di messa a disposizione di terzi, a titolo oneroso o gratuito, di combustibili per uso marittimo destinati alla combustione su una nave, eccettuati quelli destinati all'esportazione e trasportati, a tale fine, all'interno delle cisterne di una nave;
h)  acque territoriali: zone di mare previste dall'articolo 2 del codice della navigazione;
i)  zona economica esclusiva: zona di cui all'articolo 55 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata con legge 2 dicembre 1994, n. 689;
l)  zona di protezione ecologica: zona individuata ai sensi della legge 8 febbraio 2006, n. 61;
m)  aree di controllo delle emissioni di SOX: zone a cui tale qualificazione è stata assegnata dall'International Maritime Organization (I.M.O.) previa apposita procedura di designazione, ai sensi dell'allegato VI della Convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, denominata Convenzione MARPOL;
n)  nave passeggeri: nave che trasporta più di dodici passeggeri, ad eccezione del comandante, dei membri dell'equipaggio e di tutti i soggetti adibiti ad attività relative alla gestione della nave, nonché dei bambini di età inferiore ad un anno;
o)  servizio di linea: i viaggi seriali per collegare due o più porti o i viaggi seriali che iniziano e terminano presso lo stesso porto senza scali intermedi, purché effettuati sulla base di un orario reso noto al pubblico; l'orario può essere desunto anche dalla regolarità o dalla frequenza del servizio;
[p)  nave adibita alla navigazione interna: nave destinata ad essere utilizzata in una via navigabile interna di cui al decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie 28 novembre 1987, n. 572; (1560)]
q)  nave all'ormeggio: nave assicurata ad un ormeggio o ancorata presso un porto italiano;
r)  stazionamento: l'utilizzo dei motori su una nave all'ormeggio, ad eccezione dei periodi di carico e scarico;
s)  nave da guerra: nave che appartiene alle forze armate di uno Stato e porta i segni distintivi delle navi militari di tale Stato, il cui equipaggio sia soggetto alle leggi relative ai militari ed il cui comandante sia un ufficiale di marina debitamente incaricato e sia inscritto nell'apposito ruolo degli ufficiali o in un documento equivalente;
t)  metodo di riduzione delle emissioni: qualsiasi apparecchiatura, apparato, dispositivo o materiale da installare su una nave o qualsiasi procedura, metodo o combustibile alternativo, utilizzato in alternativa ai combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti all'articolo 295, che sia verificabile, quantificabile ed applicabile (1565).


(1559) Articolo sostituito dall'art. 1, comma 2, D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

(1560) Lettera abrogata dall'art. 2, comma 2, lett. b), D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

(1561) Numero così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1562) Numero così modificato dall’ art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1563) Lettera sostituita dall'art. 2, comma 2, lett. a), D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55. Successivamente, la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1564) Lettera sostituita dall'art. 2, comma 2, lett. a), D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55. Successivamente, la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1565) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 1, lett. e), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 293  (Combustibili consentiti) (1566)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall'Allegato X alla parte quinta, alle condizioni ivi previste. I materiali e le sostanze elencati nell'allegato X alla parte quinta del presente decreto non possono essere utilizzati come combustibili ai sensi del presente titolo se costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. È soggetta alla normativa vigente in materia di rifiuti la combustione di materiali e sostanze che non sono conformi all'allegato X alla parte quinta del presente decreto o che comunque costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. Agli impianti di cui alla parte I, paragrafo 4, lettere e) ed f), dell'Allegato IV alla parte quinta si applicano le prescrizioni del successivo Allegato X relative agli impianti disciplinati dal titolo II. Ai combustibili per uso marittimo si applicano le disposizioni dell'articolo 295. (1567)

2.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, previa autorizzazione della Commissione europea, possono essere stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili pesanti, nei gasoli e nei combustibili per uso marittimo più elevati di quelli fissati nell'Allegato X alla parte quinta qualora, a causa di un mutamento improvviso nell'approvvigionamento del petrolio greggio, di prodotti petroliferi o di altri idrocarburi, non sia possibile rispettare tali valori limite.

3.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, sono stabiliti i criteri e le modalità per esentare, anche mediante apposite procedure autorizzative, i combustibili previsti dal presente titolo III dall'applicazione delle prescrizioni dell'Allegato X alla parte quinta ove gli stessi siano utilizzati a fini di ricerca e sperimentazione. (1568)


(1566) Articolo sostituito dall'art. 1, comma 3, D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

(1567) Comma così modificato dall'art. 3, comma 23, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1568) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 26 settembre 2017.

 


ART. 294  (Prescrizioni per il rendimento di combustione) (1569) (1570)

In vigore dal 28 agosto 2020

1.  Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto, eccettuati quelli previsti dall'allegato IV, parte I, alla stessa parte quinta, devono essere dotati, ove tecnicamente possibile, di un sistema di controllo della combustione che consenta la regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. Ai fini della presente disposizione non si applicano le norme di aggregazione previste dall'articolo 272, comma 1. (1571)

2.  Il comma 1 non si applica agli impianti elencati nell'articolo 273, comma 15, anche di potenza termica nominale inferiore a 50MW.

3.  Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 1,16 MW, o di potenza termica nominale complessiva superiore a 1,5 MW e dotati di singoli focolari di potenza termica nominale non inferiore a 0,75 MW, devono essere dotati di un sistema di controllo della combustione che consenta la regolazione automatica del rapporto aria-combustibile.

3-bis.  Per consentire la regolazione automatica del rapporto aria-combustibile ai sensi del presente articolo, il sistema di controllo della combustione deve essere in grado di garantire il mantenimento in continuo dei valori di rendimento verificati al collaudo e di quelli applicabili per effetto della vigente normativa, anche in presenza di variazioni chimico/fisiche dell'aria comburente o del combustibile. Tale condizione si considera rispettata se è utilizzato un sistema di regolazione automatica che prevede la misura in continuo del tenore di ossigeno residuo nelle emissioni o dei valori espressi come massa di comburente e combustibile. I dispositivi di misura a tal fine utilizzati devono essere compatibili con i sistemi realizzati secondo la norma UNI EN 298: 2012 ed essere tarati in conformità alle modalità ed alle periodicità previste nelle istruzioni tecniche rilasciate dal produttore. (1572)


(1569) Articolo modificato dall'art. 3, comma 24, lett. a), b) e c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 2, comma 1, lett. h), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1570) Sulle modalità per l’adeguamento alle disposizioni del presente articolo vedi l’ art. 3, comma 1, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1571)  Comma così sostituito dall’ art. 1, comma 1, lett. m), n. 1), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1572) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 1, lett. m), n. 2), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


ART. 295  (Combustibili per uso marittimo) (1573)

In vigore dal 27 agosto 2014

1.  Fermi restando i limiti di tenore di zolfo previsti ai commi 2, 3, 4, 6 e 8, è vietato, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, a bordo di navi di qualsiasi bandiera, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo, dal 18 giugno 2014, superiore al 3,50% in massa e, dal 1° gennaio 2020, superiore allo 0,50% in massa. Dal 1° gennaio 2018 per il mare Adriatico e il mare Ionio e dal 1° gennaio 2020 per le altre zone di mare, si applica un tenore massimo di zolfo pari allo 0,10% in massa, a condizione che gli Stati membri dell'Unione europea prospicienti le stesse zone di mare abbiano previsto l'applicazione di tenori di zolfo uguali o inferiori. (1576)

2.  È vietata l'immissione sul mercato di gasoli marini con tenore di zolfo superiore allo 0,10% in massa. (1577)

3.  È vietata l'immissione sul mercato di oli diesel marini con tenore di zolfo superiore all'1,50% in massa. (1578)

4.  Fermo restando quanto previsto dal comma 1, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, ricadenti all'interno di aree di controllo delle emissioni di SOX, ovunque ubicate, è vietato, a bordo di una nave battente bandiera italiana, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,00% in massa e, dal 1° gennaio 2015, superiore allo 0,10% in massa. La violazione del divieto è fatta valere anche nei confronti delle navi non battenti bandiera italiana che hanno attraversato una di tali aree inclusa nel territorio italiano o con esso confinante e che si trovano in un porto italiano. (1579)

5.  Il divieto di cui al comma 4 si applica all'area del Mar Baltico all'area del Mare del Nord, nonché, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della relativa designazione, alle ulteriori aree designate. (1580)

6.  Per le navi passeggeri battenti bandiera italiana, le quali effettuano un servizio di linea proveniente da o diretto ad un porto di un Paese dell'Unione europea, è vietato, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,50% in massa. La violazione del divieto è fatta valere anche nei confronti delle navi non battenti bandiera italiana e che si trovano in un porto italiano. Il divieto si applica fino all'entrata in vigore dei più restrittivi limiti di tenore di zolfo di cui al comma 1. (1581)

6-bis.  Fermi restando i limiti di tenore di zolfo previsti ai commi 1, 2, 3, 4, 6 e 8, è vietato, nelle aree soggette alla giurisdizione nazionale, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore al 3,50%. Tali limiti non si applicano ai combustibili destinati alle navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni basati su sistemi a circuito chiuso. Per sistema a circuito chiuso si intende un sistema operante mediante ricircolo della soluzione utilizzata senza che vi sia rilascio all'esterno della stessa o di eventuali solidi ivi contenuti, salvo nelle fasi di manutenzione o di raccolta e smaltimento a terra dei residui costituiti da fanghi. Tali limiti non si applicano inoltre quando siano utilizzati combustibili o miscele previsti in alternativa ai combustibili per uso marittimo all'allegato X, parte I, sezione 5, alla Parte Quinta. Per i combustibili per uso marittimo destinati alle navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni non basati su sistemi a circuito chiuso si applica, nelle aree soggette alla giurisdizione nazionale, un limite relativo al tenore di zolfo pari al 3,50%. (1582)

6-ter.  Il soggetto responsabile dell'immissione sul mercato di combustibili per uso marittimo destinati a navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni basati su sistemi a circuito chiuso allega ai documenti di accompagnamento e di consegna del combustibile una dichiarazione fornita dal comandante o dall'armatore in cui si attesta, ai fini del presente decreto, che la nave di destinazione utilizza tali metodi. (1582)

[7.  A decorrere dal 1° gennaio 2010 è vietato, su navi adibite alla navigazione interna, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo, diversi dal gasolio marino e dall'olio diesel marino, con tenore di zolfo superiore allo 0,1% in massa. (1574) ]

8.  A decorrere dal 1° gennaio 2010 è vietato l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con tenore di zolfo superiore allo 0,10% in massa su navi all'ormeggio. Il divieto si applica anche ai periodi di carico, scarico e stazionamento. La sostituzione dei combustibili utilizzati con combustibili conformi a tale limite deve essere completata il prima possibile dopo l'ormeggio. La sostituzione dei combustibili conformi a tale limite con altri combustibili deve avvenire il più tardi possibile prima della partenza. I tempi delle operazioni di sostituzione del combustibile sono iscritti nei documenti di cui al comma 10. (1583)

9.  Il comma 8 non si applica: (1584)

[a)  alle navi adibite alla navigazione interna, quando utilizzate in mare, per le quali sia stato rilasciato un certificato di conformità alla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare; (1575)]
b)  alle navi di cui si prevede, secondo orari resi noti al pubblico, un ormeggio di durata inferiore alle due ore;
c)  alle navi all'ormeggio a motori spenti e collegate ad un sistema di alimentazione di energia elettrica ubicato sulla costa.

10.  Tutte le operazioni di cambio dei combustibili utilizzati sulle navi devono essere indicate nel giornale generale e di contabilità e nel giornale di macchina o nell'inventario di cui agli articoli 174, 175 e 176 del codice della navigazione o in un apposito documento di bordo.

11.  Chi mette combustibili per uso marittimo a disposizione dell'armatore o di un suo delegato, per una nave di stazza non inferiore a 400 tonnellate lorde, fornisce un bollettino di consegna indicante il quantitativo ed il relativo tenore di zolfo, del quale conserva una copia per i tre anni successivi, nonché un campione sigillato di tale combustibile, firmato da chi riceve la consegna. Chi riceve il combustibile conserva il bollettino a bordo per lo stesso periodo e conserva il campione a bordo fino al completo esaurimento del combustibile a cui si riferisce e, comunque, per almeno dodici mesi successivi alla consegna.

12.  È tenuto, presso ciascuna autorità marittima e, ove istituita, presso ciascuna autorità portuale, un apposito registro che riporta l'elenco dei fornitori di combustibili per uso marittimo nell'area di competenza, con l'indicazione dei combustibili forniti e del relativo contenuto massimo di zolfo. Le variazioni dei dati sono comunicate in via preventiva. La presenza di nuovi fornitori è comunicata in via preventiva. I registri devono essere tenuti a disposizione del pubblico sia in forma documentale, sia attraverso canali informatici. Le autorità che detengono i registri elaborano, sulla base degli stessi, informative annuali circa la disponibilità di combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti dal presente articolo nell'area di competenza e le inviano, entro il 31 marzo di ogni anno, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che le allega alla relazione prevista all'articolo 298, comma 2-bis. (1585)

12-bis.  Al fine di assicurare la disponibilità di combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti al presente articolo, ove emergano situazioni in cui vi sia il rischio di una significativa riduzione della disponibilità di tali combustibili su tutto il territorio nazionale o in specifiche aree, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche su segnalazione delle autorità marittime e, ove istituite, delle autorità portuali, può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di attivare le procedure di emergenza previste all'articolo 20 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 249. A tali fini, i gestori degli impianti di produzione e dei depositi fiscali che importano i combustibili ed i fornitori di cui al comma 12 comunicano preventivamente alle autorità marittime e, ove istituite, alle autorità portuali le situazioni in cui può verificarsi una significativa riduzione della disponibilità di combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti al presente articolo. (1586)

13.  I limiti relativi al tenore di zolfo previsti dai commi precedenti non si applicano:

a)  ai combustibili utilizzati dalle navi da guerra e da altre navi in servizio militare se le rotte non prevedono l'accesso a porti in cui sono presenti fornitori di combustibili conformi a tali limiti o, comunque, se il relativo rifornimento può pregiudicare le operazioni o le capacità operative; in tale secondo caso il comandante informa il Ministero della difesa dei motivi della scelta;
b)  ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave risulta specificamente necessario per garantire la sicurezza della stessa o di altra nave e per salvare vite in mare;
c)  ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave è imposto dal danneggiamento della stessa o delle relative attrezzature, purché si dimostri che, dopo il verificarsi del danno, sono state assunte tutte le misure ragionevoli per evitare o ridurre al minimo l'incremento delle emissioni e che sono state adottate quanto prima misure dirette ad eliminare il danno. Tale deroga non si applica se il danno è dovuto a dolo o colpa del comandante o dell'armatore;
d)  ai combustibili utilizzati a bordo di navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni ai sensi del comma 14 o del comma 19, fatto salvo quanto previsto al comma 6-bis; (1587)
e)  ai combustibili destinati alla trasformazione prima dell'utilizzo.

14.  Con decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono autorizzati, su navi battenti bandiera italiana o nelle acque sotto giurisdizione italiana, esperimenti relativi a metodi di riduzione delle emissioni, nel corso dei quali è ammesso l'utilizzo di combustibili non conformi ai limiti previsti dai commi da 1 a 8. Tale autorizzazione, la cui durata non può eccedere i diciotto mesi, è rilasciata entro tre mesi dalla presentazione della domanda, la quale deve essere accompagnata da una relazione contenente i seguenti elementi: (1588)

a)  la descrizione del metodo e, in particolare, del principio di funzionamento, corredata da riferimenti di letteratura scientifica o dai risultati di sperimentazioni preliminari, nonché la stima qualitativa e quantitativa delle emissioni, degli scarichi e dei rifiuti previsti per effetto della sperimentazione, e la descrizione delle caratteristiche dei combustibili, delle navi e di tutte le strutture da utilizzare per l'esperimento; (1589)
b)  la stima che, a parità di condizioni, le emissioni previste di ossido di zolfo saranno costantemente inferiori o equivalenti a quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 1 a 8 in assenza del metodo di riduzione delle emissioni; (1590)
c)  la stima che, a parità di condizioni, le emissioni previste di inquinanti diversi dagli ossidi di zolfo, quali ossidi di azoto e polveri, non superino i livelli previsti dalla vigente normativa e, comunque, non superino in modo significativo quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 1 a 8 in assenza della tecnologia di riduzione delle emissioni; (1591)
d)  uno studio diretto a dimostrare la compatibilità dell'impatto dell'esperimento sull'ambiente marino, con particolare riferimento agli ecosistemi delle baie, dei porti e degli estuari, finalizzato a dimostrarne la compatibilità; lo studio include un piano di monitoraggio degli effetti prodotti dall'esperimento sull'ambiente marino; (1592)
e)  la descrizione delle zone interessate dai viaggi durante l'esperimento; (1593)
e-bis)  la descrizione degli strumenti a prova di manomissione di cui le navi saranno dotate per le misurazioni in continuo delle emissioni degli ossidi di zolfo e di tutti i parametri necessari a normalizzare le concentrazioni; (1594)
e-ter)  la descrizione dei sistemi diretti a garantire una adeguata gestione dei rifiuti e degli scarichi prodotti per effetto della sperimentazione (1594).

15.  L'autorizzazione di cui al comma 14 è rilasciata previa verifica della completezza della relazione allegata alla domanda e dell'idoneità delle descrizioni, delle stime e dello studio ivi contenuti. Al rilascio ed all'istruttoria provvede la Direzione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare competente in materia di inquinamento atmosferico, fatta salva l'istruttoria relativa agli elementi di cui al comma 14, lettere d) ed e-ter), curata rispettivamente dalle Direzioni del predetto Ministero competenti in materia di tutela del mare e di gestione degli scarichi e dei rifiuti. Ai fini dell'istruttoria il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si può avvalere dell'ISPRA. L'autorizzazione prevede il periodo in cui l'esperimento può essere effettuato e stabilisce i dati e le informazioni che il soggetto autorizzato deve comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero dei trasporti e la periodicità di tale comunicazione. Stabilisce inoltre la periodicità con la quale il soggetto autorizzato deve comunicare a tali Ministeri gli esiti del monitoraggio effettuato sulla base del piano di cui al comma 14, lettera d). (1595)

16.  L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 14 è immediatamente revocata se, anche sulla base dei controlli effettuati dall'autorità di cui all'articolo 296, comma 9:

a)  gli strumenti di misura ed i sistemi di gestione dei rifiuti e degli scarichi di cui al comma 14 non sono utilizzati; (1596)
b)  il metodo, alla luce dei risultati delle misure effettuate, non ottiene i risultati previsti dalle stime contenute nella relazione; (1596)
c)  il soggetto autorizzato non provvede a comunicare, nei termini stabiliti, i dati, le informazioni e gli esiti del monitoraggio previsti dall'autorizzazione, conformi ai criteri ivi stabiliti (1596).

17.  Nel caso in cui gli esperimenti di cui al comma 14 siano effettuati da navi battenti bandiera italiana in acque sotto giurisdizione di altri Stati dell'Unione europea o da navi battenti bandiera di altri Stati dell'Unione europea in acque sotto giurisdizione italiana, gli Stati interessati individuano opportune modalità di cooperazione nel procedimento autorizzativo.

18.  Almeno sei mesi prima dell'inizio di ciascun esperimento di cui al comma 14 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ne informa la Commissione europea e l'eventuale Stato estero avente giurisdizione sulle acque in cui l'esperimento è effettuato. I risultati di ciascun esperimento di cui al comma 14 sono trasmessi dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione europea entro sei mesi dalla conclusione dello stesso e sono messi a disposizione del pubblico secondo quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

18-bis.  Per gli esperimenti relativi a metodi di riduzione delle emissioni che prevedono l'utilizzo di sistemi, dispositivi o materiali non collocati a bordo della nave, nel corso dei quali è ammesso l'utilizzo sulla nave di combustibili non conformi ai limiti previsti ai commi da 1 a 8, i criteri per il rilascio dell'autorizzazione sono stabiliti con uno o più decreti ai sensi dell'articolo 281, comma 5. A tale autorizzazione si applicano le procedure previste ai commi da 14 a 18. (1597)

19.  In alternativa all'utilizzo di combustibili conformi ai limiti previsti ai commi da 1 a 8, è ammesso, nei porti, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, a bordo di navi battenti bandiera di uno Stato dell'Unione europea, l'utilizzo di metodi di riduzione delle emissioni che sono approvati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1999, n. 407, e successive modificazioni, o che, non ricadendo nel campo di applicazione di tale decreto, sono stati approvati dal Comitato istituito dal regolamento (CE) n. 2099/2002. (1598)

20.  Al di fuori dei casi previsti al comma 19, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, l'uso, a bordo di navi battenti qualsiasi bandiera, di metodi di riduzione delle emissioni in alternativa all'utilizzo di combustibili conformi ai limiti previsti ai commi da 1 a 8, è ammesso ove si disponga degli atti, rilasciati dalle competenti autorità di bandiera in conformità all’Allegato VI della Convenzione MARPOL 73/78 e notificati sulla base di tale normativa internazionale, attestanti che:

a)  le emissioni di anidride solforosa sono costantemente inferiori o equivalenti a quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 1 a 8 in assenza del metodo di riduzione delle emissioni; ai fini della valutazione si applicano valori di emissione equivalenti ai sensi dell'allegato X, parte I, sezione 4, alla Parte Quinta;
b)  sono rispettati i criteri previsti, per ciascun tipo di metodo di riduzione delle emissioni, all'allegato X, parte I, sezione 5, paragrafo 1, punti A, B e C, alla Parte Quinta. (1598)

20-bis.  Gli atti previsti al comma 20 devono essere tenuti a bordo della nave in originale ed esibiti su richiesta dell'autorità competente. (1599)


(1573) Articolo sostituito dall'art. 1, comma 4, D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

(1574) Comma abrogato dall'art. 2, comma 3, lett. a), D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

(1575) Lettera abrogata dall'art. 2, comma 3, lett. b), D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

(1576) Comma così sostituito dall’ art. 1, comma 2, lett. a), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1577) Comma così sostituito dall’ art. 1, comma 2, lett. b), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1578) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. c), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1579) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. d), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1580) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. e), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1581) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. f), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1582) Comma inserito dall’ art. 1, comma 2, lett. g), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1583) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. h), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1584) Alinea così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. i), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1585) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. l), nn. 1), 2) e 3), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1586) Comma inserito dall’ art. 1, comma 2, lett. m), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1587) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 2, lett. n), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1588) Alinea così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. o) e p), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1589) Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 2, lett. q), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1590) Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 2, lett. r), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1591) Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 2, lett. s), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1592) Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 2, lett. t), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1593) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 2, lett. u), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1594) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 2, lett. v), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1595) Comma così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. z), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1596) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 2, lett. aa), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1597) Comma inserito dall’ art. 1, comma 2, lett. bb), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1598) Comma così sostituito dall’ art. 1, comma 2, lett. cc), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1599) Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 2, lett. dd), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

 


ART. 296  (Controlli e sanzioni) (1600)

In vigore dal 27 agosto 2014

1.  Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 4, chi effettua la combustione di materiali o sostanze in difformità alle prescrizioni del presente titolo, ove gli stessi non costituiscano rifiuti ai sensi della vigente normativa, è punito: (1603)

a)  in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo I della parte quinta del presente decreto, con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda da duecentocinquantotto euro a milletrentadue euro;
b)  in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, con una sanzione amministrativa pecuniaria da duecento euro a mille euro; a tale sanzione, da irrogare ai sensi dell'articolo 288, comma 6, non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni; la sanzione non si applica se, dalla documentazione relativa all'acquisto di tali materiali o sostanze, risultano caratteristiche merceologiche conformi a quelle dei combustibili consentiti nell'impianto, ferma restando l'applicazione dell'articolo 515 del codice penale e degli altri reati previsti dalla vigente normativa. (1601)

2.  I controlli sul rispetto delle disposizioni del presente titolo sono effettuati, per gli impianti di cui al titolo I della parte quinta, dall'autorità di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), e per gli impianti di cui al titolo II della parte quinta, dall'autorità di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i).

3.  In caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, il gestore degli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta è punito con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda fino a milletrentadue euro. Per gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta si applica la sanzione prevista dall'articolo 288, comma 2; tale sanzione, in caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, si applica al responsabile per l'esercizio e la manutenzione se ricorre il caso previsto dall'ultimo periodo dell'articolo 284, comma 2.

4.  In caso di mancata trasmissione dei dati di cui all'articolo 298, comma 3, nei termini prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, ordina ai soggetti inadempienti di provvedere.

5.  Salvo che il fatto costituisca reato, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 a 150.000 euro coloro che immettono sul mercato combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore ai limiti previsti nell'articolo 295 e l'armatore o il comandante che, anche in concorso tra loro, utilizzano combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore a tali limiti. In caso di recidiva e in caso di infrazioni che, per l'entità del tenore di zolfo o della quantità del combustibile o per le caratteristiche della zona interessata, risultano di maggiore gravità, all'irrogazione segue, per un periodo da un mese a due anni:

a)  la sospensione dei titoli professionali marittimi o la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche nell'esercizio dei quali l'infrazione è commessa, ovvero, se tali sanzioni accessorie non sono applicabili;
b)  l'inibizione dell'accesso ai porti italiani per il comandante che ha commesso l'infrazione o per le navi dell'armatore che ha commesso l'infrazione.

6.  In caso di violazione dell'articolo 295, comma 10, il comandante è punito con la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 1193 del codice della navigazione.

7.  Salvo che il fatto costituisca reato, chi, senza commettere l'infrazione di cui al comma 5, non consegna il bollettino o il campione di cui all'articolo 295, comma 11, o consegna un bollettino in cui l'indicazione ivi prevista sia assente è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 15.000 euro. Con la stessa sanzione è punito chi, senza commettere l'infrazione di cui al comma 5, non conserva a bordo il bollettino o il campione previsto dall'articolo 295, comma 11.

8.  I fornitori di combustibili che non comunicano in termini i dati previsti dall'articolo 295, comma 12, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 30.000 euro.

9.  All'accertamento delle infrazioni previste dai commi da 5 a 8, provvedono, con adeguata frequenza e programmazione e nell'ambito delle rispettive competenze, ai sensi degli articoli 13 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, il Corpo delle capitanerie di porto, la Guardia costiera, gli altri soggetti di cui all'articolo 1235 del codice della navigazione e gli altri organi di polizia giudiziaria. All'irrogazione delle sanzioni previste da tali commi provvedono le autorità marittime competenti per territorio e, in caso di infrazioni attinenti alla immissione sul mercato, le regioni o le diverse autorità indicate dalla legge regionale. Restano ferme, per i fatti commessi all'estero, le competenze attribuite alle autorità consolari. (1602)

10.  Gli accertamenti previsti dal comma 9, ove relativi all'utilizzo dei combustibili, possono essere effettuati con le seguenti modalità: (1604)

a)  mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo al momento della consegna alla nave; il campionamento deve essere effettuato secondo le linee guida di cui alla risoluzione 182(59) del comitato MEPC dell'IMO; (1605)
b)  mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo contenuti nei serbatoi della nave o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, nei campioni sigillati presenti a bordo;
c)  mediante controlli sui documenti di bordo e sui bollettini di consegna dei combustibili.

10-bis.  Per i controlli analitici si applica la procedura di verifica prevista all'appendice VI dell'allegato VI alla Convenzione MARPOL 73/78. (1606)

10-ter.  Nei casi soggetti alla giurisdizione dell'Italia, l'armatore o il comandante della nave, fermi restando i termini previsti al comma 10-quater, hanno l'obbligo di comunicare all'autorità marittima competente per territorio tutti i casi in cui sussiste l'impossibilità di ottenere combustibile a norma. E' utilizzato, a tal fine, il rapporto contenuto all'allegato X, parte I, sezione 6, alla Parte Quinta. La comunicazione è effettuata prima dell'accesso nelle acque soggette alla giurisdizione nazionale e, nel caso di viaggi effettuati esclusivamente all'interno di tali zone, prima dell'arrivo al porto di prima destinazione. In caso di violazioni commesse all'estero, l'armatore o il comandante delle navi battenti bandiera italiana notificano inoltre al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite del porto di iscrizione, tutti i casi in cui sussiste l'impossibilità di ottenere combustibile per uso marittimo a norma. (1606)

10-quater.  Nei casi in cui vi sia una violazione degli obblighi relativi al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo l'armatore o il comandante possono presentare all'autorità competente per il controllo operante presso il porto di destinazione, anche su richiesta della stessa, un rapporto nel quale indicano tutte le misure adottate, prima e durante il viaggio, al fine di rispettare l'obbligo violato e, in particolare, le azioni intraprese per ottenere combustibile a norma nell'ambito del proprio piano di viaggio e, se tale combustibile non era disponibile nel luogo previsto, le azioni intraprese per ottenerlo da altre fonti. Il rapporto deve essere diretto a dimostrare che tali tentativi sono stati effettuati con la massima diligenza possibile, la quale non comporta tuttavia l'obbligo di deviare la rotta prevista o di ritardare il viaggio per ottenere il combustibile a norma. Se il rapporto è presentato almeno 48 ore prima dell'accesso nelle zone soggette alla giurisdizione nazionale l'autorità competente per il controllo, valutando la diligenza osservata dal responsabile alla luce del numero, della gravità e della imprevedibilità delle cause del mancato ottenimento del combustibile a norma, può stabilire di non procedere al controllo per la presenza di una causa esimente della violazione. Con le stesse modalità si procede se, in caso di viaggi effettuati esclusivamente all'interno di zone soggette alla giurisdizione nazionale, il rapporto è presentato almeno 48 ore prima dell'arrivo al porto di prima destinazione. Se il rapporto è stato presentato oltre tali termini e, comunque, se nel rapporto non è dimostrato che il responsabile ha osservato la massima diligenza possibile, l'autorità competente per il controllo acquisisce il rapporto e procede ai sensi degli articoli 14 e 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi l'autorità competente all'irrogazione della sanzione, valutando la diligenza osservata dal responsabile alla luce del numero, della gravità e della imprevedibilità delle cause del mancato ottenimento del combustibile a norma, procede, se necessario, ad adeguare l'entità della sanzione ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, o adottare l'ordinanza di archiviazione ai sensi dell'articolo 18, comma 2, di tale legge. (1606)

10-quinquies.  Le autorità che ricevono il rapporto di cui al comma 10-quater ne informano, entro dieci giorni, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che provvede a trasmettere alla Commissione europea tutti i rapporti ricevuti in ciascun mese civile entro la fine del mese successivo. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla luce di tali informazioni e di quelle ricevute ai sensi del comma 10-ter, può attivare la procedura prevista all'articolo 295, comma 12-bis, con particolare riferimento ai casi in cui emerga, presso un porto o terminale, la ricorrente impossibilità di ottenere combustibile per uso marittimo a norma. (1606)

11.  In caso di accertamento degli illeciti previsti al comma 5, fatti salvi i casi di cui al comma 10-quater, l'autorità competente all'applicazione delle procedure di sequestro, dispone, ove tecnicamente possibile, ed assicurando il preventivo prelievo di campioni e la conservazione degli altri elementi necessari a fini di prova, il cambio del combustibile fuori norma con combustibile marittimo a norma, a spese del responsabile. (1607)


(1600) Articolo sostituito dall'art. 1, comma 5, D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

(1601) Lettera così modificata dall'art. 3, comma 25, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1602) Comma così modificato dall'art. 2, comma 4, D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

(1603) Alinea così modificato dall’ art. 11, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1604) Alinea così modificato dall’ art. 1, comma 3, lett. a), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1605) Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 3, lett. b), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1606) Comma inserito dall’ art. 1, comma 3, lett. c), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

(1607) Comma così sostituito dall’ art. 1, comma 3, lett. d), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

 


ART. 297  (Abrogazioni)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza, l'articolo 2, comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 settembre 2001, n. 395, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 e l'articolo 2 del decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 maggio 2002, n. 82.


 


ART. 298  (Disposizioni transitorie e finali)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Le disposizioni del presente titolo relative agli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto si applicano agli impianti termici civili di cui all'articolo 290, comma 3, a partire dalla data in cui è effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 3. (1609)

2.  Alla modifica e all'integrazione dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto si provvede con le modalità previste dall'articolo 281, commi 5 e 6. All'integrazione di tale Allegato si procede per la prima volta entro un anno dall'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.

2-bis.  Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia alla Commissione europea, sulla base di una relazione trasmessa dall'APAT (1611) entro il mese precedente, un rapporto circa il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante, del gasolio e dei combustibili per uso marittimo utilizzati nell'anno civile precedente. I soggetti di cui all'articolo 296, commi 2 e 9, i laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane, i gestori dei depositi fiscali, i gestori degli impianti di produzione di combustibili e i gestori dei grandi impianti di combustione trasmettono all'APAT (1611) ed al Ministero, nei casi, nei tempi e con le modalità previsti nella parte I, sezione 3, dell'Allegato X alla parte quinta, i dati e le informazioni necessari ad elaborare la relazione. (1608)

2-ter.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio (1612), di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro dello sviluppo economico ed il Ministro delle politiche agricole e forestali è istituita, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, una commissione per l'esame delle proposte di integrazione ed aggiornamento dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni. La commissione è composta da due rappresentanti di ciascuno di tali Ministeri e da un rappresentante del Dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ai componenti della Commissione non sono dovuti compensi, né rimborsi spese. (1610) (1613)


(1608) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 6, D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

(1609) Comma così modificato dall'art. 3, comma 26, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1610) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 26, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1611) L'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 ha disposto, tra l'altro, che nel presente provvedimento, ovunque ricorrano, le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» siano sostituite dalle seguenti: «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale», e la parola «APAT» sia sostituita dalla seguente: «ISPRA».

(1612) L'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 ha disposto, tra l'altro, che nel presente provvedimento, ovunque ricorrano, le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio», siano sostituite dalle seguenti: «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» e le parole: «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» siano sostituite dalle seguenti: «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1613) Per l’istituzione della commissione prevista dal presente comma vedi il D.M. 31 maggio 2016.

 


PARTE QUINTA-BIS (1614)

DISPOSIZIONI PER PARTICOLARI INSTALLAZIONI

TITOLO I

ATTIVITA' DI PRODUZIONE DI BIOSSIDO DI TITANIO E SOLFATI DI CALCIO (1615)

ART. 298-bis  (Disposizioni particolari per installazioni e stabilimenti che producono biossido di titanio e solfati di calcio) (1618) (1616) (1617)

In vigore dal 12 dicembre 2017

1.   Sono vietati, con riferimento alle sostanze relative ai processi di produzione di biossido di titanio, l'immersione, l'iniezione e lo scarico in qualsiasi corpo d'acqua e nel mare dei seguenti rifiuti:

a)  rifiuti solidi, in particolare i residui insolubili del minerale che non vengono attaccati dall'acido solforico o dal cloro nel procedimento di fabbricazione; il vetriolo verde, ossia il solfato ferroso cristallizzato (FeSO4H2O; i cloruri metallici e idrossidi metallici (stanze di filtrazione) provenienti in forma solida dalla fabbricazione del tetracloruro di titanio; i residui di coke provenienti dalla fabbricazione del tetracloruro di titanio;
b)  le acque madri provenienti dalla fase di filtrazione successiva all'idrolisi della soluzione di solfato di 1 titanio e da installazioni che utilizzano il procedimento al solfato; sono compresi i rifiuti acidi associati a tali acque madri, contenenti complessivamente più dello 0,5 per cento di acido solforico libero nonché vari metalli pesanti; sono e comprese le acque madri che sono state diluite fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di acido solforico libero;
c)  i rifiuti provenienti da installazioni che utilizzano il procedimento con cloruro, contenenti più dello 0,5 per cento di acido cloridrico, nonché vari metalli pesanti; sono compresi i rifiuti acidi che sono stati diluiti fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di acido cloridrico libero;
d)  i sali di filtrazione, i fanghi ed i rifiuti liquidi ottenuti dal trattamento (concentrazione o neutralizzazione) dei rifiuti di cui alle lettere b) e c) e contenenti vari metalli pesanti; sono esclusi i rifiuti neutralizzati e filtrati o decantati che contengono metalli pesanti solo in tracce e che, prima di qualsiasi diluizione, hanno un valore di pH superiore a 5,5.

1-bis.  Il gestore delle installazioni e degli stabilimenti che producono biossido di titanio informa immediatamente l'autorità competente in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, adottando nel contempo le misure necessarie a ripristinare la conformità nel più breve tempo possibile. (1620)

1-ter.  In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, l'autorità competente impone al gestore di adottare ogni misura complementare appropriata che ritiene necessaria per ripristinare la conformità, disponendo la sospensione dell'esercizio della parte interessata laddove la violazione determini un pericolo immediato per la salute umana o minacci di provocare ripercussioni serie e immediate sull'ambiente, finché la conformità non sia ripristinata con l'applicazione delle misure adottate ai sensi del presente comma e del comma 1-bis. (1620)

2.   Per le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio, le emissioni nelle acque e nell'atmosfera devono rispettare i valori limite di emissione previsti all'Allegato I, parti 1 e 2, alla Parte Quinta-bis. Le autorizzazioni prevedono inoltre opportune misure per prevenire l'emissione di aerosol acidi dalle installazioni.

3.   Le autorità competenti per il controllo effettuano ispezioni e prelievi di campioni 3.relativamente alla emissioni nelle acque, alle emissioni nell'atmosfera, agli stoccaggi ed alle lavorazioni presso le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio. Tale controllo comprende almeno il controllo delle emissioni di cui all'Allegato I, Parte 3.3, alla Parte Quinta-bis. Il controllo è effettuato conformemente alle norme CEN oppure, se non sono disponibili norme CEN, conformemente a norme ISO, nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica. (1621)

3-bis.  Alle installazioni e agli stabilimenti che producono biossido di titanio si applicano le disposizioni dell'articolo 29-undecies. (1622)

4.   Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare integra la relazione di cui all'articolo 29-terdecies, comma 2, con i dati relativi all'attuazione del presente articolo, secondo le modalità fissate dalla normativa comunitaria e sulla base di rapporti di cui al comma 5 che le regioni e le province autonome forniscono entro il 30 aprile di ogni anno.

5.   Il rapporto di cui al comma 4, elaborato sulla base dei controlli di cui al comma 3 e dei dati di cui al comma 6, deve contenere almeno, con riferimento a ciascuna risorsa ambientale interessata, le seguenti informazioni:

a)  una descrizione del luogo di campionamento e delle sue caratteristiche permanenti, unitamente ad altre notizie di tipo amministrativo e geografico;
b)  l'indicazione dei metodi di campionamento e analisi usati;
c)  i risultati delle analisi;
d)  le modifiche apportate alla frequenza di campionamento e di analisi ed al luogo di campionamento.

6.   I gestori delle installazioni e degli stabilimenti che producono biossido di titanio trasmettono alle regioni e alla province autonome, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione contenente i dati necessari per il rapporto di cui al comma 5 con riferimento alle emissioni, agli stoccaggi e alle lavorazioni di cui al comma 3, indicando anche la tipologia e sui quantitativi di rifiuti prodotti e/o scaricati o stoccati nell'anno civile precedente.

6-bis.   Fatto salvo quanto disposto dal decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, l'autorità competente, in sede di valutazione di compatibilità ambientale, può non applicare i valori di concentrazione soglia di contaminazione, indicati nella tabella 1 dell'allegato 5 al titolo V della parte quarta del presente decreto, agli analiti presenti nei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generati da lavorazioni industriali, utilizzati nell'attività di recupero ambientale, qualora sia dimostrata, secondo le metodiche previste dal citato decreto ministeriale, l'assenza di cedibilità dei suddetti analiti. (1619)

6-ter.  Fatto salvo l'obbligo di sottoporre i solfati di calcio destinati all'attività di recupero ambientale a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all'allegato 3 del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, l'autorità competente, nell'autorizzare l'utilizzo dei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generati da lavorazioni industriali, nell'attività di recupero ambientale, può derogare, sulla base delle caratteristiche del sito, alle concentrazioni limite di cloruri di cui al citato allegato 3, qualora tale deroga non costituisca un pericolo per la salute dell'uomo e non rechi pregiudizio all'ambiente. (1619)


(1614) Parte inserita dall’ art. 25, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1615) Rubrica così modificata dall’ art. 50, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221. Precedentemente la rubrica era la seguente: «Attività di produzione di biossido di titanio».

(1616) Articolo inserito dall’ art. 25, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, che ha inserito l’intera Parte Quinta-bis.

(1617) N.D.R.: La numerazione del presente articolo corrisponde a quanto indicato nel testo del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, pubblicato in GU, che non ha tenuto conto della modifica disposta dall’ art. 25, comma 1, lett. a), L. 6 agosto 2013, n. 97 che aveva già inserito l’articolo 298-bis nella Parte Sesta.

(1618) Rubrica così modificata dall’ art. 50, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(1619) Comma aggiunto dall’ art. 50, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(1620) Comma inserito dall’ art. 18, comma 1, lett. s), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1621) Comma così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. t), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1622) Comma inserito dall’ art. 18, comma 1, lett. u), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL'AMBIENTE

TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE

ART. 298-bis  Principi generali (1623)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  La disciplina della parte sesta del presente decreto legislativo si applica:

a)  al danno ambientale causato da una delle attività professionali elencate nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attività;
b)  al danno ambientale causato da un'attività diversa da quelle elencate nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attività, in caso di comportamento doloso o colposo.

2.  La riparazione del danno ambientale deve avvenire nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti nel titolo II e nell'allegato 3 alla parte sesta, ove occorra anche mediante l'esperimento dei procedimenti finalizzati a conseguire dal soggetto che ha causato il danno, o la minaccia imminente di danno, le risorse necessarie a coprire i costi relativi alle misure di riparazione da adottare e non attuate dal medesimo soggetto.

3.  Restano disciplinati dal titolo V della parte quarta del presente decreto legislativo gli interventi di ripristino del suolo e del sottosuolo progettati ed attuati in conformità ai principi ed ai criteri stabiliti al punto 2 dell'allegato 3 alla parte sesta nonché gli interventi di riparazione delle acque sotterranee progettati ed attuati in conformità al punto 1 del medesimo allegato 3, o, per le contaminazioni antecedenti alla data del 29 aprile 2006, gli interventi di riparazione delle acque sotterranee che conseguono gli obiettivi di qualità nei tempi stabiliti dalla parte terza del presente decreto.


(1623) Articolo inserito dall'art. 25, comma 1, lett. a), L. 6 agosto 2013, n. 97.

 


ART. 299  (Competenze ministeriali)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, prevenzione e riparazione dei danni all'ambiente. (1624) (1627)

2.  L'azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le regioni, con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo.

3.  L'azione ministeriale si svolge nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, delle competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali con applicazione dei principi costituzionali di sussidiarietà e di leale collaborazione.

4.  Per le finalità connesse all'individuazione, all'accertamento ed alla quantificazione del danno ambientale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale, in regime convenzionale, di soggetti pubblici e privati di elevata e comprovata qualificazione tecnico-scientifica operanti sul territorio, nei limiti delle disponibilità esistenti. (1625)

5.  Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, stabilisce i criteri per le attività istruttorie volte all'accertamento del danno ambientale ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico del responsabile del danno. (1626) (1628)

6.  Ai fini dell'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.


(1624) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» e le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1625) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1626) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1627) Comma così modificato dall'art. 25, comma 1, lett. b), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(1628) Comma così modificato dall'art. 25, comma 1, lett. c), L. 6 agosto 2013, n. 97.

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 300  (Danno ambientale)

In vigore dal 17 settembre 2015

1.  È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima.

2.  Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:

a)  alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione;
b)  alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo su:
1)  lo stato ecologico, chimico o quantitativo o il potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, fatta eccezione per gli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva, oppure;
2)  lo stato ambientale delle acque marine interessate, quale definito nella direttiva 2008/56/CE, nella misura in cui aspetti particolari dello stato ecologico dell'ambiente marino non siano già affrontati nella direttiva 2000/60/CE; (1629)
c)  alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
d)  al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.


(1629) Lettera così sostituita dall’ art. 33, comma 1, D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 145, a decorrere dal 17 settembre 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 36, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 145/2015.

 


ART. 301  (Attuazione del principio di precauzione)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  In applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione.

2.  L'applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che comunque possa essere individuato a sèguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva.

3.  L'operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione, il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché il Prefetto della provincia che, nelle ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (1630)

4.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in applicazione del principio di precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell'articolo 304, che risultino: (1630)

a)  proporzionali rispetto al livello di protezione che s'intende raggiungere;
b)  non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate;
c)  basate sull'esame dei potenziali vantaggi ed oneri;
d)  aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici.

5.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuove l'informazione del pubblico quanto agli effetti negativi di un prodotto o di un processo e, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, può finanziare programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di certificazione ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i rischi di danno ambientale. (1630)


(1630) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


ART. 302  (Definizioni)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Lo stato di conservazione di una specie è considerato favorevole quando:

a)  i dati relativi alla sua popolazione mostrano che essa si sta mantenendo, a lungo termine, come componente vitale dei suoi habitat naturali;
b)  l'area naturale della specie non si sta riducendo né si ridurrà verosimilmente in un futuro prevedibile;
c)  esiste, e verosimilmente continuerà ad esistere, un habitat sufficientemente ampio per mantenerne la popolazione a lungo termine.

2.  Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole quando:

a)  la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento;
b)  le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e
c)  lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del comma 1.

3.  Per «acque» si intendono tutte le acque cui si applica la parte terza del presente decreto.

4.  Per «operatore» s'intende qualsiasi persona, fisica o giuridica, pubblica o privata, che esercita o controlla un'attività professionale avente rilevanza ambientale oppure chi comunque eserciti potere decisionale sugli aspetti tecnici e finanziari di tale attività, compresi il titolare del permesso o dell'autorizzazione a svolgere detta attività.

5.  Per «attività professionale» s'intende qualsiasi azione, mediante la quale si perseguano o meno fini di lucro, svolta nel corso di un'attività economica, industriale, commerciale, artigianale, agricola e di prestazione di servizi, pubblica o privata.

6.  Per «emissione» s'intende il rilascio nell'ambiente, a seguito dell'attività umana, di sostanze, preparati, organismi o microrganismi.

7.  Per «minaccia imminente» di danno si intende il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale.

8.  Per «misure di prevenzione» si intendono le misure prese per reagire a un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente di danno ambientale, al fine di impedire o minimizzare tale danno.

9.  Per «ripristino», anche «naturale», s'intende: nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie; nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale. In ogni caso il ripristino deve consistere nella riqualificazione del sito e del suo ecosistema, mediante qualsiasi azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie, dirette a riparare, risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile dall'autorità competente, sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.

10.  Per «risorse naturali» si intendono specie e habitat naturali protetti, acqua e terreno.

11.  Per «servizi» e «servizi delle risorse naturali» si intendono le funzioni svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse naturali e/o del pubblico.

12.  Per «condizioni originarie» si intendono le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori informazioni disponibili.

13.  Per «costi» s'intendono gli oneri economici giustificati dalla necessità di assicurare un'attuazione corretta ed efficace delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, compresi i costi per valutare il danno ambientale o una sua minaccia imminente, per progettare gli interventi alternativi, per sostenere le spese amministrative, legali e di realizzazione delle opere, i costi di raccolta dei dati ed altri costi generali, nonché i costi del controllo e della sorveglianza.


 


ART. 303  (Esclusioni)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  La parte sesta del presente decreto:

a)  non riguarda il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno cagionati da:
1)  atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile, insurrezione;
2)  fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;
b)  non si applica al danno ambientale o a minaccia imminente di tale danno provocati da un incidente per il quale la responsabilità o l'indennizzo rientrino nell'ambito d'applicazione di una delle convenzioni internazionali elencate nell'allegato 1 alla parte sesta del presente decreto cui la Repubblica italiana abbia aderito;
c)  non pregiudica il diritto del trasgressore di limitare la propria responsabilità conformemente alla legislazione nazionale che dà esecuzione alla convenzione sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi (LLMC) del 1976, o alla convenzione di Strasburgo sulla limitazione della responsabilità nella navigazione interna (CLNI) del 1988;
d)  non si applica ai rischi nucleari relativi all'ambiente né alla minaccia imminente di tale danno causati da attività disciplinate dal Trattato istitutivo della Comunità europea dell'energia atomica o causati da un incidente o un'attività per i quali la responsabilità o l'indennizzo rientrano nel campo di applicazione di uno degli strumenti internazionali elencati nell'allegato 2 alla parte sesta del presente decreto;
e)  non si applica alle attività svolte in condizioni di necessità ed aventi come scopo esclusivo la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione dalle calamità naturali;
f)  non si applica al danno causato da un'emissione, un evento o un incidente verificatisi prima della data di entrata in vigore della parte sesta del presente decreto; (1631)
g)  non si applica al danno in relazione al quale siano trascorsi più di trent'anni dall'emissione, dall'evento o dall'incidente che l'hanno causato;
h)  non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l'attività di singoli operatori;
[i)  non si applica alle situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti in materia, salvo che ad esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale. (1632)]


(1631) Lettera così modificata dall'art. 5-bis, comma 1, lett. c), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 e, successivamente, dall'art. 25, comma 1, lett. d), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(1632) Lettera abrogata dall'art. 25, comma 1, lett. e), L. 6 agosto 2013, n. 97.

 


TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE

(commento di giurisprudenza)

ART. 304  (Azione di prevenzione)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l'operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.

2.  L'operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Tale comunicazione deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le generalità dell'operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da eseguire. La comunicazione, non appena pervenuta al comune, abilita immediatamente l'operatore alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1. Se l'operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma, l'autorità preposta al controllo o comunque il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare irroga una sanzione amministrativa non inferiore a mille euro né superiore a tremila euro per ogni giorno di ritardo. (1633)

3.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di: (1634)

a)  chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente;
b)  ordinare all'operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire;
c)  adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.

4.  Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 3, lettera b), o se esso non può essere individuato, o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso le misure necessarie per la prevenzione del danno, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento. (1634)


(1633) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare» e le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1634) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


ART. 305  (Ripristino ambientale)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Quando si è verificato un danno ambientale, l'operatore deve comunicare senza indugio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle autorità di cui all'articolo 304, con gli effetti ivi previsti, e, se del caso, alle altre autorità dello Stato competenti, comunque interessate. L'operatore ha inoltre l'obbligo di adottare immediatamente:

a)  tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare;
b)  le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306.

2.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di: (1635)

a)  chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi danno verificatosi e sulle misure da lui adottate immediatamente ai sensi del comma 1;
b)  adottare, o ordinare all'operatore di adottare, tutte le iniziative opportune per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi;
c)  ordinare all'operatore di prendere le misure di ripristino necessarie;
d)  adottare egli stesso le suddette misure.

3.  Se l'operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 2, lettere b) o c), o se esso non può essere individuato o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso tali misure, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o comunque concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento. (1635)


(1635) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


ART. 306  (Determinazione delle misure per il ripristino ambientale)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale che risultino conformi all'allegato 3 alla parte sesta del presente decreto e le presentano per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare senza indugio e comunque non oltre trenta giorni dall'evento dannoso, a meno che questi non abbia già adottato misure urgenti, a norma articolo 305, commi 2 e 3. (1636)

2.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare decide quali misure di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il conseguimento del completo ripristino ambientale, e valuta l'opportunità di addivenire ad un accordo con l'operatore interessato nel rispetto della procedura di cui all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241. (1636)

3.  Se si è verificata una pluralità di casi di danno ambientale e l'autorità competente non è in grado di assicurare l'adozione simultanea delle misure di ripristino necessarie, essa può decidere quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario. Ai fini di tale decisione, l'autorità competente tiene conto, fra l'altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di danno ambientale in questione, nonché della possibilità di un ripristino naturale.

4.  Nelle attività di ripristino ambientale sono prioritariamente presi in considerazione i rischi per la salute umana.

5.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invita i soggetti di cui agli articoli 12 e 7, comma 4, della direttiva 2004/35/CE, nonché i soggetti sugli immobili dei quali si devono effettuare le misure di ripristino a presentare le loro osservazioni nel termine di dieci giorni e le prende in considerazione in sede di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema urgenza l'invito può essere incluso nell'ordinanza, che in tal caso potrà subire le opportune riforme o essere revocata tenendo conto dello stato dei lavori in corso. (1636)


(1636) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


ART. 306-bis  (Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale) (1637)

In vigore dal 15 settembre 2020

1.   Salvo che la transazione avvenga in sede giudiziale a norma dell'articolo 185 del codice di procedura civile, nel rispetto dei criteri di cui al comma 2 e tenuto conto del quadro comune da rispettare di cui all'allegato 3 alla presente parte sesta, il soggetto nei cui confronti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale di siti inquinati di interesse nazionale ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché ai sensi del titolo V della parte quarta e della parte sesta del presente decreto, ovvero ha intrapreso la relativa azione giudiziaria, può formulare una proposta transattiva in sede amministrativa. (1638)

2.   La proposta di transazione di cui al comma 1:

a)  individua gli interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa;
b)  ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire l'obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
c)   ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;
d)  prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all'impossibilità della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l'ambiente;
e)   tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f)   in caso di concorso di più soggetti nell'aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all'intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
g)  contiene l'indicazione di idonee garanzie finanziarie.

3.  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, dichiara ricevibile la proposta di transazione, verificato che ricorrono i requisiti di cui al comma 2, ovvero respinge la proposta per assenza dei medesimi requisiti.

4.   Nel caso in cui dichiari ricevibile la proposta di transazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare convoca, entro trenta giorni, una conferenza di servizi alla quale partecipano la regione e gli enti locali territorialmente coinvolti, che acquisisce il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dell'Istituto superiore di sanità. In ogni caso il parere tiene conto della necessità che gli interventi proposti, qualora non conseguano il completo ripristino dello stato dei luoghi, assicurino comunque la funzionalità dei servizi e delle risorse tutelate e colpite dall'evento lesivo. Della conferenza di servizi è data adeguata pubblicità al fine di consentire a tutti i soggetti interessati di formulare osservazioni.

5.  La conferenza di servizi, entro centottanta giorni dalla convocazione, approva, respinge o modifica la proposta di transazione. La deliberazione finale è comunicata al proponente per l'accettazione, che deve intervenire nei successivi sessanta giorni. Le determinazioni assunte all'esito della conferenza sostituiscono a tutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti alla predetta conferenza o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti.

6.   Sulla base della deliberazione della conferenza accettata dall'interessato, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone uno schema di transazione sul quale è acquisito il parere dell'Avvocatura generale dello Stato, che lo valuta anche tenendo conto dei presumibili tempi processuali e, ove possibile, dei prevedibili esiti del giudizio pendente o da instaurare.

7.  Acquisito il parere di cui al comma 6, lo schema di transazione, sottoscritto per accettazione dal proponente, è adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sottoposto al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

8.   Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati, delle obbligazioni dagli stessi assunte in sede di transazione nei confronti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest'ultimo, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni e previa escussione delle garanzie finanziarie prestate, può dichiarare risolto il contratto di transazione. In tal caso, le somme eventualmente già corrisposte dai contraenti sono trattenute dal Ministero in acconto dei maggiori importi definitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1.


(1637) Articolo inserito dall’ art. 31, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(1638) Comma così modificato dall’ art. 53, comma 2-quater, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

 


ART. 307  (Notificazione delle misure preventive e di ripristino)

In vigore dal 29 aprile 2006

1.  Le decisioni che impongono misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino, adottate ai sensi della parte sesta del presente decreto, sono adeguatamente motivate e comunicate senza indugio all'operatore interessato con indicazione dei mezzi di ricorso di cui dispone e dei termini relativi.


 


ART. 308  (Costi dell'attività di prevenzione e di ripristino)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  L'operatore sostiene i costi delle iniziative statali di prevenzione e di ripristino ambientale adottate secondo le disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.

2.  Fatti salvi i commi 4, 5 e 6, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare recupera, anche attraverso garanzie reali o fideiussioni bancarie a prima richiesta e con esclusione del beneficio della preventiva escussione, dall'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia, le spese sostenute dallo Stato in relazione alle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate a norma della parte sesta del presente decreto. (1639)

3.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina di non recuperare la totalità dei costi qualora la spesa necessaria sia maggiore dell'importo recuperabile o qualora l'operatore non possa essere individuato. (1639)

4.  Non sono a carico dell'operatore i costi delle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto se egli può provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno:

a)  è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l'esistenza di misure di sicurezza astrattamente idonee;
b)  è conseguenza dell'osservanza di un ordine o istruzione obbligatori impartiti da una autorità pubblica, diversi da quelli impartiti a seguito di un'emissione o di un incidente imputabili all'operatore; in tal caso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta le misure necessarie per consentire all'operatore il recupero dei costi sostenuti. (1639)

5.  L'operatore non è tenuto a sostenere i costi delle azioni di cui al comma 5 intraprese conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto qualora dimostri che non gli è attribuibile un comportamento doloso o colposo e che l'intervento preventivo a tutela dell'ambiente è stato causato da:

a)  un'emissione o un evento espressamente consentiti da un'autorizzazione conferita ai sensi delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari recanti attuazione delle misure legislative adottate dalla Comunità europea di cui all'allegato 5 della parte sesta del presente decreto, applicabili alla data dell'emissione o dell'evento e in piena conformità alle condizioni ivi previste;
b)  un'emissione o un'attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un prodotto nel corso di un'attività che l'operatore dimostri non essere stati considerati probabile causa di danno ambientale secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell'emissione o dell'esecuzione dell'attività.

6.  Le misure adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in attuazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto lasciano impregiudicata la responsabilità e l'obbligo risarcitorio del trasgressore interessato. (1639)


(1639) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


ART. 309  (Richiesta di intervento statale)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto. (1640)

2.  Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente, di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono riconosciute titolari dell'interesse di cui al comma 1.

3.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare valuta le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale e informa senza dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo. (1640)

4.  In caso di minaccia imminente di danno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'urgenza estrema, provvede sul danno denunciato anche prima d'aver risposto ai richiedenti ai sensi del comma 3. (1640)


(1640) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 310  (Ricorsi)

In vigore dal 16 settembre 2010

1.  I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale. (1642)

2.  Nell'ipotesi di cui al comma 1, il ricorso al giudice amministrativo può essere preceduto da una opposizione depositata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o inviata presso la sua sede a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento entro trenta giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto. In caso di inerzia del Ministro, analoga opposizione può essere proposta entro il suddetto termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno successivo all'effettuato deposito dell'opposizione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (1641) (1643)

3.  Se sia stata presentata l'opposizione e non ancora il ricorso al giudice amministrativo, quest'ultimo è proponibile entro il termine di sessanta giorni decorrenti dal ricevimento della decisione di rigetto dell'opposizione oppure dal trentunesimo giorno successivo alla presentazione dell'opposizione se il Ministro non si sia pronunciato.

4.  Resta ferma la facoltà dell'interessato di ricorrere in via straordinaria al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto o provvedimento che si ritenga illegittimo e lesivo.


(1641) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1642) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1643) Comma così modificato dall'art. 4, comma 1, n. 36), dell'Allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, a decorrere dal 16 settembre 2010, ai sensi di quanto disposto dall'art. 2, comma 1, del medesimo D.Lgs. 104/2010.

 


TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

(commento di giurisprudenza)

ART. 311  (Azione risarcitoria in forma specifica) (1647)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare agisce, anche esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto. (1646) (1648)

2.  Quando si verifica un danno ambientale cagionato dagli operatori le cui attività sono elencate nell'allegato 5 alla presente parte sesta, gli stessi sono obbligati all'adozione delle misure di riparazione di cui all'allegato 3 alla medesima parte sesta secondo i criteri ivi previsti, da effettuare entro il termine congruo di cui all'articolo 314, comma 2, del presente decreto. Ai medesimi obblighi è tenuto chiunque altro cagioni un danno ambientale con dolo o colpa. Solo quando l'adozione delle misure di riparazione anzidette risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo incompleto o difforme dai termini e modalità prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attività necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione e agisce nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti. (1644)

3.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede in applicazione dei criteri enunciati negli allegati 3 e 4 della presente parte sesta alla determinazione delle misure di riparazione da adottare e provvede con le procedure di cui al presente titolo III all'accertamento delle responsabilità risarcitorie. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformità a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell'allegato 3 alla presente parte sesta i criteri ed i metodi, anche di valutazione monetaria, per determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa. Tali criteri e metodi trovano applicazione anche ai giudizi pendenti non ancora definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo precedente. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi vigenti, agli eredi, nei limiti del loro effettivo arricchimento. (1645) (1646)


(1644) Comma così modificato dall'art. 5-bis, comma 1, lett. a), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 e, successivamente, dall'art. 25, comma 1, lett. g), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(1645) Comma così modificato dall'art. 5-bis, comma 1, lett. b), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 e, successivamente, dall'art. 25, comma 1, lett. h), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(1646) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1647) Rubrica così modificata dall'art. 25, comma 1, lett. f), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(1648) La Corte costituzionale, con sentenza 19 aprile - 1° giugno 2016, n. 126 (Gazz. Uff. 8 giugno 2016, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 311, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 9, 24 e 32 della Costituzione, nonché al principio di ragionevolezza.

 


ART. 312  (Istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  L'istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di cui all'articolo 313 si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

2.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento dei fatti, per l'individuazione dei trasgressori, per l'attuazione delle misure a tutela dell'ambiente e per il risarcimento dei danni, può delegare il Prefetto competente per territorio ed avvalersi, anche mediante apposite convenzioni, della collaborazione delle Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo forestale dello Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e di qualsiasi altro soggetto pubblico dotato di competenza adeguata. (1649)

3.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento delle cause del danno e per la sua quantificazione, da effettuare in applicazione delle disposizioni contenute negli Allegati 3 e 4 alla parte sesta del presente decreto, può disporre, nel rispetto del principio del contraddittorio con l'operatore interessato, apposita consulenza tecnica svolta dagli uffici ministeriali, da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi professionisti. (1649)

4.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche anche in apparecchiature informatiche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del fatto dannoso e per l'individuazione dei trasgressori, può disporre l'accesso di propri incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che eseguono l'accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell'ufficio da cui dipendono. Per l'accesso a locali che siano adibiti ad abitazione o all'esercizio di attività professionali è necessario che l'Amministrazione si munisca dell'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente. In ogni caso, dell'accesso nei luoghi di cui al presente comma dovrà essere informato il titolare dell'attività o un suo delegato, che ha il diritto di essere presente, anche con l'assistenza di un difensore di fiducia, e di chiedere che le sue dichiarazioni siano verbalizzate. (1649)

5.  In caso di gravi indizi che facciano ritenere che libri, registri, documenti, scritture ed altre prove del fatto dannoso si trovino in locali diversi da quelli indicati nel comma 4, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può chiedere l'autorizzazione per la perquisizione di tali locali all'autorità giudiziaria competente. (1649)

6.  È in ogni caso necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente per procedere, durante l'accesso, a perquisizioni personali e all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l'esame dei documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali sia stato eccepito il segreto professionale.

7.  Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte all'interessato o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute, nonché le sue dichiarazioni. Il verbale deve essere sottoscritto dall'interessato o da chi lo rappresenta oppure deve indicare il motivo della mancata sottoscrizione. L'interessato ha diritto di averne copia.

8.  I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non sia possibile riprodurne o farne constare agevolmente il contenuto rilevante nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale; tuttavia gli agenti possono sempre acquisire dati con strumenti propri da sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili.


(1649) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 313  (Ordinanza)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  Qualora all'esito dell'istruttoria di cui all'articolo 312 sia stato accertato un fatto che abbia causato danno ambientale ed il responsabile non abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto oppure ai sensi degli articoli 304 e seguenti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con ordinanza immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al suddetto accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato. (1650)

2.  Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto, o all'adozione delle misure di riparazione nei termini e modalità prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attività necessarie a conseguire la completa attuazione delle misure anzidette secondo i criteri definiti con il decreto di cui al comma 3 dell'articolo 311 e, al fine di procedere alla realizzazione delle stesse, con ordinanza ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, delle somme corrispondenti. (1650) (1651)

3.  Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica, l'ordinanza è emessa nei confronti del responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il comportamento fonte del danno è stato tenuto o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio sottraendosi, secondo l'accertamento istruttorio intervenuto, all'onere economico necessario per apprestare, in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e tenere i comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili.

4.  L'ordinanza è adottata nel termine perentorio di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell'avvio dell'istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza di due anni dalla notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino ambientale a cura e spese del trasgressore. In tal caso i medesimi termini decorrono dalla sospensione ingiustificata dei lavori di ripristino oppure dalla loro conclusione in caso di incompleta riparazione del danno. Alle attestazioni concernenti la sospensione dei lavori e la loro incompletezza provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito atto di accertamento. (1650)

5.  Nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell'articolo 2947 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati. (1650)

6.  Nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all'Ufficio di Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio. (1650)

7.  Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a seguito di azione concorrente da parte di autorità diversa dal Ministro dell'ambiente e della tutela territorio e del mare, nuovi interventi comportanti aggravio di costi per l'operatore interessato. Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi. (1650)


(1650) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1651) Comma così modificato dall'art. 25, comma 1, lett. i), L. 6 agosto 2013, n. 97.

 


ART. 314  (Contenuto dell'ordinanza)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  L'ordinanza contiene l'indicazione specifica del fatto, commissivo o omissivo, contestato, nonché degli elementi di fatto ritenuti rilevanti per l'individuazione e la quantificazione del danno e delle fonti di prova per l'identificazione dei trasgressori.

2.  L'ordinanza fissa un termine, anche concordato con il trasgressore in applicazione dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione dell'entità dei lavori necessari.

3.  La quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino. (1653)

4.  In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato la sentenza o il provvedimento trasmette copia degli stessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro cinque giorni dalla loro pubblicazione. (1652)

5.  Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al fine del risarcimento del danno ambientale, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le sanzioni amministrative, entro dieci giorni dall'avvenuta irrogazione. (1652)

6.  Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e 313 indicano i mezzi di ricorso ed i relativi termini.


(1652) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1653) Comma così modificato dall'art. 25, comma 1, lett. l), L. 6 agosto 2013, n. 97.

 


ART. 315  (Effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che abbia adottato l'ordinanza di cui all'articolo 313 non può né proporre né procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno ambientale, salva la possibilità dell'intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio penale. (1654)


(1654) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


ART. 316  (Ricorso avverso l'ordinanza)

In vigore dal 16 settembre 2010

1.  Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza di cui all'articolo 313, può ricorrere al Tribunale amministrativo regionale competente in relazione al luogo nel quale si è prodotto il danno ambientale. (1655)

2.  Il trasgressore può far precedere l'azione giurisdizionale dal ricorso in opposizione di cui all'articolo 310, commi 2 e 3.

3.  Il trasgressore può proporre altresì ricorso al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla ricevuta notificazione o comunicazione dell'ordinanza o dalla sua piena conoscenza.


(1655) Comma così modificato dall'art. 4, comma 1, n. 36), dell'Allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, a decorrere dal 16 settembre 2010, ai sensi di quanto disposto dall'art. 2, comma 1, del medesimo D.Lgs. 104/2010.

 


ART. 317  (Riscossione dei crediti e fondo di rotazione)

In vigore dal 4 settembre 2013

1.  Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, nell'ammontare determinato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o dal giudice, si applicano le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. (1658)

2.  Nell'ordinanza o nella sentenza può essere disposto, su richiesta dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che gli importi dovuti vengano pagati in rate mensili non superiori al numero di venti; ciascuna rata non può essere inferiore comunque ad euro cinquemila.

3.  In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.

4.  Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza comporta l'obbligo di pagamento del residuo ammontare in unica soluzione.

5.  Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla presente parte sesta, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per essere destinate alla realizzazione delle misure di prevenzione e riparazione in conformità alle previsioni della direttiva 2004/35/CE ed agli obblighi da essa derivanti. (1656)

[6.  Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di funzionamento e di accesso al predetto fondo di rotazione, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a titolo di anticipazione. (1657) ]


(1656) Comma modificato dall'art. 5-bis, comma 1, lett. d), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 e, successivamente, così sostituito dall'art. 25, comma 1, lett. m), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(1657) Comma abrogato dall'art. 5-bis, comma 1, lett. e), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(1658) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


(commento di giurisprudenza)

ART. 318  (Norme transitorie e finali)

In vigore dal 26 agosto 2010

1.  Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 317, comma 6, continua ad applicarsi il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 ottobre 2003.

2.  Sono abrogati:

a)  l'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ad eccezione del comma 5;

3.  In attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2004/35/CE, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, sono adottate misure per la definizione di idonee forme di garanzia e per lo sviluppo dell'offerta dei relativi strumenti, in modo da consentirne l'utilizzo da parte degli operatori interessati ai fini dell'assolvimento delle responsabilità ad essi incombenti ai sensi della parte sesta del presente decreto. (1659)

4.  Quando un danno ambientale riguarda o può riguardare una pluralità di Stati membri dell'Unione europea, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare coopera, anche attraverso un appropriato scambio di informazioni, per assicurare che sia posta in essere un'azione di prevenzione e, se necessario, di riparazione di tale danno ambientale. In tale ipotesi, quando il danno ambientale ha avuto origine nel territorio italiano, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fornisce informazioni sufficienti agli Stati membri potenzialmente esposti ai suoi effetti. Se il Ministro individua entro i confini del territorio nazionale un danno la cui causa si è invece verificata al di fuori di tali confini, esso ne informa la Commissione europea e qualsiasi altro Stato membro interessato; il Ministro può raccomandare l'adozione di misure di prevenzione o di riparazione e può cercare, ai sensi della parte sesta del presente decreto, di recuperare i costi sostenuti in relazione all'adozione delle misure di prevenzione o riparazione. (1659)

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.


(1659) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


PARTE SESTA-BIS.

Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale (1660)

ART. 318-bis  (Ambito di applicazione) (1661)

In vigore dal 29 maggio 2015

1.   Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.


(1660) La Parte sesta-bis è stata aggiunta dall’ art. 1, comma 9, L. 22 maggio 2015, n. 68, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

(1661) Articolo aggiunto dall’ art. 1, comma 9, L. 22 maggio 2015, n. 68, che ha aggiunto l’intera Parte sesta-bis, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

 


ART. 318-ter  (Prescrizioni) (1662)

In vigore dal 29 maggio 2015

1.   Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria impartisce al contravventore un'apposita prescrizione asseverata tecnicamente dall'ente specializzato competente nella materia trattata, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario. In presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determinino un ritardo nella regolarizzazione, il termine può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero.

2.   Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore.

3.   Con la prescrizione l'organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose.

4.   Resta fermo l'obbligo dell'organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione, ai sensi dell'articolo 347 del codice di procedura penale.


(1662) Articolo aggiunto dall’ art. 1, comma 9, L. 22 maggio 2015, n. 68, che ha aggiunto l’intera Parte sesta-bis, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

 


ART. 318-quater  (Verifica dell'adempimento) (1663)

In vigore dal 29 maggio 2015

1.   Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione ai sensi dell'articolo 318-ter, l'organo accertatore verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione.

2.   Quando risulta l'adempimento della prescrizione, l'organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo accertatore comunica al pubblico ministero l'adempimento della prescrizione nonché l'eventuale pagamento della predetta somma.

3.   Quando risulta l'inadempimento della prescrizione, l'organo accertatore ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione.


(1663) Articolo aggiunto dall’ art. 1, comma 9, L. 22 maggio 2015, n. 68, che ha aggiunto l’intera Parte sesta-bis, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

 


ART. 318-quinquies  (Notizie di reato non pervenute dall'organo accertatore) (1664)

In vigore dal 29 maggio 2015

1.   Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne dà comunicazione all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinché provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318-quater.

2.   Nel caso previsto dal comma 1, l'organo di vigilanza o la polizia giudiziaria informano il pubblico ministero della propria attività senza ritardo.


(1664) Articolo aggiunto dall’ art. 1, comma 9, L. 22 maggio 2015, n. 68, che ha aggiunto l’intera Parte sesta-bis, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

 


ART. 318-sexies  (Sospensione del procedimento penale) (1665)

In vigore dal 29 maggio 2015

1.   Il procedimento per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'articolo 318-quater, commi 2 e 3, del presente decreto.

2.   Nel caso previsto dall'articolo 318-quinquies, comma 1, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato al comma 1 del presente articolo.

3.   La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre, l'assunzione delle prove con incidente probatorio, né gli atti urgenti di indagine preliminare, né il sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.


(1665) Articolo aggiunto dall’ art. 1, comma 9, L. 22 maggio 2015, n. 68, che ha aggiunto l’intera Parte sesta-bis, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

 


ART. 318-septies  (Estinzione del reato) (1666)

In vigore dal 29 maggio 2015

1.   La contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'articolo 318-quater, comma 2.

2.   Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la contravvenzione è estinta ai sensi del comma 1.

3.   L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'articolo 318-quater, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza sono valutati ai fini dell'applicazione dell'articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. (1667)


(1666) Articolo aggiunto dall’ art. 1, comma 9, L. 22 maggio 2015, n. 68, che ha aggiunto l’intera Parte sesta-bis, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

(1667) La Corte costituzionale, con sentenza 20 febbraio - 9 aprile 2019, n. 76 (Gazz. Uff. 17 aprile 2019, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 318-septies, comma 3, sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione.

 


ART. 318-octies  (Norme di coordinamento e transitorie) (1668)

In vigore dal 29 maggio 2015

1.   Le norme della presente parte non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte.


(1668) Articolo aggiunto dall’ art. 1, comma 9, L. 22 maggio 2015, n. 68, che ha aggiunto l’intera Parte sesta-bis, a decorrere dal 29 maggio 2015, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1 della medesima L. n. 68/2015.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato I - Criteri per la verifica di assoggettabilità di piani e programmi di cui all'articolo 12 (1669)

In vigore dal 13 febbraio 2008

1. Caratteristiche del piano o del programma, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:

- in quale misura il piano o il programma stabilisce un quadro di riferimento per progetti ed altre attività, o per quanto riguarda l'ubicazione, la natura, le dimensioni e le condizioni operative o attraverso la ripartizione delle risorse;

- in quale misura il piano o il programma influenza altri piani o programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati;

- la pertinenza del piano o del programma per l'integrazione delle considerazioni ambientali, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile;

- problemi ambientali pertinenti al piano o al programma;

- la rilevanza del piano o del programma per l'attuazione della normativa comunitaria nel settore dell'ambiente (ad es. piani e programmi connessi alla gestione dei rifiuti o alla protezione delle acque).

2. Caratteristiche degli impatti e delle aree che possono essere interessate, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:

- probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli impatti;

- carattere cumulativo degli impatti;

- natura transfrontaliera degli impatti;

- rischi per la salute umana o per l'ambiente (ad es. in caso di incidenti);

- entità ed estensione nello spazio degli impatti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate);

- valore e vulnerabilità dell'area che potrebbe essere interessata a causa:

- delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale;

- del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite dell'utilizzo intensivo del suolo;

- impatti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionale.


(1669) Allegato così sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato II - Progetti di competenza statale (1671)

In vigore dal 15 settembre 2020

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi, nonché terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto.

2) Installazioni relative a:

- centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW;

- centrali per la produzione dell'energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti;

- impianti per l'estrazione dell'amianto, nonché per il trattamento e la trasformazione dell'amianto e dei prodotti contenenti amianto;

- centrali nucleari e altri reattori nucleari, compreso lo smaltellamento e lo smontaggio di tali centrali e reattori (esclusi gli impianti di ricerca per la produzione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 kW di durata permanente termica);

- impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW;

- impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW. (1684)

3) Impianti destinati:

- al ritrattamento di combustibili nucleari irradiati;

- alla produzione o all'arricchimento di combustibili nucleari;

- al trattamento di combustibile nucleare irradiato o di residui altamente radioattivi;

- allo smaltimento definitivo dei combustibili nucleari irradiati;

- esclusivamente allo smaltimento definitivo di residui radioattivi;

- esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o di residui radioattivi in un sito diverso da quello di produzione;

- al trattamento e allo stoccaggio di residui radioattivi (impianti non compresi tra quelli già individuati nel presente punto), qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 20. (1679)

4) Elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km ed elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri.

4-bis) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km. (1682)

[4-ter) Elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km, qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 20. (1676) (1685)]

5) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio.

6) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro:

- per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie (1670) di seguito indicate:
Classe di prodotto Soglie (*) (Gg/anno)
a) Idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici) 200
b) Idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi 200
c) Idrocarburi solforati 100
d) Idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati 100
e) Idrocarburi fosforosi 100
f) Idrocarburi alogenati 100
g) Composti organometallici 100
h) Materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa) 100
i) Gomme sintetiche 100

- per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie (1670) di seguito indicate:
Classe di prodotto Soglie (*) (Gg/anno)
j) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile 100
k) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati 100
l) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio 100

- per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) con capacità produttiva complessiva annua superiore a 300 milioni di chilogrammi (intesa come somma delle capacità produttive relative ai singoli composti elencati nella presente classe di prodotto).

7) perforazione di pozzi finalizzati alla ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma e in mare; (1686)

7.1) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m3 al giorno per il gas naturale; (1687)

7.2) rilievi geofisici attraverso l'uso della tecnica airgun o esplosivo. (1687)

7-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare. (1672)

7-ter) Attività di esplorazione in mare e sulla terraferma per lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, di recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio. (1673)

7-quater) impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, nonché attività di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare. (1677)

7-quinquies) attività di ricerca e coltivazione delle seguenti sostanze minerali:

minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti;

grafite, combustibili solidi, rocce asfaltiche e bituminose;

sostanze radioattive. (1688)

8) Stoccaggio:

di petrolio con capacità complessiva superiore a 40.000 m3; di prodotti chimici, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici con capacità complessiva superiore a 200.000 tonnellate.

superficiale di gas naturali con una capacità complessiva superiore a 40.000 m3;

sotterraneo artificiale di gas combustibili in serbatoi con una capacità complessiva superiore a 80.000 m3;

di prodotti di gas di petrolio liquefatto e di gas naturale liquefatto con capacità complessiva superiore a 20.000 m3;

di prodotti combustibili solidi con capacità complessiva superiore a 150.000 tonnellate. (1683)

9) Condutture di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza superiore a 40 km per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici e per il trasporto dei flussi di biossido di carbonio (CO2) ai fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di spinta. (1674)

10) Opere relative a:

- tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonché aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1.500 metri di lunghezza;

- autostrade e strade extraurbane principali;

- strade extraurbane a quattro o più corsie o adeguamento di strade extraurbane esistenti a due corsie per renderle a quattro o più corsie, con una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km;

- parcheggi interrati che interessano superfici superiori ai 5ha, localizzati nei centri storici o in aree soggette a vincoli paesaggistici decretati con atti ministeriali o facenti parte dei siti UNESCO. (1680)

11) Porti marittimi commerciali, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate, nonché porti con funzione turistica e da diporto quando lo specchio d'acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri. Terminali marittimi, da intendersi quali moli, pontili, boe galleggianti, isole a mare per il carico e lo scarico dei prodotti, collegati con la terraferma e l'esterno dei porti (esclusi gli attracchi per navi traghetto), che possono accogliere navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate, comprese le attrezzature e le opere funzionalmente connesse. (1689)

12) Interventi per la difesa del mare:

- terminali per il carico e lo scarico degli idrocarburi e sostanze pericolose;

- piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi;

- condotte sottomarine per il trasporto degli idrocarburi;

- sfruttamento minerario piattaforma continentale.

13) Impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d'invaso superiore ad 1.000.000 m3, nonché impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole, di altezza superiore a 10 m o che determinano un volume d'invaso superiore a 100.000 m3, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati. (1678)

14) Trivellazioni in profondità per lo stoccaggio dei residui nucleari.

15) Interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell'intermodalità di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240 e successive modifiche, comunque comprendenti uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione.

16) Opere ed interventi relativi a trasferimenti d'acqua che prevedano o possano prevedere trasferimento d'acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici istituiti a norma della legge 18 maggio 1989, n. 183.

17) Stoccaggio di gas combustibile in serbatoi sotterranei naturali in unità geologiche profonde e giacimenti esauriti di idrocarburi, nonché siti per lo stoccaggio geologico del biossido di carbonio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, di recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio. (1681)

17-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato e nell’allegato III al presente decreto o impianti di cattura nei quali il quantitativo complessivo annuo di CO2 catturato è pari ad almeno 1,5 milioni di tonnellate, ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio. (1675)

18) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l'estensione di per sé sono conformi agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato.


(1670)  Le soglie della tabella sono riferite alla somma delle capacità produttive relative ai singoli composti che sono riportati in un'unica riga.

(1671) Allegato così sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.

(1672) Punto inserito dall'art. 42, comma 1, L. 23 luglio 2009, n. 99; per le disposizioni transitorie, vedi anche il comma 3 del medesimo art. 42, L. 99/2009.

(1673) Punto inserito dall'art. 35, comma 4, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011. Successivamente il presente punto è stato così sostituito dall'art. 15, comma 1, lett. m), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1674) Punto sostituito dall'art. 35, comma 5, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011. Successivamente, il presente punto è stato così sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. g), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1675) Punto inserito dall'art. 35, comma 6, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011. Successivamente, il presente punto è stato così modificato dall’ art. 22, comma 1, lett. l), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1676) Punto inserito dall'art. 36, comma 7-bis, lett. a), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.

(1677) Punto inserito dall'art. 41, comma 7-ter, lett. a), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, e, successivamente, così sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. d), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1678) Punto così modificato dall’ art. 4-bis, comma 1, D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9.

(1679) Punto così modificato dall’ art. 15, comma 1, lett. l), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1680) Punto così modificato dall’ art. 15, comma 1, lett. n), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, e, successivamente, dall’ art. 22, comma 1, lett. h), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1681) Punto così sostituito dall’ art. 15, comma 1, lett. o), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1682) Punto inserito dall'art. 36, comma 7-bis, lett. a), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e modificato dall’ art. 8, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221; per l’applicazione di tale ultima disposizione vedi le ulteriori disposizioni del medesimo art. 8, comma 2, legge n. 221/2015. Successivamente, il presente punto è stato così modificato dall’ art. 22, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1683) Punto modificato dall’ art. 13, comma 6, D.Lgs. 16 dicembre 2016, n. 257, a decorrere dal 14 gennaio 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 24, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 257/2016. Successivamente, il presente punto è stato sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. f), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017. Infine, il presente punto è stato così modificato dall’ art. 50, comma 1, lett. q), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.

(1684) Punto così modificato dall’ art. 22, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1685) Punto abrogato dall’ art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1686) Punto modificato dall’ art. 38, comma 3, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164. Successivamente, il presente punto è stato così sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, che ha sostituito l’originario punto 7) con gli attuali punti 7), 7.1) e 7.2). Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1687) Punto inserito dall’ art. 22, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, che ha sostituito l’originario punto 7) con gli attuali punti 7), 7.1) e 7.2). Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1688) Punto inserito dall’ art. 22, comma 1, lett. e), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1689) Punto così modificato dall’ art. 22, comma 1, lett. i), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


Allegati alla parte seconda
Allegato II-bis - Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza statale (1690)

In vigore dal 21 luglio 2017

1. Industria energetica ed estrattiva:

a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;

b) installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;

c) impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, e successive modificazioni;

d) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km.

2. Progetti di infrastrutture:

a) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;

b) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti con funzione peschereccia, vie navigabili;

c) strade extraurbane secondarie di interesse nazionale;

d) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;

e) aeroporti (progetti non compresi nell'Allegato II);

f) porti con funzione turistica e da diporto, quando lo specchio d'acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri;

g) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m3 al giorno per il gas naturale;

h) modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato II, o al presente allegato già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli impatti ambientali significativi e negativi (modifica o estensione non inclusa nell'allegato II).


(1690) Allegato inserito dall’ art. 22, comma 2, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato III - Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano (1691)

In vigore dal 21 luglio 2017

a) Recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 200 ettari.

b) Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui la derivazione superi i 1.000 litri al secondo e di acque sotterranee ivi comprese acque minerali e termali, nei casi in cui la derivazione superi i 100 litri al secondo.

[c) Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; (1698)]

c-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW, qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 19; (1693)

d) Impianti industriali destinati:

- alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

- alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 200 tonnellate al giorno.

e) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro:

- per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base (progetti non inclusi nell'Allegato II);

- per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base (progetti non inclusi nell'Allegato II);

- per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) (progetti non inclusi nell'Allegato II);

- per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi;

- per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico;

- per la fabbricazione di esplosivi.

f) Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate.

g) Produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate.

[h) Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, ai sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 40.000 m3. (1698)]

[h-bis) Stoccaggio di gas naturale liquefatto, con capacità complessiva superiore a 20000 metri cubi. (1697) (1698)]

i) Impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 12 tonnellate di prodotto finito al giorno.

[l) Porti turistici e da diporto quando lo specchio d'acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri. (1698)]

m) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'Allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all'Allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

n) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui all'Allegato B, lettere D9, D10 e D11, ed all'Allegato C, lettere R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

o) Impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante operazioni di raggruppamento o ricondizionamento preliminari e deposito preliminare, con capacità superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D13 e D14, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

p) Discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva superiore a 100.000 m3 (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152): discariche di rifiuti speciali non pericolosi (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo n. 152/2006), ad esclusione delle discariche per inerti con capacità complessiva sino a 100.000 m3.

q) Impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare, con capacità superiore a 150.000 m3 oppure con capacità superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

r) Impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 100.000 abitanti equivalenti.

s) Cave e torbiere con più di 500.000 m3/a di materiale estratto o di un'area interessata superiore a 20 ettari.

t) Dighe ed altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici, di altezza superiore a 10 m e/o di capacità superiore a 100.000 m3, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati. (1696)

u) Attività di coltivazione sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443.

v) Attività di coltivazione sulla terraferma delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni. (1695)

[z) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore 100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km. (1692) (1698)]

aa) Impianti di smaltimento di rifiuti mediante operazioni di iniezione in profondità, lagunaggio, scarico di rifiuti solidi nell'ambiente idrico, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino, deposito permanente (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D3, D4, D6, D7 e D12, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

[ab) Stoccaggio di gas combustibili in serbatoi sotterranei artificiali con una capacità complessiva superiore a 80.000 m3. (1698)]

ac) Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con più di:

- 85.000 posti per polli da ingrasso, 60.000 posti per galline;

- 3.000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o

- 900 posti per scrofe.

ad) Impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici.

ae) Sistemi di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il volume annuale dell'acqua ricaricata sia superiore a 10 milioni di metri cubi.

af) Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi inteso a prevenire un'eventuale penuria di acqua, per un volume di acque trasferite superiore a 100 milioni di metri cubi all'anno. In tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con un'erogazione media pluriennale del bacino in questione superiore a 2.000 milioni di metri cubi all'anno e per un volume di acque trasferite superiore al 5% di detta erogazione. In entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti di acqua potabile convogliata in tubazioni.

af-bis) strade urbane di scorrimento; (1694)

ag) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l'estensione di per sé sono conformi agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato.


(1691) Allegato così sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.

(1692) Lettera così modificata dall'art. 40, comma 1, L. 23 luglio 2009, n. 99 e, successivamente, dall'art. 36, comma 7-bis, lett. b), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.

(1693) Lettera modificata dall'art. 42, comma 2, L. 23 luglio 2009, n. 99 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 22, comma 3, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1694) Lettera inserita dall'art. 35, comma 7, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011. Successivamente, la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 22, comma 3, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1695) Lettera così modificata dall'art. 41, comma 7-ter, lett. b), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, e, successivamente, dall'art. 38, comma 3, lett. b), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

(1696) Lettera così modificata dall’ art. 4-bis, comma 2, D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9.

(1697) Lettera inserita dall’ art. 13, comma 7, D.Lgs. 16 dicembre 2016, n. 257, a decorrere dal 14 gennaio 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 24, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 257/2016.

(1698) Lettera abrogata dall’ art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato IV - Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano (1699) (1707)

In vigore dal 21 luglio 2017

1. Agricoltura

a) Cambiamento di uso di aree non coltivate, semi-naturali o naturali per la loro coltivazione agraria intensiva con una superficie superiore a 10 ettari;

b) iniziale forestazione di una superficie superiore a 20 ettari; deforestazione allo scopo di conversione di altri usi del suolo di una superficie superiore a 5 ettari;

c) impianti per l'allevamento intensivo di animali il cui numero complessivo di capi sia maggiore di quello derivante dal seguente rapporto: 40 quintali di peso vivo di animali per ettaro di terreno funzionalmente asservito all'allevamento. Sono comunque esclusi, indifferentemente dalla localizzazione, gli allevamenti con numero di animali inferiore o uguale a: 1.000 avicoli, 800 cunicoli, 120 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 45 posti per scrofe, 300 ovicaprini, 50 posti bovini;

d) progetti di gestione delle risorse idriche per l'agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300 ettari;

e) impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari; (1704)

f) progetti di ricomposizione fondiaria che interessano una superficie superiore a 200 ettari.

2. Industria energetica ed estrattiva:

a) attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all'articolo 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, ivi comprese le risorse geotermiche con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, incluse le relative attività minerarie;

b) impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW;

c) impianti industriali per il trasporto del vapore e dell'acqua calda, che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km;

d) impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW;

e) estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all'articolo 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale;

f) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite;

g) impianti di superficie dell'industria di estrazione di carbon fossile e di minerali metallici nonché di scisti bituminose;

h) impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e, per i soli impianti idroelettrici che rientrano nella casistica di cui all'articolo 166 del presente decreto ed all'articolo 4, punto 3.b, lettera i), del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW;

i) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone. (1705)

3. Lavorazione dei metalli e dei prodotti minerali

a) Impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metalliferi che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

b) impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria) compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all'ora;

c) impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:

- laminazione a caldo con capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all'ora;

- forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorché la potenza calorifera è superiore a 20 MW;

- applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all'ora;

d) fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno;

e) impianti di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia) con una capacità di fusione superiore a 10 tonnellate per il piombo e il cadmio o a 50 tonnellate per tutti gli altri metalli al giorno;

f) impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento abbiano un volume superiore a 30 m3;

g) impianti di costruzione e montaggio di auto e motoveicoli e costruzione dei relativi motori; impianti per la costruzione e riparazione di aeromobili; costruzione di materiale ferroviario e rotabile che superino 10.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

h) cantieri navali di superficie complessiva superiore a 2 ettari;

i) imbutitura di fondo con esplosivi che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

l) cokerie (distillazione a secco di carbone);

m) fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane, con capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con capacità di forno superiore a 4 metri cubi e con densità di colata per forno superiore a 300 kg al metro cubo;

n) impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno;

o) impianti per la produzione di vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno;

p) impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno.

4. Industria dei prodotti alimentari

a) Impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime animali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno;

b) impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno su base trimestrale;

c) impianti per la fabbricazione di prodotti lattiero-caseari con capacità di lavorazione superiore a 200 tonnellate al giorno su base annua;

d) impianti per la produzione di birra o malto con capacità di produzione superiore a 500.000 hl/anno;

e) impianti per la produzione di dolciumi e sciroppi che superino 50.000 m3 di volume;

f) macelli aventi una capacità di produzione di carcasse superiori a 50 tonnellate al giorno e impianti per l'eliminazione o il recupero di carcasse e di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno;

g) impianti per la produzione di farina di pesce o di olio di pesce con capacità di lavorazione superiore a 50.000 q/anno di prodotto lavorato;

h) molitura dei cereali, industria dei prodotti amidacei, industria dei prodotti alimentari per zootecnia che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

i) zuccherifici, impianti per la produzione di lieviti con capacità di produzione o raffinazione superiore a 10.000 t/giorno di barbabietole.

5. Industria dei tessili, del cuoio, del legno, della carta

a) Impianti di fabbricazione di pannelli di fibre, pannelli di particelle e compensati, di capacità superiore alle 50.000 t/anno di materie lavorate;

b) impianti per la produzione e la lavorazione di cellulosa, fabbricazione di carta e cartoni di capacità superiore a 50 tonnellate al giorno;

c) impianti per il pretrattamento (operazioni quali il lavaggio, l'imbianchimento, la mercerizzazione) o la tintura di fibre, di tessili, di lana la cui capacità di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno;

d) impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 3 tonnellate di prodotto finito al giorno.

6. Industria della gomma e delle materie plastiche

a) Fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate.

7. Progetti di infrastrutture

a) Progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari;

b) progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all'interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari; costruzione di centri commerciali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”; parcheggi di uso pubblico con capacità superiori a 500 posti auto;

c) piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una superficie superiore a 5 ettari nonché impianti meccanici di risalita, escluse le sciovie e le monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri, con portata oraria massima superiore a 1.800 persone;

d) derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni superiori a 50 litri al secondo, nonché le trivellazioni finalizzate alla ricerca per derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo;

[e) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali; (1706)]

[f) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, vie navigabili; (1706)]

[g) strade extraurbane secondarie; (1706)]

h) strade extraurbane secondarie non comprese nell'allegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell'allegato III; (1701)

i) linee ferroviarie a carattere regionale o locale;

l) sistemi di trasporto a guida vincolata (tramvie e metropolitane), funicolari o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di passeggeri;

[m) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km; (1706)]

n) opere costiere destinate a combattere l'erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare;

o) opere di canalizzazione e di regolazione dei corsi d'acqua; (1702)

[p) aeroporti; (1706)]

[q) porti turistici e da diporto, quando lo specchio d'acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonché progetti di intervento su porti già esistenti; (1706)]

r) impianti di smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D13 e D14 del decreto legislativo n. 152/2006);

s) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

t) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare con capacità massima superiore a 30.000 m3 oppure con capacità superiore a 40 t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

u) discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva inferiore ai 100.000 m3 (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D1 e D5, della Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

v) impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 10.000 abitanti equivalenti;

[z) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km. (1700) (1706)]

za) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'Allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all'Allegato C, lettere da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

zb) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all'Allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

8. Altri progetti

a) Villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari, centri residenziali turistici ed esercizi alberghieri con oltre 300 posti-letto o volume edificato superiore a 25.000 m3 o che occupano una superficie superiore ai 20 ettari, esclusi quelli ricadenti all'interno di centri abitati;

b) piste permanenti per corse e prove di automobili, motociclette ed altri veicoli a motore;

c) centri di raccolta, stoccaggio e rottamazione di rottami di ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore a 1 ettaro;

d) banchi di prova per motori, turbine, reattori quando l'area impegnata supera i 500 m2;

e) fabbricazione di fibre minerali artificiali che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

f) fabbricazione, condizionamento, carico o messa in cartucce di esplosivi con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate;

g) stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, ai sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 1.000 m3;

h) recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 10 ettari;

i) cave e torbiere;

l) trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore a 10.000 t/anno di materie prime lavorate;

m) produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 10.000 t/anno in materie prime lavorate;

n) depositi di fanghi, compresi quelli provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con capacità superiore a 10.000 metri cubi; (1703)

o) impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive;

p) stabilimenti di squartamento con capacità di produzione superiore a 50 tonnellate al giorno;

q) terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente con capacità superiore a 300 posti roulotte caravan o di superficie superiore a 5 ettari;

r) parchi tematici di superficie superiore a 5 ettari;

s) progetti di cui all'Allegato III, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono utilizzati per più di due anni;

t) modfiiche o estensioni di progetti di cui all'Allegato III o all'Allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull'ambiente (modifica o estensione non inclusa nell'Allegato III).


(1699) Allegato così sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.

(1700) Lettera così modificata dall'art. 36, comma 7-bis, lett. c), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.

(1701) Lettera sostituita dall’ art. 15, comma 1, lett. p), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116. Successivamente, la presente lettera è stata così sostituita dall’ art. 22, comma 4, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1702) Lettera così sostituita dall’ art. 15, comma 1, lett. q), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1703) Lettera così sostituita dall’ art. 15, comma 1, lett. r), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1704) Lettera così sostituita dall’ art. 22, comma 4, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1705) Punto modificato dall'art. 27, comma 43, lett. a) e b), L. 23 luglio 2009, n. 99, dall'art. 35, commi 8 e 9, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011, dall'art. 36, comma 7, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, dall'art. 41, comma 7-ter, lett. c), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, e dall’ art. 38, comma 3, lett. c), nn. 1) e 2), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164. Successivamente, il presente punto è stato così sostituito dall’ art. 22, comma 4, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1706) Lettera abrogata dall’ art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

(1707) Vedi, anche, le linee guida emanate con D.M. 30 marzo 2015.

 


Allegati alla parte seconda
Allegato IV-bis - Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale di cui all'articolo 19 (1708)

In vigore dal 21 luglio 2017

1. Descrizione del progetto, comprese in particolare:

a) la descrizione delle caratteristiche fisiche dell'insieme del progetto e, ove pertinente, dei lavori di demolizione;

b) la descrizione della localizzazione del progetto, in particolare per quanto riguarda la sensibilità ambientale delle aree geografiche che potrebbero essere interessate.

2. La descrizione delle componenti dell'ambiente sulle quali il progetto potrebbe avere un impatto rilevante.

3. La descrizione di tutti i probabili effetti rilevanti del progetto sull'ambiente, nella misura in cui le informazioni su tali effetti siano disponibili, risultanti da:

a) i residui e le emissioni previste e la produzione di rifiuti, ove pertinente;

b) l'uso delle risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità.

4. Nella predisposizione delle informazioni e dei dati di cui ai punti da 1 a 3 si tiene conto, se del caso, dei criteri contenuti nell'allegato V.

5. Lo Studio Preliminare Ambientale tiene conto, se del caso, dei risultati disponibili di altre pertinenti valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base alle normative europee, nazionali e regionali e può contenere una descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure previste per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi.


(1708) Allegato inserito dall’ art. 22, comma 5, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato V - Criteri per la verifica di assoggettabilità di cui all'art. 19 (1709)

In vigore dal 21 luglio 2017

1. Caratteristiche dei progetti.

Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:

a) delle dimensioni e della concezione dell'insieme del progetto;

b) del cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati;

c) dell'utilizzazione di risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità;

d) della produzione di rifiuti;

e) dell'inquinamento e disturbi ambientali;

f) dei rischi di gravi incidenti e/o calamità attinenti al progetto in questione, inclusi quelli dovuti al cambiamento climatico, in base alle conoscenze scientifiche;

g) dei rischi per la salute umana quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelli dovuti alla contaminazione dell'acqua o all'inquinamento atmosferico.

2. Localizzazione dei progetti.

Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell'impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:

a) dell'utilizzazione del territorio esistente e approvato;

b) della ricchezza relativa, della disponibilità, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona (comprendenti suolo, territorio, acqua e biodiversità) e del relativo sottosuolo;

c) della capacità di carico dell'ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:

c1) zone umide, zone riparie, foci dei fiumi;

c2) zone costiere e ambiente marino;

c3) zone montuose e forestali;

c4) riserve e parchi naturali;

c5) zone classificate o protette dalla normativa nazionale; i siti della rete Natura 2000;

c6) zone in cui si è già verificato, o nelle quali si ritiene che si possa verificare, il mancato rispetto degli standard di qualità ambientale pertinenti al progetto stabiliti dalla legislazione dell'Unione;

c7) zone a forte densità demografica;

c8) zone di importanza paesaggistica, storica, culturale o archeologica;

c9) territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

3. Tipologia e caratteristiche dell'impatto potenziale.

I potenziali impatti ambientali dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 del presente allegato con riferimento ai fattori di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto, e tenendo conto, in particolare:

a) dell'entità ed estensione dell'impatto quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, area geografica e densità della popolazione potenzialmente interessata;

b) della natura dell'impatto;

c) della natura transfrontaliera dell'impatto;

d) dell'intensità e della complessità dell'impatto;

e) della probabilità dell'impatto;

f) della prevista insorgenza, durata, frequenza e reversibilità dell'impatto;

g) del cumulo tra l'impatto del progetto in questione e l'impatto di altri progetti esistenti e/o approvati;

h) della possibilità di ridurre l'impatto in modo efficace.


(1709) Allegato sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII. Successivamente, il presente allegato è stato così sostituito dall’ art. 22, comma 6, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato VI - Contenuti del rapporto ambientale di cui all'art. 13 (1710)

In vigore dal 13 febbraio 2008

Le informazioni da fornire con i rapporti ambientali che devono accompagnare le proposte di piani e di programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica sono:

a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi;

b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o del programma;

c) caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate;

d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, quali le zone designate come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e dalla flora e della fauna selvatica, nonché i territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;

e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale;

f) possibili impatti significativi sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori. Devono essere considerati tutti gli impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi;

g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali impatti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o del programma;

h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o difficoltà derivanti dalla novità dei problemi e delle tecniche per risolverli) nella raccolta delle informazioni richieste;

i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall'attuazione dei piani o del programma proposto definendo, in particolare, le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare;

j) sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.


(1710) Allegato inserito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato VII - Contenuti dello Studio di Impatto Ambientale di cui all'articolo 22 (1711)

In vigore dal 21 luglio 2017

1. Descrizione del progetto, comprese in particolare:

a) la descrizione dell'ubicazione del progetto, anche in riferimento alle tutele e ai vincoli presenti;

b) una descrizione delle caratteristiche fisiche dell'insieme del progetto, compresi, ove pertinenti, i lavori di demolizione necessari, nonché delle esigenze di utilizzo del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento;

c) una descrizione delle principali caratteristiche della fase di funzionamento del progetto e, in particolare dell'eventuale processo produttivo, con l'indicazione, a titolo esemplificativo e non esaustivo, del fabbisogno e del consumo di energia, della natura e delle quantità dei materiali e delle risorse naturali impiegate (quali acqua, territorio, suolo e biodiversità);

d) una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, inquinamento dell'acqua, dell'aria, del suolo e del sottosuolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione, e della quantità e della tipologia di rifiuti prodotti durante le fasi di costruzione e di funzionamento;

e) la descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi, e delle altre tecniche previste per prevenire le emissioni degli impianti e per ridurre l'utilizzo delle risorse naturali, confrontando le tecniche prescelte con le migliori tecniche disponibili.

2. Una descrizione delle principali alternative ragionevoli del progetto (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelle relative alla concezione del progetto, alla tecnologia, all'ubicazione, alle dimensioni e alla portata) prese in esame dal proponente, compresa l'alternativa zero, adeguate al progetto proposto e alle sue caratteristiche specifiche, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale, e la motivazione della scelta progettuale, sotto il profilo dell'impatto ambientale, con una descrizione delle alternative prese in esame e loro comparazione con il progetto presentato.

3. La descrizione degli aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente (scenario di base) e una descrizione generale della sua probabile evoluzione in caso di mancata attuazione del progetto, nella misura in cui i cambiamenti naturali rispetto allo scenario di base possano essere valutati con uno sforzo ragionevole in funzione della disponibilità di informazioni ambientali e conoscenze scientifiche.

4. Una descrizione dei fattori specificati all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto potenzialmente soggetti a impatti ambientali dal progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, salute umana, biodiversità (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, fauna e flora), al territorio (quale, a titolo esemplificativo e non esaustivo, sottrazione del territorio), al suolo (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, erosione, diminuzione di materia organica, compattazione, impermeabilizzazione), all'acqua (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, modificazioni idromorfologiche, quantità e qualità), all'aria, ai fattori climatici (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, emissioni di gas a effetto serra, gli impatti rilevanti per l'adattamento), ai beni materiali, al patrimonio culturale, al patrimonio agroalimentare, al paesaggio, nonché all'interazione tra questi vari fattori.

5. Una descrizione dei probabili impatti ambientali rilevanti del progetto proposto, dovuti, tra l'altro:

a) alla costruzione e all'esercizio del progetto, inclusi, ove pertinenti, i lavori di demolizione;

b) all'utilizzazione delle risorse naturali, in particolare del territorio, del suolo, delle risorse idriche e della biodiversità, tenendo conto, per quanto possibile, della disponibilità sostenibile di tali risorse;

c) all'emissione di inquinanti, rumori, vibrazioni, luce, calore, radiazioni, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti;

d) ai rischi per la salute umana, il patrimonio culturale, il paesaggio o l'ambiente (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, in caso di incidenti o di calamità);

e) al cumulo con gli effetti derivanti da altri progetti esistenti e/o approvati, tenendo conto di eventuali criticità ambientali esistenti, relative all'uso delle risorse naturali e/o ad aree di particolare sensibilità ambientale suscettibili di risentire degli effetti derivanti dal progetto;

f) all'impatto del progetto sul clima (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, natura ed entità delle emissioni di gas a effetto serra) e alla vulnerabilità del progetto al cambiamento climatico;

g) alle tecnologie e alle sostanze utilizzate.

La descrizione dei possibili impatti ambientali sui fattori specificati all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto include sia effetti diretti che eventuali effetti indiretti, secondari, cumulativi, transfrontalieri, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto. La descrizione deve tenere conto degli obiettivi di protezione dell'ambiente stabiliti a livello di Unione o degli Stati membri e pertinenti al progetto.

6. La descrizione da parte del proponente dei metodi di previsione utilizzati per individuare e valutare gli impatti ambientali significativi del progetto, incluse informazioni dettagliate sulle difficoltà incontrate nel raccogliere i dati richiesti (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, carenze tecniche o mancanza di conoscenze) nonché sulle principali incertezze riscontrate.

7. Una descrizione delle misure previste per evitare, prevenire, ridurre o, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi identificati del progetto e, ove pertinenti, delle eventuali disposizioni di monitoraggio (quale, a titolo esemplificativo e non esaustivo, la preparazione di un'analisi ex post del progetto). Tale descrizione deve spiegare in che misura gli impatti ambientali significativi e negativi sono evitati, prevenuti, ridotti o compensati e deve riguardare sia le fasi di costruzione che di funzionamento.

8. La descrizione degli elementi e dei beni culturali e paesaggistici eventualmente presenti, nonché dell'impatto del progetto su di essi, delle trasformazioni proposte e delle misure di mitigazione e compensazione eventualmente necessarie.

9. Una descrizione dei previsti impatti ambientali significativi e negativi del progetto, derivanti dalla vulnerabilità del progetto ai rischi di gravi incidenti e/o calamità che sono pertinenti per il progetto in questione. A tale fine potranno essere utilizzate le informazioni pertinenti disponibili, ottenute sulla base di valutazioni del rischio effettuate in conformità della legislazione dell'Unione (a titolo e non esaustivo la direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio o la direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio), ovvero di valutazioni pertinenti effettuate in conformità della legislazione nazionale, a condizione che siano soddisfatte le prescrizioni del presente decreto. Ove opportuno, tale descrizione dovrebbe comprendere le misure previste per evitare o mitigare gli impatti ambientali significativi e negativi di tali eventi, nonché dettagli riguardanti la preparazione a tali emergenze e la risposta proposta.

10. Un riassunto non tecnico delle informazioni trasmesse sulla base dei punti precedenti.

11. Un elenco di riferimenti che specifichi le fonti utilizzate per le descrizioni e le valutazioni incluse nello Studio di Impatto Ambientale.

12. Un sommario delle eventuali difficoltà, quali lacune tecniche o mancanza di conoscenze, incontrate dal proponente nella raccolta dei dati richiesti e nella previsione degli impatti di cui al punto 5.


(1711) Allegato inserito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII. Successivamente, il presente allegato è stato così sostituito dall’ art. 22, comma 7, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all’ art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato VIII (1712) (1713)

In vigore dal 11 aprile 2014

Inquadramento generale

A- Le installazioni, gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi non rientrano nel Titolo III-bis alla Parte Seconda.

B- I valori soglia riportati di seguito si riferiscono in genere alle capacità di produzione o alla resa. Qualora uno stesso gestore ponga in essere varie attività elencate alla medesima voce in una stessa installazione o in una stessa località, si sommano le capacità di tali attività. Per le attività di gestione dei rifiuti, tale calcolo si applica al livello delle attività 5.1 e 5.3, lettere a) e b).

C - Nell'ambito delle categorie di attività di cui al punto 4 (industria chimica), si intende per produzione la produzione su scala industriale mediante trasformazione chimica o biologica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a 4.6.

D- In mancanza di specifici indirizzi interpretativi emanati ai sensi dell'articolo 29-quinquies e di linee guida interpretative emanate dalla Commissione Europea, le autorità competenti valuteranno autonomamente:

a) il rapporto tra le attività di gestione dei rifiuti descritte nel presente Allegato e quelle descritte agli Allegati B e C alla Parte Quarta; e

b) l'interpretazione del termine “scala industriale” in riferimento alle attività dell'industria chimica descritte nel presente Allegato.

Categorie di attività di cui all'articolo 6, comma 13.

1. Attività energetiche

1.1. Combustione di combustibili in installazione con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 50 MW

1.2. Raffinazione di petrolio e di gas

1.3. Produzione di coke

1.4. Gassificazione o liquefazione di:

a) carbone;

b) altri combustibili in installazioni con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 20 MW.

1.4-bis attività svolte su terminali di rigassificazione e altre installazioni localizzate in mare su piattaforme off-shore, esclusi quelli che non effettuino alcuno scarico (ai sensi del Capo II del Titolo IV alla Parte Terza) e le cui emissioni in atmosfera siano esclusivamente riferibili ad impianti ed attività scarsamente rilevanti di cui alla Parte I dell'Allegato IV alla Parte Quinta.

2. Produzione e trasformazione dei metalli

2.1. Arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici compresi i minerali solforati

2.2. Produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 Mg all'ora

2.3. Trasformazione di metalli ferrosi mediante:

a) attività di laminazione a caldo con una capacità superiore a 20 Mg di acciaio grezzo all'ora;

b) attività di forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorché la potenza calorifica è superiore a 20 MW;

c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 Mg di acciaio grezzo all'ora.

2.4. Funzionamento di fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 Mg al giorno.

2.5. Lavorazione di metalli non ferrosi:

a) produzione di metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici;

b) fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero e funzionamento di fonderie di metalli non ferrosi, con una capacità di fusione superiore a 4 Mg al giorno per il piombo e il cadmio o a 20 Mg al giorno per tutti gli altri metalli;

2.6. Trattamento di superficie di metalli o materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a 30 m3.

3. Industria dei prodotti minerali

3.1. Produzione di cemento, calce viva e ossido di magnesio

a) Produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 Mg al giorno oppure altri forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 Mg al giorno;

b) produzione di calce viva in forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 Mg al giorno;

c) produzione di ossido di magnesio in forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 Mg al giorno.

3.2. Produzione di amianto o fabbricazione di prodotti dell'amianto

3.3. Fabbricazione del vetro compresa la produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 Mg al giorno

3.4. Fusione di sostanze minerali compresa la produzione di fibre minerali, con una capacità di fusione di oltre 20 Mg al giorno

3.5. Fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane con una capacità di produzione di oltre 75 Mg al giorno.

4. Industria chimica

4.1. Fabbricazione di prodotti chimici organici, e in particolare:

a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici);

b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri e miscele di esteri, acetati, eteri, perossidi e resine epossidiche;

c) idrocarburi solforati;

d) idrocarburi azotati, segnatamente amine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati;

e) idrocarburi fosforosi;

f) idrocarburi alogenati;

g) composti organometallici;

h) materie plastiche (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa);

i) gomme sintetiche;

l) sostanze coloranti e pigmenti;

m) tensioattivi e agenti di superficie.

4.2. Fabbricazione di prodotti chimici inorganici, e in particolare:

a) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro e fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile;

b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati;

c) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio;

d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento;

e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio.

4.3. Fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti)

4.4. Fabbricazione di prodotti fitosanitari o di biocidi

4.5. Fabbricazione di prodotti farmaceutici compresi i prodotti intermedi

4.6. Fabbricazione di esplosivi

5. Gestione dei rifiuti

5.1. Lo smaltimento o il recupero di rifiuti pericolosi, con capacità di oltre 10 Mg al giorno, che comporti il ricorso ad una o più delle seguenti attività:

a) trattamento biologico;

b) trattamento fisico-chimico;

c) dosaggio o miscelatura prima di una delle altre attività di cui ai punti 5.1 e 5.2;

d) ricondizionamento prima di una delle altre attività di cui ai punti 5.1 e 5.2;

e) rigenerazione/recupero dei solventi;

f) rigenerazione/recupero di sostanze inorganiche diverse dai metalli o dai composti metallici;

g) rigenerazione degli acidi o delle basi;

h) recupero dei prodotti che servono a captare le sostanze inquinanti;

i) recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori;

j) rigenerazione o altri reimpieghi degli oli;

k) lagunaggio.

5.2. Smaltimento o recupero dei rifiuti in impianti di incenerimento dei rifiuti o in impianti di coincenerimento dei rifiuti:

a) per i rifiuti non pericolosi con una capacità superiore a 3 Mg all'ora;

b) per i rifiuti pericolosi con una capacità superiore a 10 Mg al giorno.

5.3.

a) Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 50 Mg al giorno, che comporta il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell'Allegato 5 alla Parte Terza:

1) trattamento biologico;

2) trattamento fisico-chimico;

3) pretrattamento dei rifiuti destinati all'incenerimento o al coincenerimento;

4) trattamento di scorie e ceneri;

5) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

b) Il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 75 Mg al giorno, che comportano il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell'Allegato 5 alla Parte Terza:

1) trattamento biologico;

2) pretrattamento dei rifiuti destinati all'incenerimento o al coincenerimento;

3) trattamento di scorie e ceneri;

4) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

Qualora l'attività di trattamento dei rifiuti consista unicamente nella digestione anaerobica, la soglia di capacità di siffatta attività è fissata a 100 Mg al giorno.

5.4. Discariche, che ricevono più di 10 Mg di rifiuti al giorno o con una capacità totale di oltre 25000 Mg, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti.

5.5. Accumulo temporaneo di rifiuti pericolosi non contemplati al punto 5.4 prima di una delle attività elencate ai punti 5.1, 5.2, 5.4 e 5.6 con una capacità totale superiore a 50 Mg, eccetto il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono generati i rifiuti.

5.6. Deposito sotterraneo di rifiuti pericolosi con una capacità totale superiore a 50 Mg.

6. Altre attività

6.1. Fabbricazione in installazioni industriali di:

a) pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

b) carta o cartoni con capacità di produzione superiore a 20 Mg al giorno;

c) uno o più dei seguenti pannelli a base di legno: pannelli a fibre orientate (pannelli OSB), pannelli truciolari o pannelli di fibre, con una capacità di produzione superiore a 600 m3 al giorno.

6.2. Pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o tintura di fibre tessili o di tessili la cui capacità di trattamento supera le 10 Mg al giorno.

6.3. Concia delle pelli qualora la capacità di trattamento superi le 12 Mg al giorno di prodotto finito.

6.4.

a) Funzionamento di macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 Mg al giorno;

b) Escluso il caso in cui la materia prima sia esclusivamente il latte, trattamento e trasformazione, diversi dal semplice imballo, delle seguenti materie prime, sia trasformate in precedenza sia non trasformate destinate alla fabbricazione di prodotti alimentari o mangimi da:

1) solo materie prime animali (diverse dal semplice latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 Mg al giorno;

2) solo materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 Mg al giorno o 600 Mg al giorno se l'installazione è in funzione per un periodo non superiore a 90 giorni consecutivi all'anno;

3) materie prime animali e vegetali, sia in prodotti combinati che separati, quando, detta “A” la percentuale (%) in peso della materia animale nei prodotti finiti, la capacità di produzione di prodotti finiti in Mg al giorno è superiore a;

- 75 se A è pari o superiore a 10; oppure

- [300 - (22,5 x A)] in tutti gli altri casi

L'imballaggio non è compreso nel peso finale del prodotto.

c) Trattamento e trasformazione esclusivamente del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 Mg al giorno (valore medio su base annua).

6.5. Lo smaltimento o il riciclaggio di carcasse o di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 Mg al giorno.

6.6. Allevamento intensivo di pollame o di suini:

a) con più di 40000 posti pollame;

b) con più di 2000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg); o

c) con più di 750 posti scrofe.

6.7. Trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare, stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacità di consumo di solventi organici superiore a 150 kg all'ora o a 200 Mg all'anno.

6.8. Fabbricazione di carbonio (carbone duro) o grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione.

6.9. Cattura di flussi di CO2 provenienti da installazioni che rientrano nel presente Allegato ai fini dello stoccaggio geologico in conformità decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162.

6.10. Conservazione del legno e dei prodotti in legno con prodotti chimici con una capacità di produzione superiore a 75 m3 al giorno eccetto il trattamento esclusivamente contro l'azzurratura.

6.11. Attività di trattamento a gestione indipendente di acque reflue non coperte dalle norme di recepimento della direttiva 91/271/CEE, ed evacuate da un'installazione in cui è svolta una delle attività di cui al presente Allegato.


(1712) Allegato inserito dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, modificato dall'art. 35, comma 10, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011, e dall'art. 24, comma 1, lett. i), D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35. Infine il presente allegato è stato così sostituito dall’ art. 26, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1713) Vedi, anche, l’ art. 29, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato IX - Elenco delle autorizzazioni ambientali sostituite dalla autorizzazione integrata ambientale (1714)

In vigore dal 11 aprile 2014

1. Autorizzazione alle emissioni in atmosfera, fermi restando i profili concernenti aspetti sanitari (titolo I della parte quinta del presente decreto).

2. Autorizzazione allo scarico (Capo II del Titolo IV della Parte Terza).

3. Autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (articoli 208 e 210)

4. Autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti PCB-PCT (decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, articolo 7).

5. Autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura (decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, articolo 9)

6. Autorizzazione allo scarico rilasciata dal Magistrato alle Acque di Venezia, limitatamente alle condizioni di esercizio degli scarichi idrici e alle modalità di controllo di tali condizioni (decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96, convertito con modificazioni nella legge 31 maggio 1995, n. 206, articolo 2, comma 2).


(1714) Allegato inserito dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 26, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato X - Elenco indicativo delle principali sostanze inquinanti di cui è obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori limite di emissione (1715)

In vigore dal 11 aprile 2014

Aria:

1. Ossidi di zolfo e altri composti dello zolfo.

2. Ossidi di azoto e altri composti dell'azoto.

3. Monossido di carbonio.

4. Composti organici volatili.

5. Metalli e relativi composti.

6. Polveri, comprese le particelle sottili. (1716)

7. Amianto (particelle in sospensione e fibre).

8. Cloro e suoi composti.

9. Fluoro e suoi composti.

10. Arsenico e suoi composti.

11. Cianuri.

12. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione quando sono immessi nell'atmosfera.

13. Policlorodibenzodiossina (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF).

Acqua:

1. Composti organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell'ambiente idrico.

2. Composti organofosforici.

3. Composti organici dello stagno.

4. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione in ambiente idrico o con il concorso dello stesso.

5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili.

6. Cianuri.

7. Metalli e loro composti.

8. Arsenico e suoi composti.

9. Biocidi e prodotti fitosanitari. (1716)

10. Materie in sospensione.

11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (nitrati e fosfati, in particolare).

12. Sostanze che esercitano un'influenza sfavorevole sul bilancio di ossigeno (misurabili con parametri quali BOD, COD).

13. sostanze prioritarie di cui all'articolo 74, comma 2, lettera ff). (1717)


(1715) Allegato inserito dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1716) Punto così modificato dall’ art. 26, comma 3, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1717) Punto aggiunto dall’ art. 26, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato XI - Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito all'art. 5, comma 1, lettera 1-ter), tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione. (1718)

In vigore dal 11 aprile 2014

1. Impiego di tecniche a scarsa produzione di rifiuti.

2. Impiego di sostanze meno pericolose.

3. Sviluppo di tecniche per il ricupero e il riciclo delle sostanze emesse e usate nel processo, e, ove opportuno, dei rifiuti.

4. Processi, sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con successo su scala industriale.

5. Progressi in campo tecnico e evoluzione, delle conoscenze in campo scientifico.

6. Natura, effetti e volume delle emissioni in questione.

7. Date di messa in funzione degli impianti nuovi o esistenti.

8. Tempo necessario per utilizzare una migliore tecnica disponibile.

9. Consumo e natura delle materie prime ivi compresa l'acqua usata nel processo e efficienza energetica.

10. Necessità di prevenire o di ridurre al minimo l'impatto globale sull'ambiente delle emissioni e dei rischi.

11. Necessità di prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze per l'ambiente.

12. Indicazioni dei documenti di riferimento sulle BAT (BREF) già pubblicati, informazioni diffuse ai sensi dell'articolo 29-tedecies, comma 4, nonché altre informazioni pubblicate dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE, o da organizzazioni internazionali pubbliche. (1719)


(1718) Allegato inserito dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1719) Punto così sostituito dall’ art. 26, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato XII - Categorie di impianti relativi alle attività industriali di cui all'allegato 8, soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale (1720)

In vigore dal 13 settembre 2014

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate (Mg) al giorno di carbone o di scisti bituminosi.

2) Centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW nonché quelli facenti parte della rete nazionale dei gasdotti con potenza termica di almeno 50 MW. (1721)

3) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio.

4) Impianti chimici con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie di seguito indicate:

5) Impianti funzionalmente connessi a uno degli impianti di cui ai punti precedenti, localizzati nel medesimo sito e gestiti dal medesimo gestore, che non svolgono attività di cui all'allegato VIII;

6) Altri impianti rientranti nelle categorie di cui all'allegato VIII localizzati interamente in mare.


(1720) Allegato inserito dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1721) Punto così modificato dall’ art. 37, comma 2, lett. d), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

 


Allegati alla Parte Seconda
Allegato XII-bis - Linee guida sui criteri da tenere in considerazione per l'applicazione dell'articolo 29-sexies, comma 9-bis (1722)

In vigore dal 11 aprile 2014

Le deroghe di cui all'articolo 29-sexies, comma 9-bis, sono tipicamente ammesse nei seguenti casi, resi evidenti da un'analisi costi-benefici allegata all'istanza e verificata dall'autorità competente nel corso dell'istruttoria:

a) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non garantisce alcun effetto benefico nello specifico contesto ambientale, se confrontato alle prestazioni garantite con l'autorizzazione in corso di definizione;

b) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non garantisce, rispetto alle prestazioni garantite con l'autorizzazione in corso di definizione, significativi effetti benefici nello specifico contesto ambientale, mentre di contro richiede notevoli investimenti da parte del gestore;

c) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL permetterebbe di conseguire benefici effetti ambientali che, nello specifico contesto, possono essere garantiti negli stessi tempi e con investimenti notevolmente minori finanziando azioni di soggetti non sottoposti alla disciplina IPPC;

d) il particolare assetto impiantistico o i vincoli determinati dalla collocazione geografica dell'installazione (prescrizioni paesaggistiche di VIA ad es.) determinano un costo di implementazione delle migliori tecniche disponibili di riferimento sproporzionato rispetto a quello medio richiesto alle altre installazioni del settore;

e) il particolare assetto impiantistico o la collocazione geografica fanno sì che il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non possa essere conseguito con la sola implementazione delle migliori tecniche disponibili di riferimento;

f) è opportuno concedere al gestore una dilazione dei tempi per il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL per consentirgli di raggiungere il punto di pareggio in relazione agli investimenti già effettuati, per l'adeguamento alle migliori tecniche disponibili, in attuazione della autorizzazione in corso di rinnovo o riesame;

g) è opportuno concedere al gestore una dilazione dei tempi per il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL per consentirgli di raggiungere almeno il punto di pareggio in relazione agli investimenti già effettuati, in considerazione di particolari caratteristiche tecniche delle installazioni e dei processi produttivi che rendono possibile l'applicazione di talune BAT solo attraverso il completo rifacimento delle unità tecniche interessate, e non solo delle parti oggetto delle BAT;

h) degli impianti e dei processi produttivi che rendono possibile l'applicazione di talune BAT solo attraverso il completo rifacimento delle unità produttive;

i) l'installazione, o la parte di installazione, è utilizzata per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti o processi;

j) altri casi particolari legati ad assetto impiantistico, contesto ambientale e collocazione geografica, riconosciuti dall'autorità competente.


(1722) Allegato inserito dall’ art. 26, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale (1734)

Il presente allegato stabilisce i criteri per il monitoraggio e la classificazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei

1. CARATTERIZZAZIONE DEI CORPI IDRICI

1.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI

I corpi idrici superficiali vengono caratterizzati e individuati secondo quanto riportato in Allegato 3

1.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI

Identificazione e caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei

Parte A - Identificazione dei corpi idrici

L’identificazione dei corpi idrici sotterranei è necessaria ai fini dell’attuazione del presente decreto.

L’identificazione dei complessi idrogeologici e quindi degli acquiferi rappresenta la fase propedeutica alla identificazione dei corpi idrici sotterranei.

E’ stato definito un percorso di caratterizzazione che porta alla individuazione dei corpi idrici partendo dai complessi idrogeologici di cui alla Tabella 1, passando per gli acquiferi che rappresentano gli elementi di riferimento già in larga parte individuati dalle Regioni.

A.1 Identificazione dei complessi idrogeologici

Sulla base dei criteri generali univoci utili per giungere alla definizione dei corpi idrici sotterranei sono state definite sette tipologie di complessi idrogeologici partendo dalla Carta delle risorse idriche sotterranee di Mouton che costituisce il quadro di riferimento nazionale omogeneo.

Tali tipologie sono state definite tenendo in considerazione gli elementi caratterizzanti i complessi idrogeologici (litologia e assetto idrogeologico) e i parametri descrittivi come la produttività, la facies idrochimica, i contaminanti naturali, la vulnerabilità e l’impatto antropico (tabella 1).

Acronimo Complessi idrogeologici
DQ Alluvioni delle depressioni quaternarie
AV Alluvioni vallive
CA Calcari
VU Vulcaniti
DET Formazioni detritiche degli altipiani plio-quaternarie
LOC Acquiferi locali
STE Formazioni sterili

Tabella 1 J.J. Fried, J. Mouton, F. Mangano (1982)

Tali sette tipologie di Complessi Idrogeologici rappresentano il quadro ove ricollocare gli acquiferi e, successivamente, i corpi idrici sotterranei secondo lo schema di massima, di seguito riportato.

*Unità di bilancio: dominio dotato di una comprovata unità stratigrafica e/o strutturale, al cui limite si verificano condizioni che annullano od ostacolano le possibilità di interscambi idrici sotterranei e che al suo interno può contenere uno o più corpi idrici.

L’individuazione dei limiti delle unità di bilancio è un processo iterativo che le Regioni perfezionano nel corso del tempo.

A.2 Criteri per l’identificazione degli acquiferi

L’identificazione degli acquiferi viene effettuata sulla base di criteri idrogeologici. L’elaborazione di un modello concettuale permetterà di pervenire ad un bilancio in termini di entrate e di uscite ed alla valutazione della vulnerabilità, tenendo conto delle pressioni antropiche.

La complessità ed il dettaglio del modello aumentano gradualmente all’aumentare delle conoscenze e vengono approfondite nel tempo durante le fasi di caratterizzazione e di monitoraggio.

L’identificazione degli acquiferi deve comunque soddisfare 2 criteri: flusso significativo e quantità significativa.

Se uno o entrambi i criteri sono soddisfatti, le unità stratigrafiche sono da considerarsi acquifero.

Detti criteri per l’identificazione degli acquiferi sono illustrati nello schema seguente (Fig. 1):

Figura 1: schema per l’identificazione degli acquiferi

A.3 Delimitazione dei corpi idrici

La delimitazione dei corpi idrici sotterranei deve assicurare che vengano raggiunti gli obiettivi di qualità ambientale di cui all’ articolo 76 del decreto n. 152 del 2006 ed una descrizione appropriata dello stato chimico e quantitativo delle acque sotterranee. Il Corpo Idrico sotterraneo è per definizione «un volume distinto di acque sotterranee contenuto da uno o più acquiferi». Deve essere individuato come quella massa di acqua caratterizzata da omogeneità nello stato ambientale (qualitativo e/o quantitativo), tale da permettere, attraverso l’interpretazione delle misure effettuate in un numero significativo di stazioni di campionamento, di valutarne lo stato e di individuare il trend. Può essere coincidente con l’acquifero che lo contiene, può esserne una parte, ovvero corrispondere a più acquiferi diversi o loro porzioni.

Le definizioni di acquifero e di corpo idrico sotterraneo permettono di identificare i corpi idrici sotterranei sia separatamente, all’interno di strati diversi che si sovrappongono su un piano verticale, sia come singolo corpo idrico che si estende tra i diversi strati. Un corpo idrico sotterraneo può essere all’interno di uno o più acquiferi, come, ad esempio, nel caso di due acquiferi adiacenti caratterizzati da pressioni simili e contenenti acque con caratteristiche qualitative e quantitative analoghe.

I corpi idrici devono essere delimitati in modo da permettere una descrizione appropriata ed affidabile dello stato quantitativo e chimico delle acque sotterranee.

La valutazione dello stato quantitativo è facilitata se i corpi idrici sotterranei sono delimitati in modo tale che qualsiasi flusso di acqua sotterranea da un corpo idrico ad un altro è talmente piccolo da poter essere trascurato nei calcoli dei bilanci idrici oppure può essere stimato con sufficiente precisione.

Le Regioni devono tenere conto delle caratteristiche specifiche degli acquiferi quando procedono alla delimitazione dei corpi idrici sotterranei. Per esempio, le caratteristiche del flusso di alcuni strati geologici, quali il substrato carsico e fratturato, sono molto più difficili da prevedere rispetto ad altre. La delimitazione dei corpi idrici deve essere vista come un processo iterativo, da perfezionare nel corso del tempo, nella misura necessaria per valutare e gestire adeguatamente i rischi del non raggiungimento degli obiettivi ambientali.

Potrebbe anche presentarsi il caso di un flusso consistente tra strati con caratteristiche molto differenti (per esempio, i complessi carsici e l'arenaria). Le proprietà diverse di questi strati potrebbero richiedere approcci diversi di gestione per il raggiungimento degli obiettivi preposti. In questo caso, le Regioni possono delimitare i confini dei corpi idrici in modo che coincidano con i confini tra gli strati. Nel far ciò devono, comunque, assicurare una adeguata valutazione dello stato quantitativo.

A.4 Criteri per la delimitazione dei corpi idrici sotterranei

La delimitazione dei corpi idrici sotterranei si basa inizialmente su criteri di tipo fisico ed è successivamente perfezionata sulla base di informazioni concernenti lo stato di qualità ambientale.

Due sono, quindi, i criteri generali che si basano sui seguenti elementi:

a. confini idrogeologici;

b. differenze nello stato di qualità ambientale.

CRITERIO a)

Possono essere assunti come punto di partenza per la identificazione geografica dei corpi idrici i limiti geologici. Nei casi in cui la descrizione dello stato e/o il raggiungimento degli obiettivi ambientali richiedano una maggiore suddivisione ovvero non sia possibile identificare un limite geologico, si possono utilizzare, ad esempio, lo spartiacque sotterraneo o le linee di flusso.

CRITERIO b)

Differenze nello stato di qualità ambientale: gli obiettivi di qualità dei corpi idrici sotterranei e le misure necessarie per raggiungerli dipendono dallo stato di qualità esistente. I corpi idrici sotterranei devono essere unità con uno stato chimico ed uno stato quantitativo ben definiti. Quindi, significative variazioni di stato di qualità all’interno di acque sotterranee devono essere prese in considerazione per individuare i confini dei corpi idrici, procedendo, ove necessario, ad una suddivisione in corpi idrici di dimensioni minori. Qualora le differenze nello stato di qualità si riducano durante un ciclo di pianificazione, si può procedere alla riunificazione dei corpi idrici precedentemente identificati in vista dei successivi cicli di pianificazione. Laddove, invece, lo stato di qualità sia omogeneo possono essere delimitati estesi corpi idrici sotterranei. Detti confini possono essere ridefiniti ad ogni revisione del Piano di gestione dei Bacini Idrografici ma devono restare fissi per il periodo di durata di ciascun piano.

Qualora non siano disponibili informazioni sufficienti alla valutazione dello stato di qualità ambientale nelle fasi iniziali di attuazione del presente decreto, per individuare i confini dei corpi idrici sotterranei, si usano le analisi su pressioni ed impatti come indicatori dello stato di qualità.

Con il miglioramento delle conoscenze relative allo stato delle acque, i confini dei corpi idrici devono essere modificati prima della pubblicazione di ciascun Piano di gestione dei Bacini Idrografici, ogni 6 anni.

La suddivisione delle acque sotterranee in corpi idrici sotterranei è quindi una questione che le Regioni devono decidere sulla base delle caratteristiche particolari del loro territorio.

Nel prendere tali decisioni sarà necessario trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza di descrivere adeguatamente lo stato delle acque sotterranee e la necessità di evitare una suddivisione degli acquiferi in un numero di corpi idrici impossibile da gestire.

A.5 Procedura suggerita per l'applicazione pratica del termine corpo idrico sotterraneo

La figura 2 suggerisce un procedimento iterativo e gerarchico per l’identificazione dei corpi idrici sotterranei, basato sui principi descritti nel presente Allegato.

Fig. 2 - Procedura suggerita per l’identificazione dei corpi idrici sotterranei Identificazione degli acquiferi

2. MODALITA' PER LA CLASSIFICAZIONE DELLO STATO DI QUALITA' DEI CORPI IDRICI

A - STATO DELLE ACQUE SUPERFICIALI

A.1. Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico

A.1.1 - Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico per fiumi, laghi, acque di transizione e acque marino-costiere.

  FIUMI LAGHI TRANSIZIONE MARINO COSTIERE
ELEMENTI BIOLOGICI        
Composizione e abbondanza della flora acquatica X      
Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici. Per le acque marine-costiere segnalazione anche dei taxa sensibili. X X X X
Composizione e abbondanza della fauna ittica. Per i fiumi e i laghi individuazione anche della struttura di età della fauna ittica. X X X  
Composizione abbondanza e biomassa del fitoplancton. Per le acque marino-costiere segnalazione inoltre di fioriture di specie potenzialmente tossiche o nocive.   X X X
Composizione e abbondanza dell'altra flora acquatica. Per le acque marino-costiere individuazione anche della copertura della flora e segnalazione di taxa sensibili.   X X X
ELEMENTI IDROMORFOLOGICI A SOSTEGNO DEGLI ELEMENTI BIOLOGICI
REGIME IDROLOGICO
volume e dinamica del flusso idrico X      
connessione con il corpo idrico sotterraneo X X    
escursioni di livello   X    
tempo di residenza   X    
REGIME DI MAREA
flusso di acqua dolce     X  
Scambio con il mare     X  
Regime correntometrico       X
Continuità fluviale X      
CONDIZIONI MORFOLOGICHE        
variazione della profondità e della larghezza del fiume X      
struttura e substrato dell'alveo X      
struttura della zona ripariale, e per i laghi anche della costa X X    
variazione della profondità   X    
struttura e tessitura del sedimento per i laghi. Natura e composizione del substrato per transizione e marino costiere   X X X
profondità     X X
struttura della zona intertidale     X  
morfologia del fondale       X
ELEMENTI CHIMICI E FISICO-CHIMICI A SOSTEGNO DEGLI ELEMENTI BIOLOGICI
Elementi generali        
Trasparenza   X X X
Condizioni termiche - Temperatura per marino costiere X X X X
Condizioni di ossigenazione - Ossigeno disciolto per marino costiere X X X X
Conducibilità X X    
Stato di acidificazione X X    
Condizioni dei nutrienti X X X X
Salinità     X X
INQUINANTI SPECIFICI
Inquinamento da altre sostanze non appartenenti all’elenco di priorità di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative X X X X

A. 1. 2 Corpi idrici superficiali artificiali e corpi idrici fortemente modificati

Per i corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati si utilizzano gli elementi di qualità applicabili a quella delle suesposte quattro categorie di acque superficiali naturali che più si accosta al corpo idrico artificiale o fortemente modificato in questione.

A.2. Definizioni normative per la classificazione dello stato ecologico

Tabella A.2. Definizione generale per fiumi, laghi, acque di transizione e acque costiere

Il testo seguente fornisce una definizione generale della qualità ecologica. Ai fini della classificazione i valori degli elementi di qualità dello stato ecologico per ciascuna categoria di acque superficiali sono quelli indicati nelle tabelle da A.2.1 a A.2.4 in appresso.

Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Nessuna alterazione antropica, o alterazioni antropiche poco rilevanti, dei valori degli elementi di qualità    
  fisico-chimica e idromorfologica del tipo di corpo idrico superficiale rispetto a quelli di norma associati a tale tipo inalterato. I valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale presentano livelli poco elevati di distorsione dovuti all'attività I valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale si discostano moderatamente da quelli di norma associati
Generale I valori degli elementi di qualità biologica del corpo idrico superficiale rispecchiano quelli di norma associati a tale tipo inalterato e non evidenziano nessuna distorsione, o distorsioni poco rilevanti umana, ma si discostano solo lievemente da quelli di norma associati al tipo di corpo idrico superficiale inalterato. al tipo di corpo idrico superficiale inalterato. I valori presentano segni moderati di distorsione dovuti all'attività umana e alterazioni significativamente maggiori rispetto alle condizioni dello stato buono.
  Si tratta di condizioni e comunità tipiche specifiche    

Le acque aventi uno stato inferiore al moderato sono classificate come aventi stato scarso o cattivo.

Le acque che presentano alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali le comunità biologiche interessate si discostano sostanzialmente da quelle di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato scarso.

Le acque che presentano gravi alterazioni dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali mancano ampie porzioni di comunità biologiche interessate di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato cattivo.

A.2.1. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei fiumi

Elementi di qualità biologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Composizione tassonomica del fitoplancton che corrisponde totalmente o quasi alle condizioni Lievi variazioni nella composizione e abbondanza dei taxa planctonici rispetto alle comunità tipiche Composizione dei taxa planctonici che si discosta moderatamente dalle comunità tipiche specifiche.
  inalterate. specifiche. Abbondanza moderatamente
  Abbondanza media del fitoplancton totalmente conforme alle condizioni fisico-chimico tipiche Tali variazioni non indicano nessuna crescita accelerata di alghe tale da provocare un'alterazione indesiderata alterata, che potrebbe provocare una significativa alterazione indesiderata dei valori di altri elementi di
Fitoplancton specifiche e non tale da alterare significativamente le condizioni di trasparenza tipiche specifiche. della composizione equilibrata degli organismi presenti nel corpo idrico o della qualità fisico-chimica qualità biologica e fisico-chimica. Possibile un moderato aumento nella frequenza e
  Fioriture di fitoplancton con delle acque o dei sedimenti. intensità delle fioriture di
  frequenza e intensità conformi alle condizioni fisico-chimiche tipiche specifiche. Possibile un lieve aumento della frequenza e intensità delle fioriture di fitoplancton tipiche specifiche. fitoplancton. Possibili fioriture persistenti nei mesi estivi.
    Lievi variazioni nella composizione e abbondanza di taxa macrofitici e  
    fitobentonici rispetto alle comunità tipiche specifiche. Tali variazione non indicano Composizione dei taxa macrofitici e fitobentonici che si discosta moderatamente
Macrofite e fitobentos Composizione tassonomica che corrisponde totalmente o quasi alle condizioni nessuna crescita accelerata di fitobentos o di forme più elevate di vita vegetale tale da dalle comunità tipiche specifiche e diverge molto di più dallo stato buono.
  inalterate. Nessuna variazione riscontrabile dell'abbondanza macrofitica e fitobentonica media. provocare un'alterazione indesiderata della composizione equilibrata degli organismi presenti nel corpo idrico o della qualità fisico-chimica delle acque o dei sedimenti. Presenza di gruppi/strati batterici dovuti ad attività antropiche, che non danneggia la comunità fitobentonica. Evidenti variazioni moderate dell'abbondanza macrofitica e fitobentonica media. Gruppi/stati batterici dovuti, ad attività antropiche che possono interferire con e, in talune aree, soppiantare la comunità fitobentonica.
  Composizione e abbondanza tassonomica che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Lievi variazioni nella composizione e abbondanza dei taxa invertebrati rispetto alle comunità tipiche specifiche. Composizione e abbondanza dei taxa invertebrati che si discosta moderatamente dalle comunità tipiche specifiche.
Macroin vertebrati bentonici Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti che non presenta variazioni rispetto a Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti che presenta lievi variazioni rispetto a livelli Assenti i gruppi tassonomici principali della comunità tipica specifica.
  livelli inalterati. tipici specifici.  
  Livello di diversità dei taxa invertebrati che non presenta variazioni rispetto ai livelli inalterati. Livello di diversità dei taxa invertebrati che presenta lievi variazioni rispetto a livelli tipici specifici. Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti e livello di diversità che sono sostanzialmente inferiori al livello tipico specifico e significativamente inferiori allo stato buono.
  Composizione e abbondanza della specie che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Lievi variazioni della composizione e abbondanza delle specie rispetto alle comunità tipiche specifiche, attribuibili agli impatti Composizione e abbondanza delle specie che si discostano moderatamente dalle comunità tipiche specifiche a causa di impatti
Fauna ittica Presenza di tutte le specie sensibili alle alterazioni tipiche specifiche. antropici sugli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologica. antropici sugli elementi di qualità fisico-chimica o idromorfologica.
  Strutture di età delle comunità ittiche che presentano segni minimi di alterazioni antropiche e non indicano l'incapacità a riprodursi o a svilupparsi di specie particolari. Strutture di età delle comunità ittiche che presentano segni di alterazioni attribuibili a impatti antropici sugli elementi di qualità fisico-chimica o ìdromorfologica e, in taluni casi, indicano l'incapacità a riprodursi o a svilupparsi di una specie particolare che può condurre alla scomparsa di talune classi d'età. Struttura di età delle comunità ittiche che presenta segni rilevanti di alterazioni antropiche che provocano l'assenza o la presenza molto limitata di una percentuale moderata delle specie tipiche specifiche.
Elementi di qualità idromorfologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
       
  Massa e dinamica del flusso e la risultante connessione Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori
Regime idrologico con le acque sotterranee, a specchiano totalmente o quasi le condizioni inalterate. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
  La continuità del fiume non è alterata da attività antropiche; Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori
Continuità del fiume è possibile la migrazione indisturbata degli organismi acquatici e il trasporto del sedimento. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
  Carattenstiche del solco fluviale, variazioni della larghezza e della profondità,    
Condizioni morfologiche velocità di flusso condizioni del substrato nonché struttura e condizioni delle zone ripariali corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
Elementi di qualità fisico-chimica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Valori degli elementi fisico- chimici che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Temperatura, bilancio dell'ossigeno, pH, capacità di neutralizzare gli acidi e salinità che non raggiungono  
Condizioni generali Concentrazioni di nutrienti entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. livelli superiori alla forcella fissata per assicurare il funzionamento dell'ecosistema tipico Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
  Livelli di salinità, pH, bilancio dell'ossigeno, capacità e temperatura di neutralizzazione degli acidi che non presentano segni di alterazioni antropiche e restano entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. specifico e il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Concentrazioni dei nutrienti che non superano i livelli fissati per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.  
    Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo la procedura di cui al punto 3  
Inquinanti sintetici specifici Concentrazioni prossime allo zero o almeno inferiori ai limiti di rilevazioni delle più avanzate tecniche di analisi di impiego generale. del presente allegato, fatto salvo quanto previsto per i prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/CE, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 98/8/Ce recepita con il D.Lgs. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
    Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo la procedura di cui al punto 3 del presente allegato, fatto  
Inquinanti non sintetici specifici Concentrazioni entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate (livello di fondo naturale = bgl). salvo quanto previsto per i prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 9998/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174 Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.

A.2.2. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei laghi

Elementi di qualità biologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Composizione e abbondanza tassonomica del fitoplancton che corrisponde totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Lievi variazioni nella composizione e abbondanza dei taxa planctonici rispetto alle comunità tipiche specifiche. Composizione e abbondanza dei taxa planctonici che si discostano moderatamente dalle comunità tipiche specifiche.
  Biomassa media del fitoplancton conforme alle condizioni fisico-chimiche tipiche specifiche e non tale da alterare significativamente e le condizioni di trasparenza tipiche specifiche. Tali variazioni non indicano nessuna crescita accelerata di alghe tale da provocare un'alterazione indesiderata della composizione equilibrata degli organismi presenti nel corpo idrico o Biomassa moderatamente alterata, che potrebbe provocare una significativa alterazione indesiderata delle condizioni di altri elementi di qualità biologica e della
Fitoplacton Fioriture di fitoplancton con frequenza e intensità della qualità fisico-chimica delle acque o dei sedimenti. qualità fisico-chimica delle acque o e dei sedimenti.
  conformi alle condizioni fisico- chimiche tipiche specifiche. Possibile un lieve aumento della frequenza e intensità delle fioriture di fitoplancton tipiche specifiche. Possibile un moderato aumento nella frequenza e intensità delle fioriture di fitoplancton. Possibili fioriture persistenti nei mesi estivi.
    Lievi variazioni nella composizione e abbondanza dei taxa macrofitici e  
    fitobentonici rispetto alle comunità tipiche specifiche. Composizione dei taxa macrofitici e fitobentonici che
  Composizione tassonomica che corrisponde totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Tali variazioni non indicano nessuna crescita accelerata di fitobentos o di forme più elevate di vita vegetale tale da si discosta moderatamente dalle comunità tipiche specifiche e diverge molto di più dalla qualità buona.
Macrofite e fitobentos Nessuna variazione riscontrabile dell'abbondanza provocare un'alterazione indesiderata della Evidenti variazioni moderate dell'abbondanza macrofitica
  macrofitica e fitobentonica composizione equilibrata e fitobentonica media.
  media. degli organismi presenti nel corpo idrico o della qualità fisico-chimica delle acque. Gruppi/stati batterici dovuti della attività antropiche che possono interferire con e, in
    Presenza di gruppi/strati batterici dovuti ad attività antropiche, che non danneggia la comunità fitobentonica. talune aree, soppiantare la comunità fitobentonica.
  Composizione e abbondanza tassonomica che corrisponde totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Lievi variazioni della composizione e abbondanza dei taxa invertebrati rispetto alle comunità tipiche specifiche. Composizione e abbondanza dei taxa invertebrati che si discosta moderatamente dalle condizioni tipiche specifiche.
Microinvertebrati bentonici Il rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti non presenta variazioni rispetto ai livelli inalterati. Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti che presenta lievi variazioni rispetto ai livelli tipici inalterati. Assenti i gruppi tassonomici principali della comunità tipica specifica.
  Il livello di diversità dei taxa invertebrati non presenta variazioni rispetto ai livelli inalterati. Livello di diversità dei taxa invertebrati che presenta lievi variazioni rispetto ai livelli tipici specifici. Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti e livello di diversità che sono sostanzialmente inferiori al livello tipico specifico e significativamente inferiori allo stato buono.
  Composizione e abbondanza delle specie che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Lievi variazioni della composizione e abbondanza delle specie rispetto alle comunità tipiche specifiche, attribuibili agli impatti di Composizione a abbondanza delle specie che si discostano moderatamente dalle comunità tipiche specifiche a causa di impatti
  Presenza di tutte le specie sensibili alle alterazioni qualità fisico-chimica e ìdromorfologica. antropici sugli elementi di qualità fisico-chimica o
Fauna ittica tipiche specifiche. Struttura di età delle idromorfologica.
  Strutture di età delle comunità ittiche che presentano segni minimi di alterazioni antropiche e non indicano l'incapacità a riprodursi o a svilupparsi di specie particolari. comunità ittiche che presentano segni di alterazioni attribuibili agli impatti antropici sugli elementi di qualità fisico-chimica o idromorfologica e, in taluni casi, indicano l'incapacità a riprodursi o a svilupparsi di una specie particolare che può condurre alla scomparsa di talune classi di età. Strutture di età delle comunità ittiche che presenta segni rilevanti di alterazioni attribuibili agli impatti antropici sugli clementi di qualità fisico-chimica o idromorfologica che provocano l'assenza o la limitatissima abbondanza di una porzione moderata delle specie tipiche specifiche.
Elementi di qualità idromorfologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Massa e dinamica del flusso, livello, tempo di residenza e Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori
Regime idrologico risultante collegamento alle acque sotterranee che rispecchiano totalmente o quasi le condizioni inalterate. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
  Variazioni della profondità del lago, massa e struttura del    
Condizioni morfologiche substrato e struttura e condizione della zona ripariale che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli clementi di qualità biologica.
Elementi di qualità fisico-chimica.
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Valore degli elementi fisico-chimici che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Temperatura, bilancio dell'ossigeno, pH, capacità di neutralizzare gli acidi, trasparenza e salinità che non raggiungono livelli  
  Concentrazioni di nutrienti entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. superiori alla forcella fissata per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il  
Condizioni generali Livelli di salinità, pH, bilancio dell'ossigeno, capacità di trasparenza e temperatura raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli
  che non presentano segni di alterazioni antropiche e restano entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. Concentrazioni dei nutrienti che non superano i livelli fissati per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. elementi di qualità biologica.
    Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo  
Inquinanti sintetici specifici Concentrazioni prossime allo zero o almeno inferiori ai limiti di rilevazione delle più la procedura di cui al punto 3 del presente allegato, fatto salvo quanto previsto per i Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli
  avanzate tecniche di analisi di impiego generale. prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 98/ 8/ Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174. elementi di qualità biologica.
    Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo la procedura di cui al punto 3 del presente allegato, fatto  
Inquinanti non sintetici specifici Concentrazioni entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate (livello di fondo naturale = bgl). salvo quanto previsto per i prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.

A.2.3. Definizioni di stato ecologico elevato, buono e sufficiente nelle acque di transizione

Elementi di qualità biologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
    Lievi variazioni nella composizione e abbondanza dei taxa di fitoplancton.  
  Composizione e abbondanza dei taxa di fitoplancton conformi alle condizioni Lievi variazioni della biomassa rispetto alle condizioni tipiche specifiche. Composizione e abbondanza dei taxa di fitoplancton che si discostano moderatamente,
  inalterate. Tali variazioni non indicano dalle condizioni tipiche
Fitoplancton Biomassa media del fitoplancton conforme alle condizioni fisico-chimiche tipiche specifiche e non tale da alterare significativamente le condizioni di trasparenza tipiche specifiche. nessuna crescita accelerata di alghe tale da provocare un'alterazione indesiderata della composizione equilibrata degli organismi presenti nel corpo idrico o della qualità fisico-chimica specifiche. Biomassa moderatamente alterata, che potrebbe determinare una significativa alterazione indesiderata della condizione di altri elementi di qualità biologica.
  Fioriture di fitoplancton con dell'acqua. Possibile un moderato
  frequenza e intensità conformi alle condizioni fisico-chimiche tipiche specifiche. Possibile un lieve aumento della frequenza e intensità delle fioriture di fitoplancton tipiche specifiche. aumento nella frequenza e intensità delle fioriture di fitoplancton. Possibili fioriture persistenti nei mesi estivi.
    Lievi variazioni nella composizione e abbondanza dei taxa di macroalghe rispetto alle comunità tipiche specifiche. Composizione dei taxa di macroalghe che si discosta moderatamente dalle condizioni tipiche specifiche e diverge molto di più dalla
  Composizione dei taxa di Tali variazioni non indicano qualità buona.
Macroalghe macroalghe conforme alle condizioni inalterate. nessuna crescita accelerata di fitobentos o di forme più Evidenti variazioni moderate dell'abbondanza media di
  Nessuna variazione riscontrabile della copertura di macroalghe in conseguenza di attività antropiche. elevate di vita vegetale tale da provocare un'alterazione indesiderata della composizione equilibrata degli organismi presenti nel corpo idrico o della qualità fisico-chimica delle acque. macroalghe, che potrebbero determinare un'alterazione indesiderata della composizione equilibrata degli organismi presenti nel corpo idrico.
  Composizione tassonomica che corrisponde totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Lievi variazioni nella composizione dei taxa di angiosperme rispetto alle comunità tipiche specifiche. Composizione dei taxa di angiosperme che si discosta moderatamente dalle comunità tipiche specifiche e
Angiosperme Nessuna variazione riscontrabile dell'abbondanza Lievi segni di alterazione nell'abbondanza di diverge molto di più dalla qualità buona.
  di angiosperme in angiosperme. Alterazioni moderate
  conseguenza di attività antropiche.   nell'abbondanza di taxa di angiosperme.
  Livello di diversità e abbondanza dei taxa di invertebrati entro la forcella di Livello di diversità e abbondanza dei taxa di invertebrati leggermente Livello di diversità e abbondanza dei taxa di invertebrati moderatamente
Macroinvertebrati norma associata alle condizioni inalterate. esterno alla forcella associata alle condizioni esterno alla forcella associata alle condizioni
bentonici Presenza di tutti i taxa tipiche specifiche. tipiche specifiche.
  sensibili alle alterazioni associati alle condizioni Presenza della maggior parte dei taxa sensibili delle Presenza di taxa indicativi di inquinamento.
  inalterate. comunità tipiche specifiche. Assenza di molti dei taxa sensibili delle comunità tipiche specifiche.
    Abbondanza delle specie sensibili alle alterazioni che presenta lievi segni di Assenza di una percentuale moderata delle specie sensibili alle alterazioni
Fauna ittica Composizione e abbondanza delle specie conformi alle condizioni inalterate. discostamento dalle condizioni tipiche specifiche, attribuibili agli impatti antropici sugli elementi di qualità fisico-chimica o idromorfologica. tipiche dovuta agli impatti antropici sugli elementi di qualità fisico-chimica o idromorfologica.
Elementi di qualità idromorfologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Regime di flusso di acqua dolce che corrisponde Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori
Regime di marea totalmente o quasi alle condizioni inalterate. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
  Variazioni di profondità,    
Condizioni morfologiche condizioni del substrato nonché struttura e condizione delle zone intercotidali che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
Elementi di qualità fisico-chimica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
       
  Elementi fisico-chimici che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Temperatura, condizioni di ossigenazione e trasparenza che non raggiungono livelli esterni alle forcelle fissate  
  Concentrazioni di nutrienti entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il raggiungimento dei valori  
Condizioni generali Temperatura, bilancio dell'ossigeno e trasparenza sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori
  che non presentano segni di alterazioni antropiche e restano entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. Concentrazioni dei nutrienti che non superano i livelli fissati per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
    Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo la procedura di cui al punto 3 del presente allegato, fatto salvo quanto previsto per i  
Inquinanti sintetici specifici Concentrazioni prossime allo zero o almeno inferiori ai limiti di rilevazione delle più avanzate tecniche di analisi di impiego generale. prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
    Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo la procedura di cui al punto e del presente allegato, fatto salvo quanto previsto per i  
Inquinanti non sintetici specifici Concentrazioni entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate (livello di fondo naturale = bgl). prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n.174. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.

A.2.4. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente delle acque costiere

Elementi di qualità biologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Composizione e abbondanza dei taxa di fitoplancton conformi alle condizioni inalterate. Lievi segni di alterazione nella composizione e abbondanza dei taxa di fitoplancton. Composizione e abbondanza dei taxa di fitoplancton che presentano segni di moderata alterazione.
  Biomassa media del fitoplancton conforme alle condizioni fisico-chimiche tipiche specifiche e non tale da alterare significativamente le condizioni di trasparenza Lievi variazioni della biomassa rispetto alle condizioni tipiche specifiche. Tali variazioni non indicano nessuna crescita accelerata di alghe tale da provocare Biomassa di alghe sostanzialmente al di fuori della forcella associata alle condizioni tipiche specifiche e tale da influire sugli altri elementi di qualità biologica.
Fitoplancton tipiche specifiche. un'alterazione indesiderata Possibile un moderato
  Fioriture di fitoplancton con frequenza e intensità conformi alle condizioni fisico-chimiche tipiche specifiche. della composizione equilibrata degli organismi presenti nel corpo idrico o della qualità fisico-chimica dell'acqua. aumento nella frequenza e intensità delle fioriture di fitoplancton. Possibili fioriture persistenti nei mesi estivi.
    Possibile un lieve aumento della frequenza e intensità delle fioriture di fitoplancton tipiche specifiche.  
  Presenza di tutti i taxa di macroalghe e di angiosperme sensibili alle alterazioni associati alle condizioni inalterate. Presenza della maggior parte dei taxa di macroalghe e di angiosperme sensibili alle alterazioni e associati alle condizioni inalterate. Assenza di un moderato numero di taxa di macroalghe e di angiosperme sensibili alle alterazioni e associati alle
  Livello di copertura delle Livelli di copertura delle condizioni inalterate.
Macroalghe e angiosperme macroalghe e di abbondanza alle angiosperme conformi alle condizioni inalterate. macroalghe e di abbondanza delle angiosperme che presentano lievi segni di alterazione. Copertura delle macroalghe e abbondanza delle angiosperme moderatamente alterate e tali da poter provocare un'alterazione indesiderata della composizione equilibrata degli organismi presenti nel corpo idrico.
  Livello di diversità e di abbondanza dei taxa di invertebrati entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. Livello di diversità e abbondanza dei taxa di invertebrati leggermente al di fuori della forcella associata alle condizioni tipiche Livello di diversità e di abbondanza dei taxa di invertebrati moderatamente al di fuori della forcella associata alle condizioni
Macroinvert Presenza di tutti i taxa specifiche. tipiche specifiche.
ebrati bentonici bentonici sensibili alle alterazioni associati alle condizioni inalterate. Presenza della maggior parte dei taxa sensibili delle comunità tipiche specifiche. Presenza di taxa indicativi di inquinamento. Assenza di molti dei taxa sensibili delle comunità tipiche specifiche.
Elementi di qualità idromorfologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Regime di flusso di acqua dolce nonché direzione e    
Regime di marea velocità delle correnti dominanti che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
  Variazioni di profondità, struttura e substrato del    
Condizioni morfologiche fondo costiero nonché struttura e condizioni delle zone intercotidali che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
Elementi di qualità fisico-chimica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Elementi fisico-chimici che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate. Temperatura, condizioni di ossigenazione e trasparenza che non raggiungono livelli al di fuori delle forcelle fissate  
  Concentrazioni di nutrienti entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il raggiungimento dei valori  
Condizioni generali Temperatura, bilancio dell'ossigeno e trasparenza sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori
  che non presentano segni di alterazioni di origine antropica e restano entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. Concentrazioni dei nutrienti che non superano i livelli fissati per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
    Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo la procedura di cui al punto 3 del presente allegato, fatto salvo quanto previsto per i  
Inquinanti sintetici specifici Concentrazioni prossime allo zero o almeno inferiori ai limiti di rilevazione delle più avanzate tecniche di analisi di impiego generale. prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/ Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
    Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo la procedura di cui al punto 3 del presente allegato, fatto  
Inquinanti non sintetici specifici Concentrazioni entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate (livello di fondo naturale = bgl). salvo quanto previsto per i prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/ Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.

A.2.5. Definizioni del potenziale ecologico massimo, buono e sufficiente dei corpi idrici fortemente modificati o artificiali

Elementi di qualità biologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
  Valori relativi ai pertinenti elementi di qualità biologica che riflettono, nella misura   Moderate variazioni nei valori relativi ai pertinenti elementi di qualità biologica rispetto ai
Elementi di qualità biologica del possibile, quelli associati al tipo di corpo idrico superficiale maggiormente Lievi variazioni nei valori relativi ai pertinenti elementi di qualità biologica aspetto ai valori riscontrabili in una situazione di massimo potenziale ecologico.
  comparabile, tenuto conto delle condizioni fisiche risultanti dalle caratteristiche artificiali o fortemente modificate del corpo idrico. valori riscontrabili in una situazione di massimo potenziale ecologico. Tali valori sono nettamente più alterati di quelli riscontrabili in condizioni di stato ecologico buono.
  Condizioni idromorfologiche conformi alla situazione in cui i soli impatti sul corpo idrico superficiale sono quelli risultanti dalle caratteristiche artificiali o fortemente modificate del corpo idrico,    
Elementi idromorfologici quando siano state prese tutte le misure di limitazione possibili, in modo da consentire il miglior ravvicinamento realizzabile al continuum ecologico, in particolare per quanto concerne la migrazione della fauna, nonché le adeguate zone di deposizione delle uova e di riproduzione. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
Elementi fisico-chimici      
  Elementi fisico-chimici che corrispondono totalmente o quasi alle condizioni inalterate associate al tipo di corpo idrico superficiale maggiormente comparabile al corpo idrico artificiale o fortemente modificato in Valori degli elementi fisico-chimici che rientrano nelle forcelle fissate per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.  
  questione. Temperatura e pH che non Condizioni coerenti con il
Condizioni generali Concentrazioni di nutrienti entro la forcella di norma associata alle condizioni inalterate. Livelli relativi a temperatura, bilancio dell'ossigeno e pH conformi a quelli riscontrabili nei tipi di raggiungono livelli al di fuori delle forcelle fissate per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica. raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
  corpo idrico superficiale in condizioni inalterate maggiormente comparabili. Concentrazioni di nutrienti che non superano i livelli fissati per assicurare il funzionamento dell'ecosistema e il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.  
    Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo la procedura di cui al punto 3 del presente allegato, fatto  
Inquinanti sintetici specifici Concentrazioni prossime allo zero o almeno inferiori ai limiti di rilevazione delle più avanzate tecniche di analisi di impiego generale. salvo quanto previsto per i prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.
  Le concentrazioni restano nei limiti di norma associati alle condizioni inalterate Concentrazioni non superiori agli standard fissati secondo la procedura di cui al punto 3  
Inquinanti non sintetici specifici riscontrabili nel tipo di corpo idrico superficiale maggiormente comparabile al corpo idrico artificiale o fortemente modificato in questione (livello di fondo naturale = bgl). del presente allegato, fatto salvo quanto previsto per i prodotti fitosanitari della direttiva 9991/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174. Condizioni coerenti con il raggiungimento dei valori sopra precisati per gli elementi di qualità biologica.

A.2.6 Stato chimico

Al fine di raggiungere o mantenere il buono stato chimico, le regioni e le province autonome applicano per le sostanze dell'elenco di priorità, selezionate come indicato ai paragrafi A.3.2.5 e A.3.3.4, gli standard di qualità ambientali così come riportati per le diverse matrici alle tabelle 1A e 2A del presente allegato.

Le sostanze dell'elenco di priorità sono: le sostanze prioritarie (P), le sostanze pericolose prioritarie (PP) e le rimanenti sostanze (E).

Tali standard rappresentano le concentrazioni che identificano il buono stato chimico.

Ai fini della classificazione delle acque superficiali il monitoraggio chimico viene eseguito nella colonna d'acqua e nel biota. A tal fine, entro il 22 marzo 2016, sulla base delle linee guida europee n. 25 - Chemical Monitoring of Sediment and Biota, n. 32 - Biota Monitoring e n. 33 - Analytical Methods for Biota Monitoring è resa disponibile una linea guida italiana, predisposta dagli istituti scientifici nazionali di riferimento, con le informazioni pratiche, necessarie per l'utilizzo di taxa di biota alternativi ai fini della classificazione.

La linea guida riporta, inoltre, i riferimenti ai criteri fisico-chimici per valutare la concentrazione di piombo e nichel in base alla biodisponibilità sito-specifica nelle acque interne.

Le regioni e le province autonome possono utilizzare, limitatamente alle sostanze di cui alla tabella 2/A, la matrice sedimento al fine della classificazione dei corpi idrici marino-costieri e di transizione.

Tab. 1/A - Standard di qualità ambientale nella colonna d'acqua e nel biota per le sostanze dell'elenco di priorità

(1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9)
N. Denominazione della sostanza Numero CAS 1 SQA-MA 2 Acque superficiali interne 3 SQA-MA 2 Altre acque di superficie SQA-CMA 4 Acque superficial i interne 3 SQA-CMA 4 Altre acque di superficie SQA Biota 12 Identifi cazione sostanza 15
(1) Alacloro 15972-60-8 0,3 0,3 0,7 0,7   P
(2) Antracene 120-12-7 0,1 0,1 0,1 0,1   PP
(3) Atrazina 1912-24-9 0,6 0,6 2,0 2,0   P
(4) Benzene 71-43-2 10 8 50 50   P
(5) Difenileteri bromurati5 32534-81-9     0,14 0,014 0,0085 PP
(6) Cadmio e composti (in funzione delle classi di durezza dell'acqua)6 7440-43-9 ≤ 0,08 (classe 1) 0,2 ≤ 0,45 (classe 1) ≤ 0,45 (classe 1)   PP
0,08 (classe 2) 0,45 (classe 2) 0,45 (classe 2)
0,09 (classe 3) 0,6 (classe 3) 0,6 (classe 3)
0,15 (classe 4) 0,9 (classe 4) 0,9 (classe 4)
0,25 (classe 5) 1,5 (classe 5) 1,5 (classe 5)
(6 bis) Tetracloruro di carbonio7 56-23-5 12 12 non applicabile non applicabile   E
(7) Cloroalcani C10-138 85535-84-8 0,4 0,4 1,4 1,4   PP
(8) Clorfenvinfos 470-90-6 0,1 0,1 0,3 0,3   P
(9) Clorpirifos (Clorpirifos etile) 2921-88-2 0,03 0,03 0,1 0,1   P
(9 bis) Antiparassitari del ciclodiene: 309-00-2 ∑ = 0,01 ∑ = 0,005 non applicabile non applicabile   E
Aldrin7 60-57-1
Dieldrin7 72-20-8
Endrin7 465-73-6
Isodrin7
(9 ter) DDT totale7,9 non applicabile 0,025 0,025 non applicabile non applicabile 50 µg/kg (pesci con meno 5% grassi) E
100 µg/kg p.f. (per i pesci con più del 5% grassi)
  para-para-DDT7 50-29-3 0,01 0,01 non applicabile non applicabile (   E
(10) 1,2-Dicloroetano 107-06-2 10 10 non applicabile non applicabile   P
(11) Diclorometano 75-09-2 20 20 non applicabile non applicabile   P
(12) Di(2-etilesil)ftalato (DEHP) 117-81-7 1,3 1,3 non applicabile non applicabile   PP
(13) Diuron 330-54-1 0,2 0,2 1,8 1,8   P
(14) Endosulfan 115-29-7 0,005 0,0005 0,01 0,004   PP
(15) Fluorantene 206-44-0 0,0063 0,0063 0,12 0,12 30 P
(16) Esaclorobenzene 118-74-1 0,005 0,002 0,05 0,05 10 PP
(17) Esaclorobutadiene 87-68-3 0,05 0,02 0,6 0,6 55 PP
(18) Esaclorocicloesano 608-73-1 0,02 0,002 0,04 0,02   PP
(19) Isoproturon 34123-59-6 0,3 0,3 1,0 1,0   P
(20) Piombo e composti 7439-92-1 1,213 1,3 14 14   P
(21) Mercurio e composti 7439-97-6     0,07 0,07 20 PP
(22) Naftalene 91-20-3 2 2 130 130   P
(23) Nichel e composti 7440-02-0 413 8,6 34 34   P
(24) Nonilfenoli (4-nonilfenolo) 84852-15-3 0,3 0,3 2,0 2,0   PP
(25) Ottilfenoli ((4-(1,1',3,3'-tetrametilbutil)fenolo)) 140-66-9 0,1 0,01 non applicabile non applicabile   P
(26) Pentaclorobenzene 608-93-5 0,007 0,0007 non applicabile non applicabile   PP
(27) Pentaclorofenolo 87-86-5 0,4 0,4 1 1   P
(28) Idrocarburi policiclici aromatici (IPA)11 non applicabile non applicabile non applicabile non applicabile non applicabile   PP
  Benzo(a)pirene 50-32-8 1,7 10-4 1,7 10-4 0,27 0,027 5 PP
  Benzo(b)fluorantene 205-99-2 Cfr. nota 11 Cfr. nota 11 0,017 0,017 Cfr. nota 11 PP
  Benzo(k)fluorantene 207-08-9 Cfr. nota 11 Cfr. nota 11 0,017 0,017 Cfr. nota 11 PP
  Benzo(g,h,i)perilene 191-24-2 Cfr. nota 11 Cfr. nota 11 8,2 10-3 8,2 10-4 Cfr. nota 11 PP
  Indeno(1,2,3cd)pirene 193-39-5 Cfr. nota 11 Cfr. nota 11 non applicabile non applicabile Cfr. nota 11 PP
(29) Simazina 122-34-9 1 1 4 4   P
(29 bis) Tetracloroetilene7 127-18-4 10 10 non applicabile non applicabile   E
(29 ter) Tricloroetilene7 79-01-6 10 10 non applicabile non applicabile   E
(30) Tributilstagno (composti) (tributilstagnocatione) 36643-28-4 0,0002 0,0002 0,0015 0,0015   PP
(31) Triclorobenzeni 12002-48-1 0,4 0,4 non applicabile non applicabile   P
(32) Triclorometano 67-66-3 2,5 2,5 non applicabile non applicabile   P
(33) Trifluralin 1582-09-8 0,03 0,03 non applicabile non applicabile   PP
(34) Dicofol 115-32-2 1,3 10-3 3,2 10-5 non applicabile (10) non applicabile (10) 33 PP
(35) Acido perfluorottansolfoni co e suoi sali (PFOS) 1763-23-1 6,5 10-4 1,3 10-4 36 7,2 9,1 PP
(36) Chinossifen 124495-18-7 0,15 0,015 2,7 0,54   PP
(37) Diossine e composti diossina-simili Cfr. la nota 10 a piè di pagina dell'allegato X della direttiva 2000/60/CE     non applicabile non applicabile Somma di PCDD+ PCDF+P CB-DL 0,0065 μg.kg-1 TEQ14 PP
(38) Aclonifen 74070-46-5 0,12 0,012 0,12 0,012   P
(39) Bifenox 42576-02-3 0,012 0,0012 0,04 0,004   P
(40) Cibutrina 28159-98-0 0,0025 0,0025 0,016 0,016   P
(41) Cipermetrina 52315-07-8 8 10-5 8 10-6 6 10-4 6 10-5   P
(42) Diclorvos 62-73-7 6 10-4 6 10-5 7 10-4 7 10-5   P
(43) Esabromociclodode cano (HBCDD) Cfr. la nota 12 a piè di pagina dell'allegato X della direttiva 2000/60/CE 0,0016 0,0008 0,5 0,05 167 PP
(44) Eptacloro ed eptacloro epossido 76-44-8 / 1024-57-3 2 10-7 1 10-8 3 10-4 3 10-5 6,7 10-3 PP
(45) Terbutrina 886-50-0 0,065 0,0065 0,34 0,034   P

Unità di misura: [μg/l] per le colonne da (4) a (7); [μg/kg di peso umido] per la colonna (8).

Note alla tabella 1/A:

1 - CAS: Chemical Abstracts Service.

2 - Questo parametro rappresenta lo SQA espresso come valore medio annuo (SQA-MA). Se non altrimenti specificato, si applica alla concentrazione totale di tutti gli isomeri.

3 - Per acque superficiali interne si intendono i fiumi, i laghi e i corpi idrici artificiali o fortemente modificati.

4 - Questo parametro rappresenta lo standard di qualità ambientale espresso come concentrazione massima ammissibile (SQA-CMA). Quando compare la dicitura “non applicabile” riferita agli SQA-CMA, si ritiene che i valori SQA-MA tutelino dai picchi di inquinamento di breve termine, in scarichi continui, perché sono sensibilmente inferiori ai valori derivati in base alla tossicità acuta.

5 - Per il gruppo di sostanze prioritarie “difenileteri bromurati” (voce n. 5), lo SQA ambientale si riferisce alla somma delle concentrazioni dei congeneri numeri 28, 47, 99, 100, 153 e 154.

6 - Per il cadmio e composti (voce n. 6) i valori degli SQA variano in funzione della durezza dell'acqua classificata secondo le seguenti cinque categorie: classe 1: < 40 mg CaCO3/l, classe 2: da 40 a < 50 mg CaCO3/l, classe 3: da 50 a < 100 mg CaCO3/l, classe 4: da 100 a < 200 mg CaCO3/l e classe 5: ≥ 200 mg CaCO3/l.

7 - Questa sostanza non è prioritaria, ma è uno degli altri inquinanti in cui gli SQA sono identici a quelli fissati dalla normativa applicata prima del 13 gennaio 2009.

8 - Per questo gruppo di sostanze non è fornito alcun parametro indicativo. Il parametro o i parametri indicativi devono essere definiti con il metodo analitico.

9 - Il DDT totale comprende la somma degli isomeri 1,1,1-tricloro 2,2 bis (p-clorofenil)etano (numero CAS 50-29-3; numero UE 200-024-3), 1,1,1-tricloro-2 (o-clorofenil)-2-(p-clorofenil)etano (numero CAS 789-02-6; numero UE 212-332-5), 1,1-dicloro-2,2 bis (p-clorofenil) etilene (numero CAS 72-55-9; numero UE 200-784-6) e 1,1-dicloro-2,2 bis (p-clorofenil)etano (numero CAS 72-54-8; numero UE 200-783-0).

10 - Per queste sostanze non sono disponibili informazioni sufficienti per fissare un SQA-CMA.

11 - Per il gruppo di sostanze prioritarie “idrocarburi policiclici aromatici” (IPA) (voce n. 28), lo SQA per il biota e il corrispondente SQA-AA in acqua si riferiscono alla concentrazione di benzo(a)pirene sulla cui tossicità sono basati. Il benzo(a)pirene può essere considerato marcatore degli altri IPA, di conseguenza solo il benzo(a)pirene deve essere monitorato per raffronto con lo SQA per il biota o il corrispondente SQA-AA in acqua.

12 - Se non altrimenti indicato, lo SQA per il biota è riferito ai pesci. Si può monitorare un taxon del biota alternativo o un'altra matrice purché lo SQA applicato garantisca un livello equivalente di protezione. Per le sostanze numeri 15 (Fluorantene) e 28 (IPA), lo SQA per il biota si riferisce ai crostacei ed ai molluschi. Ai fini della valutazione dello stato chimico, il monitoraggio di Fluorantene e di IPA nel pesce non è opportuno. Per la sostanza numero 37 (Diossine e composti diossina-simili), lo SQA per il biota si riferisce al pesce, ai crostacei ed ai molluschi. Fare riferimento al punto 5.3 dell'allegato al regolamento (UE) n. 1259/2011 della Commissione del 2 dicembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1881/2006 per quanto riguarda i tenori massimi per le diossine, i PCB diossina-simili e per i PCB non diossina-simili nei prodotti alimentari (Gazzetta Ufficiale n. L 320 del 3 dicembre 2011).

13 - Questi SQA si riferiscono alle concentrazioni biodisponibili delle sostanze.

14 - PCDD: dibenzo-p-diossine policlorurate; PCDF: dibenzofurani policlorurati; PCB-DL: bifenili policlorurati diossina-simili; TEQ: equivalenti di tossicità conformemente ai fattori di tossicità equivalente del 2005 dell'Organizzazione mondiale della sanità.

15 - Le sostanze contraddistinte dalla lettera P e PP sono, rispettivamente, le sostanze prioritarie e quelle pericolose prioritarie individuate ai sensi della direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, modificata dalla direttiva 2013/39/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 agosto 2013. Le sostanze contraddistinte dalla lettera E sono le sostanze incluse nell'elenco di priorità individuate dalle “direttive figlie” della direttiva 76/464/CE.

Tab. 2/A - Standard di qualità ambientale nei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione.

NUMERO CAS PARAMETRI SQA-MA (1) (2)
  Metalli mg/kg s.s
7440-43-9 Cadmio 0,3
7439-97-6 Mercurio 0,3
7439-92-1 Piombo 30
  Organo metalli μg/kg
  Tributilstagno 5
  Policiclici Aromatici μg/kg
120-12-7 Antracene 24
91-20-3 Naftalene 35
  Pesticidi  
309-00-2 Aldrin 0,2
319-84-6 Alfa esaclorocicloesano 0,2
319-85-7 Beta esaclorocicloesano 0,2
58-89-9 Gamma esaclorocicloesano lindano 0,2
  DDT(3) 1
  DDD(3) 0,8
  DDE(3) 1,8
60-57-1 Dieldrin 0,2

Note alla tabella 2/A:

(1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA). Se non altrimenti specificato, lo standard di qualità ambientale si applica alla concentrazione totale di tutti gli isomeri.

(2) In considerazione della complessità della matrice sedimento è ammesso, ai fini della classificazione del buono stato chimico, uno scostamento pari al 20% del valore riportato in tabella.

(3) DDE, DDD, DDT: lo standard è riferito alla somma degli isomeri 2,4 e 4,4 di ciascuna sostanza.

Tab. 3/A - Standard di qualità ambientale nei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione ai fini della selezione dei siti per l'analisi della tendenza.

NUMERO CAS PARAMETRI SQA-MA
  Metalli mg/kg s.s
7440-43-9 Cadmio 0,3
7439-97-6 Mercurio (1) 0,3
7439-92-1 Piombo 30
  Organo metalli μg/kg
  Tributilstagno 5
  Policiclici Aromatici (1) μg/kg
50-32-8 Benzo(a)pirene(1) 30
205-99-2 Benzo(b)fluorantene(1) 40
207-08-9 Benzo(k)fluorantene(1) 20
191-24-2 Benzo(g,h,i) perilene(1) 55
193-39-5 Indenopirene(1) 70
120-12-7 Antracene 24
206-44-0 Fluorantene (1) 110
91-20-3 Naftalene 35
  Pesticidi  
309-00-2 Aldrin 0,2
319-84-6 Alfa esaclorocicloesano 0,2
319-85-7 Beta esaclorocicloesano 0,2
58-89-9 Gamma esaclorocicloesano lindano 0,2
  DDT(2) 1
  DDD(2) 0,8
  DDE(2) 1,8
60-57-1 Dieldrin 0,2
118-74-1 Esaclorobenzene(1) 0,4
  PCB e Diossine(1)  
  Sommat. T.E. PCDD,PCDF (3) (Diossine e Furani) e PCB diossina simili 2 X 10-3

Note alla tabella 3/A:

(1) Sostanze per cui è definito uno SQA per il biota in tab. 1/A.

(2) DDE, DDD, DDT: lo standard è riferito alla somma degli isomeri 2,4 e 4,4 di ciascuna sostanza.

(3) Elenco congeneri e relativi Fattori di tossicità equivalenti (EPA, 1989) e elenco congeneri PCB diossina simili (WHO, 2005):

Congenere Policlorodibenzofurani I-TEF
2,3,7,8 T4CDD 1
1,2,3,7,8 P5CDD 0,5
1,2,3,4,7,8 H6CDD 0,1
1,2,3,6,7,8 H6CDD 0,1
1,2,3,7,8,9 H6CDD 0,1
1,2,3,4,6,7,8 H7CDD 0,01
OCDD 0,001
Policlorodibenzofurani
2,3,7,8 T4CDF 0,1
1,2,3,7,8 P5CDF 0,05
2,3,4,7,8 P5CDF 0,5
1,2,3,4,7,8 H6CDF 0,1
1,2,3,6,7,8 H6CDF 0,1
1,2,3,7,8,9 H6CDF 0,1
2,3,4,6,7,8 H6CDF 0,1
1,2,3,4,6,7,8 H7CDF 0,01
1,2,3,4,7,8,9 H7CDF 0,01
OCDF 0,001

Congenere PCB Diossina simili WHO TEF
PCB 77 0,0001
PCB 81 0,0003
PCB 126 0,1
PCB 169 0,03
PCB 105 0,00003
PCB 114 0,00003
PCB 118 0,00003
PCB 123 0,00003
PCB 156 0,00003
PCB 157 0,00003
PCB 167 0,00003
PCB 170 0,00003
PCB 189 0,00003

[A.2.6.1 Standard di qualità dei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione

Entro 90 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, le Regioni, che non abbiano già adempiuto nel corso del 2008 ad attuare programmi di monitoraggio conformemente alle disposizioni del presente Allegato e dell’Allegato 3 e loro modifiche ed integrazioni, provvedono in tal senso, garantendo in 2 mesi consecutivi 2 campionamenti nella colonna d’acqua ed uno nei sedimenti per le sostanze di cui alla tabella 2/A al fine di fornire elementi di supporto per la notifica alla Commissione europea, secondo la procedura prevista dalle norme comunitarie. In caso di non superamento per entrambe le matrici si prosegue, al fine della classificazione dello stato chimico limitatamente ai citati parametri, con un campionamento annuale sul sedimento.

Qualora gli esiti del monitoraggio evidenzino un superamento degli standard in una o più sostanze per entrambe le matrici o solo nei sedimenti, la Regione individua la matrice su cui effettuare la classificazione dello stato chimico, secondo le frequenze previste per le specifiche matrici.

Nel caso in cui gli esiti del monitoraggio evidenzino un superamento per una o più sostanze solo per la colonna d’acqua, ai fini della classificazione, si effettua il monitoraggio nella colonna d’acqua, con cadenza mensile.

Qualora il superamento avvenga nel sedimento e la classificazione sia eseguita sulla base dei dati di monitoraggio effettuato nella colonna d’acqua, le Regioni, ai fini del controllo delle alterazioni riscontrate, hanno comunque l’obbligo di effettuare un monitoraggio almeno annuale dei sedimenti che includa per almeno i primi 2 anni batterie di saggi biologici costituite da almeno tre specie-test, finalizzati ad evidenziare eventuali effetti ecotossicologici a breve e a lungo termine, nonché ogni altra indagine ritenuta utile a valutare gli eventuali rischi per la salute umana associati al superamento riscontrato.

Sulla base dei risultati di tale monitoraggio, le Regioni valutano la necessità di continuare oltre i due anni le indagini integrative rispetto alle sole misure chimiche da condurre sul sedimento, l’opportunità di riconsiderare la classificazione effettuata sulla base del monitoraggio nella colonna d’acqua e adottano le misure necessarie per la tutela del corpo idrico.

I saggi biologici sono eseguiti utilizzando protocolli metodologici normati o in corso di standardizzazione secondo le indicazioni UNI e con specie di organismi appartenenti ad almeno tre differenti livelli trofici (da scegliere tra decompositori/saprofiti, detritivori/filtratori, produttori primari, consumatori). I saggi di tossicità possono essere applicati a diverse matrici naturali, secondo la seguente priorità: sedimento tal quale, acqua interstiziale, elutriato.

Nel caso di saggi di tossicità acuta o a breve termine il campione viene considerato privo di tossicità quando gli effetti di tutti i test sono come da Colonna A della Tabella 2.4 del «Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini» ICRAM-APAT 2007, ovvero EC20 ≤ 90%, oppure effetto massimo ≤ 15%, anche se statisticamente significativo.

Nel caso di saggi di tossicità cronica o a lungo termine il campione viene considerato privo di tossicità quando gli effetti di tutti i test sono come da Colonna B della Tabella 2.4 del «Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini» ICRAM-APAT 2007, ovvero EC20 < 90% e EC50 > 100%, oppure 15% < effetto massimo ≤ 30%, anche se statisticamente significativo.

In alternativa è possibile fare riferimento a criteri di ponderazione integrata in accordo con le indicazioni UNI.

Nel caso in cui non siano note le cause del superamento e/o l’estensione dell’area interessata, la Regione è tenuta ad effettuare un monitoraggio di indagine.

I risultati del monitoraggio effettuato, compreso quello d’indagine e le misure di tutela adottate, sono riportate nei Piani di tutela e nei Piani di gestione.

Tab. 2/A Standard di qualità nei sedimenti

NUMERO CAS PARAMETRI SQA-MA (1) (2)
  Metalli mg/kg s.s
7440-43-9 Cadmio 0,3
7439-97-6 Mercurio 0,3
7440-02-0 Nichel 30
7439-92-1 Piombo 30
  Organo metalli μg/kg
  Tributilstagno 5
  Policiclici Aromatici μg/kg
50-32-8 Benzo(a)pirene 30
205-99-2 Benzo(b)fluorantene 40
207-08-9 Benzo(k)fluorantene 20
191-24-2 Benzo(g,h,i) perilene 55
193-39-5 Indenopirene 70
120-12-7 Antracene 45
206-44-0 Fluorantene 110
91-20-3 Naftalene 35
  Pesticidi  
309-00-2 Aldrin 0,2 0,2
319-84-6 Alfa esaclorocicloesano 0,2
319-85-7 Beta esaclorocicloesano 0,2
58-89-9 Gamma esaclorocicloesano lindano 0,2
  DDT (3) 1
  DDD (3) 0,8
  DDE (3) 1,8
60-57-1 Dieldrin 0,2
118-74-1 Esaclorobenzene 0,4

Note alla tabella 2/A

(1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA).

(2) In considerazione della complessità della matrice sedimento è ammesso, ai fini della classificazione del buono stato chimico uno scostamento pari al 20% del valore riportato in tabella.

(3) DDE, DDD, DDT: lo standard è riferito alla somma degli isomeri 2,4 e 4,4 di ciascuna sostanza.

Tab. 3/A Standard di Qualità biota (Stato Chimico) (1) (2)

Sostanze SQA-MA (3)
Mercurio e composti 20 μg/kg
Esaclorobenzene 10 μg/kg
Esaclorobutadiene 55 μg/kg

Note alla tabella 3/A

(1) Gli Standard di qualità nel biota si applicano ai tessuti (peso umido).

(2) L’organismo bioaccumulatore di riferimento per le acque marino-costiere è il Mitile (Mytilus galloprovincialis, Lamark, 1819).

(3) La conformità viene valutata rispetto alla concentrazione rilevata in un unico campionamento. Se sono stati effettuati ulteriori campionamenti nel corso dell’anno la conformità viene valutata sulla media dei campionamenti effettuati.]

A.2.7. Standard di qualità ambientale nella colonna d’acqua per alcune delle sostanze non appartenenti all’elenco di priorità

Nella tabella 1/B sono definiti standard di qualità ambientale per alcune delle sostanze appartenenti alle famiglie di cui all’Allegato 8 del presente decreto legislativo. La selezione delle sostanze da monitorare è riportata ai punti A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente Allegato.

Tab. 1/B

  CAS Sostanza SQA-MA (1) (µg/l)
      Acque superficiali interne (2) Altre acque di superficie (3)
1 7440-38-2 Arsenico 10 5
2 2642-71-9 Azinfos etile 0,01 0,01
3 86-50-0 Azinfos metile 0,01 0,01
4 25057-89-0 Bentazone 0,5 0,2
5 95-51-2 2-Cloroanilina 1 0,3
6 108-42-9 3-Cloroanilina 2 0,6
7 106-47-8 4-Cloroanilina 1 0,3
8 108-90-7 Clorobenzene 3 0,3
9 95-57-8 2-Clorofenolo 4 1
10 108-43-0 3-Clorofenolo 2 0,5
11 106-48-9 4-Clorofenolo 2 0,5
12 88-73-3 1-Cloro-2-nitrobenzene 1 0,2
13 121-73-3 1-Cloro-3-nitrobenzene 1 0,2
14 100-00-5 1-Cloro-4-nitrobenzene 1 0,2
15 - Cloronitrotolueni(4) 1 0,2
16 95-49-8 2-Clorotoluene 1 0,2
17 108-41-8 3-Clorotoluene 1 0,2
18 106-43-4 4-Clorotoluene 1 0,2
19 74440-47-3 Cromo totale 7 4
20 94-75-7 2,4 D 0,5 0,2
21 298-03-3 Demeton 0,1 0,1
22 95-76-1 3,4-Dicloroanilina 0,5 0,2
23 95-50-1 1,2 Diclorobenzene 2 0,5
24 541-73-1 1,3 Diclorobenzene 2 0,5
25 106-46-7 1,4 Diclorobenzene 2 0,5
26 120-83-2 2,4-Diclorofenolo 1 0,2
27 60-51-5 Dimetoato 0,5 0,2
28 122-14-5 Fenitrotion 0,01 0,01
29 55-38-9 Fention 0,01 0,01
30 330-55-2 Linuron 0,5 0,2
31 121-75-5 Malation 0,01 0,01
32 94-74-6 MCPA 0,5 0,2
33 93-65-2 Mecoprop 0,5 0,2
34 10265-92-6 Metamidofos 0,5 0,2
35 7786-34-7 Mevinfos 0,01 0,01
36 1113-02-6 Ometoato 0,5 0,2
37 301-12-2 Ossidemeton-metile 0,5 0,2
38 56-38-2 Paration etile 0,01 0,01
39 298-00-0 Paration metile 0,01 0,01
40 93-76-5 2,4,5 T 0,5 0,2
41 108-88-3 Toluene 5 1
42 71-55-6 1,1,1 Tricloroetano 10 2
43 95-95-4 2,4,5-Triclorofenolo 1 0,2
44 88-06-2 2,4,6-Triclorofenolo 1 0,2
45 5915-41-3 Terbutilazina (incluso metabolita) 0,5 0,2
46 - Composti del Trifenilstagno 0,0002 0,0002
47 1330-20-7 Xileni(5) 5 1
48   Pesticidi singoli(6) 0,1 0,1
49   Pesticidi totali(7) 1 1
50 375-22-4 Acido perfluorobutanoico (PFBA) (8) 7 1,4
51 2706-90-3 Acido perfluoropentanoico (PFPeA) (8) 3 0,6
52 307-24-4 Acido perfluoroesanoico (PFHxA) (8) 1 0,2
53 375-73-5 Acido perfluorobutansolfonico (PFBS) (8) 3 0,6
54 335-67-1 Acido perfluoroottanoico (PFOA) (8) 0,1 0,02

Note alla tabella 1/B

(1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA).

(2) Per acque superficiali interne si intendono i fiumi, i laghi e i corpi idrici artificiali o fortemente modificati.

(3) Per altre acque di superficie si intendono le acque marino-costiere e le acque di transizione.

(4) Cloronitrotolueni: lo standard è riferito al singolo isomero.

(5) Xileni: lo standard di qualità si riferisce ad ogni singolo isomero (orto-, meta- e para-xilene).

(6) Per tutti i singoli pesticidi (inclusi i metaboliti) non presenti in questa tabella si applica il valore cautelativo di 0,1 μg/l. Tale valore, per le singole sostanze, potrà essere modificato sulla base di studi di letteratura scientifica nazionale e internazionale che ne giustifichino una variazione.

(7) Per i pesticidi totali (la somma di tutti i singoli pesticidi individuati e quantificati nella procedura di monitoraggio compresi i metaboliti ed i prodotti di degradazione) si applica il valore di 1 μg/l, fatta eccezione per le risorse idriche destinate ad uso potabile, per le quali si applica il valore di 0,5 μg/l.

(8) Per le sostanze perfluorurate 50, 51, 52, 53, 54 sono applicati i relativi SQA con effetto dal 22 dicembre 2018, al fine di concorrere al conseguimento di un buono stato ecologico entro il 22 dicembre 2027 ed impedire il deterioramento dello stato ecologico relativamente a tali sostanze. Le Autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano, a tal fine, entro il 22 dicembre 2018, un programma di monitoraggio supplementare e un programma preliminare di misure relative a tali sostanze e li trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al SINTAI per il successivo inoltro alla Commissione europea. Le Autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano, entro il 22 dicembre 2021, un programma di misure definitivo, ai sensi dell'articolo 116, che è attuato e reso operativo entro e non oltre il 22 dicembre 2024. Qualora, invece, gli esiti di monitoraggi pregressi, anche condotti a scopo di studio, abbiano già evidenziato la presenza di tali sostanze in concentrazioni superiori agli SQA di cui alla tabella 1/B, le Autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano e riportano nei piani di gestione, entro il 22 dicembre 2015, i programmi di monitoraggio ed un programma preliminare di misure relative a tali sostanze, immediatamente operativi.

Tab. 2/B

Sostanza SQA-MA (µg/l)
Antimonio 5
Boro 1 (mg/l)
Cianuro 50
Fluoruri 1,5 (mg/l)
Nitrato (NO3) (1) 50 (mg/l)
Nitrito (NO2) 0,5 (mg/l)
Selenio 10
Cloruro di vinile 0,5
Vanadio 50

(1) E’ da soddisfare la condizione: (nitrato)/50+(nitrito)/0,5(0.1) <_ 1 ove le parentesi esprimono la concentrazione in mg/l per il nitrato e il nitrito e il valore di 0,1 mg/l per i nitriti sia rispettato nelle acque provenienti da impianti di trattamento.

A.2.7.1 Standard di qualità ambientale per altre sostanze, non appartenenti all'elenco di priorità, nei sedimenti per i corpi idrici marino-costieri e di transizione.

Nella tabella 3/B sono riportati standard di qualità ambientale per la matrice sedimenti per alcune sostanze diverse da quelle dell'elenco di priorità, appartenenti alle famiglie di cui all'allegato 8. Tali standard di qualità ambientale possono essere utilizzati al fine di acquisire ulteriori elementi conoscitivi utili per il monitoraggio di indagine.

Tab. 3/B

NUMERO CAS   PARAMETRI SQA-MA (1)
    Metalli mg/kg s.s
7440-38-2   Arsenico 12
7440-47-3   Cromo totale 50
    Cromo VI 2
    PCB μg/kg s.s.
    PCB totali (2) 8

Note alla tabella 3/B

(1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA).

(2) PCB totali, lo standard è riferito alla sommatoria dei seguenti cogeneri: PCB 28, PCB 52, PCB 77, PCB 81, PCB 101, PCB 118, PCB 126, PCB 128, PCB 138, PCB 153, PCB 156, PCB 169, PCB 180.

A.2.8. Applicazione degli standard di qualità ambientale per la valutazione dello stato chimico ed ecologico

1 SQA-MA (standard di qualità ambientale-media annua): rappresenta, ai fini della classificazione del buono stato chimico ed ecologico, la concentrazione da rispettare. Il valore viene calcolato sulla base della media aritmetica delle concentrazioni rilevate nei diversi mesi dell’anno.

2 SQA-CMA (standard di qualità ambientale-massima concentrazione ammissibile): rappresenta la concentrazione da non superare mai in ciascun sito di monitoraggio.

3 Per quanto riguarda le acque territoriali si effettua solo la valutazione dello stato chimico. Pertanto le sostanze riportate in tabella 1/A sono monitorate qualora vengano scaricate e/o rilasciate e/o immesse in queste acque a seguito di attività antropiche (ad es. piattaforme offshore) o a seguito di sversamenti causati da incidenti.

4 Gli standard di qualità ambientale (SQA) nella colonna d’acqua sono espressi sotto forma di concentrazioni totali nell'intero campione d'acqua. Per i metalli invece l’SQA si riferisce alla concentrazione disciolta, cioè alla fase disciolta di un campione di acqua ottenuto per filtrazione con un filtro da 0,45 μm o altro pretrattamento equivalente.

5 Nel caso delle acque interne superficiali le Autorità Competenti nel valutare i risultati del monitoraggio possono tener conto dei seguenti fattori: pH, durezza e altri parametri chimico-fisici che incidono sulla biodisponibilità dei metalli.

6 Nei sedimenti ricadenti in Regioni geochimiche che presentano livelli di fondo naturali, dimostrati scientificamente, dei metalli superiori agli SQA di cui alle tabelle 2/A e 3/B, questi ultimi sono sostituiti dalle concentrazioni del fondo naturale. Le evidenze della presenza di livello di fondo naturali per determinati inquinanti inorganici sono riportate nei piani di gestione e di tutela delle acque.

7 Nelle acque in cui è dimostrata scientificamente la presenza di metalli in concentrazioni di fondo naturali superiori ai limiti fissati nelle tabelle 1/A e 1/B, tali livelli di fondo costituiscono gli standard da rispettare. Le evidenze della presenza di livello di fondo naturali per determinati inquinanti inorganici sono riportate nei piani di gestione e di tutela delle acque.

8 Il limite di rivelabilità è definito come la più bassa concentrazione di un analita nel campione di prova che può essere distinta in modo statisticamente significativo dallo zero o dal bianco. Il limite di rivelabilità è numericamente uguale alla somma di 3 volte lo scarto tipo del segnale ottenuto dal bianco (concentrazione media calcolata su un numero di misure di bianchi indipendenti > 10) del segnale del bianco).

9 Il limite di quantificazione è definito come la più bassa concentrazione di un analita che può essere determinato in modo quantitativo con una determinata incertezza. Il limite di quantificazione è definito come 3 volte il limite di rivelabilità.

10 Incertezza di misura: è il parametro associato al risultato di una misura che caratterizza la dispersione dei valori che possono essere attribuiti al parametro.

11 Il risultato è sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard.

12 I criteri minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi applicati sono basati su un’incertezza di misura del 50% o inferiore (k=2) stimata ad un livello pari al valore degli standard di qualità ambientali e su di un limite di quantificazione uguale o inferiore al 30% dello standard di qualità ambientale.

13 Ai fini dell’elaborazione della media per gli SQA, nell’eventualità che un risultato analitico sia inferiore al limite di quantificazione della metodica analitica utilizzata viene utilizzato il 50% del valore del limite di quantificazione.

14 Il punto 13 non si applica alle sommatorie di sostanze, inclusi i loro metaboliti e prodotti di reazione o degradazione. In questi casi i risultati inferiori al limite di quantificazione delle singole sostanze sono considerati zero.

15 Nel caso in cui il 90% dei risultati analitici siano sotto il limite di quantificazione non è effettuata la media dei valori; il risultato è riportato come «minore del limite di quantificazione».

16 I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle del presente Allegato fanno riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. Tali metodi sono tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale e validati in accordo con la norma UNI/ISO/EN 17025.

17 Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate a livello nazionale e internazionale, si applicano le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. I metodi utilizzati, basati su queste tecniche, presentano prestazioni minime pari a quelle elencate nel punto 12 validati in accordo con la norma UNI/ISO/EN 17025.

18 I risultati delle attività di monitoraggio pregresse, per le sostanze inquinanti di cui al punto 17, sono utilizzati a titolo conoscitivo in attesa della definizione di protocolli analitici, che saranno resi disponibili da CNR-IRSA, ISPRA e ISS. Fino all’adeguamento di tali metodi, lo standard si identifica con il limite di quantificazione dei metodi utilizzati che rispondono ai riportati al punto 17.

A.3. Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali

A.3.1. Parte generale

A.3.1.1. Tipi di monitoraggio

Il monitoraggio si articola in

1. sorveglianza

2. operativo

3. indagine

Le Regioni sentite le Autorità di bacino nell’ambito del proprio territorio definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza e un programma di monitoraggio operativo.

I programmi di monitoraggio hanno valenza sessennale al fine di contribuire alla predisposizione dei piani di gestione e dei piani di tutela delle acque. Il primo periodo sessennale è 2010-2015. Il programma di monitoraggio operativo può essere comunque modificato sulla base delle informazioni ottenute dalla caratterizzazione di cui all’Allegato 3 del presente decreto legislativo. Resta fermo che il primo monitoraggio di sorveglianza e quello operativo sono effettuati nel periodo 2008-2009. I risultati dei monitoraggi sono utilizzati per la stesura dei piani di gestione, da predisporre conformemente alle specifiche disposizioni della Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 e anche sulla base dei Piani di tutela regionali, adeguati alla normativa vigente.

In taluni casi può essere necessario istituire anche programmi di monitoraggio d'indagine. I programmi di monitoraggio per le aree protette di cui all’articolo 117 e all’Allegato 9 alla parte terza del presente decreto legislativo, definiti ai sensi del presente Allegato, si integrano con quelli già in essere in attuazione delle relative direttive.

Le Regioni forniscono una o più mappe indicanti la rete di monitoraggio di sorveglianza e operativa. Le mappe con le reti di monitoraggio sono parte integrante del piano di gestione e del piano di tutela delle acque.

La scelta del programma di monitoraggio, che comprende anche l’individuazione dei siti, si basa sulla valutazione del rischio di cui all’Allegato 3, punto 1.1, sezione C del presente decreto legislativo; è soggetta a modifiche e aggiornamenti, al fine di tenere conto delle variazioni dello stato dei corpi idrici. Rimangono, invece, fissi i siti della rete nucleo di cui al punto A.3.2.4 del presente Allegato che sono sottoposti a un monitoraggio di sorveglianza con le modalità di cui al medesimo punto A.3.2.4.

A.3.1.2. Obiettivi del monitoraggio

L’obiettivo del monitoraggio è quello di stabilire un quadro generale coerente ed esauriente dello stato ecologico e chimico delle acque all’interno di ciascun bacino idrografico ivi comprese le acque marino-costiere assegnate al distretto idrografico in cui ricade il medesimo bacino idrografico e permettere la classificazione di tutti i corpi idrici superficiali, «individuati» ai sensi dell’Allegato 3, punto 1.1, sezione B del presente decreto legislativo, in cinque classi.

Le autorità competenti nel definire i programmi di monitoraggio assicurano all’interno di ciascun bacino idrografico:

- la scelta dei corpi idrici da sottoporre al monitoraggio di sorveglianza e/o operativo in relazione alle diverse finalità dei due tipi di controllo;

- l’individuazione di siti di monitoraggio in numero sufficiente ed in posizione adeguata per la valutazione dello stato ecologico e chimico, tenendo conto ai fini dello stato ecologico delle indicazioni minime riportate nei protocolli di campionamento.

In particolari corpi idrici per alcuni elementi di qualità con grande variabilità naturale o a causa di pressioni antropiche, può essere necessario un monitoraggio più intensivo (per numero di siti e frequenze di campionamento) al fine di ottenere livelli alti o comunque sufficienti di attendibilità e precisione nella valutazione dello stato di un corpo idrico.

Per la categoria «Acque di Transizione», per il primo anno dall’avvio del monitoraggio, è consentito di procedere in deroga rispetto a quanto previsto nel protocollo ICRAM, relativamente all’individuazione degli habitat da monitorare ed al conseguente posizionamento dei siti di misura.

In questo caso, nel primo anno il monitoraggio è comunque condotto in conformità alle disposizioni del presente decreto legislativo e volto a raccogliere gli elementi conoscitivi necessari all’individuazione degli habitat per l’adeguamento dei piani di monitoraggio negli anni successivi .

A.3.1.3. Progettazione del monitoraggio e valutazione del rischio

Sulla base di quanto disposto nell’Allegato 3 al presente decreto legislativo nella sezione relativa alle pressioni e agli impatti (punto 1.1 sezione C), i corpi idrici sono assegnati ad una delle categorie di rischio ivi elencate.

Tab. 3.1. Categorie del rischio

Categoria del rischio Definizione
a Corpi idrici a rischio
b Corpi idrici probabilmente a rischio
  (in base ai dati disponibili non è possibile assegnare la categoria di rischio sono pertanto necessarie ulteriori informazioni)
c Corpi idrici non a rischio

Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato nei corpi idrici rappresentativi per ciascun bacino idrografico, e fondamentalmente appartenenti alle categorie «b» e «c» salvo le eccezioni di siti in corpi idrici a rischio importanti per la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica o particolarmente significativi su scala di bacino o laddove le Regioni ritengano opportuno effettuarlo, sulla base delle peculiarità del proprio territorio.

La priorità dell’attuazione del monitoraggio di sorveglianza è rivolta a quelli di categoria «b» al fine di stabilire l’effettiva condizione di rischio. Il monitoraggio operativo è, invece, programmato per tutti i corpi idrici a rischio rientranti nella categoria «a».

Come riportato nella sezione C del punto 1.1 dell’Allegato 3 del presente decreto legislativo, tra i corpi idrici a rischio possono essere inclusi anche corpi idrici che, a causa dell’importanza delle pressioni in essi incidenti, sono a rischio per il mantenimento dell’obiettivo buono.

A.3.2. Progettazione del monitoraggio di sorveglianza

A.3.2.1. Obiettivi

Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato per:

• integrare e convalidare i risultati dell’analisi dell’impatto di cui alla sezione C del punto 1.1 dell’Allegato 3 del presente decreto legislativo;

• la progettazione efficace ed effettiva dei futuri programmi di monitoraggio;

• la valutazione delle variazioni a lungo termine di origine naturale (rete nucleo);

• la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica (rete nucleo);

• tenere sotto osservazione l’evoluzione dello stato ecologico dei siti di riferimento;

• classificare i corpi idrici.

I risultati di tale monitoraggio sono riesaminati e utilizzati, insieme ai risultati dell’analisi dell’impatto di cui all’Allegato 3 del presente decreto legislativo, per stabilire i programmi di monitoraggio successivi.

Il monitoraggio di sorveglianza è effettuato per almeno un anno ogni sei anni (arco temporale di validità di un piano di gestione).

A.3.2.2. Selezione dei corpi idrici e dei siti di monitoraggio

Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato su un numero sufficiente e, comunque, rappresentativo di corpi idrici al fine di fornire una valutazione dello stato complessivo di tutte le acque superficiali di ciascun bacino e sotto-bacino idrografico compreso nel distretto idrografico.

Nel selezionare i corpi idrici rappresentativi, le Autorità competenti, assicurano che il monitoraggio sia effettuato in modo da rispettare gli obiettivi specificati al punto A.3.2.1 del presente Allegato comprendendo anche i seguenti siti:

• nei quali la proporzione del flusso idrico è significativa nell’ambito dell’intero bacino idrografico;

• a chiusura di bacino e dei principali sottobacini;

• nei quali il volume d'acqua presente è significativo nell'ambito del bacino idrografico, compresi i grandi laghi e laghi artificiali;

• in corpi idrici significativi che attraversano la frontiera italiana con altri Stati membri;

• identificati nel quadro della decisione 77/795/CEE sullo scambio di informazioni;

• necessari per valutare la quantità d'inquinanti trasferiti attraverso le frontiere italiane con altri Stati membri e nell'ambiente marino;

• identificati per la definizione delle condizioni di riferimento;

• di interesse locale.

A.3.2.3. Monitoraggio e validazione dell’analisi di rischio

Qualora la valutazione del rischio, effettuata sulla base dell’attività conoscitiva pregressa, abbia una bassa attendibilità (es. per insufficienza dei dati di monitoraggio pregressi, mancanza di dati esaustivi sulle pressioni esistenti e dei relativi impatti), il primo monitoraggio di sorveglianza può essere esteso ad un maggior numero di siti e corpi idrici, rispetto a quelli necessari nei successivi programmi di sorveglianza.

Contestualmente, al fine di completare il processo dell’analisi puntuale delle pressioni e degli impatti, viene effettuata, secondo le modalità riportate nell’Allegato 3, punto 1.1, sezione C del presente decreto legislativo, un’indagine integrativa dettagliata delle attività antropiche insistenti sul corpo idrico ed un’analisi della loro incidenza sulla qualità dello stesso per ottenere le informazioni necessarie per l’assegnazione definitiva della classe di rischio.

I corpi idrici che a seguito della suddetta attività vengono identificati come a rischio sono inseriti nell’elenco dei corpi idrici già identificati come a rischio e come tali assoggettati al programma di monitoraggio operativo.

A.3.2.4. Valutazione delle variazioni a lungo termine in condizioni naturali o risultanti da una diffusa attività antropica: definizione della rete nucleo

Il monitoraggio di sorveglianza è finalizzato altresì a fornire valutazioni delle variazioni a lungo termine dovute sia a fenomeni naturali sia a una diffusa attività antropica.

Per rispondere agli obiettivi, di cui al punto A.3.2.1 del presente Allegato, di valutare le variazioni sia naturali sia antropogeniche a lungo termine, è selezionato un sottoinsieme di punti fissi denominato rete nucleo.

Per le variazioni a lungo termine di origine naturale sono considerati, ove esistenti, i corpi idrici identificati come siti di riferimento di cui al punto 1.1.1 dell’Allegato 3 al presente decreto legislativo, in numero sufficiente per lo studio delle variazioni a lungo termine per ciascun bacino idrografico, tenendo conto dei diversi tipi di corpo idrico presenti. Qualora, per determinati tipi ed elementi biologici relativi non esistano siti di riferimento o non siano in numero sufficiente per una corretta analisi a lungo termine, si considerano in sostituzione siti in stato buono.

La valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica richiede la scelta di corpi idrici e, nel loro ambito, di siti rappresentativi di tale attività per la determinazione o la conferma dell’impatto.

Il monitoraggio di sorveglianza nei siti della rete nucleo ha un ciclo più breve e più precisamente triennale con frequenze di campionamento di cui alle tabelle 3.6 e 3.7 del presente Allegato.

I primi risultati del monitoraggio di sorveglianza effettuato nella rete nucleo costituiscono il livello di riferimento per la verifica delle variazioni nel tempo. Rispetto a tale livello di riferimento sono valutati la graduale riduzione dell’inquinamento da parte di sostanze dell’elenco di priorità (indicate al punto A.2.6) e delle altre sostanze inquinanti di cui all’Allegato 8 del presente decreto legislativo, nonché i risultati dell’arresto e della graduale eliminazione delle emissioni e perdite delle sostanze pericolose prioritarie.

A.3.2.5. Selezione degli elementi di qualità

Nel monitoraggio di sorveglianza per la valutazione e classificazione dello stato ecologico sono monitorati, almeno per un periodo di un anno, i parametri indicativi di tutti gli elementi di qualità biologici idromorfologici, fisico-chimici di cui al punto A.1 del presente Allegato (fatto salve le eccezioni previste al punto A.3.5) e le altre sostanze appartenenti alle famiglie di cui all’Allegato 8 del presente decreto legislativo. In riferimento a queste ultime il monitoraggio è obbligatorio qualora siano scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o sottobacino. Per quantità significativa si intende la quantità di sostanza inquinante che potrebbe compromettere il raggiungimento di uno degli obiettivi di cui all’articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo; ad esempio uno scarico si considera significativo qualora abbia impattato un’area protetta o ha causato superamenti di qualsiasi standard di cui al punto A.2.7 del presente Allegato o ha causato effetti tossici sull’ecosistema.

La selezione delle sostanze chimiche da controllare nell’ambito del monitoraggio di sorveglianza si basa sulle conoscenze acquisite attraverso l’analisi delle pressioni e degli impatti. Inoltre la selezione è guidata anche da informazioni sullo stato ecologico laddove risultino effetti tossici o evidenze di effetti ecotossicologici. Quest’ultima ipotesi consente di identificare quelle situazioni in cui vengono introdotti nell’ambiente prodotti chimici non evidenziati dall’analisi degli impatti e per i quali è pertanto necessario un monitoraggio d’indagine. Anche i dati di monitoraggio pregressi costituiscono un supporto per la selezione delle sostanze chimiche da monitorare.

Per quanto riguarda invece la valutazione e classificazione dello stato chimico sono da monitorare le sostanze dell’elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato per le quali a seguito di un’analisi delle pressioni e degli impatti, effettuata per ciascuna singola sostanza dell’elenco di priorità, risultano attività che ne comportano scarichi, emissioni, rilasci e perdite nel bacino idrografico o sottobacino.

Nell’analisi delle attività antropiche che possono provocare la presenza nelle acque di sostanze dell’elenco di priorità, è necessario tener conto non solo delle attività in essere ma anche di quelle pregresse. La selezione delle sostanze chimiche è supportata da documentazione tecnica relativa all’analisi delle pressioni e degli impatti, che costituisce parte integrante del programma di monitoraggio da inserire nei piani di gestione e nei piani di tutela delle acque. Qualora non vi siano informazioni sufficienti per effettuare una valida e chiara selezione delle sostanze dell’elenco di priorità, a fini precauzionali e di indagine, sono da monitorare tutte le sostanze di cui non si possa escludere a priori la presenza nel bacino o sottobacino.

A.3.2.6. Monitoraggio di sorveglianza stratificato

Nel monitoraggio di sorveglianza non sono da monitorare necessariamente nello stesso anno tutti i corpi idrici selezionati. Il programma di sorveglianza può, pertanto, prevedere che i corpi idrici siano monitorati anche in anni diversi, con un intervallo temporale preferibilmente non superiore a 3 anni, nell’arco del periodo di validità del piano di gestione e del piano di tutela delle acque. In tal caso, nei diversi anni è consentito un monitoraggio stratificato effettuando il controllo a sottoinsiemi di corpi idrici, identificati sulla base di criteri geografici (ad esempio corpi idrici di un intero bacino o sottobacino). Comunque, tutti i corpi idrici inclusi nel programma di sorveglianza sono da monitorare in tempo utile, per consentire la verifica dell’obiettivo ambientale e la predisposizione del nuovo Piano di gestione.

Il monitoraggio stratificato può essere applicato a decorrere dal 2010.

A.3.3. Monitoraggio operativo delle acque superficiali

A.3.3.1. Obiettivi

Il monitoraggio operativo è realizzato per:

• stabilire lo stato dei corpi idrici identificati «a rischio» di non soddisfare gli obiettivi ambientali dell’articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo;

• valutare qualsiasi variazione dello stato di tali corpi idrici risultante dai programmi di misure;

• classificare i corpi idrici.

A.3.3.2. Selezione dei corpi idrici

Il monitoraggio operativo è effettuato per tutti i corpi idrici:

• che sono stati classificati a rischio di non raggiungere gli obiettivi ambientali sulla base dell’analisi delle pressioni e degli impatti e/o dei risultati del monitoraggio di sorveglianza e/o da precedenti campagne di monitoraggio;

• nei quali sono scaricate e/o immesse e/o rilasciate e/o presenti le sostanze riportate nell’elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato.

Ove tecnicamente possibile è consentito raggruppare corpi idrici secondo i criteri riportati al punto A.3.3.5 del presente Allegato e limitare il monitoraggio solo a quelli rappresentativi.

A.3.3.3. Selezione dei siti di monitoraggio

I siti di monitoraggio sono selezionati come segue:

• per i corpi idrici soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte d’inquinamento puntuale, i punti di monitoraggio sono stabiliti in numero sufficiente per poter valutare l’ampiezza e l’impatto delle pressioni della fonte d’inquinamento. Se il corpo è esposto a varie pressioni da fonte puntuale, i punti di monitoraggio possono essere identificati con la finalità di valutare l’ampiezza dell’impatto dell'insieme delle pressioni;

• per i corpi soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte diffusa, nell’ambito di una selezione di corpi idrici, si situano punti di monitoraggio in numero sufficiente e posizione adeguata a valutare ampiezza e impatto delle pressioni della fonte diffusa. La selezione dei corpi idrici deve essere effettuata in modo che essi siano rappresentativi dei rischi relativi alle pressioni della fonte diffusa e dei relativi rischi di non raggiungere un buono stato delle acque superficiali;

• per i corpi idrici esposti a un rischio di pressione idromorfologica significativa vengono individuati, nell'ambito di una selezione di corpi, punti di monitoraggio in numero sufficiente ed in posizione adeguata, per valutare ampiezza e impatto delle pressioni idromorfologiche. I corpi idrici selezionati devono essere rappresentativi dell’impatto globale della pressione idromorfologica a cui sono esposti tutti i corpi idrici.

Nel caso in cui il corpo idrico sia soggetto a diverse pressioni significative è necessario distinguerle al fine di individuare le misure idonee per ciascuna di esse. Conseguentemente si considerano differenti siti di monitoraggio e diversi elementi di qualità. Qualora non sia possibile determinare l’impatto di ciascuna pressione viene considerato l’impatto complessivo.

A.3.3.4. Selezione degli elementi di qualità

Per i programmi di monitoraggio operativo devono essere selezionati i parametri indicativi degli elementi di qualità biologica, idromorfologica e chimico-fisica più sensibili alla pressione o pressioni significative alle quali i corpi idrici sono soggetti.

Nelle seguenti tabelle 3.2, 3.3, 3.4 e 3.5 vengono riportati, a titolo indicativo, gli elementi di qualità più idonei per specifiche pressioni per fiumi, laghi, acque di transizione e acque marino-costiere. Quando più di un elemento è sensibile a una pressione, si scelgono, sulla base del giudizio esperto dell’autorità competente, gli elementi più sensibili per la categoria di acque interessata o quelli per i quali si disponga dei sistemi di classificazione più affidabili.

Tra le sostanze chimiche quelle da monitorare sono da individuare, come nel monitoraggio di sorveglianza, sulla base dell’analisi delle pressioni e degli impatti. Le sostanze dell’elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato sono monitorate qualora vengano scaricate, immesse o vi siano perdite nel corpo idrico indagato. Le altre sostanze riportate all’Allegato 8 del presente decreto legislativo sono monitorate qualora tali scarichi, immissioni o perdite nel corpo idrico siano in quantità significativa da poter essere un rischio per il raggiungimento o mantenimento degli obiettivi di cui all’articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo.

Tab. 3.2. Elementi di qualità più sensibili alle pressioni che incidono sui fiumi

Tab. 3.3. Elementi di qualità più sensibili alle pressioni che incidono sui laghi

(1) Si tenga presente che l'acidificazione è una condizione rara in Italia, influenza solo ambienti a bassa alcalinità (<0,2 meq/l) e soggetti a tale tipo di pressione. Sostanzialmente alcuni piccoli laghi di montagna sulle Alpi.

Tab. 3.4. Elementi di qualità sensibili alle pressioni che incidono sulle acque di transizione

Tab. 3.5. Elementi di qualità sensibili alle pressioni che incidono sulle acque marino-costiere

A.3.3.5. Raggruppamento dei corpi idrici

Al fine di conseguire il miglior rapporto tra costi del monitoraggio ed informazioni utili alla tutela delle acque ottenute dallo stesso, è consentito il raggruppamento dei corpi idrici e tra questi sottoporre a monitoraggio operativo solo quelli rappresentativi, nel rispetto di quanto riportato al presente paragrafo.

Il raggruppamento può essere applicato qualora l’Autorità competente al monitoraggio sia in possesso delle informazioni necessarie per effettuare le decisioni di gestione su tutti i corpi idrici del gruppo. In ogni caso, è necessario che il raggruppamento risulti tecnicamente e scientificamente giustificabile e le motivazioni dello stesso siano riportate nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque assieme al protocollo di monitoraggio ed è comunque escluso nel caso di pressioni puntuali significative.

Il raggruppamento dei corpi idrici individuati è altresì applicabile solo nel caso in cui per gli stessi esistano tutte le seguenti condizioni:

a) appartengono alla stessa categoria ed allo stesso tipo;

b) sono soggetti a pressioni analoghe per tipo, estensione e incidenza;

c) presentano sensibilità paragonabile alle suddette pressioni;

d) presentano i medesimi obiettivi di qualità da raggiungere;

e) appartengono alla stessa categoria di rischio.

Qualora si faccia ricorso al raggruppamento è possibile monitorare, di volta in volta, i diversi corpi idrici appartenenti allo stesso gruppo allo scopo di avere una migliore rappresentatività dell’intero raggruppamento.

La classe di qualità risultante dai dati di monitoraggio effettuato sul/i corpo/i idrico/i rappresentativi del raggruppamento, si applica a tutti gli altri corpi idrici appartenenti allo stesso gruppo.

Per le caratteristiche fisiografiche delle acque lacustri italiane si ritiene non appropriata l’applicazione del raggruppamento per il monitoraggio di questa categoria di corpi idrici.

A.3.4. Ulteriori indicazioni per la selezione dei siti di monitoraggio

All’interno di un corpo idrico selezionato per il monitoraggio, sono individuati uno o più siti di monitoraggio. Per sito si intende una stazione di monitoraggio, individuata da due cooordinate geografiche, rappresentativa di un’area del corpo idrico. Qualora non sia possibile monitorare nel sito individuato tutti gli elementi di qualità, si individuano sotto-siti, all’interno della stessa area, i cui dati di monitoraggio si integrano con quelli rilevati nel sito principale.

In tal caso i sotto-siti sono posizionati in modo da controllare la medesima ampiezza e il medesimo insieme di pressioni.

Nella rappresentazione cartografica va riportato unicamente il sito principale.

In merito al monitoraggio biologico è opportuno individuare e selezionare l’habitat dominante che sostiene l’elemento di qualità più sensibile alla pressione.

Nel determinare gli habitat da monitorare si tiene conto anche di quanto riportato, sull’argomento, nei singoli protocolli di campionamento.

I siti sono localizzati ad una distanza dagli scarichi tale da risultare esterne all’area di rimescolamento delle acque (di scarico e del corpo recettore) in modo da valutare la qualità del corpo idrico recettore e non quella degli apporti. A tal fine può essere necessario effettuare misure di variabili chimico-fisiche (quali temperatura e conducibilità) onde dimostrare l’avvenuto rimescolamento.

In base alla scala ed alla grandezza della pressione, la Regione identifica l’ubicazione e la distribuzione dei siti di campionamento.

Nei casi in cui il corpo idrico è soggetto a una o più pressioni che causano il rischio del non raggiungimento degli obiettivi, i siti sono ubicati all’interno della zona d’impatto, conosciuta o prevista, per monitorare che gli obiettivi vengano raggiunti e che le misure di contenimento stabilite siano adatte alle pressioni esistenti.

A.3.5 Frequenze

Il monitoraggio di sorveglianza è effettuato, per almeno 1 anno ogni sei anni (periodo di validità di un piano di gestione del bacino idrografico), salvo l’eccezione della rete nucleo che è controllata ogni tre anni. Il ciclo del monitoraggio operativo varia invece in funzione degli elementi di qualità presi in considerazione così come indicato nelle note delle seguenti tabelle 3.6 e 3.7.

Nelle suddette tabelle sono riportate le frequenze di campionamento nell’anno di monitoraggio di sorveglianza e operativo, per fiumi e laghi e per acque di transizione e marino-costiere. Nell’ambito del monitoraggio operativo è possibile ridurre le frequenze di campionamento solo se giustificabili sulla base di conoscenze tecniche e indagini di esperti. Queste ultime, riportate in apposite relazioni tecniche, sono inserite nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque. La frequenza del monitoraggio delle sostanze PBT ubiquitarie di cui alla tabella 1/A, paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, recanti il numero 5, 21, 28, 30, 35, 37, 43 e 44, può essere ridotta, purché tale monitoraggio sia rappresentativo e sia disponibile un riferimento statisticamente valido per la presenza di tali sostanze nel corpo idrico. Nei piani di gestione vengono inserite le informazioni sulla riduzione delle frequenze del monitoraggio.

Nella progettazione dei programmi di monitoraggio si tiene conto della variabilità temporale e spaziale degli elementi di qualità biologici e dei relativi parametri indicativi. Quelli molto variabili possono richiedere una frequenza di campionamento maggiore rispetto a quella riportata nelle tabelle 3.6 e 3.7. Può essere inoltre previsto anche un programma di campionamento mirato per raccogliere dati in un limitato ma ben definito periodo durante il quale si ha una maggiore variabilità.

Nel caso di sostanze che possono avere un andamento stagionale come ad esempio i prodotti fitosanitari e i fertilizzanti, le frequenze di campionamento possono essere intensificate in corrispondenza dei periodi di massimo utilizzo.

L’Autorità competente, per ulteriori situazioni locali specifiche, può prevedere per ciascuno degli elementi di qualità da monitorare frequenze più ravvicinate al fine di ottenere una precisione sufficiente nella validazione delle valutazioni dell’analisi degli impatti.

Al contrario, per le sostanze chimiche dell’elenco di priorità e per tutte le altre sostanze chimiche per le quali nel primo monitoraggio di sorveglianza vengono riscontrate concentrazioni che garantiscono il rispetto dello standard di qualità, le frequenze di campionamento nei successivi monitoraggi di sorveglianza possono essere ridotte. In tal caso le modalità e le motivazioni delle riduzioni sono riportate nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque. La frequenza del monitoraggio delle sostanze PBT ubiquitarie di cui alla tabella 1/A, paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, recanti il numero 5, 21, 28, 30, 35, 37, 43 e 44, può essere ridotta, purché tale monitoraggio sia rappresentativo e sia disponibile un riferimento statisticamente valido per la presenza di tali sostanze nel corpo idrico. Nei piani di gestione vengono inserite le informazioni sulla riduzione delle frequenze del monitoraggio.

Tab. 3.6. Monitoraggio di sorveglianza e operativo. Frequenze di campionamento nell’arco di un anno per fiumi e laghi

ELEMENTI DI QUALITA' FIUMI LAGHI
BIOLOGICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (2) SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (2)
Fitoplancton     6 volte (3) 6 volte (3)
Macrofite 2 volte (4) 2 volte (4) 1 volta (5) 1 volta (5)
Diatomee 2 volte in coincidenza con il campionamento dei macroinvertebrati (6) 2 volte, in coincidenza con il campionamento dei macroinvertebrati (6)    
Macroinvertebrati 3 volte (7) 3 volte(7) almeno 2 volte (5) almeno 2 volte (5)
Pesci 1 volta (8) 1 volta (8) 1 volta (9) 1 volta (9)
IDROMORFOLOGICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO
Continuità 1 volta 1 volta (10)    
Idrologia Continuo (11) Continuo (11) Continuo (12) Continuo (12)
  alterazione morfologica 1 volta 1 volta (10) 1 volta 1 volta (10)
Morfologia (13) caratterizzazione degli habitat prevalenti (14) 1 volta in coincidenza con uno dei campionamenti dei macroinvertebrati 1 volta in coincidenza con uno dei campionamenti dei macroinvertebrati 1 volta in coincidenza con uno dei campionamenti dei macroinvertebrati 1 volta in coincidenza con uno dei campionamenti dei macroinvertebrati
FISICO-CHIMICI E CHIMICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (15) SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (15)
Condizioni termiche Trimestrale e Trimestrale e Bimestrale e Bimestrale e
Ossigenazione comunque in comunque in comunque in comunque in
Conducibilità coincidenza del coincidenza del coincidenza del coincidenza con il
Stato dei nutrienti campionamento campionamento campionamento campionamento
Stato di acidificazione dei macroinvertebrati e/o delle diatomee dei macroinvertebrati e/o delle diatomee del fitoplancton del fitoplancton
Altre sostanze non appartenenti all'elenco di priorità (16) - trimestrale nella matrice acqua. Possibilmente in coincidenza con campionamento dei macroinvertebrati e/o delle diatomee - trimestrale nella matrice acqua. Nell'anno del monitoraggio biologico i campionamenti sono effettuati possibilmente in coincidenza con quelli dei macroinvertebrati e/o delle diatomee - trimestrale in colonna d'acqua trimestrale in colonna d'acqua
Sostanze dell'elenco di priorità (17) (18) - mensile nella matrice acqua e annuale nel biota - mensile nella matrice acqua e annuale nel biota - mensile in colonna d'acqua e annuale nel biota - mensile in colonna d'acqua e annuale nel biota

Le frequenze riportate in tabella per fiumi e laghi sono applicate secondo le modalità descritte nei relativi protocolli di campionamento di cui al manuale APAT 46/2007 e quaderni e notiziari CNR-IRSA.

Note alla tabella Tab. 3.6.

(1) Il ciclo del monitoraggio di sorveglianza è almeno sessennale fatte salve le eccezioni previste in tabella per l’idrologia dei fiumi e per i siti della rete nucleo.

(2) Il monitoraggio operativo degli elementi di qualità biologica, salvo il fitoplancton nei laghi, è effettuato con cicli non superiori a 3 anni.

(3) Nei laghi che presentano un periodo di copertura glaciale il numero dei campioni viene ridotto di conseguenza. Nel monitoraggio di sorveglianza, per i laghi per i quali non ci siano dati tali da poter fornire un’attendibile classificazione è necessario avviare una prima campagna di monitoraggio per un totale di almeno 18 campioni (circa tre anni). Per i corpi idrici lacustri rientranti nella rete nucleo, il ciclo di monitoraggio è annuale secondo le frequenze di campionamento riportate in tabella. Il ciclo del monitoraggio operativo è sempre annuale secondo le frequenze di campionamento riportate in tabella.

(4) Monitoraggio facoltativo per i fiumi ricadenti nelle idroecoregioni alpine e per i fiumi grandi e molto grandi così come definiti nella sezione A punto 1.1 dell’Allegato 3 del presente decreto legislativo.

(5) Monitoraggio non richiesto per gli invasi, così come definiti nella sezione A al punto 1.1 dell’Allegato 3 del presente decreto legislativo.

(6) La frequenza di campionamento è aumentata a 3 volte per fiumi ad elevata variabilità idrologica naturale o artificiale e grandi fiumi.

(7) La frequenza di campionamento è ridotta a 2 volte per i fiumi temporanei mentre è aumentata a 4 volte per fiumi ad elevata variabilità idrologica naturale o artificiale e grandi fiumi.

(8) Nel caso di corsi d’acqua temporanei il monitoraggio dei pesci è facoltativo.

(9) Per gli invasi, così come definiti nella sezione A al punto 1.1 dell’Allegato 3, il monitoraggio dei pesci è facoltativo.

(10) Il monitoraggio operativo è effettuato con cicli non superiori a 6 anni.

(11) Le misurazioni in continuo sono da prevedersi per i siti idrologicamente significativi della rete, è possibile utilizzare interpolazioni per gli altri siti.

(12) E’ preferibile l'uso di stazioni idrologiche automatiche, in loro assenza è necessaria la misura di livello con frequenza mensile, incrementata a settimanale in caso di siccità con forti prelievi di acqua e, possibilmente, giornaliera in caso forti precipitazioni.

(13) Nelle more della pubblicazione di un metodo ufficiale, le Regioni utilizzano metodologie di rilevamento già in essere.

(14) Gli habitat prevalenti sono caratterizzati a partire dal 2010 sulla base dei criteri tecnici pubblicati dai competenti istituti scientifici nazionali.

(15) Il ciclo del monitoraggio operativo degli elementi fisico-chimici e chimici è annuale.

(16) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel corpo idrico.

(17) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel corpo idrico.

(18) Per le sostanze alle quali si applica uno SQA per i sedimenti o il biota, le regioni e le province autonome monitorano la sostanza nella corrispondente matrice almeno una volta all'anno, sempre che le conoscenze tecniche e la valutazione degli esperti non giustifichino un altro intervallo. La giustificazione della frequenza applicata è inserita nei Piani di gestione dei distretti idrografici in conformità all'articolo 78-nonies, comma 1, lettera c), e secondo quanto previsto all'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva consolidata.

Tab. 3.7. Monitoraggio di sorveglianza e operativo. Frequenze di campionamento nell’arco di un anno per acque di transizione e marino-costiere

Elementi di qualità ACQUE DI TRANSIZIONE ACQUE MARINO-COSTIERE
BIOLOGICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (2) SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (2)
Fitoplancton 4 volte (3) 4 volte (3) 6 volte 6 volte
Fanerogame 1 volta 1 volta 1 volta (4) 1 volta (4)
Macroalghe 2 volte 2 volte 1 volta 1 volta
Macroinvertebrati 2 volte 1 volta 2 volte (5) 2 volte (5)
IDROMORFOLOGICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO
Profondità e morfologia del fondale 1 volta 1 volta (6) 1 volta 1 volta (6)
Natura e composizione del substrato In coincidenza del campionamento degli elementi biologici Macroinvertebrati bentonici e Fanerogame In coincidenza del campionamento degli elementi biologici Macroinvertebrati bentonici e Fanerogame In coincidenza del campionamento degli elementi biologici Macroinvertebrati bentonici e Fanerogame In coincidenza del campionamento degli elementi biologici Macroinvertebrati bentonici e Fanerogame
Struttura della zona intertidale (copertura e composizione della vegetazione) 1 volta (7) 1 volta (7)    
Regime di marea Da definire in base alle caratteristiche del corpo idrico (8) Da definire in base alle caratteristiche del corpo idrico (8)    
Regime correntometrico     1 volta 1 volta (6)
FISICO-CHIMICI E CHIMICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (9) SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (9)
Condizioni termiche Trimestrale e comunque in coincidenza del campionamento del fitoplancton, macrofite e fauna ittica (10) Trimestrale e comunque in coincidenza del campionamento del fitoplancton, macrofite e fauna ittica (10) Bimestrale e comunque in coincidenza del campionamento del fitoplancton e fanerogame (11) Bimestrale e comunque in coincidenza del campionamento del fitoplancton e delle fanerogame (11)
Ossigenazione        
Salinità        
Stato dei nutrienti        
Stato di acidificazione        
Altre sostanze non appartenenti all'elenco di priorità (12) Trimestrale in colonna d'acqua Trimestrale in colonna d'acqua Trimestrale in colonna d'acqua Trimestrale in colonna d'acqua
Sostanze dell'elenco di priorità (13) (14) Mensile in colonna d'acqua e annuale in sedimenti o biota Mensile in colonna d'acqua e annuale in sedimenti o biota Mensile in colonna d'acqua e annuale in sedimenti o biota Mensile in colonna d'acqua e annuale in sedimenti o biota

Le frequenze riportate in tabella per le acque di transizione e marino-costiere sono applicate secondo le modalità descritte nei relativi protocolli di campionamento di cui ai manuali ICRAM ed ISPRA.

Note alla tabella Tab. 3.7.

(1) Il ciclo del monitoraggio di sorveglianza è almeno sessennale eccetto per i siti della rete nucleo e, limitatamente alle acque di transizione, per la struttura della zona intertidale e del regime di marea (vedi rispettivamente nota 7 e 8).

(2) Il monitoraggio operativo degli elementi di qualità biologica, è effettuato con cicli non superiori a 3 anni, salvo il fitoplancton che è controllato ogni anno secondo le frequenze riportate in tabella.

(3) Campionamento stagionale.

(4) Campionamento da effettuarsi tra giugno e settembre.

(5) Campionamento semestrale.

(6) Il monitoraggio operativo è effettuato con cicli non superiori a 6 anni.

(7) Entrambi i monitoraggi (sorveglianza e operativo) sono effettuati con cicli non superiori a 3 anni.

(8) Bilancio idrologico da eseguire ogni 3 anni, mediante misure distribuite nel tempo, con cadenze che dipendono dalle caratteristiche morfologiche ed idrodinamiche del corpo idrico da monitorare.

(9) Il ciclo del monitoraggio operativo degli elementi fisico-chimici e chimici è annuale.

(10) Per la fauna ittica sono obbligatorie solo le misure delle condizioni termiche, di ossigenazione e di salinità.

(11) Per le fanerogame sono obbligatorie solo le misure delle condizioni termiche e della trasparenza.

(12) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel corpo idrico.

(13) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel corpo idrico.

(14) Per le sostanze alle quali si applica uno SQA per i sedimenti o il biota, le regioni e le province autonome monitorano la sostanza nella corrispondente matrice almeno una volta all'anno, sempre che le conoscenze tecniche e la valutazione degli esperti non giustifichino un altro intervallo. La giustificazione della frequenza applicata è inserita nei Piani di gestione dei distretti idrografici in conformità all'articolo 78-nonies, comma 1, lettera c), e secondo quanto previsto all'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva consolidata.

A.3.6. Monitoraggio d’indagine

Il monitoraggio d’indagine è richiesto in casi specifici e più precisamente:

• quando sono sconosciute le ragioni di eventuali superamenti (ad esempio quando non si ha chiara conoscenza delle cause del mancato raggiungimento del buono stato ecologico e/o chimico, ovvero del peggioramento dello stato delle acque);

• quando il monitoraggio di sorveglianza indica per un dato corpo idrico il probabile rischio di non raggiungere gli obiettivi, di cui all’articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo, e il monitoraggio operativo non è ancora stato definito, al fine di avere un quadro conoscitivo più dettagliato sulle cause che impediscono il raggiungimento degli obiettivi;

• per valutare l'ampiezza e gli impatti dell'inquinamento accidentale.

I risultati del monitoraggio costituiscono la base per l'elaborazione di un programma di misure volte al raggiungimento degli obiettivi ambientali e di interventi specifici atti a rimediare agli effetti dell'inquinamento accidentale.

Tale tipo di monitoraggio può essere più intensivo sia in termini di frequenze di campionamento che di numero di corpi idrici o parti di essi.

Rientrano nei monitoraggi di indagine gli eventuali controlli investigativi per situazioni di allarme o a scopo preventivo per la valutazione del rischio sanitario e l’informazione al pubblico oppure i monitoraggi di indagine per la redazione di autorizzazioni preventive (es. prelievi di acqua o scarichi). Questo tipo di monitoraggio può essere considerato come parte dei programmi di misure richiesti dall’art. 116 del presente decreto legislativo e può includere misurazioni in continuo di alcuni prodotti chimici e/o l’utilizzo di determinandi biologici anche se non previsti dal regolamento per quella categoria di corpo idrico. L’Autorità competente al monitoraggio definisce gli elementi (es. ulteriori indagini su sedimenti e biota, raccolta ed elaborazione di dati sul regime di flusso, morfologia ed uso del suolo, selezione di sostanze inquinanti non rilevate precedentemente ecc.) e i metodi (ad es. misure ecotossicologiche, biomarker, tecniche di remote sensing) più appropriati per lo studio da realizzare sulla base delle caratteristiche e problematiche dell’area interessata. Eventuali saggi biologici sono eseguiti utilizzando protocolli metodologici normati o in corso di standardizzazione secondo le indicazioni UNI.

Il monitoraggio d’indagine non è usato per classificare direttamente, ma contribuisce a determinare la rete operativa di monitoraggio. Pur tuttavia i dati che derivano da tale tipo di monitoraggio possono essere utilizzati per la classificazione qualora forniscano informazioni integrative necessarie a un quadro conoscitivo più di dettaglio.

A.3.7. Aree protette

Per le aree protette, i programmi di monitoraggio tengono conto di quanto già riportato al punto A.3.1.1 del presente Allegato. I programmi di monitoraggio esistenti ai fini del controllo delle acque per la vita dei pesci e dei molluschi di cui all’articolo 79 del presente decreto legislativo costituiscono parte integrante del monitoraggio di cui dal presente Allegato.

A.3.8. Acque utilizzate per l’estrazione di acqua potabile

I corpi idrici superficiali individuati a norma dell'articolo 82 del presente decreto legislativo che forniscono in media più di 100 m³ al giorno sono designati come siti di monitoraggio da eseguire secondo le modalità riportate ai paragrafi precedenti e sono sottoposti ad un monitoraggio supplementare al fine di soddisfare i requisiti previsti dal decreto legislativo del 2 febbraio 2001, n. 31.

Il monitoraggio suppletivo, da effettuarsi annualmente secondo la frequenza di campionamento riportata nella tab. 3.8, riguarda tutte le sostanze dell'elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato scaricate e/o immesse e/o rilasciate, nonché tutte le altre sostanze appartenenti alle famiglie di cui all’Allegato 8 del presente decreto legislativo scaricate e/o immesse e/o rilasciate in quantità significativa da incidere negativamente sullo stato del corpo idrico.

Nel monitoraggio si applicano i valori di parametro previsti dall’Allegato 1 del decreto legislativo del 2 febbraio 2001, n. 31 nei casi in cui essi risultino più restrittivi dei valori individuati per gli stessi parametri nelle tabelle 1/A, 1/B e 2B del presente Allegato. I parametri di cui alla tabella 1/A, indipendentemente dalla presenza di scarichi, immissioni o rilasci conosciuti, sono comunque tutti parte integrante di uno screening chimico da effettuarsi con cadenza biennale.

Tab. 3.8. Frequenza di campionamento

Comunità servita Frequenza
< 10.000 4 volte l’anno
Da 10.000 a 30.000 8 volte l’anno
> 30.000 12 volte l’anno

Il monitoraggio supplementare non si effettua qualora siano già soddisfatti tutti i seguenti requisiti:

1) le posizioni dei siti di monitoraggio dello stato delle acque superficiali risultano anche idonee a un controllo adeguato ai fini della tutela della qualità dell’acqua destinata alla produzione di acqua potabile;

2) la frequenza del campionamento dello stato delle acque superficiali non è in nessun caso più bassa di quella fissata nella tabella 3.8;

3) il rischio per la qualità delle acque per l’utilizzo idropotabile non è connesso:

• a un parametro non pertinente alla valutazione dello stato delle acque superficiali (es. parametri microbiologici);

• a uno standard di qualità più restrittivo per le acque potabili rispetto a quello previsto per lo stato delle acque superficiali del corpo idrico. In tali casi, il corpo idrico può non essere a rischio di non raggiungere lo stato buono ma è a rischio di non rispettare gli obiettivi di protezione delle acque potabili.

A.3.9. Aree di protezione dell'habitat e delle specie

I corpi idrici che rientrano nelle aree di protezione dell'habitat e delle specie sono compresi nel programma di monitoraggio operativo qualora, in base alla valutazione dell’impatto e al monitoraggio di sorveglianza, si reputa che essi rischino di non conseguire i propri obiettivi ambientali. Il monitoraggio viene effettuato per valutare la grandezza e l'impatto di tutte le pertinenti pressioni significative esercitate su tali corpi idrici e, se necessario, per rilevare le variazioni del loro stato conseguenti ai programmi di misure. Il monitoraggio prosegue finché le aree non soddisfano i requisiti in materia di acque sanciti dalla normativa in base alla quale esse sono designate e finché non sono raggiunti gli obiettivi di cui all'articolo 77 del presente decreto legislativo.

Qualora un corpo idrico sia interessato da più di uno degli obiettivi si applica quello più rigoroso.

Come già riportato nella parte generale del presente Allegato, ai fini di evitare sovrapposizioni, la valutazione dello stato avviene per quanto possibile attraverso un unico monitoraggio articolato in modo da soddisfare le specifiche esigenze derivanti dagli obblighi delle disposizioni comunitarie e nazionali vigenti.

A.3.10. Precisione e attendibilità dei risultati del monitoraggio

La precisione ed il livello di confidenza associato al piano di monitoraggio dipendono dalla variabilità spaziale e temporale associata ai processi naturali ed alla frequenza di campionamento ed analisi previste dal piano di monitoraggio stesso.

Il monitoraggio è programmato ed effettuato al fine di fornire risultati con un adeguato livello di precisione e di attendibilità. Una stima di tale livello è indicata nel piano di monitoraggio stesso.

Al fine del raggiungimento di un adeguato livello di precisione ed attendibilità, è necessario porre attenzione a:

• il numero dei corpi idrici inclusi nei vari tipi di monitoraggio;

• il numero di siti necessario per valutare lo stato di ogni corpo idrico;

• la frequenza idonea al monitoraggio dei parametri indicativi degli elementi di qualità.

Per quanto riguarda i metodi sia di natura chimica che biologica, l’affidabilità e la precisione dei risultati devono essere assicurati dalle procedure di qualità interne ai laboratori che effettuano le attività di campionamento ed analisi. Per assicurare che i dati prodotti dai laboratori siano affidabili, rappresentativi ed assicurino una corretta valutazione dello stato dei corpi idrici, i laboratori coinvolti nelle attività di monitoraggio sono accreditati od operano in modo conforme a quanto richiesto dalla UNI CEN EN ISO 17025. I laboratori devono essere accreditati almeno per i parametri di maggiore rilevanza od operare secondo un programma di garanzia della qualità/controllo della qualità per i seguenti aspetti:

- campionamento, trasporto, stoccaggio e trattamento del campione;

- documentazione relativa alle procedure analitiche che devono essere basate su norme tecniche riconosciute a livello internazionale (CEN, ISO, EPA) o nazionale (UNI, metodi proposti dall’ISPRA o da CNR-IRSA per i corpi idrici fluviali e lacustri e metodi proposti dall’ISPRA per le acque marino-costiere e di transizione);

- procedure per il controllo di qualità interno ai laboratori e partecipazione a prove valutative organizzati da istituzioni conformi alla ISO Guide 43-1;

- convalida dei metodi analitici, determinazione dei limiti di rivelabilità e di quantificazione, calcolo dell’incertezza;

- piani di formazione del personale;

- procedure per la predisposizione dei rapporti di prova, gestione delle informazioni.

Per i metodi per il campionamento degli elementi di qualità biologica si fa riferimento ai pertinenti manuali ISPRA, quaderni e notiziari CNR-IRSA per le acque dolci e manuali ISPRA ed ICRAM per le acque marino-costiere e di transizione.

I metodi per i parametri chimici sono riportati nei Manuali e Linee Guida APAT/CNR-IRSA n. 29/2003 e successivi aggiornamenti e in «Metodologie Analitiche di Riferimento. Programma di Monitoraggio per il controllo dell'Ambiente marino costiero (Triennio 2001-2003)» Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, ICRAM, Roma 2001 e successivi aggiornamenti.

Per le sostanze dell’elenco di priorità per le acque superficiali interne, nelle more della pubblicazione dell’aggiornamento dei quaderni APAT/CNR-IRSA si fa riferimento per i metodi analitici alle metodiche di cui alla seguente tabella 3.9.

Per la misura delle caratteristiche morfologiche dei corsi d'acqua, si fa riferimento ai pertinenti manuali ISPRA.

Per la misura delle caratteristiche morfologiche dei laghi, si fa riferimento ai Report CNR-ISE.

Per la misura della portata (solida e liquida) per le acque superficiali interne, nelle more della pubblicazione dei metodi ISPRA/CNR, si fa riferimento a quelli indicati nell’elenco di seguito riportato.

Tab. 3.9. Metodi analitici per la misura delle concentrazioni delle sostanze dell’elenco di priorità nella colonna d’acqua per le acque interne

Sostanze dell’elenco di priorità Metodi analitici
Alaclor EN ISO 6468: 1996; ISO 11370:2000;
  APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
Antracene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Atrazina EN ISO 11369:1997; EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000; APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
Benzene ISO 15680:2003; ISO 11423-1:1997;
  APAT 5140 (2003)
Cadmio e composti EN ISO 5961:1994; ISO 17294-2:2003; ISO 15586:2003;
  APAT 3120 (2003); Istisan 07/31
C10-13-cloroalcani (1)
Clorfenvinfos DIN EN 12918:1999; ISO 11370:2000;
  APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
Clorpyrifos (-etil, -metil) DIN EN 12918:1999; APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
1,2-Dicloroetano EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;
  APAT 5150 (2003)
Diclorometano EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;
  APAT 5150 (2003)
Ftalato di bis(2-etilesile) (DEHP) ISO 18856:2004
Diuron EN ISO 11369:1997;
  APAT 5050 (2003) con LC/MS
Endosulfan EN ISO 6468:1996; APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
Fluorantene ISO 17993:2002;
  APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Esaclorobenzene EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Esaclorobutadiene EN ISO 10301:1997; APAT 5150 (2003)
Esaclorocicloesano EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Isoproturon EN ISO 11369:1997; APAT 5050 (2003) con LC/MS
Piombo e composti ISO 17294-2:2003; ISO 11885:2007; ISO 15586:2003;
  APAT 3230 (2003); Istisan 07/31
Mercurio e composti EN 1483:1997; EN 12338:1998; EN 13506:2001;
  APAT 3200 (2003); Istisan 07/31
Naftalene ISO 17993:2002; ISO 15680:2003;
  APAT 5080 (2003)
Nichel e composti ISO 17294-2:2003; ISO 11885:2007; ISO 15586:2003;
  APAT 3220 (2003); Istisan 07/31
Nonilfenoli ISO 18857-1:2005
Octilfenoli ISO 18857-1:2005
Pentaclorobenzene EN ISO 6468:1996
Pentaclorofenolo EN 12673:1998; ISO 8165-2:1999
Idrocarburi policiclici aromatici ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Benzo(a)pirene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Benzo(b)fluorantene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Benzo(g,h,i)perilene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Benzo(k)fluorantene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Indeno(1,2,3-cd)pirene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Simazina EN ISO 11369:1997; EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000;
  APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
Composti del tributilstagno ISO 17353:2004
Triclorobenzeni EN ISO 6468:1996; ISO 15680:2003;
  APAT 5150 (2003)
Triclorometano (Cloroformio) EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;
  APAT 5150 (2003)
Trifluralin EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000
DDT Totale EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Aldrin EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Endrin EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Isodrin EN ISO 6468:1996
Dieldrin EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Tetracloroetilene EN ISO 10301:1997; EN ISO 15680:2003; APAT 5150 (2003)
Tetraclorometano (Tetracloruro di Carbonio) EN ISO 10301:1997; EN ISO 15680:2003; APAT 5150 (2003)
Tricloroetilene EN ISO 10301:1997; EN ISO 15680:2003; APAT 5150 (2003)

(1) Per il parametro C10-13-cloroalcani il monitoraggio si effettua allorché sarà disponibile il relativo metodo analitico.

Riferimenti metodologici per la misura della portata (solida e liquida) dei corsi d’acqua e dei laghi sono:

• Manual on stream gauging - volume I - Fieldwork - World Meteorological Organization, n° 519;

• Manual on stream gauging - volume II - Computation of discharge - World Meteorological Organization, n° 519 MO n° 519;

• Hydrometry - Measurement of liquid flow in open channels using current-maters or floats - ISO 748/2007;

• Measurement of liquid flow in open channels - Water level measuring devices - ISO 4373/1995;

• Measurement of liquid flow in open channels - Part 1: Establishment and opertion of gauging station - ISO/1100-1;

• Measurement of liquid flow in open channels - Part 2: Determination of the stage-discharge relation - ISO/1100-2;

• Norme Tecniche per la raccolta e l’elaborazione dei dati idrometeorologici (Parte II, dati idrometrici) - Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale, 1998.

I monitoraggi e i relativi dati devono essere rispettivamente programmati e gestiti in modo tale da evitare rischi di errore di classificazione del corpo idrico al fine di ottimizzare i costi per il monitoraggio e poter orientare maggiori risorse economiche all’attuazione delle misure per il risanamento degli stessi corpi idrici.

Le Autorità competenti riportano nei piani di gestione e nei piani di tutela delle acque la metodologia adottata per garantire adeguata attendibilità e precisione ai risultati derivanti dai programmi di monitoraggio.

A.4 Classificazione e presentazione dello stato ecologico e chimico

Sistemi di classificazione per lo stato ecologico

Vengono, di seguito, riportati i sistemi di classificazione dello stato ecologico per le varie categorie di corpi idrici (fiumi, laghi, acque marino-costiere e di transizione). La classificazione è effettuata sulla base della valutazione degli Elementi di Qualità Biologica (EQB), degli elementi fisico-chimici, chimici (inquinanti specifici) e idromorfologici, nonché dei metodi di classificazione di cui al presente allegato.

Per gli elementi biologici la classificazione si effettua sulla base del valore di Rapporto di Qualità Ecologica (RQE), definito al punto 1.1.1, lett. D.2.1, dell’allegato 3, Parte terza del presente decreto legislativo, ossia del rapporto tra valore del parametro biologico osservato e valore dello stesso parametro, corrispondente alle condizioni di riferimento per il «tipo» di corpo idrico in osservazione. Pertanto, la classificazione degli elementi biologici deve tener conto del «tipo» di corpo idrico, stabilito in attuazione dei criteri tecnici di cui all’allegato 3 del presente decreto, e delle relative condizioni di riferimento tipo-specifiche. La tipo-specificità dei singoli EQB viene riportata all’interno dei relativi paragrafi del presente allegato.

Si sottolinea che, in considerazione della diversa sensibilità degli EQB ai vari descrittori utilizzati nella tipizzazione in diversi casi la tipo specificità e le condizioni di riferimento sono indicate per gruppi di tipi (macrotipi).

ISPRA predispone un manuale per la raccolta dei metodi di classificazione già elaborati, ciascuno per la propria competenza, dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), dall’Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRSA), dall’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISE), dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’Agenzia nazionale per le Nuove tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo economico sostenibile (ENEA), dall’ARPA Lombardia e dall'Ispettorato Generale del Corpo Forestale dello Stato (CFS). Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi degli Istituti e delle altre Amministrazioni su riportati, avvia un’attività di coordinamento con le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le ARPA e le APPA al fine della validazione dei metodi di classificazione indicati alla presente lettera A4 e per l’integrazione dei metodi non ancora definiti.

A.4.1 Corsi d’acqua

Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:

- Macroinvertebrati

- Diatomee

- Macrofite

- Pesci

Macrotipi fluviali per la classificazione

Ai fini della classificazione, per i macroinvertebrati bentonici e le diatomee i tipi fluviali di cui all’Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati in 8 gruppi (macrotipi) come indicati alla Tab. 4.1/a.

Tab. 4.1/a - Macrotipi fluviali e rapporto tra tipi fluviali per Macroinvertebrati e Diatomee

Area geografica Macrotipi fluviali Descrizione sommaria Idroecoregioni
Alpino A1 calcareo 1, 2, 3, 4 (Alpi)
  A2 siliceo  
Centrale C Tutti i tipi delle idroecoregioni ricadenti nell’area geografica 1, 2, 3, 4, 5, 7 (aree collinari o di pianura)
    centrale 6 (pianura Padana a Nord del fiume Po)
Mediterraneo M1 Fiumi molto piccoli e piccoli 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16,
  M2 Fiumi medi e grandi di pianura 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni).
  M3 Fiumi di pianura molto grandi 6 (fiumi perenni della pianura
  M4 Fiumi medi di montagna Padana a Sud del fiume Po)
  M5 Corsi d'acqua temporanei 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi temporanei)
      6 (fiumi temporanei della pianura Padana a Sud del fiume Po)

Per le macrofite i tipi fluviali di cui all’Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati in 12 gruppi (macrotipi) come indicati alla tabella 4.1/b.

Tab. 4.1/b - Macrotipi fluviali per Macrofite

Area geografica Macrotipi Descrizione Idroecoregioni
Alpina Aa Molto piccoli e piccoli 1, 2, 3, 4 (Alpi)
  Ab Medi  
Centrale Ca Molto piccoli e piccoli 1, 2, 3, 4 (aree collinari o di
  Cb Medi pianura);
  Cc Grandi e molto grandi 5, 7;
      6 (pianura Padana a Nord del fiume Po)
Mediterranea Ma Fiumi molto piccoli e piccoli 6 (fiumi perenni della pianura Padana a Sud del fiume Po);
      8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)
  Mb Fiumi medi e grandi di pianura 6 (fiumi perenni della pianura Padana a Sud del fiume Po);
      8, 9, 10, 11, 13, 14, 15
  Mc   12, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)
  Md Fiumi di pianura molto grandi 6 (fiumi perenni della pianura Padana a Sud del fiume Po);
      8, 9, 10, 11, 13, 14, 15
  Me   12, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)
  Mf Fiumi medi di montagna 6 (fiumi perenni della pianura Padana a Sud del fiume Po);
      8, 9, 10, 11, 13, 14, 15
  Mg   12, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)

L'elemento di qualità biologica «Fauna ittica» non risulta sensibile ai descrittori utilizzati per la tipizzazione effettuata ai sensi dell'Allegato 3 del presente decreto legislativo. Pertanto, ai fini della classificazione è sufficiente considerare tutti i tipi fluviali presenti nelle idroecoregioni, prendendo a riferimento di volta in volta la comunità ittica attesa, in relazione alle Zone zoogeografico-ecologiche riportate nella tabella 4.1.1/h di cui alla sezione «Pesci» del paragrafo A.4.1.1 del presente Allegato.

A.4.1.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

Macroinvertebrati

Il sistema di classificazione per i macroinvertebrati, denominato MacrOper, è basato sul calcolo dell’indice denominato Indice multimetrico STAR di Intercalibrazione (STAR_ICMi), che consente di derivare una classe di qualità per gli organismi macrobentonici per la definizione dello Stato Ecologico.

Lo STAR_ICMi è applicabile anche ai corsi d’acqua artificiali e fortemente modificati.

Specifiche per i fiumi molto grandi e/o non accessibili (1723)

La classificazione dei fiumi molto grandi e/o non accessibili, cioè «non guadabili», ovvero di quei tipi fluviali per i quali non sia possibile effettuare in modo affidabile un campionamento multihabitat proporzionale, si ottiene dalla combinazione dei valori RQE ottenuti per gli indici STAR_ICMi e MTS (Mayfly Total Score), mediante il calcolo della media ponderata.

Limiti di classe e classificazione

In tab. 4.1.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe validi sia per lo STAR_ICMi sia per la media ponderata tra STAR_ICMi e MTS, nel caso di fiumi molto grandi e/o non accessibili, per i macrotipi fluviali. L’attribuzione a una delle cinque classi di qualità per il sito in esame è da effettuarsi sulla base del valore medio dei valori dell’indice utilizzato relativi alle diverse stagioni di campionamento.

Tab. 4.1.1/b - Limiti di classe fra gli stati per i diversi macrotipi fluviali

Macrotipo fluviale Limiti di classe
  Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
A1 0,97 0,73 0,49 0,24
A2 0,95 0,71 0,48 0,24
C 0,96 0,72 0,48 0,24
M1 0,97 0,72 0,48 0,24
M2-M3-M4 0,94 0,70 0,47 0,24
M5 0,97 0,73 0,49 0,24

I valori riportati in Tab. 4.1.1/b corrispondono al valore più basso della classe superiore.

La sezione A dell’Appendice al presente Allegato riporta i valori di riferimento tipo-specifici ad oggi disponibili, per le sei metriche che compongono lo STAR_ICMi e per il valore dell’indice stesso, nonché i valori per l’indice MTS.

Diatomee

L’indice multimetrico da applicare per la valutazione dello stato ecologico, utilizzando le comunità diatomiche, è l’indice denominato Indice Multimetrico di Intercalibrazione (ICMi).

L’ ICMi si basa sull’Indice di Sensibilità agli Inquinanti IPS e sull’Indice Trofico TI.

Limiti di classe e classificazione

In tabella 4.1.1/c sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe dell’ICMi, distinti nei macrotipi fluviali indicati nella tabella 4.1/a

Tab. 4.1.1/c Limiti di classe fra gli stati per i diversi macrotipi fluviali.

Macrotipi Limiti di classe
  Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
A1 0,87 0,70 0,60 0,30
A2 0,85 0,64 0,54 0,27
C 0,84 0,65 0,55 0,26
M1-M2-M3-M4 0,80 0,61 0,51 0,25
M5 0,88 0,65 0,55 0,26

I valori riportati in Tab. 4.1.1/c corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Nella tabella 4.1.1/d vengono riportati i valori di riferimento degli indici IPS e TI da utilizzare per il calcolo dei rispettivi RQE.

Tab. 4.1.1/d - Valori di riferimento degli indici IPS e TI per i macrotipi fluviali.

Macrotipo Valori di riferimento
fluviale IPS TI
A1 18,4 1,7
A2 19,6 1,2
C 16,7 2,4
M1 17,15 1,2
M2 14,8 2,8
M3 16,8 2,8
M4 17,8 1,7
M5 16,9 2,0

Macrofite

L’indice da applicare per la valutazione dello stato ecologico, utilizzando le comunità macrofitiche, è l’indice denominato «Indice Biologique Macrophyitique en Rivière» IBMR. L’ IBMR è un indice finalizzato alla valutazione dello stato trofico inteso in termini di intensità di produzione primaria.

Allo stato attuale questo indice non trova applicazione per i corsi d'acqua temporanei mediterranei.

Limiti di classe e classificazione

Nella tabella 4.1.1/e si riportano i valori di RQE_IBMR relativi ai limiti di classe differenziati per Area geografica.

Tab. 4.1.1/e - Valori di RQE_IBMR relativi ai limiti tra le classi Elevata, Buona e Sufficiente

Area Limiti di Classe
geografica Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
Alpina 0,85 0,70 0,60 0,50
Centrale 0,90 0,80 0,65 0,50
Mediterranea 0,90 0,80 0,65 0,50

In tabella 4.1.1/f sono riportati i valori di riferimento da utilizzare per il calcolo di RQE_IBMR per i macrotipi definiti in tabella 4.1/b.

Tab. 4.1.1/f - Valori di riferimento dell’IBMR per i macrotipi fluviali

Area geografica Macrotipi Valore di riferimento
Alpina Aa 14,5
  Ab 14
Centrale Ca 12,5
  Cb 11,5
  Cc 10,5
Mediterranea Ma 12,5
  Mb 10,5
  Mc 10
  Md 10,5
  Me 10
  Mf 11,5
  Mg 11

Fauna ittica

L’indice da utilizzare per l’EQB fauna ittica è l’Indice dello Stato Ecologico delle Comunità Ittiche - ISECI.

Limiti di classe e condizioni di riferimento

Per quanto riguarda l’elemento di qualità biologica fauna ittica viene presa come condizione di riferimento, corrispondente allo stato ecologico elevato, la «comunità ittica attesa» con tutte le popolazioni che la costituiscono in buona condizione biologica (popolazioni ben strutturate in classi di età, capaci di riprodursi naturalmente, con buona o sufficiente consistenza demografica).

Al fine di individuare le comunità ittiche attese nei vari tipi fluviali viene compiuta una prima suddivisione del territorio nazionale su base zoogeografica e una seconda articolazione su base ecologica. La prima porta a distinguere tre «regioni»: Regione Padana, Regione Italico-peninsulare, Regione delle Isole. La seconda porta a distinguere, all’interno di ciascuna regione, tre «zone» (tab. 4.1.1/g): Zona dei Salmonidi, Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila, Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila; un’ultima zona fluviale, la Zona dei Mugilidi, non viene considerata in quanto appartenente alle acque di transizione.

Tab. 4.1.1/g - Caratteristiche ambientali delle tre «zone ittiche» dulcicole in cui è possibile suddividere i corsi d’acqua italiani.

ZONA DEI SALMONIDI ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA
Acqua limpida e bene ossigenata; corrente molto veloce, con presenza di rapide; fondo a massi, ciottoli o ghiaia grossolana; scarsa o moderata presenza di macrofite; temperatura fino a 16-17 °C, ma generalmente inferiore. Acqua limpida, soggetta però a torbide di breve durata, discretamente ossigenata; corrente veloce, alternata a zone di acqua calma e con profondità maggiore; fondo con ghiaia fine e sabbia; moderata presenza di macrofite; temperatura raramente superiore a 19-20 °C. Acqua frequentemente torbida e solo moderatamente ossigenata in alcuni periodi; bassa velocità della corrente; fondo fangoso; abbondanza di macrofite; temperatura fino a 24-25 °C.

La REGIONE PADANA è composta dalle seguenti idroecoregioni (livello 1 della tipizzazione di cui alla sezione A dell’allegato 3 del presente decreto): 1) Alpi Occidentali; 2) Prealpi_Dolomiti; 3) Alpi Centro-Orientali; 4) Alpi Meridionali; 5) Monferrato; 6) Pianura Padana; 7) Carso; 8) Appennino Piemontese; 9) Alpi Mediterranee - versante padano; 10) Appennino settentrionale - versanti padano e adriatico; 12) Costa Adriatica - parte settentrionale fino al Fiume Vomano compreso; 13) Appennino Centrale - parte settentrionale fino al Fiume Chienti compreso.

La REGIONE ITALICO-PENINSULARE è composta dalle seguenti idroecoregioni: 10) Appennino settentrionale - versante tirrenico; 11) Toscana; 12) Costa Adriatica - parte meridionale a sud del Fiume Vomano; 13) Appennino centrale - parte centrale e meridionale a sud del Fiume Chienti; 14) Roma_Viterbese; 15) Basso Lazio; 16) Basilicata_Tavoliere; 17) Puglia_Carsica; 18) Appennino meridionale; 19) Calabria_Nebrodi - parte continentale.

La REGIONE DELLE ISOLE è composta dalle seguenti idroecoregioni: 19) Calabria_Nebrodi - parte insulare; 20) Sicilia; 21) Sardegna.

Tenendo conto della zonazione ittica vengono individuate 9 zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali riportate nella tab. 4.1.1/h.

Tab. 4.1.1/h - Zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali individuabili in Italia

zone zoogeografico-ecologiche REGIONI
  REGIONE PADANA
I ZONA DEI SALMONIDI
II ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
III ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA
  REGIONE ITALICO-PENINSULARE
IV ZONA DEI SALMONIDI
V ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
VI ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA
  REGIONE DELLE ISOLE
VII ZONA DEI SALMONIDI
VIII ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
IX ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA

Nella sezione B dell’Appendice al presente allegato sono indicate le 9 comunità ittiche attese che si assumono come comunità di riferimento. Le indagini correlate alle attività di monitoraggio condotte dalle Regioni e dalle Province autonome possono portare all’affinamento della comunità ittica attesa, mediante osservazioni ecologiche sugli habitat effettivamente presenti nei corsi d’acqua e l’analisi storico-bibliografica delle conoscenze sulla fauna ittica di ogni singola idroecoregione o tipo fluviale.

Le Regioni che, a seguito delle indagini sopraindicate, abbiano realizzato l’affinamento delle comunità ittiche attese, trasmettono i risultati delle indagini effettuate e le relative informazioni, corredate dalla documentazione scientifica di supporto, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Ai fini della classificazione, non sono considerate eventuali specie campionate non presenti nelle liste delle comunità ittiche attese e nelle liste delle specie aliene.

Tab. 4.1.1/i - Limiti di classe fra gli stati per l’indice ISECI

  Limiti di classe
  Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
Valore ISECI (i) 0,8 0,6 0,4 0,2

I valori riportati in Tab. 4.1.1/i corrispondono al valore più basso della classe superiore.

A.4.1.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali gli elementi fisico-chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:

- Nutrienti (N-NH4, N-NO3, Fosforo totale);

- Ossigeno disciolto (% di saturazione).

Per un giudizio complessivo della classificazione si tiene conto, secondo i criteri riportati al paragrafo «Altri parametri», anche di:

- Temperatura;

- pH;

- Alcalinità (capacità di neutralizzazione degli acidi);

- Conducibilità.

Nutrienti e ossigeno disciolto

I nutrienti e l’ossigeno disciolto, ai fini della classificazione, vengono integrati in un singolo descrittore LIMeco (Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico ) utilizzato per derivare la classe di qualità.

La procedura prevede che sia calcolato un punteggio sulla base della concentrazione, osservata nel sito in esame, dei seguenti macrodescrittori: N-NH4, N-NO3, Fosforo totale e Ossigeno disciolto (100 - % di saturazione O2). Il punteggio LIMeco da attribuire al sito rappresentativo del corpo idrico è dato dalla media dei singoli LIMeco dei vari campionamenti effettuati nell’arco dell’anno in esame. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri fisico-chimici, il valore di LIMeco viene calcolato come media ponderata (in base alla percentuale di corpo idrico rappresentata da ciascun sito) tra i valori di LIMeco ottenuti per i diversi siti (1724). Nel caso di monitoraggio operativo il valore di LIMeco da attribuire al sito è dato dalla media dei valori di LIMeco ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Per il monitoraggio di sorveglianza, si fa riferimento al LIMeco dell’anno di controllo o, qualora il monitoraggio venisse effettuato per periodi più lunghi, alla media dei LIMeco dei vari anni.

Il LIMeco di ciascun campionamento viene derivato come media tra i punteggi attributi ai singoli parametri secondo le soglie di concentrazione indicate nella seguente tab. 4.1.2/a, in base alla concentrazione osservata.

Tab. 4.1.2/a - Soglie per l’assegnazione dei punteggi ai singoli parametri per ottenere il punteggio LIMeco

    Livello 1 Livello 2 Livello 3 Livello 4 Livello 5
  Punteggio * 1 0,5 0,25 0,125 0
Parametro            
100-O2% sat.   ≤ | 10 | ≤ | 20 | ≤ | 40 | ≤ | 80 | > | 80 |
N-NH4 (mg/l) Soglie ** < 0,03 ≤ 0,06 ≤ 0,12 ≤ 0,24 > 0,24
N-NO3 (mg/l)   < 0,6 ≤ 1,2 ≤ 2,4 ≤ 4,8 > 4,8
Fosforo totale (µg/l)   < 50 ≤ 100 ≤ 200 ≤ 400 > 400

* Punteggio da attribuire al singolo parametro

** Le soglie di concentrazione corrispondenti al Livello 1 sono state definite sulla base delle concentrazioni osservate in campioni (115) prelevati in siti di riferimento (49), appartenenti a diversi tipi fluviali. In particolare, tali soglie, che permettono l’attribuzione di un punteggio pari a 1, corrispondono al 75° percentile (N-NH4, N-NO3, e Ossigeno disciolto) o al 90° (Fosforo totale) della distribuzione delle concentrazioni di ciascun parametro nei siti di riferimento. I siti di riferimento considerati fanno parte di un database disponibile presso CNR-IRSA.

Per tipi fluviali particolari le Regioni e le Province Autonome possono derogare ai valori soglia di LIMeco stabilendo soglie tipo specifiche diverse, purché sia dimostrato, sulla base di un’attività conoscitiva specifica ed il monitoraggio di indagine, che i livelli maggiori di concentrazione dei nutrienti o i valori più bassi di ossigeno disciolto sono attribuibili esclusivamente a ragioni naturali. Il valore di deroga e le relative motivazioni devono essere trasmesse al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e devono comunque essere riportate nel Piano di gestione e nel Piano di tutela delle acque.

Il valore medio di LIMeco calcolato per il periodo di campionamento è utilizzato per attribuire la classe di qualità al sito, secondo i limiti indicati nella successiva tab. 4.1.2/b.

Conformemente a quanto stabilito nella Direttiva 2000/60/CE, lo stato ecologico del corpo idrico risultante dagli elementi di qualità biologica non viene declassato oltre la classe sufficiente qualora il valore di LIMeco per il corpo idrico osservato dovesse ricadere nella classe scarso o cattivo.

Tab. 4.1.2/b - Classificazione di qualità secondo i valori di LIMeco

Stato LIMeco
Elevato * ≥ 0,66
Buono ≥ 0,50
Sufficiente ≥ 0,33
Scarso ≥ 0,17
Cattivo < 0,17

* Il limite tra lo stato elevato e lo stato buono è stato fissato pari al 10° percentile dei campioni ottenuti da siti di riferimento

Altri parametri

Gli altri parametri, temperatura, pH, alcalinità e conducibilità, sono utilizzati esclusivamente per una migliore interpretazione del dato biologico e non per la classificazione. Ai fini della classificazione in stato elevato è necessario che sia verificato che gli stessi non presentino segni di alterazioni antropiche e restino entro la forcella di norma associata alle condizioni territoriali inalterate. Ai fini della classificazione in stato buono, è necessario che sia verificato che detti parametri non siano al di fuori dell’intervallo dei valori fissati per il funzionamento dell'ecosistema tipo specifico e per il raggiungimento dei corrispondenti valori per gli elementi di qualità biologica.

A.4.1.3 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità idromorfologica a sostegno

Nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali, gli elementi idromorfologici a sostegno vengono valutati attraverso l’analisi dei seguenti aspetti (ciascuno dei quali descritto da una serie di parametri e/o indicatori):

- regime idrologico (quantità e variazione del regime delle portate);

- condizioni morfologiche (configurazione morfologica plano-altimetrica, configurazione delle sezioni fluviali, configurazione e struttura del letto, vegetazione nella fascia perifluviale, continuità fluviale - entità ed estensione degli impatti di opere artificiali sul flusso di acqua, sedimenti e biota -).

Per i tratti di corpo idrico candidati a siti di riferimento sono valutate anche le condizioni di habitat, conformemente a quanto riportato al successivo paragrafo «Condizioni di habitat».

Regime idrologico

L’analisi del regime idrologico è effettuata in corrispondenza di una sezione trasversale sulla base dell’Indice di Alterazione del Regime Idrologico IARI, che fornisce una misura dello scostamento del regime idrologico osservato rispetto a quello naturale che si avrebbe in assenza di pressioni antropiche.

L’indice di alterazione è definito in maniera differente a seconda che la sezione in cui si effettua la valutazione del regime idrologico sia dotata o meno di strumentazione per la misura, diretta o indiretta, della portata.

La serie delle portate naturali, utilizzata dall’Autorità competente per definire il regime idrologico di riferimento deve essere sufficientemente lunga per ottenere una stima idrologica affidabile. I dati di portata sono stimati o ricostruiti secondo le disponibilità territoriali. I criteri e i modelli di stima e/o ricostruzione della serie delle portate naturali devono essere riportati nei piani di gestione.

La valutazione dello stato del regime idrologico si articola in due fasi (Fase 1 e Fase 2).

Nella Fase 1, sulla base del valore assunto da IARI, è individuato il corrispondente stato del regime idrologico così come indicato nella tabella 4.1.3/a.

Tab. 4.1.3/a - Classi di stato idrologico

IARI STATO
0 ≤ IARI ≤ 0,05 ELEVATO
0,05 < IARI ≤ 0,15 BUONO
0,15 < IARI NON BUONO

Nel caso in cui il valore di IARI evidenzi la presenza di condizioni critiche, ossia corrispondenti ad uno stato inferiore al «BUONO» (IARI > 0,15), si procede alla Fase 2.

Nella Fase 2, si provvede ad un approfondimento per individuare l’origine della criticità e conseguentemente confermare o variare il giudizio espresso.

Nel caso di sezione strumentata, si effettua l’indagine derivata dal metodo Indicators of Hydrologic Alterations (IHA) che individua cinque componenti critiche del regime idrologico fondamentali per la regolazione dei processi ecologici fluviali.

La differenza tra parametri omologhi dedotti dalle due diverse serie, naturale e reale, è valutata rispetto ad un intervallo di accettabilità prefissato, che definisce l’accettabilità dello scostamento dalle condizioni naturali.

Qualora alcuni parametri non rientrino nell’intervallo di accettabilità a causa di un’alterazione imputabile a fattori naturali (es. variazioni climatiche), è possibile elevare la classe di stato idrologico (indicazioni e motivazioni dell’attribuzione del corpo idrico ad una classe più elevata devono essere riportate nei piani di gestione). In questi casi deve inoltre essere valutato se si tratti di una tendenza consolidata e in tal caso se sia opportuno rivedere le condizioni di riferimento.

Se invece le cause sono di origine antropica, si conferma la valutazione derivante dalla Fase 1 e si definiscono le misure per riportare i parametri idrologici critici all’interno dell’intervallo di accettabilità prefissato.

Nel caso di sezione non strumentata, nella Fase 2, occorre provvedere al monitoraggio sistematico della portata nella sezione in esame al fine di investigare le cause che hanno determinato le condizioni di criticità, e quindi confermare o modificare il giudizio precedentemente espresso secondo le indicazioni sopra riportate.

Condizioni morfologiche

Le condizioni morfologiche vengono valutate per ciascuno dei seguenti aspetti:

- continuità: la continuità longitudinale riguarda la capacità del corso d’acqua di garantire il transito delle portate solide; la continuità laterale riguarda il libero manifestarsi di processi fisici di esondazione e di erosione;

- configurazione morfologica: riguarda la morfologia planimetrica e l’assetto altimetrico;

- configurazione della sezione: riguarda le variazioni di larghezza e profondità della sezione fluviale;

- configurazione e struttura alveo: riguarda la struttura e le caratteristiche tessiturali dell’alveo;

- vegetazione nella fascia perifluviale: riguarda gli aspetti legati alla struttura ed estensione della vegetazione nella fascia perifluviale.

La classificazione si basa sul confronto tra le condizioni morfologiche attuali e quelle di riferimento in modo da poter valutare i processi evolutivi in corso e i valori dei parametri per descriverne lo stato e le tendenze evolutive future.

La valutazione dello stato morfologico viene effettuata considerando la funzionalità geomorfologica, l’artificialità e le variazioni morfologiche, che concorrono alla formazione dell’Indice di Qualità Morfologica, IQM.

Sulla base del valore assunto dall’IQM, è definita la classe di stato morfologico così come indicato nella tabella 4.1.3/b .

Tab. 4.1.3/b - Classi di stato morfologico

IQM STATO
0,85 ≤ IQM ≤ 1 ELEVATO
IQM < 0,85 NON ELEVATO

Classificazione per gli aspetti idromorfologici

La classificazione per gli aspetti idromorfologici è ottenuta dalla combinazione dello stato definito dagli indici IQM e IARI secondo la tabella 4.1.3/c .

Tab. 4.1.3/c - Classi di stato idromorfologico

  STATO MORFOLOGICO
  ELEVATO NON ELEVATO
  ELEVATO ELEVATO NON ELEVATO
STATO IDROLOGICO BUONO ELEVATO NON ELEVATO
  NON BUONO NON ELEVATO NON ELEVATO

Condizioni di habitat

Le condizioni di habitat sono valutate, secondo le modalità di seguito riportate, per i tratti di corpo idrico candidati a siti di riferimento. Le Regioni possono valutare le condizioni di habitat anche nei corpi idrici sottoposti a monitoraggio di sorveglianza per acquisire un quadro conoscitivo più articolato in relazione all’interpretazione del dato biologico.

La valutazione delle caratteristiche degli habitat è realizzata sulla base di informazioni (scala locale: tratto) relative ai seguenti aspetti: substrato, vegetazione nel canale e detrito organico, caratteristiche di erosione/deposito, flussi, continuità longitudinale, struttura e modificazione delle sponde, tipi di vegetazione/struttura delle sponde e dei territori adiacenti, uso del suolo adiacente al corso d’acqua e caratteristiche associate. Ai fini dell’attribuzione di un tratto fluviale allo stato elevato o non elevato, gli elementi sopra riportati devono essere formalizzati nelle seguenti categorie:

- diversificazione e qualità degli habitat fluviali e ripari;

- presenza di strutture artificiali nel tratto considerato;

- uso del territorio nelle aree fluviali e perifluviali.

Le informazioni relative a tali categorie, opportunamente mediate, concorrono a definire lo stato di qualità dell’habitat (Indice di Qualità dell’Habitat: IQH).

I limiti di classe per l’attribuzione dello stato elevato secondo la qualità dell’habitat sono riportati nelle tabelle 4.1.3/d e 4.1.3/e, separatamente per:

- corsi d’acqua temporanei e corsi d’acqua di pianura piccoli e molto piccoli;

- tutti i rimanenti tipi fluviali.

Tab. 4.1.3/d - Stato di qualità dell’habitat per i corsi d’acqua temporanei e per i corsi d’acqua di pianura piccoli e molto piccoli.

IQH QUALITÀ HABITAT
IQH ≥ 0,81 ELEVATO
IQH < 0,81 NON ELEVATO

Tab. 4.1.3/e - Stato di qualità dell’habitat per tutti i rimanenti tipi fluviali.

IQH QUALITÀ HABITAT
IQH ≥ 0,90 ELEVATO
IQH < 0,90 NON ELEVATO

Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più tratti di corpo idrico candidati a sito di riferimento, per il rilevamento della qualità dell’habitat il valore di IQH è calcolato come media ponderata tra i diversi tratti. Occorre valutare quale percentuale del corpo idrico i diversi tratti in esame rappresentino. Il valore di IQH calcolato per un tratto andrà moltiplicato per la percentuale di corpo idrico che esso rappresenta; tale valore andrà quindi sommato al valore di IQH calcolato in un altro tratto del medesimo corpo idrico moltiplicato per la percentuale di rappresentatività del tratto nel corpo idrico.

La classificazione si basa sul rapporto tra le condizioni osservate e quelle attese in condizioni di riferimento. Nella sezione C dell’Appendice vengono riportati i valori di riferimento utili per il calcolo dei rapporti di qualità, qualora il metodo di valutazione IQH utilizzato fosse basato sull’applicazione del metodo «CARAVAGGIO».

Ai fini della classificazione, qualora si faccia anche ricorso alla valutazione delle condizioni di habitat, lo stato idromorfologico complessivo, come riportato in tabella 4.1.3/f, è ottenuto dall’integrazione delle seguenti componenti:

- la classe ottenuta dagli aspetti idromorfologici;

- la classe ottenuta dalla qualità dell’habitat.

Tab. 4.1.3/f - Classificazione dello stato idromorfologico complessivo qualora sia valutata l’informazione relativa all’habitat.

  ASPETTI IDROMORFOLOGICI
  ELEVATO NON ELEVATO
HABITAT ELEVATO ELEVATO ELEVATO
  NON ELEVATO ELEVATO NON ELEVATO

A.4.2 Corpi idrici lacustri

Nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici lacustri gli elementi di qualità biologica da considerare sono i seguenti:

- Fitoplancton

- Macrofite

- Pesci

Macrotipi lacustri per la classificazione

Ai fini della classificazione, i tipi lacustri di cui all’Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati nei macrotipi come indicati alla Tab. 4.2/a

Tab. 4.2/a - Accorpamento dei tipi lacustri italiani in macrotipi

Macrotipo Descrizione Tipi di cui alla lettera A2 dell’allegato 3 del presente Decreto legislativo
L1 Laghi con profondità massima maggiore di 125 m AL-3
L2 Altri laghi con profondità media maggiore di 15 m Laghi appartenenti ai tipi ME-4/5/7, AL-6/9/10 e AL-1/2, limitatamente a quelli profondi più di 15 m.
L3 Laghi con profondità media minore di 15 m, non polimittici Laghi appartenenti ai tipi ME-2/3/6, AL-5/7/8, S e AL-1/2, limitatamente a quelli profondi meno di 15 m.
L4 Laghi polimittici Laghi appartenenti ai tipi ME-1, AL-4
I1 Invasi dell'ecoregione mediterranea con profondità media maggiore di 15 m Invasi appartenenti ai tipi ME-4/5
I2 Invasi con profondità media maggiore di 15 m Invasi appartenenti ai tipi ME-7, AL-6/9/10 e AL-1/2, limitatamente a quelli profondi più di 15 m.
I3 Invasi con profondità media minore di 15 m, non polimittici Invasi appartenenti ai tipi ME-2/3/6, AL-5/7/8, S e AL-1/2, limitatamente a quelli profondi meno di 15 m.
I4 Invasi polimittici Invasi appartenenti ai tipi ME-1, AL-4

A.4.2.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

Fitoplancton

La classificazione dei laghi e degli invasi a partire dal fitoplancton si basa sulla media dei valori di due indici, l’Indice medio di biomassa e l’Indice di composizione.

Il calcolo di questi due indici si basa a sua volta su più indici componenti: Concentrazione media di clorofilla a, Biovolume medio, PTI (PTIot, PTIspecies, MedPTI) e Percentuale di cianobatteri caratteristici di acque eutrofe.

Come indicato in tab. 4.2.1/a, l’Indice medio di biomassa è ottenuto, per tutti i macrotipi, come media degli RQE normalizzati della Concentrazione della clorofilla a e del Biovolume.

L’Indice di composizione è invece ottenuto attraverso indici diversi in relazione alla loro applicabilità ai differenti macrotipi; il suo valore può così corrispondere all’RQE normalizzato del PTIot o del PTIspecies, ovvero alla media degli RQE normalizzati del MedPTI e della Percentuale di cianobatteri.

L'Indice complessivo per il fitoplancton (ICF), determinato sulla base dei dati di un anno di campionamento, si ottiene come media degli Indici medi di composizione e biomassa.

Per la classificazione nel caso di monitoraggio operativo si utilizza il valore medio dei tre ICF calcolati annualmente.

Tab. 4.2.1/a - Componenti degli indici da mediare per il calcolo dell’Indice finale di classificazione

Macrotipi Indice medio di biomassa* Indice di composizione**
L2, L3, L4, I2, I3, I4 Concentrazione media di clorofilla a Biovolume medio PTIot
L1 Concentrazione media di clorofilla a Biovolume medio PTIspecies
I1 Concentrazione media di clorofilla a Biovolume medio MedPTI Percentuale di cianobatteri caratteristici di acque eutrofe

*Calcolato come media degli RQE normalizzati degli indici componenti sottostanti

**Corrispondente all’RQE normalizzato del singolo indice componente sottostante, o calcolato come media degli RQE normalizzati dei due indici componenti sottostanti per il solo macrotipo I1

Limiti di classe e classificazione

In tabella 4.2.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe dell’Indice complessivo per il fitoplancton (ICF). Nelle successive tabelle vengono riportati i limiti di classe ed i relativi valori di riferimento, distinti per macrotipi, per la Concentrazione media annua di clorofilla a, il Biovolume medio, la Percentuale di cianobatteri, il MedPTI, il PTIot e il PTIspecies.

Tab. 4.2.1/b - Limiti di classe, espressi come rapporti di qualità ecologica (RQE), dell’Indice complessivo per il fitoplancton

Stato Limiti di classe (RQE)
Elevato/Buono 0,8
Buono/Sufficiente 0,6
Sufficiente/Scarso 0,4
Scarso/Cattivo 0,2

Nelle tabelle seguenti si riportano i valori di RQE relativi ai limiti di classe ed ai valori di riferimento degli indici componenti.

Tab. 4.2.1/c - Limiti di classe RQE per la concentrazione media annua di clorofilla a

* gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idromorfologica

I valori riportati in Tab. 4.2.1/c corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/d - Limiti di classe RQE del Biovolume medio annuo

* gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idromorfologica

I valori riportati in Tab. 4.2.1/d corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/e - Limiti di classe RQE per la percentuale di cianobatteri

* gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idromorfologica

I valori riportati in Tab. 4.2.1/e corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/f - Limiti di classe RQE per l’indice MedPTI

*gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idromorfologica

I valori riportati in Tab. 4.2.1/f corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/g - Limiti di classe RQE per l’indice PTIot

* gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idromorfologica

I valori riportati in Tab. 4.2.1/g corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/h - Limiti di classe RQE dell’indice PTIspecies

I valori riportati in Tab. 4.2.1/h corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Macrofite

L’elemento biologico macrofite, o piante acquatiche, basa la classificazione dei laghi sull’utilizzo delle sole specie idrofitiche, cioè quelle macrofite che hanno modo di svilupparsi in ambienti puramente acquatici o su terreni o substrati che almeno periodicamente vengono sommersi dall’acqua.

Le metriche applicate alle macrofite per la classificazione degli ambienti lacustri sono in totale cinque: la massima profondità di crescita, la frequenza relativa delle specie con forma di colonizzazione sommersa, la frequenza delle specie esotiche, la diversità calcolata come indice Simpson e il punteggio trofico per ciascuna specie. Le metriche permettono di calcolare due indici MTIspecies, per i laghi di categoria L-AL3, e MacroIMMI, per i laghi appartenenti alle tipologie L-AL4, L-AL5 e L-AL6.

Allo stato attuale questi indici non trovano applicazione per i laghi mediterranei.

La metodologia di classificazione è diversa a seconda dell’indice che viene applicato e quindi della tipologia di lago che deve essere classificato.

Per determinare il valore dell’indice MTIspecies occorre calcolare per ciascun sito (inteso come porzione continua di riva, di ampiezza variabile, al cui interno è possibile individuare una comunità macrofisica omogenea in termini di composizione specifica) la media ponderata dei valori trofici di ciascuna specie rispetto alle abbondanze relative e, per l’intero corpo idrico, la media ponderata del valore ottenuto per ciascun sito rispetto alla lunghezza totale dei siti con presenza di vegetazione.

Per la determinazione del valore dell’indice MacroIMMI sono necessari due passaggi successivi: il primo passaggio prevede il calcolo in ciascun sito (definito come sopradetto) della media dei valori ottenuti di ciascuna metrica; il secondo passaggio prevede il calcolo della media ponderata dei valori in ciascun sito rispetto alla lunghezza totale dei siti con presenza di vegetazione. L’ambiente di applicazione e’ costituito dai laghi polimittici o non polimittici con profondità massima minore o uguale a 125 m.

Limiti di classe e classificazione

In tabella 4.2.1/i e in tabella 4.2.1/l sono riportati i limiti di classe e i valori di riferimento, distinti per macrotipi, rispettivamente per gli indici finali MTIspecies e MacroIMMI. Nelle tabelle successive sono indicati i limiti di classe e i valori di riferimento, distinti per macrotipi, per le metriche (massima profondità di crescita, frequenza relativa delle specie sommerse, frequenza delle specie esotiche, diversità, punteggio trofico per ciascuna specie) da utilizzare per il calcolo dei suddetti indici.

Tab. 4.2.1/i - Limiti di classe RQE per MTIspecies

I valori riportati in Tab. 4.2.1/i corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/l - Limiti di classe RQE per MacroIMMI

I valori riportati in Tab. 4.2.1/l corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/m - Limiti di classe RQE per la massima profondità di crescita

*Nel caso il lago abbia profondità inferiore ai 12 m il valore di limite tra la classe alta e la classe buona è da considerarsi compreso tra l’80 e il 100% della profondità massima.

I valori riportati in Tab. 4.2.1/m corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/n - Limiti di classe RQE per la frequenza relativa delle specie sommerse

I valori riportati in Tab. 4.2.1/n corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/o - Limiti di classe RQE per la frequenza delle specie esotiche

I valori riportati in Tab. 4.2.1/o corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/p - Limiti di classe RQE per la Diversità

I valori riportati in Tab. 4.2.1/p corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/q - I limiti di classe RQE per il punteggio trofico per ciascuna specie

I valori riportati in Tab. 4.2.1/q corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Pesci

La classificazione dei laghi per l’elemento biologico pesci è effettuata attraverso l’applicazione dell’indice LFI (Lake Fish Index - LFI). Tale indice è composto da cinque metriche. Il LFI è applicabile ad ogni lago con superficie >0,5 km² dell’Ecoregione Alpina e dell’Ecoregione Mediterranea.

Per ogni bacino lacustre sono definite delle specie indicatrici (specie chiave e tipo-specifiche) per la valutazione dello stato della fauna ittica.

Il valore degli RQE per ogni metrica è definito dal rapporto tra il punteggio della metrica e il punteggio della stessa assunto in condizioni di riferimento (1725).

Il valore del Rapporto di Qualità Ecologica finale RQEtot, per la valutazione dello stato della fauna ittica, è calcolato come media aritmetica dei valori degli RQE delle singole metriche.

Limiti di classe e classificazione

In tabella 4.2.1/r sono riportati i valori di RQEtot relativi ai limiti di classe dell’Indice LFI.

Nelle successive tabelle vengono riportati i limiti di classe ed i relativi valori di riferimento per le seguenti metriche:

- abbondanza relativa delle specie chiave NPUS (Numero Per Unità di Sforzo) - metrica 1;

- struttura di popolazione delle specie chiave - Indice di struttura PSD - metrica 2;

- successo riproduttivo delle specie chiave e delle specie tipo-specifiche - metrica 3;

- diminuzione (%) del numero di specie chiave e tipo-specifiche - metrica 4;

- presenza di specie ittiche alloctone ad elevato impatto - metrica 5.

Tab. 4.2.1/r - Limiti di classe RQEtot per la valutazione dello stato della fauna ittica nei laghi con superficie > 0,5km²

Stato Limiti di classe (RQE tot)
Elevato/Buono 0,8
Buono/Sufficiente 0,6
Sufficiente//Scarso 0,4
Scarso/Cattivo 0,2

Tab. 4.2.1/s - Limiti di classe RQE1 per la metrica 1

  Valori di Riferimento Limiti di classe
    Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
RQE1 1 0,8 0,6 0,4 0,2
Abbondanza relativa delle specie chiave - NPUS >60 7-60 1-6 non catturati nel monitoraggio ma segnalati da osservazioni o statistiche di pesca negli ultimi 5 anni Né catturati né segnalati negli ultimi 5 anni da osservazioni o statistiche di pesca
Punteggio metrica 10 8 6 4 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/s corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/t - Limiti di classe RQE2 per la metrica 2

  Valori di Limiti di classe
  Riferimento Elevato/ Buono Buono/ Sufficiente
RQE2 1 0,6 0,2
Indice PSD 35-65 25-34/66-75 <25/>75
Punteggio metrica 10 6 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/t corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/u - Limiti di classe RQE3 per la metrica 3

  Valori di Limiti di classe
  riferimento Elevato/ Buono Buono/ Sufficiente Sufficiente / Scarso Scarso/ Cattivo
RQE3 1 0,8 0,6 0,4 0,2
Successo riproduttivo delle specie chiave e tipo-specifiche >80% 80-66% 65-51% 50-25% <25%
Punteggio metrica 10 8 6 4 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/u corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/v - Limiti di classe RQE4 per la metrica 4

  Valori di Limiti di classe
  riferimento Elevato/ Buono Buono/ Sufficiente Sufficiente / Scarso Scarso/ Cattivo
RQE4 1 0,8 0,6 0,4 0,2
Diminuzione specie ittiche chiave e tipo- specifiche <20% 20-40% 41-60% 61-80% >80%
Punteggio metrica 10 8 6 4 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/v corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Tab. 4.2.1/z - Limiti di classe RQE5 per la metrica 5

  Valori di Limiti di classe
  riferimento Elevato/ Buono Buono/ Sufficiente Sufficiente / Scarso Scarso/ Cattivo
RQE5 1 0,8 0,6 0,4 0,2
% specie alloctone <20% 20-40% 41-60% 61-80% >80%
Punteggio metrica 10 8 6 4 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/z corrispondono al valore più basso della classe superiore.

Per quanto riguarda l’EQB «pesci» ogni lago è considerato come un unico corpo idrico.

Nei laghi con superficie superiore a 50km² - il cui campionamento presuppone la suddivisione in sottobacini - il valore finale degli RQE è calcolato come media aritmetica degli RQE calcolati per ogni sottobacino.

A.4.2.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici lacustri gli elementi fisico-chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:

- fosforo totale;

- trasparenza;

- ossigeno ipolimnico;

Per un giudizio complessivo della classificazione si tiene conto, secondo i criteri riportati al paragrafo «Altri parametri», anche di:

- pH;

- alcalinità;

- conducibilità;

- ammonio.

Fosforo totale, trasparenza e ossigeno disciolto (LTLeco)

Ai fini della classificazione, il fosforo totale, la trasparenza e l’ossigeno disciolto vengono integrati in un singolo descrittore LTLeco (livello trofico laghi per lo stato ecologico) secondo la metodologia di seguito riportata basato su un numero di campionamenti annuali pari a quelli previsti dal protocollo di campionamento APAT 46/2007 -. La procedura per il calcolo dell’LTLeco prevede l’assegnazione di un punteggio per fosforo totale, trasparenza e ossigeno ipolimnico, misurati in sito, sulla base di quanto indicato nelle tabelle 4.2.2/a, 4.2.2/b, 4.2.2/c del presente paragrafo. Dette tabelle riportano punteggi distinti per i livelli corrispondenti alle classi elevata, buona e sufficiente per i singoli parametri.

I livelli per il fosforo totale, di cui alla tab. 4.2.2/a, sono riferiti alla concentrazione media, ottenuta come media ponderata rispetto ai volumi o all’altezza degli strati, nel periodo di piena circolazione alla fine della stagione invernale, anche per i laghi e gli invasi meromittici.

Tab. 4.2.2/a - Individuazione dei livelli per il Fosforo Totale (μg/l)

Valore di fosforo per macrotipi   Livello 1 Livello 2 Livello 3
  Punteggio 5 4 3
L1, L2, I1, I2   ≤ 8 (*) ≤ 15 >15
L3, L4, I3, I4   ≤ 12 (**) ≤ 20 >20

(*) Valori di riferimento < 5 μg/l

(**) Valori di riferimento < 10 μg/l

I valori di trasparenza per l’individuazione dei livelli, di cui alla tab. 4.2.2/b, sono ricavati mediante il calcolo della media dei valori riscontrati nel corso dell’anno di monitoraggio.

Tab. 4.2.2/b - Individuazione dei livelli per la trasparenza (metri)

Valore di trasparenza per macrotipi   Livello 1 Livello 2 Livello 3
  Punteggio 5 4 3
L1, L2, I1, I2   ≥ 10 (*) ≥ 5,5 <5,5
L3, L4, I3, I4   ≥ 6 (**) ≥ 3 <3

(*) Valori di riferimento >15 m

(**) Valori di riferimento >10 m

La concentrazione dell’Ossigeno ipolimnico è ottenuta come media ponderata rispetto al volume degli strati. In assenza dei volumi possono essere utilizzate le altezze degli strati considerati. I valori di saturazione dell’ossigeno da utilizzare per la classificazione sono quelli misurati nell’ipolimnio alla fine del periodo di stratificazione. In tab. 4.2.2/c, sono riportati i valori per l’individuazione dei livelli dell’ossigeno disciolto.

Tab. 4.2.2/c - Individuazione dei livelli per l’Ossigeno disciolto (% saturazione)

Valore di ossigeno disciolto per macrotipo   Livello 1 Livello 2 Livello 3
  Punteggio 5 4 3
Tutti   >80% (*) >40% ≤40%
      <80%  

(*) Valori di riferimento >90%

La somma dei punteggi ottenuti per i singoli parametri (fosforo totale, trasparenza e ossigeno ipolimnico) costituisce il punteggio da attribuire all’LTLeco, utile per l’assegnazione della classe di qualità secondo i limiti definiti nella tabella 4.2.2/d di seguito riportata.

Tab. 4.2.2/d - Limiti di classe in termini di LTLeco

Classificazione stato Limiti di classe Limiti di classe in caso di trasparenza ridotta per cause naturali
Elevato 15 10
Buono 12-14 8-9
Sufficiente <12 <8

Nel caso di monitoraggio operativo, per la classificazione si utilizzano le medie dei valori misurati nei tre anni per ogni singolo parametro. Nel caso di monitoraggio di sorveglianza si fa riferimento ai valori o di un singolo anno o alla media dei valori misurati negli anni di monitoraggio. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri fisico-chimici, ai fini della classificazione del corpo idrico si considera lo stato più basso tra quelli attribuiti alle singole stazioni.

I valori di cui alle tabelle 4.2.2/a, 4.2.2/b, e 4.2.2/c sopra riportate possono essere derogati qualora coesistano le seguenti condizioni:

- gli elementi di qualità biologica del corpo idrico sono risultati in stato buono o elevato;

- il superamento dei valori tabellari è dovuto alle caratteristiche peculiari del corpo idrico;

- non sono presenti pressioni che comportino l'aumento di nutrienti ovvero siano state messe in atto tutte le necessarie misure per ridurre adeguatamente l'impatto delle pressioni presenti.

Limitatamente al parametro trasparenza, i limiti previsti dalla tabella 4.2.2/b possono essere derogati qualora l’autorità competente verifichi che la diminuzione di trasparenza è principalmente causata dalla presenza di particolato minerale sospeso dipendente dalle caratteristiche naturali del corpo idrico. Inoltre, qualora l’autorità competente verifichi che la concentrazione di riferimento del Fosforo Totale (μg/l) per un determinato lago o invaso, con particolare attenzione alla categoria dei polimittici, determinata con metodi paleolimnologici o altri modelli previsionali attendibili, risulti essere superiore ai valori indicati in tabella 4.2.2/a possono essere derivati altri limiti meno restrittivi utilizzando la relazione TP/Chl-a dei laghi alpini (OECD,1982).

Nel caso di deroga, il corpo idrico non subisce il declassamento a causa del superamento dei valori tabellari dei nutrienti.

Nei piani di gestione devono essere riportate le motivazioni dettagliate che giustificano l’applicazione della deroga ed il nuovo valore di riferimento per il parametro utilizzato in deroga.

I corpi idrici ai quali è stata applicata la deroga per i valori dei nutrienti, sono sottoposti a monitoraggio operativo e a verifica annuale finalizzata ad accertare l’assenza di un andamento di crescita statisticamente significativo, valutato sulla base di tre anni di campionamenti stagionali nella colonna d'acqua e, se disponibili, dal confronto con dati pregressi.

Altri parametri

Per quanto riguarda temperatura, pH, alcalinità, conducibilità e ammonio (nell’epilimnio) deve essere verificato che, ai fini della classificazione in stato elevato, non presentino segni di alterazioni antropiche e restino entro la variabilità di norma associata alle condizioni inalterate con particolare attenzione agli equilibri legati ai processi fotosintetici. Ai fini della classificazione in stato buono, deve essere verificato che essi non raggiungano livelli superiori alla forcella fissata per assicurare il funzionamento dell'ecosistema tipico specifico e il raggiungimento dei corrispondenti valori per gli elementi di qualità biologica. I suddetti parametri chimico-fisici ed altri non qui specificati, sono utilizzati esclusivamente per una migliore interpretazione del dato biologico, ma non sono da utilizzarsi per la classificazione.

A.4.2.3 Criteri tecnici per la classificazione dei laghi e dei corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione sulla base degli elementi di qualità idromorfologica a sostegno

Nella classificazione dello stato ecologico dei laghi e dei corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione gli elementi idromorfologici a sostegno del biologico da utilizzare sono:

- il livello

- i parametri morfologici.

Livello

L’utilizzo del livello per la classificazione avviene attraverso il calcolo della sintesi annuale (Sa) dei dati mensili di livello (Im) come di seguito riportato.

La sintesi annuale Sa è definita come la media pesata dei valori ricavati per ciascun mese (Im) dell’anno da valutare, con peso 2 per i mesi da gennaio a luglio (compreso) e peso 1 per i restanti mesi e si applica a tutti i macrotipi. In tab. 4.2.3/a si riportano i limiti di classe per la sintesi annuale Sa.

Tab. 4.2.3/a - Limiti di classe espressi come Sa

Classificazione stato Limiti di classe
Elevato (*) Sa ≤ 1,25
Buono 1,25 < Sa ≤ 1,5

Sa ≤ 1 rappresentano le condizioni di riferimento

Si definisce il valore mensile di livello (Im) come:

Im= ΔH mensile misurato/ ΔH di riferimento

(ΔH = variazione di livello)

La valutazione di qualità del livello mensile deve essere distinta per condizione di piovosità (bassa, media o elevata) e per macrotipi.

Le condizioni di piovosità, avute nel mese precedente a quello di misura del livello, sono stabilite sulla base delle seguenti definizioni:

- condizione bassa: assenza di precipitazione sensibile (cioè > 1 mm), nel mese precedente a quello di misura. In alternativa utilizzare SPI;

- condizione media: piovosità media mensile, nel mese precedente a quello di misura, calcolata su almeno 10 anni di osservazione;

- condizione elevata: piovosità, nel mese precedente a quello di misura, al di sopra (+ 30%) delle piogge medie mensili calcolate su almeno 10 anni di osservazione. In alternativa utilizzare SPI.

Nella successiva tab. 4.2.3/b si riportano i ΔH di riferimento per le diverse condizioni di piovosità (bassa, media o elevata).

Tab. 4.2.3/b - ΔH di riferimento

  Macrotipi
ΔH L3, L4, I3*, I4* L1, L2, I1*, I2*
Valore di riferimento in condizioni di piovosità bassa ΔH (cm) 15 30
Valore di riferimento in condizioni di piovosità media ΔH (cm) 10 20
Valore di riferimento in condizioni di piovosità elevata ΔH (cm) 25 80

* in questo caso sono da intendersi solo invasi identificati come corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione

In alternativa alla classificazione con Sa, per casi specifici, le Regioni possono classificare attraverso la variazione di livello ΔH giornaliera come riportato in tabella 4.2.3/c

Tab. 4.2.3/c - Classificazione secondo i valori di ΔH giornalieri

Classificazione stato Descrizione Limiti di classe
  Si ammette un utilizzo antropico incidente per un 5% in più ΔH ≤ 10%/giorno profondità media (calcolata su 15-20 gg consecutivi, precedenti l’abbassamento)
Elevato (*) rispetto alle condizioni di riferimento ΔH < 25 cm/giorno (abbassamento sotto il livello medio pluriennale)
Buono Si ammette un utilizzo antropico incidente per un 10% in più 10% < ΔH ≤ 15%/giorno profondità media (calcolata su 15-20 gg consecutivi, precedenti l’abbassamento)
  rispetto alle condizioni di riferimento 25 ≤ ΔH < 30 cm/giorno (abbassamento sotto il livello medio pluriennale)

(*) ΔH ≤ 5%/giorno profondità media (calcolata su 15-20 gg consecutivi, precedenti l’abbassamento) ΔH < 20 cm/giorno (abbassamento sotto il livello medio pluriennale) rappresentano le condizioni di riferimento per il parametro livello.

I valori di livello misurati (giornalieri, settimanali, o mensili) devono essere riportati al riferimento assoluto (rispetto al livello del mare), per permettere una confrontabilità a livello nazionale dei dati raccolti.

Parametri morfologici

I parametri morfologici da valutare ai fini della classificazione morfologica di un corpo idrico sono:

- la linea di costa intesa come la zona identificata attraverso il perimetro del corpo idrico lacustre;

- l'area litorale intesa come la parte di sponda che si trova tra il canneto, se presente, e le piante emerse galleggianti oppure, in assenza della zona a canneto, la zona tra il livello medio pluriennale del corpo idrico lacustre, dove batte l’onda, e la zona dove arrivano le macrofite emerse, galleggianti;

- il substrato inteso come la tipologia del materiale di cui sono composte sia la zona litorale che la zona pelagica;

- la profondità o interrimento intesa come evoluzione morfologica del fondo del corpo idrico lacustre, considerando in particolare i delta alluvionali.

Il metodo di riferimento per la valutazione dei suddetti parametri è il Lake Habitat Survey (LHS).

Tale metodo, mediante l’indice di alterazione morfologica (LHMS), permette di esprimere un giudizio di sintesi sulla qualità morfologica attraverso l'elaborazione di dati raccolti in campo. Il metodo si basa sull'osservazione di 10 punti o sezioni (Hab-plot), ugualmente distribuite lungo tutto il perimetro del corpo idrico lacustre, in ciascuna delle quali si valutano le caratteristiche della linea di costa, dell'area litorale, del substrato, della profondità locale, della presenza di affluenti e di infrastrutture antropiche. Vengono anche segnalate e quindi conteggiate nell'elaborazione del giudizio finale, tutte le attività antropiche insistenti sul corpo idrico lacustre (es. attività ricreative, turistiche, economiche, la presenza di campeggi, porti, banchine, opere di ingegneria naturalista o classica, presenza di sbarramenti ecc.), individuate durante il passaggio tra un punto di osservazione e l'altro.

In tab. 4.2.3/d si riportano i parametri da analizzare e una sintesi delle pressioni insistenti sul corpo idrico, ciascuna con diversi intervalli e relativi punteggi indicativi del passaggio da uno stato morfologico all'altro.

Tab. 4.2.3/d - Parametri da valutare e sintesi delle attività antropiche

  Intervalli
Parametri Punteggio=0 Punteggio=2 Punteggio=4 Punteggio=6 Punteggio=8
Linea di costa e Area litorale <10% della linea di costa con opere di ingegneria classica e area litorale rinforzata per 0-1 Hab-plot >= 10%, <30% della linea di costa con opere di ingegneria classica o area litorale rinforzata per 2 Hab-plot >= 30%, <50% della linea di costa con opere di ingegneria classica o area litorale rinforzata per 3-4 Hab-plot >=50%, <75% della linea di costa con opere di ingegneria classica o area litorale rinforzata per 5-7 Hab-plot >=75% della linea di costa con opere di ingegneria classica o area litorale rinforzata per 8 o più Hab-plot
Utilizzo intensivo della area di costa <10% della linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 0-1 Hab-plot >= 10%, <30% linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 2 Hab-plot >= 30%, <50% linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 3-4 Hab-plot >=50%, <75% linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 5-7 Hab-plot >=75% linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 8 o più Hab-plot
Idrologia 0-1 strutture idrologiche 2 strutture idrologiche o presenza uno sbarramento a monte 3 o più strutture idrologiche Utilizzo principale idroelettrico, controllo per le piene, approvvigionamento idropotabile o innalzamento o abbassamenti dell'ordine di 1 m Una diga che non permette il passaggio di pesci o principale utilizzo idroelettrico o controllo piene, approvvigionamento idropotabile e fluttuazioni annuali tra 0,5 e 5 m
Interrimento e substrato < 25% della costa soggetto ad erosione e <25% area del corpo idrico lacustre affetta da deposito (escluse le isole vegetate) >= 25%, <50% della costa soggetta ad erosione o >= 25%, <50% dell'area del corpo idrico lacustre affetta da deposito (escluse le isole vegetate) o sedimentazione sopra il naturale substrato per 3-4 Hab-plot >= 50%, <70% della costa affetta da erosione o >= 50%, <70% dell'area del corpo idrico lacustre affetta da deposito (escluse le isole vegetate) o sedimentazione sopra il naturale substrato per 5-6 Hab-plot >70% della costa affetta da erosione o >70% dell'area del corpo idrico lacustre affetta da deposito (escluse le isole vegetate)  

Effettuando un'analisi incrociata dei parametri e delle pressioni di cui alla tab. 4.2.3/d, attraverso un database e un software dedicato, si definisce il punteggio dell’indice di alterazione morfologica (LHMS). In tab. 4.2.3/e si riportano le classi di stato morfologico sulla base dei punteggi del LHMS.

Tab. 4.2.3/e - Classificazione secondo i punteggi del LHMS

Classificazione stato Punteggio
Elevato (*) LHMS ≤ 2
Buono 2< LHMS ≤ 4

(*) Il punteggio = 0 rappresenta un valore indice di condizioni di riferimento morfologiche.

Classificazione degli elementi idromorfologici a sostegno

La classificazione idromorfologica del corpo idrico è data dal peggiore tra gli indici idrologico Sa e quello morfologico LHMS

A.4.3 Acque marino costiere

Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico delle acque marino-costiere, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:

- Fitoplancton

- Macroinvertebrati bentonici

- Macroalghe

- Angiosperme (Posidonia oceanica)

Macrotipi marino-costieri per la classificazione

I criteri per la tipizzazione dei corpi idrici, di cui all’Allegato 3 del presente Decreto legislativo, consentono l’individuazione dei tipi marino-costieri, su base geomorfologica e su base idrologica.

La suddivisione dei corpi idrici in tipi è funzionale alla definizione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.

In considerazione delle caratteristiche dei vari EQB, le differenze tipo-specifiche e conseguentemente le condizioni di riferimento sono determinate, a seconda dell’EQB analizzato, dalle condizioni idrologiche e da quelle morfologiche.

La tipo-specificità per il Fitoplancton e i Macroinvertebrati bentonici è caratterizzata dal criterio di tipizzazione idrologico, ai fini della classificazione per tali EQB i tipi delle acque marino-costiere, sono aggregati nei 3 gruppi (macrotipi) indicati nella successiva Tab. 4.3/a.

Per ciò che riguarda le Angiosperme (Posidonia oceanica) si fa riferimento al solo macrotipo 3 (bassa stabilità)

Per l’EQB Macroalghe la tipo-specificità è caratterizzata dal criterio di tipizzazione morfologico, le condizioni di riferimento sono in relazione alle differenti condizioni geomorfologiche, ai fini della classificazione per questo EQB i tipi delle acque marino-costiere sono aggregati nei 2 gruppi (macrotipi) indicati nella successiva Tab. 4.3/b.

Tab. 4.3/a - Macrotipi marino-costieri per fitoplancton e macroinvertebrati bentonici

Macrotipi Stabilità Descrizione
1 Alta Siti costieri fortemente influenzati da apporti d’acqua dolce di origine fluviale;
2 Media Siti costieri moderatamente influenzati da apporti d’acqua dolce (influenza continentale);
3 Bassa Siti costieri non influenzati da apporti d’acqua dolce continentale.

Tab. 4.3/b - Macrotipi marino-costieri per macroalghe

Macrotipi Descrizione
A rilievi montuosi
B terrazzi

A.4.3.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

Fitoplancton

Il fitoplancton è valutato attraverso il parametro «clorofilla a» misurato in superficie, scelto come indicatore della biomassa. Occorre fare riferimento non solo ai rapporti di qualità ecologica (RQE) ma anche ai valori assoluti (espressi in mg/m³) di concentrazione di clorofilla a. Come già indicato nel paragrafo A.4.3 del presente allegato, la tipo-specificità per il fitoplancton è caratterizzata dal criterio idrologico. Di seguito vengono indicate le categorie «tipo-specifiche», i valori da assegnare alle condizioni di riferimento e i limiti di classe distinti per ciascun macrotipo.

Modalità di calcolo, condizioni di riferimento e limiti di classe

Per il calcolo del valore del parametro «clorofilla a» si applicano 2 tipi di metriche:

- per i tipi ricompresi nei macrotipi 2 e 3 il valore del 90° percentile per la distribuzione normalizzata dei dati (1726)

- il valore della media geometrica, per i tipi ricompresi nel macrotipo 1

La Tab. 4.3.1/a, di seguito riportata, indica per ciascun macrotipo:

- i valori delle condizioni di riferimento in termini di concentrazione di «clorofilla a»;

- i limiti di classe, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente, espressi sia in termini di concentrazione di clorofilla a, che in termini di RQE;

- il tipo di metrica da utilizzare.

Tab. 4.3.1/a Limiti di classe fra gli stati e valori di riferimento per fitoplancton

Macrotipo Valore di Limiti di classe Metrica
  riferimen Elevato/Buono Buono/Sufficiente  
  to (mg/m³) (mg/m³) RQE (mg/m³) RQE  
1 (alta stabilità) 1,8 2,4 0,75 3,5 0,51 Media Geometrica
2 (media stabilità) 1,9 2,4 0,80 3,6 0,53 90° Percentile
3 (bassa stabilità) 0,9 1,1 0,80 1,8 0,50 90° Percentile

Nella procedura di classificazione dello stato ecologico di un corpo idrico secondo l’EQB Fitoplancton, le metriche da tenere in considerazione per il confronto con i valori della tabella, sono quelle relative alle distribuzioni di almeno un anno della clorofilla a.

Poiché il monitoraggio dell’EQB Fitoplancton è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (3 anni) si ottiene un valore di «clorofilla a» per ogni anno. Il valore da attribuire al sito, si basa sul calcolo della media dei valori di «clorofilla a» ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.

Macroinvertebrati bentonici

Sistema di classificazione

Per l’EQB Macroinvertebrati bentonici si applica l’Indice M-AMBI, che utilizza lo strumento dell’analisi statistica multivariata ed è in grado di riassumere la complessità delle comunità di fondo mobile, permettendo una lettura ecologica dell’ecosistema in esame.

Come indicato nel paragrafo A.4.3 del presente allegato, la tipo-specificità per i macroinvetebrati bentonici è caratterizzata dal criterio idrologico. Pertanto le categorie «tipo-specifiche» per i macroinvertebrati sono quelle associabili ai macrotipi 1, 2 e 3.

Modalità di calcolo dell’M-AMBI, condizioni di riferimento e limiti di classe

L’M-AMBI è un indice multivariato che deriva da una evoluzione dell’AMBI integrato con l’Indice di diversità di Shannon-Wiener ed il numero di specie (S). La modalità di calcolo dell’M-AMBI prevede l’elaborazione delle suddette 3 componenti con tecniche di analisi statistica multivariata.

Per il calcolo dell’indice è necessario l’utilizzo di un software gratuito (AZTI Marine Biotic Index- New Version AMBI 4.1) da applicarsi con l’ultimo aggiornamento già disponibile della lista delle specie.

Il valore dell’M-AMBI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).

Nella tab. 4.3.1/b sono riportati:

- i valori di riferimento per ciascuna metrica che compone l’M-AMBI;

- i limiti di classe dell’M-AMBI, espressi in termini di RQE, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente.

I valori delle condizioni di riferimento e i relativi limiti Buono/Sufficiente ed Elevato/Buono descritti in tabella devono intendersi relativi al solo macrotipo 3 (bassa stabilità).

Tab. 4.3.1/b - Limiti di classe e valori di riferimento per l’M-AMBI

Macrotipo Valori di riferimento RQE
  AMBI H’ S Elevato/Buono Buono/Sufficiente
3 0,5 4 30 0,81 0,61

Macroalghe

Sistema di classificazione

Il metodo da applicare per la classificazione dell’EQB Macroalghe è il CARLIT.

La tipo-specificità per le macroalghe è definita dal criterio geomorfologico di cui all’Allegato 3 sez. A.3 del presente decreto legislativo. I macrotipi su base geomorfologica da tenere in considerazione sono: A) rilievi montuosi e B) terrazzi. Nella procedura di valutazione dell’Indice CARLIT è necessario precisare anche i seguenti elementi morfologici: la morfologia della costa (blocchi metrici, falesia bassa, falesia alta), il diverso grado di inclinazione della frangia infralitorale, l’orientazione della costa, il grado di esposizione all’idrodinamismo, il tipo di substrato (naturale, artificiale).

Modalità di calcolo del CARLIT, condizioni di riferimento e limiti di classe

Sulla base dei diversi elementi morfologici precedentemente citati sono individuate alcune situazioni geomorfologiche rilevanti, a ciascuna delle quali è assegnato un Valore di Qualità Ecologica di riferimento (EQVrif) come riportato nella tab. 4.3.1/c.

Tab. 4.3.1/c - Valori di riferimento per il CARLIT

Situazione geomorfologica rilevante EQVrif
Blocchi naturali 12,2
Scogliera bassa naturale 16,6
Falesia alta naturale 15,3
Blocchi artificiali 12,1
Struttura bassa artificiale 11,9
Struttura alta artificiale 8,0

L’indice CARLIT si basa su una prima valutazione del Valore di Qualità Ecologica (VQE), in ogni sito e per ogni categoria geomorfologica rilevante.

Il risultato finale dell’applicazione del CARLIT non fornisce un valore assoluto, ma direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE).

La tabella seguente riporta i limiti di classe, espressi in termini di RQE, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente.

Tab. 4.3.1/d - Limiti di classe per Elemento di qualità biologica «MACROALGHE» secondo il metodo CARLIT espresso in termini di RQE

Sistema di classificazione adottato Macrotipi Rapporti di qualità ecologica RQE CARLIT
    Elevato/Buono Buono/Sufficiente
CARLIT A e B 0,75 0,60

Angiosperme - Prateria a Posidonia oceanica

Sistema di classificazione

Per l’EQB Posidonia oceanica si applica l’Indice PREI.

L’Indice PREI include il calcolo di cinque descrittori: la densità della prateria (fasci m-2); la superficie fogliare fascio, (cm² fascio-1); il rapporto tra la biomassa degli epifiti (mg fascio-1) e la biomassa fogliare fascio (mg fascio-1); la profondità del limite inferiore e la tipologia del limite inferiore.

La densità della prateria, la superficie fogliare fascio ed il rapporto tra la biomassa degli epifiti e la biomassa fogliare vengono valutati alla profondità standard di 15 m, su substrato sabbia o matte; nei casi in cui lo sviluppo batimetrico della prateria non consenta il campionamento alla profondità standard, può essere individuata, motivandone la scelta, una profondità idonea al caso specifico.

Le praterie a P.oceanica vengono monitorate nel piano infralitorale non influenzato da apporti d’acqua dolce significativi, ovvero nel macrotipo 3: bassa stabilità, siti costieri non influenzati da apporti d’acqua dolce e continentale.

Modalità di calcolo dell’indice PREI, condizioni di riferimento e limiti di classe

La modalità di calcolo dell’indice PREI prevede l’applicazione della seguente equazione:

RQE= (RQE' + 0,11)/(1 + 0,10)

dove

Il valore del PREI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).

Il risultato finale dell’applicazione dell’Indice PREI non fornisce un valore assoluto, ma direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE). La tabella 4.3.1/e riporta i limiti di classe, espressi in termini di RQE.

Nel sistema di classificazione seguente lo stato cattivo corrisponde ad una recente non sopravvivenza di P. oceanica, ovvero, alla sua scomparsa da meno di cinque anni.

Tab. 4.3.1/e - Limiti di classe degli RQE per Elemento di Qualità Biologica «Posidonia oceanica», e condizioni di riferimento riferiti ai valori dell’Indice PREI.

RQE STATO ECOLOGICO
1 - 0,775 Elevato
0,774 - 0,550 Buono
0,549 - 0,325 Sufficiente
0,324 - 0,100 Scarso
< 0,100 - 0 Cattivo
CONDIZIONI DI RIFERIMENTO
Densità 599 fasci m-2
Superficie fogliare fascio 310 cm² fascio-1
Biomassa epifiti/Biomassa fogliare 0
Profondità limite inferiore 38 m

A.4.3.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologica a sostegno

Nelle acque marino costiere con l’espressione: «a sostegno», si intende che gli elementi di qualità fisico-chimica, salvo le eccezioni riportate nella Tab. 4.3.2/b, devono essere considerati nel sistema di classificazione dello stato ecologico, in quanto concorrono alla definizione di tale stato. Gli elementi idromorfologici devono essere utilizzati per migliorare l’interpretazione dei risultati biologici, in modo da pervenire all’assegnazione di uno stato ecologico certo.

Si riportano di seguito le tabelle che indicano gli elementi idromorfologici, Tab. 4.3.2/a e fisico-chimici, Tab. 4.3.2/b, a sostegno dei vari EQB.

Tab. 4.3.2/a- Elementi idromorfologici a sostegno dei vari EQB

EQB Elementi idromorfologici (*)
Fitoplancton regime correntometrico
Macroalghe ed Angiosperme escursione mareale, esposizione al moto ondoso, regime correntometrico, profondità, natura e composizione del substrato.
Macroinvertebrati bentonici profondità, natura e composizione del substrato

* Gli elementi idromorfologici non rientrano nella classificazione finale ma sono utilizzati per una migliore interpretazione dei dati acquisiti per gli altri elementi di qualità

Tab. 4.3.2/b - Elementi fisico-chimici a sostegno dei vari EQB con indicazione dell’applicazione ai fini della classificazione dello stato ecologico

EQB Elementi fisico-chimici per la classificazione* Elementi fisico-chimici per l’interpretazione**
Fitoplancton ossigeno disciolto, nutrienti trasparenza, temperatura, salinità
Macroalghe ed Angiosperme ossigeno disciolto, nutrienti trasparenza, temperatura, salinità,
Macroinvertebrati bentonici ossigeno disciolto, nutrienti trasparenza, temperatura, salinità

* Elementi fisico-chimici che rientrano nel sistema di classificazione dello stato ecologico da assegnare al corpo idrico

** Elementi fisico-chimici che non rientrano nel sistema di classificazione dello stato ecologico da assegnare al corpo, ma sono utilizzati ai fini interpretavi dei risultati degli altri elementi

Elementi di qualità fisico-chimica e relativi limiti di classe

Ossigeno disciolto e nutrienti

L’ossigeno disciolto e i nutrienti, unitamente al parametro clorofilla a, sono valutati attraverso l’applicazione dell’Indice TRIX, al fine di misurare il livello trofico degli ambienti marino-costieri.

L’Indice TRIX può essere utilizzato non solo ai fini della valutazione del rischio eutrofico (acque costiere con elevati livelli trofici e importanti apporti fluviali), ma anche per segnalare scostamenti significativi dalle condizioni di trofia tipiche di aree naturalmente a basso livello trofico.

Ai fini dell’applicazione di tale indice, nella classificazione dello stato ecologico delle acque marino-costiere, nella Tab. 4.3.2/c, vengono riportati i valori di TRIX (espressi come valore medio annuo), ossia i limiti di classe tra lo stato buono e quello sufficiente, per ciascuno dei macrotipi individuati su base idrologica.

Tab. 4.3.2/c - Limiti di classe, espressi in termini del TRIX, tra lo stato buono e quello sufficiente

Macrotipo Limiti di classe TRIX (Buono/Sufficiente)
1: Alta stabilità 5,0
2: Media stabilità 4,5
3: Bassa stabilità 4,0

Nella procedura di classificazione dello stato ecologico, il giudizio espresso per ciascun EQB deve essere perciò congruo con il limite di classe di TRIX: in caso di stato ecologico «buono» il corrispondente valore di TRIX deve essere minore della soglia riportata in tabella, per ciascuno dei tre macrotipi individuati. Qualora il valore del TRIX sia conforme alla soglia individuata dallo stato biologico, nell’esprimere il giudizio di stato ecologico si fa riferimento al giudizio espresso sulla base degli elementi di qualità biologica. Poiché il monitoraggio degli elementi fisico-chimici è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (3 anni) si ottengono tre valori di TRIX. Il valore di TRIX da attribuire al sito, si basa sul calcolo della media dei valori di TRIX ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.

Temperatura e salinità

La temperatura e la salinità sono elementi fondamentali per la definizione dei tipi: essi concorrono alla definizione della densità dell’acqua di mare e, quindi, alla stabilità, parametro su cui è basata la tipizzazione su base idrologica. Dalla stabilità della colonna d’acqua discende la tipo-specificità delle metriche e degli indici utilizzati per la classificazione degli EQB.

Trasparenza

Per la trasparenza, espressa come misura del Disco Secchi, si adotta la stessa risoluzione valida per gli elementi idromorfologici a sostegno: essa è utilizzata come elemento ausiliario per integrare e migliorare l’interpretazione del monitoraggio degli EQB, in modo da pervenire all’assegnazione di uno stato ecologico certo.

A.4.4 Acque di transizione

Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico delle acque di transizione, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:

- Macroalghe

- Fanerogame

- Macroinvertebrati bentonici

Tipizzazione e condizioni di riferimento

La suddivisione dei corpi idrici in tipi è funzionale alla definizione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.

Le condizioni di riferimento sono di seguito riportate per macrotipi, sulla base dell’escursione di marea e di intervalli di salinità (> 30 PSU e < 30 PSU) gli intervalli di salinità sono riferiti solo alla marea > 50 cm .

Pertanto ai fini della classificazione i corpi idrici di transizione sono distinti in tre macrotipi (vedi Tab. 4.4/a).

Tab. 4.4/a - Macrotipi ai fini della definizione delle condizioni di riferimento per gli elementi di qualità biologica macroalghe, fanerogame e macroinvertebrati bentonici

marea non tidale microtidale
salinità oligo/meso/poli/eu/iperalino oligo/meso/polialino eu/iperalino
Codice DM AT01/AT02/AT03/AT04/AT05 AT11/AT12/  
trasmissione dati AT06/AT07/AT08/AT09/AT10 AT13/ AT16/AT17/AT18 AT14/AT15/AT19/AT20
Macrotipo M-AT-1 M-AT-2 M-AT-3

I sistemi di classificazione dello stato ecologico per le acque di transizione definiti nel presente decreto non si applicano al tipo foci fluviali - delta.

Tali corpi idrici devono comunque essere tipizzati, secondo quanto previsto dall’allegato 3, sezione A del presente decreto e monitorati secondo quanto previsto dalla lettera A.3 del punto 2 del presente allegato.

A.4.4.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

Fanerogame e macroalghe

Per l’EQB Macrofite, viene utilizzato l’indice E-MaQI, che integra i due elementi di qualità biologica macroalghe e fanerogame.

L’affidabilità dell’indice è legata al numero di specie presenti nelle stazioni di monitoraggio; l’applicabilità dell’indice richiede la presenza di almeno 20 specie.

Nel caso in cui il numero di specie presenti sia inferiore a 20, si applica l’indice R-MaQI, modificato.

Valori di riferimento e limiti di classe

Le soglie relative al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE) per la suddivisione dello stato nelle 5 classi previste è riportato in Tab. 4.1.1/a; i valori si applicano ai tre macrotipi (M-AT-1, M-AT-2, M-AT3).

Tab. 4.4.1/a - Limiti di classe per l’E-MaQI e per l’R-MaQI modificato

Rapporto di Qualità Ecologica
Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
0,8 0,6 0,4 0,2

Le condizioni di riferimento per l’indice E MaQI sono espresse in Tab. 4.1.1/b

Tab. 4.4.1/b - Valori di riferimento per l’applicazione dell’indice E-MaQI per i diversi macrotipi

Macrotipo Geomorfologia Escursione marea Salinità Valori di riferimento (E-MaQI)
M-AT-1 Laguna costiera Non tidale - 1,00
M-AT-2 Laguna costiera microtidale Oligo/meso/poli 1,00
M-AT-3 Laguna costiera microtidale Eu/iper 1,03

L’indice R-MaQI modificato restituisce direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE), le condizioni di riferimento dell’indice sono intrinseche nel metodo.

Macroinvertebrati bentonici

Per l’EQB Macroinvertebrati bentonici ai fini della classificazione dello stato di qualità viene applicato l’indice M-AMBI e facoltativamente anche l’indice BITS.

L’M-AMBI è un indice multivariato che deriva da una evoluzione dell’AMBI integrato con l’Indice di diversità di Shannon-Wiener ed il numero di specie (S). La modalità di calcolo dell’M-AMBI prevede l’elaborazione delle suddette 3 componenti con tecniche di analisi statistica multivariata.

Per il calcolo dell’indice è necessario l’utilizzo di un software gratuito (AZTI Marine Biotic Index- New Version AMBI 4.1) da applicarsi con l’ultimo aggiornamento già disponibile della lista delle specie. Il valore dell’M-AMBI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).

In aggiunta può essere utilizzato anche l’indice BITS.

L’applicazione dell’indice BITS è finalizzata ad un’eventuale sostituzione dell’M-AMBI nei successivi piani di gestione.

Valori di riferimento e limiti di classe

Tab. 4.4.1/c - Limiti di classe in termini di RQE per l’M-AMBI

Rapporto di Qualità Ecologica
Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
0,96 0,71 0,57 0,46

Le condizioni di riferimento sono state definite sulla base di un criterio misto statistico/geografico.

L’indice M-AMBI è un indice multivariato, pertanto le condizioni di riferimento vanno indicate per i tre indici che lo compongono: AMBI, Indice di Diversità di Shannon-Wiener e numero di specie (S).

Tab. 4.4.1/d - Valori di riferimento tipo-specifiche per l’applicazione dell’M-AMBI

Macrotipo Geomorfologia Escursione marea Salinità AMBI Diversità di Shannon- Wiener Numero di Specie (S)
M-AT-1 Laguna costiera Non tidale - 1,85 3,3 25
M-AT-2 Laguna costiera microtidale Oligo/meso/poli 2,14 3,40 28
M-AT-3 Laguna costiera microtidale Eu/iper 0,63 4,23 46

Tab. 4.4.1/e - Limiti di classe in termini di RQE per il BITS

Limiti di classe (RQE)
Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
0,87 0,68 0,44 0,25

Tab. 4.4.1/f - Valori di riferimento tipo-specifiche per l’applicazione del BITS

Macrotipo Geomorfologia Escursione marea Salinità BITS
M-AT-1 Laguna costiera Non tidale - 2,80
M-AT-2 Laguna costiera Microtidale Oligo/meso/poli 3,40
M-AT-3 Laguna costiera Microtidale Eu/iper 3,40

A.4.4.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologici a sostegno

Nella classificazione dello stato ecologico delle acque di transizione gli elementi fisico-chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:

- Azoto inorganico disciolto (DIN);

- Fosforo reattivo (P-PO4);

- Ossigeno disciolto.

Limiti di classe per gli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

Si riportano in Tab. 4.4.2/a di seguito i limiti di classe degli elementi fisico-chimici a sostegno degli elementi di qualità biologica per la classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici di transizione. I limiti di classe per l’azoto sono definiti per 2 diverse classi di salinità (>30 psu e <30 psu). Il limite per il fosforo reattivo è definito per gli ambienti con salinità >30 psu.

Tab. 4.4.2/a - Limiti di classe per gli elementi di qualità fisico-chimica nella colonna d’acqua

Denominazione della sostanza Limiti di classe B/S Classi di salinità
  Salinità <30psu oligoalino
  30 μM (420 μg/l c.a.) mesoalino
Azoto inorganico disciolto (DIN) (*)   polialino
  Salinità >30psu eualino
  18 μM (253 μg/l c.a.) iperalino
Fosforo reattivo (P-PO4) (*) Salinità >30psu eualino
  0,48 μM (15 μg/l c.a.) iperalino
Ossigeno disciolto ≤ 1 giorno di anossia/anno **  

Note alla tab. 4.4.2/a

*Valore espresso come medio annuo; considerata l’influenza degli apporti di acqua dolce, per la definizione degli standard di qualità dell'azoto e del fosforo si forniscono valori tipo-specifici in relazione alla salinità dei corpi idrici.

**Anossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1.0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99), Ipossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 1-2.0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99)

Criteri di utilizzo degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

Nutrienti

Qualora gli elementi di qualità biologica monitorati consentano di classificare le acque di transizione in stato buono o elevato, ma, per uno o entrambi i nutrienti, siano superati i limiti di classe riportati in Tab. 4.4.2/a , e comunque di un incremento non superiore al 75% del limite di classe riportato nella suddetta tabella, le autorità competenti possono non declassare automaticamente a sufficiente il corpo idrico, purché attivino un approfondimento dell’attività conoscitiva, un’analisi delle pressioni e degli impatti ed il contestuale avvio di un monitoraggio di indagine basato su :

a) la verifica dello stato degli elementi di qualità biologica rappresentativi dello stato trofico del corpo idrico (macroalghe, angiosperme e fitoplancton);

b) il controllo dei nutrienti con frequenza mensile.

Le attività necessarie ad escludere il declassamento del corpo idrico come sopra indicato rivestono durata minima diversa a seconda dell’entità del superamento:

1) superamento<50% di uno o entrambi i parametri:

• il monitoraggio d’indagine sopra dettagliato è eseguito per un solo anno;

• il corpo idrico può essere classificato in stato buono anche alla fine del successivo monitoraggio operativo, senza effettuare un ulteriore monitoraggio di indagine, purché risultino assenti impatti sulla comunità biologica indagata e non sia presente una tendenza significativa di aumento della concentrazione dei nutrienti;

Se il superamento dei limiti di classe dei nutrienti riportati in Tab. 4.4.2/a si verifica durante il monitoraggio di sorveglianza, il monitoraggio dei parametri fisico-chimici della colonna d’acqua deve essere effettuato per i 2 anni successivi al campionamento.

2) un superamento > 50%, e comunque inferiore a 75%, di uno o entrambi i parametri:

• il monitoraggio di indagine sopra dettagliato è seguito per due anni consecutivi;

• il corpo idrico può essere classificato in stato buono anche alla fine del successivo monitoraggio operativo, senza effettuare un ulteriore monitoraggio di indagine, purché risultino assenti impatti sulla comunità biologica indagata e non sia presente una tendenza significativa di aumento della concentrazione dei nutrienti;

• il monitoraggio di indagine negli anni intermedi tra i successivi monitoraggi operativi può essere proseguito a giudizio dell’autorità competente.

Resta fermo che anche in caso di esito positivo delle suddette attività volte ad escludere il declassamento, il corpo idrico è classificato in stato buono, anche nel caso in cui gli EQB siano in stato elevato.

Nel caso in cui non sia attivata la procedura volta ad escludere il declassamento del corpo idrico sopra descritta, poiché il monitoraggio degli elementi fisico-chimici è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (tre anni) si ottengono tre valori di concentrazione dei nutrienti. Il valore di concentrazione da utilizzare per la classificazione è la media dei valori ottenuti per ciascuno dei tre anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.

Ossigeno

Qualora gli elementi di qualità biologica, controllati nel monitoraggio di sorveglianza od operativo, consentano di classificare le acque di transizione in stato buono o elevato ma si verifichino condizioni di anossia/ipossia si procede come descritto di seguito:

1) Condizioni di anossia (1727) per 1 o più giorni all’interno di un anno

Il corpo idrico viene automaticamente classificato in stato ecologico sufficiente.

2) Condizioni di anossia (1728) di durata inferiore ad 1 giorno ma ripetute per più giorni consecutivi e/o condizioni di ipossia (1729) per più di 1 giorno/anno.

Si effettua per i due anni successivi e consecutivi al campionamento la verifica dello stato dei macroinvertebrati bentonici (anche qualora non selezionati per il monitoraggio operativo) quali elementi di qualità biologica indicativi delle condizioni di ossigenazione delle acque di fondo, al fine di verificare un eventuale ritardo nella risposta biologica.

In assenza di impatti sulla comunità biologica per due anni consecutivi, il corpo idrico può essere classificato in buono stato ecologico (anche nel caso in cui gli EQB siano in stato elevato), in caso contrario si classifica come sufficiente.

Alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (tre anni), si classifica sulla base del valore peggiore nei tre anni. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, allora si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.

Il superamento dei limiti dell’ossigeno comporta il monitoraggio dei parametri fisico-chimici della colonna d’acqua per i successivi 2 anni anche nel caso di monitoraggio di sorveglianza.

Qualora il posizionamento della sonda per il rilevamento in continuo dell’ossigeno ponga dei problemi di gestione possono essere dedotti indirettamente fenomeni di anossia pregressi o in corso, dalla concentrazione del parametro ferro labile (LFe) e del rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/LFe) entrambi rilevati nei sedimenti.

Al riguardo le frequenze di campionamento dei suddetti parametri sono le seguenti:

• tra giugno e luglio e tra fine agosto e settembre (in concomitanza con le maree di quadratura) quando il rischio di anossia è elevato;

• tra febbraio e marzo (in concomitanza con le maree di sizigia) quando la riossigenazione del sistema è massima.

Di seguito sono riportati i limiti di classe per il ferro labile (Lfe) e per il rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/Lfe)

Tab. 4.4.2/b- Limiti di classe per il ferro labile (LFe) e il rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/Lfe) nei sedimenti.

  Fe labile (μmol/ cm³) Classificazione
  >100 50-100 <50 stato
  <0.25 <0.25 <0.25 Buono
AVS/LFe ≥0.25 ≥0.25 ≥0.25 Sufficiente

Altri parametri

Il valore della trasparenza e della temperatura non concorrono direttamente alla classificazione dello stato ecologico, ma sono utilizzati per migliorare l’interpretazione dei risultati biologici e evidenziare eventuali anomalie di origine antropica. Lo stesso criterio vale per i parametri fisico-chimici a sostegno, indicati nel protocollo di monitoraggio ISPRA per i quali non sono stati definiti valori di soglia.

Elementi di qualità idromorfologica a sostegno

La valutazione degli elementi di qualità idromorfologica influenza la classificazione dello stato ecologico solo nel passaggio tra stato «buono ed elevato».

I parametri idromorfologici a supporto degli elementi di qualità biologica previsti dalla tab. A.1.1 del punto 2 del presente allegato sono:

Condizioni morfologiche

- variazione della profondità

- massa, struttura e substrato del letto

- struttura della zona intertidale

Regime di marea

- flusso di acqua dolce

- esposizione alle onde

Le condizioni idromorfologiche dei corpi idrici di transizione per gli elementi sopra indicati sono valutate tramite giudizio esperto, come di seguito indicato.

Variazione della profondità

I dati di profondità derivanti dai rilievi morfobatimetrici dei fondali previsti dalla lettera A.3.3.4 del punto 2 dell’allegato 1 al presente decreto da eseguirsi sono utilizzati secondo le frequenze riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato, almeno una volta nell’arco temporale del Piano di Gestione.

E’ necessario indicare la presenza di attività antropiche rilevanti, quali dragaggio di canali e bassofondali o ripascimenti.

Struttura della zona intertidale

La valutazione della struttura della zona intertidale comprende diversi aspetti, quali l’estensione degli habitat caratteristici (es. barene, velme) e la copertura e composizione della vegetazione.

Per una prima analisi è utile l’utilizzo di supporti cartografici e di foto aeree o satellitari, integrate dai risultati dell’attività di monitoraggio della vegetazione da eseguirsi secondo le frequenze riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato.

Massa struttura e composizione del substrato.

Per l’analisi del substrato si utilizzano i dati rilevati in corrispondenza delle stazioni di macroinvertebrati e angiosperme, ovvero granulometria, densità e contenuto organico del sedimento. Qualora tali elementi di qualità biologica, nel caso di monitoraggio operativo, non siano stati selezionati, è necessario provvedere a appositi campionamenti del substrato o utilizzare informazioni derivanti da altre attività di monitoraggio.

Va inoltre considerata la presenza di attività antropiche rilevanti, quali ripascimenti con sedimenti di diverse caratteristiche.

Flusso di acque dolce

L’analisi diretta della variazione dei flussi d’acqua dolce è possibile qualora siano attive (o previste) stazioni di monitoraggio degli apporti d’acqua derivanti dai corsi d’acqua o artificialmente da idrovore e altri scarichi (possibilmente integrati dagli altri elementi conoscitivi utili alla determinazione del bilancio idrologico del corpo idrico).

Ad integrazione delle analisi, le variazioni di flusso di acqua dolce possono essere indirettamente valutate tramite i dati di salinità derivanti dai campionamenti della matrice acqua previsti in corrispondenza delle stazioni di monitoraggio degli elementi di qualità biologica o integrati da dati derivanti da altre attività di monitoraggio.

Esposizione alle onde

Non si ritiene necessaria l’installazione obbligatoria nelle acque di transizione di ondametri per l’analisi del moto ondoso. L’impiego di tali strumenti può essere previsto nel caso in cui, dall’analisi delle condizioni morfologiche, siano evidenti fenomeni di erosione e instabilità del substrato dei bassofondali o delle zone interditali e si ritenga necessaria la quantificazione delle pressioni idrodinamiche.

A.4.5 Elementi chimici a sostegno (altri inquinanti specifici di cui all’allegato 8 e non appartenenti all’elenco di priorità)

Per la classificazione dello stato ecologico attraverso gli elementi chimici a sostegno si deve fare riferimento a quanto riportato nella tabella 4.5/a in merito alla definizione di stato elevato, buono sufficiente. Per la classificazione del triennio del monitoraggio operativo si utilizza il valore peggiore della media calcolata per ciascun anno. Nel caso del monitoraggio di sorveglianza si fa riferimento al valor medio di un singolo anno; qualora nell’arco dei sei anni le regioni programmino il monitoraggio di sorveglianza per più di un anno si deve considerare il valore medio annuale peggiore. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri chimici ai fini della classificazione del corpo idrico si considera lo stato peggiore tra quelli attribuiti alle singole stazioni.

Tab. 4.5/a - Definizioni dello stato elevato, buono e sufficiente per gli elementi chimici a sostegno.

Stato Elevato La media delle concentrazioni delle sostanze di sintesi, misurate nell'arco di un anno, sono minori o uguali ai limiti di quantificazione delle migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. Le concentrazioni delle sostanze di origine naturale ricadono entro i livelli di fondo naturale.
Stato Buono La media delle concentrazioni di una sostanza chimica, monitorata nell'arco di un anno, è conforme allo standard di qualità ambientale di cui alla tab. 1/B, lettera A.2.7, del presente allegato e successive modifiche e integrazioni.
Stato Sufficiente La media delle concentrazioni di una sostanza chimica, monitorata nell'arco di un anno, supera lo standard di qualità ambientale di cui alla tab. 1/B lettera A.2.7, del presente allegato e successive modifiche e integrazioni.

Per la selezione delle sostanze chimiche, rimangono ferme le disposizioni di cui alla lettera A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente allegato.

A.4.6 Identificazione dello stato delle acque superficiali e relativa presentazione

A.4.6.1 Stato ecologico

Lo stato ecologico del corpo idrico è classificato in base alla classe più bassa, risultante dai dati di monitoraggio, relativa agli:

- elementi biologici;

- elementi fisico-chimici a sostegno, ad eccezione di quelli indicati, nel presente allegato, come utili ai fini interpretativi;

- elementi chimici a sostegno (altre sostanze non appartenenti all’elenco di priorità).

Qualora lo stato complessivo risulti «elevato», è necessario provvedere ad una conferma mediante l’esame degli elementi idromorfologici. Se tale conferma risultasse negativa, il corpo idrico è declassato allo stato «buono».

Fanno eccezione le acque marino-costiere per le quali gli elementi idromorfologici non rientrano nella classificazione finale ma sono utilizzati per una migliore interpretazione dei dati acquisiti per gli altri elementi di qualità.

Si riportano di seguito gli schemi che chiariscono le 2 fasi necessarie per arrivare alla classificazione ecologica dei corpi idrici superficiali.

Fase I: Integrazione tra gli elementi biologici, fisico-chimici e idromorfologici (distinta per fiumi, laghi/invasi e acque marino costiere/acque di transizione)

A) FIUMI

(1) Lo stato elevato deve essere confermato dagli elementi idromorfologici a sostegno

B) LAGHI E INVASI

(1) Lo stato elevato deve essere confermato dagli elementi idromorfologici a sostegno

C) ACQUE MARINO COSTIERE E ACQUE DI TRANSIZIONE

(1) Per le Acque di transizione, ma non per le Acque marino-costiere, lo stato elevato deve essere confermato dagli elementi idromorfologici a sostegno.

(2) Per le acque marino costiere e le acque di transizione non è stato distinto un limite di classe tra lo stato elevato e il buono.

(3) Per le acque di transizione se al termine del processo di verifica previsto dal decreto non si evidenzia la presenza di criticità per le comunità biologiche e il superamento delle soglie dei nutrienti è inferiore al 75% i corpi idrici possono essere classificati in stato buono (se elementi biologici sono in stato elevato o buono). Le Autorità competenti possono in caso di superamento della soglia declassare il corpo idrico a sufficiente evitando di attivare il processo di verifica.

Fase II: Integrazione risultati della Fase I con gli elementi chimici (altri inquinanti specifici)

Secondo passaggio: Integrazione Primo passaggio / Elementi chimici a sostegno

Presentazione dello stato ecologico

Per le varie categorie di acque superficiali, le Autorità competenti forniscono una mappa che riporta la classificazione dello stato ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella tabella 4.6.1/a di seguito riportata. Le Autorità competenti indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui lo stato ecologico non è stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità ambientale fissati per il corpo idrico in questione relativamente a determinati inquinanti sintetici e non sintetici.

Tab. 4.6.1/a - Schema cromatico per la presentazione delle classi dello stato ecologico

Classe dello stato ecologico Colori associati
Elevato blu
Buono verde
Sufficiente giallo
Scarso arancione
Cattivo rosso

A.4.6.2 Potenziale ecologico

Per i corpi idrici fortemente modificati o artificiali, il potenziale ecologico del corpo idrico in questione è classificato in base al più basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio biologico, fisico-chimico e chimico (inquinanti specifici) relativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la prima colonna della tabella 4.6.2/a di seguito riportata. Le Autorità competenti forniscono una mappa che riporta la classificazione del potenziale ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato, per i corpi idrici artificiali, nella seconda colonna della medesima tabella e, per quelli fortemente modificati, nella terza. Le Autorità competenti indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui il buon potenziale ecologico non è stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità ambientale fissati per il corpo idrico in questione relativamente a determinati inquinanti sintetici e non sintetici.

Tab. 4.6.2/a - Schema cromatico per la presentazione delle classi del potenziale ecologico

  Colori associati
Classe del potenziale ecologico Corpi idrici artificiali Corpi idrici fortemente modificati
Buono e oltre Rigatura uniforme verde e grigio chiaro rigatura uniforme verde e grigio scuro
Sufficiente Rigatura uniforme giallo e grigio chiaro rigatura uniforme giallo e grigio scuro
Scarso Rigatura uniforme arancione e grigio chiaro rigatura uniforme arancione e grigio scuro
Cattivo Rigatura uniforme rosso e grigio chiaro rigatura uniforme rosso e grigio scuro

A.4.6.3 Stato chimico

In conformità a quanto riportato al punto A.2.6 e A.2.8 del presente allegato, il corpo idrico che soddisfa, per le sostanze dell’elenco di priorità, tutti gli standard di qualità ambientale fissati al punto 2, lettera A.2.6 tabella 1/A, o 2/A del presente allegato, è classificato in buono stato chimico.

In caso negativo, il corpo idrico è classificato come corpo idrico cui non è riconosciuto il buono stato chimico.

Per la selezione delle sostanze chimiche, rimangono ferme le disposizioni di cui alla lettera A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente allegato.

Le Autorità competenti forniscono una mappa che indica lo stato chimico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella seconda colonna della tabella 4.6.3/a di seguito riportata per rispecchiare la classificazione dello stato chimico del corpo idrico.

Tab. 4.6.3/a - Schema cromatico per la rappresentazione delle classi dello stato chimico

Classificazione dello stato chimico Colori associati
Buono blu
Mancato conseguimento dello stato buono rosso

A.4.6.4 Trasmissione dati

I dati di cui ai punti A.4.6.1, A.4.6.2 e A.4.6.3 sono parte integrante delle informazioni fornite ai sensi del decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 luglio 2009 recante: «Individuazione delle informazioni territoriali e modalità per la raccolta, lo scambio e l’utilizzazione dei dati necessari alla predisposizione dei rapporti conoscitivi sullo stato di attuazione degli obblighi comunitari e nazionali in materia di acque».

B. ACQUE SOTTERRANEE

Buono stato delle acque sotterranee

Parte A - Buono stato chimico

Nella tabella 1 è riportata la definizione di buono stato chimico delle acque sotterranee.

Tabella 1- definizione del buono stato chimico

Elementi Stato Buono
Generali La composizione chimica del corpo idrico
sotterraneo è tale che le concentrazioni di
inquinanti:
- non presentano effetti di intrusione salina;
- non superano gli standard di qualità ambientale di cui alla tabella 2 e i valori soglia di cui alla tabella 3 in quanto applicabili;
- non sono tali da impedire il conseguimento degli obiettivi ambientali di cui agli articoli 76 e 77 del decreto n. 152 del 2006 per le acque superficiali connesse né da comportare un deterioramento significativo della qualità ecologica o chimico di tali corpi né da recare danni significativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo.
Conduttività Le variazioni della conduttività non indicano intrusioni saline o di altro tipo nel corpo idrico sotterraneo.

A.1 - Standard di qualità

Nella tabella 2 sono inclusi gli standard di qualità individuati a livello comunitario.

Tabella 2- Standard di qualità

PARAMETRO Standard di qualità
Nitrati 50 mg/L
Sostanze attive nei pesticidi, compresi i loro pertinenti metaboliti, prodotti di degradazione e di reazione * 0,1μg/L
0,5μg/L (totale) **
* Per pesticidi si intendono i prodotti fitosanitari e i biocidi, quali definiti all'art. 2, rispettivamente del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, e del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 174.
** «Totale» significa la somma di tutti i singoli pesticidi individuati e quantificati nella procedura di monitoraggio, compresi i corrispondenti metaboliti e i prodotti di degradazione e reazione.

- I risultati dell'applicazione degli standard di qualità per i pesticidi ai fini del presente decreto non pregiudicano i risultati delle procedure di valutazione di rischio prescritte dal decreto n. 194 del 1995 dal decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, e dal decreto n. 174 del 2000.

- Quando per un determinato corpo idrico sotterraneo si considera che gli standard di qualità in materia possono impedire il conseguimento degli obiettivi ambientali specificati agli articoli 76 e 77 del decreto n. 152 del 2006 per i corpi idrici superficiali connessi o provocare un deterioramento significativo della qualità ecologica o chimica di tali corpi o un danno significativo agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo sono stabiliti valori soglia più severi conformemente all'art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30 e al presente allegato. I programmi e le misure richiesti in relazione a tali valori soglia si applicano anche alle attività che rientrano nel campo di applicazione dell'art. 92 del decreto n. 152 del 2006.

A.2 - Valori soglia ai fini del buono stato chimico

1. Il superamento dei valori soglia di cui alla tabella 3, in qualsiasi punto di monitoraggio è indicativo del rischio che non siano soddisfatte una o più condizioni concernenti il buono stato chimico delle acque sotterranee di cui all'art. 4, comma 2, lettera c, punti 1, 2 e 3 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30.

I valori soglia di cui alla tabella 3 si basano sui seguenti elementi: l'entità delle interazioni tra acque sotterranee ed ecosistemi acquatici associati ed ecosistemi terrestri che dipendono da essi; l'interferenza con legittimi usi delle acque sotterranee, presenti o futuri; la tossicità umana, l'ecotossicità, la tendenza alla dispersione, la persistenza e il loro potenziale di bioaccumulo.

Tabella 3- Valori soglia da considerare per la valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee

PARAMETRO Numero Chemical Abstracts Service (CAS) VALORI SOGLIA (μg L-1) VALORI SOGLIA* (μg L-1) (interazione acque superficiali)
ELEMENTI IN TRACCIA      
Antimonio 7440-36-0 5  
Arsenico 7440-38-2 10  
Boro 7440-42-8 1000  
Cadmio** 7440-43-9 5 0,08 (Classe 1)
0,09 (Classe 2)
0,15 (Classe 3)
0,25 (Classe 4)
Cromo Totale 7440-47-3 50  
Cromo VI non applicabile 5  
Mercurio 7439-97-6 1 0,07***
Nichel 7440-02-0 20 4 (SQA biodisponibile)
Piombo 7439-92-1 10 1,2 (SQA biodisponibile)
Selenio 7782-49-2 10  
Vanadio 7440-62-2 50  
COMPOSTI E IONI INORGANICI      
Cianuro libero 57-12-5 50  
Fluoruro 16984-48-8 1500  
Nitrito 14797-65-0 500  
Fosfato 98059-61-1    
Solfato 18785-72-3 250 (mg L-1)  
Cloruro 16887-00-6 250 (mg L-1)  
Ammoniaca (ione ammonio) 14798-03-9 500  
COMPOSTI ORGANICI AROMATICI      
Benzene 71-43-2 1  
Etilbenzene 100-41-4 50  
Toluene 108-88-3 15  
Para-xilene 106-42-3 10  
POLICLICI AROMATICI      
Benzo(a)pirene 50-32-8 0,01 1,7 x10-4
Benzo(b)fluorantene 205-99-2 0,1 0,017***
Benzo(k)fluorantene 207-08-9 0,05 0,017***
Benzo(g,h,i,)perilene 191-24-2 0,01 8,2 x10-3***
Dibenzo(a,h)antracene 53-70-3 0,01  
Indeno(1,2,3-c,d)pirene 193-39-5 0,1  
ALIFATICI CLORURATI      
Triclorometano 67-66-3 0,15  
Cloruro di Vinile 75-01-4 0,5  
1,2 Dicloroetano 107-06-2 3  
Tricloroetilene + Tetracloroetilene (79-01-6) +(127-18-4) 10  
       
Esaclorobutadiene 87-68-3 0,15 0,05
1,2 Dicloroetilene 540-59-0 60  
ALIFATICI ALOGENATI CANCEROGENI      
Dibromoclorometano 124-48-1 0,13  
Bromodiclorometano 75-27-4 0,17  
NITROBENZENI      
Nitrobenzene 98-95-3 3,5  
CLOROBENZENI      
Clorobenzene 108-90-7 40  
1,4 Diclorobenzene 106-46-7 0,5  
1,2,4 Triclorobenzene 120-82-1 190  
Triclorobenzeni 12002-48-1   0,4
Pentaclorobenzene 608-93-5 5 0,007
Esaclorobenzene 118-74-1 0,01 0,005
PESTICIDI      
Aldrin 309-00-2 0,03  
Æ¢-esaclorocicloesano 319-85-7 0,1 0,02 (Somma degli esaclorocicloesani)
DDT totale **** non applicabile 0,1 0,025
p,p’-DDT 50-29-3   0,01
Dieldrin 60-57-1 0,03  
Sommatoria (aldrin, dieldrin, endrin, isodrin) (309-00-2), (60-57-1), (72-20-8), (465-73-6)   0,01
DIOSSINE E FURANI      
Sommatoria PCDD, PCDF non applicabile 4x10-6  
ALTRE SOSTANZE      
PCB***** non applicabile 0,01  
Idrocarburi totali (espressi come n-esano) non applicabile 350  
Conduttività (PScm -1 a 20°C)-acqua non aggressiva. non applicabile 2500  
COMPOSTI PERFLUORURATI      
Acido perfluoropentanoico (PFPeA) 2706-90-3 3  
Acido perfluoroesanoico (PFHxA) 307-24-4 1  
Acido perfluorobutansolfonico (PFBS) 375-73-5 3  
Acido perfluoroottanoico (PFOA) 335-67-1 0,5 0,1
Acido perfluoroottansolfonico (PFOS) 1763-23-1 0,03 6,5x10-4
Note alla tabella 3:
* Tali valori sono cautelativi anche per gli ecosistemi acquatici e si applicano ai corpi idrici sotterranei che alimentano i corpi idrici superficiali e gli ecosistemi terrestri dipendenti. Le regioni, sulla base di una conoscenza approfondita del sistema idrologico superficiale e sotterraneo, possono applicare ai valori di cui alla colonna (*) fattori di attenuazione o diluizione. In assenza di tale conoscenza, si applicano i valori di cui alla medesima colonna.
** Per il cadmio e composti i valori dei valori soglia variano in funzione della durezza dell'acqua classificata secondo le seguenti quattro categorie: Classe 1: <50 mg L-1 CaCO3, Classe 2: da 50 a <100 mg L-1 CaCO3, Classe 3: da 100 a <200 mg L-1 CaCO3 e Classe 4: ≥200 mg L-1 CaCO3.
*** Tali valori sono espressi come SQA CMA (massime concentrazioni ammissibili) di cui al decreto legislativo n. 172/2015.
**** Il DDT totale comprende la somma degli isomeri p,p’-DDT (1,1,1-tricloro-2,2 bis(p-clorofenil)etano; CAS 50-29-3), o,p’-DDT (1,1,1-tricloro-2(o-clorofenil)-2-(p-clorofenil)etano; CAS 789-02-6), p,p’-DDE (1,1-dicloro-2,2 bis(p-clorofenil)etilene; CAS 72-55-9) e p,p’-DDD (1,1-dicloro-2,2 bis(p-clorofenil)etano; CAS 72-54-8).
***** Il valore della sommatoria deve far riferimento ai seguenti congeneri: 28, 52, 77, 81, 95, 99, 101, 105, 110, 114, 118, 123, 126, 128, 138, 146, 149, 151, 153, 156, 157, 167, 169, 170, 177, 180, 183, 187, 189.

- Per i pesticidi per cui sono stati definiti i valori soglia si applicano tali valori in sostituzione dello standard di qualità individuato alla tabella 2.

- Per i metalli il valore dello standard di qualità si riferisce alla concentrazione disciolta, cioè alla fase disciolta di un campione di acqua ottenuta per filtrazione con un filtro da 0,45 μm.

- Per tutti gli altri parametri il valore si riferisce alla concentrazione totale nell'intero campione di acqua

2. Laddove elevati livelli di fondo di sostanze o ioni, o loro indicatori, siano presenti per motivi idrogeologici naturali, tali livelli di fondo nel pertinente corpo idrico sono presi in considerazione nella determinazione dei valori soglia. Nel determinare i livelli di fondo, è opportuno tenere presente i seguenti principi:

a) la determinazione dei livelli di fondo dovrebbe essere basata sulla caratterizzazione di corpi idrici sotterranei in conformità dell'allegato 1 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, e sui risultati del monitoraggio delle acque sotterranee, conformemente al presente allegato. La strategia di monitoraggio e l'interpretazione dei dati dovrebbero tenere conto del fatto che condizioni di flusso e la chimica delle acque sotterranee presentano variazioni a livello laterale e verticale;

b) in caso di dati di monitoraggio limitati, dovrebbero essere raccolti ulteriori dati. Nel contempo si dovrebbe procedere a una determinazione dei livelli di fondo basandosi su tali dati di monitoraggio limitati, se del caso mediante un approccio semplificato che prevede l'uso di un sottoinsieme di campioni per i quali gli indicatori non evidenziano nessuna influenza risultante dall'attività umana. Se disponibili, dovrebbero essere tenute in considerazione anche le informazioni sui trasferimenti e i processi geochimici;

c) in caso di dati di monitoraggio delle acque sotterranee insufficienti e di scarse informazioni in materia di trasferimenti e processi geochimici, dovrebbero essere raccolti ulteriori dati e informazioni. Nel contempo si dovrebbe procedere a una stima dei livelli di fondo, se del caso basandosi su risultati statistici di riferimento per il medesimo tipo di falda acquifera in altri settori per cui sussistono dati di monitoraggio sufficienti.

Al fine di fornire gli elementi utili alla valutazione dello stato chimico dei corpi idrici sotterranei, sono rese disponibili le seguenti linee guida nazionali predisposte dagli istituti scientifici nazionali di riferimento:

- una linea guida recante la procedura da seguire per il calcolo dei valori di fondo entro il 31 dicembre 2016.

- una linea guida sulla metodologia per la valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione degli inquinanti nelle acque sotterranee entro il 30 giugno 2017.

A.2.1 Applicazione degli standard di qualità ambientale e dei valori soglia

1. La conformità del valore soglia e dello standard di qualità ambientale deve essere calcolata attraverso la media dei risultati del monitoraggio, riferita al ciclo specifico di monitoraggio, ottenuti in ciascun punto del corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei.

2. Il risultato è sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard.

3. I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle del presente Allegato fanno riferimento alle più avanzate tecniche di impiego generale. Tali metodi sono tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale e validati in accordo con la norma UNI/ISO/EN 17025.

4. Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate a livello nazionale e internazionale si applicano le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili riconosciute come appropriate dalla comunità analitica internazionale. I metodi utilizzati, basati su queste tecniche, presentano prestazioni minime pari a quelle elencate nel punto 6 e sono validati in accordo con la norma UNI/ISO/EN 17025.

5. a) per le sostanze per cui non sono presenti metodi analitici normalizzati, in attesa che metodi analitici validati ai sensi della ISO 17025 siano resi disponibili da ISPRA, in collaborazione con IRSA-CNR ed ISS, il monitoraggio sarà effettuato utilizzando le migliori tecniche disponibili, sia da un punto di vista scientifico che economico.

b) I risultati delle attività di monitoraggio pregresse, per le sostanze inquinanti di cui al punto 4, sono utilizzati a titolo conoscitivo.

A.2.2 Aggiornamento piani di gestione

Nei piani di gestione dei bacini idrografici, riesaminati e riaggiornati in conformità all'art. 117 del decreto n. 152/06, sono inserite le seguenti informazioni sulle modalità di applicazione della procedura illustrata nella parte A del presente allegato:

a) informazioni su ciascuno dei corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei caratterizzati come a rischio:

- le dimensioni dei corpi idrici;

- ciascun inquinante o indicatore di inquinamento in base a cui i corpi idrici sotterranei sono caratterizzati come a rischio;

- gli obiettivi di qualità ambientale a cui il rischio è connesso, tra cui gli usi legittimi, reali o potenziali, del corpo idrico e il rapporto tra i corpi idrici sotterranei e le acque superficiali connesse e agli ecosistemi terrestri che ne dipendono direttamente;

- nel caso di sostanze presenti naturalmente, i livelli di fondo naturali nei corpi idrici sotterranei;

- informazioni sui superamenti se i valori soglia sono oltrepassati;

b) i valori soglia, applicabili a livello nazionale, di distretto idrografico o della parte di distretto idrografico internazionale che rientra nel territorio nazionale, oppure a livello di corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei;

c) il rapporto tra i valori soglia e ciascuno dei seguenti elementi:

- nel caso di sostanze presenti naturalmente, i livelli di fondo;

- le acque superficiali connesse e gli ecosistemi terrestri che ne dipendono direttamente;

- gli obiettivi di qualità ambientale e altre norme per la protezione dell'acqua esistenti a livello nazionale, unionale o internazionale;

- qualsiasi informazione pertinente in materia di tossicologia, ecotossicologia, persistenza e potenziale di bioaccumulo nonché tendenza alla dispersione degli inquinanti;

d) la metodologia per determinare i livelli di fondo sulla base dei principi di cui alla parte A, punto 3;

e) le ragioni per cui non sono stati stabiliti valori soglia per gli inquinanti e gli indicatori identificati nella tabella 3 del presente allegato.

f) elementi chiave della valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee, compresi il livello, il metodo e il periodo di aggregazione dei risultati di monitoraggio, la definizione dell'entità del superamento considerata accettabile e il relativo metodo di calcolo, conformemente all'art. 4, comma 2, lettera c), punto 1), e al punto 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30.

Qualora uno dei dati di cui alle lettere da a) a f), non sia incluso nei piani di gestione dei bacini idrografici, le motivazioni dell'esclusione sono inserite nei suddetti piani.

Parte B - Stato quantitativo

Nella Tabella 4 è riportata la definizione di buono stato quantitativo delle acque sotterranee.

Tabella 4- Definizione di buono stato quantitativo

Elementi Stato buono
  Il livello/portata di acque sotterranee nel corpo sotterraneo è tale che la media annua dell’estrazione a lungo termine non esaurisca le risorse idriche sotterranee disponibili.
  Di conseguenza, il livello delle acque sotterranee non subisce alterazioni antropiche tali da:
  - impedire il conseguimento degli obiettivi ecologici specificati per le acque superficiali connesse;
  - comportare un deterioramento significativo della qualità di tali acque;
  - recare danni significativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo.
Livello delle acque sotterranee Inoltre, alterazioni della direzione di flusso risultanti da variazioni del livello possono verificarsi, su base temporanea o permanente, in un’area delimitata nello spazio; tali inversioni non causano tuttavia l’intrusione di acqua salata o di altro tipo né imprimono alla direzione di flusso alcuna tendenza antropica duratura e chiaramente identificabile che possa determinare siffatte intrusioni.
  Un importante elemento da prendere in considerazione al fine della valutazione dello stato quantitativo è inoltre, specialmente per i complessi idrogeologici alluvionali, l’andamento nel tempo del livello piezometrico. Qualora tale andamento, evidenziato ad esempio con il metodo della regressione lineare, sia positivo o stazionario, lo stato quantitativo del copro idrico è definito buono. Ai fini dell’ottenimento di un risultato omogeneo è bene che l’intervallo temporale ed il numero di misure scelte per la valutazione del trend siano confrontabili tra le diverse aree. E’ evidente che un intervallo di osservazione lungo permetterà di ottenere dei risultati meno influenzati da variazioni naturali (tipo anni particolarmente siccitosi).

La media annua dell’estrazione a lungo termine di acque sotterranee è da ritenersi tale da non esaurirne le risorse idriche qualora non si delineino diminuzioni significative, ovvero trend negativi significativi, delle medesime risorse.

Ai fini della valutazione della conformità a dette condizioni, è necessario, nell’ambito della revisione dei piani di gestione e dei piani di tutela da pubblicare nel 2015, acquisire le informazioni utili a valutare il bilancio idrico.

Monitoraggio dei corpi idrici sotterranei

Al fine di controllare lo stato quali-quantitativo di un corpo idrico, è necessario realizzare due specifiche reti di monitoraggio volte a rilevare:

a) per lo stato quantitativo, una stima affidabile dello stato di tutti i corpi idrici o gruppo di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili;

b) per lo stato chimico, una panoramica corretta e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee all’interno di ciascun bacino idrogeologico e tale da rilevare eventuali trend crescenti dell’inquinamento antropico sul lungo periodo.

I programmi di monitoraggio delle acque sotterranee ricadenti all’interno di ciascun bacino idrografico devono comprendere:

a) una rete per il monitoraggio quantitativo: al fine di integrare e validare la caratterizzazione e la definizione del rischio di non raggiungere l’obiettivo di buono stato quantitativo per tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell’Allegato 1; il principale obiettivo è, quindi, quello di facilitare la valutazione dello stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei;

b) una rete per il monitoraggio chimico che si articola in:

1. una rete per il monitoraggio di sorveglianza: al fine di integrare e validare la caratterizzazione e la identificazione del rischio di non raggiungere l’obiettivo di buono stato chimico per tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell’Allegato 1; fornire informazioni utili a valutare le tendenze a lungo termine delle condizioni naturali e delle concentrazioni di inquinanti derivanti dall’attività antropica; indirizzare, in concomitanza con l’analisi delle pressioni e degli impatti, il monitoraggio operativo;

2. una rete per il monitoraggio operativo: al fine di stabilire lo stato di qualità di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici definiti a rischio; stabilire la presenza di significative e durature tendenze ascendenti nella concentrazione di inquinanti.

Nei corpi idrici sotterranei destinati all’approvvigionamento idropotabile, in caso di particolari pressioni, sono considerati nel monitoraggio anche l’Escherichia Coli, come indicatore microbiologico, e le sostanza chimiche di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31 «Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano».

Detti parametri sono monitorati almeno una volta prima ed una durante ciascun periodo di pianificazione della gestione del bacino idrografico. Con particolare riferimento all’Escherichia Coli, tale parametro non è utilizzato ai fini della classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici, ma come indicatore per l’individuazione delle misure da intraprendere. Inoltre, lo stesso parametro è monitorato solo in assenza di adeguati controlli.

I risultati dei programmi di monitoraggio devono essere utilizzati per:

a) stabilire lo stato chimico e quantitativo di tutti i corpi idrici sotterranei, inclusa una valutazione delle risorse idriche sotterranee disponibili;

b) supportare l’ulteriore caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei;

c) validare la valutazione del rischio;

d) stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee che oltrepassano la frontiera tra Stati Membri;

e) assistere la progettazione dei programmi di misure;

f) valutare l’efficacia dei programmi di misure;

g) dimostrare la conformità con gli obiettivi delle aree protette comprese le aree protette designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano;

h) definire la qualità naturale delle acque sotterranee, incluse le tendenze naturali;

i) identificare le tendenze nella concentrazione di inquinanti di origine antropica e la loro inversione.

Le Regioni assicurano che i programmi di monitoraggio dei corpi idrici sotterranei siano basati su:

a) l’identificazione dei corpi idrici di cui all’Allegato 1, Parte A;

b) i risultati della caratterizzazione, compresa la valutazione del rischio, di cui all’Allegato 1, Parte B;

c) il modello concettuale di cui all’Allegato 1, Parte C.

I monitoraggi, da effettuarsi con modalità e frequenze stabilite nel presente Allegato, hanno valenza sessennale, al fine di contribuire alla revisione dei piani di gestione del bacino idrografico, all’interno di ciascun distretto, e dei piani di tutela delle acque. Il primo periodo sessennale è 2010- 2015. Resta fermo che i risultati del monitoraggio effettuato nel periodo 2008, ai sensi del decreto n. 152 del 2006, sono utilizzati per la predisposizione del primo piano di gestione da pubblicare entro il 22 dicembre 2009.

Caratteristiche dei siti per il monitoraggio chimico e per il monitoraggio quantitativo

La selezione, l’ubicazione e l’appropriata densità di siti di monitoraggio devono essere basate sul modello concettuale (caratteristiche idrogeologiche e pressioni) e possono essere supportate dalle seguenti informazioni esistenti:

a) dati esistenti sulla qualità e/o quantità;

b) caratteristiche costruttive degli esistenti siti di monitoraggio e regime delle estrazioni;

c) distribuzione spaziale dei siti esistenti in rapporto alle dimensioni del corpo idrico sotterraneo;

d) considerazioni pratiche inerenti la facilità di accesso, l’accesso a lungo termine e la sicurezza.

La selezione di appropriati tipi di siti di monitoraggio all’interno di una rete a livello di corpi idrici sotterranei deve essere basata sulla conoscenza degli obiettivi del monitoraggio, del tempo di percorrenza e/o dell’età delle acque sotterranee che nel sito di monitoraggio vengono campionati.

Queste conoscenze possono essere migliorate con la datazione delle acque sotterranee, attraverso specifiche metodiche quali, ad esempio, Trizio e Carbonio-14. Le coppie isotopiche 18O/ 16O e 2 H/ 1H danno informazioni sul tasso di rinnovamento delle falde e permettono di distinguere gli acquiferi confinati da quelli liberi; inoltre, permettono di identificare le zone di ricarica in relazione ai dati isotopici dell’acqua piovana.

Le informazioni dettagliate sui siti devono essere disponibili e revisionate periodicamente. Dette informazioni, riportate a livello indicativo nella successiva tabella 1, devono essere usate per valutare l’adeguatezza del sito e costituiscono supporto per l’individuazione dei programmi di monitoraggio pertinenti.

Tabella 1- Informazioni utili per un sito di monitoraggio

Fattore Siti di monitoraggio chimico Siti di monitoraggio quantitativo
Acquifero/i monitorato/i E* E
Ubicazione (coordinate geografiche), nome del sito e codice di identificazione E E
Corpo idrico interessato dal sito E E
Finalità del sito di monitoraggio E E
Tipo di sito di monitoraggio (pozzo in azienda agricola, pozzo industriale, sorgente, etc.) E E
Profondità e diametro/i dei pozzi    
Descrizione della parte esterna del pozzo (integrità del rivestimento, pendenza della zona limitrofa esterna al pozzo)    
Profondità delle sezioni a griglia o aperte dei pozzi    
Vulnerabilità o indicazione dello spessore e del tipo di sottosuolo in corrispondenza del sito di monitoraggio    
Valutazione dell’area di ricarica (inclusi l’uso del suolo, le pressioni e le potenziali fonti di pressioni puntuali, attraverso analisi di immagini satellitari e foto aeree)    
Dettagli costruttivi    
Quantitativi estratti o portata totale (alle sorgenti)    
Regime pompaggio (descrizione qualitativa, per esempio intermittente, continuo, notturno etc.)    
Abbassamento piezometrico (livello dinamico)    
Area di ricarica    
Profondità di pompaggio    
Livello idrico statico o di riposo    
Livello di riferimento per le misurazioni e caposaldo topografico di riferimento    
Fenomeni di risalite artesiane o di tracimazioni    
Stratigrafia del pozzo    
Proprietà dell’acquifero (trasmissività, conduttività idraulica, etc.)    

* (E): informazioni essenziali. Per quanto riguarda le altre informazioni non identificate come essenziali, se ne raccomanda la raccolta.

Per la selezione dei siti del monitoraggio quantitativo si riportano le seguenti indicazioni:

a) nei siti di monitoraggio non si devono svolgere attività di pompaggio o possono essere svolte solo per periodi brevi e in tempi ben definiti, e comunque interrotto per tempi significativi, in modo tale che le misurazioni del livello idrico riflettano le condizioni naturali;

b) l’ubicazione dei siti deve essere al di fuori del raggio di influenza idraulico della pressione (pompaggio) così che le variazioni quotidiane dovute al pompaggio non siano evidenziate nei dati di monitoraggio.

c) possono essere utilizzate sorgenti caratterizzate da una portata totale superiore a 1 litro/secondo.

Ove non vi siano alternative, i dati provenienti da siti che fungono da pozzi di estrazione continua possono essere ritenuti accettabili solo se vi siano opportune correlazioni tra il livello statico ed il livello dinamico.

Al fine di ottimizzare i monitoraggi previsti da specifiche disposizioni in relazione a differenti obiettivi, è raccomandato, ove possibile, procedere alla individuazione di siti comuni rappresentativi dei diversi obiettivi. Tale pratica costituisce il monitoraggio integrato che contribuisce significativamente ad un monitoraggio a basso rapporto costi/efficacia, combinando i requisiti del monitoraggio di cui all’art. 92, comma 5, del decreto n. 152 del 2006, alle aree protette designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano, alla registrazione di prodotti per la protezione delle piante o biocidi, di cui al decreto n. 59 del 2005, e la conformità al presente decreto legislativo.

4.1 Raggruppamento dei corpi idrici

I corpi idrici sotterranei possono essere raggruppati ai fini del monitoraggio garantendo che le informazioni ottenute forniscano una valutazione affidabile dello stato di ciascun corpo idrico all’interno del gruppo e la conferma di ogni tendenza significativa ascendente della concentrazione di inquinanti.

Il raggruppamento non deve compromettere il raggiungimento degli obiettivi ambientali e di monitoraggio di ciascun corpo idrico componente il gruppo.

Il raggruppamento può avvenire purché i corpi idrici siano assimilabili in termini di:

a) caratteristiche dell’acquifero;

b) alterazione delle linee di flusso;

c) pressioni a cui il corpo idrico è sottoposto;

d) attendibilità della valutazione del rischio.

Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come «non a rischio», non è necessario che gli stessi siano adiacenti né prevedere siti di monitoraggio per ogni corpo idrico appartenente allo stesso raggruppamento. In quest’ultimo caso deve comunque essere garantito un monitoraggio complessivo sufficiente a rappresentarli.

Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come «a rischio», il raggruppamento è possibile solo quando gli stessi sono adiacenti, fatta eccezione per i piccoli corpi idrici sotterranei simili o per i corpi idrici sotterranei ricadenti nelle isole di medie o piccole dimensioni. Per ciascun corpo idrico è raccomandato almeno un sito di monitoraggio. Per determinare la relazione tra i corpi idrici, comunque, il numero di siti di monitoraggio dipenderà dalle caratteristiche dell’acquifero, direzione di deflusso idrico, pressioni a cui il corpo idrico è sottoposto e attendibilità della valutazione del rischio.

Il monitoraggio operativo può essere rivolto ad uno o più corpi idrici componenti il gruppo, selezionati sulla base del modello concettuale, di cui alla Parte C dell’Allegato 1, per esempio il corpo o i corpi idrici più sensibili. Quest’ultimo criterio è finalizzato all’ottimizzazione del monitoraggio ambientale in termini di rapporto costi/efficacia.

4.2 Monitoraggio dello stato chimico e valutazione delle tendenze

I programmi di monitoraggio delle acque sotterranee sono necessari per fornire un quadro conoscitivo completo e corretto dello stato delle acque all’interno di ciascun bacino idrografico, per rilevare la presenza di tendenze ascendenti all’aumento delle concentrazioni di inquinanti nel lungo termine causate dall’impatto di attività antropiche ed assicurare la conformità agli obiettivi delle aree protette.

In base alla caratterizzazione ed alla valutazione dell’impatto svolti conformemente all’Allegato 1, le Regioni definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione del bacino idrografico. I risultati del programma del monitoraggio di sorveglianza sono utilizzati per elaborare un programma di monitoraggio operativo da applicare per il restante periodo coperto dal piano.

Il piano riporta le stime sul livello di attendibilità e precisione dei risultati ottenuti con i programmi di monitoraggio.

4.2.1 Monitoraggio di sorveglianza

Il monitoraggio di sorveglianza, da condurre durante ciascun ciclo di gestione del bacino idrografico, va effettuato nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici sia a rischio sia non a rischio.

Il programma di monitoraggio di sorveglianza è inoltre utile per definire le concentrazioni di fondo naturale e le caratteristiche all’interno del corpo idrico.

Selezione dei parametri

Le Regioni devono obbligatoriamente monitorare i seguenti parametri di base:

- Tenore di ossigeno (OD), qualora ci sia un’interazione con le acque superficiali;

- pH;

- Conduttività elettrica (CE);

- Nitrati;

- Ione ammonio.

Qualora sia appropriato, tra i parametri da monitorare devono essere inclusi la temperatura ed un set di ioni diffusi ed in traccia ed indicatori selezionati.

L’elenco dei parametri di base deve anche includere ulteriori parametri inorganici specifici della struttura geologica locale per l’acquisizione di informazioni sullo stato qualitativo del fondo naturale, per poter verificare l’efficacia del modello concettuale, del piano di monitoraggio, del campionamento e dei risultati analitici.

In aggiunta ai parametri di base, le Regioni, sulla base di una dettagliata analisi delle pressioni, selezionano tra le sostanze riportate di seguito quelle potenzialmente immesse nel corpo idrico sotterraneo. In assenza di detta analisi tutte le sostanze di seguito riportate devono essere monitorate.

Inquinanti di origine naturale

• Arsenico

• Cadmio

• Piombo

• Mercurio

• Cloruri

• Solfati

Inquinanti di sintesi

• Tricloroetilene

• Tetracloroetilene

Inoltre è necessario monitorare obbligatoriamente quelle sostanze indicative di rischio e di impatto sulle acque sotterranee ascrivibili alle pressioni definite nella fase di caratterizzazione, tenendo in considerazione la lista dei contaminanti definita nelle tabelle 2 e 3, Parte A, dell’Allegato 3. In questa fase di selezione risulta fondamentale utilizzare il modello concettuale che consente, tra l’altro, di identificare qualunque pressione che vada ad influenzare ciascun sito di campionamento.

Per i corpi idrici che, in base alla caratterizzazione, si ritiene rischino di non raggiungere lo stato buono, il monitoraggio riguarda anche i parametri indicativi dell’impatto delle pressioni determinanti il rischio.

Sono monitorati, se necessario, anche parametri addizionali quali, ad esempio, la torbidità ed il potenziale redox (Eh).

In corrispondenza di tutti i siti è raccomandato il controllo del livello piezometrico o della portata al fine di descrivere «lo stato fisico del sito» come supporto per interpretare le variazioni (stagionali) o le tendenze nella composizione chimica delle acque sotterranee.

I corpi idrici transfrontalieri sono controllati rispetto ai parametri utili per tutelare tutti gli usi legittimi cui sono destinate le acque sotterranee.

Selezione dei siti

Il processo di selezione dei siti di monitoraggio è basato su tre fattori principali:

a) il modello concettuale (o i modelli concettuali), compresa la valutazione delle caratteristiche idrologiche, idrogeologiche e idrochimiche del corpo idrico sotterraneo, quali i tempi di percorrenza, la distribuzione dei diversi tipi di uso del suolo (esempi: insediamenti, industria, foresta, pascolo/agricoltura), alterazione delle linee di flusso, sensibilità del recettore e dati di qualità esistenti;

b) la valutazione del rischio e grado di confidenza nella valutazione, compresa la distribuzione delle pressioni principali;

c) considerazioni pratiche relative all’adeguatezza dei singoli siti di campionamento. I siti devono essere facilmente accessibili a breve e a lungo termine e sicuri.

Una rete efficace di monitoraggio deve essere in grado di monitorare impatti potenziali delle pressioni identificate e l’evoluzione della qualità delle acque sotterranee lungo le linee di flusso all’interno del corpo idrico.

Nel caso in cui i rischi riguardino alcuni recettori specifici come ad esempio alcuni ecosistemi particolari, devono essere previsti siti addizionali di campionamento nelle aree adiacenti a questi recettori specifici (ad esempio, corpi idrici superficiali ad elevata biodiversità).

I principi fondamentali da seguire ai fini dell’identificazione dei siti, che comunque non può prescindere da una analisi caso per caso, sono:

a) siti adatti: la selezione deve essere basata sul modello concettuale regionale dei corpi idrici (o dei gruppi di corpi idrici sotterranei) e su una revisione dei siti di monitoraggio esistenti e candidati sul modello concettuale locale. Estese aree di estrazione e sorgenti possono fornire adeguati siti di campionamento, poiché prelevano acqua da una grande area e volume dell’acquifero particolarmente in sistemi omogenei. Le sorgenti sono particolarmente raccomandate in acquiferi in cui predominano fratture carsiche o superficiali. Comunque, una rete rappresentativa di monitoraggio deve idealmente basarsi su un mix bilanciato di diversi tipi di siti di monitoraggio. In alcuni sistemi idrogeologici in cui l’acqua sotterranea contribuisce in maniera significativa al flusso di base di un corso d’acqua, il campionamento dell’acqua superficiale può fornire campioni rappresentativi dell’acqua sotterranea;

b) rappresentatività: nei sistemi acquiferi caratterizzati da fenomeni di stratificazione, la collocazione dei siti di monitoraggio deve ricadere su quelle parti del corpo idrico che sono più suscettibili all’inquinamento. In genere tali parti sono quelle superiori. Per avere una valutazione rappresentativa della distribuzione dei contaminanti in tutto il corpo idrico, può essere necessario prevedere ulteriori punti di monitoraggio;

c) corpi a rischio: i siti di monitoraggio di sorveglianza servono a fornire la base per il monitoraggio operativo, ossia, a partire dai risultati la rete può essere adattata di conseguenza. Per i programmi di sorveglianza ed operativo possono essere usati gli stessi siti;

d) corpi non a rischio dove la confidenza per la valutazione del rischio è bassa: il numero dei siti di monitoraggio deve essere sufficiente a rappresentare il range delle pressioni e delle condizioni del percorso dell’inquinante nei corpi idrici sotterranei (o gruppi di corpi idrici sotterranei) con lo scopo di fornire dati sufficienti ad integrare la valutazione di rischio.

L’ubicazione dei siti di campionamento può dunque ricadere sulla aree più suscettibili del corpo idrico per ciascuna combinazione pressione/percorso. Si raccomanda un minimo di 3 punti di campionamento in un corpo idrico sotterraneo o gruppo di corpi idrici;

e) gruppi di corpi idrici sotterranei in cui le pressioni sono limitate (basse o assenti): nei gruppi di corpi idrici sotterranei definiti non a rischio e per i quali la confidenza nella valutazione del rischio è elevata, i siti di campionamento sono necessari in primo luogo per valutare le concentrazioni di fondo naturale e le tendenze naturali.

Frequenza di monitoraggio

Il monitoraggio di sorveglianza deve essere effettuato durante ogni periodo di pianificazione della gestione di un bacino idrografico e non può superare la periodicità dei 6 anni prevista per la revisione e l’aggiornamento dei Piani di gestione dei bacini idrografici; le Regioni ne possono aumentare la frequenza in relazione ad esigenze territoriali.

La scelta di un’appropriata frequenza di monitoraggio di sorveglianza è generalmente basata sul modello concettuale e sui dati di monitoraggio delle acque sotterranee esistenti.

Laddove vi sia una adeguata conoscenza del sistema delle acque sotterranee e sia già stato istituito un programma di monitoraggio a lungo termine, questo deve essere utilizzato per determinare un’appropriata frequenza del monitoraggio di sorveglianza.

Qualora le conoscenze siano inadeguate e i dati non disponibili, la tabella 2 indica le frequenze minime di monitoraggio di sorveglianza che possono essere adottate per differenti tipi di acquiferi.

Tabella 2 - frequenze minime del monitoraggio di sorveglianza

  Tipo di flusso dell’acquifero
  Confinato Libero
    Flusso intergranulare significativo Flusso esclusivamente Flusso per
    Flussi significativi profondi Flusso superficiale per fessurazione carsismo
Frequenza iniziale (parametri di base e addizionali) 2 volte all’anno trimestrale trimestrale trimestrale trimestrale
Frequenza a lungo termine Trasmissività generalmente alta-moderata Ogni 2 anni 1 volta all’anno 2 volte all’anno 2 volte all’anno 2 volte all’anno
(parametri di base) Trasmissività generalmente bassa Ogni 6 anni 1 volta all’anno 1 volta all’anno 1 volta all’anno -
Parametri addizionali Ogni 6 anni Ogni 6 anni Ogni 6 anni Ogni 6 anni -

Al fine di definire un programma corretto delle frequenze di monitoraggio è necessario considerare anche quanto di seguito riportato.

Di grande importanza sono i cambiamenti nell’andamento temporale della concentrazione degli inquinanti che influenza la frequenza di monitoraggio selezionata così come l’accresciuta conoscenza del modello concettuale.

In generale, i corpi sotterranei di prima falda sono piuttosto dinamici nelle variazioni qualitative e quantitative delle acque. Quando si verifica tale variabilità, la frequenza di monitoraggio deve essere selezionata in modo tale da caratterizzare in maniera adeguata la stessa variabilità.

Nei sistemi di corpi idrici sotterranei meno dinamici due campionamenti per anno possono, inizialmente, essere sufficienti per il monitoraggio di sorveglianza. Se questo monitoraggio non mostra significative variazioni in un ciclo di pianificazione di bacino idrografico (6 anni), può essere opportuna una successiva riduzione della frequenza di campionamento.

A causa dei probabili cambiamenti temporali nell’andamento della concentrazione di inquinanti, specialmente nei sistemi con flusso sotterraneo piuttosto dinamico, i campionamenti nei siti di monitoraggio devono essere eseguiti ad uguali intervalli temporali. Questo garantisce risultati di monitoraggio comparabili e un’appropriata valutazione delle tendenze.

Sulla base dei risultati del monitoraggio di sorveglianza acquisiti, le frequenze devono essere riviste regolarmente ed adeguate di conseguenza al fine di assicurare la qualità delle informazioni.

4.2.2 Monitoraggio operativo

Il monitoraggio operativo è richiesto solo per i corpi idrici a rischio di non raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale.

Deve essere effettuato tutti gli anni nei periodi intermedi tra due monitoraggi di sorveglianza a una frequenza sufficiente a rilevare gli impatti delle pressioni e, comunque, almeno una volta all’anno.

Deve essere finalizzato principalmente a valutare i rischi specifici che determinano il non raggiungimento degli obiettivi.

Nella progettazione di un programma di monitoraggio operativo, la confidenza richiesta nei risultati di monitoraggio deve essere definita. Tale confidenza nei monitoraggi operativi dipende dalla variabilità delle sorgenti di impatto, dalle caratteristiche dell’acquifero o delle acque sotterranee in questione, così come dai rischi in caso di errore. In teoria l’incertezza derivante dal processo di monitoraggio non deve aggiungersi significativamente all’incertezza nel controllo del rischio.

L’accettabilità di non individuare un nuovo rischio o di non controllarne uno conosciuto deve essere stabilita, usata per fissare gli obiettivi di variabilità delle proprietà in questione e usata per il controllo della qualità del monitoraggio rispetto alla variabilità dei dati.

Selezione dei parametri

Nella maggior parte dei casi sia i parametri di base, sia parametri selezionati sono richiesti in ogni stazione di monitoraggio.

Il processo di selezione di tali parametri è basato su:

a) caratterizzazione e modello/i concettuale/i inclusa una valutazione della suscettibilità del percorso delle acque sotterranee, sensibilità del recettore, il tempo necessario perché ciascun programma di misure sia efficace e la capacità di discernere tra gli effetti delle varie misure;

b) valutazione del rischio e livello di confidenza nella valutazione; inclusa la distribuzione delle pressioni principali identificate nel processo di caratterizzazione che possono determinare lo «stato scarso» del corpo idrico;

c) considerazioni pratiche relative alla idoneità dei singoli siti di monitoraggio.

Selezione dei siti

Nel selezionare i siti di monitoraggio operativo la priorità nella ubicazione degli stessi deve essere basata su:

a) disponibilità di siti idonei esistenti (ad esempio siti impiegati nei monitoraggi di sorveglianza) che forniscano campioni rappresentativi;

b) potenzialità nel supportare differenti programmi di monitoraggio (per es. determinate sorgenti possono fungere da siti di monitoraggio per la qualità e la quantità delle acque sotterranee e per le acque superficiali);

c) potenzialità per monitoraggi integrati-multiobiettivo ad esempio combinando i requisiti del monitoraggio di cui all’articolo 92, comma 5, del decreto n. 152 del 2006, del monitoraggio di cui alle aree protette designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano, del monitoraggio connesso alla registrazione di prodotti per la protezione delle piante o biocidi, del monitoraggio ai sensi del decreto n. 59 del 2005, e la conformità al presente decreto;

d) potenziali collegamenti con siti di monitoraggio delle acque superficiali esistenti o pianificati.

Qualora il rischio coinvolga ecosistemi significativi di corpi idrici superficiali connessi alle acque sotterranee, la Regione può prevedere siti di campionamento addizionali da ubicare in aree prossime ai corpi idrici superficiali. Detto monitoraggio suppletivo può includere il controllo delle parti più superficiali dell’acquifero ed eventualmente delle acque che drenano dai suoli, per esempio tramite campionatori multilivello, lisimetri e prove di drenaggio in situ. I dati ottenuti, oltre che contribuire a valutare lo stato e le tendenze, possono anche aiutare a distinguere gli impatti dei differenti tipi di pressioni, valutare l’estensione spaziale degli impatti e determinare il destino dei contaminanti e il trasporto tra la sorgente e il recettore.

Nel caso in cui i rischi e le pressioni riguardino le stesse acque sotterranee, per esempio pressioni diffuse, i siti di campionamento devono essere maggiormente distribuiti lungo il corpo idrico, e devono essere rivolti alle differenti pressioni e alla loro distribuzione all’interno del corpo idrico sotterraneo. Nell’ambito di tale monitoraggio è importante tenere conto della combinazione tra le pressioni più rappresentative e la sensibilità delle acque sotterranee.

Frequenza di monitoraggio

La selezione della frequenza nell’ambito di ogni anno di monitoraggio è generalmente basata sul modello concettuale e, in particolare, sulle caratteristiche dell’acquifero e sulla sua suscettibilità alle pressioni inquinanti.

La tabella 3 individua frequenze minime di monitoraggio operativo per differenti tipologie di acquifero dove il modello concettuale è limitato e i dati esistenti non sono disponibili.

Se, invece, vi è una buona conoscenza della qualità delle acque sotterranee e del comportamento del sistema idrogeologico, possono essere adottate frequenze ridotte di monitoraggio, comunque non inferiori ad una volta l’anno.

La frequenza e la tempistica del campionamento in ogni sito di monitoraggio deve, inoltre, considerare i seguenti criteri:

a) i requisiti per la valutazione della tendenza;

b) l’ubicazione del sito di campionamento rispetto alla pressione (a monte, direttamente al disotto, o a valle). Infatti le ubicazioni direttamente al disotto di una pressione possono richiedere monitoraggi più frequenti;

c) il livello di confidenza nella valutazione del rischio e i cambiamenti della stessa valutazione nel tempo;

d) le fluttuazioni a breve termine nella concentrazione degli inquinanti, per esempio effetti stagionali. Laddove sia probabile riscontrare effetti stagionali e altri effetti a breve termine, è essenziale che le frequenze di campionamento e le tempistiche siano adattate (incrementate) di conseguenza e che il campionamento abbia luogo nello stesso momento ogni anno, o nelle stesse condizioni, per rendere comparabili i dati per la valutazione delle tendenze, per accurate caratterizzazioni e per la valutazione degli stati di qualità;

e) la tipologia di gestione dell’uso del suolo, per esempio periodo di applicazione di nitrati o pesticidi. Questo è importante specialmente per i sistemi a rapido scorrimento come gli acquiferi carsici e/o i corpi idrici sotterranei di prima falda.

Il campionamento per il monitoraggio operativo deve continuare finché il corpo idrico sotterraneo è considerato, con adeguata confidenza, non più nello stato scarso o a rischio di essere in uno stato scarso e ci sono adeguati dati che dimostrano un’inversione delle tendenze.

Tabella 3 - Frequenze minime del monitoraggio operativo nell’ambito di ciascun anno

  Tipo di flusso dell’acquifero
  Confinato Libero
    Flusso intergranulare significativo Flusso Flusso per
    Flussi significativi profondi Flusso superficiale esclusivamente per fessurazione carsismo
Acque sotterranee ad elevata vulnerabilità 1 volta all’anno 2 volte all’anno Come appropriato ma almeno 2 volte all’anno Come appropriato almeno trimestrale Come appropriato almeno trimestrale
Acque 1 volta 1 volta all’anno Come Come Come
sotterranee a bassa vulnerabilità all’anno 2 volte all’anno in caso di tendenze significative appropriato ma almeno 2 volte all’anno appropriato ma almeno 2 volte all’anno appropriato almeno trimestrale

4.3 Monitoraggio dello stato quantitativo

La rete di monitoraggio dello stato quantitativo delle acque sotterranee è progettata in modo da fornire una stima affidabile dello stato quantitativo di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili. Le Regioni inseriscono nei piani di tutela una o più mappe che riportano detta rete.

Il Monitoraggio dello stato quantitativo ha l’obiettivo di integrare e confermare la validità della caratterizzazione e della procedura di valutazione di rischio, determinare lo stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo, supportare la valutazione dello stato chimico, l’analisi delle tendenze e la progettazione e la valutazione dei programmi di misure.

Come per le altre reti di monitoraggio, la progettazione della rete per il monitoraggio quantitativo deve essere basata sul modello concettuale del sistema idrico sotterraneo e sulle pressioni.

Gli elementi chiave del modello concettuale quantitativo sono:

a) la valutazione della ricarica e del bilancio idrico predisposto secondo le linee guida di cui all’Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268;

b) le valutazioni esistenti del livello dell’acqua sotterranea o della portata ed informazioni pertinenti sui rischi per le acque superficiali e gli ecosistemi terrestri che dipendono dalle acque sotterranee;

c) il grado di interazione tra acque sotterranee e relativi ecosistemi terrestri e superficiali dove questa interazione è importante e potrebbe potenzialmente determinare un’influenza negativa sullo stato di qualità del corpo idrico superficiale.

Lo sviluppo di una rete di monitoraggio quantitativo può essere iterativo; i dati raccolti dai nuovi siti di monitoraggio possono essere usati per migliorare e perfezionare il modello concettuale, usato per collocare ogni sito di monitoraggio, sull’intero corpo idrico sotterraneo, e la gestione del programma di monitoraggio quantitativo.

L’implementazione di un modello numerico delle acque sotterranee o di un modello idrologico che integri le acque superficiali e sotterranee sono utili strumenti per compilare ed interpretare i dati del monitoraggio quantitativo ed identificare le risorse e gli ecosistemi a rischio. Inoltre, le stime di incertezza che si possono ottenere con un modello numerico possono essere d’aiuto per identificare parti del corpo idrico sotterraneo che necessitano dell’integrazione di siti per meglio descrivere la quantità e la portata delle acque sotterranee.

Selezione dei parametri

Per la valutazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee sono raccomandati almeno i seguenti parametri:

a) livelli delle acque sotterranee nei pozzi o nei piezometri;

b) portata delle sorgenti;

c) caratteristiche del flusso e/o livelli idrici dei corsi d’acqua superficiali durante i periodi di siccità (ad es. quando il contributo delle piogge al flusso delle acque superficiali può essere trascurato e la portata del fiume è mantenuta sostanzialmente dall’acqua sotterranea);

d) livelli idrici delle zone umide e dei laghi che dipendono significativamente dalle acque sotterranee.

La selezione dei siti di monitoraggio e dei parametri deve essere basata su un solido modello concettuale del corpo idrico che deve essere monitorato.

Un monitoraggio addizionale per supportare la caratterizzazione e la classificazione delle acque sotterranee tiene conto almeno di:

a) parametri chimici e indicatori (per esempio temperatura, conduttività, etc.) per monitorare l’intrusione salina o di altra natura. Qualora venga utilizzato un unico sito di monitoraggio sia per la valutazione dello stato chimico sia per la valutazione dello stato quantitativo e i controlli avvengano contemporaneamente, i dati per il controllo dei parametri chimici addizionali sono utilizzati per le finalità sopra riportate. Per gli acquiferi delle isole può essere appropriato monitorare le zone di transizione tra acqua dolce ed acqua marina;

b) piovosità e altri componenti richiesti per calcolare l’evapotraspirazione (per il calcolo della ricarica delle acque sotterranee);

c) monitoraggio ecologico degli ecosistemi terrestri connessi alle acque sotterranee (inclusi gli indicatori ecologici);

d) estrazione di acque sotterranee.

I requisiti specifici per i dati di monitoraggio di supporto, che integrano le conoscenze ottenute dal monitoraggio del livello delle acque sotterranee, sono fortemente determinati dagli strumenti o dai metodi adoperati per supportare la valutazione del rischio o dello stato e della confidenza richiesta in queste valutazioni.

La chiave per la selezione dei parametri dipende da quanto quel parametro sia rappresentativo dello scenario idrogeologico monitorato e della sua importanza nel determinare il rischio o lo stato del corpo idrico.

In alcuni scenari idrogeologici particolarmente complessi, limitare il monitoraggio al solo livello delle acque sotterranee nei piezometri può essere inappropriato per le finalità del presente decreto e in alcuni casi altamente fuorviante. In queste circostanze le caratteristiche del flusso dei corsi d’acqua o delle sorgenti connesse può fornire dati migliori con i quali intraprendere una valutazione.

Ciò è maggiormente probabile nei casi di bassa permeabilità o di acquiferi fratturati. Ci sono casi in cui il livello dell’acqua rimane più o meno stabile, ma si verificano fenomeni di intrusione di acqua proveniente da altri acquiferi o da corpi idrici superficiali o dal mare. Specifiche condizioni devono essere considerate nel caso dei copri idrici sotterranei delle isole. Se c’è il rischio di intrusione, allora specifici indicatori della qualità delle acque andranno monitorati (per esempio la conduttività elettrica e la temperatura dell’acqua).

Densità dei siti di monitoraggio

La rete per il monitoraggio quantitativo deve essere progettata prevedendo un numero di pozzi tale da consentire il controllo su eventuali variazioni dello stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo.

La rete si articola in sufficienti siti di monitoraggio rappresentativi per stimare il livello delle acque sotterranee di ciascun corpo idrico o gruppi di corpi idrici, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e a lungo termine ed in particolare:

a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, bisogna assicurare una densità dei punti di monitoraggio sufficiente a valutare l’impatto delle estrazioni sulle variazioni dello stato quantitativo delle acque sotterranee;

b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l’Italia ed altri Paesi, è necessario designare sufficienti punti di monitoraggio per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.

Il monitoraggio quantitativo può essere richiesto su due differenti piani.

In primo luogo, se possibile, bisogna valutare i livelli e i flussi delle acque lungo un corpo idrico sotterraneo. Questi possono essere correlati alla valutazione del bilancio idrico dell’intero corpo idrico sotterraneo predisposto secondo le linee guida di cui all’Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268.

In secondo luogo, può essere necessario un monitoraggio «locale» più mirato sui flussi e sui livelli riferiti ai corpi recettori pertinenti che sono localmente alimentati dalle acque sotterranee, ad es.

corpi idrici superficiali (fiumi, laghi ed estuari) ed ecosistemi terrestri dipendenti dalle acque sotterranee. Quest’ultimo monitoraggio può includere informazioni integrative sulla salinità (con riferimento alle intrusioni saline) o informazioni integrative derivanti dal monitoraggio ecologico svolto ai sensi della normativa nazionale e comunitaria vigente (come prova dell’impatto sugli ecosistemi dovuti all’estrazione di acqua sotterranea).

Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati «non a rischio» il monitoraggio quantitativo può essere ridotto. Infatti, non è necessario svolgere il monitoraggio su ogni corpo idrico all’interno di un gruppo di corpi idrici, a patto che tutti i corpi idrici del gruppo siano comparabili dal punto di vista idrogeologico.

Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati «a rischio» la distribuzione dei siti di monitoraggio deve essere sufficiente per capire le condizioni idrogeologiche relative ai recettori identificati come a rischio e alla loro importanza.

La densità del monitoraggio deve essere sufficiente per assicurare un’appropriata valutazione degli impatti sul livello delle acque sotterranee causati dalle estrazioni.

Per quei corpi idrici sotterranei che attraversano la frontiera tra l’Italia ed uno o più Stati Membri, il numero di siti di campionamento deve essere sufficiente per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso il confine.

Frequenza di monitoraggio

La frequenza dei rilevamenti deve essere sufficiente a permettere di stimare lo stato quantitativo di ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e lungo termine. In particolare:

a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a valutare l’impatto delle estrazioni e degli scarichi sul livello delle acque sotterranee;

b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l’Italia ed altri Paesi, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.

La frequenza dei monitoraggi si stabilisce sulla base dei dati necessari per determinare rischio e stato dei corpi idrici e, laddove necessario, per supportare la progettazione e valutazione dei programmi di misure.

La frequenza di monitoraggio dipende principalmente dalle caratteristiche di un corpo idrico e dal sito di monitoraggio. I siti con una significativa variabilità annuale devono essere monitorati più frequentemente rispetto a siti con minore variabilità. In generale un monitoraggio trimestrale sarà sufficiente per il monitoraggio quantitativo dove la variabilità è bassa, ma un monitoraggio giornaliero è preferito, in particolare quando si misurano le portate. La frequenza deve essere rivista quando migliora la comprensione della risposta e del comportamento dell’acquifero e in relazione all’importanza di ciascun cambiamento delle pressioni sul corpo idrico sotterraneo. Questo assicura che sia mantenuto un programma caratterizzato da un basso rapporto costi/efficacia.

4.4 Controlli di qualità

Per il campionamento e l’analisi devono essere stabilite procedure appropriate per il controllo di qualità; tali misure sono necessarie per ridurre al minimo le incertezze.

Gli elementi minimi che devono essere presi in considerazione nei controlli di qualità sono:

a) identificazione e registrazione dei campioni;

b) metodi di campionamento, pianificazione del campionamento e report per esercizi di campo;

c) trasporto e magazzinaggio del campione;

d) validazione dei metodi analitici;

e) procedure per le misure analitiche;

f) controlli di qualità interni dei metodi;

g) partecipazione in schemi esterni per i controlli di qualità (intercalibrazione);

h) elaborazione dei risultati;

i) tracciabilità dei documenti e delle misure.

Per i laboratori di analisi l’accreditamento deve avvenire ai sensi della ISO 17025.

4.5 Protocollo per il campionamento-ISO raccomandate

Un appropriato piano di campionamento deve includere la selezione dei siti di campionamento, la frequenza e la durata del campionamento, le procedure di campionamento, il trattamento dei campioni e l’analisi dei campioni.

Le procedure di campionamento e di trattamento del campione dovranno riferirsi a linee guida e/o standard internazionali incluse parti rilevanti della norma ISO 5667 nello stato di ultima revisione.

Allo stato attuale le parti della norma ISO 5667 utili per il monitoraggio delle acque sotterranee sono le seguenti:

La norma ISO 5667-1: 2006 fornisce i principi per una corretta progettazione del campionamento negli ambienti acquatici.

La norma ISO 5667-3: 2003 fornisce indicazioni riguardo alla preparazione, stabilizzazione, trasporto e conservazione dei campioni di acqua.

La norma ISO 5667-11: 1993 fornisce i principi a) per la progettazione dei programmi di campionamento, b) le tecniche di campionamento, c) la manipolazione dei campioni e d) il sistema di identificazione del campione e le procedure di registrazione e tracciabilità delle acque sotterranee;

La norma ISO 5667-18: 2001 fornisce dei principi per i metodi di campionamento delle acque sotterranee nei siti contaminati.

La norma ISO 5667-14: 1993 fornisce linee guida per il controllo di qualità delle operazioni di campionamento e trattamento del campione.

APPENDICE

SEZIONE A

Tabella 1a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia settentrionale e inclusi nel sistema MacrOper

In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di invertebrati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati in Tabella 1b ai tipi fluviali qui elencati. La prima colonna (‘ord’) rappresenta l’elemento di unione tra le tre tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata area regionale tra le tre tabelle.

ORD Area reg. Idroecoregione Nome Idroecoregione Classe di Distanza dalla Sorgente / Altro cod. tipo Macrotipo note/sottotipo
N_1 01LO 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01SS3 A2  
N_2 01LO 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01SS3 A2  
N_3 01LO 01 Alpi Occidentali <10 km 01SR6 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_5 01PI 01 Alpi Occidentali 0-5 km - molto piccolo 01GH1 A2  
N_6 01PI 01 Alpi Occidentali 75-150 km - grande 01GH4 A2  
N_7 01PI 01 Alpi Occidentali 75-150 km - grande 01GH4 A2  
N_9 01PI 01 Alpi Occidentali 0-5 km - molto piccolo 01SS1 A2  
N_11 01PI 01 Alpi Occidentali 5-25 km - piccolo 01SS2 A2  
N_12 01PI 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01SS3 A2  
N_13 01PI 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01SS3 A2  
N_14 01PI 01 Alpi Occidentali 75-150 km - grande 01SS4 A2  
N_15 01PI 01 Alpi Occidentali 75-150 km - grande 01SS4 A2  
N_17 01VA 01 Alpi Occidentali 0-5 km - molto piccolo 01GH1 A2  
N_19 01VA 01 Alpi Occidentali 5-25 km - piccolo 01GH2 A2  
N_20 01VA 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01GH3 A2  
N_21 01VA 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01GH3 A2  
N_23 01VA 01 Alpi Occidentali 0-5 km - molto piccolo 01SS1 A2  
N_25 01VA 01 Alpi Occidentali 5-25 km - piccolo 01SS2 A2  
N_26 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1  
N_27 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1  
N_28 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1  
N_29 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 Collinare
N_30 02FV 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02AS6 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_31 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02AS1 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_32 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02AS2 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_33 02FV 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_34 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR2 C Ricchi di macrofìte acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_35 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Ricchi di macrofìte acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_37 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 Calcareo (LO)
N_38 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 Calcareo (LO)
N_40 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 Calcareo (LO)
N_41 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 Calcareo (LO)
N_42 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 Calcareo (LO)
N_43 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 Calcareo (LO)
N_44 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 Calcareo (LO)
N_45 02LO 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02AS6 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_46 02LO 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_47 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_48 02LO 02 Prealpi_Dolomiti Meandriforme, sinuoso o confinato 02IN7 A1  
N_49 02LO 02 Prealpi_Dolomiti Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 02IN7 A1  
N_50 02LO 02 Prealpi_Dolomiti Meandriforme, sinuoso o confinato 02IN8 A1  
N_51 02LO 02 Prealpi_Dolomiti Meandriforme, sinuoso o confinato 02IN8 A1  
N_53 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini moderate
N_54 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini elevate
N_55 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini moderate
N_56 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini elevate
N_58 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini moderate
N_59 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini moderate
N_60 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_61 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_62 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_63 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 75-150 km - grande 02SS4 A1 altitudini moderate
N_65 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini moderate
N_66 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini elevate
N_67 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini moderate
N_68 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini elevate
N_70 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini moderate
N_71 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini moderate
N_72 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_73 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_74 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_75 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 75-150 km - grande 02SS4 A1 altitudini moderate
N_77 02VE 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_78 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR2 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_79 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_80 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Complessivo
N_81 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A1 Calcareo
N_82 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Siliceo
N_83 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Complessivo
N_84 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A1 Calcareo
N_85 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Siliceo
N_86 03LO 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03GH6 A2 Siliceo
N_87 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Complessivo
N_88 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A1 Calcareo
N_89 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Complessivo
N_90 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A1 Calcareo
N_91 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Siliceo
N_92 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Complessivo
N_93 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A1 Calcareo
N_94 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Siliceo
N_95 03LO 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03SR6 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_96 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03GH2 A2 Siliceo
N_97 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03GH3 A2 Siliceo
N_98 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Complessivo
N_99 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A1 Calcareo
N_100 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Siliceo
N_101 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Complessivo
N_102 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A1 Calcareo
N_103 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Siliceo
N_104 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Complessivo
N_105 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A1 Calcareo
N_106 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Siliceo
N_107 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 75-150 km- grande 03SS4 A2 Complessivo
N_108 03VE 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03GH6 A2 Siliceo
N_109 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03GH2 A2 Siliceo
N_110 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Complessivo
N_111 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A1 Calcareo
N_112 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Complessivo
N_113 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A1 Calcareo
N_114 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Siliceo
N_115 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Complessivo
N_116 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A1 Calcareo
N_117 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Siliceo
N_119 04PI 04 Alpi Meridionali 0-5 km - molto piccolo 04SS1 A2  
N_121 04PI 04 Alpi Meridionali 5-25 km - piccolo 04SS2 A2  
N_122 04PI 04 Alpi Meridionali 25-75 km - medio 04SS3 A2  
N_123 04PI 04 Alpi Meridionali 25-75 km - medio 04SS3 A2  
N_124 05PI 05 Monferrato 0-5 km - molto piccolo 05SS1 C  
N_125 05PI 05 Monferrato 5-25 km - piccolo 05SS2 C  
N_126 05PI 05 Monferrato 25-75 km - medio 05SS3 C  
N_127 05PI 05 Monferrato 25-75 km - medio 05SS3 C  
N_129 06ER 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 M4  
N_130 06ER 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 M4  
N_131 06ER 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 M2  
N_132 06ER 06 Pianura Padana 75-150 km- grande 06SS4 M2  
N_135 06ER 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C  
N_136 06ER 06 Pianura Padana Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7 M5  
N_137 06ER 06 Pianura Padana Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7 M5  
N_138 06ER 06 Pianura Padana Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 06IN8 M5  
N_139 06ER 06 Pianura Padana Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 06IN8 M5  
N_140 06FV 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C  
N_141 06FV 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06AS1 C  
N_142 06FV 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06AS2 C  
N_143 06FV 06 Pianura Padana <10 km 06SR6 C  
N_144 06FV 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06SR1 C  
N_145 06FV 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SR2 C  
N_146 06LO 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06SS1 C  
N_147 06LO 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SS2 C  
N_148 06LO 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C  
N_149 06LO 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C  
N_150 06LO 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 C  
N_151 06LO 06 Pianura Padana 75-150 km- grande 06SS4 C  
N_153 06LO 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C  
N_154 06LO 06 Pianura Padana <10 km 06SR6 C  
N_155 06LO 06 Pianura Padana Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7 C  
N_156 06LO 06 Pianura Padana Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7 C  
N_157 06PI 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06GH4    
N_158 06PI 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06SS1 C  
N_159 06PI 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SS2 C  
N_160 06PI 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C  
N_161 06PI 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C  
N_162 06PI 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 C  
N_163 06PI 06 Pianura Padana 75-150 km- grande 06SS4 C  
N_165 06PI 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C  
N_166 06PI 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06AS1 C  
N_167 06PI 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06AS2 C  
N_168 06PI 06 Pianura Padana <10 km 06SR6 C  
N_169 06PI 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SR1 C  
N_170 06PI 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SR2 C  
N_171 06VE 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06SS1 C  
N_172 06VE 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SS2 C  
N_173 06VE 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C  
N_174 06VE 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C  
N_175 06VE 06 Pianura Padana 75-150 km- grande 06SS4 C  
N_176 06VE 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 C  
N_178 06VE 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C  
N_179 06VE 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06AS2 C  
N_180 06VE 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06AS3 C  
N_181 06VE 06 Pianura Padana <10 km 06SR6 C  
N_182 06VE 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SR2 C  
N_183 06VE 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SR3 C  
N_184 08PI 08 Appennino Piemontese 0-5 km - molto piccolo 08SS1 M1  
N_185 08PI 08 Appennino Piemontese 0-5 km - molto piccolo 08SS1 M1  
N_186 08PI 08 Appennino Piemontese 5-25 km - piccolo 08SS2 M1  
N_187 08PI 08 Appennino Piemontese 5-25 km - piccolo 08SS2 M1  
N_188 08PI 08 Appennino Piemontese 25-75 km - medio 08SS3 M4  
N_189 08PI 08 Appennino Piemontese 25-75 km - medio 08SS3 M4  
N_190 08PI 08 Appennino Piemontese 75-150 km- grande 08SS4 M2  
N_191 08PI 08 Appennino Piemontese 75-150 km - grande 08SS4 M2  
N_192 09LI 09 Alpi Mediterranee 0-5 km - molto piccolo 09SS1 M1  
N_193 09LI 09 Alpi Mediterranee 0-5 km - molto piccolo 09SS1 M1  
N_194 09LI 09 Alpi Mediterranee 5-25 km - piccolo 09SS2 M1  
N_195 09LI 09 Alpi Mediterranee 5-25 km - piccolo 09SS2 M1  
N_196 09LI 09 Alpi Mediterranee 25-75 km - medio 09SS3 M4  
N_197 09LI 09 Alpi Mediterranee 25-75 km - medio 09SS3 M4  
N_198 09LI 09 Alpi Mediterranee Meandriforme, sinuoso o confinato 09IN7 M5  
N_199 09LI 09 Alpi Mediterranee Meandriforme, sinuoso o confinato 09IN7 M5  
N_200 09LI 09 Alpi Mediterranee Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 09IN8 M5  
N_201 09LI 09 Alpi Mediterranee Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 09IN8 M5  
N_202 09PI 09 Alpi Mediterranee 5-25 km - piccolo 09SS2 M1  
N_203 09PI 09 Alpi Mediterranee 5-25 km - piccolo 09SS2 M1  
N_204 09PI 09 Alpi Mediterranee 25-75 km - medio 09SS3 M4  
N_205 09PI 09 Alpi Mediterranee 25-75 km - medio 09SS3 M4  
N_206 10ER 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
N_207 10ER 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
N_208 10ER 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
N_209 10ER 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
N_210 10ER 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4  
N_211 10ER 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4  
N_212 10ER 10 Appennino Settentrionale Meandriforme, sinuoso o confinato 10IN7 M5  
N_213 10ER 10 Appennino Settentrionale Meandriforme, sinuoso o confinato 10IN7 M5  
N_214 10ER 10 Appennino Settentrionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 10IN8 M5  
N_215 10ER 10 Appennino Settentrionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 10IN8 M5  
N_216 10LI 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
N_217 10LI 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
N_218 10LI 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
N_219 10LI 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
N_220 10LI 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4  
N_221 10LI 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4  
N_222 10LI 10 Appennino Settentrionale Meandriforme, sinuoso o confinato 10IN7 M5  
N_223 10LI 10 Appennino Settentrionale Meandriforme, sinuoso o confinato 10IN7 M5  
N_224 10LI 10 Appennino Settentrionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 10IN8 M5  
N_225 10LI 10 Appennino Settentrionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 10IN8 M5  
N_226 10LO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
N_227 10LO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
N_228 10PI 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
N_229 10PI 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
N_230 10PI 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
N_231 10PI 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
N_232 10PI 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4  
N_233 10PI 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4  
N_234 02FV 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_235 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR2 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_236 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR3 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_237 02LO 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_238 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Componente
              macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_239 02VE 02 Prealpi_Dolomiti Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7    
N_240 02VE 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_241 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR2 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_242 02VE 02 Prealpi Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_243 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Siliceo
N_244 03LO 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03SR6 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_245 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03GH1 A2 Siliceo
N_246 03TA 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03GH6 A2 Siliceo
N_247 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03GH1 A1 Calcareo
N_248 03TA 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03GH6 A1 Calcareo
N_249 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03GH2 A1 Calcareo
N_250 03VE 03 Alpi Centro-Orientali Meandriforme, sinuoso o confinato 03IN7    
N_251 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Siliceo
N_252 03VE 03 Alpi Centro-Orientali <10km 03SR6 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_253 06VE 06 Pianura Padana 75-150 km -grande 06SS4 C A canali intrecciati
N_254 06VE 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 C A canali intrecciati
N_255 07FV 07 Carso 0-5 km - molto piccolo 07SS1 C  
N_256 07FV 07 Carso 5-25 km - piccolo 07SS2 C  
N_257 07FV 07 Carso <10 km 07SR6 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_258 07FV 07 Carso 5-25 km - piccolo 07SR2 C Ricchi di macrofite acquatiche. Escluse sorgenti in quota.
N_259 07FV 07 Carso Meandriforme, sinuoso o confinato 07IN7    
N_260 07FV 07 Carso Episodico 07EP    
N_261 07FV 07 Carso Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7    
N_262 07FV 07 Carso <10 km 07SR6 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_263 07FV 07 Carso 5-25 km - piccolo 07SR2 C Componente macrofitica scarsa e substrato grossolano
N_264 10ER 10 Appennino Settentrionale Episodici 10EP M5  
N_265 10ER 10 Appennino Settentrionale Effimeri 10EF M5  
N_266 10LI 10.00 Appennino Settentrionale Episodici 10EP M5  
N_267 10LI 10.00 Appennino Settentrionale Effimeri 10EF M5  

Tabella 1b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo STAR_ICMi nei tipi fluviali dell’Italia settentrionale inclusi nel sistema MacrOper

In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati, quando disponibili, in funzione di dove si effettui la raccolta dei macroinvertebrati: per aree di pool, riffle o campionamento generico.

Tabella 2a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia centrale e inclusi nel sistema MacrOper

In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di invertebrati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati in Tabella 2b ai tipi fluviali qui elencati. La prima colonna (‘ord’) rappresenta l’elemento di unione tra le due tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata area regionale tra le due tabelle.

ORD Area reg. Idroecoregione Nome Idroecoregione Classe di Distanza dalla Sorgente / Altro cod. tipo Macrotipo note/sottotipo
C_1 10TO 10 Appennino Settentrionale < 10 km 10AS6 M1 Ricchi di macrofite
C_2 10TO 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
C_3 10TO 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
C_4 10TO 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
C_5 10TO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
C_6 10TO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
C_7 10TO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
C_8 10TO 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4  
C_9 10TO 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4  
C_10 10UM 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
C_11 10UM 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
C_12 10UM 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1  
C_13 10UM 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
C_14 10UM 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
C_15 10UM 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1  
C_16 11LA 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1  
C_17 11LA 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1  
C 18 11LA 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1  
C_19 11LA 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4  
C_20 11LA 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4  
C_22 11TO 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1  
C_23 11TO 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1  
C_24 11TO 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1  
C_25 11TO 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1  
C26 11TO 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1  
C_27 11TO 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1  
C_28 11TO 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4  
C_29 11TO 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4  
C_30 11TO 11 Toscana 75-150 km - grande 11SS4 M2  
C_31 11TO 11 Toscana 75-150 km - grande 11SS4 M2  
C_32 11TO 11 Toscana Meandriforme, sinuoso o confinato 11IN7 M5  
C_33 11TO 11 Toscana Meandriforme, sinuoso o confinato 11IN7 M5  
C_34 11TO 11 Toscana Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 11IN8 M5  
C_35 11TO 11 Toscana Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 11IN8 M5  
C_36 11UM 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1  
C_37 11UM 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1  
C_38 11UM 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1  
C_39 11UM 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1  
C_40 11UM 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1  
C_41 11UM 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1  
C_42 11UM 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4  
C_43 11UM 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4  
C_44 11UM 11 Toscana 75-150 km - grande 11SS4 M2  
C_45 11UM 11 Toscana 75-150 km - grande 11SS4 M2  
C_46 11UM 11 Toscana Meandriforme, sinuoso o confinato 11IN7 M5  
C_47 11UM 11 Toscana Meandriforme, sinuoso o confinato 11IN7 M5  
C_48 11UM 11 Toscana Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 11IN8 M5  
C_49 11UM 11 Toscana Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 11IN8 M5  
C_50 12AB 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1  
C_51 12AB 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1  
C_52 12AB 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1  
C_53 12AB 12 Costa Adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4  
C_54 12AB 12 Costa Adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4  
C_55 12AB 12 Costa Adriatica 75-150 km - grande 12SS4 M2  
C_56 12AB 12 Costa Adriatica 75-150 km - grande 12SS4 M2  
C_57 12AB 12 Costa Adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5  
C_58 12AB 12 Costa Adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5  
C_59 12AB 12 Costa Adriatica Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 12IN8 M5  
C_60 12AB 12 Costa Adriatica Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 12IN8 M5  
C_61 12MA 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1  
C_62 12MA 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1  
C_63 12MA 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1  
C_64 12MA 12 Costa Adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4  
C_65 12MA 12 Costa Adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4  
C_66 12MA 12 Costa Adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5  
C_67 12MA 12 Costa Adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5  
C_68 12MA 12 Costa Adriatica Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 12IN8 M5  
C_69 12MA 12 Costa Adriatica Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 12IN8 M5  
C_70 13LA 13 Appennino Centrale < 10 km 13SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_71 13LA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_72 13LA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_73 13LA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_74 13LA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_75 13LA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_76 13LA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_77 13LA 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4  
C_78 13LA 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4  
C_79 13LA 13 Appennino Centrale 75-150 km - grande 13SS4 M2  
C_80 13LA 13 Appennino Centrale 75-150 km - grande 13SS4 M2  
C_81 13AB 13 Appennino Centrale < 10 km 13AS6 M1 Ricchi di macrofite
C_82 13AB 13 Appennino Centrale < 10 km 13SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_83 13AB 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_84 13AB 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_85 13AB 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_86 13AB 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_87 13AB 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_88 13AB 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_89 13AB 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4  
C_90 13AB 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4  
C_91 13AB 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5  
C_92 13AB 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5  
C_93 13AB 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 13IN8 M5  
C_94 13AB 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 13IN8 M5  
C_95 13MA 13 Appennino Centrale < 10 km 13SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_96 13MA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_97 13MA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_98 13MA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_99 13MA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_10 13MA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_101 13MA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_102 13MA 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4  
C_103 13MA 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4  
C_104 13MA 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5  
C_105 13MA 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5  
C_106 13MA 13 AppenninoCentrale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 13IN8 M5  
C_107 13MA 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 13IN8 M5  
C_108 13UM 13 Appennino Centrale < 10 km 13SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_109 13UM 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_110 13UM 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_111 13UM 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1  
C_112 13UM 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_113 13UM 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_114 13UM 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1  
C_115 13UM 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4  
C_116 13UM 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4  
C_117 13UM 13 Appennino Centrale 75-150 km - grande 13SS4 M2  
C_118 13UM 13 Appennino Centrale 75-150 km - grande 13SS4 M2  
C_119 13UM 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5  
C_120 13UM 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5  
C_121 13UM 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 13IN8 M5  
C_122 13UM 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 13IN8 M5  
C_123 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio < 10 km 14GL6    
C_124 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio < 10 km 14GL6    
C_125 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1  
C_126 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1  
C_127 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1  
C_128 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1  
C_129 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1  
C_130 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1  
C_131 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 25-75 km - medio 14SS3 M4  
C_132 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 25-75 km - medio 14SS3 M4  
C_133 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 75-150 km - grande 14SS4 M2  
C_134 14LA 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 75-150 km - grande 14SS4 M2  
C_136 14TO 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1  
C_137 14TO 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1  
C_138 14TO 14 Roma_Viterbes e_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1  
C_139 15LA 15 Basso Lazio < 10 km 15SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_140 15LA 15 Basso Lazio 0-5 km - molto piccolo 15SS1 M1 montani
C_141 15LA 15 Basso Lazio 0-5 km - molto piccolo 15SS1 M1 montani
C_142 15LA 15 Basso Lazio 0-5 km - molto piccolo 15SS1 M1 montani
C_143 15LA 15 Basso Lazio 5-25 km - piccolo 15SS2 M1 montani
C_144 15LA 15 Basso Lazio 5-25 km - piccolo 15SS2 M1 montani
C_145 15LA 15 Basso Lazio 5-25 km - piccolo 15SS2 M1 montani
C_146 15LA 15 Basso Lazio 25-75 km - medio 15SS3 M4 montani
C_147 15LA 15 Basso Lazio 25-75 km - medio 15SS3 M4 montani
C_148 15LA 15 Basso Lazio 25-75 km - medio 15SS3 M4 prevalentemente planiziali
C_149 15LA 15 Basso Lazio 25-75 km - medio 15SS3 M4 prevalentemente planiziali
C_150 15LA 15 Basso Lazio 75-150 km - grande 15SS4 M2 prevalentemente planiziali
C_151 15LA 15 Basso Lazio 75-150 km - grande 15SS4 M2 prevalentemente planiziali
C_152 18AB 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
C_153 18AB 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
C_154 18AB 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
C_155 18AB 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
C_156 18AB 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
C_157 18AB 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  

Tabella 2b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo STAR_ICMi nei tipi fluviali dell’Italia centrale inclusi nel sistema MacrOper

In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati in funzione di dove si effettui la raccolta dei macroinvertebrati: per aree di pool, riffle o campionamento generico.

Tabella 3a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia meridionale e inclusi nel sistema MacrOper

In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di invertebrati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati nella successiva tabella 3b ai tipi fluviali qui elencati. La prima colonna (‘ord’) rappresenta l’elemento di unione tra le due tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata area regionale tra le due tabelle.

ORD area regionale Idroecoregione Nome Idroecoregione Classe Distanza dalla Sorgente / Altro Codice tipo Macrotipo note/sottotipo
S_1 12MO 12 Costa adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1  
S_2 12MO 12 Costa adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1  
S_3 12MO 12 Costa adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1  
S_4 12MO 12 Costa adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4  
S_5 12MO 12 Costa adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4  
S_6 12MO 12 Costa adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5  
S_7 12MO 12 Costa adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5  
S_8 12MO 12 Costa adriatica Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 12IN8 M5  
S_9 12MO 12 Costa adriatica Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 12IN8 M5  
S_10 16BA 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_11 16BA 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_12 16BA 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_13 16BA 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofite
S_14 16BA 16 Basilicata_tavoliere Meandriforme, sinuoso o confinato 16IN7 M5  
S_15 16BA 16 Basilicata_tavoliere Meandriforme, sinuoso o confinato 16IN7 M5  
S_16 16BA 16 Basilicata_tavoliere Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 16IN8 M5  
S_17 16BA 16 Basilicata_tavoliere Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 16IN8 M5  
S_18 16BA 16 Basilicata_tavoliere Episodici 16EP M5  
S_19 16BA 16 Basilicata_tavoliere Effimeri 16EF M5  
S_20 16PU 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_21 16PU 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_22 16PU 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_23 16PU 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofite
S_24 16PU 16 Basilicata_tavoliere Meandriforme, sinuoso o confinato 16IN7 M5  
S_25 16PU 16 Basilicata_tavoliere Meandriforme, sinuoso o confinato 16IN7 M5  
S_26 16PU 16 Basilicata_tavoliere Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 16IN8 M5  
S_27 16PU 16 Basilicata_tavoliere Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 16IN8 M5  
S_28 16PU 16 Basilicata_tavoliere Episodici 16EP M5  
S_29 16PU 16 Basilicata_tavoliere Effimeri 16EF M5  
S_30 17PU 17 Puglia_Gargano <10 km 17SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_31 17PU 17 Puglia_Gargano <10 km 17SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_32 17PU 17 Puglia_Gargano <10 km 17SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_33 17PU 17 Puglia_Gargano <10 km 17AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofite
S_34 17PU 17 Puglia_Gargano 0-5 km - molto piccolo 17SS1 M1  
S_35 17PU 17 Puglia_Gargano 0-5 km - molto piccolo 17SS1 M1  
S_36 17PU 17 Puglia_Gargano 0-5 km - molto piccolo 17SS1 M1  
S_37 17PU 17 Puglia_Gargano Meandriforme, sinuoso o confinato 17IN7 M5  
S_38 17PU 17 Puglia_Gargano Meandriforme, sinuoso o confinato 17IN7 M5  
S_39 17PU 17 Puglia_Gargano Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 17IN8 M5  
S_40 17PU 17 Puglia_Gargano Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 17IN8 M5  
S_41 17PU 17 Puglia_Gargano Episodici 17EP M5  
S_42 17PU 17 Puglia_Gargano Effimeri 17EF M5  
S_43 18BA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_44 18BA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_45 18BA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_46 18BA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_47 18BA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_48 18BA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_49 18BA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_50 18BA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_51 18BA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_52 18BA 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4  
S_53 18BA 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4  
S_54 18CA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_55 18CA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_56 18CA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_57 18CA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_58 18CA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_59 18CA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_60 18CA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_61 18CA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_62 18CA 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4  
S_63 18CA 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4  
S_64 18CA 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5  
S_65 18CA 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5  
S_66 18CA 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 18IN8 M5  
S_67 18CA 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 18IN8 M5  
S_68 18CA 18 Appennino Meridionale Episodici 18EP M5  
S_69 18CA 18 Appennino Meridionale Effimeri 18EF M5  
S_70 18CP 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_71 18CP 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_72 18CP 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_73 18CP 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_74 18CP 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_75 18CP 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_76 18CP 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_77 18CP 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_78 18CP 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_79 18CP 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4  
S_80 18CP 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4  
S_81 18CP 18 Appennino Meridionale 75-150 km - grande 18SS4 M2  
S_82 18CP 18 Appennino Meridionale 75-150 km - grande 18SS4 M2  
S_84 18CP 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5  
S_85 18CP 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5  
S_86 18CP 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 18IN8 M5  
S_87 18CP 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 18IN8 M5  
S_88 18MO 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_89 18MO 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_90 18MO 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_91 18MO 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_92 18MO 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_93 18MO 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1  
S_94 18MO 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_95 18MO 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_96 18MO 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1  
S_97 18MO 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4  
S_98 18MO 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4  
S_99 18MO 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5  
S_100 18MO 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5  
S_101 18MO 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 18IN8 M5  
S_102 18MO 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 18IN8 M5  
S_103 19CA 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1  
S_104 19CA 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1  
S_105 19CA 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1  
S_106 19CA 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1  
S_107 19CA 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1  
S_108 19CA 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1  
S_109 19CA 19 Calabria_Nebrodi 25-75 km - medio 19SS3 M4  
S_110 19CA 19 Calabria_Nebrodi 25-75 km - medio 19SS3 M4  
S_111 19CA 19 Calabria_Nebrodi 75-150 km - grande 19SS4 M2  
S_112 19CA 19 Calabria_Nebrodi 75-150 km - grande 19SS4 M2  
S_114 19CA 19 Calabria_Nebrodi Meandriforme, sinuoso o confinato 19IN7 M5  
S_115 19CA 19 Calabria_Nebrodi Meandriforme, sinuoso o confinato 19IN7 M5  
S_116 19SI 19 Calabria_Nebrodi Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 19IN8 M5  
S_117 19SI 19 Calabria_Nebrodi Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 19IN8 M5  
S_119 20SI 20 Sicilia Meandriforme, sinuoso o confinato 20IN7 M5  
S_120 20SI 20 Sicilia Meandriforme, sinuoso o confinato 20IN7 M5  
S_121 20SI 20 Sicilia Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 20IN8 M5  
S_122 20SI 20 Sicilia Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 20IN8 M5  
S_123 20SI 20 Sicilia Episodici 20EP M5  
S_124 20SI 20 Sicilia Effimeri 20EF M5  
S_125 21SA 21 Sardegna 0-5 km - molto piccolo 21SS1 M1  
S_126 21SA 21 Sardegna 0-5 km - molto piccolo 21SS1 M1  
S_127 21SA 21 Sardegna 0-5 km - molto piccolo 21SS1 M1  
S_128 21SA 21 Sardegna 5-25 km - piccolo 21SS2 M1  
S_129 21SA 21 Sardegna 5-25 km - piccolo 21SS2 M1  
S_130 21SA 21 Sardegna 5-25 km - piccolo 21SS2 M1  
S_131 21SA 21 Sardegna 25-75 km - medio 21SS3 M4  
S_132 21SA 21 Sardegna 25-75 km - medio 21SS3 M4  
S_133 21SA 21 Sardegna 75-150 km - grande 21SS4 M2  
S_134 21SA 21 Sardegna 75-150 km - grande 21SS4 M2  
S_137 21SA 21 Sardegna Meandriforme, sinuoso o confinato 21IN7 M5  
S_138 21SA 21 Sardegna Meandriforme, sinuoso o confinato 21IN7 M5  
S_139 21SA 21 Sardegna Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 21N8 M5  
S_140 21SA 21 Sardegna Semiconfinato, transizionale, a canali intrecciati fortemente anastomizzato 21N8 M5  
S_141 21SA 21 Sardegna Episodici 21EP M5  
S_142 20SA 20 Sardegna Effimeri 21EF M5  
S_143 12MO 12 Costa adriatica Episodici 12EP M5  
S_144 12MO 12 Costa adriatica Effimeri 12EF M5  
S_145 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1  
S_146 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1  
S_147 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1  
S_148 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1  
S_149 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1  
S_150 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1  
S_151 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 25-75 km - medio 14SS3 M4  
S_152 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 25-75 km - medio 14SS3 M4  
S_153 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 75-150 km - grande 14SS4 M2  
S_154 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 75-150 km - grande 14SS4 M2  
S_155 18BA 18 Appennino Meridionale < 10 km 18AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofite
S_156 18BA 18 Appennino Meridionale Episodici 18EP M5  
S_157 18BA 18 Appennino Meridionale Effimeri 18EF M5  
S_158 18CA 18 Appennino Meridionale <10 km 18AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofite
S_159 18CP 18 Appennino Meridionale <10 km 18AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofite
S_160 18CP 18 Appennino Meridionale Episodici 18EP M5  
S_161 18CP 18 Appennino Meridionale Effimeri 18EF M5  
S_162 18MO 18 Appennino Meridionale <10 km 18AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofite
S_163 18MO 18 Appennino Meridionale Episodici 18EP M5  
S_164 18MO 18 Appennino Meridionale Effimeri 18EF M5  
S_165 19CA 19 Calabria_Nebrodi <10 km 19SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_166 19CA 19 Calabria_Nebrodi <10 km 19SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_167 19CA 19 Calabria_Nebrodi Episodici 19EP M5  
S_168 19CA 19 Calabria_Nebrodi Effimeri 19EF M5  
S_169 19SI 19 Calabria_Nebrodi <10 km 19SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_170 19SI 19 Calabria_Nebrodi <10 km 19SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_171 19SI 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1  
S_172 19SI 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1  
S_173 19SI 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1  
S_174 19SI 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1  
S_175 19SI 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1  
S_176 19SI 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1  
S_177 19SI 19 Calabria_Nebrodi 25-75 km - medio 19SS3 M4  
S_178 19SI 19 Calabria_Nebrodi 25-75 km - medio 19SS3 M4  
S_179 19SI 19 Calabria_Nebrodi 75-150 km - grande 19SS4 M2  
S_180 19SI 19 Calabria_Nebrodi 75-150 km - grande 19SS4 M2  
S_181 19SI 19 Calabria_Nebrodi Episodici 19EP M5  
S_182 19SI 19 Calabria_Nebrodi Effimeri 19EF M5  
S_183 20SI 20 Sicilia < 10 km 20SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_184 20SI 20 Sicilia < 10 km 20SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_185 21SA 21 Sardegna <10 km 21SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata
S_186 21SA 21 Sardegna <10 km 21SR6 M1 Fiumi con componente macrofitica poco rappresentata

Tabella 3b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo STAR_ICMi nei tipi fluviali dell’Italia meridionale inclusi nel sistema MacrOper

In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati in funzione di dove si effettui la raccolta dei macroinvertebrati: per aree di pool, riffle o campionamento generico qualora il campione sia disponibile da diversi mesohabitat.

Tabella 4. Valori di riferimento per le metriche componenti lo STAR_ICMi, per lo STAR_ICMi e per l’indice MTS nei fiumi molto grandi e/o non accessibili

(9) Per i fiumi molto grandi e/o non accessibili di area Alpina (A1, A2) si devono utilizzare i valori di riferimento (e i limiti di classe) riportati per il macrotipo C.

Tabella 5. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo STAR_ICMi

I valori sono organizzati per macrotipi fluviali, validi per i tipi fluviali non inclusi nelle tabelle di dettaglio relative a Italia settentrionale, centrale e meridionale. Tali valori sono validi per i 2 anni successivi all’emanazione del decreto classificazione, qualora nel frattempo non si rendessero disponibili dati di dettaglio per i singoli tipi fluviali. In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati in funzione di dove si effettui la raccolta dei macroinvertebrati: per aree di pool, riffle o campionamento generico.

SEZIONE B

Tabella 1. Comunità ittiche attese nelle 9 zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali.

Zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali Comunità ittiche attese
Zona dei Salmonidi della Regione Padana Salmo (trutta) trutta (ceppo mediterraneo) (1730), Salmo (trutta) marmoratus (1731), Thymallus thymallus (1730), Phoxinus phoxinus, Cottus gobio (1730).
Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila della Regione Padana Leuciscus cephalus, Leuciscus souffia muticellus, Phoxinus phoxinus, Chondrostoma genei, Gobio gobio, Barbus plebejus, Barbus meridionalis caninus, Lampetra zanandreai, Anguilla anguilla, Salmo (trutta) marmoratus, Sabanejewia larvata, Cobitis taenia bilineata, Barbatula barbatula (limitatamente alle acque del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia), Padogobius martensii, Knipowitschia punctatissima (limitatamente agli ambienti di risorgiva, dalla Lombardia al Friuli Venezia Giulia)
Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila della Regione Padana Rutilus erythrophthalmus, Rutilus pigus, Chondrostoma soetta, Tinca tinca, Scardinius erythrophthalmus, Alburnus alburnus alborella, Leuciscus cephalus, Cyprinus carpio, Petromyzon marinus (stadi giovanili), Acipenser naccarii (almeno stadi giovanili), Anguilla anguilla, Alosa fallax (stadi giovanili), Cobitis taenia bilineata, Esox lucius, Perca fluviatilis, Gasterosteus aculeatus (1732), Syngnathus abaster.
Zona dei Salmonidi della Regione Italico-Peninsulare Salmo (trutta) trutta (ceppo mediterraneo, limitatamente all’Appennino settentrionale), Salmo (trutta) macrostigma (limitatamente al versante tirrenico di Lazio, Campania, Basilicata e Calabria), Salmo fibreni (limitatamente alla risorgiva denominata Lago di Posta Fibreno).
Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila della Regione Italico-Peninsulare Leuciscus souffia muticellus, Leuciscus cephalus, Rutilus rubilio, Alburnus albidus (limitatamente alla Campania, Molise, Puglia e Basilicata), Barbus plebejus, Lampetra planeri (limitatamente al versante tirrenico di Toscana, Lazio, Campania e Basilicata; nel versante adriatico, la sola popolazione dell’Aterno-Pescara), Anguilla anguilla, Cobitis tenia bilineata, Gasterosteus aculeatus, Salaria fluviatilis, Gobius nigricans (limitatamente al versante tirrenico di Toscana, Umbria e Lazio).
Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila della Regione Italico-peninsulare Tinca tinca, Scardinius erythrophthalmus, Rutilus rubilio, Leuciscus cephalus, Alburnus albidus (limitatamente alla Campania, Molise, Puglia e Basilicata), Petromyzon marinus (stadi giovanili), Anguilla anguilla, Alosa fallax (stadi giovanili), Cobitis taenia bilineata, Esox lucius, Gasterosteus aculeatus, Syngnathus abaster (1733).
Zona dei Salmonidi della Regione delle Isole Salmo (trutta) macrostigma.
Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila della Regione delle Isole Anguilla anguilla, Gasterosteus aculeatus, Salaria fluviatilis.
Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila della Regione delle Isole Cyprinus carpio, Petromyzon marinus (stadi giovanili), Anguilla anguilla, Gasterosteus aculeatus, Alosa fallax (stadi giovanili), Syngnathus abaster.

SEZIONE C

Tabella 1. Valore di riferimento (mediana siti riferimento) per la componente relativa alla presenza di strutture artificiali nel tratto considerato (indice HMS) e per la componente relativa all’uso del territorio nelle aree fluviali e perifluviali (indice LUI).

Descrizione sommaria dell’ambito di applicazione HMS RQ_HMS LUI RQ_LUI
Tutti i tipi fluviali 0 1 0 1

Il valore utilizzato per convertire l’HMS in RQ è pari a 100. Il valore utilizzato per convertire il LUI in RQ è pari a 39,2.

Tabella 2. Valori di riferimento (mediana siti riferimento) per la componente relativa alla diversificazione e qualità degli habitat fluviali e ripari (indice HQA)

Descrizione sommaria dell’ambito di applicazione Macrotipi fluviali HQA RQ_HQA
Fiumi alpini A1, A2 54 1
Fiumi Appenninici M1, M2, M4 64 1
Fiumi Appenninici poco diversificati M1, M2, M4 52 1
Fiumi Mediterranei temporanei M5 58 1
Piccoli fiumi di pianura C, M1 56 1
Tutti gli altri fiumi - 57 1

È opportuno far riferimento alla categoria «Tutti gli altri fiumi» qualora il tipo fluviale in esame, per la sua peculiarità, non risulti attribuibile con certezza ad una delle macrocategorie riportate in tabella. Per la conversione dell’HQA in RQ si è considerato come valore minimo 11 per tutte le categorie.


(1723)  Per i fiumi molto grandi e/o non accessibili il metodo di campionamento richiede l’utilizzo di substrati artificiali a lamelle, sulla base delle specifiche tecniche contenute nelle pubblicazioni Buffagni A., Moruzzi E., Belfiore C., Bordin F., Cambiaghi M., Erba S., Galbiati L., Pagnotta R., 2007. Macroinvertebrati acquatici e direttiva 2000/60/EC (WFD) - parte D. Metodo di campionamento per i fiumi non guadabili. IRSA-CNR Notiziario dei metodi analitici, Marzo 2007 (1), 69-93.

(1724)  Si deve valutare la percentuale di corpo idrico rappresentata da ciascuno dei siti in esame. Il valore di LIMeco calcolato per un sito va moltiplicato per la percentuale di corpo idrico che esso rappresenta; tale valore va quindi sommato al valore di LIMeco calcolato in un altro sito del medesimo corpo idrico moltiplicato per la percentuale di rappresentatività del sito nel corpo idrico.

(1725)  Le condizioni di riferimento sono individuate sulla base di dati storici e di metriche desunte dalla letteratura di settore.

(1726)  Le serie annuali o pluriennali di clorofilla sono spesso ben approssimate da una distribuzione di tipo Log-normale.

Per «normalizzare» queste distribuzioni si applica la Log-trasformazione dei dati originari, E Il 90° percentile della distribuzione dei logaritmi deve essere riconvertito in numero (i.e. in concentrazione di clorofilla). La Log-normalità dei dati di clorofilla giustifica anche la scelta della Media Geometrica al posto della Media Aritmetica.

(1727)  Anossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1,0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99).

(1728)  Anossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1,0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99).

(1729)  Ipossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 1-2,0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99).

(1730)  Le popolazioni del ceppo mediterraneo di Salmo (trutta) trutta hanno naturalmente un areale molto frammentato.

Per ogni regione andrebbe stabilito meglio l'areale.

(1731)  In Piemonte, a esclusione dei tributari di destra del Po a valle del Tanaro e, nel bacino del Tanaro, a valle della confluenza con il torrente Rea.

(1732)  In Piemonte, la distribuzione è limitata al solo Verbano.

(1733)  Non presente in Umbria.

(1734) Allegato modificato dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131, dagli Allegati 1, Parte A, 3 e 4, D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30, così come stabilito dall'art. 9, comma 1, lett. b) e c) del medesimo D.Lgs. 30/2009, sostituito dall'art. 1, comma 1, D.M. 14 aprile 2009, n. 56, modificato dall'art. 1, comma 1, lett. e), f), g), h) ed i), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219 e sostituito dall'art. 1, comma 1, D.M. 8 novembre 2010, n. 260. Successivamente, il presente allegato è stato modificato dall'art. 24, comma 1, lett. i) ed l), L. 6 agosto 2013, n. 97, dall'art. 17, comma 3, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, e dall’ art. 1, comma 1, lett. da g) ad l) e da o) ad s), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172. Per ulteriori modifiche al presente allegato, non inserite poiché il testo modificante non ha tenuto conto delle modifiche precedentemente disposte, vedi le lett. m) ed n) del comma 1 del medesimo art. 1, D.Lgs. n. 172/2015. Infine, il presente allegato è stato così modificato dall’ art. 1, comma 1, D.M. 6 luglio 2016 e, successivamente, dall’ art. 1, comma 1, lett. a) e b), D.M 15 luglio 2016.

 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 2 - Criteri per la classificazione dei corpi idrici a destinazione funzionale

In vigore dal 29 aprile 2006

Sezione A: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative e per la classificazione delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile dopo i trattamenti appropriati.

1) Calcolo della conformità e classificazione

Per la classificazione delle acque in una delle categorie Al, A2, A3, di cui alla tabella 1/A i valori specificati per ciascuna categoria devono essere conformi nel 95% dei campioni ai valori limite specificati nelle colonne I e nel 90% ai valori limite specificati nelle colonne G, quando non sia indicato il corrispondente valore nella colonna I. Per il rimanente 5% o il 10% dei campioni che, secondo i casi, non sono conformi, i parametri non devono discostarsi in misura superiore al 50% dal valore dei parametri in questione, esclusi la temperatura, il pH, l'ossigeno disciolto ed i parametri microbiologici.

2) Campionamento

2.1) Ubicazione delle stazioni di prelievo

Per tutti i laghi naturali ed artificiali e per tutti i corsi d'acqua naturali ed artificiali utilizzati o destinati ad essere utilizzati per l'approvvigionamento idrico potabile - fermo restando quanto previsto nell'allegato 1 - le stazioni di prelievo dovranno essere ubicate in prossimità delle opere di presa esistenti o previste in modo che i campioni rilevati siano rappresentativi della qualità delle acque da utilizzare.

Ulteriori stazioni di prelievo dovranno essere individuate in punti significativi del corpo idrico quando ciò sia richiesto da particolari condizioni locali, tenuto soprattutto conto di possibili fattori di rischio d'inquinamento. I prelievi effettuati in tali stazioni avranno la sola finalità di approfondire la conoscenza della qualità del corpo idrico, per gli opportuni interventi.

2.2) Frequenza minima dei campionamenti e delle analisi di ogni parametro.

           
    GRUPPO DI PARAMETRI (°)  
    I II III  
  Frequenza minima annua dei        
  campionamenti e delle 12 12 12  
  analisi per i corpi idrici da classificare        
           
    GRUPPO DI PARAMETRI (°)  
    I(*) II III (**)  
  Frequenza minima annua dei        
  campionamenti e delle        
  analisi per i corpi idrici già classificati 8 8 8  
           

(*) Per le acque della categoria A3 la frequenza annuale dei campionamenti dei parametri del gruppo I deve essere portata a 12.

(°) I parametri dei diversi gruppi comprendono:

PARAMETRI I GRUPPO
pH, colore, materiali totali in sospensione, temperatura, conduttività, odore, nitrati, cloruri, fosfati, COD, DO (ossigeno disciolto), BOD5, ammoniaca
PARAMETRI II GRUPPO
ferro disciolto, manganese, rame, zinco, solfati, tensioattivi, fenoli, azoto Kjeldhal, coliformi totali e coliformi fecali
PARAMETRI III GRUPPO
fluoruri, boro, arsenico, cadmio, cromo totale, piombo, selenio, mercurio, bario, cianuro, idrocarburi disciolti o emulsioni, idrocarburi policiclici aromatici, antiparassitari totali, sostanze estraibili con cloroformio, streptococchi fecali e salmonelle

(**) Per i parametri facenti parte del III gruppo, salvo che per quanto riguarda gli indicatori di inquinamento microbiologico, su indicazione dell'autorità competente al controllo ove sia dimostrato che non vi sono fonti antropiche, o naturali, che possano determinare la loro presenza nelle acque, la frequenza di campionamento può essere ridotta.

3) Modalità di prelievo, i conservazione e di trasporto dei campioni

I campioni dovranno essere prelevati, conservati e trasportati in modo da evitare alterazioni che possono influenzare significativamente i risultati delle analisi.

a) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 2/A, vale quanto prescritto, per i singoli parametri, alla colonna G.

b) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 3/A, vale quanto segue:

i prelievi saranno effettuati in contenitori sterili;

qualora si abbia motivo di ritenere che l'acqua in esame contenga cloro residuo, le bottiglie dovranno contenere una soluzione al 10% di sodio tiosolfato, nella quantità di mL 0,1 per ogni 100 mL di capacità della bottiglia, aggiunto prima della sterilizzazione;

le bottiglie di prelievo dovranno avere una capacità idonea a prelevare l'acqua necessaria all'esecuzione delle analisi microbiologiche;

i campioni prelevati, secondo le usuali cautele di asepsi, dovranno essere trasportati in idonei contenitori frigoriferi (4-10 °C) al riparo della luce e dovranno, nel più breve tempo possibile, e comunque entro e non oltre le 24 ore dal prelievo, essere sottoposti ad esame.

Tabella I/A: Caratteristiche di qualità per acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile

Num. Param. Parametro Unità di misura A1 A1 A2 A2 A3 A3
      G I G I G I
1 pH unità pH 6,5-8,5 - 5,5-9 - 5,5-9 -
2 Colore (dopo filtrazione semplice) mg/L scala pt 10 20(o) 50 100(o) 50 200(o)
3 Totale materie in sospensione mg/L MES 25 - - - - -
4 Temperatura °C 22 25(o) 22 25(o) 22 25(o)
5 Conduttività μS/cm a 20° 1000 - 1000 - 1000 -
6 Odore Fattore di diluizione a 25 °C 3 - 10 - 20 -
7 * Nitrati mg/L NO3 25 50(o) - 50(o) - 50(o)
8 Fluoruri [1] mg/L F 0,7/1 1,5 0,7/1,7 - 0,7/1,7 -
9 Cloro organico totale estraibile mg/L C1 - - - - - -
10 * Ferro disciolto mg/L Fe 0,1 0,3 1 2 1 -
11 * Manganese mg/L Mn 0,05 - 0,1 - 1 -
12 Rame mg/L Cu 0,02 0,05(o) 0,05 - 1 -
13 Zinco mg/L Zn 0,5 2 1 5 1 5
14 Boro mg/L B 1 - 1 - 1 -
15 Berillio mg/L Be - - - - - -
16 Cobalto mg/L Co - - - - - -
17 Nichelio mg/L Ni - - - - - -
18 Vanadio mg/L V - - - - - -
19 Arsenico mg/L As 0,01 0,05 - 0,05 0,05 0,1
20 Cadmio mg/L Cd 0,001 0,005 0,001 0,005 0,001 0,005
21 Cromo totale mg/L Cr - 0,05 - 0,05 - 0,05
22 Piombo mg/L Pb - 0,05 - 0,05 - 0,05
23 Selenio mg/L Se - 0,01 - 0,01 - 0,01
24 Mercurio mg/L Hg 0,0005 0,001 0,0005 0,001 0,0005 0,001
25 Bario mg/L Ba - 0,1 - 1 - 1
26 Cianuro mg/L CN - 0,05 - 0,05 - 0,05
27 Solfati mg/L SO4 150 250 150 250(o) 150 250(o)
28 Cloruri mg/L C1 200 - 200 - 200 -
29 Tensioattivi (che reagiscono al blu di metilene) mg/L (solfato di laurile) 0,2 - 0,2 - 0,5 -
30 * Fosfati [2] mg/L P2O5 0,4 - 0,7 - 0,7 -
31 Fenoli (indice fenoli) paranitroanilina, 4 amminoantipirina mg/L C6H5OH - 0,001 0,001 0,005 0,01 0,1
32 Idrocarburi disciolti o emulsionati (dopo estrazione mediante etere di petrolio) mg/L - 0,05 - 0,2 0,5 1
33 Idrocarburi policiclici aromatici mg/L - 0,0002 - 0,0002 - 0,001
34 Antiparassitari-totale (parathion HCH, dieldrine) mg/L - 0,001 - 0,0025 - 0,005
35 * Domanda chimica ossigeno (COD) mg/L O2 - - - - 30 -
36 * Tasso di saturazione dell'ossigeno disciolto % 02 >70 - >50 - >30 -
37 * A 20 °C senza nitrificazione domanda biomichica di ossigeno (BOD5) mg/L 02 < 3 - < 5 - < 7 -
38 Azoto Kjeldahl (tranne NO2 ed NO3) mg/L N 1 - 2 - 3 -
39 Ammoniaca mg/L NH4 0,05 - 1 1,5 2 4(o)
40 Sostanze estraibili al cloroformio mg/L SEC 0,1 - 0,2 - 0,5 -
41 Carbonio organico totale mg/L C - - - - - -
42 Carbonio organico residuo (dopo flocculazione e filtrazione su membrana da 5μ) TOC mg/L C - - - - - -
43 Coliformi totali /100 mL 50 - 5000 - 50000 -
44 Coliformi fecali /100 mL 20 - 2000 - 20000 -
45 Streptococchi fecali /100 mL 20 - 1000 - 10000  
46 Salmonelle - assenza in 5000 mL - assenza in 1000 mL - - -
Legenda:
- Categoria A1 - Trattamento fisico semplice e disinfezione
- Categoria A2 - Trattamento fisico e chimico normale e disinfezione
- Categoria A3 - Trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione
- I = Imperativo
- G = Guida
- (o) = sono possibili deroghe in conformità al presente decreto
* = sono possibili deroghe in conformità al presente decreto
Note:
[1] I valori indicati costituiscono i limiti superiori determinati in base alla temperatura media annua (alta e bassa temperatura)
[2] Tale parametro è inserito per soddisfare le esigenze ecologiche di taluni ambienti.

Tab. 2/A: metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri chimici e chimico-fisici di cui alla tab. 1/A

  (A) (B) (C) (D) (E) (F) (G)
Num. Param. Parametro Unità di misura Limite di rilevamento Precisione ± Accuratezza ± Metodi di misura (*) 1 a) Materiale del contenitore del campione;
              b) metodo di conservazione;
              c) tempo massimo tra il campionamento e l'analisi
1 pH Unità pH - 0,1 0,2 Elettrometria. La misura va a) polietilene o vetro;
            eseguita preferibilmente sul posto al momento del b) refrigerazione a 4 °C;
            campionamento. Il valore va sempre riferito alla temperatura dell'acqua al momento del prelievo. c) 24 ore
2 Colore (dopo filtrazione semplice) mg/L scala pt 5 10% 20% Colorimetria. Metodo fotometrico secondo gli a) polietilene o vetro;
            standard della scala platino cobalto (previa filtrazione su b) refrigerazione a 4 °C;
            membrana di fibra di vetro) c) 24 ore
3 Materiali in sospensione totali mg/L - 5% 10% Gravimetria. Filtrazione su membrana da a) polietilene o vetro;
            0,45 μm, essicazione a 105 °C a peso costante. b) refrigerazione a 4 °C;
            Centrifugazione (tempo minimo 5 min, velocità media 2800/3000 giri-minuto). c) 24 ore
            Filtrazione ed essicazione a 105 °C a peso costante.  
4 Temperatura °C - 0,5 1 Termometria. La misura deve essere eseguita sul posto, al momento del campionamento. -
5 Conduttività μS/c m a - 5% 10% Elettrometria. a) vetro o polietilene;
    20 °C         c) 1-3 giorni (**)
6 Odore Fattore di - - - Tecnica delle a) vetro;
    diluizione a       diluizioni b) refrigerazione a 4 °C
    25 °C       successive. c) 6-24 ore (**)
7 Nitrati mg/L NO3 2 10% 20% Spettrofotometria a) polietilene o vetro;
            di assorbimento b) refrigerazione a 4 °C;
            molecolare. c) 1-3 giorni (**)
8 Fluoruri mg/L F 0,05 10% 20% Spettrofotometria di assorbimento molecolare previa distillazione se necessaria. a) polietilene;
            Elettrometria. Elettrodi ionici specifici. c) 7 giorni
9 Cloro organico totale estraibile mg/L Cl pm (***) pm pm pm pm
10 Ferro disciolto mg/L Fe 0,02 10% 20% Spettrometria di assorbimento atomico. a) polietilene o vetro;
            Previa filtrazione su membrana da 0,45 μm. b) campione ben chiuso e refrigerazione a 4 °C;
            Spettrofotometria di assorbimento molecolare, previa filtrazione su membrana da 0,45 μm c) 24 ore
11 Manganese mg/L Mn 0,01 [2] 10% 20% Spettrometria di assorbimento atomico. a) polietilene o vetro;
            Spettrometria di assorbimento atomico. b) acidificare a pH < 2 (preferibilmente con HNO3 concentrato)
      0,02 [3] 10% 20% Spettrofotometria di assorbimento molecolare.  
12 Rame [9] mg/L Cu 0,005 10% 20% Spettrometria di assorbimento atomico. Come specificato al parametro n. 11
            Polarografia.  
      0,02 [4] 10% 20% Spettrometria di assorbimento atomico.  
            Spettrofotometria di assorbimento molecolare.  
            Polarografia.  
13 Zinco [9] mg/L Zn 0,01 [2] 10% 20% Spettrometria di assorbimento atomico. Come specificato al parametro n. 11
            Spettometria di assorbimento atomico.  
      0,02 [3] 10% 20% Spettrofotometria di assorbimento molecolare.  
14 Boro [9] mg/L B 0,1 10% 20% Spettrofotometria a) polietilene;
            di assorbimento b) acidificare a pH < 2
            molecolare. (preferibilmente con
            Spettrometria di assorbimento atomico. HNO3) diluito 1:1)
15 Berillo mg/L Be pm pm pm pm come specificato al parametro n. 11
16 Cobalto mg/L Co pm pm pm pm come specificato al parametro n. 11
17 Nichelio mg/L Ni pm pm pm pm come specificato al parametro n. 11
18 Vanadio mg/L V pm pm pm pm come specificato al parametro n. 11
19 Arsenico [9] mg/L As 0,002 [2] 20% 20% Spettrometria di assorbimento atomico. come specificato al parametro n. 11
      0,01 [5] - - Spettrometria di assorbimento atomico.  
            Spettrometria di assorbimento molecolare.  
20 Cadmio [9] mg/L Cd 0,0002 30% 30% Spettrometria di assorbimento atomico. come specificato al parametro n. 11
      0,0001 [5]     Polarografia.  
21 Cromo totale [9] mg/L Cr 0,01 20% 30% Spettrometria di assorbimento atomico. come specificato al parametro n. 11
            Spettrofotometria di assorbimento molecolare.  
22 Piombo [9] mg/L Pb 0,01 20% 30% Spettrometria di assorbimento atomico. come specificato al parametro n. 11
            Polarografia.  
23 Selenio [9] mg/L Se 0,005 - - Spettrometria di assorbimento atomico. come specificato al parametro n. 11
24 Mercurio [9] mg/L Hg 0,0001 30% 30% Spettrometria di a) polietilene o vetro;
            assorbimento atomico senza fiamma (su vapori freddi). b) per ogni litro di campione addizionare 5 mL di HNO3 concentrato e 10 mL di soluzione di KMnO4 al 5%;
      0,0002 [5]       c) 7 giorni
25 Bario [9] mg/L Ba 0,02 15% 30% Spettrometria di assorbimento atomico. Come specificato al parametro n. 11
26 Cianuro mg/L CN 0,01 20% 30% Spettrometria di assorbimento molecolare. a) polietilene o vetro;
              b) addizionare NaOH in gocce o in soluzione concentrata (pH circa 12) e raffreddare a 4 °C;
              c) 24 ore
27 Solfati mg/L SO4 10 10% 10% Gravimetria. Complessometria con EDTA a) polietilene o vetro;
            Spettrofotometria b) refrigerazione a 4 °C;
            di assorbimento molecolare. c) 7 giorni
28 Cloruri mg/L C1 10 10% 10% Determinazione volumetrica (metodo di Mohr). a) polietilene o vetro;
            Metodo mercurimetrico con indicatore. b) refrigerazione a 4 °C;
            Spettrofotometria di assorbimento molecolare. c) 7 giorni
29 Tensioattivi mg/L MBAS 0,05 20% - Spettrofotometria a) vetro o polietilene;
            di assorbimento b) refrigerazione a 4 °C;
            molecolare. c) 24 ore
30 Fosfati mg/L P2O5 0,02 10% 20% Spettrofotometria a) vetro;
            di assorbimento molecolare. b) acidificazione con H2SO4 a pH < 2;
              c) 24 ore
31 Fenoli mg/L 0,0005 0,0005 0,0005 Spettrofotometria a) vetro;
    C6H5OH (indice       di assorbimento molecolare. b) acidificazione con H3PO4 a pH < 4 ed
    fenoli)       Metodo alla 4-ammino-antipirina. aggiunta di CuSO4 5 H2O (1 g/L);
      0,001 [6] 30% 50% Metodo alla p-nitro-anilina. c) 24 ore
32 Idrocarburi mg/L 0,01 20% 30% Spettrofotometria a) vetro;
  disciolti o emulsionati         all'infrarosso previa estrazione b) acidificare a pH < 2 (H2SO4 o HC1)
            con tetracloruro di carbonio. c) 24 ore
      0,04 [3]     Gravimetria previa estrazione mediante etere di petrolio.  
33 Idrocarburi policiclici aromatici [9] mg/L 0,00004 50% 50% Misura della fluorescenza in UV previa a) vetro scuro od alluminio;
            cromatografia su strato sottile. b) tenere al buio a 4 °C;
            Misura comparativa rispetto ad un miscuglio di 6 sostanze standard aventi la stessa concentrazione [7]. c) 24 ore
34 Antiparasit mh/L 0,0001 50% 50% Cromatografia in a) vetro;
  tari totale [parathion, esaclorocicloesano (HCH) dieldrine [9]         fase gassosa o liquida previa estrazione mediante solventi adeguati e purificazione. b) per HCH e dieldrin acidificare con HC1 concentrato (1 mL per litro di campione) e refrigerare a 4 °C; per parathion acidificare a
            Identificazione dei componenti del pH 5 con H2SO4 (1:1) e refrigerare a 4 °C;
            miscuglio e determinazione quantitativa [8]. c) 7 giorni
35 Domanda mg/L O2 15 20% 20% Metodo al a) vetro;
  chimica ossigeno (COD)         bicromato di potassio (ebollizione 2 ore) b) acidificare a pH < 2 con H2SO4; 1-7 giorni (**)
36 Tasso di % O2 5 10% 10% Metodo di Winkler. a) vetro;
  saturazione dell'ossigeno disciolto         Metodo di elettrochimico (determinazione in situ) b) fissare l'ossigeno sul posto con solfato manganoso e ioduro-sodio-azide;
              1-5 giorni a 4 °C (**)
37 Domanda mg/L O2 2 1,5 2 Determinazione a) vetro;
  biochimica di ossigeno (BOD5) a 20 °C senza         dell'O2 disciolto prima e dopo incubazione di 5 giorni (20 ± 1 °C) al buio. b) refrigerazione a 4 °C;
  nitrificazione         Aggiunta di un inibitore di nitrificazione (Preferibilmente alliltiourea) c) 4-24 ore
38 Azoto Kieldahl mg/L N 0,5 0,05 0,5 Spettrofotometria di assorbimento a) vetro;
  (escluso azoto di         molecolare e determinazione b) acidificare con H2SO4 fino a pH < 2;
  NO2 ed NO3)         volumetrica previa mineralizzazione e distillazione secondo il metodo Kieldahl. c) refriferare a 4 °C
39 Ammoniaca mg/L NH4 0,01 [2] 0,03 [2] 0,03 [2] Spettrofotometria di assorbimento molecolare. come specificato al parametro n. 38
      0,1 [3] 10% [3] 20% [3]    
40 Sostanze mg/L - - - Gravimetria. a) vetro;
  estraibili con cloroformio         Estrazione a pH neutro mediante cloroformio b) refrigerazione a 4 °C;
            distillato di fresco, evaporazione sotto vuoto moderato a temperatura ambiente e pesata del residuo c) 24 ore
41 Carbonio organico totale (TOC) mg/L C pm pm pm pm pm
42 Carbonio organico residuo dopo flocculazione o filtrazione su membrana da 5 μm)   pm   pm pm pm
(*) Possono adottarsi metodo di misura diversi, purché i limiti di rilevamento, la precisione e l'accuratezza siano compatibili con quelli indicati per i metodi riportati per ciascun parametro nel presente allegato. In tal caso deve indicarsi il metodo adottato.
(**) Il tempo massimo dipende dal tipo di campione.
(***) Per memoria.
[1] I campioni di acqua superficiali prelevati nel luogo di estrazione vengono analizzati e misurati previa eliminazione, mediante filtrazione semplice (vaglio a rete), dei residui galleggianti come legno, plastica.
[2] Per le acque della categoria A1 valore G.
[3] Per le acque delle categorie A2, A3.
[4] Per le acque della categoria A3.
[5] Per le acque delle categorie A1, A2, A3, valore I.
[6] Per le acque delle categorie A2, valore I ed A3.
[7] Miscuglio di sei sostanze standard aventi la stessa concentrazione da prendere in considerazione: fluorantrene, benzo-3, 4, fluorantrene, benzo 11, 12 fluorantrene, benzo 3, 4 pirene, benzo 1, 12 perilene, indeno (1, 2, 3-cd) pirene.
[8] Miscuglio di tre sostanze aventi la stessa concentrazione da prendere in considerazione: parathion, esaclorocicloesano, dieldrin.
[9] Se il tenore di materie in sospensione dei campioni è elevato al punto da rendere necessario un trattamento preliminare speciale di tali campioni, i valori dell'accuratezza riportati nella colonna E del presente allegato potranno eccezionalmente essere superati e costituiranno un obiettivo. Questi campioni dovranno essere trattati in maniera tale che l'analisi copra la quantità maggiore delle sostanze da misurare.

Tab. 3/A: Metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri microbiologici di cui alla tab. 1/A

Num. Param. Parametro Metodi di misura (*)
1 Coliformi totali 100 mL (A) Metodo MPN
    Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno tre serie) di Brodo Lattosato. Incubare a 36 ± 1 °C per 24 + 24 ore. I tubi positivi (presenza di gas) debbono essere sottoposti a conferma in Brodo Lattosio Bile Verde Brillante a 36 ± 1 °C- Sulla base della positività su tale terreno riportare il valore come MPN/100 mL di campione.
    (B) Metodo MF
    Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni attraverso membrana filtrante. Incubate su m-Endo-Agar per 24 ore a 36 ± 1 °C. Contare le colonie rosse. Riportare il valore a 100 mL di campione.
2 Coliformi fecali 100 mL (A) Metodo MPN
    I tubi positivi in Brodo Lattosato di cui al numero 1 lettera (A) debbono essere sottoposti a conferma in tubi di EC-Broth per 24 ore a 44 ± 0,2 °C in bagnomaria. Sulla base della positività dei tubi di EC-Broth riportate il valore come MPN/100 mL.
    (B) Metodo MF
    Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni attraverso membrana filtrante come al numero 1 lettera (B).
    Incubare su m-FC-Agar a 44 ± 0,2 °C per 24 ore in bagnomaria. Contare le colonie blu. Riportare il valore a 100 mL di campione.
3 Streptococchi fecali (A) Metodo MPN
    Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno 3) di Azide Dextrose Broth. Incubare a 36 ± 1 °C per 24 + 24 ore. I tubi positivi (torbidi) debbono essere sottoposti a conferma in Ethyl Violet Azide Broth per 48 ore a 36 ± 1 °C. Leggere i tubi positivi (torbidi con fondo porpora).
    Riportare il valore come MPN/100 mL di campione.
    (B) Metodo MF
    Filtrare mL 100 di campione (e/o sue diluizioni) attraverso membrana filtrante come al numero 1, lettera (B). Incubare su KF-Agar a 36 ± 1 °C per 48 ore. Leggere le colonie rosse. Riportare il valore a 100 mL di campione.
4 Salmonelle [1] Metodo MF
    Filtrare 1000 e 5000 mL di campione attraverso membrana filtrante. Se la torbidità non consente di filtrare la quantità richiesta di campione, utilizzare idoneo prefiltro. Incubare il filtro (e l'eventuale prefiltro) in acqua peptonata a temperatura ambiente per 6 ore.
    Passare nei seguenti terreni:
    a) Terreno di MULLER-KAUFFMAN (incubare a 42 °C per 24-48 ore);
    b) Terreno di Brodo Selenite (incubare a 36 °C per 24-48 ore);
    Dai predetti terreni ed alle scadenze temporali indicate eseguire semine isolanti sui seguenti terreni:
    SS-Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).
    Hektoen Enteric Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).
    d) Desossicolato Citrato Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).
    Le colonie sospette devono essere sottoposte ad identificazione.
(*) Per i parametri dal n. 1 al n. 3 è facoltativa la scelta tra i metodi di analisi MPN ed MF specificando il metodo impiegato.
Assenza in 5000 mL (A1, G) e assenza in 1000 mL (A2, G).

Sezione B: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative, per la classificazione ed il calcolo ella conformità delle acque dolci superficiali idonee alla vita dei pesci salmonicoli e ciprinicoli.

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali designate quali richiedenti protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci.

1) Calcolo della conformità

Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei pesci quando i relativi campioni prelevati con la frequenza minima riportata nella Tab. 1/B, nello stesso punto di prelevamento e per un periodo di dodici mesi, presentino valori dei parametri di qualità conformi ai limiti imperativi indicati e alle relative note esplicative della medesima Tabella, per quanto riguarda:

a) il valore del 95% dei campioni prelevati, per i parametri:

- pH

- BOD5

- ammoniaca indissociata

- ammoniaca totale

- nitriti

- cloro residuo totale

- zinco totale

- rame disciolto.

Quando la frequenza di campionamento è inferiore ad un prelievo al mese, i valori devono essere conformi ai limiti tabellari nel 100% dei campioni prelevati;

b) i valori indicati nella tabella 1/B per i parametri:

- temperatura

- ossigeno disciolto;

c) la concentrazione media fissata per il parametro:

- materie in sospensione.

II superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle osservazioni riportate nella tabella 1/B non sono presi in considerazione se avvengono a causa di piene, alluvioni o altre calamità naturali.

2) Campionamento

Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al punto :

a) la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/B può essere ridotta ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente migliore di quella riscontrabile, per i singoli parametri dall'applicazione delle percentuali di cui al punto 1;

b) possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistono cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

Il luogo esatto del prelevamento dei campioni, la sua distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati sono definiti dall'autorità competente in funzione, soprattutto, delle condizioni ambientali locali.

Tab. 1/B: Qualità delle acque idonee alla vita dei pesci salmonidi e ciprinidi

N. prog. Parametro Unità di misura Acque per salmonidi Acque per ciprinidi Metodo di analisi e rilevamento Frequenza minima di campionamento e di misura Riferimento in note esplicative
      G I G I      
1 Temperatura (aumento) Δ °C   1,5   3 - Termometria Mensile [1]
  Temperatura (massima) °C   21,5 (o)   28 (o)      
  Temperatura (periodi di riproduzione) °C   10 (o)          
2 Ossigeno mg/L O2 ≥ 9 (50%) ≥ 9 (50%) ≥ 8 (50%) ≥ 7 (50%) - Volumetria (metodo di Winkler) Mensile [2]
      ≥ 7 (100%)   ≥ 5 (100%)   - Elettrometria (elettrodi specifici)    
3 Concentrazioni di ioni idrogeno pH 6-9 (o)   6-9 (o)   Potenziometria Mensile [3]
4 Materiali in sospensione mg/L 25 (o) 60 (o) 25 (o) 80 (o) - Gravimetria Mensile [4]
              - Volumetria (metodo di Winkler)    
5 BOD5 mg/L O2 3 5 6 9 - Elettrometria Mensile [5]
              - Respirometria    
              - Spettrofotometria di assorbimento molecolare    
6 Fosforo totale mg/L P 0,07   0,14   (Metodo all'acidofosfomolibdico in presenza di acido ascorbico, previa mineralizzazione) Mensile [6]
              - Spettrofotometria di assorbimento molecolare    
7 Nitriti mg/L NO2 0,01 0,88 0,03 1,77 (Metodo alla N-1-naftiletilendiammina e sulfanilammide) Mensile [7]
              - Spettrofotometria di assorbimento molecolare    
8 Composti fenolici mg/L C6H5OH 0,01 ** 0,01 ** (Metodo alla 4-aminoantipirina o alla p-nitroanilina) Mensile [8]
              - Esame gustativo    
              - Spettrometria IR (previa estrazione con CC14 o solvente equivalente)    
9 Idrocarburi di mg/L 0,2 *** 0,2 *** - Esame visivo Mensile [9]
  origine petrolifera           - Esame gustativo    
              - Spettrofotometria di assorbimento molecolare    
10 Ammoniaca non ionizzata mg/L NH3 0,005 0,025 0,005 0,025 (Metodo al blu di indofenolo - oppure - Metodo di Nessler) Mensile [10]
              - Spettrofotometria di assorbimento molecolare    
11 Ammoniaca totale mg/L NH4 0,04 1 0,2 1 (Metodo al blu di indofenolo - oppure - Metodo di Nessler) Mensile [11]
              - Spettrofotometria di assorbimento molecolare o volumetria    
12 Cloruro residuo totale mg/L come HOC1   0,004   0,004 (Metodo DPD:N,N-dietil-p-fenilendiammina) Mensile [12]
13 Zinco totale * μg/L Zn   300   400 - Spettrometria di assorbimento atomico Mensile [14]
14 Rame μg/L Cu   40   40 - Spettrometria di assorbimento atomico Mensile [14]
15 Tensioattivi (anionici) mg/L come MBAS 0,2   0,2   - Spettrofotometria di assorbimento molecolare (Metodo al blu di metilene) Mensile [13]
16 Arsenico μg/L As   50   50 - Spettrometria di assorbimento atomico Mensile [14]
17 Cadmio totale * μg/L Cd 0,2 2,5 0,2 2,5 - Spettrometria di assorbimento atomico Mensile [14]
18 Cromo μg/L Cr   20   100 - Spettrometria di assorbimento atomico Mensile [14]
19 Mercurio totale * μg/L Hg 0,05 0,5 0,05 0,5 - Spettrometria di assorbimento atomico (su vapori freddi) Mensile [14]
20 Nichel μg/L Ni   75   75 - Spettrometria di assorbimento atomico Mensile [14]
21 Piombo μg/L Pb   10   50 - Spettrometria di assorbimento atomico Mensile [14]
ABBREVIAZIONI: G = guida o indicativo; I = imperativo od obbligatorio.
Note: (o): Conformemente al presente decreto sono possibili deroghe;
* Totale = Disciolto più particolato;
** I composti fenolici non devono essere presenti in concentrazioni tali da alterare il sapore dei pesci
*** I prodotti di origine petrolifera non devono essere presenti in quantità tali da:
- produrre alla superficie dell'acqua una pellicola visibile o da depositarsi in strati sul letto dei corsi d'acqua o sul fondo dei laghi
- dare ai pesci un sapore percettibile di idrocarburi
- provocare effetti nocivi sui pesci.

Osservazioni di carattere generale:

Occorre rilevare che nel fissare i valori dei parametri si è partiti dal presupposto che gli altri parametri, considerati ovvero non considerati nella presente sezione, sono favorevoli. Ciò significa in particolare che le concentrazioni di sostanze nocive diverse da quelle enumerate sono molto deboli. Qualora due o più sostanze nocive siano presenti sotto forma di miscuglio, è possibile che si manifestino, in maniera rilevante, effetti additivi, sinergici o antagonistici.

Metodiche analitiche e di campionamento:

Le metodiche analitiche e di campionamento da impiegarsi nella determinazione dei parametri sono quelle descritte nei volumi «Metodi analitici per le acque» pubblicati dall'Istituto di Ricerca sulle Acque del C.N.R. (Roma), e successivi aggiornamenti.

NOTE ESPLICATIVE AI PARAMETRI DELLA TAB. 1/B

(Integrano le prescrizioni figuranti nel prospetto di detta Tabella)

[ 1 ] Per la verifica del ΔT la temperatura deve essere misurata a valle di un punto di scarico termico al limite della zona di mescolamento; il valore riportato in tabella si riferisce alla differenza tra la temperatura misurata e la temperatura naturale.

Con riferimento alla temperatura di riproduzione, non è stato espresso alcun valore limite in considerazione della variabilità di temperatura ideale di riproduzione dei pesci appartenenti ai Ciprinidi nelle acque italiane.

[2] a) Valore limite «I» - acque per Salmonidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 6 mg/ L, le Autorità competenti devono intervenire ai sensi della parte terza del presente decreto;

b) Valore limite «I» - acque per Ciprinidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 4 mg/L, le Autorità competenti applicano le disposizioni della parte terza del presente decreto;

- quando si verificano le condizioni previste in (a) e (b) le Autorità competenti devono provare che dette situazioni non avranno conseguenze dannose allo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche;

- tra parentesi viene indicata la percentuale delle misure in cui debbono essere superati o eguagliati i valori tabellari (e.g. ≥ 9 (50%) significa che almeno nel 50% delle misure di controllo la concentrazione di 9 mg/L deve essere superata);

- campionamento: almeno un campione deve essere rappresentativo delle condizioni di minima ossigenazione nel corso dell'anno. Tuttavia se si sospettano variazioni giornaliere sensibili dovranno essere prelevati almeno 2 campioni rappresentativi delle differenti situazioni nel giorno del prelievo.

[3] Le variazioni artificiali del pH, rispetto ai valori naturali medi del corpo idrico considerato, possono superare di ± 0,5 unità-pH i valori estremi figuranti nel prospetto della tabella 1/B (sia per le acque per Salmonidi che per le acque per Ciprinidi) a condizione che tali variazioni non determinino un aumento della nocività di altre sostanze presenti nell'acqua.

[4] Si può derogare dai suddetti limiti nei corpi idrici, in particolari condizioni idrologiche, in cui si verifichino arricchimenti naturali senza intervento antropico;

- i valori limite (G e I per le due sottoclassi) sono concentrazioni medie e non si applicano alle materie in sospensione aventi proprietà chimiche nocive. In quest'ultimo caso le Autorità competenti prenderanno provvedimenti per ridurre detto materiale, se individuata l'origine antropica;

- nell'analisi gravimetrica il residuo, ottenuto dopo filtrazione su membrana di porosità 0,45 μm o dopo centrifugazione (tempo 5 min. ed accelerazione media di 2.800 3.200 g), dovrà essere essiccato a 105 °C fino a peso costante.

[5] La determinazione dell'ossigeno va eseguita prima e dopo incubazione di cinque giorni, al buio completo, a 20 °C (± 1 °C) e senza impedire la nitrificazione.

[6] I valori limite «G» riportati possono essere considerati come indicativi per ridurre l'eutrofizzazione;

- per i laghi aventi profondità media compresa tra 18 e 300 metri, per il calcolo del carico di fosforo totale accettabile, al fine di controllare l'eutrofizzazione, può essere utilizzata la seguente formula:

L = A Z (1 - vTw)
  Tw  

dove:

L = carico annuale espresso in mg di P per metro quadrato di superficie del lago considerato;

Z = profondità media del lago in metri (generalmente si calcola dividendo il volume per la superficie);

Tw = tempo teorico di ricambio delle acque del lago, in anni (si calcola dividendo il volume per la portata annua totale dell'emissario);

A = valore soglia per il contenimento dei fenomeni eutrofici - Per la maggior parte dei laghi italiani «A» può essere considerato pari a 20.

Tuttavia per ogni singolo ambiente è possibile calcolare uno specifico valore soglia (A) mediante l'applicazione di una delle seguenti equazioni. (Il valore ottenuto va aumentato del 50% per i laghi a vocazione salmonicola e del 100% per i laghi a vocazione ciprinicola).

Log [P] = 1,48 + 0,33 (± 0,09) Log MEI* alcal.

Log [P] = 0,75 + 0,27 (± 0,11) Log MEI* cond.

dove:

P = A = Concentrazione di fosforo totale di μg/L;

MEI alcal. = Rapporto tra alcalinità (meq/L) e profondità media (m);

MEI cond. = Rapporto tra conducibilità (μS/cm) e profondità media (m);

(*) MEI = Indice morfoedafico.

[7] Nei riguardi dei pesci i nitriti risultano manifestamente più tossici in acque a scarso tenore di cloruri. I valori «I» indicati nella tabella 1/B corrispondono ad un criterio di qualità per acque con una concentrazione di cloruri di 10 mg/ L.

Per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L i valori limite «I» corrispondenti sono riportati nella seguente tabella 2/B.

Tab. 2/B - Valori limite «Imperativi» per il parametro nitriti per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L

Cloruri Acque per salmonidi Acque per ciprinidi
(mg/L) (mg/L NO2) (mg/L NO2)
1 0,10 0,19
5 0,49 0,98
10 0,88 1,77
20 1,18 2,37
40 1,48 2,96

[8] Data la complessità della classe, anche se ristretta ai fenoli monoidrici, il valore limite unico quotato nel prospetto della tabella 1/B può risultare a seconda del composto chimico specifico troppo restrittivo o troppo permissivo;

- poiché la direttiva del Consiglio (78/659/CEE del 18 luglio 1978) prevede soltanto l'esame organolettico (sapore), appare utile richiamare nella tabella 3/B la concentrazione più alta delle sostanze più rappresentative della sotto classe Clorofenoli che non altera il sapore dei pesci (U.S. EPA - Ambient Water Quality Criteria, 1978):

Tab. 3/B

Fenoli Livelli Fenoli Livelli
  (μg/L)   (μg/L)
2-clorofenolo 60 2,5-diclorofenolo 23
4-clorofenolo 45 2,6-diclorofenolo 35
2,3-diclorofenolo 84 2, 4, 6-triclorofenolo 52
2,4-diclorofenolo 0,4 (*)    
(*) Questo valore indica che si possono riscontrare alterazioni del sapore dei pesci anche a concentrazione di fenoli al disotto del valore guida (G) proposto.

Appare infine utile richiamare, nella tabella 4/B, i criteri, di qualità per la protezione della vita acquatica formulati da B.C. Nicholson per conto del Governo Australiano in «Australian Water Quality Criteria for Organic Compound - Tecnical Paper n. 82 (1984)».

Tab. 4/B

Fenoli (μg/L) Fenoli (μg/L)
Fenolo 100 4-clorofenolo 400
o-cresolo 100 2,4-diclorofenolo 30
m-cresolo 100 2, 4, 6-triclorofenolo 30
p-cresolo 100 Pentaclorofenolo 1

[9] Considerato che gli olii minerali (o idrocarburi di origine petrolifera) possono essere presenti nell'acqua o adsorbiti nel materiale in sospensione o emulsionati o disciolti, appare indispensabile che il campionamento venga fatto sotto la superficie:

- concentrazioni di idrocarburi anche inferiori al valore guida riportato nella tabella 1/B possono tuttavia risultare nocivi per forme ittiche giovanili ed alterare il sapore del pesce;

- la determinazione degli idrocarburi di origine petrolifera va eseguita mediante spettrofotometria IR previa estrazione con tetracloruro di carbonio o altro solvente equivalente.

[10] La proporzione di ammoniaca non ionizzata (o ammoniaca libera), specie estremamente tossica, in quella totale (NH3 + NH4+) dipende dalla temperatura e dal pH;

- le concentrazioni di ammoniaca totale (NH3 + NH4+) che contengono una concentrazione di 0,025 mg/L di ammoniaca non ionizzata, in funzione della temperatura e pH, misurate al momento del prelievo, sono quelle riportate nella seguente tabella 5/B:

Tab. 5/B

Temperatura Valori di pH
(°C) 6,5 7,0 7,5 8,0 8,5 9,0 9,5
5 63,3 20,0 6,3 2,0 0,66 0,23 0,089
10 42,4 13,4 4,3 1,4 0,45 0,16 0,067
15 28,9 9,2 2,9 0,94 0,31 0,12 0,053
20 20,0 6,3 2,0 0,66 0,22 0,088 0,045
25 13,9 4,4 1,4 0,46 0,16 0,069 0,038
30 9,8 3,1 1,0 0,36 0,12 0,056 0,035

[11] Al fine di ridurre il rischio di tossicità dovuto alla presenza di ammoniaca non ionizzata, il rischio di consumo di ossigeno dovuto alla nitrificazione e il rischio dovuto all'instaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione, le concentrazioni di ammoniaca totale non dovrebbero superare i valori «I» indicati nel prospetto della tabella 1/B;

- tuttavia per cause naturali (particolari condizioni geografiche o climatiche) e segnatamente in caso di basse temperature dell'acqua e di diminuzione della nitrificazione o qualora l'Autorità competente possa provare che non si avranno conseguenze dannose per lo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche, è consentito il superamento dei valori tabellari.

[12] Quando il cloro è presente in acqua in forma disponibile, cioè in grado di agire come ossidante, i termini, usati indifferentemente in letteratura, «disponibile», «attivo», o «residuo» si equivalgono;

- il «cloro residuo totale» corrisponde alla somma, se presenti contemporaneamente, del cloro disponibile libero [cioè quello presente come una miscela in equilibrio di ioni ipoclorito (OCI) ed acido ipocloroso (HOCI] e del cloro combinato disponibile [cioè quello presente nelle cloroammine o in altri composti con legami N-Cl (i.e. dicloroisocianurato di sodio)];

- la concentrazione più elevata di cloro (Cl2) che non manifesta effetti avversi su specie ittiche sensibili, entro 5 giorni, è di 0,005 mg Cl2/L (corrispondente a 0,004 mg/L di HOCl). Considerato che il cloro è troppo reattivo per persistere a lungo nei corsi d'acqua, che lo stesso acido ipocloroso si decompone lentamente a ione cloruro ed ossigeno (processo accelerato dalla luce solare), che i pesci per comportamento autoprotettivo fuggono dalle zone ad elevata concentrazione di cloro attivo, come valore è stato confermato il limite suddetto;

- le quantità di cloro totale, espresse in mg/L di Cl2, che contengono una concentrazione di 0,004 mg/L di HOCl, variano in funzione della temperatura e soprattutto del valore di pH (in quanto influenza in maniera rimarchevole il grado di dissociazione dell'acido ipocloroso HOCI < - > H+ + CIO-) secondo la seguente tabella 6/B:

Tab. 6/B

Temperatura Valori di pH
(°C) 6 7 8 9
5 0,004 0,005 0,011 0,075
25 0,004 0,005 0,016 0,121

Pertanto i valori «I» risultanti in tabella corrispondono a pH = 6. In presenza di valori di pH più alti sono consentite concentrazioni di cloro residuo totale (Cl2) più elevate e comunque non superiori a quelle riportate in tabella 6/B;

- per i calcoli analitici di trasformazione del cloro ad acido ipocloroso ricordare che, dell'equazione stechiometrica, risulta che una mole di cloro (Cl2) corrisponde ad 1 mole di acido ipocloroso (HOC1).

- in ogni caso la concentrazione ammissibile di cloro residuo totale non deve superare il limite di rilevabilità strumentale del metodo di riferimento.

[13] L'attenzione è rivolta alla classe tensioattivi anionici, che trova il maggior impiego nei detersivi per uso domestico;

- il metodo al blu di metilene, con tutti gli accorgimenti suggeriti negli ultimi anni (vedi direttiva del Consiglio 82/243/CEE del 31 marzo 1982, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee L. 109 del 22 aprile 1982), appare ancora il più valido per la determinazione di questa classe di composti. Per il futuro è da prevedere l'inclusione in questo parametro almeno della classe dei tensioattivi non ionici.

[14] Gli otto metalli presi in considerazione risultano più o meno tossici verso la fauna acquatica. Alcuni di essi (Hg, As, etc.) hanno la capacità di bioaccumularsi anche su pesci commestibili.

La tossicità è spesso attenuata dalla durezza. I valori quotati nel prospetto della tabella 1/B, corrispondono ad una durezza dell'acqua di 100 mg/L come CaC03. Per durezze comprese tra <50 e >250 i valori limite corrispondenti sono riportati nei riquadri seguenti contraddistinti per protezione dei Salmonidi e dei Ciprinidi.

Protezione Salmonidi

  Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)
Parametri (*) <50 50-99 100-149 150-199 200-250 >250
12 Arsenico come As 50 50 50 50 50 50
13 Cadmio totale come Cd 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5
14 Cromo come Cr 5 10 20 20 50 50
15 Mercurio totale come Hg 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5
16 Nichel come Ni 25 50 75 75 100 100
17 Piombo come Pb 4 10 10 20 20 20
18 Rame come Cu 5(a) 22 40 40 40 112
19 Zinco totale come Zn 30 200 300 300 300 500
(a) La presenza di pesci in acque con più alte concentrazioni può significare che predominano complessi organocuprici disciolti.

Protezione Ciprinidi

  Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)
Parametri (*) <50 50-99 100-149 150-199 200-250 >250
12 Arsenico come As 50 50 50 50 50 50
13 Cadmio totale come Cd 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5
14 Cromo come Cr 75 80 100 100 125 125
15 Mercurio totale come Hg 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5
16 Nichel come Ni 25 50 75 75 100 100
17 Piombo come Pb 50 125 125 250 250 250
18 Rame come Cu 5 22 40 40 40 112
19 Zinco totale come Zn 150 350 400 500 500 1000
(*) I valori limite si riferiscono al metallo disciolto, salvo diversa indicazione e sono espressi in μg/L.

Sezione C: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative ed il calcolo della conformità delle acque destinate alla vita dei molluschi

I seguenti criteri si applicano alle acque costiere e salmastre sedi di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi designate come richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo dei molluschi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura destinati al consumo umano.

1) Calcolo della conformità

1. Le acque designate ai sensi dell'art. 87 si considerano conformi quando i campioni di tali acque, prelevate nello stesso punto per un periodo di dodici mesi, secondo la frequenza minima prevista nella tab. 1/C, rispettano i valori e le indicazioni di cui alla medesima tabella per quanto riguarda:

a) il 100% dei campioni prelevati per i parametri sostanze organo alogenate e metalli;

b) il 95% dei campioni per i parametri ed ossigeno disciolto;

c) il 75% dei campioni per gli altri parametri indicati nella tab. 1/C.

2. Qualora la frequenza dei campionamenti, ad eccezione di quelli relativi ai parametri sostanze organo alogenate e metalli, sia inferiore a quella indicata nella tab. 1/C, la conformità ai valori ed alle indicazioni deve essere rispettata nel 100% dei campioni.

3. Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle indicazioni riportate nella tabella 1/C non sono presi in considerazione se avvengono a causa di eventi calamitosi.

2) Campionamento

1. L'esatta ubicazione delle stazioni di prelievo dei campioni, la loro distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati, sono definiti dall'Autorità competente in funzione delle condizioni ambientali locali.

2. Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al comma 1, la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/C può essere ridotta dall'Autorità competente ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente superiore per i singoli parametri di quella risultante dall'applicazione dei valori limite e relative note.

3. Possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistano cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

Tab. 1/C Qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi

  Parametro Unità di misura G 1 Metodo di analisi di riferimento Frequenza minima di campionamenti e delle misurazioni
1 pH unità pH   7-9 - Elettrometria Trimestrale
          La misurazione viene eseguita sul posto al momento del campionamento  
2 Temperatura °C La differenza   - Termometria Trimestrale
      di temperatura provocata da uno scarico non deve superare, nelle acque destinate alla vita dei molluschi influenzate da tale scarico, di oltre 2 °C la temperatura misurata nelle acque non influenzate   La misurazione viene eseguita sul posto al momento del campionamento  
        Dopo filtrazione il colore dell'acqua, provocato da uno scarico, non deve discostarsi    
        nelle acque destinate alla vita dei molluschi influenzate da tale scarico di oltre 10 mg - Filtrazione su membrana filtrante di 0,45 μm, Metodo fotometrico, secondo  
3 Colorazione (dopo filtrazione) mg Pt/L   pt/L dal colore misurato nelle acque non influenzate gli standard della scala platino-cobalto Trimestrale
        L'aumento del tenore di materie in sospensione provocato da uno scarico non deve - Filtrazione su membrana filtrante di 0,45 μm, essiccazione a 105 °C e pesatura;  
4 Materiali in sospensione mg/L   superare, nelle acque destinate alla vita dei molluschi influenzate da tale scarico, di oltre il 30% il tenore misurato nelle acque non influenzate - Centrifugazione (tempo minimo 5 min accelerazione media di 2800–3200 g) essiccazione a 105 °C e pesatura Trimestrale
5 Salinità 12-38‰ - ≤ 40‰ Conduttometria Mensile
        - La variazione della salinità provocata da uno scarico non deve superare, nelle acque destinate alla vita dei molluschi influenzate da tale scarico, ± 10% la salinità misurata nelle acque non influenzate    
6 Ossigeno disciolto % di saturazione ≥80% - = 70% (valore medio) - Se una singola misurazione e indica un valore inferiore al 70% le misurazioni vengono proseguite. - Metodo di Winkler - Metodo elettrochimico Mensile, con almeno un campione rappresentativo del basso tenore di ossigeno
        Una singola misurazione può indicare un valore   presente nel giorno del prelievo.
        inferiore al 60% soltanto qualora non vi siano conseguenze dannose per lo sviluppo delle popolazioni di molluschi   Tuttavia se si presentano variazioni diurne significative saranno effettuati almeno due prelievi al giorno.
        Gli idrocarburi non devono essere presenti nell'acqua in quantità tale:    
7 Idrocarburi di origine petrolifera     - da produrre un film visibile alla superficie dell'acque e/o un deposito sui molluschi - Esame visivo Trimestrale
        - da avere effetti nocivi per i molluschi    
      La concentrazione di ogni sostanza La concentrazione di ogni sostanza nell'acqua o nella polpa del mollusco    
8 Sostanze organo-alog   nella polpa del mollusco non deve superare un livello tale da Cromatografia in fase gassosa, previa  
  enate   deve essere tale da contribuire ad una buona qualità dei prodotti della molluschicoltura provocare effetti nocivi per i molluschi e per le loro larve estrazione mediante appropriati solventi e purificazione Semestrale
9 Metalli: ppm La La concentrazione di Spettrofotometria di Semestrale
  Argento Ag   concentrazi ogni sostanza assorbimento  
  Arsenico As   one di ogni nell'acqua o nella atomico,  
  Cadmio Cd   sostanza polpa del mollusco eventualmente  
  Cromo Cr   nella polpa non deve superare preceduta da  
  Rame Cu   del mollusco un livello tale da concentrazione e/o  
  Mercurio Hg (*)   deve essere tale da provocare effetti nocivi per i molluschi estrazione  
  Nichelio NI   contribuire ad e per le loro larve. È    
  Piombo Pb (**)   una buona qualità dei necessario prendere in considerazione gli    
  Zinco Zn   prodotti della molluschicoltura effetti sinergici dei vari metalli    
10 Coliformi fecali n°/100m/L   ≤300 nella polpa del mollusco e nel liquido intervalvare Metodo di diluizione con fermentazione in substrati liquidi in almeno tre provette, in tre diluizioni. Trimestrale
          Trapianto delle provette positive sul terreno di conferma.  
          Computo secondo il sistema M.P.N. (Numero più probabile).  
          Temperatura di incubazione 44 ± 0,5 °C  
11 Sostanze che influiscono sul sapore dei molluschi     Concentrazione inferiore a quella che può alterare il sapore dei molluschi Esame gustativo dei molluschi, allorché si presume la presenza di tali sostanze  
12 Sassitossina (prodotta dai dinoflagellati)          
(*) valore imperativo nella polpa del mollusco=0,5 ppm
(**) valore imperativo nella polpa del mollusco=2 ppm
ABBREVIAZIONI
G=guida o indicativo
I=Imperativo o obbligatorio


 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 3 - Rilevamento delle caratteristiche dei bacini idrografici e analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica (1745)

Per la redazione dei piani di tutela, le Regioni devono raccogliere ed elaborare i dati relativi alle caratteristiche dei bacini idrografici secondo i criteri di seguito indicati.

A tal fine si ritiene opportuno che le Regioni si coordinino, anche con il supporto delle autorità di bacino, per individuare, per ogni bacino idrografico, un Centro di Documentazione cui attribuire il compito di raccogliere, catalogare e diffondere le informazioni relative alle caratteristiche dei bacini idrografici ricadenti nei territori di competenza.

Devono essere in particolare considerati gli elementi geografici, geologici, idrogeologici, fisici, chimici e biologici dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nonché quelli socioeconomici presenti nel bacino idrografico di propria competenza.

1 CARATTERIZZAZIONE DEI CORPI IDRICI SUPERFICIALI (1739)

Le regioni, nell'ambito del territorio di competenza, individuano l'ubicazione e il perimetro dei corpi idrici superficiali ed effettuano di tutti una caratterizzazione iniziale, seguendo la metodologia indicata in appresso. Ai fini di tale caratterizzazione iniziale le regioni possono raggruppare i corpi idrici superficiali.

i) Individuare i corpi idrici superficiali all'interno del bacino idrografico come rientranti in una delle seguenti categorie di acque superficiali - fiumi, laghi, acque di transizione o acque costiere - oppure come corpi idrici superficiali artificiali o corpi idrici superficiali fortemente modificati.

ii) Per i corpi idrici superficiali artificiali o fortemente modificati, la classificazione si effettua secondo i descrittori relativi a una delle categorie di acque superficiali che maggiormente somigli al corpo idrico artificiale o fortemente modificato di cui trattasi.

1.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI

La fase iniziale, finalizzata alla prima caratterizzazione dei bacini idrografici, serve a raccogliere le informazioni relative a:

a) gli aspetti geografici: estensione geografica ed estensione altitudinale, latitudinale e longitudinale

b) le condizioni geologiche: informazioni sulla tipologia dei substrati, almeno in relazione al contenuto calcareo, siliceo ed organico

c) le condizioni idrologiche: bilanci idrici, compresi i volumi, i regimi di flusso nonché i trasferimenti e le deviazioni idriche e le relative fluttuazioni stagionali

e, se del caso, la salinità

d) le condizioni climatiche: tipo di precipitazioni e, ove possibile, evaporazione ed evapotraspirazione.

Tali informazioni sono integrate con gli aspetti relativi a:

a) caratteristiche socioeconomiche utilizzo del suolo, industrializzazione dell'area, ecc.

b) individuazione e tipizzazione di aree naturali protette,

c) eventuale caratterizzazione faunistica e vegetazionale dell'area del bacino idrografico.

SEZIONE A: METODOLOGIA PER L'INDIVIDUAZIONE DI TIPI PER LE DIVERSE CATEGORIE DI ACQUE SUPERFICIALI (1742)

A.1 Metodologia per l'individuazione dei tipi fluviali

A.1.1 Definizioni:

- «corso d'acqua temporaneo»: un corso d'acqua soggetto a periodi di asciutta totale o di tratti dell'alveo annualmente o almeno 2 anni su 5;

- «corso d'acqua intermittente»: un corso d'acqua temporaneo con acqua in alveo per più di 8 mesi all'anno, che può manifestare asciutte anche solo in parte del proprio corso e/o più volte durante l'anno;

- «corso d'acqua effimero»: un corso d'acqua temporaneo con acqua in alveo per meno di 8 mesi all'anno, ma stabilmente; a volte possono essere rinvenuti tratti del corso d'acqua con la sola presenza di pozze isolate;

- «corso d'acqua episodico»: un corso d'acqua temporaneo con acqua in alveo solo in seguito ad eventi di precipitazione particolarmente intensi, anche meno di una volta ogni 5 anni. I fiumi a carattere episodico (esempio: le fiumare calabre o lame pugliesi), sono da considerarsi ambienti limite, in cui i popolamenti acquatici sono assenti o scarsamente rappresentati, anche nei periodi di presenza d'acqua. Pertanto tali corpi idrici non rientrano nell'obbligo di monitoraggio e classificazione.

Nelle definizioni sopra riportate l'assenza di acqua in alveo si intende dovuta a condizioni naturali.

A.1.2 Basi metodologiche

La tipizzazione dei fiumi è basata sull'utilizzo di descrittori abiotici, in applicazione del sistema B dell'allegato II della Direttiva 2000/60/CE e devono, quindi, essere classificati in tipi sulla base di descrittori geografici, climatici e geologici. La tipizzazione si applica a tutti i fiumi che hanno un bacino idrografico ≥ 10 km 2. La tipizzazione deve essere applicata anche a fiumi con bacini idrografici di superficie minore nel caso di ambienti di particolare rilevanza paesaggistico-naturalistica, di ambienti individuati come siti di riferimento, nonché di corsi d'acqua che, per il carico inquinante, possono avere un'influenza negativa rilevante per gli obiettivi stabiliti per altri corpi idrici ad essi connessi.

La procedura utilizzata per la definizione dei tipi per i corsi d'acqua si articola in tre livelli successivi di seguito descritti:

- Livello 1 - Regionalizzazione

- Livello 2 - Definizione di una tipologia

- Livello 3 - Definizione di una tipologia di dettaglio

A.1.3 Regionalizzazione

Il livello 1 si basa su una regionalizzazione del territorio europeo e consiste in una identificazione di aree che presentano al loro interno una limitata variabilità per le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche, sulle quali applicare successivamente la tipizzazione dei corsi d'acqua. I descrittori utilizzati sono riportati nella tabella 1.1, mentre nella figura 1.1 sono descritti i limiti delle diverse Idro-ecoregioni che interessano l'Italia.

Sulla base del processo di tipizzazione e del monitoraggio svolto nel 2008 le Regioni possono effettuare modifiche ai confini delle Idro-ecoregioni per adattarle al meglio alle discontinuità naturali territoriali, nel rispetto dell'approccio generale mediante il quale esse sono state delineate.

Tab. 1.1 Descrittori utilizzati per il livello 1 del processo di tipizzazione

Classi di descrittori descrittori
Localizzazione geografica Altitudine, Latitudine, Longitudine
Descrittori morfometrici Pendenza media del corpo idrico
Descrittori climatici - Precipitazioni
  - Temperatura dell'aria
Descrittori geologici Composizione geologica del substrato

Fig.1.1 Rappresentazione delle idroecoregioni italiane con relativi codici numerici, denominazioni e confini regionali

Idroecoregioni
Cod_ Denominazione
1 Alpi Occidentali
2 Prealpi_Dolomiti
3 Alpi Centro-Orientali
4 Alpi Meridionali
5 Monferrato
6 Pianura Padana
7 Carso
8 Appennino Piemontese
9 Alpi Mediterranee
10 Appennino Settentrionale
11 Toscana
12 Costa Adriatica
13 Appennino Centrale
14 Roma_Viterbese
15 Basso Lazio
14 Vesuvio
16 Basilicata_Tavoliere
17 Puglia_Carsica
18 Appennino Meridionale
19 Calabria_Nebrodi
20 Sicilia
21 Sardegna

A.1.4 Definizione della tipologia

Il Livello 2 deve consentire di giungere ad una tipizzazione di tutti i corsi d'acqua presenti sul territorio italiano con dimensione minima di bacino di 10 km2, o di dimensione minore di cui alle eccezioni previste al paragrafo A.1.2, sulla base di alcuni descrittori abiotici comuni. L'obiettivo è quindi quello di ottenere una lista di tipi, riconosciuti come ulteriore approfondimento della regionalizzazione in Idro-ecoregioni.

I descrittori selezionati per la definizione della tipologia di livello 2 e le fasi successive sono riportati rispettivamente nella tabella 1.2 e nella figura 1.2.

Tab. 1.2 Descrittori utilizzati per il livello 2 del processo di tipizzazione

Descrittori idromorfologici - distanza dalla sorgente (indicatore della taglia del corso d'acqua)
  - morfologia dell'alveo (per i fiumi temporanei)
  - perennità e persistenza
   
Descrittori idrologici - origine del corso d'acqua
  - possibile influenza del bacino a monte sul corpo idrico

A.1.4.1 Distanza dalla sorgente

La distanza dalla sorgente fornisce indicazioni sulla taglia del corso d'acqua, in quanto è correlata alla dimensione del bacino di cui può essere considerata un descrittore indiretto.

La distanza dalla sorgente consente di ottenere delle classi di taglia per i corsi d'acqua, definite come segue:

Molto piccolo < 5 km

Piccolo 5-25 km

Medio 25-75 km

Grande 75-150 km

Molto grande > 150 km

Qualora il valore limite della classe cadesse all'interno di un tratto fluviale omogeneo, tale limite non avrebbe un reale significato ecologico. Pertanto nella fase di effettivo riconoscimento dei tipi, si deve utilizzare un criterio correttivo (fase 5 in Fig. 1.2), per consentire il posizionamento del limite tra i due tipi, e quindi l'identificazione dei due corpi idrici adiacenti, in accordo con le discontinuità realmente esistenti lungo il corso d'acqua. Tale criterio è stato riconosciuto nel posizionamento del limite tra due tratti alla confluenza di un corso d'acqua di ordine (Strahler) superiore, uguale o inferiore di una unità. Il punto di confluenza, offre la possibilità di collocare l'effettivo punto di separazione tra due tipi/tratti fluviali secondo le principali discontinuità ecologiche del fiume.

Sulla base dei dati in possesso dell'autorità competente, la «dimensione del bacino» può sostituire il descrittore «distanza dalla sorgente» nel caso in cui sia stata definita adeguatamente la relazione tra i due descrittori. In questo caso, dovrà essere garantita una corrispondenza di massima tra l'attribuzione ai tipi ottenuta sulla base della dimensione del bacino e le classi indicate nella presente sezione per la distanza dalla sorgente. Come criterio generale possono eventualmente essere utilizzate delle classi di taglia per i corsi d'acqua definite come segue:

Molto piccolo < 25 km2

Piccolo 25-150 km2

Medio 150-750 km2

Grande 750-2500 km2

Molto grande > 2500 km2

L'uso del criterio «distanza dalla sorgente» invece della dimensione del bacino consente di limitare l'errore di attribuzione tipologica nel caso, ad esempio, di piccoli corsi d'acqua di pianura o di origine sorgiva.

La distanza dalla sorgente è anche utilizzata per valutare l'influenza del bacino a monte.

In Figura 1.2 è riportato il caso in cui l'attribuzione di taglia è effettuata sulla base della distanza dalla sorgente. L'autorità competente informa il MATTM sulla base di quale dei due criteri sono attribuite le classi di taglia del corso d'acqua, tenendo presente che nell'intero territorio di un singolo bacino idrografico deve essere utilizzato un unico descrittore (distanza della sorgente o dimensione del bacino). Pertanto le regioni si coordinano per selezionare il descrittore comune nell'ambito di bacini idrografici che comprendono i territori di più regioni.

A.1.4.2 Morfologia dell'alveo

È un descrittore di assoluta rilevanza nello strutturare le biocenosi nei fiumi temporanei. La morfologia dell'alveo fluviale risulta particolarmente importante in corsi d'acqua non confinati o semi confinati. I corsi d'acqua per i quali la morfologia dell'alveo risulta quindi particolarmente importante per caratterizzare la struttura e il funzionamento dell'ecosistema sono quelli di pianura, collina o presenti nei fondo valle montani. Per i fiumi temporanei, si propongono i due seguenti raggruppamenti:

1) Meandriforme, sinuoso o confinato

2) Semi-confinato, transizionale, a canali intrecciati o fortemente anastomizzato.

A.1.4.3 Perennità e persistenza del corso d'acqua

Una caratteristica fondamentale dei corsi d'acqua è il loro grado di perennità (fase 2 in Fig. 1.2). Nell'area mediterranea, in particolare, è necessario poter riconoscere e caratterizzare i fiumi a carattere temporaneo. Tra i fiumi temporanei, possiamo riconoscere le seguenti categorie definite al paragrafo A.1.1 (Definizioni): intermittente, effimero ed episodico (fase 3b in Fig.1.2).

È chiaro che l'attribuzione di un tratto fluviale alla categoria «fiumi temporanei» deve essere effettuata sulla base delle portate «naturali» ricostruite e non di condizioni osservate che siano il risultato di processi di uso e gestione delle acque non in linea con le caratteristiche naturali del corso d'acqua. Ad esempio, un determinato tratto soggetto a regolazione del deflusso minimo vitale o al manifestarsi di periodi di asciutta dovuti alla presenza di invasi a monte non sarà direttamente ascrivibile a tale categoria senza ulteriori verifiche sul regime naturale del corso d'acqua.

A.1.4.4 Origine del corso d'acqua

Soprattutto al fine di evidenziare ecosistemi di particolare interesse o a carattere peculiare, diversi tipi fluviali devono essere discriminati sulla base della loro origine:

1. scorrimento superficiale di acque di precipitazione o da scioglimento di nevai (maggior parte dei corsi d'acqua italiani);

2. grandi laghi;

3. ghiacciai;

4. sorgenti (e.g. in aree carsiche);

5. acque sotterranee (e.g. risorgive e fontanili).

Questa categorizzazione è utile per caratterizzare i tratti fluviali più prossimi all'origine; essa (da 3 a 5 della fig. 1.2, in particolare) può perdere d'importanza spostandosi verso valle. Nell'attuale formulazione di tipologia, la distanza di circa 10 km viene orientativamente proposta come limite oltre il quale gli effetti di un'origine particolare del corso d'acqua si affievoliscono al punto da renderlo simile ad un altro originatosi da acque di scorrimento superficiale (fig. 1.2).

A.1.4.5 Influenza del bacino a monte sul corpo idrico

Deve essere utilizzato il semplice rapporto tra l'estensione totale del corso d'acqua (i.e. distanza dalla sorgente) e l'estensione lineare del corso d'acqua in esame all'interno della Idro-ecoregione di appartenenza (sempre a monte del sito, fino al confine della Idro-ecoregione di appartenenza).

Cioè, è possibile definire un indice di Influenza del Bacino/Idro-ecoregione a monte (IBM) come: IBM = Estensione lineare totale del corso d'acqua/Estensione lineare del corso d'acqua nella Idro-ecoregione di appartenenza

L'estensione totale e nella Idro-ecoregione di appartenenza del corso d'acqua devono essere entrambe calcolate a partire dal sito in esame verso monte.

La tabella 1.3 riporta i valori di riferimento per tale indice. Le modalità di calcolo del criterio «Influenza del bacino a monte» potranno essere riviste sulla base dei risultati della prima applicazione tipologica.

Tabella 1.3. Criteri per l'attribuzione di un sito fluviale ad una classe di influenza del bacino a monte (HERm: HER a monte; HERa: HER di appartenenza)

Livello Influenza del Bacino (HER) a Monte
  Trascurabile Debole Forte
HER
2 Alpi e Appennino Settentrionale 2, 5, 6, 7, 8, 9 IBM ≤ 1.25 1.25 < IBM ≤ 2 IBM > 2
    %HERm/HERa ≤ 25 25 < % ≤ 100 > 100
  Appennino Centrale 11, 12, 13, 14, 15 IBM ≤ 2 2 < IBM ≤ 3 IBM > 3
    %HERm/HERa ≤ 100 100 < % ≤ 200 > 200
  Appennino Meridionale 16, 18, 19, 20 IBM ≤ 2 2 < IBM ≤ 4 IBM > 4
    %HERm/HERa ≤ 100 100 < % ≤ 300 > 300
  solo corsi d'acqua endogeni 1, 3, 4, (10), (17), 21   nulla  

Figura 1.2 Tipologia per l'attribuzione di tratti fluviali ad un «tipo» ai sensi della Direttiva 2000/60/CE, Sistema B. Diagramma di flusso per il Livello 2

A.1.5 Definizione di una tipologia di dettaglio

Il livello 3 consente da parte delle Regioni, l'affinamento della tipologia di livello 2 sulla base delle specificità territoriali, dei dati disponibili, di particolari necessità gestionali, etc. Si può basare, nelle diverse aree italiane, su descrittori differenti, la cui utilità e appropriatezza devono essere dimostrate su scala locale/regionale. Questo livello di dettaglio offre la possibilità di compensare eventuali incongruenze che derivino dalla definizione della tipologia di livello 2. L'affinamento di livello 3 è auspicabile per tutti i corsi d'acqua. I risultati di livello 3 consentono una ridefinizione più accurata dei criteri/limiti utilizzati nei due livelli precedenti.

Inoltre, l'indagine di terzo livello dovrebbe affiancare l'individuazione dei corpi idrici e definire gli eventuali sottotipi.

Mentre i livelli 1 e 2 sono da considerarsi obbligatori nell'attribuzione tipologica ad un tratto fluviale, in quanto consentono una tipizzazione comune all'intero territorio nazionale, il terzo livello, come qui illustrato, comprende fattori facoltativi. L'impiego dei fattori di seguito riportati ( vedi anche Fig. 1.3), alcuni dei quali già utilizzati al livello 2, è comunque suggerito per la loro larga applicabilità o per rendere più equilibrato e comparabile la tipizzazione tra corsi d'acqua perenni e temporanei:

- morfologia dell'alveo;

- origine del corso d'acqua;

- temperatura dell'acqua;

- altri descrittori (portata media annua, interazione con la falda, granulometria del substrato, carattere lentico-lotico).

Resta ferma la possibilità di utilizzo di altri elementi al fine di meglio caratterizzare i tipi a scala locale tenendo conto della massima confrontabilità tra aree adiacenti.

A.1.6 Relazione tra i tipi fluviali ottenuti e le biocenosi fluviali

La metodologia qui proposta, che include un elevato numero di descrittori suggeriti dal sistema B della Direttiva 2000/60/CE, è stata basata, a tutti e tre i livelli, su fattori ritenuti importanti nello strutturare le biocenosi acquatiche e nel determinare il funzionamento degli ecosistemi fluviali. Peraltro, è ragionevole attendersi che l'effettiva risposta delle biocenosi possa non variare tra alcuni dei tipi identificati. La tipizzazione effettuata secondo il metodo della presente sezione deve essere successivamente validata attraverso verifiche a carattere biologico con l'obiettivo di definire i bio-tipi effettivamente presenti in ciascuna Idro-ecoregione. La verifica della presenza e dell'importanza dei diversi tipi (livello 2) nelle varie Idro-ecoregioni e Regioni è effettuata, ad opera di Regioni e Autorità di Bacino.

Figura 1.3. Tipologia per l'attribuzione di tratti fluviali ad un «tipo». Diagramma di flusso per il Livello 3

A.2 Metodologia per l'individuazione dei tipi lacustri

A.2.1 Definizioni:

«lago»: un corpo idrico naturale lentico, superficiale, interno, fermo, di acqua dolce, dotato di significativo bacino scolante. Non sono considerati ambienti lacustri tutti gli specchi d'acqua derivanti da attività estrattive, gli ambienti di transizione, quali sbarramenti fluviali tratti di corsi d'acqua in cui la corrente rallenta fino ad un tempo di ricambio inferiore ad una settimana e gli ambienti che mostrano processi di interramento avanzati che si possono definire come zone umide;

«invaso»: corpo idrico fortemente modificato, corpo lacustre naturale-ampliato o artificiale.

A.2.2 Basi metodologiche

I corpi idrici lacustri naturali, artificiali e naturali fortemente modificati presenti sul territorio nazionale devono essere classificati in tipi sulla base di descrittori di carattere morfometrico e sulla composizione prevalente del substrato geologico.

La tipizzazione deve essere effettuata per i laghi di superficie ≥ 0,2 km2 e per gli invasi ≥ 0,5 km2.

Nell'ambito dei corpi idrici tipizzati devono essere sottoposti a successivo monitoraggio e classificazione i laghi e gli invasi con una superficie ≥ 0,5 km2.

La tipizzazione deve comunque essere applicata anche ai laghi di superficie minore, di 0,2 km2 nel caso di ambienti di particolare rilevanza paesaggistico-naturalistica, di ambienti individuati come siti di riferimento, nonché di corpi idrici lacustri che, per il carico inquinante, possono avere un'influenza negativa rilevante per gli obiettivi stabiliti per altri corpi idrici ad essi connessi.

A.2.3 Descrittori per la tipizzazione dei laghi e degli invasi

La tipizzazione dei laghi/invasi è basata sull'utilizzo di descrittori abiotici, in applicazione del sistema B dell'allegato II della Direttiva 2000/60/CE.

I descrittori utilizzati per la tipizzazione (Tab. 2.1) sono distinguibili in morfometrici, geologici e chimico-fisici.

Tab. 2.1. Descrittori utilizzati per l'identificazione dei tipi dei laghi/invasi

DESCRITTORE INTERVALLO DEI VALORI
Localizzazione Ecoregione Alpina Lat. ≥ 44°00' N
Geografica Ecoregione Mediterranea Lat. < 44°00' N
Descrittori Quota (m s.l.m.) < 800
Morfometrici   ≥ 800
    ≥ 2000
  Profondità media/massima (m) < 15
  ≥ 15 / ≥ 120
Superficie (km2) ≥ 100
Descrittori geologici Composizione prevalente substrato geologico (*) Substrato dominante calcareo TAlk ≥ 0,8 meq/l (**)
Substrato dominante siliceo TAlk < 0,8 meq/l (**)
Origine vulcanica SI
NO
Descrittori chimico-fisici Conducibilità (µS/cm 20°C) < 2500
≥ 2500
Stratificazione termica laghi/invasi polimittici
laghi/invasi stratificati

(*) la dominanza del substrato geologico deve determinare un'influenza sulle caratteristiche del corpo idrico stesso

(**) TAlk = alcalinità totale

A.2.3.1 Localizzazione geografica

Latitudine

Il territorio italiano è stato suddiviso in due grandi aree geografiche, separate dal 44° parallelo, per distinguere le regioni settentrionali (Regione Alpina e Sudalpina) e quelle centro-meridionali e insulari (Regione Mediterranea). Tale suddivisione riflette distinzioni di carattere climatico che vanno ad incidere sulle temperature delle acque lentiche e sul loro regime di mescolamento. Non viene considerata la longitudine in quanto non influisce significativamente, per la struttura geografica del territorio italiano, sulle acque lentiche.

A.2.3.2 Descrittori morfometrici

I descrittori morfometrici per l'individuazione dei tipi, sono riportati in tabella 2.2. In considerazione delle differenze, strutturali e gestionali, tra laghi naturali e invasi, i descrittori sono diversi.

Tab. 2.2 Descrittori morfometrici

LAGHI INVASI
Quota media Quota a massima regolazione
Profondità massima Profondità a massima regolazione
Profondità media Profondità media a massima regolazione
Superficie Superficie a massima regolazione

Per i laghi, ai fini del presente allegato, deve intendersi per:

Quota media del lago o livello medio (m s.l.m.): l'altitudine media sul livello del mare della superficie dello specchio d'acqua.

Profondità massima (m): la distanza tra la quota del punto più depresso della conca lacustre e la quota media della superficie dello specchio d'acqua.

Superficie (km2): l'area dello specchio liquido alla quota media del lago.

Profondità media (m): il volume del lago (in 106 m3) diviso per la superficie dello specchio liquido (in 106 m2)

Per gli invasi, ai fini del presente allegato, deve intendersi per:

Quota a massima regolazione (m s.l.m.): la quota massima riferita al volume totale d'invaso, definita dal D.M. 24/3/82 n. 44.

Profondità massima a massima regolazione (m): la distanza tra la quota del punto più depresso della conca lacustre e la quota della superficie dello specchio d'acqua, considerata alla massima regolazione.

Superficie a massima regolazione (km2): l'area dello specchio liquido riferita alla quota di massima regolazione.

Profondità media a massima regolazione (m): il volume dell'invaso a massima regolazione (in 106 m3) diviso per la superficie a massima regolazione (in 106 m2).

A.2.3.3 Descrittori geologici

I descrittori geologici indicano la classe geologica di appartenenza del lago/invaso e si basano sulla tipologia di substrato dominante del bacino idrografico collocando il lago/invaso in una delle due categorie:

- calcarea

- silicea.

Si precisa che la dominanza del substrato geologico è quella che determina un'influenza sulle caratteristiche del lago/invaso stesso.

Per la determinazione della categoria geologica si utilizza il valore di alcalinità totale TAlk, espresso in meq/l, calcolato come valore medio sulla colonna nello strato di massimo rimescolamento invernale:

TAlk < 0,8 meq/l Tipologia silicea

TAlk ≥ 0,8 meq/l Tipologia calcarea.

In assenza del valore di alcalinità può essere utilizzato il valore della conducibilità, ovvero il valore medio sulla colonna calcolato come per l'alcalinità totale, prestando attenzione alla zona di separazione di classe qui indicata:

Cond < 250 µS/cm 20° C Tipologia silicea

Cond > 250 µS/cm 20° C Tipologia calcarea.

Nei casi dubbi l'attribuzione deve essere supportata mediante l'analisi di carte geologiche.

Origine geologica

L'origine è stata introdotta limitatamente ai laghi di origine vulcanica e pseudovulcanica localizzati nell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare. Questi laghi richiedono una classificazione in tipi specifica per alcune caratteristiche, quali il bacino imbrifero, poco più grande del lago stesso, la morfologia della cuvetta, tipicamente a tronco dicono, l'elevato tempo di ricambio, ecc.

A.2.3.4 Descrittori chimico-fisici

Conducibilità

Questa variabile, ottenuta come valore medio sulla colonna nello strato di massimo rimescolamento invernale, è utilizzata per suddividere i laghi/invasi d'acqua dolce da quelli ad alto contenuto salino in base alla soglia di 2500 µS/cm 20° C (corrispondente a 1,44 psu, una densità di 999,30 kg/m3 e una diminuzione del punto di congelamento di -0,08°C) che separa ecosistemi che presentano cambiamenti significativi delle comunità biologiche.

Stratificazione termica (polimissi)

Un lago/invaso è definito polimittico se non mostra una stratificazione termica evidente e stabile. Un ambiente lentico di questo genere può andare incontro a diverse fasi di mescolamento nel corso del suo ciclo annuale. Per distinguere i laghi/invasi polimittici da quelli a stabile stratificazione vengono identificati i seguenti valori di profondità media:

- < 3 m per i laghi/invasi al di sotto di 2000 m s.l.m.;

- < 5 m per i laghi/invasi al di sopra di 2000 m s.l.m.

A.2.4 Identificazione dei tipi

A.2.4.1 Procedura di tipizzazione (tipizzazione operativa)

La procedura di tipizzazione segue uno schema dicotomico (Fig. 2.1) basato su una sequenza successiva di nodi che si sviluppano a cascata. Il primo nodo è basato sulla distinzione tra laghi/invasi salini e laghi/invasi di acqua dolce, seguito dalla localizzazione geografica, la caratterizzazione morfometrica (quota, profondità, ecc.) ed infine quella geologica prevalente. La metodologia di seguito esposta è il risultato di un'ottimizzazione di un sistema di tipizzazione teorico più complesso, messo a punto dal CNR IRSA e dal CNR ISE, attraverso criteri di razionalizzazione per la riduzione del numero di tipi e denominata tipizzazione operativa.

A.2.4.2 Griglia di tipizzazione operativa dei laghi/invasi italiani

La tipizzazione di un corpo lacustre per i primi due livelli prevede:

- la valutazione del contenuto ionico complessivo della matrice acquosa utilizzando il criterio della soglia di 2500 µS/cm a 20° C;

- la distinzione dei laghi/invasi in base alla regione di appartenenza (Regione Alpina e Sudalpina o Regione Mediterranea) attraverso la posizione latitudinale superiore o inferiore al 44° parallelo Nord (1735) .

Da questo punto la tipizzazione prosegue in parallelo per le due diverse regioni.

Nella Regione Alpina e Sudalpina la griglia prevede tre livelli discriminanti in base alla quota ed alla morfometria lacustre e due ulteriori livelli basati sulla stabilità termica e sulla composizione geologica prevalente del bacino (calcareo o siliceo).

Nel caso della Regione Mediterranea il primo livello discrimina sempre l'origine, vulcanica o pseudovulcanica, mentre per gli altri laghi/invasi i successivi livelli seguono una discriminazione morfometrica, termica e geologica.

Complessivamente con la griglia operativa di tipizzazione dei laghi/invasi italiani si ottengono 18 tipi, di cui 1 corrisponde al tipo dei laghi/invasi ad elevato contenuto salino (Tipo S), 10 appartengono alla Regione Alpina e Sudalpina (Tipo AL-1 ... AL-10) ed i restanti 7 alla Regione Mediterranea (Tipo ME-1 ... ME-7).

Figura 2.1 Griglia operativa di tipizzazione dei laghi ≥ 0,2 km2 e degli invasi ≥ 0,5 km2 (NB nella figura 2.1 il termine «lago/laghi» individua genericamente sia gli ambienti lacustri naturali che gli invasi)

A.2.4.3 Descrizione dei tipi ottenuti:

Di seguito si riporta la definizione breve e la descrizione dettagliata di ciascun tipo di lago/invaso suddiviso per le due regioni geografiche.

Regione Alpina e Sudalpina

Tipo AL-1: Laghi/invasi alpini d'alta quota, calcarei.

Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 2000 m s.l.m., con substrato prevalentemente calcareo.

Tipo AL-2: Laghi/invasi alpini d'alta quota, silicei.

Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 2000 m s.l.m., con substrato prevalentemente siliceo.

Tipo AL-3: Grandi laghi sudalpini.

Laghi dell'Italia Settentrionale, situati a quota inferiore a 800 m s.l.m., aventi profondità massima della cuvetta lacustre superiore o uguale a 125 m, oppure area dello specchio lacustre superiore o uguale a 100 km2. Questo tipo identifica i grandi laghi sudalpini: Como, Garda, Iseo, Lugano, Maggiore.

Tipo AL-4: Laghi/invasi sudalpini, polimittici.

Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota inferiore a 800 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da assenza di stratificazione termica stabile (regime polimittico).

Tipo AL-5: Laghi/invasi sudalpini, poco profondi.

Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota inferiore a 800 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da presenza di stratificazione termica stabile.

Tipo AL-6: Laghi/invasi sudalpini, profondi.

Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota inferiore a 800 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a 15 m.

Tipo AL-7: Laghi/invasi alpini, poco profondi, calcarei.

Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 800 m s.l.m. e inferiore a 2000 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, con substrato prevalentemente calcareo.

Tipo AL-8: Laghi/invasi alpini, poco profondi, silicei

Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 800 m s.l.m. e inferiore a 2000 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, con substrato prevalentemente siliceo.

Tipo AL-9: Laghi/invasi alpini, profondi, calcarei.

Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 800 m s.l.m. e inferiore a 2000 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a 15 m, con substrato prevalentemente calcareo.

Tipo AL-10: Laghi/invasi alpini, profondi, silicei.

Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 800 m s.l.m. e inferiore a 2000 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a 15 m, con substrato prevalentemente siliceo.

Regione Mediterranea

Tipo ME-1: Laghi/invasi mediterranei, polimittici.

Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da assenza di stratificazione termica stabile (regime polimittico).

Tipo ME-2: Laghi/invasi mediterranei, poco profondi, calcarei.

Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da presenza di stratificazione termica stabile, con substrato prevalentemente calcareo.

Tipo ME-3: Laghi/invasi mediterranei, poco profondi, silicei.

Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da presenza di stratificazione termica stabile, con substrato prevalentemente siliceo.

Tipo ME-4: Laghi/invasi mediterranei, profondi, calcarei.

Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a 15 m, con substrato prevalentemente calcareo.

Tipo ME-5: Laghi/invasi mediterranei, profondi, silicei.

Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a 15 m, con substrato prevalentemente siliceo.

Tipo ME-6: Laghi vulcanici poco profondi.

Laghi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, di origine vulcanica e pseudovulcanica, aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m.

Tipo ME-7: Laghi vulcanici profondi.

Laghi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, di origine vulcanica e pseudovulcanica, aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a 15 m.

Tipo S: Laghi/invasi salini non connessi con il mare.

Laghi/invasi senza distinzione di area geografica di appartenenza caratterizzati da valori di conducibilità superiori a 2500 µS/cm 20°C.

A.3 Metodologia per l'individuazione dei tipi delle acque marino-costiere

A.3.1Criteri di tipizzazione

La caratterizzazione delle acque costiere viene effettuata sulla base delle caratteristiche naturali geomorfologiche ed idrodinamiche che identificano il tipo di tratto costiero, utilizzando i macrodescrittori di cui alla tabella 3.1, in applicazione del sistema B dell'allegato II della Direttiva 2000/60/CE.

Tab. 3.1. Criteri per la suddivisione delle acque costiere in diversi tipi

Localizzazione geografica appartenenza ad una Ecoregione (1)
Descrittori geomorfologici - morfologia dell'area costiera sommersa (compresa l'area di terraferma adiacente) (2)
- natura del substrato
Descrittori idrologici - stabilità verticale della colonna d'acqua (3)

(1) l'Italia si trova all'interno dell'ecoregione Mediterranea.

(2) Nel caso in cui siano presenti substrati differenti, viene indicato il substrato dominante.

(3) Per la profondità la distinzione è basata su una profondità di circa 30 m, alla distanza di 1 miglio dalla linea di costa.

A.3.1.1 Descrittori Geomorfologici

La costa italiana, sulla base dei descrittori geomorfologici, è suddivisa in sei tipologie principali denominate:

- rilievi montuosi (A),

- terrazzi (B),

- pianura litoranea (C),

- pianura di fiumara (D),

- pianura alluvionale (E)

- pianura di dune (F).

A.3.1.2 Descrittori idrologici

Per la tipizzazione devono essere presi in considerazione anche descrittori idrologici, quali le condizioni prevalenti di stabilità verticale della colonna d'acqua. Tale descrittore è derivato dai parametri di temperatura e salinità in conformità con le disposizioni della Direttiva relativamente ai parametri da considerare per la tipizzazione. La stabilità della colonna d'acqua è un fattore che ben rappresenta gli effetti delle immissioni di acqua dolce di provenienza continentale, correlabili ai numerosi descrittori di pressione antropica che insistono sulla fascia costiera (nutrienti, sostanze contaminanti, ecc). La stabilità deve essere misurata ad una profondità di circa 30 m, alla distanza di 1 miglio dalla linea di costa.

Procedura per il calcolo della stabilità verticale della colonna d'acqua

Nel caso delle acque marino-costiere, il parametro «stabilità della colonna d'acqua» risulta un ottimo indicatore degli effetti dei contributi di acqua dolce di provenienza continentale, correlabili ai numerosi descrittori di pressione antropica che insistono sulla fascia costiera (nutrienti, sostanze contaminanti quali organo-clorurati, metalli pesanti, ecc.).

In conformità con quanto richiesto dalla Direttiva 2000/60/CE, relativamente alle procedure di caratterizzazione dei tipi costieri, la stabilità della colonna d'acqua è un fattore derivato dai parametri di temperatura e salinità.

Il quadrato della stabilità deve essere definito nel modo seguente:

N2 = - g/ρ * dρ/dz

dove:

g è l'accelerazione di gravità espressa in m/sec2, ρ è la densità espressa in kg/m3, dρ/dz rappresenta il gradiente verticale di densità, con z profondità espressa in metri.

Per calcolare, con l'approssimazione richiesta, il gradiente verticale di densità e quindi il coefficiente di stabilità statica N si segue la procedura sotto indicata:

1. per ogni profilo verticale di densità (solitamente espressa come anomalia di densità: σ t) (1736) e relativo ad una data stazione di misura, si calcola la profondità del picnoclino; (1737)

2. il profilo di densità viene quindi suddiviso in due strati: il primo dalla superficie alla profondità del picnoclino (box 1), il secondo dal picnoclino al fondo (box 2);

3. si procede poi al calcolo della differenza fra la densità media nel box 2 e quella nel box 1 e si ottiene dρ;

4. analogamente si calcola la differenza fra la profondità media del box 2 e quella del box 1 ottenendo dz;

5. si divide infine dρ per dz (si calcola cioè il gradiente di densità verticale dρ/dz). Tale gradiente, moltiplicato per g (9,81 m/sec2) e diviso per la densità media su tutto il profilo ρ, fornisce il valore di N2 (sec–2).

La quantità N = √N2 , già definita come coefficiente di stabilità statica, dimensionalmente è una frequenza, meglio nota con il nome di Frequenza di Brunt-Väisälä.

La figura 3.1, relativa ad un profilo verticale-tipo di densità, consente di valutare un valore di N pari a 0.15 sec-1, che deriva dalle seguenti misure:

-g = -9.81 m/sec2,

ρ (come sigma-t) =25.72 Kg/m3,

dρ 0.38 Kg/m3,

dz = -6.62 m.

Figura 3.1 Relazione tra profondità e densità

Sulla base della elaborazione dei risultati di cui al programma nazionale di monitoraggio della qualità degli ambienti marini costieri italiani del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si possono caratterizzare tutte le acque costiere italiane con i relativi valori medi annuali di stabilità verticale, secondo le tre tipologie:

- alta stabilità: N ≥ 0.3

- media stabilità: 0.15 < N < 0.3

- bassa stabilità: N ≤ 0.15

L'ICRAM - Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare - fornisce supporto tecnico alle regioni in relazione ai dati di stabilità, ai fini dell'omogeneità di applicazione sul territorio nazionale.

A.3.2 Definizione dei tipi costieri

Integrando le classi di tipologia costiera basate sui descrittori geomorfologici di cui al paragrafo A.3.1.1 con le tre classi di stabilità della colonna d'acqua, vengono identificati i tipi della fascia costiera italiana secondo lo schema riportato in tabella 3.2.

Tabella 3.2 Tipi costieri italiani secondo i criteri geomorfologici e idrologici

Criteri geomorfologici Criteri idrologici: Stabilità
  (1) alta (2) media (3) bassa
(A) Rilievi montuosi A1 A2 A3
(B) Terrazzi B1 B2 B3
(C) Pianura litoranea C1 C2 C3
(D) Pianura di fiumara D1 D2 D3
(E) Pianura alluvionale E1 E2 E3
(F) Pianura di dune F1 F2 F3

A.4 Metodologia per l'individuazione dei tipi delle acque di transizione

Il processo da attuare per la tipizzazione delle acque di transizione è costituito dall'applicazione di descrittori prioritari e relative soglie di riferimento definite a livello nazionale dal presente allegato.

A.4.1 Definizione operazionale di acque di transizione

Gli ecosistemi acquatici di transizione a causa della loro peculiare collocazione, tra terra emersa e terre completamente sommerse, presentano caratteristiche ecologiche peculiari e una intrinseca eterogeneità, rappresentata da un'ampia variabilità degli habitat e dei parametri chimico-fisici (e.g. salinità, nutrienti, idrodinamismo e geomorfologia). Ai sensi dell'art. 54 del presente decreto legislativo le «acque di transizione» vengono definite: «i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce».

Per una più precisa ed univoca individuazione dei corpi idrici appartenenti alla categoria delle acque di transizione si rende necessario introdurre una definizione delle medesime, che è stata qualificata nel titolo del presente paragrafo come «operazionale», dato che tale definizione è di tipo convenzionale ed ha un taglio prevalentemente applicativo.

All'interno del territorio nazionale sono attribuiti alla categoria «acque di transizione» i corpi idrici di superficie > 0,5 Km2 conformi all'art. 2 della Direttiva, delimitati verso monte (fiume) dalla zona ove arriva il cuneo salino (definito come la sezione dell'asta fluviale nella quale tutti i punti monitorati sulla colonna d'acqua hanno il valore di salinità superiore a 0.5 psu) in bassa marea e condizioni di magra idrologica e verso valle (mare) da elementi fisici quali scanni, cordoni litoranei e/o barriere artificiali, o più in generale dalla linea di costa.

Sono attribuiti alla categoria «acque di transizione» anche gli stagni costieri che, a causa di intensa e prevalente evaporazione, assumono valori di salinità superiori a quelli del mare antistante.

Oltre alle foci fluviali direttamente sversanti in mare, saranno classificati come «acque di transizione», ma tipologicamente distinti dalle lagune in quanto foci fluviali, quei tratti di corsi d'acqua che, pur sfociando in una laguna, presentano dimensioni non inferiori a 0.5 km2. Gli ecosistemi di transizione individuati mediante la definizione di cui sopra, con superficie inferiore a 0.5 km2, non sono obbligatoriamente soggetti a tipizzazione ed al successivo monitoraggio e classificazione ai sensi della Direttiva.

Possono essere considerati corpi idrici di transizione anche corpi idrici di dimensioni inferiori a 0.5 km2, qualora sussistano motivazioni rilevanti ai fini della conservazione di habitat prioritari, eventualmente già tradotte in idonei strumenti di tutela, in applicazione di direttive Europee o disposizioni nazionali o regionali, o qualora sussistano altri motivi rilevanti che giustifichino questa scelta. Fra essi possono essere citati:

- l'appartenenza totale o parziale ad aree protette;

- la specifica valenza ecologica;

- la presenza di aree considerabili come siti di riferimento;

- la rilevanza socio-economica;

- l'esistenza di elementi di pressione specifici e distinti;

- l'elevata influenza sui corpi idrici circostanti.

Alle acque di transizione così definite si applicano i criteri di tipizzazione stabiliti nel seguito.

A.4.2 Criteri di tipizzazione

La caratterizzazione delle acque di transizione deve essere effettuata sulla base dei descrittori di cui alla tabella 4.1.

Tab. 4.1 Descrittori per la suddivisione delle acque di transizione in diversi tipi

Localizzazione geografica appartenenza ad una Ecoregione (1)
Geomorfologia Lagune costiere o foci fluviali
Escursione di marea > 50
< 50
Superficie (S) > 2,5 km2
0,5 < S < 2,5 km2
Salinità Oligoaline < 5 psu
Mesoaline 5-20 psu
Polialine 20-30 psu
Eurialine 30-40 psu
Iperaline > 40 psu

(1) L'talia si trova all'interno dell'ecoregione Mediterranea.

1. La prima distinzione delle acque di transizione viene effettuata tenendo in considerazione le caratteristiche geomorfologiche delle acque di transizione, che corrispondono alle lagune costiere ed alle foci fluviali.

2. Le lagune costiere sono successivamente distinte in base all'escursione di marea in:

a) micro tidali (escursione di marea > 50 cm)

b) non tidali (escursione di marea < 50 cm) (*)

(*) rientrano in questa categoria i laghi costieri salmastri.

3. L'ulteriore distinzione tipologica deve essere effettuata sulla base di due parametri prioritari da tenere in considerazione per una definizione più accurata dei tipi delle acque di transizione: superficie e salinità.

A.4.3 Definizione dei tipi

Dall'applicazione dei descrittori vengono individuate complessivamente 21 tipi di acque di transizione (Figura 4.1).

Fig. 4.1 Diagramma di tipizzazione per le acque di transizione

A.4.4 Criteri di sub-tipizzazione da applicare eventualmente a livello regionale

Per raggiungere un adeguato livello di tipizzazione i descrittori utilizzati a livello nazionale possono non essere sufficienti. Per questo motivo il sistema nazionale di tipizzazione prevede che le acque di transizione che presentano una significativa eterogeneità ambientale interna, evidenziabile essenzialmente su base geomorfologica ed idrodinamica, possano essere ulteriormente «sub-tipizzate» a livello regionale, mediante l'applicazione dei descrittori geomorfologici, idrologici e sedimentologici, riportati in tabella 4.2, la cui idoneità ed appropriatezza dovrà essere opportunamente dimostrata. Tale ulteriore divisione potrà rendersi necessaria in particolare per gli ambienti lentici, specie se di grandi dimensioni.

Per le foci fluviali, invece, potrebbe verificarsi la necessità di introdurre quale criterio di sub-tipizzazione la salinità, già presente nello schema di tipizzazione per gli ambienti lentici.

I risultati di livello 3 devono essere utilizzati per una ridefinizione più accurata dei criteri/limiti utilizzati nei due livelli precedenti.

Tab. 4.2 Fattori opzionali del Sistema di classificazione B (Allegato II della Direttiva 2000/60/CE)

Fattori opzionali Profondità
Velocità della corrente
Esposizione alle onde
Tempo di residenza
Temperatura media dell'acqua
Caratteristiche di mescolamento
Torbidità
Composizione media del substrato
Configurazione (forma)
Intervallo delle temperature dell'acqua

La eventuale sub-tipizzazione regionale, (terzo livello di indagine) deve essere gerarchicamente successiva alla tipizzazione nazionale, in modo tale che sia possibile riportarsi ad un livello di classificazione comune.

La sub-tipizzazione deve affiancare l'individuazione dei corpi idrici ai sensi dell'art. 74, comma 2, lettera h), del presente decreto legislativo e alla sezione B del presente allegato, e consentire la definizione di eventuali sottotipi, che dovranno essere posti in relazione a diverse condizioni di riferimento.

A.4.5 Valutazioni sulle scale spaziali e temporali ai fini della tipizzazione

L'applicazione del criterio di tipizzazione sopra descritto a ciascuna area con acque di transizione, sia essa rappresentata da una foce fluviale o da un ambiente lentico, richiede di considerare attentamente le scale spaziali e le scale temporali, in considerazione delle caratteristiche specifiche dell'area da tipizzare e dei passaggi successivi previsti dalla Direttiva per i corpi idrici, fino al piano di gestione per il raggiungimento o il mantenimento del buono stato chimico ed ecologico.

Le condizioni di riferimento, in base alle quali si determinano gli RQE (Rapporto di Qualità Ecologica) e quindi la qualità dei corpi idrici, sono tipo-specifiche. Questo deve rappresentare un concetto guida per tutto il processo di tipizzazione dei corpi idrici superficiali, in fase di determinazione della scala spaziale e del grado di specificità da raggiungere nella suddivisione delle acque superficiali.

Sulla base dei criteri descritti in precedenza, per le acque di transizione sono state definite a livello nazionale 21 tipi. È importante sottolineare che un ambiente di transizione può essere suddiviso in più tipi. La suddivisione in tipi deve infatti rispondere alla necessità di considerare la variabilità intrinseca degli ambienti acquatici di transizione, ognuno dei quali deve essere rappresentato da specifiche condizioni di riferimento.

Un tipo, o sottotipo, deve corrispondere alla scala spaziale minima in cui si riconoscano le condizioni di riferimento e alla quale, nel momento in cui un'area tipizzata viene attribuita ad uno o più corpi idrici, va applicato il monitoraggio.

Il tema della scala temporale si ricollega al tema della definizione delle condizioni di riferimento, alla misura degli indicatori di stato più idonei e conseguentemente alla classificazione del corpo idrico. Considerato ciò, è opportuno ottimizzare la definizione di tipi e sottotipi tenendo conto dello sforzo di campionamento richiesto per il controllo dello stato ecologico in un numero elevato di tipi (o sottotipi). L'eccessiva parcellizzazione di un'area in più tipi, e conseguentemente in più corpi idrici, animata dall'intenzione di considerare interamente la variabilità biologica e di habitat presenti, può portare ad un appesantimento eccessivo ed ingiustificato degli oneri di monitoraggio e di gestione.

La scala temporale è legata a due componenti:

- la stagionalità ed il regime tidale;

- le variazioni della geomorfologia (es. crescita o arretramento delle frecce litorali, approfondimento o interrimento di un bassofondo o di un canale).

Quest'ultima può avere particolare rilievo ai fini della tipizzazione, mentre ai fini del monitoraggio può assumere maggiore importanza la stagionalità ed il regime tidale.

Con riferimento specifico al parametro «salinità», in conformità a quanto riportato nell'allegato II della direttiva 2000/60/CE, deve intendersi «salinità media annuale».

Documenti di riferimento

Si riportano di seguito i documenti contenenti informazioni di dettaglio in merito alla tipizzazione dei corpi idrici:

- Elementi di base per la definizione di una tipologia per i fiumi italiani in applicazione della Direttiva 2000/60/CE. Notiziario dei Metodi Analitici, CNR-IRSA Dicembre 2006 (1): 2-19;

- Approccio delle Idro-Ecoregioni europee e tipologia fluviale in Francia per la Direttiva Quadro sulle Acque (EC 2000/60). Notiziario dei Metodi Analitici IRSA-CNR 2006 (1): 20-38.;

- Définition des Hydro-écoregions francaises métropolitaines. Approche regionale de la typologie des eaux courantes et élements pour la définition des poulements de référence d'invertébrés. Rapport, Ministére de l'Aménagement du Territoire et de l'Environment, Cemagref Lyon BEA/LHQ2002: 1-190;

- Characterization of the Italian lake-types and identification of their reference sites using anthropogenic pressure factors. J. Limnol, 64 (1): 75-84;

- Relationships between hydrological and water quality parameters as a key issue in the modelling of trophic ecosystem responses for Mediterranean coastal water types. 2006. (In pubblicazione su Hydrobiologia).

SEZIONE B: CRITERI METODOLOGICI DI INDIVIDUAZIONE DEI CORPI IDRICI SUPERFICIALI (1742)

B.1 Introduzione

La presente sezione riporta criteri generali per l'identificazione dei corpi idrici superficiali. Le Regioni per quanto di competenza, in relazione alle caratteristiche e peculiarità del proprio territorio possono applicare criteri diversi fornendone motivazione.

I «corpi idrici» sono le unità a cui fare riferimento per riportare e accertare la conformità con gli obiettivi ambientali di cui al presente decreto legislativo.

I criteri per l'identificazione dei corpi idrici tengono conto principalmente delle differenze dello stato di qualità, delle pressioni esistenti sul territorio e dell'estensione delle aree protette. Una corretta identificazione dei corpi idrici è di particolare importanza, in quanto gli obiettivi ambientali e le misure necessarie per raggiungerli si applicano in base alle caratteristiche e le criticità dei singoli «corpi idrici». Un fattore chiave in questo contesto è pertanto lo «stato» di questi corpi. Se l'identificazione dei corpi idrici è tale da non permettere una descrizione accurata dello stato degli ecosistemi acquatici, non sarà possibile applicare correttamente gli obiettivi fissati dalla normativa vigente.

B.2 Corpo idrico superficiale

L'uso dei termini «distinto e significativo» nella definizione di «corpo idrico superficiale», di cui all'articolo 74, comma 2, lettera h) del presente decreto legislativo presuppone che i «corpi idrici» non sono una suddivisione arbitraria nell'ambito dei distretti idrografici. Ogni corpo idrico è identificato in base alla propria «distinguibilità e significatività» nel contesto delle finalità, degli obiettivi e delle disposizioni del decreto legislativo n. 152/06.

B.3 Processo per l'identificazione dei corpi idrici

L'identificazione dei corpi idrici deve essere effettuata successivamente al processo di tipizzazione di cui alla sezione A del presente allegato, secondo lo schema di seguito riportato. Il processo di identificazione dei corpi idrici è suddiviso nelle 5 fasi dettagliate nei paragrafi successivi.

B.3.1 FASE I - Delimitazione categorie e tipi

Al fine della delimitazione dei corpi idrici è necessario, innanzitutto, identificare i limiti delle categorie di acque superficiali (vedi sezione A). Un corpo idrico non deve essere diviso tra diverse categorie di acque (fiumi, laghi/invasi, acque di transizione e acque costiere), deve appartenere ad una sola categoria e ad un unico tipo.

B.3.2 FASE II - Criteri dimensionali

Per delineare i corpi idrici è necessario identificare i limiti dimensionali.

In questa fase occorre individuare quali parti di acque superficiali debbano essere identificate come corpi idrici poiché esse includono un gran numero di elementi molto piccoli e l'identificazione di tutti gli elementi come corpi idrici separati causerebbe difficoltà logistiche rilevanti. Per evitare tale inconveniente almeno nella fase iniziale si applicano i criteri dimensionali, riportati nella tabella 1. Elementi di acque superficiali più piccoli di tali criteri dimensionali possono essere identificati come corpi idrici individuali nel caso in cui sia soddisfatto almeno un criterio tra quelli fissati nel paragrafo B.3.5.1

Tab. 1 Criteri dimensionali per fiumi, laghi/invasi e acque di transizione

Elementi di acque superficiali appartenenti alle categorie sotto riportate sono identificati come corpi idrici se:
Fiumi Laghi/invasi Acque di transizione
Il loro bacino scolante è ≥ 10 km2 L'area della loro superficie è ≥ 0.5 km2 L'area della loro superficie è > 0.5 km2
Sono soddisfatti uno o più criteri fissati nel paragrafo B.3.5.1 Sono soddisfatti uno o più criteri fissati nel paragrafo B.3.5.1 Sono soddisfatti uno o più criteri fissati nel paragrafo B.3.5.1

B.3.3 FASE III - Caratteristiche fisiche

Per assicurare che i corpi idrici rappresentino elementi distinti e significativi di acque superficiali, la fase III è necessaria per identificare i limiti attraverso le caratteristiche fisiche significative in riferimento agli obiettivi da perseguire, alcune delle quali sono riportate in tabella 2. La confluenza di corsi d'acqua potrebbe chiaramente demarcare un limite geografico e idromorfologico preciso di un corpo idrico.

Tab. 2 Alcune delle caratteristiche fisiche per l'individuazione di corpi idrici

Fiumi Laghi/invasi Acque di transizione Acque costiere
Confluenze Componenti morfologiche che separano i vari bacini (es. soglia subacquea) (1738) Variazioni di salinità Presenza/assenza di una forte sorgente di acqua dolce
Variazioni di pendenza   Strutture morfologiche che determinano un diverso grado di confinamento (es. barene) Discontinuità importanti nella struttura della fascia litoranea per la presenza ad esempio di foci fluviali
Variazioni di morfologia dell'alveo   Cordoni litoranei  
Variazioni della forma della valle      
Differenze idrologiche      
Apporti sorgivi rilevanti      
Variazioni nell'interazione con la falda      
Discontinuità importanti nella struttura della fascia riparia      

Sulla base di quanto sopra detto può essere identificato come corpo idrico anche una parte di un fiume o una parte di acque di transizione.

Al fine di assicurare un'adeguata e quindi significativa identificazione dei corpi idrici, bisogna identificare i limiti in base ad ulteriori criteri rilevanti (paragrafo B.3.4), necessari anche per l'identificazione dei corpi idrici fortemente modificati e artificiali (paragrafo B.4).

B.3.4 Fase IV - Stato delle acque e limiti delle aree protette

Le fasi descritte nei paragrafi precedenti consentono di effettuare una prima generale delimitazione dei «corpi idrici» da confermare sulla base dei criteri di seguito dettagliati:

1) Stato delle acque superficiali e relative pressioni;

2) Limiti delle aree protette di cui all'art. 117 comma 3

B.3.4.1 Suddivisioni delle acque superficiali per rispecchiare il loro stato (ecologico e chimico)

Una conoscenza accurata dello stato degli ecosistemi acquatici è fondamentale per l'identificazione dei corpi idrici.

La necessità di tenere separati due o più corpi idrici contigui, sebbene appartenenti allo stesso tipo, dipende dalle pressioni e dai risultanti impatti e quindi dalla necessità di gestirli diversamente.

Un «corpo idrico» deve essere nelle condizioni tali da poter essere assegnato a una singola classe di stato delle acque superficiali con sufficiente attendibilità e precisione sulla base dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati. I cambi dello stato di qualità nelle acque superficiali si utilizzano per delineare i limiti del corpo idrico.

Il processo di suddivisione delle acque superficiali per rispecchiare le differenze nello stato è un processo iterativo non solo dipendente dai risultati dei programmi di monitoraggio ma anche dalle informazioni che derivano dall'aggiornamento delle analisi delle pressioni e degli impatti.

Inizialmente, specialmente durante il periodo antecedente la pubblicazione del primo Piano di gestione, nel caso di assenza di informazioni sufficienti per definire accuratamente lo stato delle acque, la procedura di valutazione delle pressioni e degli impatti, condotta secondo le indicazioni di cui alla sezione C del presente allegato, fornirà stime sui cambiamenti dello stato che potranno essere utilizzate per tracciare i limiti per l'identificazione dei corpi idrici. I programmi di monitoraggio forniranno le informazioni necessarie a confermare i limiti basati sullo stato di qualità.

La delineazione di corpi idrici deve essere effettuata nei tempi adeguati, al fine di permettere la preparazione del piano di gestione. È sottinteso che a un miglioramento dello stato può conseguire un aggiustamento dei limiti dei corpi idrici.

Si riconosce però che un'eccessiva suddivisione, delle acque in unità sempre più piccole così come un esagerato accorpamento per la definizione di corpi idrici molto estesi, può creare difficoltà significative di gestione e di adozione di misure corrette per la protezione o il miglioramento degli ambienti acquatici.

Nell'identificazione delle acque marino-costiere non devono essere considerate le acque di porto in quanto non rientrano nella definizione di corpo idrico. A tal proposito si chiarisce che le aree portuali sono da considerarsi sorgenti di inquinamento.

Per quanto riguarda i laghi/invasi il singolo corpo idrico individuato sulla base di caratteristiche fisiche (tipizzazione e successiva suddivisione dei tipi) in generale non è soggetto ad ulteriori suddivisioni in base alla qualità delle acque, che apparterranno quindi ad una sola classe; l'esistenza di eventuali stati di qualità differenti rappresenta un'eccezione.

In merito alle acque di transizione il problema si pone soprattutto per le fonti di inquinamento puntuali, la cui superficie di influenza dipende dalle caratteristiche idro-morfologiche del corpo idrico e talvolta può essere di dimensioni ridotte.

In questi casi se l'area di impatto è ridotta, sia in valore assoluto sia in relazione alle dimensioni del corpo idrico cui appartiene, è preferibile non considerarla corpo idrico indipendente. È necessario comunque considerare il caso in cui l'area impattata, anche se limitata, condiziona in maniera rilevante l'intero corpo idrico (ad esempio compromettendo un habitat unico e importante per specifici elementi di qualità biologica). Le aree di maggior impatto, anche se non individuate come specifici corpi idrici, devono essere attentamente considerate nei piani di monitoraggio, prevedendo l'eventuale individuazione di specifiche stazioni.

B.3.4.2 Suddivisioni delle acque superficiali in relazione alle aree protette

Le aree protette, di cui all'allegato IX del presente decreto legislativo, sono identificate in base a specifiche discipline. Tali aree devono essere considerate nella delimitazione dei corpi idrici per una razionalizzazione della suddivisione dei corpi idrici e della relativa gestione integrata.

Le acque che ricadono all'interno di un'area protetta sono assoggettate ad obiettivi aggiuntivi; pertanto nel definire i limiti dei corpi idrici devono essere considerati anche i confini delle aree protette.

I limiti dei corpi idrici e delle aree protette nella maggior parte dei casi non coincideranno in quanto tali aree vengono definite per scopi diversi, quindi in base a criteri diversi.

Le autorità competenti nel definire i limiti dei corpi idrici superficiali potranno decidere se adattarli a quelli delle aree protette, eventualmente suddividendo il corpo idrico, con la finalità di razionalizzare la gestione delle acque, fermo restando il rispetto delle differenze dello stato di qualità delle acque.

B.3.5 FASE V - Altri criteri

B.3.5.1 Identificazione di piccoli elementi di acque superficiali come corpi idrici

Se in generale un piccolo elemento di acque superficiali non viene identificato come un corpo idrico (ad esempio perché non sono soddisfatte le soglie dimensionali riportate nel paragrafo B.3.2), questo può ancora essere identificato come un corpo idrico separato quando è applicabile almeno uno dei casi di seguito riportati (punti a-g):

a) laddove l'elemento di acque superficiali è utilizzato, o designato a essere utilizzato, per l'estrazione di acque destinate al consumo umano che fornisce in media oltre 10 m3 al giorno o serve più di 50 persone, viene identificato come un corpo idrico, e quindi come area protetta per le acque potabili a norma dell'articolo 7 della Direttiva;

b) il raggiungimento di qualsiasi standard e obiettivi per una ZPS o candidata ZPS, identificata secondo la Direttiva 79/409/CEE (direttiva uccelli), o per una ZSC o candidata ZSC identificata secondo la Direttiva 92/43/CEE (direttiva habitat), dipende dal mantenimento o dal miglioramento dello stato dell'elemento di acque superficiali;

c) il raggiungimento di qualsiasi standard e obiettivi per tutte le aree di particolare pregio ambientale dipende dal mantenimento o dal miglioramento dello stato dell'elemento di acque superficiali, l'elemento è quindi di importanza ecologica all'interno del bacino idrografico;

d) all'interno del processo di pianificazione della gestione del bacino idrografico si stabilisce che il mantenimento o il miglioramento dello stato dell'elemento di acque superficiali è importante al raggiungimento di traguardi della biodiversità nazionale o internazionale e l'elemento è quindi di importanza ecologica all'interno del bacino idrografico;

e) nel caso l'elemento di acque superficiali è stato identificato, attraverso l'appropriata procedura, come sito/ambiente di riferimento;

f) il piccolo elemento di acque superficiali è di tale importanza nel bacino idrografico che (i) gli impatti, o i rischi di impatti, su di esso sono responsabili di non raggiungere gli obiettivi per un corpo, o corpi idrici dello stesso bacino idrografico, e (ii) la competente autorità reputa che l'identificazione del piccolo elemento come corpo idrico separato sia il modo più efficace per mettere in evidenza i rischi e gestirli. Si osservi che il rischio di non raggiungere gli obiettivi per uno o più corpi idrici, deve essere gestito anche nel caso in cui tali piccoli elementi di acque superficiali non siano identificati come corpi idrici;

g) il piccolo elemento di acque superficiali ricade nelle aree di seguito riportate:

- area sensibile di cui all'articolo 91 del presente decreto legislativo;

- zona vulnerabile di cui all'articolo 92 del presente decreto legislativo;

- acque di balneazione ai sensi del DPR 470/82;

- acque destinate alla vita dei molluschi ai sensi dell'articolo 87 del presente decreto legislativo;

- acque dolci idonee alla vita dei pesci ai sensi dell'articolo 84 del presente decreto legislativo;

e la competente autorità reputa che l'identificazione del piccolo elemento, come corpo idrico separato aiuterà nel raggiungimento degli obiettivi specifici previsti dal presente decreto per le suddette aree.

B.3.5.2 Accorpamento di piccoli elementi in corpi idrici superficiali contigui

I piccoli elementi di acque superficiali, dove possibile, sono accorpati all'interno di un corpo idrico più grande contiguo della stessa categoria di acque superficiali e dello stesso tipo. Al fine di semplificare la mappa dei corpi idrici fluviali non è necessario che siano mostrati nella stessa gli affluenti minori accorpati all'interno del corpo idrico.

Per impedire l'esclusione di piccoli corsi d'acqua prossimi all'origine, che hanno un bacino scolante, < 10 km2, a monte della loro confluenza con un lago/invaso, quest'ultimo identificato come corpo idrico, tali corsi d'acqua si considerano come contigui con il fiume, identificato come corpo idrico, a valle del lago/invaso.

Dopotutto, la creazione di limiti ad ogni confluenza di un corso d'acqua con un lago/invaso potrebbe indurre alla delimitazione di un numero grande non necessario di piccoli corpi idrici fluviali. Inoltre, ove i laghi/invasi sono separati da tratti corti di fiume, questi tratti di fiume potrebbero essere troppo piccoli per giustificare l'identificazione come corpo idrico, inducendo a dei buchi nella copertura dello stato delle mappe. Per superare questi potenziali problemi, i fiumi che sfociano in laghi/invasi possono essere considerati come contigui con il fiume, identificato come corpo idrico, di valle.

Alcuni corpi idrici lacustri possono essere connessi a corpi idrici costieri o a corpi idrici di transizione da un fiume corto con un bacino scolante < 10 km2. A meno che il fiume non sia identificato come corpo idrico separato secondo i casi fissati nel paragrafo B.3.5.1, non viene identificato come corpo idrico ma viene incluso, per fini gestionali, nel corpo idrico lacustre.

Laddove una piccola laguna o foce fluviale non soddisfa i criteri dimensionali e non è verificato nessuno dei casi riportati nel paragrafo B.3.5.1 ma è ubicata tra un corpo idrico costiero e un corpo idrico fluviale, per evitare buchi nella continuità dello stato delle mappe viene incorporata nell'adiacente corpo idrico fluviale o, ove più appropriato, nell'adiacente corpo idrico costiero.

B.4 Corpi idrici fortemente modificati e artificiali

I corpi idrici fortemente modificati e artificiali come definiti all'art. 74, comma 2, lettere f) e g), possono essere identificati e designati, secondo le prescrizioni riportate all'art. 77, comma 5, nei casi in cui lo stato ecologico buono non è raggiungibile a causa degli impatti sulle caratteristiche idromorfologiche delle acque superficiali dovuti ad alterazioni fisiche.

I corpi idrici fortemente modificati e artificiali devono essere almeno provvisoriamente identificati al termine del processo sopra riportato. Le designazioni devono essere riviste con la stessa ciclicità prevista per i piani di gestioni e di tutela delle acque.

I limiti dei corpi idrici fortemente modificati sono soprattutto delineati dall'entità dei cambiamenti delle caratteristiche idromorfologiche che:

(a) Risultano dalle alterazioni fisiche causate dall'attività umana;

(b) Ostacolano il raggiungimento dello stato ecologico buono.

B.4.1 METODOLOGIA DI IDENTIFICAZIONE E DESIGNAZIONE DEI CORPI IDRICI FORTEMENTE MODIFICATI E ARTIFICIALI PER LE ACQUE FLUVIALI E LACUSTRI (1746)

B.4.1.1 DEFINIZIONI

Alterazione fisica: pressione che produce una modificazione idromorfologica di un corpo idrico causata dall'attività umana. Ogni alterazione è legata ad un “uso specifico” attuale o storico.

Modificazione: un cambiamento apportato al corpo idrico superficiale dall'attività umana (che può portare al non raggiungimento del buono stato ecologico).

Alterazione fisica significativa: alterazione fisica la cui significatività viene valutata attraverso i criteri riportati nella fase 3 del livello 1 della seguente procedura.

Modificazione significativa: modificazione la cui significatività viene valutata attraverso i criteri riportati nella fase 3 del livello 1 della seguente procedura.

B.4.1.2 PREMESSA

La procedura per il riconoscimento dei corpi idrici fortemente modificati (CIFM) e artificiali (CIA) per le acque fluviali e lacustri si articola in due livelli successivi, di seguito indicati, ciascuno dei quali è composto da più fasi:

- LIVELLO 1 - “ Identificazione preliminare” basata su valutazioni idromorfologiche ed ecologiche;

- LIVELLO 2 - “ Designazione” basata su valutazioni tecniche idromorfologiche, ecologiche, e socio-economiche.

La designazione è un processo iterativo, può accadere quindi che corpi idrici definiti fortemente modificati o artificiali nel primo piano di gestione, possano essere considerati corpi idrici naturali nei successivi piani e viceversa.

Nel caso della presenza di sbarramenti su un fiume, prima dell'applicazione della procedura occorre stabilire se il corpo idrico a monte dello sbarramento è ancora da considerarsi fluviale ovvero, se conformemente a quanto definito al punto A.2.1 del presente allegato, abbia cambiato categoria e sia ascrivibile alla nuova categoria di “lago”. Qualora il corpo idrico risulti lacustre, ossia si tratti di un invaso, è identificato preliminarmente come fortemente modificato senza che venga applicato il livello 1. Gli invasi sono, infatti, dei corpi idrici con caratteristiche idromorfologiche alterate in maniera significativa e permanente, profonda ed estesa, e pertanto soddisfano i criteri delle fasi 4 e 5 del livello 1. Per tali corpi idrici si procede, quindi, direttamente all'applicazione del livello 2. Qualora invece il corpo idrico modificato mantenga la categoria “fiume” si procede all'applicazione del livello 1 specifico per i fiumi e, nel caso questo fosse identificato preliminarmente come fortemente modificato, alla successiva applicazione del livello 2.

Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, avvalendosi dell'ISPRA e del CNR-ISE, avvia un'attività di coordinamento con le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le ARPA e le APPA al fine della validazione dell'applicazione della metodologia riportata alla presente lettera B.4.1. Allo scopo le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano rendono disponibili i dati necessari. In tale attività, a seguito della prima applicazione della metodologia, si valuta la necessità di integrare la stessa con ulteriori specifici criteri, tenendo conto delle peculiarità territoriali.

B.4.1.3 LIVELLO 1 - IDENTIFICAZIONE PRELIMINARE DEI CORPI IDRICI FORTEMENTE MODIFICATI E ARTIFICIALI

Come riportato nello schema di figura 2, il livello 1 è composto da fasi successive alcune delle quali presentano criteri distinti per i fiumi e per i laghi. Il livello 1 si applica ai corpi idrici, così come definiti alla lettera h), comma 2, dell'articolo 74 del presente decreto, identificati sulla base delle modalità riportate nella sezione B del presente allegato.

Per quanto riguarda l'identificazione preliminare dei CIFM nelle fasi del livello 1 viene verificato se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

1) il mancato raggiungimento del buono stato ecologico è dovuto ad alterazioni fisiche che comportano modificazioni delle caratteristiche idromorfologiche del corpo idrico e non dipende da altri impatti;

2) il corpo idrico risulta sostanzialmente mutato nelle proprie caratteristiche in modo permanente;

3) la sostanziale modifica delle caratteristiche del corpo idrico deriva dall'uso specifico a cui esso è destinato.

Pertanto la procedura di identificazione e designazione può non essere applicata ai corpi idrici di stato ecologico uguale o superiore al “buono”.

Per quanto riguarda invece l'identificazione preliminare dei CIA, il livello 1 è applicato solo per le fasi 1 e 4.

Fase 1 - Il corpo idrico è artificiale?

In questa fase si identificano i corpi idrici artificiali così come definiti alla lettera f, comma 2, dell'articolo 74 del presente decreto. Inoltre, conformemente a quanto riportato nella “ Guidance Document n. 4: identification and designation of heavily modified and artificial water bodies” della Commissione Europea (2003), si precisa che un corpo idrico artificiale è un corpo idrico superficiale creato in un luogo dove non esistevano acque superficiali o comunque non vi erano elementi di acque superficiali tali da poter essere considerati distinti e significativi e pertanto non identificabili come corpi idrici.

Per i corpi idrici artificiali si passa direttamente dalla fase 1 alla fase 4 al fine di valutare la probabilità che il corpo idrico possa raggiungere il buono stato ecologico ed in tal caso possa essere considerato come “naturale”.

Fase 2 - Ci sono modificazioni nelle caratteristiche idromorfologiche del corpo idrico?

Questa fase è necessaria per selezionare quei corpi idrici con alterazioni fisiche tali da comportare modificazioni idromorfologiche. Infatti requisito fondamentale per l'assegnazione a corpo idrico fortemente modificato è la presenza di alterazioni che incidono sull'idromorfologia dello stesso modificandone lo stato naturale.

Nel selezionare questi corpi idrici è necessario tenere conto della caratterizzazione delle acque superficiali effettuata ai sensi dell'articolo 118 del presente decreto, nonché degli usi specifici che comportano alterazioni idromorfologiche dell'ambiente indicati alla lettera a), comma 5 dell'art. 77, quali:

- navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o il diporto;

- regimazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;

- attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;

- altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti.

Fiumi

Sono selezionati i corpi idrici fluviali nei quali sono presenti:

- opere trasversali (incluse soglie e rampe)

- difese di sponda e/o argini a contatto

- rivestimenti del fondo

- dighe, briglie di trattenuta non filtrante o traverse assimilabili a dighe poste all'estremità di monte del corpo idrico

- opere trasversali (briglie o traverse) all'interno del corpo idrico o alla sua estremità di valle che determinano forti modificazioni delle condizioni idrodinamiche

- tratti a regime idrologico fortemente alterato

- modificazione delle caratteristiche idrodinamiche del corpo idrico dovute a fenomeni di oscillazioni periodiche di portata (hydropeaking)

Laghi

Sono selezionati i corpi idrici lacustri nei quali sono presenti:

- manufatti come porti, dighe, traverse;

- artificializzazioni delle sponde e/o delle zone litorali;

- prelievi d'acqua e/o deviazioni delle acque fuori dal bacino e/o immissioni da altri bacini.

Fase 3 - Valutazione delle modificazioni idromorfologiche significative

Lo scopo di questa fase è individuare, in base ai criteri di seguito riportati, le modificazioni idromorfologiche significative, connesse “all'uso specifico” e derivanti da alterazioni fisiche significative, e che possono incidere sullo stato ecologico del corpo idrico. Qualora per il corpo idrico in esame anche una sola delle modificazioni idromorfologiche risulti significativa è necessario proseguire con la successiva fase 4.

Fiumi

Come di seguito indicato sui corpi idrici selezionati in fase 2 si effettua una valutazione basata su:

- alcuni indicatori di artificialità dell'indice IQM - Indice di Qualità Morfologica, di cui all'Allegato 1del presente decreto e al “ Manuale tecnico-operativo per la valutazione ed il monitoraggio dello stato morfologico dei corsi d'acqua” (ISPRA, 2011);

- la presenza di determinate pressioni idrologiche.

La valutazione degli indicatori di artificialità consiste sostanzialmente nella descrizione delle pressioni idromorfologiche le cui informazioni sono acquisibili presso il catasto delle opere idrauliche, tramite l'utilizzo di immagini telerilevate e, se necessario, con l'ausilio dei dati idrologici.

In tabella 1 sono riportate le varie tipologie di modificazioni idromorfologiche e i criteri per la valutazione della significatività, ed i casi (da 1 a 8) da considerare in questa fase per la valutazione delle modificazioni idromorfologiche significative.

Non rientrano tra le alterazioni da considerare significative i casi di corpi idrici che, pur avendo subìto variazioni morfologiche pregresse molto intense (es. incisione del fondo, restringimento, ecc.), non sono attualmente interessati dalla pressione ovvero da elementi di artificialità. Tipico è il caso di corsi d'acqua dove l'attività estrattiva del passato aveva causato notevoli variazioni morfologiche tuttora presenti. Tali situazioni non sono da considerare “significative” in quanto non presentano più il requisito di permanenza (di cui alla fase 5) della causa dell'alterazione che è una delle condizioniper l'identificazione dei corpi idrici come fortemente modificati.

Similmente, non possono venir considerati come fortemente modificati i corpi idrici soggetti periodicamente a risagomatura e ricalibratura delle sezioni a fini di difesa idraulica - in assenza degli elementi di artificialità previsti in tabella 1 - in quanto si tratta di interventi di manutenzione i cui effetti morfologici non sono permanenti e risultano reversibili anche nel breve periodo.

Laghi

La significatività delle modificazioni idromorfologiche dei corpi idrici selezionati in fase 2 è valutata secondo i criteri di seguito riportati:

1. Presenza di opere di sbarramento

Valutare l'altezza dello sbarramento e il volume invasato. Le alterazioni si considerano significative nei casi in cui l'altezza dello sbarramento superi i 10 m o la percentuale tra il volume invasato ed il volume prelevato superi il 50%.

2. Percentuale di zona litorale e sublitorale artificializzata e zona adibita a infrastrutture portuali e affini Valutare la presenza di arginature e artificializzazioni delle sponde e del substrato della zona litorale misurandone l'estensione lineare. Calcolare la percentuale di estensione lineare di tali zone rispetto al perimetro totale del lago e valutare se la percentuale è maggiore o minore del 50%. L'alterazione risulta significativa se tale percentuale è superiore al 50%.

3. Variazione di livello nel tempo

La variazione di livello nel tempo (ΔL) è quella dovuta alla naturale risposta del corpo idrico alle condizioni meteorologiche (piogge o siccità) sommata a quella derivante dall'utilizzo delle acque superficiali e/o sotterranee nel bacino imbrifero, del corpo idrico in questione, attraverso opere di prelievo, captazione, dighe, traverse, canali, pozzi, diversioni etc.. Per definire la variazione del livello dovuta a cause naturali (ΔLn) è necessario disporre di una serie di dati acquisiti in un arco temporale di almeno 20 anni. Si procede effettuando per ogni anno la media delle misure di livello acquisite nell'arco dell'anno; quindi la variazione naturale di livello (Δ Ln) è data dalla differenza tra il valore massimo ed il valore minimo delle suddette medie annuali calcolate nell'arco dei 20 anni.

Se non è possibile calcolare tale variazione naturale di livello (Δ Ln), la si può assumere pari a:

a) 2 m - per i laghi tipo AL-3 di cui all'allegato 3 del presente Decreto

b) 0,8 m - per tutti gli altri laghi

La variazione di livello (Δ L) risulta significativa qualora si verifichi una delle due seguenti situazioni:

ΔL < ΔLn - 50% ΔLn

ΔL > ΔLn - 50% ΔLn

Fase 4 - E' probabile che il corpo idrico non raggiunga il buono stato ecologico a causa delle alterazioni idromorfologiche o perché artificiale?

In questa fase si valuta il rischio di non poter raggiungere il buono stato ecologico sulla base di quanto definito all'allegato 1 del presente decreto a causa delle modificazioni idromorfologiche significative o a causa delle caratteristiche artificiali.

Il rischio di non raggiungere il buono stato ecologico deve dipendere dalle sole alterazioni morfologiche e idrologiche o dalle caratteristiche artificiali e non da altre pressioni, come la presenza di sostanze tossiche, o da altri problemi di qualità; in questo secondo caso, il corpo idrico non può essere identificato come fortemente modificato o artificiale.

Fase 5-Il corpo idrico è sostanzialmente mutato nelle sue caratteristiche idromorfologiche a causa di alterazioni fisiche dovute all'attività antropica?

Lo scopo di questa fase è di selezionare i corpi idrici in cui le alterazioni fisiche provocano modificazioni sostanziali nelle caratteristiche del corpo idrico al fine di poterli preliminarmente identificare come fortemente modificati. Al contrario, quei corpi idrici che rischiano di non raggiungere il buono stato ecologico, ma le cui caratteristiche non sono sostanzialmente mutate, non possono essere considerati fortemente modificati e sono da considerarsi corpi idrici naturali.

Il corpo idrico risulta sostanzialmente mutato nelle proprie caratteristiche quando:

- Le modificazioni del corpo idrico rispetto alle condizioni naturali sono molto evidenti;

- il cambiamento nelle caratteristiche del corpo idrico è esteso/diffuso o profondo (tipicamente questo implica mutamenti sostanziali sia dal punto di vista idrologico che morfologico);

- il cambiamento nelle caratteristiche del corpo idrico è permanente e non temporaneo o intermittente.

Allo scopo di effettuare la verifica di cui sopra, per i fiumi si deve tener conto di quanto di seguito riportato.

Fiumi

Per confermare l'identificazione preliminare a CIFM dei corpi idrici fluviali individuati nelle precedenti fasi, sono previste le verifiche riportate in tabella 1, basate sull'applicazione di alcuni indicatori dell'IQM o dell'indice per intero e sulla valutazione di pressioni idrologiche aggiuntive (applicazione indice IARI - Indice di Alterazione del Regime Idrologico), relativamente agli 8 casi descritti in tabella 1.

Nei casi sopraesposti in cui si debba applicare la valutazione completa dell'IQM risulta necessario suddividere il corpo idrico in tratti, secondo quanto previsto nel Manuale ISPRA (IDRAIM, 2011), ed effettuare la media ponderata dei diversi tratti componenti il corpo idrico sulla lunghezza, per assegnare un unico valore di IQM al corpo idrico in analisi.

Laghi

Il rispetto di una delle condizioni riportate alla fase 3 sono sufficienti per l'identificazione preliminare dei corpi idrici fortemente modificati. Non sono necessarie ulteriori verifiche.

Tabella 1 - Elenco delle modificazioni idromorfologiche significative e criteri utilizzati nella fase di valutazione della loro significatività da utilizzare nella fase 3 e nella fase 5
Fase 3 Fase 5
Descrizione Note applicative
Presenza di opere trasversali, longitudinali e rivestimenti del fondo estremamente frequente e continua (casi 1-3 a cui corrispondono gli indicatori A4, A6, A7, A9 dell'IQM). Al fine della valutazione del caso 2 le difese di sponda e gli argini a contatto sono trattati insieme (ovvero la condizione è soddisfatta se le difese di sponda e/o gli argini a contatto sono presenti per una lunghezza complessiva maggiore del 70% del corpo idrico). Caso 1. Opere trasversali (incluse soglie e rampe) con densità >1 ogni n, dove n=100 m in ambito montano, o n=500 m in ambito di pianura/collina. Per alvei a canale singolo, occorre verificare che gli indicatori F6 (“Morfologia del fondo e pendenza della valle”, per alvei confinati) o F7 (“Forme e processi tipici della configurazione morfologica”, per alvei semi- e non-confinati) ricadano nella classe C prevista dal metodo di valutazione dell'IQM, valutando tali indicatori alla scala del corpo idrico. Se tali indicatori non ricadono in classe C, e nei casi di alvei transizionali o a canali multipli, si applica l’ IQM. Il corpo idrico è identificato preliminarmente come fortemente modificato nei casi in cui l’IQM risulti < 0.5.
Caso 2. Difese di sponda e/o argini a contatto dell'alveo per gran parte del corpo idrico (>66%). Per alvei a canale singolo rettilinei, sinuosi e meandriformi, ed inoltre privi di barre per gran parte (ossia per >90% della lunghezza complessiva) del corpo idrico, occorre verificare che l'indicatore F7 ricada nella classe C. Se tale indicatore non ricade in classe C, e nei casi di alvei transizionali o a canali multipli, si applica l'IQM. Il corpo idrico è identificato preliminarmente come fortemente modificato nei casi in cui l'IQM risulti < 0.5.
Caso 3. Rivestimenti del fondo per gran parte della lunghezza del corpo idrico (>70%). Non servono ulteriori verifiche in questa fase.
Corpi idrici delimitati a monte da dighe o da opere trasversali che interrompono completamente la continuità longitudinale del flusso di sedimenti, quali briglie di trattenuta non filtranti o traverse di notevoli dimensioni non colmate. Caso 4. Presenza di diga (o briglia di trattenuta non filtrante o traversa assimilabili a diga) all'estremità di monte del corpo idrico. Il corpo idrico è identificato preliminarmente come fortemente modificato nei casi in cui l'IQM risulti < 0.5.

Tabella 1 - Elenco delle modificazioni idromorfologiche significative e criteri utilizzati nella fase di valutazione della loro significatività da utilizzare nella fase 3 e nella fase 5
Fase 3 Fase 5
Descrizione Note applicative
Corpi idrici che, a causa della presenza di una o più opere trasversali (es. briglie non colmate o traverse di derivazione), sono caratterizzati da estese alterazioni nelle caratteristiche idrodinamiche della corrente, ovvero sono dominati da tratti artificialmente lentici - ancorché non ascrivibili alla categoria “laghi” ai sensi della definizione del punto A.2.1 del presente allegato - a monte delle opere stesse, per una lunghezza complessiva (non necessariamente contigua) >50% del corpo idrico. Caso 5. Presenza di opere trasversali (briglie o traverse) all'interno del corpo idrico o alla sua estremità di valle che determinano forti modificazioni delle condizioni idrodinamiche, con la creazione di tratti artificialmente lentici per una porzione dominante del corpo idrico (>50%). Se la lunghezza complessiva dei tratti lentici risulta >70% della lunghezza del corpo idrico, allora tale corpo idrico viene direttamente identificato preliminarmente come fortemente modificato, senza ulteriori verifiche. Se tale lunghezza è compresa tra 50% e 70% il corpo idrico deve presentare IQM <0.7.
Corpi idrici dove le modificazioni idrodinamiche e/o del substrato derivanti da alterazioni del regime idrologico sono notevoli (casi 6 e 7). E' questo il caso dei corpi idrici interamente o parzialmente compresi a valle di un'opera di presa di derivazioni che utilizzano una quantità rilevante dei deflussi del corso d'acqua, oppure di corpi idrici a valle di restituzioni di portate significative prelevate da altri corsi d'acqua in grado di determinare un aumento considerevole dei deflussi naturali, oppure di corpi idrici a valle di restituzioni di impianti che determinano forti oscillazioni periodiche di portata (hydropeaking). Per entrambi i casi 6 e 7, in questa fase di selezione la valutazione della significatività delle modifiche del regime idrologico è lasciata al soggetto competente. Caso 6. Prevalenza di tratti a regime idrologico fortemente alterato (riduzioni ed aumenti significativi delle portate). In presenza di alterazioni idrologiche ritenute significative, è necessario che il corpo idrico presenti IQM <0.7, e che, nel caso di corpi idrici soggetti a riduzione dei deflussi, o fortemente corazzato nel caso di deflussi artificialmente incrementati, il substrato sia estesamente alterato (lunghezza >70% del corpo idrico), ovvero caratterizzato da clogging diffuso. Nel caso in cui le condizioni di cui sopra non siano verificate o verificabili (p.e., substrato non visibile), si deve procedere alla valutazione dell'Indice di Alterazione del Regime Idrologico (IART) di cui al punto 4.1.3 dell'allegato 1 del presente decreto. Il corpo idrico è identificato preliminarmente come fortemente modificato nei casi in cui lo IARI risulti

Tabella 1 - Elenco delle modificazioni idromorfologiche significative e criteri utilizzati nella fase di valutazione della loro significatività da utilizzare nella fase 3 e nella fase 5
Fase 3 Fase 5
Descrizione Note applicative
  Caso 7. Alterazione delle caratteristiche idrodinamiche del corpo idrico dovute a fenomeni di oscillazioni periodiche d iportata (hydropeaking). E'necessario che il corpo idrico presenti delle alterazioni idrodinamiche (relative a velocità media della corrente, tensioni tangenziale al fondo) notevoli a seguito dei fenomeni di oscillazione periodica di portata. La valutazione di queste alterazioni è alquanto sito-specifica e sarà compito del soggetto competente giudicarne la gravità.
Combinazione di più pressioni permanenti (a livello idrologico e/o morfologico) che singolarmente non rientrano nei casi sopra descritti, ma la cui interazione determina condizioni di forte modificazione idromorfologica. La valutazione della significatività delle pressioni è lasciata al soggetto competente. Caso 8. Combinazione di più pressioni permanenti di cui ai casi da 1 a 7 anche se nessuna di queste singolarmente soddisfa i criteri specifici, ma la cui combinazione determina una notevole alterazione del corpo idrico Se il corpo idrico presenta IQM <0.5, esso può essere identificato preliminarmente come fortemente modificato. E'importante evidenziare, relativamente a questo caso, che se un basso valore di < IQM derivasse primariamente da alterazioni non permanenti e non associate ad usi attuali (prelievo di inerti nel passato, ricalibratura occasionale delle sezioni per fini di sicurezza idraulica), in ogni caso questi corpi idrici non possono essere designati come fortemente modificati e pertanto sottoposti al livello 2.

B.4.1.4 LIVELLO 2: DESIGNAZIONE DEI CORPI IDRICI FORTEMENTE MODIFICATI E ARTIFICIALI

Ai corpi idrici identificati preliminarmente attraverso il livello 1 si applicano le due fasi (fase 6 e 7) del livello 2 (figura 3) per pervenire alla designazione dei corpi idrici fortemente modificati e artificiali da considerare nel piano di tutela e nel piano di gestione.

Si riportano di seguito le specifiche per la sottofase 7.4.

Per la designazione di corpo idrico come fortemente modificato o artificiale occorre procedere a verificare se le esigenze e i benefici derivanti dall'uso corrente non siano raggiungibili con altri mezzi che non comportino costi sproporzionati.

Un costo è considerato sproporzionato qualora:

1. i costi stimati superano i benefici e il margine tra i costi e i benefici è apprezzabile e ha un elevato grado di attendibilità;

2. non vi è sostenibilità socioeconomica.

Per ulteriori dettagli relativi al livello 2 si rimanda alla “ Guidance Document n. 4: identification and designation of heavily modified and artificial water bodies” e alla “ Guidance document n.1: economics and the environment. The implementation challenge of the Water Framework Directive”, elaborate nell'ambito dei documenti predisposti per l'attuazione della direttiva 2000/60/CE, consultabili nel sito WEB del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

SEZIONE C: METODOLOGIA PER L'ANALISI DELLE PRESSIONI E DEGLI IMPATTI (1742)

C.1 Finalità e approccio

Le Regioni, ai sensi degli articoli 118 e 120 del presente decreto legislativo, devono condurre l'analisi delle pressioni e degli impatti sui corpi idrici.

Al fine di mettere in atto adeguate misure di ripristino e di tutela dei corpi idrici, è necessario che per ciascun corpo idrico venga sviluppata, in relazione anche al bacino idrografico di appartenenza, una corretta e dettagliata conoscenza:

1. delle attività antropiche;

2. delle pressioni che le suddette attività provocano ossia le azioni dell'attività antropica sui corpi idrici (scarichi di reflui, modificazioni morfologiche, prelievi idrici, uso fitosanitari, surplus di fertilizzanti in agricoltura);

3. degli impatti, ovvero dell'effetto ambientale causato dalla pressione.

Attraverso l'attività conoscitiva è possibile effettuare una valutazione della vulnerabilità dello stato dei corpi idrici superficiali rispetto alle pressioni individuate. Sulla base delle informazioni sulle attività antropiche presenti nel bacino idrografico e dei dati di monitoraggio ambientale è possibile, infatti, pervenire ad una previsione circa la capacità di un corpo idrico di raggiungere o meno, nei tempi previsti dalla direttiva, gli obiettivi di qualità di cui all'articolo 76 e gli obiettivi specifici previsti dalle leggi istitutive delle aree protette di cui all'allegato 9 del presente decreto legislativo. Nel caso di previsione di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi il corpo idrico viene definito «a rischio». Per facilitare tale valutazione le autorità competenti possono avvalersi di tecniche di modellizzazione.

Sulla base delle informazioni acquisite ai sensi della normativa pregressa, compresi i dati esistenti sul monitoraggio ambientale e sulle pressioni, le Regioni, sentite le Autorità di bacino competenti, identificano i corpi idrici «a rischio», « non a rischio» e «probabilmente a rischio».

C.2 Prima identificazione di corpi idrici a rischio

In attesa dell'attuazione definitiva di tutte le fasi che concorrono alla classificazione dei corpi idrici, inoltre le Regioni identificano come i corpi idrici a rischio, i seguenti:

- Acque a specifica destinazione funzionale di cui al CAPO II del presente decreto legislativo (acque destinate alla produzione di acqua potabile, acque di balneazione, acque dolci idonee alla vita dei pesci, acque destinate alla vita dei molluschi) non conformi agli specifici obiettivi di qualità;

- Aree sensibili ai sensi dell'art. 91 del presente decreto legislativo e secondo i criteri di cui all'allegato 6 al medesimo decreto (Direttiva 91/271/CEE);

- Corpi idrici ubicati in zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e da prodotti fitosanitari ai sensi degli articoli 92 e 93 del presente decreto legislativo e individuate secondo i criteri di cui all'allegato 7 dello stesso decreto qualora, anche a seguito dell'attuazione dei programmi di controllo e d'azione predisposti dalle Regioni, si ritenga improbabile il raggiungimento dell'obiettivo ambientale entro il 2015;

- Corpi idrici ubicati in aree contaminate, identificate come siti di bonifica, ai sensi della parte quarta titolo V del presente decreto legislativo;

- Corpi idrici che, sulla base delle caratteristiche di qualità emerse da monitoraggi pregressi, presentano gli indici di qualità e i parametri correlati alla attività antropica che incide sul corpo idrico, non conformi con l'obiettivo di qualità da raggiungere entro il 2015 e per i quali, in relazione allo sviluppo atteso delle pressioni antropiche e alle peculiarità e fragilità degli stessi corpi idrici e dei relativi ecosistemi acquatici, risulta improbabile il raggiungimento degli stessi obiettivi entro il 2015.

Le regioni valutano l'opportunità di considerare a rischio anche i corpi idrici per i quali la particolarità e dimensione delle pressioni antropiche in essi incidenti, le peculiarità e fragilità degli stessi corpi idrici e dei relativi ecosistemi acquatici, possono comportare un rischio per il mantenimento della condizione di stato di qualità buono.

C.2.1 Classi di rischio dei corpi idrici - Prima identificazione di corpi idrici non a rischio e probabilmente a rischio

Sulla base delle informazioni acquisite ai sensi della normativa pregressa compresi i dati esistenti sul monitoraggio ambientale, le Regioni, sentite le Autorità di bacino competenti, identificano inoltre come «corpi idrici non a rischio» quelli sui quali non esistono attività antropiche o per i quali è provato, da specifico controllo dei parametri di qualità correlati alle attività antropiche presenti, che queste non incidono sullo stato di qualità del corpo idrico. I corpi idrici, per i quali non esistono dati sufficienti sulle attività antropiche e sulle pressioni o, qualora sia nota l'attività antropica ma non sia possibile una valutazione dell'impatto provocato dall'attività stessa, per mancanza di un monitoraggio pregresso sui parametri ad essa correlati, sono provvisoriamente classificati come «probabilmente a rischio».

A conclusione della prima analisi di rischio i corpi idrici sono pertanto distinti nelle seguenti classi di rischio:

- a rischio

- non a rischio

- probabilmente a rischio.

L'attribuzione di categorie di rischio ha lo scopo di individuare un criterio di priorità, basato sul rischio, attraverso il quale orientare i programmi di monitoraggio.

C.2.2 Elenco dei corpi idrici a rischio

Le Regioni, sentite le Autorità di bacino, sulla base della prima identificazione di cui al paragrafo C.2, compilano gli elenchi dei corpi idrici a rischio indicando, per ciascuno di essi, il bacino idrografico di appartenenza. Tali elenchi devono essere aggiornati sulla base dei risultati del monitoraggio periodico effettuato anche ai sensi delle normative che istituiscono le aree protette (es. balneazione vita dei pesci ...), delle modifiche dell'uso del territorio e dell'aggiornamento dell'analisi delle pressioni e degli impatti.

C.2.2.1 Per i corpi idrici che si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi di qualità ambientale è effettuata, ove opportuno, una caratterizzazione ulteriore per ottimizzare la progettazione dei programmi di monitoraggio di cui all'articolo 120 e dei programmi di misure prescritti all'articolo 116.

C.3 Aggiornamento dell'attività conoscitiva delle pressioni

Ai fini della validazione della classificazione di rischio dei corpi idrici è necessario aggiornare il rilevamento dell'impatto causato dalla attività antropica presente nei vari bacini idrografici che influenzano o possono influenzare le risorse idriche. Nell'effettuare tale ricognizione devono essere identificate le pressioni antropiche significative, dove per significative devono intendersi quelle che possono produrre un «inquinamento significativo», che determina un rischio per il raggiungimento degli obiettivi, nelle seguenti categorie:

1) stima e individuazione dell'inquinamento da fonte puntuale, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze inquinanti di cui all'allegato VIlI del presente decreto legislativo, provenienti da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, informazioni acquisite anche a norma delle direttive di seguito riportate:

a. 91/271/CEE (Trattamento delle acque reflue urbane);

b. 96/61/CE e s.m. (Prevenzione integrata dell'inquinamento);

e, ai fini del primo piano di gestione del bacino idrografico:

c. 76/464/CEE (Sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico);

d. Decisione 2455/2001/CE del 20 novembre 2001 (Elenco di sostanze prioritarie in materia di acque);

e. 75/440/CEE (Acque potabili), 76/160/CEE e s.m. (Acque di balneazione), 78/659/CEE (Acque idonee alla vita dei pesci) e 79/923/CEE e s.m. (Acque destinate alla molluschicoltura);

2) stima e individuazione dell'inquinamento da fonte diffusa, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze inquinanti proveniente da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, tra l'altro in base alle informazioni raccolte a norma delle direttive di seguito riportate:

a. 91/676/CEE (Inquinamento provocato da nitrati di origine agricola);

b. 91/414/CEE (Immissione in commercio di prodotti fitosanitari);

c. 98/8/CE (Immissione sul mercato dei biocidi);

e, ai fini del primo piano di gestione del bacino idrografico:

d. 76/464/CEE;

e. Decisione 2455/2001/CE del 20 novembre 2001 (Elenco di sostanze prioritarie in materia di acque);

f. 75/440/CEE, 2006/7/CE, 78/659/CEE e 79/923/CEE;

3) stima e individuazione delle estrazioni di acqua per usi urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, comprese le variazioni stagionali, la domanda annua complessiva e le perdite dai sistemi di distribuzione;

4) stima e individuazione dell'impatto delle regolazioni del flusso idrico, compresi trasferimenti e deviazioni delle acque, sulle caratteristiche complessive del flusso e sugli equilibri idrici;

5) individuazione delle alterazioni morfologiche dei corpi idrici;

6) stima e individuazione di altri impatti antropici sullo stato delle acque superficiali;

7) analisi dell'uso del suolo che comprenda l'individuazione delle principali aree urbane, industriali e agricole, nonché - ove pertinente - delle zone di pesca e delle foreste.

C.4 Relazione tra analisi di rischio e monitoraggio

L'analisi di rischio effettuata sulla base di quanto riportato nei precedenti paragrafi è confermata, entro il 2008, sulla base dei risultati ottenuti con il primo monitoraggio di sorveglianza e deve essere stabilito l'elenco finale dei corpi idrici «a rischio» e «non a rischio».

Pertanto i corpi idrici indicati inizialmente come probabilmente a rischio sono attribuiti ad una delle due classi sopra riportate.

1.1.1 - FISSAZIONE DELLE CONDIZIONI DI RIFERIMENTO TIPO-SPECIFICHE PER I CORPI IDRICI SUPERFICIALI

D.1. Premessa

Per ciascun tipo di corpo idrico superficiale, individuato in base a quanto riportato nella precedente sezione A al presente punto, sono definite:

a) le condizioni idromorfologiche e fisico-chimiche tipo-specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità idromorfologica e fisico-chimica che l'Allegato 1, punto A.1 alla parte terza del presente decreto legislativo, stabilisce per tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella dell'Allegato 1, punto A.2;

b) le condizioni biologiche di riferimento tipo-specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità biologica che l'Allegato 1, punto A.1 specifica per tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella dell'Allegato 1, punto A.2.

Nell'applicare le procedure previste nella presente sezione ai corpi idrici superficiali fortemente modificati o corpi idrici artificiali, i riferimenti allo stato ecologico elevato sono considerati riferimenti al potenziale ecologico massimo definito nell'Allegato 1, tabella A.2.5. I valori relativi al potenziale ecologico massimo per un corpo idrico sono riveduti ogni sei anni.

D.2. Funzione delle condizioni di riferimento:

Le condizioni di riferimento:

• rappresentano uno stato corrispondente a pressioni molto basse senza gli effetti dell’industrializzazione di massa, dell’urbanizzazione e dell’agricoltura intensiva e con modificazioni molto lievi degli elementi di qualità biologica, idro-morfologica e chimicofisica;

• sono stabilite per ogni tipo individuato all’interno delle categorie di acque superficiali, esse sono pertanto tipo-specifiche;

• non coincidono necessariamente con le condizioni originarie indisturbate e possono includere disturbi molto lievi, cioè la presenza di pressioni antropiche è ammessa purché non siano rilevabili alterazioni a carico degli elementi di qualità o queste risultino molto lievi;

• consentono di derivare i valori degli elementi di qualità biologica necessari per la classificazione dello stato ecologico del corpo idrico;

• vengono espresse come intervallo di valori, in modo tale da rappresentare la variabilità naturale degli ecosistemi.

D.2.1. Condizioni di riferimento e Rapporto di Qualità Ecologica (RQE)

L’individuazione delle condizioni di riferimento consente di calcolare, sulla base dei risultati del monitoraggio biologico per ciascun elemento di qualità, il «rapporto di qualità ecologica» (RQE). L’RQE viene espresso come un valore numerico che varia tra 0 e 1, dove lo stato elevato è rappresentato dai valori vicino ad 1, mentre lo stato pessimo è rappresentato da valori numerici vicino allo 0.

L’RQE mette in relazione i valori dei parametri biologici osservati in un dato corpo idrico e il valore per quegli stessi parametri riferiti alle condizioni di riferimento applicabili al corrispondente tipo di corpo idrico e serve a quantificare lo scostamento dei valori degli elementi di qualità biologica, osservati in un dato sito, dalle condizioni biologiche di riferimento applicabili al corrispondente tipo di corpo idrico. L’entità di tale scostamento concorre ad effettuare la classificazione dello stato ecologico di un corpo idrico secondo lo schema a 5 classi di cui Allegato 1 punto A2 del presente decreto legislativo.

D.3. Metodi per stabilire le condizioni di riferimento

I principali metodi per la definizione delle condizioni di riferimento sono:

• Metodo spaziale, basato sull’uso dei dati provenienti da siti di monitoraggio;

• Metodo teorico basato su modelli statistici, deterministici o empirici di previsione dello stato delle condizioni naturali indisturbate;

• Metodo temporale, basato sull’utilizzazione di dati di serie storiche o paleoricostruzione o una combinazione di entrambi;

• Una combinazione dei precedenti approcci;

Tra i metodi citati è utilizzato prioritariamente quello spaziale. Qualora tale approccio non risulti applicabile si ricorre agli altri metodi elencati. Può essere inoltre utilizzato un metodo basato sul giudizio degli esperti solo nel caso in cui sia comprovata l’impossibilità dell’applicazione dei metodi sopra riportati.

D.3.1 Metodo spaziale

Il metodo spaziale si basa sui dati di monitoraggio qualora siano disponibili siti, indisturbati o solo lievemente disturbati, idonei a delineare le «condizioni di riferimento» e pertanto identificati come «siti di riferimento». I siti di riferimento sono individuati attraverso l’applicazione dei criteri di selezione basati sull’analisi delle pressioni esistenti e dalla successiva validazione biologica. Possono essere individuati siti diversi per ogni elemento di qualità biologica. Per l’individuazione dei siti si fa riferimento alle metodologie riportate nei manuali ISPRA, per le acque marino-costiere e di transizione, e CNR-IRSA , per i corsi d’acqua e le acque lacustri.

D.4. Processo per la determinazione delle Condizioni di Riferimento

Le Regioni, sentite le Autorità di bacino, all’interno del proprio territorio, individuano, per ciascuna categoria e tipo di corpo idrico, i potenziali siti di riferimento sulla base dei dati e delle conoscenze relative al proprio territorio in applicazione delle metodologie richiamate al punto D.3 e provvedono a inviare le relative informazioni al MATTM.

Le condizioni di cui alle lettere a) e b) del precedente punto D.1, tenendo conto dei siti di riferimento e dei relativi dati comunicati dalle Regioni, sono stabilite con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, da emanarsi ai sensi dell’art. 75, comma 3, del presente decreto legislativo.

Se non risulta possibile stabilire, per un elemento qualitativo in un determinato tipo di corpo idrico superficiale, condizioni di riferimento tipo-specifiche attendibili a causa della grande variabilità naturale cui l’elemento è soggetto (non soltanto in conseguenza delle variazioni stagionali) detto elemento può essere escluso dalla valutazione dello stato ecologico per tale tipo di acque superficiali. In questo caso i motivi dell’esclusione sono specificati nel piano di gestione del bacino idrografico.

Un numero sufficiente di siti in condizioni di riferimento, per ogni tipo individuato, nelle varie categorie di corpi idrici, sono identificati, dal MATTM con il supporto dell’ISPRA e degli altri istituti scientifici, per la costituzione di una rete di controllo, che costituisce parte integrante della rete nucleo di cui al punto A.3.2.4. dell’Allegato 1 al presente decreto legislativo, per lo studio della variazioni, nel tempo, dei valori delle condizioni di riferimento per i diversi tipi.

Le condizioni di riferimento sono aggiornate qualora si presentano variazioni per cause naturali nei siti di riferimento. (1744)

1.1.2 Individuazione delle pressioni (1740)

[Le regioni raccolgono e tengono aggiornate informazioni sul tipo e la grandezza delle pressioni antropiche significative cui i corpi idrici superficiali di ciascun distretto idrografico rischiano di essere sottoposti, in particolare quanto segue:

- Stima e individuazione dell'inquinamento significativo da fonte puntuale, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze elencate nell'allegato 8, proveniente da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, da effettuare in primo luogo sulla base del catasto degli scarichi, se questo è aggiornato almeno al 1996. In mancanza di tali dati (o in presenza solo di informazioni anteriori al 1996) si dovranno utilizzare stime fatte sulla base di altre informazioni e di indici di tipo statistico (esempio: dati camere di commercio relativi agli insediamenti, agli addetti per codice NACE e indici di emissione per codice NACE).

- Stima e individuazione dell'inquinamento significativo da fonte diffusa, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze elencate nell'allegato 8, proveniente da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo.

- Stima e individuazione delle estrazioni significative di acqua (nel caso di acque dolci) per usi urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, comprese le variazioni stagionali, la domanda annua complessiva e le perdite dai sistemi di distribuzione (in mancanza di misure saranno usate stime effettuate in base a parametri statistici).

- Stima e individuazione dell'impatto delle regolazioni significative del flusso idrico, compresi trasferimenti e deviazioni delle acque, sulle caratteristiche complessive del flusso e sugli equilibri idrici.

- Individuazione delle alterazioni morfologiche significative dei corpi idrici.

- Stima e individuazione di altri impatti antropici significativi sullo stato delle acque superficiali.

- Stima dei modelli di utilizzazione del suolo, compresa l'individuazione delle principali aree urbane, industriali e agricole, nonché - ove pertinente - delle zone di pesca e delle foreste.]

1.1.3 [Valutazione dell'impatto (1740)

Le regioni effettuano una valutazione della vulnerabilità dello stato dei corpi idrici superficiali rispetto alle pressioni individuate secondo il punto 1.1.2 del presente allegato.

Le regioni si servono delle informazioni raccolte, e di qualsiasi altra informazione pertinente, compresi i dati esistenti sul monitoraggio ambientale, per valutare l'eventualità che i corpi idrici superficiali del bacino idrografico del territorio di competenza non riescano a conseguire gli obiettivi di qualità ambientale per i corpi idrici. Per facilitare tale valutazione, gli Stati membri possono ricorrere a tecniche di modellizzazione.

Per i corpi che si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi di qualità ambientale è effettuata, ove opportuno, una caratterizzazione ulteriore per ottimizzare la progettazione dei programmi di monitoraggio e dei programmi di misure.]

1.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI CORPI IDRICI

Per ciascun corpo idrico è predisposta una scheda informatizzata che contenga: i dati derivati dalle attività di cui alle sezioni A, B e C, del punto 1.1 del presente allegato; i dati derivanti dalle azioni di monitoraggio e classificazione di cui all'allegato 1 del presente decreto legislativo. (1741)

2 ACQUE SOTTERRANEE

2.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI (1743)

La fase conoscitiva ha come scopo principale la caratterizzazione qualitativa degli acquiferi. Deve avere come risultato:

- definire lo stato attuale delle conoscenze relative agli aspetti quantitativi e qualitativi delle acque sotterranee,

- costituire una banca dati informatizzata dei dati idrogeologici e idrochimici,

- localizzare i punti d'acqua sotterranea potenzialmente disponibili per le misure,

- ricostruire il modello idrogeologico, con particolare riferimento ai rapporti di eventuale intercomunicazione tra i diversi acquiferi e tra le acque superficiali e le acque sotterranee.

Le informazioni da raccogliere devono essere relative ai seguenti elementi:

- studi precedentemente condotti (idrogeologici, geotecnici, geofisici, geomorfologici, ecc) con relativi eventuali elaborati cartografici (carte geologiche, sezioni idrogeologiche, piezometrie, carte idrochimiche, ecc),

- dati relativi ai pozzi e piezometri, quali: ubicazione, stratigrafie, utilizzatore (pubblico o privato), stato di attività (attivo, in disuso, cementato),

- dati relativi alle sorgenti quali: ubicazione, portata, utilizzatore (pubblico o privato), stato di attività (attiva, in disuso, ecc.),

- dati relativi ai valori piezometrici,

- dati relativi al regime delle portate delle sorgenti,

- dati esistenti riguardanti accertamenti analitici sulla qualità delle acque relative a sorgenti, pozzi e piezometri esistenti,

- reticoli di monitoraggio esistenti delle acque sotterranee.

Devono essere inoltre considerati tutti quegli elementi addizionali suggeriti dalle condizioni locali di insediamento antropico o da particolari situazioni geologiche e geochimiche, nonché della vulnerabilità e rischio della risorsa. Dovranno inoltre essere valutate, se esistenti, le indagini relative alle biocenosi degli ambienti sotterranei.

Le azioni conoscitive devono essere accompagnate da tutte quelle iniziative necessarie ad acquisire tutte le informazioni e le documentazioni in materia presenti presso gli enti che ne dispongono, i quali ne dovranno garantire l'accesso.

Sulla base delle informazione raccolte, delle conoscenze a scala generale e degli studi precedenti, verrà ricostruita la geometria dei principali corpi acquiferi presenti evidenziando la reciproca eventuale intercomunicazione compresa quella con le acque superficiali, la parametrizzazione (laddove disponibile) e le caratteristiche idrochimiche, e dove presenti, quelle biologiche.

La caratterizzazione degli acquiferi sarà revisionata sulla base dei risultati della gestione della rete di monitoraggio effettuato in base alle indicazioni riportate all'allegato 1.

La ricostruzione idrogeologica preliminare dovrà quindi permettere la formulazione di un primo modello concettuale, intendendo con questo termine una schematizzazione idrogeologica semplificata del sottosuolo e una prima parametrizzazione degli acquiferi. In pratica devono essere qui riassunte le proprietà geologiche, le caratteristiche idrogeologiche del sistema, con particolare riferimento ai meccanismi di ricarica degli acquiferi ed ai rapporti tra le falde, i rapporti esistenti tra acque superficiali e acque sotterranee, nonché alle caratteristiche qualitative delle acque sotterranee.

I dati così raccolti dovranno avere un dettaglio rappresentabile significativamente almeno alla scala 1:100.000.

2.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI PUNTI D 'ACQUA

Deve essere istituito un catasto anagrafico debitamente codificato al fine di disporre di un data-base aggiornato dei punti d'acqua esistenti (pozzi, piezometri, sorgenti e altre emergenze della falda come fontanili, ecc.) e dei nuovi punti realizzati. A ciascun punto d'acqua dovrà essere assegnato un numero di codice univoco stabilito in base alle modalità di codifica che saranno indicate con decreto.

Per quanto riguarda le sorgenti andranno codificate tutte quelle utilizzate e comunque quelle che presentano una portata media superiore a 10 L/s e quelle di particolare interesse ambientale.

Per le nuove opere è fatto obbligo all'Ente competente di verificare all'atto della domanda di ricerca e sfruttamento della risorsa idrica sotterranea, l'avvenuta assegnazione del codice.

In assenza di tale codice i rapporti di prova relativi alla qualità delle acque, non potranno essere accettati dalla Pubblica Amministrazione.

Inoltre per ciascun punto d'acqua dovrà essere predisposta una scheda informatizzata che contenga i dati relativi alle caratteristiche geografiche, anagrafiche, idrogeologiche, strutturali, idrauliche e funzionali derivate dalle analisi conoscitive di cui al punto 1.

Le schede relative ai singoli punti d'acqua, assieme alle analisi conoscitive di cui al punto 1 ed a quelle che potranno essere raccolte per ciascun punto d'acqua dovranno contenere poi le informazioni relative a:

a) le caratteristiche chimico fisiche dei singoli complessi idrogeologici e del loro grado di sfruttamento, utilizzando i dati a vario titolo in possesso dei vari Enti (analisi chimiche effettuate dai laboratori pubblici, autodenunce del sollevato etc.) nonché stime delle direzioni e delle velocità di scambio dell'acqua fra il corpo idrico sotterraneo ed i sistemi superficiali connessi.

b) l'impatto esercitato dalle attività umane sullo stato delle acque sotterranee all'interno di ciascun complesso idrogeologico.

Tale esame dovrà riguardare i seguenti aspetti:

1. stima dell'inquinamento da fonte puntuale (così come indicato al punto relativo alle acque superficiali)

2. stima dell'inquinamento da fonte diffusa

3. dati derivanti dalle misure relative all'estrazione delle acque

4. stima del ravvenamento artificiale

5. analisi delle altre incidenze antropiche sullo stato delle acque.

2.3 RIESAME DEGLI IMPATTI

2.3.1 Riesame dell'impatto delle attività umane sulle acque sotterranee

Quanto ai corpi idrici sotterranei che ricadono sotto due o più ambiti territoriali di competenza, o che, in base alle informazioni di cui al punto 2.1, si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi fissati per ciascun corpo, se del caso, per ciascuno di tali corpi idrici sotterranei si raccolgono e si tengono aggiornate le seguenti informazioni:

a) ubicazione dei punti del corpo idrico sotterraneo usati per l'estrazione di acqua, con l'eccezione:

- dei punti di estrazione che forniscono, in media, meno di 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e

- dei punti di estrazione di acqua destinata al consumo umano che forniscono, in media, meno di 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone;

b) medie annue di estrazione da tali punti;

c) composizione chimica dell'acqua estratta dal corpo idrico sotterraneo;

d) ubicazione dei punti del corpo idrico sotterraneo in cui l'acqua è direttamente scaricata;

e) tasso di scarico in tali punti;

f) composizione chimica degli scarichi nel corpo idrico sotterraneo;

g) utilizzazione del suolo nel bacino o nei bacini idrografici da cui il corpo idrico sotterraneo si ravvena, comprese le immissioni di inquinanti e le alterazioni antropiche delle caratteristiche di ravvenamento, quali deviazione di acque meteoriche e di dilavamento mediante riempimento del suolo, ravvenamento artificiale, sbarramento o drenaggio.

2.3.2 Riesame dell'impatto delle variazioni dei livelli delle acque sotterranee

Le regioni individuano inoltre i corpi idrici sotterranei per cui devono essere fissati obiettivi meno rigorosi, anche prendendo in considerazione gli effetti dello stato del corpo:

i) sulle acque superficiali e gli ecosistemi terrestri connessi,

ii) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni e il drenaggio dei terreni,

iii) sullo sviluppo umano.

2.3.3 Riesame dell'impatto dell'inquinamento sulla qualità delle acque sotterranee

Le regioni identificano i corpi idrici sotterranei per i quali devono essere specificati obiettivi meno rigorosi, laddove in conseguenza dell'attività umana, il corpo idrico sotterraneo sia talmente inquinato da rendere impraticabile oppure sproporzionatamente dispendioso ottenere un buono stato chimico delle acque sotterranee.

3 MODALITÀ DI ELABORAZIONE, GESTIONE E DIFFUSIONE DEI DATI

Le Regioni organizzeranno un proprio Centro di Documentazione che curerà l'accatastamento dei dati e la relativa elaborazione, gestione e diffusione.

Tali dati sono organizzati secondo i criteri stabiliti con decreto e devono periodicamente essere aggiornati con i dati prodotti dal monitoraggio secondo le indicazioni di cui all'allegato 1.

Le misure quantitative e qualitative dovranno essere organizzate secondo quanto previsto nel decreto attuativo relativo alla standardizzazione dei dati. A tali modalità si dovranno anche attenere i soggetti tenuti a predisporre i protocolli di garanzia e di qualità.

L'interpretazione dei dati relativi alle acque sotterranee in un acquifero potrà essere espressa in forma sintetica mediante: tabelle, grafici, diagrammi, serie temporali, cartografie tematiche, elaborazioni statistiche, ecc.

Il Centro di documentazione annualmente curerà la redazione di un rapporto sull'evoluzione quali-quantitativa dei complessi idrogeologici monitorati e renderà disponibili tutti i dati e le elaborazioni effettuate, a tutti gli interessati.

Compito del Centro di documentazione sarà inoltre la redazione di carte di sintesi delle aree su cui esiste un vincolo riferito alle acque sotterranee, carte di vulnerabilità e rischio delle acque sotterranee.

Una volta ultimata la presentazione finale dei documenti e degli elaborati grafici ed informatizzati del prodotto, saranno individuati i canali più idonei alla sua diffusione anche mediante rapporti di sintesi e seminari, a tale scopo verrà predisposto un piano contenente modalità e tempi dell'attività di diffusione.

Allo scopo dovrà essere prevista da parte del Centro di documentazione la disponibilità degli stessi tramite sistemi geografici informatizzati (GIS) disponibili su reti multimediali.

La scala delle elaborazioni cartografiche dovrà essere di almeno 1:100.000 salvo necessità di superiore dettaglio.


(1735)  L'applicazione di tale distinzione nella zona di separazione tra le due Regioni va fatta considerando il profilo amministrativo regionale piuttosto che quello geografico. Le successive valutazioni dello stato ecologico potranno fornire una conferma o meno della correttezza delle attribuzioni fatte.

(1736)  Il parametro di densità più usato in oceanografia è la cosiddetta «sigma-t», cioè la densità sigma ridotta alla pressione atmosferica: σ t = (ρ(p=1, T, S)-1) * 103.

(1737)  Il picnoclino indica la profondità z a cui corrisponde la massima variazione di densità.

(1738)  Si fa comunque presente che la necessità di suddividere i laghi sulla base di caratteristiche fisiche naturali risulta essere molto rara sul territorio nazionale.

(1739) Titolo così sostituito dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131.

(1740) Punto abrogato dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131.

(1741) Punto così modificato dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131.

(1742) Sezione inserita dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131.

(1743) Per le modifiche del presente punto, vedi l'Allegato 1, Parte B , D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30, così come stabilito dall'art. 9, comma 1, lett. d) del medesimo D.Lgs. 30/2009.

(1744) Punto così sostituito dall'art. 2, comma 1, D.M. 14 aprile 2009, n. 56.

(1745) Per le successive modifiche al presente allegato, vedi l'art. 24, comma 1, lett. m) ed n), L. 6 agosto 2013, n. 97.

(1746) Punto inserito dall'art. 1, comma 1, D.M. 27 novembre 2013, n. 156.

 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 4 - Contenuti dei piani

In vigore dal 29 aprile 2006

Parte A. Piani di gestione dei bacini idrografici

A. I piani di gestione dei bacini idrografici comprendono i seguenti elementi.

1. Descrizione generale delle caratteristiche del distretto idrografico, a norma dell'allegato 3. Essa include:

1.1. Per le acque superficiali:

- rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici,

- rappresentazione cartografica delle ecoregioni e dei tipi di corpo idrico superficiale presenti nel bacino idrografico,

- segnalazione delle condizioni di riferimento per i tipi di corpo idrico superficiale.

1.2. Per le acque sotterranee:

- rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici sotterranei.

2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dalle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee, comprese:

- stime sull'inquinamento da fonti puntuali,

- stime sull'inquinamento da fonti diffuse, con sintesi delle utilizzazioni del suolo,

- stime delle pressioni sullo stato quantitativo delle acque, estrazioni comprese,

- analisi degli altri impatti antropici sullo stato delle acque.

3. Specificazione e rappresentazione cartografica delle aree protette, come prescritto dall'articolo 117 e dall'allegato 9 alla parte terza del presente decreto.

4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai fini dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto e rappresentazione cartografica dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati a norma di dette disposizioni per verificare lo stato delle:

4.1. acque superficiali (stato ecologico e chimico);

4.2. acque sotterranee (stato chimico e quantitativo);

4.3. aree protette.

5. Elenco degli obiettivi ambientali fissati per acque superficiali, acque sotterranee e aree protette, compresa in particolare la specificazione dei casi in cui è stato fatto ricorso all'articolo 77, comma 6,7,8,10 e alle informazioni connesse imposte da detto articolo.

6. Sintesi dell'analisi economica sull'utilizzo idrico prescritta dall'allegato 10 alla parte terza del presente decreto.

7. Sintesi del programma o programmi di misure adottati, compresi i conseguenti modi in cui realizzare gli obiettivi.

7.1. Sintesi delle misure necessarie per attuare la normativa comunitaria sulla protezione delle acque.

7.2. Relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate in applicazione del principio del recupero dei costi dell'utilizzo idrico.

7.3. Sintesi delle misure adottate per soddisfare i requisiti previsti.

7.4. Sintesi dei controlli sull'estrazione e l'arginamento delle acque, con rimando ai registri e specificazione dei casi in cui sono state concesse esenzioni.

7.5. Sintesi dei controlli decisi per gli scarichi in fonti puntuali e per altre attività che producono un impatto sullo stato delle acque.

7.6. Specificazione dei casi in cui sono stati autorizzati scarichi diretti nelle acque sotterranee.

7.7. Sintesi delle misure adottate sulle sostanze prioritarie.

7.8. Sintesi delle misure adottate per prevenire o ridurre l'impatto degli episodi di inquinamento accidentale.

7.9. Sintesi delle misure adottate per i corpi idrici per i quali il raggiungimento degli obiettivi enunciati è improbabile,

7.10. Particolari delle misure supplementari ritenute necessarie per il conseguimento degli obiettivi ambientali fissati.

7.11. Particolari delle misure adottate per scongiurare un aumento dell'inquinamento delle acque marine.

8. Repertorio di eventuali programmi o piani di gestione più dettagliati adottati per il distretto idrografico e relativi a determinati sottobacini, settori, tematiche o tipi di acque, corredato di una sintesi del contenuto.

9. Sintesi delle misure adottate in materia di informazione e consultazione pubblica, con relativi risultati e eventuali conseguenti modifiche del piano.

10. Elenco delle autorità competenti all'interno di ciascun distretto.

11. Referenti e procedure per ottenere la documentazione e le informazioni di base, in particolare dettagli sulle misure di controllo adottate e sugli effettivi dati del monitoraggio raccolti a norma dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

B. Il primo e i successivi aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico comprendono anche quanto segue:

1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti alla versione precedente del piano di gestione, compresa una sintesi delle revisioni da effettuare;

2. valutazione dei progressi registrati per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con rappresentazione cartografica dei risultati del monitoraggio relativi al periodo coperto dal piano precedente, e motivazione per l'eventuale mancato raggiungimento degli stessi;

3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella versione precedente del piano di gestione e non realizzate;

4. sintesi di eventuali misure supplementari temporanee adottate, successivamente alla pubblicazione della versione precedente del piano di gestione del bacino idrografico.

Parte B. Piani di tutela delle acque

a) I Piani di tutela delle acque devono contenere:

1. Descrizione generale delle caratteristiche del bacino idrografico ai sensi dell'allegato 3. Tale descrizione include:

1.1 Per le acque superficiali:

- rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici con indicazione degli ecotipi presenti all'interno del bacino idrografico e dei corpi idrici di riferimento così come indicato all'allegato 1, come modificato dall'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto.

1.2 Per le acque sotterranee:

- rappresentazione cartografica della geometria e delle caratteristiche litostratografiche e idrogeologiche delle singole zone

- suddivisione del territorio in zone acquifere omogenee.

2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dall'attività antropica sullo stato delle acque superficiali e sotterranee. Vanno presi in considerazione:

- stima dell'inquinamento in termini di carico ( sia in tonnellate / anno che in tonnellate / mese) da fonte puntuale (sulla base del catasto degli scarichi),

- stima dell'impatto da fonte diffusa, in termine di carico, con sintesi delle utilizzazioni del suolo,

- stima delle pressioni sullo stato quantitativo delle acque, derivanti dalle concessioni e dalle estrazioni esistenti,

- analisi di altri impatti derivanti dall'attività umana sullo stato delle acque.

3. Elenco e rappresentazione cartografica delle aree indicate al Titolo III, capo I, in particolare per quanto riguarda le aree sensibili e le zone vulnerabili così come risultano dalla eventuale reidentificazione fatta dalle Regioni.

4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai sensi dell'articolo 120 e dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto ed una rappresentazione in formato cartografico dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati in conformità a tali disposizioni per lo stato delle:

4.1 acque superficiali (stato ecologico e chimico)

4.2 acque sotterranee (stato chimico e quantitativo)

4.3 aree a specifica tutela

5. Elenco degli obiettivi definiti dalle autorità di bacino e degli obiettivi di qualità definiti per le acque superficiali, le acque sotterranee, includendo in particolare l'identificazione dei casi dove si è ricorso alle disposizioni dell'articolo 77, commi 4 e 5 e le associate informazioni richieste in conformità al suddetto articolo.

6. Sintesi del programma o programmi di misure adottati che deve contenere:

6.1 programmi di misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici

6.2 specifici programmi di tutela e miglioramento previsti ai fini del raggiungimento dei singoli obiettivi di qualità per le acque a specifica destinazione di cui al titolo II capo II

6.3 misure adottate ai sensi del Titolo III capo I

6.4 misure adottate ai sensi del titolo III capo II, in particolare :

- sintesi della pianificazione del bilancio idrico

- misure di risparmio e riutilizzo

6.5 misure adottate ai sensi titolo III del capo III, in particolare:

- disciplina degli scarichi

- definizione delle misure per la riduzione dell'inquinamento degli scarichi da fonte puntuale

- specificazione dei casi particolari in cui sono stati autorizzati scarichi

6.6 informazioni su misure supplementari ritenute necessarie al fine di soddisfare gli obiettivi ambientali definiti

6.7 informazioni delle misure intraprese al fine di evitare l'aumento dell'inquinamento delle acque marine in conformità alle convenzioni internazionali

6.8 relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate per l'applicazione del principio del recupero dei costi dei servizi idrici e sintesi dei piani finanziari predisposti ai sensi del presente decreto

7. Sintesi dei risultati dell'analisi economica, delle misure definite per la tutela dei corpi idrici e per il perseguimento degli obiettivi di qualità, anche allo scopo di una valutazione del rapporto costi benefici delle misure previste e delle azioni relative all'estrazione e distribuzione delle acque dolci, della raccolta e depurazione e riutilizzo delle acque reflue.

8. Sintesi dell'analisi integrata dei diversi fattori che concorrono a determinare lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici, al fine di coordinare le misure di cui al punto 6.3 e 6.4 per assicurare il miglior rapporto costi benefici delle diverse misure in particolare vanno presi in considerazione quelli riguardanti la situazione quantitativa del corpo idrico in relazione alle concessioni in atto e la situazione qualitativa in relazione al carico inquinante che viene immesso nel corpo idrico.

9. relazione sugli eventuali ulteriori programmi o piani più dettagliati adottati per determinati sottobacini.

b) Il primo aggiornamento del Piano di tutela delle acque tutti i successivi aggiornamenti dovranno inoltre includere:

1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti della precedente versione del Piano di tutela delle acque, incluso una sintesi delle revisioni da effettuare

2. valutazione dei progressi effettuati verso il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con la rappresentazione cartografica dei risultati del monitoraggio per il periodo relativo al piano precedente, nonché la motivazione per il mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali

3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella precedente versione del Piano di gestione dei bacini idrografici non realizzate

4. sintesi di eventuali misure supplementari adottate successivamente alla data di pubblicazione della precedente versione del Piano di tutela del bacino idrografico.


 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 5 - Limiti di emissione degli scarichi idrici

In vigore dal 12 dicembre 2017

1. SCARICHI IN CORPI D'ACQUA SUPERFICIALI

1.1 ACQUE REFLUE URBANE

Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono conformarsi, secondo le cadenze temporali indicate, ai valori limiti definiti dalle Regioni in funzione degli obiettivi di qualità e, nelle more della suddetta disciplina, alle leggi regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane:

- se esistenti devono conformarsi secondo le cadenze temporali indicate al medesimo articolo alle norme di emissione riportate nella tabella 1,

- se nuovi devono essere conformi alle medesime disposizioni dalla loro entrata in esercizio.

Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono essere conformi alle norme di emissione riportate nelle tabelle 1 e 2. Per i parametri azoto totale e fosforo totale le concentrazioni o le percentuali di riduzione del carico inquinante indicate devono essere raggiunti per uno od entrambi i parametri a seconda della situazione locale.

Devono inoltre essere rispettati nel caso di fognature che convogliano anche scarichi di acque reflue industriali i valori limite di tabella 3 ovvero quelli stabiliti dalle Regioni.

Tabella 1. Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane

Potenzialità impianto in A.E. (abitanti equivalenti) 2.000 - 10.000 >10.000
Parametri (media giornaliera) (1) Concentrazione % di riduzione Concentrazione % di riduzione
BOD5 (senza nitrificazione) mg/L (2) ≤ 25 70-90 (5) ≤ 25 80
COD mg/L (3) ≤ 125 75 ≤ 125 75
Solidi Sospesi mg/L (4) ≤ 35 (5) 90 (5) ≤ (35) 90

(1) Le analisi sugli scarichi provenienti da lagunaggio o fitodepurazione devono essere effettuati su campioni filtrati, la concentrazione di solidi sospesi non deve superare i 150 mg/L

(2) La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non filtrato, non decantato. Si esegue la determinazione dell'ossigeno disciolto anteriormente e posteriormente ad un periodo di incubazione di 5 giorni a 20 °C ± 1 °C, in completa oscurità, con aggiunta di inibitori di nitrificazione.

(3) La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non filtrato, non decantato con bicromato di potassio.

(4) La misurazione deve essere fatta mediante filtrazione di un campione rappresentativo attraverso membrana filtrante con porosità di 0,45 μm ed essicazione a 105 °C con conseguente calcolo del peso, oppure mediante centrifugazione per almeno 5 minuti (accelerazione media di 2800-3200 g), essiccazione a 105°C e calcolo del peso.

(5) la percentuale di riduzione del BOD5 non deve essere inferiore a 40. Per i solidi sospesi la concentrazione non deve superare i 70 mg/L e la percentuale di abbattimento non deve essere inferiore al 70%.

Tabella 2. Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili. (1749)

Parametri (media annua) Carico generato dall'agglomerato in A.E.
  10.000 - 100.000 > 100.000
  Concentrazione % di riduzione Concentrazione % di riduzione
Fosforo totale (P mg/L) (1) ≤ 2 80 ≤ 1 80
Azoto totale (N mg/L) (2) (3) ≤ 15 70-80 ≤ 10 70-80

(1) Il metodo di riferimento per la misurazione è la spettrofotometria di assorbimento molecolare.

(2) Per azoto totale si intende la somma dell'azoto Kieldahl (N. organico + NH3) + azoto nitrico + azoto nitroso. Il metodo di riferimento per la misurazione è la spettrofotometria di assorbimento molecolare.

(3) In alternativa al riferimento alla concentrazione media annua, purché si ottenga un analogo livello di protezione ambientale, si può fare riferimento alla concentrazione media giornaliera che non può superare i 20 mg/L per ogni campione in cui la temperatura dell'effluente sia pari o superiore a 12 gradi centigradi. Il limite della concentrazione media giornaliera può essere applicato ad un tempo operativo limitato che tenga conto delle condizioni climatiche locali.

Il punto di prelievo per i controlli deve essere sempre il medesimo e deve essere posto immediatamente a monte del punto di immissione nel corpo recettore. Nel caso di controllo della percentuale di riduzione dell'inquinante, deve essere previsto un punto di prelievo anche all'entrata dell'impianto di trattamento. Di tali esigenze si dovrà tener conto anche nella progettazione e modifica degli impianti, in modo da agevolare l'esecuzione delle attività di controllo.

Per il controllo della conformità dei limiti indicati nelle tabelle 1 e 2 e di altri limiti definiti in sede locale vanno considerati i campioni medi ponderati nell'arco di 24 ore.

Per i parametri di tabella 1 il numero di campioni, ammessi su base annua, la cui media giornaliera può superare i limiti tabellari, è definito in rapporto al numero di misure come da schema seguente.

campioni prelevati durante l'anno numero massimo consentito di campioni non conformi campioni prelevati durante l'anno numero massimo consentito di campioni non conformi
4 - 7 1 172 - 187 14
8 - 16 2 188 - 203 15
17 - 28 3 204 - 219 16
29 - 40 4 220 - 235 17
41 - 53 5 236 - 251 18
54 - 67 6 251 - 268 19
68 - 81 7 269 - 284 20
82 - 95 8 285 - 300 21
96 - 110 9 301 - 317 22
111 - 125 10 318 - 334 23
126 - 140 11 335 - 350 24
141 - 155 12 351 - 365 25
156 - 171 13    

In particolare si precisa che, per i parametri sotto indicati, i campioni che risultano non conformi, affinché lo scarico sia considerato in regola, non possono comunque superare le concentrazioni riportate in tabella 1 oltre la percentuale sotto indicata:

BOD5: 100%
COD: 100%
Solidi Sospesi 150%

Il numero minimo annuo di campioni per i parametri di cui alle tabelle 1 e 2 è fissato in base alla dimensione dell'impianto di trattamento e va effettuato dall'autorità competente ovvero dal gestore qualora garantisca un sistema di rilevamento e di trasmissione dati all'autorità di controllo, ritenuto idoneo da quest'ultimo, con prelievi ad intervalli regolari nel corso dell'anno, in base allo schema seguente.

potenzialità impianto numero campioni
da 2000 a 9999 A.E.: 12 campioni il primo anno e 4 negli anni successivi, purché lo scarico sia conforme; se uno dei 4 campioni non è conforme, nell'anno successivo devono essere prelevati 12 campioni
da 10000 a 49999 A.E.: 12 campioni
oltre 50000 A.E.: 24 campioni

I gestori degli impianti devono inoltre assicurare un sufficiente numero di autocontrolli (almeno uguale a quello del precedente schema) sugli scarichi dell'impianto di trattamento e sulle acque in entrata.

L'autorità competente per il controllo deve altresì verificare, con la frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella tabella 3. I parametri di tabella 3 che devono essere controllati sono solo quelli che le attività presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.

potenzialità impianto numero controlli
da 2000 a 9999 1 volta l'anno
da 10000 a 49.999 A.E. 3 volte l'anno
oltre 49.999 A.E. 6 volte l'anno

Valori estremi per la qualità delle acque in questione non sono presi in considerazione se essi sono il risultato di situazioni eccezionali come quelle dovute a piogge abbondanti.

I risultati delle analisi di autocontrollo effettuate dai gestori degli impianti devono essere messi a disposizione degli enti preposti al controllo. I risultati dei controlli effettuati dall'autorità competente e di quelli effettuati a cura dei gestori devono essere archiviati su idoneo supporto informatico secondo le indicazioni riportate nell'apposito decreto attuativo.

Ove le caratteristiche dei rifiuti da smaltire lo richiedano per assicurare il rispetto, da parte dell'impianto di trattamento di acque reflue urbane, dei valori limite di emissione in relazione agli standard di qualità da conseguire o mantenere nei corpi recettori interessati dallo scarico dell'impianto, l'autorizzazione prevede:

a) l'adozione di tecniche di pretrattamento idonee a garantire, all'ingresso dell'impianto di trattamento delle acque reflue, concentrazioni di inquinanti che non compromettono l'efficienza depurativa dell'impianto stesso;

b) l'attuazione di un programma di caratterizzazione quali-quantitativa che, in relazione a quanto previsto alla precedente lettera a), consenta controlli sistematici in entrata e in uscita agli impianti di pretrattamento dei rifiuti liquidi e a quelli di depurazione delle acque reflue;

c) l'adozione di sistemi di stoccaggio dei rifiuti liquidi da trattare tale da evitare la miscelazione con i reflui che hanno già subito il trattamento finale;

d) standard gestionali adeguati del processo depurativo e specifici piani di controllo dell'efficienza depurativa;

e) l'adozione di un sistema di autocontrolli basato, per quanto concerne la frequenza e le modalità di campionamento, su criteri statistici o di tipo casuale, comunque tali da rappresentare l'andamento nel tempo della/e reale/i concentrazione/i della/e sostanza/e da misurare analiticamente e da verificare, con un coefficiente di confidenza di almeno il 90%, la conformità o meno dei livelli di emissione ai relativi limiti. I risultati degli autocontrolli sono tenuti a disposizione delle autorità competenti per i quattro anni successivi alla data di rilascio/rinnovo dell'autorizzazione;

f) controlli dell'idoneità o meno all'utilizzo in agricoltura dei fanghi biologici prodotti dall'impianto di trattamento delle acque reflue in relazione a quanto disposto dal D.Lgs. 99/1992.

1.2 ACQUE REFLUE INDUSTRIALI.

1.2.1 Prescrizioni generali

Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali, devono essere conformi ai limiti di emissione indicati nella successiva tabella 3 o alle relative norme disposte dalle Regioni.

I valori limite di emissione che gli scarichi interessati non devono superare sono espressi, in linea di massima, in concentrazione.

Tuttavia, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, in attuazione dei piani di tutela delle acque, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui alla tabella 3 sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo.

In questo caso, i valori limite espressi in concentrazione devono essere coerenti, e comunque non possono essere superiori, con quelli in peso dell'elemento caratteristico dell'attività ed il relativo fabbisogno d'acqua, parametro quest'ultimo che varia in funzione dei singoli processi e stabilimenti.

Nel caso di attività ricadenti nell'allegato I del D.Lgs. 18 febbraio 2005 n. 59 {i valori limite di emissione possono essere definiti, in alternativa, per unità di prodotto in linea con quanto previsto con i BAT references comunitari e con le linee guida settoriali nazionali. (1747)

Anche in questa ipotesi i valori limite espressi in quantità devono essere coerenti con quelli espressi in concentrazione, tenuto conto del fabbisogno d'acqua, parametro quest'ultimo che varia in funzione dei singoli processi e stabilimenti.

1.2.2 Determinazioni analitiche

Le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore. L'autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di continuità dello stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza, ecc.).

1.2.3 Specifiche prescrizioni per gli scarichi contenenti sostanze pericolose

1. tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove definito, della persistenza, bioaccumulabilità e della pericolosità delle sostanze, nonché della possibilità di utilizzare le migliori tecniche disponibili, le Regioni stabiliscono opportuni limiti di emissione in massa nell'unità di tempo (kg/mese).

2. Per cicli produttivi specificati nella tabella 3/A devono essere rispettati i limiti di emissione in massa per unità di prodotto o di materia prima di cui alla stessa tabella. Per gli stessi cicli produttivi valgono altresì i limiti di concentrazione indicati nelle tabella 3 allo scarico finale.

3. Tra i limiti di emissione in termini di massa per unità di prodotto, indicati nella tabella 3/A, e quelli stabiliti dalle Regioni in termini di massa nell'unità di tempo valgono quelli più cautelativi.

4. Ove il piano di tutela delle acque lo preveda per il raggiungimento degli standard di cui all'allegato 1 del presente decreto, l'autorità competente può individuare conseguenti prescrizioni adeguatamente motivate all'atto del rilascio e/o del rinnovo delle autorizzazioni agli scarichi che contengono le sostanze di cui all'allegato 5. Dette specifiche prescrizioni possono comportare:

a) l'adozione di misure tecniche, di progettazione, costruzione, esercizio o manutenzione dell'impianto in grado di assicurare il rispetto di valori limite di emissione più restrittivi di quelli fissati in tabella 3, fatto salvo il caso in cui sia accertato, attraverso campionamenti a monte ed a valle dell'area di impatto dello scarico, che la presenza nello scarico stesso di una o più sostanze non origina dal ciclo produttivo dell'insediamento ovvero è naturalmente presente nel corpo idrico. Il valore limite di emissione sarà fissato in rapporto con le priorità e le cadenze temporali degli interventi previsti nel piano di tutela delle acque approvato dalla regione e, in particolare, con quanto previsto nello stesso piano per assicurare la qualità delle acque a specifica destinazione funzionale;

b) l'adozione di un sistema di autocontrolli basato, per quanto concerne la frequenza e le modalità di campionamento, su criteri statistici o di tipo casuale, comunque tali da rappresentare l'andamento nel tempo della/e reale/i concentrazione/i della/e sostanza/e da misurare analiticamente e da verificare, con un coefficiente di confidenza di almeno il 90%, la conformità o meno dei livelli di emissione ai relativi limiti. I risultati degli autocontrolli sono tenuti a disposizione delle autorità competenti per i quattro anni successivi alla data di rilascio/rinnovo dell'autorizzazione.

1. le acque di raffreddamento di impianti pre-esistenti possono essere convogliate verso il corpo idrico recettore tramite un unico scarico comune ad altre acque di scarico, a condizione sia posto in essere un sistema di sorveglianza dello scarico che consenta la sistematica rilevazione e verifica dei limiti a monte il punto di miscelazione.

2. I punti 4 e 5 non si applicano agli scarichi che provengono da attività commerciali caratterizzate da modesta significatività con riferimento ai quantitativi annui di acque reflue complessivamente scaricate e che recapitano in pubblica fognatura.

2. SCARICHI SUL SUOLO

Nei casi previsti dall'articolo 103 comma 1 punto e), gli scarichi sul suolo devono rispettare i limiti previsti nella tabella 4.

Il punto di prelievo per i controlli è immediatamente a monte del punto di scarico sul suolo. Per gli impianti di depurazione naturale (lagunaggio, fitodepurazione) il punto di scarico corrisponde è quello all'uscita dall'impianto.

Le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore. L'autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di continuità dello stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza, ecc.).

Per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane si fa riferimento a un campione medio ponderato nell'arco di 24 ore.

Le distanze dal più vicino corpo idrico superficiale oltre le quali è permesso lo scarico sul suolo sono rapportate al volume dello scarico stesso secondo il seguente schema:

a) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane:

- metri - per scarichi con portate giornaliere medie inferiori a 500 m3

- 2.500 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 501 e 5000 m3

- 5.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 5001 e 10.000 m3

b) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue industriali.

- 1.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie inferiori a 100 m3

- 2.500 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 101 e 500 m3

- 5.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 501 e 2.000 m3

Gli scarichi aventi portata maggiore di quelle su indicate devono in ogni caso essere convogliati in corpo idrico superficiale, in fognatura o destinate al riutilizzo.

Per gli scarichi delle acque reflue urbane valgono gli stessi obblighi di controllo e di autocontrollo previsti per gli scarichi in acque superficiali.

L'autorità competente per il controllo deve verificare, con la frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella tabella 4. I parametri di tabella 4 da controllare sono solo quelli che le attività presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.

volume scarico numero controlli
sino a 2000 m3 al giorno 4 volte l'anno
oltre a 2000 m3 al giorn0 8 volte l'anno

2.1 SOSTANZE PER CUI ESISTE IL DIVIETO DI SCARICO

Restano fermi i divieti di scarico sul suolo e nel sottosuolo delle seguenti sostanze:

- composti organo alogenati e sostanze che possono dare origine a tali composti nell'ambiente idrico

- composti organo fosforici

- composti organo stannici

- sostanze che hanno potere cancerogeno, mutageno e teratogeno in ambiente idrico o in concorso dello stesso

- mercurio e i suoi composti

- cadmio e i suoi composti

- oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistenti

- cianuri

- materie persistenti che possono galleggiare, restare in sospensione o andare a fondo e che possono disturbare ogni tipo di utilizzazione delle acque.

Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di rilevamento in essere all'entrata in vigore del presente decreto o dei successivi aggiornamenti.

Persiste inoltre il divieto di scarico diretto nelle acque sotterranee, in aggiunta alle sostanze su elencate, di:

1: zinco rame nichel cromo
  piombo selenio arsenico antimonio
  molibdeno titanio stagno bario
  berillio boro uranio vanadio
  cobalto tallio tellurio argento

2: Biocidi e loro derivati non compresi nell'elenco del paragrafo precedente

3: Sostanze che hanno un effetto nocivo sul sapore ovvero sull'odore dei prodotti consumati dall'uomo derivati dall'ambiente idrico, nonché i composti che possono dare origine a tali sostanze nelle acque

4: Composti organosilicati tossici o persistenti e che possono dare origine a tali composti nelle acque ad eccezione di quelli che sono biologicamente innocui o che si trasformano rapidamente nell'acqua in sostanze innocue

5: Composti inorganici del fosforo e fosforo elementare

6: Oli minerali non persistenti ed idrocarburi di origine petrolifera non persistenti

7: Fluoruri

8: Sostanze che influiscono sfavorevolmente sull'equilibrio dell'ossigeno, in particolare ammoniaca e nitriti.

Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di rilevamento in essere all'entrata in vigore del presente decreto o dei successivi aggiornamenti.

3. INDICAZIONI GENERALI

I punti di scarico degli impianti i trattamento delle acque reflue urbane devono essere scelti, per quanto possibile, in modo da ridurre al minimo gli effetti sulle acque recettrici.

Tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con potenzialità superiore a 2.000 abitanti equivalenti, ad esclusione degli impianti di trattamento che applicano tecnologie depurative di tipo naturale quali la fitodepurazione e il lagunaggio, dovranno essere dotati di un trattamento di disinfezione da utilizzarsi in caso di eventuali emergenze relative a situazioni di rischio sanitario ovvero per garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientali o gli usi in atto del corpo idrico recettore.

In sede di approvazione del progetto dell'impianto di trattamento delle acque reflue urbane l'autorità competente dovrà verificare che l'impianto sia in grado di garantire che la concentrazione media giornaliera dell'azoto ammoniacale (espresso come N), in uscita dall'impianto di trattamento non superi il 30% del valore della concentrazione dell'azoto totale (espresso come N) in uscita dall'impianto di trattamento. Tale prescrizione non vale per gli scarichi in mare.

In sede di autorizzazione allo scarico, l'autorità competente:

a) fisserà il sistema di riferimento per il controllo degli scarichi di impianti di trattamento rispettivamente a: l'opzione riferita al rispetto della concentrazione o della percentuale di abbattimento il riferimento alla concentrazione media annua a alla concentrazione media giornaliera per il parametro «azoto totale» della tabella 2

b) fisserà il limite opportuno relativo al parametro «Escherichia coli» espresso come UFC/ lOOmL. Si consiglia un limite non superiore a 5000 UFC/ lOOmL.

I trattamenti appropriati devono essere individuati con l'obiettivo di:

a) rendere semplice la manutenzione e la gestione

b) essere in grado di sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico e organico

c) minimizzare i costi gestionali.

Questa tipologia di trattamento può equivalere ad un trattamento primario o ad un trattamento secondario a seconda della soluzione tecnica adottata e dei risultati depurativi raggiunti.

Per tutti gli agglomerati con popolazione equivalente compresa tra 50 e 2000 a.e, si ritiene auspicabile il ricorso a tecnologie di depurazione naturale quali il lagunaggio o la fitodepurazione, o tecnologie come i filtri percolatori o impianti ad ossidazione totale.

Peraltro tali trattamenti possono essere considerati adatti se opportunamente dimensionati, al fine del raggiungimento dei limiti della tabella 1, anche per tutti gli agglomerati in cui la popolazione equivalente fluttuante sia superiore al 30% della popolazione residente e laddove le caratteristiche territoriali e climatiche lo consentano.

Tali trattamenti si prestano, per gli agglomerati di maggiori dimensioni con popolazione equivalente compresa tra i 2000 e i 25000 a.e, anche a soluzioni integrate con impianti a fanghi attivi o a biomassa adesa, a valle del trattamento, con funzione di affinamento.

4. METODI DI CAMPIONAMENTO ED ANALISI

Fatto salvo quanto diversamente specificato nelle tabelle 1, 2, 3, 4 circa i metodi analitici di riferimento, rimangono valide le procedure di controllo, campionamento e misura definite dalle normative in essere prima dell'entrata in vigore del presente decreto. Le metodiche di campionamento ed analisi saranno aggiornate con apposito decreto ministeriale su proposta dell'APAT.

Tabella 3. Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura. (1748)

Numero parametro PARAMETRI Unità di misura Scarico in acque superficiali Scarico in rete fognaria (*)
1 pH   5,5-9,5 5,5-9,5
2 Temperatura °C (1) (1)
3 colore   non percettibile con diluizione 1:20 non percettibile con diluizione 1:40
4 odore   non deve essere causa di molestie non deve essere causa di molestie
5 materiali grossolani   assenti assenti
6 Solidi speciali totali (2) (2-bis) mg/L ≤ 80 ≤ 200
7 BOD5 (come O2) (2) mg/L ≤ 40 ≤ 250
8 COD (come O2) (2) mg/L ≤ 160 ≤ 500
9 Alluminio mg/L ≤ 1 ≤ 2,0
10 Arsenico mg/L ≤ 0,5 ≤ 0,5
11 Bario mg/L ≤ 20 -
12 Boro mg/L ≤ 2 ≤ 4
13 Cadmio mg/l ≤ 0,02 ≤ 0,02
14 Cromo totale mg/L ≤ 2 ≤ 4
15 Cromo VI mg/L ≤ 0,2 ≤ 0,20
16 Ferro mg/L ≤ 2 ≤ 4
17 Manganese mg/L ≤ 2 ≤ 4
18 Mercurio mg/L ≤ 0,005 ≤ 0,005
19 Nichel mg/L ≤ 2 ≤ 4
20 Piombo mg/L ≤ 0,2 ≤ 0,3
21 Rame mg/L ≤ 0,1 ≤ 0,4
22 Selenio mg/L ≤ 0,03 ≤ 0,03
23 Stagno mg/L ≤ 10  
24 Zinco mg/L ≤ 0,5 ≤ 1,0
25 Cianuri totali (come CN) mg/L ≤ 0,5 ≤ 1,0
26 Cloro attivo libero mg/L ≤ 0,2 ≤ 0,3
27 Solfuri (come H2S) mg/L ≤ 1 ≤ 2
28 Solfati (come SO3) mg/L ≤ 1 ≤ 2
29 Solfati (come SO4) (3) mg/L ≤ 1000 ≤ 1000
30 Cloruri (3) mg/L ≤ 1200 ≤ 1200
31 Fluoruri mg/L ≤ 6 ≤ 12
32 Fosforo totale (come P) (2) mg/L ≤ 10 ≤ 10
33 Azoto ammoniacale (come NH4) (2) mg/L ≤ 15 ≤ 30
34 Azoto nitroso (come N) (2) mg/L ≤ 0,6 ≤ 0,6
35 Azoto nitrico (come N) (2) mg/L ≤ 20 ≤ 30
36 Grassi e olii animali/vegetali mg/L ≤ 20 ≤ 40
37 Idrocarburi totali mg/L ≤ 5 ≤ 10
38 Fenoli mg/L ≤ 0,5 ≤ 1
39 Aldeidi mg/L ≤ 1 ≤ 2
40 Solventi organici aromatici mg/L ≤ 0,2 ≤ 0,4
41 Solventi organici azotati (4) mg/L ≤ 0,1 ≤ 0,2
42 Tensioattivi totali mg/L ≤ 2 ≤ 4
43 Pesticidi fosforati mg/L ≤ 0,10 ≤ 0,10
44 Pesticidi totali (esclusi i fosforati) (5) mg/L ≤ 0,05 ≤ 0,05
  tra cui:      
45 - aldrin mg/L ≤ 0,01 ≤ 0,01
46 - dieldrin mg/L ≤ 0,01 ≤ 0,01
47 - endrin mg/L ≤ 0,002 ≤ 0,002
48 - isodrin mg/L ≤ 0,002 ≤ 0,002
49 Solventi clorurati (5) mg/L ≤ 1 ≤ 2
50 Escherichia coli (4) UFC/100mL nota  
51 Saggio di tossicità acuta (5)   il campione non è accettabile quando dopo 24 ore il numero degli organismi immobili è uguale o maggiore del 50% del totale il campione non è accettabile quando dopo 24 ore il numero degli organismi immobili è uguale o maggiore del 80% del totale

(*) I limiti per lo scarico in rete fognaria sono obbligatori in assenza di limiti stabiliti dall'autorità competente o in mancanza di un impianto finale di trattamento in grado di rispettare i limiti di emissione dello scarico finale. Limiti diversi devono essere resi conformi a quanto indicato alla nota 2 della tabella 5 relativa a sostanze pericolose.

(1) Per i corsi d'acqua la variazione massima tra temperature medie di qualsiasi sezione del corso d'acqua a monte e a valle del punto di immissione non deve superare i 3 °C. Su almeno metà di qualsiasi sezione a valle tale variazione non deve superare 1 °C. Per i laghi la temperatura dello scarico non deve superare i 30 °C e l'incremento di temperatura del corpo recipiente non deve in nessun caso superare i 3 °C oltre 50 metri di distanza dal punto di immissione. Per i canali artificiali, il massimo valore medio della temperatura dell'acqua di qualsiasi sezione non deve superare i 35 °C, la condizione suddetta è subordinata all'assenso del soggetto che gestisce il canale. Per il mare e per le zone di foce di corsi d'acqua non significativi, la temperatura dello scarico non deve superare i 35 °C e l'incremento di temperatura del corpo recipiente non deve in nessun caso superiore i 3 °C oltre i 1000 metri di distanza dal punto di immissione. Deve inoltre essere assicurata la compatibilità ambientale dello scarico con il corpo recipienti ed evitata la formazione di barriere termiche alla foce dei fiumi.

(2) Per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane valgono i limiti indicati in tabella 1 e, per le zone sensibili anche quelli di tabella 2. Per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue industriali recapitanti in zone sensibili la concentrazione di fosforo totale e di azoto totale deve essere rispettivamente di 1 e 10 mg/L.

(2-bis) Tali limiti non valgono per gli scarichi in mare delle installazioni di cui all'allegato VIII alla parte seconda, per i quali i rispettivi documenti di riferimento sulle migliori tecniche disponibili di cui all'articolo 5, lettera l-ter.2), prevedano livelli di prestazione non compatibili con il medesimo valore limite. In tal caso, le Autorizzazioni Integrate Ambientali rilasciate per l'esercizio di dette installazioni possono prevedere valori limite di emissione anche più elevati e proporzionati ai livelli di produzione, fermo restando l'obbligo di rispettare le direttive e i regolamenti dell'Unione europea, nonché i valori limite stabiliti dalle Best Available Technologies Conclusion e le prestazioni ambientali fissate dai documenti BREF dell'Unione europea per i singoli settori di attività.

(3) Tali limiti non valgono per lo scarico in mare, in tal senso le zone di foce sono equiparate alle acque marine costiere, purché almeno sulla metà di una qualsiasi sezione a valle dello scarico non vengono disturbate le naturali variazioni della concentrazione di solfati o di cloruri.

(4) In sede di autorizzazione allo scarico dell'impianto per il trattamento di acque reflue urbane, da parte dell'autorità competente andrà fissato il limite più opportuno in relazione alla situazione ambientale e igienico sanitaria del corpo idrico recettore e agli usi esistenti. Si consiglia un limite non superiore ai 5000 UFC/100 mL.

(5) Il saggio di tossicità è obbligatorio. Oltre al saggio su Daphnia magna, possono essere eseguiti saggi di tossicità acuta su Ceriodaphnia dubia, Selenastru, capricornutum, batteri bioluminescenti o organismi quali Artemia salina, per scarichi di acqua salata o altri organismi tra quelli che saranno indicati ai sensi del punto 4 del presente allegato. In caso di esecuzione di più test di tossicità si consideri il risultato peggiore. Il risultato positivo della prova di tossicità non determina l'applicazione diretta delle sanzioni di cui al titolo V, determina altresì l'obbligo di approfondimento delle indagini analitiche, la ricerca delle cause di tossicità e la loro rimozione.

Tabella 3/A. Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi (**)

Settore produttivo Quantità scaricata per unità di prodotto (o capacità di produzione) media mensile media giorno (*)
Cadmio
Estrazione dello zinco, raffinazione del piombo e dello zinco, industria dei metalli non ferrosi e del cadmio metallico      
Fabbricazione dei composti del cadmio g/kg grammi di Cd scaricato per chilogrammo di Cd trattato 0,5  
Produzione di pigmenti g/kg (grammi di Cd scaricato per chilogrammo di Cd trattato) 0,3  
Fabbricazione di stabilizzanti g/kg al (grammi di Cd scaricato per chilogrammo di Cd trattato) 0,5  
Fabbricazione di batterie primarie e secondarie g/kg al (grammi di Cd scaricato per chilogrammo di Cd trattato) 1,5  
Galvanostegia g/kg al (grammi di Cd scaricato per chilogrammo di Cd trattato) 0,3  
Mercurio (settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini)
Salamoia riciclata - da applicare all'Hg presente negli effluenti provenienti dall'unità di produzione del cloro g Hg/t di capacità di produzione di cloro, installata 0,5  
Salamoia riciclata - da applicare al totale del Hg presente in tutte le acque di scarico contenenti Hg provenienti dall'area dello stabilimento industriale g Hg/t di capacità di produzione di cloro, installata 1  
Salamoia a perdere - da applicare al totale del Hg presente in tutte le acque di scarico contenenti Hg provenienti dall'area dello stabilimento industriale. g Hg/t di capacità di produzione di cloro, installata 5  
Mercurio (settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini)
Aziende che impiegano catalizzatori all'Hg per la produzione di cloruro di vinile g/t capacità di produzione di CVM 0,1  
Aziende che impiegano catalizzatori all'Hg per altre produzioni g/kg mercurio trattato 5  
Fabbricazione dei catalizzatori contenenti Hg utilizzati per la produzione di CVM g/kg al mese mercurio trattato 0,7  
Fabbricazione dei composti organici ed inorganici del mercurio g/kg al mese mercurio trattato 0,05  
Fabbricazione di batterie primarie contenenti Hg g/kg al mese mercurio trattato 0,03  
Industrie dei metalli non ferrosi      
- Stabilimenti di ricupero del mercurio (1)      
- Estrazione e raffinazione di metalli non ferrosi (1)      
Stabilimenti di trattamento dei rifiuti tossici contenenti mercurio      
Esaclorocicloesano (HCH)
Produzione HCH g HCH/t HCH prodotto 2  
Estrazione lindano g HCH/t HCH trattato 4  
Produzione ed estrazione lindano g HCH/t HCH prodotto 5  
DDT
Produzione DDT compresa la formulazione sul posto di DDT g/t di sostanze prodotte, trattate o utilizzate - valore mensile 4 8
Pentaclorofenolo (PCP)
Produzione del PCN Na idrolisi dell'esaclorobenzene g/t di capacità di produzione o capacità di utilizzazione 25 50
Aldrin, dieldrin, endrin, isodrin
Produzione e formulazione di: Aldrin e/o dieldrin e/o endrin e/o isoldrin g/t capacità di produzione o capacità di utilizzazione 3 15
Produzione e trattamento di HCB g HCB/t di capacità di produzione di HCB 10  
Esaclorobenzene (HCB)
Produzione di percloroetilene (PER) e di tetracloruro di carbonio (CC14) mediante perclorurazione g HCB/t di capacità di produzione totale di PER + CC14 1,5  
Produzione di tricloroetilene e/o percloroetilene con altri procedimenti (1)      
Esaclorobutadiene
Produzione di percloroetilene (PER) e di tetracloruro di carbonio (CC14) mediante perclorurazione g HCBD/t di capacità di produzione totale di PER + CC14 1,5  
Produzione di tricloroetilene e/o di percloroetilene mediante altri procedimenti (1)      
Cloroformio
Produzione clorometani del metanolo o da combinazione di metanolo e metano g CHC13/t di capacità di produzione di clorometani 10  
Produzione clorometani mediante clorurazione del metano g CHC13/t di capacità di produzione di clorometani 7,5  
Tetracloruro di carbonio
Produzione di tetracloruro di carbonio mediante perclorurazione - procedimento con lavaggio g CC14/t di capacità di produzione totale di CC14 e di percloroetilene 30 40
Produzione di tetracloruro di carbonio mediante perclorurazione - procedimento senza lavaggio g CC14/t di capacità di produzione totale di CC14 e di percloroetilene 2,5 5
Produzione di clorometani mediante clorurazione del metano (compresa la clorolisi sotto pressione a partire dal metanolo) (1)      
1,2 dicloroetano (EDC)
Unicamente produzione 1,2 dicloroetano g/t 2,5 5
Produzione 1,2 dicloroetano e trasformazione e/o utilizzazione nello stesso stabilimento tranne che per l'utilizzazione nella produzione di scambiatori di calore g/t 5 10
Utilizzazione di EDC per lo sgrassaggio dei metalli (in stabilimenti industriali diversi da quelli del punto precedente) (2)      
Trasformazione di 1,2 dicloetano in sostane diverse dal cloruro di vinile g/t 2,5 5
Tricloroetilene
Produzione di tricloroetilene (TRI) e di percloroetilene (PER) (2) g/t 2,5 5
Utilizzazione TRI per lo sgrassaggio dei metalli (2) g/t    
       
Triclorobenzene (TCB)
Produzione di TCB per disidroclorazione e/o trasformazione di TCB g/t 10  
Produzione e trasformazione di clorobenzeni mediante clorazione (2) g/t 0,5  
Percloroetilene (PER)
Produzione di tricloroetilene (TRI) e di percloroetilene (procedimenti TRI-PER) g/t 2,5 5
Produzione di tetracloruro di carbonio e di percloroetilene (procedimenti TETRA-PER) (2) g/t 2,5 20
Utilizzazione di PER per lo sgrassaggio metalli (2)      
Produzione di clorofluorocarbonio (1)      

Note alla tabella 3/A

(*) Qualora non diversamente indicato, i valori indicati sono riferiti a medie mensili. Ove non indicato esplicitamente si consideri come valore delle media giornaliera il doppio di quella mensile.

(**) Per i cicli produttivi che hanno uno scarico della sostanza pericolosa in questione, minore al quantitativo annuo indicato nello schema seguente, le autorità competenti all'autorizzazione possono evitare il procedimento autorizzativo. In tal caso valgono solo i limiti di tabella 3.

Sostanza pericolosa Quantità annua di sostanza inquinante scaricata considerata
Cadmio 10 Kg/anni di Cd (nel caso di stabilimenti di galvanostegia si applicano comunque i limiti di tabella 3/A, quando la capacità complessiva delle vasche di galvanostegia supera 1,5 m3
Mercurio (settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini) È sempre richiesto il rispetto della tabella 3/A
Mercurio (settore diverse dell'elettrolisi dei cloruri alcalini) 7,5 Kg/anno di Hg
Esaclorocicloesano (HCH) 3 Kg/anno di HCH
DDT 1 Kg/anno di DDT
Pentaclorofenolo (PCP) 3 Kg/anno di PCP
Aldrin, dieldrin, endrin, isodrin È sempre richiesto il rispetto della tabella 3/A.
Esaclorobenzene (HCB) 1 Kg/anno di HCB
Esaclorobutadiene (HCBB) 1 K/anno di HCBB
Cloroformio 30 Kg/anno di CHCL3
Tetracloruro di carbonio (TETRA) 30 Kg/anno di TETRA
1,2 dicloroetano (EDC) 30 Kg/anno di EDC
Tricloroetilene (TRI) 30 Kg/anno di TRI
Triclorobenzene (TCB) È sempre richiesto il rispetto della tabella 3/A.
Percloroetilene (PER) 30 Kg/anno di PER

(1) Per questi cicli produttivi non vi sono limiti di massa per unità di prodotto, devono essere rispettati solo i limiti di concentrazione indicati in tabella 3 in relazione alla singola sostanza o alla famiglia di sostanze di appartenenza.

(2) Per questi cicli produttivi non vengono indicati i limiti di massa per unità di prodotto, ma devono essere rispettati, oltre ai limiti di concentrazione indicati in tabella 3 per la famiglia di sostanze di appartenenza, i seguenti limiti di concentrazione:

  Media giorno mg/L Media mese mg/L
1,2 dicloroetano (EDC) Utilizzazione di EDC per lo sgrassaggio dei metalli in stabilimenti industriali diversi da quelli che producono, trasformano e/o utilizzano EDC nello stesso stabilimento 0,2 0,1
Tricloroetilene (TRI) Produzione di tricloroetilene (TRI) e di percloroetilene (PER) 0,5 1
Utilizzazione TRI per lo sgrassaggio dei metalli 0,2 0,2
Triclorobenzene (TCB) Produzione e trasformazione di clorobenzeni mediante clorazione 0,1 0,05
Percloroetilene (PER) Produzione di tricloroetilene (TRI) e di percloroetilene (Procedimenti TRI-PER) 1 0,5
Utilizzazione di PER per lo sgrassaggio metalli 0,2 0,1

Per verificare che gli scarichi soddisfano i limiti indicati nella tabella 3/A deve essere prevista una procedura di controllo che prevede:

- il prelievo quotidiano di un campione rappresentativo degli scarichi effettuati nel giro di 24 ore e la misurazione della concentrazione della sostanza in esame;

- la misurazione del flusso totale degli scarichi nello stesso arco di tempo.

La quantità di sostanza scaricata nel corso di un mese si calcola sommando le quantità scaricate ogni giorno nel corso del mese. Tale quantità va divisa per la quantità totale di prodotto o di materia prima.

Tabella 4. Limiti di emissione per le acque reflue urbane ed industriali che recapitano sul suolo

    unità di misura (il valore della concentrazione deve essere minore o uguale a quello indicato)
1 pH   6-8
2 SAR   10
3 Materiali grossolani - assenti
4 Solidi sospesi totali mg/L 25
5 BOD5 mg O2/L 20
6 COD mg O2/L 100
7 Azoto totale mg N/L 15
8 Fosforo totale mg P/L 2
9 Tensioattivi totali mg/L 0,5
10 Alluminio mg/L 1
11 Berillio mg/L 0,1
12 Arsenico mg/L 0,05
13 Bario mg/L 10
14 Boro mg/L 0,5
15 Cromo totale mg/L 1
16 Ferro mg/L 2
17 Manganese mg/L 0,2
18 Nichel mg/L 0,2
19 Piombo mg/L 0,1
20 Rame mg/L 0,1
21 Selenio mg/L 0,002
22 Stagno mg/L 3
23 Vanadio mg/L 0,1
24 Zinco mg/L 0,5
25 Solfuri mg H2S/L 0,5
26 Solfiti mg SO3/L 0,5
27 Solfati mgSO4/L 500
28 Cloro attivo mg/L 0,2
29 Cloruri mg C1/L 200
30 Fluoruri mg F/L 1
31 Fenoli totali mg/L 0,1
32 Aldeidi totali mg/L 0,5
33 Solventi organici aromatici totali mg/L 0,01
34 Solventi organici azotati totali mg/L 0,01
35 Saggio di tossicità su Daphnia magna (vedi nota 8 di tabella 3) LC50 24h il campione non è accettabile quando dopo 24 ore il numero degli organismi immobili è uguale o maggiore del 50% del totale
36 Escherichia coli (1) UFC/100 mL  

(1) In sede di autorizzazione allo scarico dell'impianto per il trattamento di acque reflue urbane, da parte dell'autorità competente andrà fissato il limite più opportuno in relazione alla situazione ambientale e igienico sanitaria del corpo idrico recettore e agli usi esistenti. Si consiglia un limite non superiore ai 5000 UFC/100 mL.

Tabella 5. Sostanze per le quali non possono essere adottati limiti meno restrittivi di quelli indicati in tabella 3, per lo scarico in acque superficiali (1) e per lo scarico in rete fognaria (2), o in tabella 4 per lo scarico del suolo

1 Arsenico
2 Cadmio
3 Cromo totale
4 Cromo esavalente
5 Mercurio
6 Nichel
7 Piombo
8 Rame
9 Selenio
10 Zinco
11 Fenoli
12 Oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistenti
13 Solventi organici aromatici
14 Solventi organici azotati
15 Composti organici alogenati (compresi i pesticidi clorurati)
16 Pesticidi fosforiti
17 Composti organici dello stagno
18 Sostanze classificate contemporaneamente «cancerogene» (R45) e «pericolose per l'ambiente acquatico» (R50 e 51/53) ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modifiche

(1) Per quanto riguarda gli scarichi in corpo idrico superficiale, nel caso di insediamenti produttivi aventi scarichi con una portata complessiva media giornaliera inferiore a 50 m3, per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 15, 16, 17 e 18 le regioni e le province autonome nell'ambito dei piani di tutela, possono ammettere valori di concentrazione che superano di non oltre il 50% i valori indicati nella tabella 3, purché sia dimostrato che ciò non comporti un peggioramento della situazione ambientale e non pregiudica il raggiungimento gli obiettivi ambientali.

(2) Per quanto riguarda gli scarichi in fognatura, purché sia garantito che lo scarico finale della fognatura rispetti i limiti di tabella 3, o quelli stabiliti dalle regioni, l'ente gestore può stabilire per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 14, 15, 16 e 17, limiti di accettabilità i cui valori di concentrazione superano quello indicato in tabella 3.

Tabella 6. Peso vivo medio corrispondente ad una produzione di 340 Kg di azoto per anno, al netto delle perdite di rimozione e stoccaggio, da considerare ai fini dell'assimilazione delle acque reflue domestiche (art. 101, co. 7, lett. b))

Categoria animale allevata Peso vivo medio per anno (t)
Scrofe con suinetti fino a 30 kg 3,4
Suini in accrescimento/ingrasso 3,0
Vacche da latte in produzione 2,5
Rimonta vacche da latte 2,8
Bovini all'ingrasso 4,0
Galline ovaiole 1,5
Polli da carne 1,4
Tacchini 2,0
Cunicoli 2,4
Ovicaprini 3,4
Equini 4,9


(1747) A norma dell'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59» sono sostituite dalle parole «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto».

(1748) Tabella così modificata dall’ art. 13, comma 7, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1749) Tabella così modificata dall’ art. 17, comma 1, L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 6 - Criteri per la individuazione delle aree sensibili

In vigore dal 29 aprile 2006

Si considera area sensibile un sistema idrico classificabile in uno dei seguenti gruppi:

a) laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima eutrofizzazione, in assenza di interventi protettivi specifici.

Per individuare il nutriente da ridurre mediante ulteriore trattamento, vanno tenuti in considerazione i seguenti elementi:

i) nei laghi e nei corsi d'acqua che si immettono in laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono verificarsi fenomeni di accumulazione la sostanza da eliminare è il fosforo, a meno che non si dimostri che tale intervento non avrebbe alcuno effetto sul livello dell'eutrofizzazione. Nel caso di scarichi provenienti da ampi agglomerati si può prevedere di eliminare anche l'azoto;

ii) negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti, se, da un lato, gli scarichi provenienti da piccoli agglomerati urbani sono generalmente di importanza irrilevante, dall'altro, quelli provenienti da agglomerati più estesi rendono invece necessari interventi di eliminazione del fosforo e/o dell'azoto, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe comunque alcun effetto sul livello dell'eutrofizzazione;

b) acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile che potrebbero contenere, in assenza di interventi, una concentrazione di nitrato superiore a 50 mg/L (stabilita conformemente alle disposizioni pertinenti della direttiva 75/440 concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione d'acqua potabile);

c) aree che necessitano, per gli scarichi afferenti, di un trattamento supplementare al trattamento secondario al fine di conformarsi alle prescrizioni previste dalla presente norma.

Ai sensi del comma 1 lettera a) dell'articolo 91, sono da considerare in prima istanza come sensibili i laghi posti ad un'altitudine sotto i 1.000 sul livello del mare e aventi una superficie dello specchio liquido almeno di 0,3 km2.

Nell'identificazione di ulteriori aree sensibili, oltre ai criteri di cui sopra, le Regioni dovranno prestare attenzione a quei corpi idrici dove si svolgono attività tradizionali di produzione ittica.


 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 7 - Parte A. Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola - Parte B. Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari (1750)

In vigore dal 26 agosto 2010

PARTE A

ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA

Parte AI

Criteri per l'individuazione delle zone vulnerabili

Si considerano zone vulnerabili le zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali di scarichi.

Tali acque sono individuate, in base tra l'altro dei seguenti criteri:

1. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come N03) nelle acque dolci superficiali, in particolare quelle destinate alla produzione di acqua potabile, se non si interviene;

2. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come N03) nelle acque dolci sotterranee, se non si interviene;

3. la presenza di eutrofizzazione oppure la possibilità del verificarsi di tale fenomeno nell'immediato futuro nei laghi naturali di acque dolci o altre acque dolci, estuari, acque costiere e marine, se non si interviene.

Nell'individuazione delle zone vulnerabili, le regioni tengono conto pertanto:

1. delle caratteristiche fisiche e ambientali delle acque e dei terreni che determinano il comportamento dei nitrati nel sistema acqua/terreno;

2. del risultato conseguibile attraverso i programmi d'azione adottati;

3. delle eventuali ripercussioni che si avrebbero nel caso di mancato intervento.

Controlli da eseguire ai fini della revisione delle zone vulnerabili

Ai fini di quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 92, la concentrazione dei nitrati deve essere controllata per il periodo di durata pari almeno ad un anno:

- nelle stazioni di campionamento previste per la classificazione dei corpi idrici sotterranei e superficiali individuate secondo quanto previsto dall'allegato 1 al decreto;

- nelle altre stazioni di campionamento previste al Titolo II Capo II relativo al controllo delle acque destinate alla produzione di acque potabili, almeno una volta al mese e più frequentemente nei periodi di piena;

- nei punti di prelievo, controllati ai sensi del D.P.R. n. 236/ 1988, delle acque destinate al consumo umano.

Il controllo va ripetuto almeno ogni quattro anni. Nelle stazioni dove si è riscontrata una concentrazione di nitrati inferiore a 25 mg/L (espressi come NO3) il programma di controllo può essere ripetuto ogni otto anni, purché non si sia manifestato alcun fattore nuovo che possa aver incrementato il tenore dei nitrati.

Ogni quattro anni è sottoposto a riesame lo stato eutrofico delle acque dolci superficiali, di transizione e costiere, adottando di conseguenza i provvedimenti del caso.

Nei programmi di controllo devono essere applicati i metodi di misura di riferimento previsti al successivo punto.

Metodi di riferimento

Concimi chimici

Il metodo di analisi dei composti dell'azoto è stabilito in conformità al D.M. 19 luglio 1989 - Approvazione dei metodi ufficiali di analisi per i fertilizzanti.

Acque dolci, acque costiere e acque marine

Il metodo di analisi per la rilevazione della concentrazione di nitrati è la spettrofotometria di assorbimento molecolare. I laboratori che utilizzano altri metodi di misura devono accertare la comparabilità dei risultati ottenuti.

Parte AII

Aspetti metodologici

1. L'individuazione delle zone vulnerabili viene effettuata tenendo conto dei carichi (specie animali allevate, intensità degli allevamenti e loro tipologia, tipologia dei reflui che ne derivano e modalità di applicazione al terreno, coltivazioni e fertilizzazioni in uso) nonché dei fattori ambientali che possono concorrere a determinare uno stato di contaminazione.

Tali fattori dipendono:

- dalla vulnerabilità intrinseca delle formazioni acquifere ai fluidi inquinanti (caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi);

- dalla capacità di attenuazione del suolo nei confronti dell'inquinante (caratteristiche di tessitura, contenuto di sostanza organica ed altri fattori relativi alla sua composizione e reattività chimico-biologica);

- dalle condizioni climatiche e idrologiche;

- dal tipo di ordinamento colturale e dalle relative pratiche agronomiche.

Gli approcci metodologici di valutazione della vulnerabilità richiedono un'idonea ed omogenea base di dati e a tal proposito si osserva che sul territorio nazionale sono presenti:

- aree per cui sono disponibili notevoli conoscenze di base e già è stata predisposta una mappatura della vulnerabilità a scala di dettaglio sia con le metodologie CNR-GNDCI [2] che con sistemi parametrici;

- aree nelle quali, pur mancando studi e valutazioni di vulnerabilità, sono disponibili dati sufficienti per effettuare un'indagine di carattere orientativo e produrre un elaborato cartografico a scala di riconoscimento;

- aree in cui le informazioni sono molto carenti o frammentarie ed è necessario ricorrere ad una preventiva raccolta di dati al fine di applicare le metodologie di base studiate in àmbito CNR-GNDCI.

Al fine di individuare sull'intero territorio nazionale le zone vulnerabili ai nitrati si ritiene opportuno procedere ad un'indagine preliminare di riconoscimento, che deve essere in seguito revisionata sulla base di aggiornamenti successivi conseguenti anche ad eventuali ulteriori indagini di maggiore dettaglio.

[2] Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche.

2. Indagine preliminare di riconoscimento

La scala cartografica di rappresentazione prescelta è 1:250.000 su base topografica preferibilmente informatizzata.

Obiettivo dell'indagine di riconoscimento è l'individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti. In tale fase dell'indagine non è necessario separare più classi di vulnerabilità.

In prima approssimazione i fattori critici da considerare nell'individuazione delle zone vulnerabili sono:

a) presenza di un acquifero libero o parzialmente confinato (ove la connessione idraulica con la superficie è possibile) e, nel caso di rocce litoidi fratturate, presenza di un acquifero a profondità inferiore a 50 m, da raddoppiarsi in zona a carsismo evoluto;

b) presenza di una litologia di superficie e dell'insaturo prevalentemente permeabile (sabbia, ghiaia o litotipi fratturati);

c) presenza di suoli a capacità di attenuazione tendenzialmente bassa (ad es. suoli prevalentemente sabbiosi, o molto ghiaiosi, con basso tenore di sostanza organica, poco profondi).

La concomitanza delle condizioni sopra esposte identifica le situazioni di maggiore vulnerabilità.

Vengono escluse dalle zone vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile purché continuo.

L'indagine preliminare di riconoscimento delle zone vulnerabili viene effettuata:

a) per le zone ove è già disponibile una mappatura a scala di dettaglio o di sintesi, mediante accorpamento delle aree classificate ad alta, elevata ed estremamente elevata vulnerabilità;

b) per le zone dove non è disponibile una mappatura ma esistono sufficienti informazioni geo-pedologico-ambientali, mediante il metodo di valutazione di zonazione per aree omogenee (metodo CNR-GNDCI) o il metodo parametrico;

c) per le zone dove non esistono sufficienti informazioni, mediante dati esistenti e/o rapidamente acquisibili e applicazione del metodo CNR-GNDCI, anche ricorrendo a criteri di similitudine.

3. Aggiornamenti successivi.

L'indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che consentono una caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree vulnerabili.

Con il supporto delle ARPA, ove costituite, deve essere avviata una indagine finalizzata alla stesura di una cartografia di maggiore dettaglio (1:50.000-100.000) per convogliare la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle zone più problematiche.

Obiettivo di questa indagine è l'individuazione dettagliata della «vulnerabilità specifica» degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato. Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la «vulnerabilità intrinseca» degli acquiferi e la capacità di attenuazione del suolo, dell'insaturo e dell'acquifero.

Il prodotto di tale indagine può essere soggetto ad aggiornamenti sulla base di nuove conoscenze e dei risultati della sperimentazione. È opportuno gestire i dati raccolti mediante un sistema GIS.

4. Le amministrazioni possono comunque intraprendere studi di maggior dettaglio quali strumenti di previsione e di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati alla valutazione della vulnerabilità e dei rischi presenti in siti specifici (campi, pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.), all'interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indicare con maggiore definizione le eventuali misure da adottare nel tempo e nello spazio.

Parte AIII

Zone vulnerabili designate

In fase di prima attuazione sono designate vulnerabili all'inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole le seguenti zone:

- quelle già individuate dalla Regione Lombardia con il regolamento attuativo della legge regionale 15 dicembre 1993, n. 37;

- quelle già individuate dalla Regione Emilia-Romagna con la deliberazione del Consiglio regionale 11 febbraio 1997, n. 570;

- la zona delle conoidi delle province di Modena, Reggio Emilia e Parma;

- l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305 del bacino Burana Po di Volano della provincia di Ferrara;

- l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305 dei bacini dei fiumi Fissero, Canal Bianco e Po di Levante (della regione Veneto).

Tale elenco viene aggiornato, su proposta delle Regioni interessate, sulla base dei rilevamenti e delle indagini svolte.

Parte AIV

Indicazioni e misure per i programmi d'azione

I programmi d'azione sono obbligatori per le zone vulnerabili e tengono conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, nonché delle condizioni ambientale locali.

1. I programmi d'azione includono misure relative a:

1.1) i periodi in cui è proibita l'applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti;

1.2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per l'immagazzinamento nel periodo più lungo, durante il quale è proibita l'applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all'autorità competente che qualsiasi quantitativo di effluente superiore all'effettiva capacità d'immagazzinamento verrà gestito senza causare danno all'ambiente;

1.3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata; in particolare si deve tener conto:

a) delle condizioni, del tipo e della pendenza del suolo;

b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell'irrigazione;

c) dell'uso del terreno e delle pratiche agricole, inclusi i sistemi di rotazione e di avvicendamento colturale.

Le misure si basano sull'equilibrio tra il prevedibile fabbisogno di azoto delle colture, e l'apporto di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente:

- alla quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanente alla fine dell'inverno);

- all'apporto di composti di azoto provenienti dalla mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico presenti nel terreno;

- all'aggiunta di composti di azoto provenienti da effluenti di allevamento;

- all'aggiunta di composti di azoto provenienti da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.

I programmi di azione devono contenere almeno le indicazioni riportate nel Codice di Buona Pratica Agricola, ove applicabili.

2. Le misure devono garantire che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente zootecnico sparso sul terreno ogni anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro.

Tuttavia per i primi due anni del programma di azione il quantitativo di affluente utilizzabile può essere elevato fino ad un apporto corrispondente a 210 kg di azoto per ettaro. I predetti quantitativi sono calcolati sulla base del numero e delle categorie degli animali.

Ai fini del calcolo degli apporti di azoto provenienti dalle diverse tipologie di allevamento si terrà conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali.

3. Durante e dopo i primi quattro anni di applicazione del programma d'azione le regioni in casi specifici possono fare istanza al Ministero dell'ambiente per lo spargimento di quantitativi di effluenti di allevamento diversi da quelli sopra indicati, ma tali da non compromettere le finalità, da motivare e giustificare in base a criteri obiettivi relativi alla gestione del suolo e delle colture, quali:

- stagioni di crescita prolungate;

- colture con grado elevato di assorbimento di azoto;

- terreni con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione.

Il Ministero dell'ambiente, acquisito il parere favorevole della Commissione europea, che lo rende sulla base delle procedure previste all'articolo 9 della direttiva 91/676/CEE, può concedere lo spargimento di tali quantitativi.

PARTE B

ZONE VULNERABILI DA PRODOTTI FITOSANITARI

Parte BI

Criteri per l'individuazione

1. Le Regioni e le Province autonome individuano le aree in cui richiedere limitazioni o esclusioni d'impiego, anche temporanee, di prodotti fitosanitari autorizzati, allo scopo di proteggere le risorse idriche e altri comparti rilevanti per la tutela sanitaria o ambientale, ivi inclusi l'entomofauna utile e altri organismi utili, da possibili fenomeni di contaminazione. Un'area è considerata area vulnerabile quando l'utilizzo al suo interno dei prodotti fitosanitari autorizzati pone in condizioni di rischio le risorse idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti.

2. Il Ministero della Sanità ai sensi dell'art. 5, comma 20 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, su documentata richiesta delle Regioni e delle Province autonome, sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 20 dello stesso decreto legislativo, dispone limitazioni o esclusioni d'impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree individuate come zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.

3. Le Regioni e le Province autonome provvedono entro un anno, sulla base dei criteri indicati nella parte BIII di questo allegato, alla prima individuazione e cartografia delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari ai fini della tutela delle risorse idriche sotterranee.

Successivamente alla prima individuazione, tenendo conto degli aspetti metodologici indicati nella parte BIII, punto 3, le Regioni e le Province autonome provvedono ad effettuare la seconda individuazione e la stesura di una cartografia di maggiore dettaglio delle zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari.

4. Possono essere considerate zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari ai fini della tutela di zone di rilevante interesse naturalistico e della protezione di organismi utili, ivi inclusi insetti e acari utili, uccelli insettivori, mammiferi e anfibi, le aree naturali protette, o porzioni di esse, indicate nell'Elenco Ufficiale di cui all'art. 5 della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

5. Le Regioni e le Province autonome predispongono programmi di controllo per garantire il rispetto delle limitazioni o esclusioni d'impiego dei prodotti fitosanitari disposte, su loro richiesta, dal Ministero della Sanità. Esse forniscono al Ministero dell'Ambiente e all'Agenzia Nazionale per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) i dati relativi all'individuazione e alla cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari.

6. L'APAT e le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente forniscono supporto tecnico-scientifico alle Regioni e alle Province autonome al fine di

a) promuovere uniformità d'intervento nelle fasi di valutazione e cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari;

b) garantire la congruità delle elaborazioni cartografiche e verificare la qualità delle informazioni ambientali di base (idrogeologiche, pedologiche, ecc.).

7. L'APAT promuove attività di ricerca nell'ambito delle problematiche relative al destino ambientale dei prodotti fitosanitari autorizzati. Tali attività hanno il fine di acquisire informazioni intese a migliorare e aggiornare i criteri di individuazione delle aree vulnerabili per i comparti del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché degli organismi non bersaglio.

Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, tenuto conto delle informazioni acquisite e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad aggiornare i criteri per l'individuazione delle aree vulnerabili. (1750)

Parte BII

Aspetti metodologici

1. Come per le zone vulnerabili da nitrati, anche nel caso dei fitofarmaci si prevedono due fasi di individuazione delle aree interessate dal fenomeno: una indagine di riconoscimento (prima individuazione) e un'indagine di maggiore dettaglio (seconda individuazione).

2. Indagine preliminare di riconoscimento.

Per la prima individuazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari si adotta un tipo di indagine, alla scala di 1:250.000, simile a quella indicata in precedenza nella Parte AII di questo allegato.

2.1 La prima individuazione delle aree vulnerabili comprende, comunque, le aree per le quali le attività di monitoraggio hanno già evidenziato situazioni di compromissione dei corpi idrici sotterranei sulla base degli standard delle acque destinate al consumo umano indicati dal D.P.R. n. 236 del 1988 per il parametro 55 (antiparassitari e prodotti assimilabili).

Sono escluse, invece, le situazioni in cui la natura delle formazioni rocciose impedisce la presenza di una falda, o dove esiste la protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile o da un suolo molto reattivo.

Vengono escluse dalle aree vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile, purché continuo, o da un suolo molto reattivo.

2.2 Obiettivo dell'indagine preliminare di riconoscimento non è la rappresentazione sistematica delle caratteristiche di vulnerabilità degli acquiferi, quanto piuttosto la individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti.

Per queste attività si rinvia agli aspetti metodologici già indicati nella Parte AII di questo allegato.

2.3 Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l'applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d'impiego ci si potrà avvalere di parametri, indici, modelli e sistemi di classificazione che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione.

3. Aggiornamenti successivi

L'indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di sostanziali approfondimenli e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che consentono una caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree vulnerabili.

Questa successiva fase di lavoro, che può procedere parallelamente alle indagini e cartografie maggiore dettaglio, può prevedere inoltre la designazione di più di una classe di vulnerabilità (al massimo 3) riferita ai gradi più elevati e la valutazione della vulnerabilità in relazione alla capacità di attenuazione del suolo, in modo tale che si possa tenere conto delle caratteristiche intrinseche dei prodotti fitosanitari per poterne stabilire limitazioni o esclusioni di impiego sulla base di criteri quanto più possibile obiettivi.

3.1 La seconda individuazione e cartografia è restituita ad una scala maggiormente dettagliata (1:50.000-1:100.000): successivamente o contestualmente alle fasi descritte in precedenza, compatibilmente con la situazione conoscitiva di partenza e con le possibilità operative delle singole amministrazioni, deve essere avviata una indagine con scadenze a medio/lungo termine. Essa convoglia la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle aree più problematiche, già individuate nel corso delle fasi precedenti.

Obiettivo di questa indagine è l'individuazione della vulnerabilità specifica degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato. Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la vulnerabilità intrinseca degli acquiferi, la capacità di attenuazione del suolo e le caratteristiche chemiodinamiche dei prodotti fitosanitari.

Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l'applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d'impiego ci si potrà avvalere di parametri o indici che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione. Si cita, ad esempio, l'indice di Gustafson.

3.2 Le Regioni e le Provincie Autonome redigono un programma di massima con l'articolazione delle fasi di lavoro e i tempi di attuazione. Tale programma è inviato al Ministero dell'Ambiente e all'APAT, i quali forniscono supporto tecnico e scientifico alle Regioni e alle Province Autonome.

Le maggiori informazioni derivanti dall'indagine di medio-dettaglio consentiranno di disporre di uno strumento di lavoro utile per la pianificazione dell'impiego dei prodotti fitosanitari a livello locale e permetteranno di precisare, rispetto all'indagine preliminare di riconoscimento, le aree suscettibili di restrizioni o esclusioni d'impiego.

Non si esclude, ovviamente, la possibilità di intraprendere studi di maggior dettaglio a carattere operativo-progettuale, quali strumenti di previsione e, nell'ambito della pianificazione, di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati al rilevamento della vulnerabilità e dei rischi presenti in siti specifici (campi pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.), all'interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indicare più nel dettaglio le eventuali restrizioni nel tempo e nello spazio nonché gli indirizzi tecnici cui attenersi nella scelta dei prodotti fitosanitari, dei tempi e delle modalità di esecuzione dei trattamenti.

Parte BIII

Aspetti generali per la cartografia delle aree ove le acque sotterranee sono potenzialmente vulnerabili

1. Le valutazioni sulla vulnerabilità degli acquiferi all'inquinamento si può avvalere dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) quali strumenti per l'archiviazione, l'integrazione, l'elaborazione e la presentazione dei dati geograficamente identificati (georeferenziati). Tali sistemi permettono di integrare, sulla base della loro comune distribuzione nello spazio, grandi masse di informazioni anche di origine e natura diverse.

Le valutazioni possono essere verificate ed eventualmente integrate alla luce di dati diretti sulla qualità delle acque che dovessero rendersi disponibili.

Nel caso in cui si verifichino discordanze con le previsioni effettuate sulla base di valutazioni si procede ad un riesame di queste ultime ed alla ricerca delle motivazioni tecniche di tali divergenze.

Il quadro di riferimento tecnico-scientifico e procedurale prevede di considerare la vulnerabilità su due livelli: vulnerabilità intrinseca degli acquiferi e vulnerabilità specifica.

2. I Livello: Vulnerabilità intrinseca degli acquiferi. La valutazione della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi considera essenzialmente le caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi presenti. Essa è riferita a inquinanti generici e non considera le caratteristiche chemiodinamiche delle sostanze.

2.1 Sono disponibili tre approcci alla valutazione e cartografia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi: metodi qualitativi, metodi parametrici e numerici.

La selezione di uno dei tre metodi dipende dalla disponibilità di dati, dalla scala di riferimento e dalla finalità dell'indagine.

2.2 I metodi qualitativi prevedono la zonizzazione per aree omogenee, valutando la vulnerabilità per complessi e situazioni idrogeologiche generalmente attraverso la tecnica della sovrapposizione cartografica. La valutazione viene fornita per intervalli preordinati e situazioni tipo. Il metodo elaborato dal GNDCI-CNR valuta la vulnerabilità intrinseca mediante la classificazione di alcune caratteristiche litostrutturali delle formazioni acquifere e delle condizioni di circolazione idrica sotterranea.

2.3 I metodi parametrici sono basati sulla valutazione di parametri fondamentali dell'assetto del sottosuolo e delle relazioni col sistema idrologico superficiale, ricondotto a scale di gradi di vulnerabilità. Essi prevedono l'attribuzione a ciascun parametro, suddiviso in intervalli di valori, di un punteggio prefigurato crescente in funzione dell'importanza da esso assunta nella valutazione complessiva. I metodi parametrici sono in genere più complessi poiché richiedono la conoscenza approfondita di un elevato numero di parametri idrogeologici e idrodinamici.

2.4 I metodi numerici sono basati sulla stima di un indice di vulnerabilità (come ad esempio il tempo di permanenza) basato su relazioni matematiche di diversa complessità.

2.5 In relazione allo stato e all'evoluzione delle conoscenze potrà essere approfondito ed opportunamente considerato anche il diverso peso che assume il suolo superficiale nella valutazione della vulnerabilità intrinseca; tale caratteristica viene definita come «capacità di attenuazione del suolo» e presuppone la disponibilità di idonee cartografie geo-pedologiche.

3. II Livello: Vulnerabilità specifica

Con vulnerabilità specifica s'intende la combinazione della valutazione e cartografia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi con quella della capacità di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze. Questa si ottiene dal confronto di alcune caratteristiche chemio-dinamiche della sostanza (capacità di assorbimento ai colloidi del suolo resistenza ai processi di degradazione, solubilità in acqua, polarità, etc.) con le caratteristiche fisiche, chimiche ed idrauliche del suolo.

La compilazione di cartografie di vulnerabilità specifica deriva da studi approfonditi ed interdisciplinari e richiede l'uso di opportuni modelli di simulazione.


(1750) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Minisetro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 8 - Elenco indicativo dei principali inquinanti

In vigore dal 29 aprile 2006

1. Composti organoalogenati e sostanze che possano dare origine a tali composti nell'ambiente acquatico

2. Composti organofosforici

3. Composti organostannici

4. Sostanze e preparati, o i relativi prodotti di decomposizione, di cui è dimostrata la cancerogenicità o mutagenicità e che possono avere ripercussioni sulle funzioni steroidea, tiroidea, riproduttiva o su altre funzioni endocrine connesse nell'ambiente acquatico o attraverso di esso

5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili

6. Cianuri

7. Metalli e relativi composti

8. Arsenico e relativi composti

9. Biocidi e prodotti fitosanitari

10. Materia in sospensione

11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (in particolare nitrati e fosfati)

12. Sostanze che hanno effetti negativi sul bilancio dell'ossigeno (e che possono essere misurate con parametri come la BOD, COD, ecc.)


 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 9 - Aree protette

In vigore dal 29 aprile 2006

1. Il registro delle aree protette comprende i seguenti tipi di aree protette:

i) aree designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano

ii) aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico;

iii) corpi idrici intesi a scopo ricreativo, comprese le aree designate come acque di balneazione a norma della direttiva 76/ 160/CEE;

iv) aree sensibili rispetto ai nutrienti, comprese quelle designate come zone vulnerabili a norma della direttiva 91/676/CEE e le zone designate come aree sensibili a norma della direttiva 91/271/CEE;

v) aree designate per la protezione degli habitat e delle specie, nelle quali mantenere o migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione, compresi i siti pertinenti della rete Natura 2000 istituiti a norma della direttiva 79/409/CEE e 92/43/CEE, recepite rispettivamente con la Legge dell'11 febbraio 1992, n. 157 e con D.P.R. dell'8 settembre 1997, n. 357 come modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.

2. Le regioni inseriscono nel Piano di Tutela una sintesi del registro delle aree protette ricadenti nel loro territorio di competenza. Tale sintesi contiene mappe che indicano l'ubicazione di ciascuna area protetta, oltre che la descrizione della normativa comunitaria, nazionale o locale che le ha istituite.


 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 10 - Analisi economica

In vigore dal 29 aprile 2006

L'analisi economica riporta informazioni sufficienti e adeguatamente dettagliate (tenuto conto dei costi connessi alla raccolta dei dati pertinenti) al fine di:

a) effettuare i pertinenti calcoli necessari per prendere in considerazione il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, tenuto conto delle previsioni a lungo termine riguardo all'offerta e alla domanda di acqua nel distretto idrografico in questione e, se necessario:

- stime del volume, dei prezzi e dei costi connessi ai servizi idrici,

- stime dell'investimento corrispondente, con le relative previsioni;

b) formarsi un'opinione circa la combinazione delle misure più redditizie, relativamente agli utilizzi idrici, da includere nel programma di misure in base ad una stima dei potenziali costi di dette misure.


 


Allegati alla Parte Terza
Allegato 11 - Elenco indicativo delle misure supplementari da inserire nei programmi

In vigore dal 29 aprile 2006

Elenchi degli elementi da inserire nei programmi di misure

Misure di base richieste ai sensi delle seguenti direttive:

i) direttiva 76/ 160/CEE sulle acque di balneazione

ii) direttiva 79/409/CEE sugli uccelli selvatici

iii) direttiva 80/778/CEE sulle acque destinate al consumo umano, modificata dalla direttiva 98/83/CE

iv) direttiva 96/82/CE sugli incidenti rilevanti (Seveso)

v) direttiva 85/337/ CEE sulla valutazione dell'impatto ambientale

vi) direttiva 86/278/CEE sulla protezione dell'ambiente nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione

vii) direttiva 91 / 271 / CEE sul trattamento delle acque reflue urbane

viii) direttiva 91 / 414/ CEE sui prodotti fitosanitari

ix) direttiva 91 /676/ CEE sui nitrati

x) direttiva 92/43/CEE sugli habitat

xi) direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento

Elenco indicativo delle misure supplementari da inserire nei programmi di misure

Elenco delle eventuali misure supplementari che le regioni possono decidere di adottare all'interno di ciascun distretto idrografico ricadente nel territorio di competenza nell'ambito del programma di misure.

i) provvedimenti legislativi

ii) provvedimenti amministrativi

iii) strumenti economici o fiscali

iv) accordi negoziati in materia ambientale

v) riduzione delle emissioni

vi) codici di buona prassi

vii) ricostituzione e ripristino delle zone umide

viii) riduzione delle estrazioni

ix) misure di gestione della domanda, tra le quali la promozione di una produzione agricola adeguata alla situazione, ad esempio raccolti a basso fabbisogno idrico nelle zone colpite da siccità

x) misure tese a favorire l'efficienza e il riutilizzo, tra le quali l'incentivazione delle tecnologie efficienti dal punto di vista idrico nell'industria e tecniche di irrigazione a basso consumo idrico

xi) progetti di costruzione

xii) impianti di desalinizzazione

xiii) progetti di ripristino

xiv) ravvenamento artificiale delle falde acquifere

xv) progetti educativi

xvi) progetti di ricerca, sviluppo e dimostrazione

xvii) altre misure opportune


 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato A (1751)

In vigore dal 25 dicembre 2010

[1-Categorie di rifiuti

Q1 Residui di produzione o di consumo in appresso non specificati;

Q2 Prodotti fuori norma;

Q3 Prodotti scaduti;

Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subito qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc. contaminati in seguito all'incidente in questione;

Q5 Sostanze contaminate o insudiciate in seguito ad attività volontarie (a esempio residui di operazioni di pulizia, materiali da imballaggio, contenitori, ecc.);

Q6 Elementi inutilizzabili (ad esempio batterie fuori uso, catalizzatori esausti, ecc.);

Q7 Sostanze divenute inadatte all'impiego (a esempio acidi contaminati, solventi contaminati, sali da rinverdimento esauriti, ecc.);

Q8 Residui di processi industriali (a esempio scorie, residui di distillazione, ecc.);

Q9 Residui di procedimenti antinquinamento (a esempio fanghi di lavaggio di gas, polveri di filtri dell'aria, filtri usati, ecc.);

Q10 Residui di lavorazione/sagomatura (a esempio trucioli di tornitura o di fresatura, ecc.);

Q11 Residui provenienti dall'estrazione e dalla preparazione delle materie prime (a esempio residui provenienti da attività minerarie o petrolifere, ecc.);

Q12 Sostanze contaminate (a esempio olio contaminato da PCB, ecc.);

Q13 Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è giuridicamente vietata;

Q14 Prodotti di cui il detentore non si serve più (a esempio articoli messi fra gli scarti dell'agricoltura, dalle famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine, ecc.);

Q15 Materie, sostanze o prodotti contaminati provenienti da attività di riattamento di terreni;

Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate.]


(1751) Allegato abrogato dall'art. 39, comma 6, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato B - Operazioni di smaltimento (1754)

In vigore dal 25 dicembre 2010

D1 Deposito sul o nel suolo (ad esempio discarica).

D2 Trattamento in ambiente terrestre (ad esempio biodegradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli).

D3 Iniezioni in profondità (ad esempio iniezioni dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali).

D4 Lagunaggio (ad esempio scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.).

D5 Messa in discarica specialmente allestita (ad esempio sistematizzazione in alveoli stagni, separati, ricoperti o isolati gli uni dagli altri e dall’ambiente).

D6 Scarico dei rifiuti solidi nell’ambiente idrico eccetto l’immersione.

D7 Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino.

D8 Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12.

D9 Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.)

D10 Incenerimento a terra.

D11 Incenerimento in mare. (1752)

D12 Deposito permanente (ad esempio sistemazione di contenitori in una miniera).

D13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12. (1753)

D14 Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13.

D15 Deposito preliminare prima di uno delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).


(1752)  Questa operazione è vietata dalla normativa UE e dalle convenzioni internazionali.

(1753)  In mancanza di un altro codice D appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti allo smaltimento, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essiccazione, la triturazione, il condizionamento o la separazione prima di una delle operazioni indicate da D1 a D12.

(1754) Allegato così sostituito dall'art. 39, comma 5, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato C - Operazioni di recupero (1755)

In vigore dal 26 settembre 2020

R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia (4)

R2 Rigenerazione/recupero di solventi

R3 - Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche (**)

R4 - Riciclaggio /recupero dei metalli e dei composti metallici (***)

R5 - Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche (****)

R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi

R7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l’inquinamento

R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori

R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli

R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia

R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10

R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11 (7)

R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti) (8)

-------------------

(4) Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a:

- 0,60 per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità della normativa comunitaria applicabile anteriormente al 1° gennaio 2009,

- 0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008,

calcolata con la seguente formula:

Efficienza energetica = {(Ep - (Ef + Ei))/(0,97 × (Ew + Ef))}* CCF

dove:

Ep = energia annua prodotta sotto forma di energia termica o elettrica. E' calcolata moltiplicando l'energia sotto forma di elettricità per 2,6 e l'energia termica prodotta per uso commerciale per 1,1 (GJ/anno)

Ef = alimentazione annua di energia nel sistema con combustibili che contribuiscono alla produzione di vapore (GJ/anno)

Ew = energia annua contenuta nei rifiuti trattati calcolata in base al potere calorifico netto dei rifiuti (GJ/anno)

Ei = energia annua importata, escluse Ew ed Ef (GJ/anno)

0,97 = fattore corrispondente alle perdite di energia dovute alle ceneri pesanti (scorie) e alle radiazioni.

CCF = valore del fattore di correzione corrispondente all'area climatica nella quale insiste l'impianto di incenerimento (Climate Correction Factor).

1. Per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità alla legislazione applicabile nell'Unione europea prima del 1 settembre 2015, CCF è uguale a:

CCF = 1 se HDDLLT>= 3350

CCF = 1,25 se HDDLLT <= 2150

CCF = - (0,25/1200) × HDDLLT + 1,698 se 2150 < HDDLLT < 3350

2. Per gli impianti autorizzati dopo il 31 agosto 2015 e per gli impianti di cui al punto 1 dopo il 31 dicembre 2029, CCF è uguale a:

CCF = 1 se HDDLLT>= 3350

CCF = 1,12 se HDDLLT <= 2150

CCF = - (0,12/1200) x HDDLLT + 1,335 se 2150 < HDDLLT < 3350

I valori di CCF sono approssimati alla terza cifra decimale.

Dove:

HDDLLT, ovvero HDD locale a lungo termine, è uguale alla media ventennale dei valori di HDDanno calcolati nell'area di riferimento come segue:

HDDanno è il grado di riscaldamento annuo calcolati nell'area di riferimento come segue:

HDDanno = ∑HDDi

HDDi è il grado di riscaldamento giornaliero dello i-esimo giorno

Pari a:

HDDi = (18°C - Tm) se Tm ≤ 15°C

HDDi = 0 se Tm> 15°C

Essendo Tm la temperatura media giornaliera, calcolata come (Tmin + Tmax)/2, del giorno “i” dell'anno di riferimento nell'area di riferimento.

I valori di temperatura sono quelli ufficiali dell'aeronautica militare della stazione meteorologica più rappresentativa in termini di prossimità e quota del sito dell'impianto di incenerimento. Se nessuna stazione dell'aeronautica militare è rappresentativa del sito dell'impianto di incenerimento o non presenta una sufficiente disponibilità di dati è possibile fare riferimento a dati di temperatura acquisiti da altre istituzioni del territorio, quali ad esempio le ARPA regionali o altre reti locali.

La formula si applica conformemente al documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili per l'incenerimento dei rifiuti.

(**) Sono compresi la preparazione per il riutilizzo, la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche e il recupero di materia organica sotto forma di riempimento.

(***) E' compresa la preparazione per il riutilizzo.

(****) Sono compresi la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio di materiali da costruzione inorganici, il recupero di sostanze inorganiche sotto forma di riempimento e la pulizia del suolo risultante in un recupero del suolo.

(7) In mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l'altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R 1 a R 11.

(8) NDR Il testo della nota (8) non risulta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.


(1755) Allegato modificato dall'art. 2, comma 42-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, sostituito dall'art. 39, comma 5, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, successivamente, così modificato dall'art. 1, comma 1, D.M. 7 agosto 2013, a decorrere dal 20 agosto 2013, ai sensi di quanto disposto dal medesimo art. 1, comma 2, D.M. 7 agosto 2013, dall’ art. 1, comma 1, D.M. 19 maggio 2016, n. 134, a decorrere dal 21 luglio 2016, e dall’ art. 8, comma 1, lett. a) e b), D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato D - Elenco dei rifiuti (1756)
Classificazione dei rifiuti.

In vigore dal 26 settembre 2020

Definizioni.

Ai fini del presente allegato, si intende per:

1. «sostanza pericolosa», una sostanza classificata come pericolosa in quanto conforme ai criteri di cui alle parti da 2 a 5 dell'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;

2. «metallo pesante», qualunque composto di antimonio, arsenico, cadmio, cromo (VI), rame, piombo, mercurio, nichel, selenio, tellurio, tallio e stagno, anche quando tali metalli appaiono in forme metalliche nella misura in cui questi sono classificate come pericolose;

3. «policlorodifenili e policlorotrifenili» (PCB), i PCB, conformemente alla definizione di cui all'articolo 2, lettera a), della direttiva 96/59/CE del Consiglio;

4. «metalli di transizione», uno dei metalli seguenti: qualsiasi composto di scandio vanadio, manganese, cobalto, rame, ittrio, niobio, afnio, tungsteno, titanio, cromo, ferro, nichel, zinco, zirconio, molibdeno e tantalio, anche quando tali metalli appaiono in forme metalliche, nella misura in cui questi sono classificati come pericolosi;

5. «stabilizzazione», i processi che modificano la pericolosità dei componenti dei rifiuti e trasformano i rifiuti pericolosi in rifiuti non pericolosi;

6. «solidificazione», processi che influiscono esclusivamente sullo stato fisico dei rifiuti per mezzo di appositi additivi, senza modificare le proprietà chimiche dei rifiuti stessi;

7. «rifiuto parzialmente stabilizzato», un rifiuto che contiene, dopo il processo di stabilizzazione, componenti pericolosi, che non sono stati completamente trasformati in componenti non pericolosi e che potrebbero essere rilasciati nell'ambiente nel breve, medio o lungo periodo.

Valutazione e classificazione.

1. Valutazione delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti.

Nel valutare le caratteristiche di pericolo dei rifiuti, si applicano i criteri di cui all'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006. Per le caratteristiche di pericolo HP 4, HP 6 e HP 8, ai fini della valutazione si applicano i valori soglia per le singole sostanze come indicato nell'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006. Quando una sostanza è presente nei rifiuti in quantità inferiori al suo valore soglia, non viene presa in considerazione per il calcolo del valore limite di concentrazione. Laddove una caratteristica di pericolo di un rifiuto è stata valutata sia mediante una prova che utilizzando le concentrazioni di sostanze pericolose come indicato nell'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevalgono i risultati della prova.

2. Classificazione di un rifiuto come pericoloso.

I rifiuti contrassegnati da un asterisco (*) nell'elenco di rifiuti sono considerati rifiuti pericolosi a meno che non si applichino le esclusioni di cui all'articolo 20 della direttiva 2008/98/CE.

Ai rifiuti cui potrebbero essere assegnati codici di rifiuti pericolosi e non pericolosi, si applicano le seguenti disposizioni:

l'iscrizione di una voce nell'elenco armonizzato di rifiuti contrassegnata come pericolosa, con un riferimento specifico o generico a «sostanze pericolose», è opportuna solo quando questo rifiuto contiene sostanze pericolose pertinenti che determinano nel rifiuto una o più delle caratteristiche di pericolo da HP 1 a HP 8 e/o da HP 10 a HP 15 di cui all'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006. La valutazione della caratteristica di pericolo HP 9 «infettivo» è effettuata conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254;

una caratteristica di pericolo può essere valutata utilizzando la concentrazione di sostanze nei rifiuti, come specificato nell'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 o, se non diversamente specificato nel regolamento (CE) n. 1272/2008, eseguendo una prova conformemente al regolamento (CE) n. 440/2008 o altri metodi di prova e linee guida riconosciuti a livello internazionale, tenendo conto dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1272/2008 per quanto riguarda la sperimentazione animale e umana;

i rifiuti contenenti dibenzo-p-diossine e i dibenzofurani policlorurati (PCDD/PCDF), DDT (1,1,1-tricloro-2,2-bis (4- clorofenil) etano), clordano, esaclorocicloesani (compreso il lindano), dieldrin, endrin, eptacloro, esaclorobenzene, clordecone, aldrin, pentaclorobenzene, mirex, toxafene esabromobifenile e/o PCB in quantità superiori ai limiti di concentrazione di cui all'allegato IV del regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) devono essere classificati come pericolosi;

i limiti di concentrazione di cui all'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 non sono applicabili alle leghe di metalli puri in forma massiva (non contaminati da sostanze pericolose). I residui di leghe che sono considerati rifiuti pericolosi sono specificamente menzionati nel presente elenco e contrassegnati con un asterisco (*);

se del caso, al momento di stabilire le caratteristiche di pericolo dei rifiuti si possono prendere in considerazione le seguenti note contenute nell'allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008:

1.1.3.1. Note relative all'identificazione, alla classificazione e all'etichettatura delle sostanze: note B, D, F, J, L, M, P, Q, R, e U;

1.1.3.2. Note relative alla classificazione e all'etichettatura delle miscele: note 1, 2, 3 e 5;

dopo la valutazione delle caratteristiche di pericolo di un tipo di rifiuti in base a questo metodo, si assegnerà l'adeguata voce di pericolosità o non pericolosità dall'elenco dei rifiuti. Tutte le altre voci dell'elenco armonizzato di rifiuti sono considerate rifiuti non pericolosi.

Elenco dei rifiuti.

I diversi tipi di rifiuti inclusi nell'elenco sono definiti specificatamente mediante il codice a sei cifre per ogni singolo rifiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due cifre per i rispettivi capitoli. Di conseguenza, per identificare un rifiuto nell'elenco occorre procedere come segue:

identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99. Occorre rilevare che è possibile che un determinato impianto o stabilimento debba classificare le proprie attività in capitoli diversi. Per esempio, un costruttore di automobili può reperire i rifiuti che produce sia nel capitolo 12 (rifiuti dalla lavorazione e dal trattamento superficiale di metalli), che nel capitolo 11 (rifiuti inorganici contenenti metalli provenienti da trattamento e rivestimento di metalli) o ancora nel capitolo 08 (rifiuti da uso di rivestimenti), in funzione delle varie fasi della produzione;

se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto;

se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16;

se un determinato rifiuto non è classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non specificati altrimenti) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all'attività identificata nella prima fase.

Indice

Capitoli dell’elenco

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(1756) Allegato sostituito dall'art. 39, comma 5, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e modificato dall'art. 3, comma 6, D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 28, e dall’ art. 13, comma 5, lett. b-bis), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116; per l’applicabilità di tale ultima disposizione vedi il comma 5-bis del medesimo art. 13, D.L. n. 91/2014. Successivamente, il presente allegato è stato modificato dall’ art. 9, comma 1, D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123. Infine, il presente allegato è stato così sostituito dall’ art. 8, comma 2, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato E (1757)

In vigore dal 26 settembre 2020

1) Obiettivi di recupero e di riciclaggio

Entro il 31 dicembre 2008 almeno il 60 % in peso dei rifiuti di imballaggio sarà recuperato o sarà incenerito in impianti di incenerimento rifiuti con recupero di energia;

entro il 31 dicembre 2008 sarà riciclato almeno il 55 % e fino all'80 % in peso dei rifiuti di imballaggio; entro il 31 dicembre 2008 saranno raggiunti i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio per i materiali contenuti nei rifiuti di imballaggio:

60 % in peso per il vetro;

60 % in peso per la carta e il cartone;

50 % in peso per i metalli;

26% in peso per la plastica, tenuto conto esclusivamente dei materiali riciclati sottoforma di plastica;

35% in peso per il legno.

Entro il 31 dicembre 2025 almeno il 65% in peso di tutti i rifiuti di imballaggio sarà riciclato entro il 31 dicembre 2025, saranno conseguiti i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio, in termini di peso, per quanto concerne i seguenti materiali specifici contenuti nei rifiuti di imballaggio:

50% per la plastica;

25% per il legno;

70% per i metalli ferrosi;

50% per l'alluminio;

70% per il vetro;

75% per la carta e il cartone;

entro il 31 dicembre 2030 almeno il 70% in peso di tutti i rifiuti di imballaggio sarà riciclato;

entro il 31 dicembre 2030, saranno conseguiti i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio, in termini di peso, per quanto concerne i seguenti materiali specifici contenuti nei rifiuti di imballaggio:

55% per la plastica;

30% per il legno;

80% per i metalli ferrosi;

60% per l'alluminio;

75% per il vetro;

85% per la carta e il cartone.

Il calcolo del livello rettificato, di cui all'articolo 219, comma 5-bis, è effettuato come segue:

sottraendo dagli obiettivi di riciclaggio relativi a tutti i rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre 2030, la quota media, nei tre anni precedenti, di imballaggi riutilizzabili e riutilizzati nell'ambito di un sistema di riutilizzo degli imballaggi, rispetto alla totalità degli imballaggi per la vendita immessi sul mercato;

sottraendo dagli obiettivi di riciclaggio relativi ai materiali specifici contenuti nei rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre 2030, la medesima quota media nei tre anni precedenti, di imballaggi riutilizzabili e riutilizzati nell'ambito di un sistema di riutilizzo degli imballaggi di cui sopra costituiti dal rispettivo materiale di imballaggio, rispetto alla totalità degli imballaggi per la vendita, costituiti da tale materiale, immessi sul mercato.

Non si tengono in considerazione più di cinque punti percentuali di tale quota ai fini del calcolo del corrispondente livello rettificato degli obiettivi.

Ai fini del calcolo degli obiettivi di riciclaggio di cui al presente allegato, relativi a tutti i rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre 2030, nonché di quelli relativi al legno contenuto nei rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre 2030, possono essere prese in considerazione le quantità di imballaggi in legno riparati per il riutilizzo.

2) Criteri interpretativi per la definizione di imballaggio ai sensi della Direttiva 2004/12/CE

i) Sono considerati imballaggi gli articoli che rientrano nella definizione di cui sopra, fatte salve altre possibili funzioni dell'imballaggio, a meno che tali articoli non siano parti integranti di un prodotto e siano necessari per contenere, sostenere o preservare tale prodotto per tutto il suo ciclo di vita e tutti gli elementi siano destinati ad essere utilizzati, consumati o eliminati insieme;

ii) sono considerati imballaggi gli articoli progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita e gli elementi usa e getta venduti, riempiti o progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita, a condizione che svolgano una funzione di imballaggio;

iii) i componenti dell'imballaggio e gli elementi accessori integrati nell'imballaggio sono considerati parti integranti dello stesso. Gli elementi accessori direttamente fissati o attaccati al prodotto e che svolgono funzioni di imballaggio sono considerati imballaggio a meno che non siano parte integrante del prodotto e tutti gli elementi siano destinati ad essere consumati o eliminati insieme. Esempi illustrativi per i criteri sopra citati sono:

Esempi illustrativi per il criterio i).

Articoli considerati imballaggio.

Scatole per dolci.

Pellicola che ricopre le custodie di CD.

Buste a sacco per l'invio di cataloghi e riviste (contenenti riviste). Pizzi per torte venduti con le torte.

Rotoli, tubi e cilindri sui quali è avvolto materiale flessibile (come ad esempio pellicola, fogli di alluminio, carta), eccetto i rotoli, i tubi e i cilindri che sono parti di macchinari di produzione e non sono utilizzati per presentare un prodotto come un'unità di vendita.

Vasi da fiori da usare solo per la vendita e il trasporto di piante e non destinati a restare con la pianta per tutta la sua durata di vita.

Bottiglie di vetro per soluzioni iniettabili.

Spine di contenimento per CD (spindle) (vendute con i CD, non destinate ad essere usate per riporli).

Grucce per indumenti (vendute con un indumento).

Scatole di fiammiferi.

Sistemi di barriera sterili (involucri, vassoi e materiali necessari per preservare la sterilità del prodotto).

Capsule per sistemi erogatori di bevande (caffè, cioccolata e latte) che sono lasciate vuote dopo l'uso.

Recipienti di acciaio ricaricabili per gas di vario tipo, esclusi gli estintori.

Articoli non considerati imballaggio.

Vasi da fiori destinati a restare con la pianta per tutta la sua durata di vita.

Cassette di attrezzi.

Bustine da tè.

Rivestimenti di cera dei formaggi.

Budelli per salsicce.

Grucce per indumenti (vendute separatamente).

Capsule per sistemi erogatori di caffè, sacchetti di alluminio per caffè e bustine di carta per caffè filtro che si gettano insieme al caffè usato.

Cartucce per stampanti.

Custodie per CD, DVD e videocassette (vendute insieme ai CD, DVD e alle videocassette).

Spine di contenimento per CD (spindle) (venduti vuoti, destinati ad essere usati per custodire i CD).

Bustine solubili per detersivi.

Lumini per tombe (contenitori per candele).

Macinini meccanici (integrati in recipienti ricaricabili, ed es. macinapepe ricaricabile).

Esempi illustrativi per il criterio ii).

Articoli da imballaggio progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita.

Sacchetti o borse di carta o di plastica.

Piatti e tazze monouso.

Pellicola retrattile.

Sacchetti per panini.

Fogli di alluminio.

Pellicola di plastica per gli indumenti lavati nelle lavanderie.

Articoli non considerati imballaggio.

Agitatori.

Posate monouso.

Carta da imballaggio (venduta separatamente).

Forme di carta per prodotti da forno (vendute vuote).

Pizzi per torte venduti senza le torte.

Esempi illustrativi per il criterio iii).

Articoli considerati imballaggio.

Etichette fissate direttamente o apposte sul prodotto.

Articoli considerati parti di imballaggio.

Spazzolini per mascara che fanno parte integrante della chiusura dei recipienti.

Etichette adesive apposte su un altro articolo di imballaggio.

Graffette.

Fascette di plastica.

Dispositivo di dosaggio che fa parte integrante della chiusura della confezione dei detersivi.

Macinini meccanici (integrati in recipienti non ricaricabili, riempiti con un prodotto, ed es. macinapepe contenente pepe).

Articoli non considerati imballaggio.

Etichette di identificazione a radiofrequenza (RIFID).


(1757) Allegato così modificato dall’ art. 1, comma 1, D.M. 22 aprile 2014, dall’ art. 23, comma 1, lett. d), L. 29 luglio 2015, n. 115 e, successivamente, dall’ art. 8, comma 3, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato F (1758)

In vigore dal 26 settembre 2020

Criteri da applicarsi sino all'entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 226, comma 3.

Requisiti essenziali concernenti la composizione e la riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la riciclabilità) degli imballaggi:

gli imballaggi sono fabbricati in modo da limitare il volume e il peso al minimo necessario per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene e accettabilità tanto per il prodotto imballato quanto per il consumatore;

gli imballaggi sono concepiti, prodotti e commercializzati in modo da permetterne il reimpiego riutilizzo o il recupero, compreso il riciclaggio, in linea con la gerarchia dei rifiuti, e da ridurne al minimo l'impatto sull'ambiente derivante dallo smaltimento dei rifiuti di imballaggio o dei residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio;

gli imballaggi sono fabbricati in modo che la presenza di metalli nocivi e di altre sostanze e materiali pericolosi come costituenti del materiale di imballaggio o di qualsiasi componente dell'imballaggio sia limitata al minimo con riferimento alla loro presenza nelle emissioni, nelle ceneri o nei residui di lisciviazione se gli imballaggi o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono inceneriti o interrati.

Requisiti per la riutilizzabilità di un imballaggio. I seguenti requisiti devono essere soddisfatti simultaneamente:

1) le proprietà fisiche e le caratteristiche dell'imballaggio devono consentire una serie di spostamenti o rotazioni in condizioni di impiego normalmente prevedibili;

2) possibilità di trattare gli imballaggi usati per ottemperare ai requisiti in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori;

3) osservanza dei requisiti specifici per gli imballaggi recuperabili se l'imballaggio non è più utilizzato e diventa quindi un rifiuto;

Requisiti per la recuperabilità di un imballaggio:

a) Imballaggi recuperabili sotto forma di riciclaggio del materiale: l'imballaggio deve essere prodotto in modo tale da consentire il riciclaggio di una determinata percentuale in peso dei materiali usati, nella fabbricazione di prodotti commerciabili, rispettando le norme in vigore nella Unione europea. La determinazione di tale percentuale può variare a seconda del tipo di materiale che costituisce l'imballaggio;

b) Imballaggi recuperabili sotto forma di recupero energetico. I rifiuti di imballaggio trattati a scopi di recupero energetico devono avere un valore calorifico minimo inferiore per permettere di ottimizzare il recupero energetico;

c) Imballaggi recuperabili sotto forma di compost:

i rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata differenziata e il processo o l'attività di compostaggio in cui sono introdotti.

d) Imballaggi biodegradabili:

i rifiuti di imballaggio biodegradabili devono essere di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua. Gli imballaggi oxodegradabili in plastica non sono considerati biodegradabili.


(1758) Allegato così sostituito dall’ art. 8, comma 4, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato G (1759)

In vigore dal 25 dicembre 2010

Categorie o tipi generici di rifiuti pericolosi elencati in base alla loro natura o all'attività che li ha prodotti (I rifiuti possono presentarsi sotto forma di liquido, di solido o di fango) (*)

[Allegato G.l

Rifiuti che presentano una qualsiasi delle caratteristiche elencate nell'allegato I e che consistono in:

1. Sostanze anatomiche: rifiuti di ospedali o provenienti da altre attività mediche

2. Prodotti farmaceutici, medicinali, prodotti veterinari

3. Prodotti per la protezione del legno

4. Biocidi e prodotti fitosanitari

5. Residui di prodotti utilizzati come solventi

6. Sostanze organiche alogenate non utilizzate come solventi, escluse le sostanze polimerizzate inerti

7. Sali per rinvenimento contenenti cianuri

8. Oli e sostanze oleose minerali (ad esempio fanghi di lavorazione, ecc.)

9. Miscugli olio/acqua o idrocarburo/acqua, emulsioni

10. Sostanze contenenti PCB e/o PCT (ad esempio isolanti elettrici, ecc.)

11. Sostanze bituminose provenienti da operazioni di raffinazione, distillazione o pirolisi (ad esempio residui di distillazione, ecc.)

12. Inchiostri, coloranti, pigmenti, pitture, lacche, vernici

13. Resine, lattici, plastificanti, colle/adesivi

14. Sostanze chimiche non identificate e/o nuove provenienti da attività di ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull'uomo e/o sull'ambiente non sono noti (ad esempio rifiuti di laboratorio, ecc.)

15. Prodotti pirotecnici e altre sostanze esplosive

16. Prodotti di laboratori fotografici

17. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorurati.

18. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia delle dibenzoparadiossine policlorurate.

Allegato G.2

Rifiuti contenenti uno qualunque dei costituenti elencati nell'allegato H, aventi una delle caratteristiche elencate nell'allegato I e consistenti in:

19. Saponi, corpi grassi, cere di origine animale o vegetale

20. Sostanze organiche non alogenate non utilizzate come solventi

21. Sostanze inorganiche senza metalli né composti metallici

22. Scorie e/o ceneri

23. Terre, argille o sabbie, compresi i fanghi di dragaggio

24. Sali per rinvenimento non contenenti cianuri

25. Polveri metalliche

26. Materiali catalitici usati

27. Liquidi o fanghi contenenti metalli o composti metallici

28. Rifiuti provenienti da trattamenti disinquinanti (ad esempio: polveri di filtri dell'aria, ecc.) salvo quelli previsti ai punti 29, 30 e 33

29. Fanghi provenienti dal lavaggio di gas

30. Fanghi provenienti dagli impianti di depurazione dell'acqua

31. Residui di decarbonazione

32. Residui di colonne scambiatrici di ioni

33. Fanghi residuati non trattati o non utilizzabili in agricoltura

34. Residui della pulitura di cisterne e/o di materiale

35. Materiale contaminato

36. Recipienti contaminati (ad esempio: imballaggi, bombole di gas, ecc.) che abbiano contenuto uno o più dei costituenti elencati nell'allegato H

37. Accumulatori e pile elettriche

38. Oli vegetali

39. Oggetti provenienti da una raccolta selettiva di rifiuti domestici e aventi una delle caratteristiche elencate nell'allegato I

40. Qualunque altro rifiuto contenente uno qualunque dei costituenti elencati nell'allegato e aventi una delle caratteristiche elencate nell'allegato I.

(*) alcune ripetizioni rispetto alle voci dell'allegato H sono fatte intenzionalmente.]


(1759) Allegato abrogato dall'art. 39, comma 6, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato H (1760)

In vigore dal 25 dicembre 2010

[Costituenti che rendono pericolosi i rifiuti dell'allegato G.2 quando tali rifiuti possiedono le caratteristiche dell'allegato I :

CI Berillio, composti del berillio

C2 Composti del vanadio

C3 Composti del cromo esavalente

C4 Composti del cobalto

C5 Composti del nichel

C6 Composti del rame

C7 Composti dello zinco

C8 Arsenico, composti dell'arsenico

C9 Selenio, composti del selenio

C10 Composti dell'argento

C11 Cadmio, composti del cadmio

C12 Composti dello stagno

C13 Antimonio, composti dell'antimonio

C14 Tellurio, composti del tellurio

C15 Composti del bario, ad eccezione del solfato di bario

C16 Mercurio, composti del mercurio

C17 Tallio, composti del tallio

C18 Piombo, composti del piombo

C19 Solfuri inorganici

C20 Composti inorganici del fluoro, escluso il fluoruro di calcio

C21 Cianuri inorganici

C22 I seguenti metalli alcalini o alcalino-terrosi: litio, sodio, potassio, calcio, magnesio sotto forma non combinata

C23 Soluzioni acide o acidi sotto forma solida

C24 Soluzioni basiche o basi sotto forma solida

C25 Amianto (polvere e fibre)

C26 Fosforo, composti del fosforo esclusi i fosfati minerali

C27 Metallocarbonili

Rifiuti aventi come costituenti:

C28 Perossidi

C29 Clorati

C30 Perclorati

C31 Azoturi

C32 PCB e/o PCT

C33 Composti farmaceutici o veterinari

C34 Biocidi e sostanze fitosanitarie (ad esempio antiparassitari, ecc.)

C35 Sostanze infettive

C36 Oli di creosoto

C37 Isocianati, tiocianati

C38 Cianuri organici (ad esempio: nitrilli, ecc.)

C39 Fenoli, composti fenolati

C40 Solventi alogenati

C41 Solventi organici, esclusi i solventi alogenati

C42 Composti organo-alogenati, escluse le sostanze polimerizzate inerti e le altre sostanze indicate nel presente allegato

C43 Composti aromatici, composti organici policiclici ed eterociclici

C44 Ammine alifatiche

C45 Ammine aromatiche

C46 Eteri

C47 Sostanze di carattere esplosivo, escluse le sostanze indicate in altri punti del presente allegato

C48 Composti organici dello zolfo

C49 Qualsiasi prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorati

C50 Qualsiasi prodotto della famiglia delle dibenzo-paradiossine policlorate

C51 Idrocarburi e loro composti ossigenati azotati e/o solforati non altrimenti indicati nel presente allegato.]


(1760) Allegato abrogato dall'art. 39, comma 6, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato I - Caratteristiche di pericolo per i rifiuti (1762)

In vigore dal 25 dicembre 2010

H1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti più del dinitrobenzene;

H2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte reazione esotermica;

H3-A «Facilmente infiammabile»: sostanze e preparati:

- liquidi il cui punto di infiammabilità è inferiore a 21 °C (compresi i liquidi estremamente infiammabili), o - che a contatto con l'aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia, possono riscaldarsi e infiammarsi, o

- solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo l'allontanamento della sorgente di accensione, o

- gassosi che si infiammano a contatto con l'aria a pressione normale,

o

- che, a contatto con l'acqua o l'aria umida, sprigionano gas facilmente infiammabili in quantità pericolose;

H3-B «Infiammabile»: sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è pari o superiore a 21 °C e inferiore o pari a 55 °C;

H4 «Irritante»: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare una reazione infiammatoria;

H5 «Nocivo»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravità limitata;

H6 «Tossico»: sostanze e preparati (comprese le sostanze e i preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte;

H7 «Cancerogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne l’incidenza;

H8 «Corrosivo»: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti vivi, possono esercitare su di essi un'azione distruttiva;

H9 «Infettivo»: sostanze contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell'uomo o in altri organismi viventi;

H10 «Tossico per la riproduzione»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne la frequenza;

H11 «Mutageno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne l’incidenza;

H12 Rifiuti che, a contatto con l'acqua, l'aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico;

H13 «Sensibilizzanti» (1761): sostanze o preparati che per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo a una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici;

H14 «Ecotossico»: rifiuti che presentano o possono presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali.

H15 Rifiuti suscettibili, dopo l’eliminazione, di dare origine in qualche modo ad un’altra sostanza, ad esempio a un prodotto di lisciviazione avente una delle caratteristiche sopra elencate.

NOTE

1. L'attribuzione delle caratteristiche di pericolo «tossico» (e «molto tossico»), «nocivo», «corrosivo» e «irritante» «cancerogeno», «tossico per la riproduzione», «mutageno» ed «ecotossico» è effettuata secondo i criteri stabiliti nell'allegato VI, della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967 e successive modifiche e integrazioni, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose.

2. Ove pertinente si applicano i valori limite di cui agli allegati II e III della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 maggio 1999 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi.

Metodi di prova:

I metodi da utilizzare sono quelli descritti nell'allegato V della direttiva 67/548/CEE e in altre pertinenti note del CEN.


(1761)  Se disponibili metodi di prova.

(1762) Allegato così sostituito dall'art. 39, comma 5, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205. Per la sostituzione del presente allegato e la sua contestuale modifica, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 8, comma 5, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, vedi, ora, l'allegato III alla Direttiva 19 novembre 2008 n. 2008/98/CE, come sostituito dall'art. 1, paragrafo 1, Regolamento 18 dicembre 2014, n. 1357/2014 e modificato dall’ art. 1 del Regolamento 8 giugno 2017, n. 2017/997/UE.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato L - Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti (1763)

In vigore dal 11 aprile 2014

MISURE CHE POSSONO INCIDERE SULLE CONDIZIONI GENERALI RELATIVE ALLA PRODUZIONE DI RIFIUTI

1. Ricorso a misure di pianificazione o ad altri strumenti economici che promuovono l'uso efficiente delle risorse.

2. Promozione di attività di ricerca e sviluppo finalizzate a realizzare prodotti e tecnologie più puliti e capaci di generare meno rifiuti; diffusione e utilizzo dei risultati di tali attività.

3. Elaborazione di indicatori efficaci e significativi delle pressioni ambientali associate alla produzione di rifiuti volti a contribuire alla prevenzione della produzione di rifiuti a tutti i livelli, dalla comparazione di prodotti a livello comunitario attraverso interventi delle autorità locali fino a misure nazionali.

MISURE CHE POSSONO INCIDERE SULLA FASE DI PROGETTAZIONE E PRODUZIONE E DI DISTRIBUZIONE

4. Promozione della progettazione ecologica (cioè l’integrazione sistematica degli aspetti ambientali nella progettazione del prodotto al fine di migliorarne le prestazioni ambientali nel corso dell’intero ciclo di vita).

5. Diffusione di informazioni sulle tecniche di prevenzione dei rifiuti al fine di agevolare l’applicazione delle migliori tecniche disponibili da parte dell’industria.

6. Organizzazione di attività di formazione delle autorità competenti per quanto riguarda l’integrazione delle prescrizioni in materia di prevenzione dei rifiuti nelle autorizzazioni rilasciate a norma della presente direttiva e della direttiva 96/61/CE.

7. Introduzione di misure per prevenire la produzione di rifiuti negli impianti non soggetti al Titolo III-bis alla Parte Seconda. Tali misure potrebbero eventualmente comprendere valutazioni o piani di prevenzione dei rifiuti. (1764)

7-bis. Introduzione delle misure indicate nei documenti di riferimento sulle BAT per prevenire la produzione di rifiuti da installazioni soggette al Titolo III-bis alla Parte Seconda. Sono a tal fine pertinenti le operazioni di riutilizzo, riciclo, ricupero effettuate all'interno delle stesse installazioni in cui si generano i materiali. (1765)

8. Campagne di sensibilizzazione o interventi per sostenere le imprese a livello finanziario, decisionale o in altro modo.

Tali misure possono essere particolarmente efficaci se sono destinate specificamente (e adattate) alle piccole e medie imprese e se operano attraverso reti di imprese già costituite.

9. Ricorso ad accordi volontari, a panel di consumatori e produttori o a negoziati settoriali per incoraggiare le imprese o i settori industriali interessati a predisporre i propri piani o obiettivi di prevenzione dei rifiuti o a modificare prodotti o imballaggi che generano troppi rifiuti.

10. Promozione di sistemi di gestione ambientale affidabili, come l'EMAS e la norma ISO 14001.

MISURE CHE POSSONO INCIDERE SULLA FASE DEL CONSUMO E DELL’UTILIZZO

11. Ricorso a strumenti economici, ad esempio incentivi per l’acquisto di beni e servizi meno inquinanti o imposizione ai consumatori di un pagamento obbligatorio per un determinato articolo o elemento dell’imballaggio che altrimenti sarebbe fornito gratuitamente.

12. Campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

13. Promozione di marchi di qualità ecologica affidabili.

14. Accordi con l’industria, ricorrendo ad esempio a gruppi di studio sui prodotti come quelli costituiti nell’ambito delle politiche integrate di prodotto, o accordi con i rivenditori per garantire la disponibilità di informazioni sulla prevenzione dei rifiuti e di prodotti a minor impatto ambientale.

15. Nell’ambito degli appalti pubblici e privati, integrazione dei criteri ambientali e di prevenzione dei rifiuti nei bandi di gara e nei contratti, coerentemente con quanto indicato nel manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili pubblicato dalla Commissione il 29 ottobre 2004.

16. Promozione del riutilizzo e/o della riparazione di determinati prodotti scartati, o loro componenti in particolare attraverso misure educative, economiche, logistiche o altro, ad esempio il sostegno o la creazione di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo, specialmente in regioni densamente popolate.


(1763) Allegato inserito dall'art. 39, comma 7, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

(1764) Punto così modificato dall’ art. 27, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1765) Punto inserito dall’ art. 27, comma 3, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato L-bis (1766)
(articolo 206-quater, comma 2)

In vigore dal 2 febbraio 2016

CATEGORIE DI PRODOTTI CHE SONO OGGETTO DI INCENTIVI ECONOMICI ALL'ACQUISTO, AI SENSI DELL'ARTICOLO 206-QUATER, COMMA 2

Categoria di prodotto Percentuale minima in peso di materiale polimerico riciclato sul peso complessivo del componente sostituito Incentivo in percentuale sul prezzo di vendita del prodotto al consumatore
Cicli e veicoli a motore >10% 10%
Elettrodomestici >20% 10%
Contenitori per uso di igiene ambientale >50% 5%
Arredo per interni >50% 5%
Arredo urbano >70% 15%
Computer >10% 10%
Prodotti per la casa e per l'ufficio >10% 10%
Pannelli fonoassorbenti, barriere e segnaletica stradale >30% 10%


(1766) Allegato inserito dall’ art. 23, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato L-ter (1767)

In vigore dal 26 settembre 2020

(esempi di strumenti economici e altre misure per incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti di cui all'articolo 179).

1. tasse e restrizioni per il collocamento in discarica e l'incenerimento dei rifiuti che incentivano la prevenzione e il riciclaggio, lasciando il collocamento in discarica come opzione di gestione dei rifiuti meno preferibile;

2. regimi di tariffe puntuali (pay-as-you-throw) che gravano sui produttori di rifiuti sulla base della quantità effettiva di rifiuti prodotti e forniscono incentivi alla separazione alla fonte dei rifiuti riciclabili e alla riduzione dei rifiuti indifferenziati;

3. incentivi fiscali per la donazione di prodotti, in particolare quelli alimentari;

4. regimi di responsabilità estesa del produttore per vari tipi di rifiuti e misure per incrementarne l'efficacia, l'efficienza sotto il profilo dei costi e la governance;

5. sistemi di cauzione-rimborso e altre misure per incoraggiare la raccolta efficiente di prodotti e materiali usati;

6. solida pianificazione degli investimenti nelle infrastrutture per la gestione dei rifiuti, anche per mezzo dei fondi dell'Unione;

7. appalti pubblici sostenibili per incoraggiare una migliore gestione dei rifiuti e l'uso di prodotti e materiali riciclati;

8. eliminazione graduale delle sovvenzioni in contrasto con la gerarchia dei rifiuti;

9. ricorso a misure fiscali o altri mezzi per promuovere la diffusione di prodotti e materiali che sono preparati per il riutilizzo o riciclati;

10. sostegno alla ricerca e all'innovazione nelle tecnologie avanzate di riciclaggio e nella ricostruzione;

11. utilizzo delle migliori tecniche disponibili per il trattamento dei rifiuti;

12. incentivi economici per le autorità locali e regionali, volti in particolare a promuovere la prevenzione dei rifiuti e intensificare i regimi di raccolta differenziata, evitando nel contempo di sostenere il collocamento in discarica e l'incenerimento;

13. campagne di sensibilizzazione pubblica, in particolare sulla raccolta differenziata, sulla prevenzione della produzione dei rifiuti e sulla riduzione della dispersione dei rifiuti, e integrazione di tali questioni nell'educazione e nella formazione;

14. sistemi di coordinamento, anche per via digitale, tra tutte le autorità pubbliche competenti che intervengono nella gestione dei rifiuti;

15. promozione di un dialogo e una cooperazione continui tra tutte le parti interessate alla gestione dei rifiuti, incoraggiamento di accordi volontari e della trasmissione delle informazioni sui rifiuti da parte delle aziende.


(1767) Allegato inserito dall’ art. 8, comma 6, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato L-quater (1768)

In vigore dal 26 settembre 2020

Elenco dei rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2

Rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all'articolo 2135 del codice civile.


(1768) Allegato inserito dall’ art. 8, comma 7, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 6, comma 5, del medesimo D.Lgs. n. 116/2020.

 


Allegati alla Parte Quarta
Allegato L-quinquies (1769)

In vigore dal 26 settembre 2020

Elenco attività che producono rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2

1. Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto.

2. Cinematografi e teatri.

3. Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta.

4. Campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi.

5. Stabilimenti balneari.

6. Esposizioni, autosaloni.

7. Alberghi con ristorante.

8. Alberghi senza ristorante.

9. Case di cura e riposo.

10. Ospedali.

11. Uffici, agenzie, studi professionali.

12. Banche ed istituti di credito.

13. Negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta, e altri beni durevoli.

14. Edicola, farmacia, tabaccaio, plurilicenze.

15. Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato.

16. Banchi di mercato beni durevoli.

17. Attività artigianali tipo botteghe: parrucchiere, barbiere, estetista.

18. Attività artigianali tipo botteghe: falegname, idraulico, fabbro, elettricista.

19. Carrozzeria, autofficina, elettrauto.

20. Attività artigianali di produzione beni specifici.

21. Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub.

22. Mense, birrerie, hamburgerie.

23. Bar, caffè, pasticceria.

24. Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari.

25. Plurilicenze alimentari e/o miste.

26. Ortofrutta, pescherie fiori e piante, pizza al taglio.

27. Ipermercati di generi misti.

28. Banchi di mercato generi alimentari.

29. Discoteche, night club.

Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all'articolo 2135 del codice civile.

Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe.


(1769) Allegato inserito dall’ art. 8, comma 8, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116; per l’applicabilità di tale disposizione vedi l’ art. 6, comma 5, del medesimo D.Lgs. n. 116/2020.

 


Allegato 1 al Titolo III-bis alla Parte Quarta

In vigore dal 12 dicembre 2017

Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento di rifiuti (1770)

A. VALORI LIMITE DI EMISSIONE IN ATMOSFERA

1. Valori limite di emissione medi giornalieri espressi in mg/Nm3

Polvere totale 10
Sostanze organiche sotto forma di gas e vapori espresse come carbonio organico totale (TOC) 10
Acido cloridrico (HCl) 10
Acido fluoridrico (HF) 1
Biossido di zolfo (SO2) 50
Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) espressi come NO2 per gli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti dotati di una capacità nominale superiore a 6 t/ora e per i nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti 200
Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) espressi come NO2 per gli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti con una capacità nominale pari o inferiore a 6 t/ora 400
Ammoniaca (NH3) 30

2. Valori limite di emissione medi su 30 minuti espressi in mg/Nm3

  (100%) A (97%) B
a) Polveri totali 30 10
a) Sostanze organiche sotto forma di gas e vapori espresse come carbonio organico totale (TOC) 20 10
a) Acido cloridrico (HCl) 60 10
a) Acido fluoridrico (HF) 4 2
a) Biossido di zolfo (SO2) 200 50
a) Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) espressi come NO2 per gli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti dotati di una capacità nominale superiore a 6 t/ora e per i nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti 400 200
a) Ammoniaca (NH3) 60 30

3. Valori limite di emissione medi ottenuti con periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore espressi in mg/Nm3

I valori medi di concentrazione degli inquinanti si ottengono secondo i metodi fissati ed aggiornati ai sensi della tabella di cui alla lettera C

Cadmio e suoi composti, espressi come cadmio (Cd) 0,05 in totale
Tallio e suoi composti espressi come tallio (Tl)
Mercurio e suoi composti espressi come mercurio (Hg) 0,05
Antimonio e suoi composti espressi come antimonio (Sb)
Arsenico e suoi composti espressi come arsenico (As)
Piombo e suoi composti espressi come piombo (Pb)
Cromo e suoi composti espressi come cromo (Cr)
Cobalto e suoi composti espressi come cobalto (Co) 0,5 in totale
Rame e suoi composti espressi come rame (Cu)
Manganese e suoi composti espressi come manganese (Mn)
Nickel e suoi composti espressi come nickel (Ni)
Vanadio e suoi composti espressi come vanadio (V)

I suddetti valori medi comprendono anche le emissioni sotto forma di polveri, gas e vapori dei metalli presenti nei relativi composti.

4. Valori limite di emissione medi ottenuti con periodo di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore.

I valori medi di concentrazione degli inquinanti si ottengono secondo i metodi fissati ed aggiornati ai sensi della tabella di cui alla lettera C.

a) Diossine e furani (PCDD + PCDF) (1) 0,1 ng/Nm3
b) Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) (2) 0,01 mg/Nm3
c)PCB-DL (3) 0,1 ng/Nm3

(1) I valori limite di emissione si riferiscono alla concentrazione totale di diossine e furani, calcolata come concentrazione “tossica equivalente”. Per la determinazione della concentrazione “tossica equivalente”, le concentrazioni di massa delle seguenti policloro-dibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani misurate nell'effluente gassoso devono essere moltiplicate per i fattori di equivalenza tossica (FTE) di seguito riportati, prima di eseguire la somma.

  FTE
2, 3, 7, 8 Tetraclorodibenzodiossina (TCDD) 1
1, 2, 3, 7, 8 - Pentaclorodibenzodiossina (PeCDD) 0,5
1, 2, 3, 4, 7, 8 - Esaclorodibenzodiossina (HxCDD) 0,1
1, 2, 3, 7, 8, 9 - Esaclorodibenzodiossina (HxCDD) 0,1
1, 2, 3, 6, 7, 8 - Esaclorodibenzodiossina (HxCDD) 0,1
1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 Eptaclorodibenzodiossina (HpCDD) 0,01
Octaclorodibenzodiossina (OCDD) 0,001
2, 3, 7, 8 - Tetraclorodibenzofurano (TCDF) 0,1
2, 3, 4, 7, 8 - Pentaclorodibenzofurano (PeCDF) 0,5
1, 2, 3, 7, 8 - Pentaclorodibenzofurano (PeCDF) 0,05
1, 2, 3, 4, 7, 8 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF) 0,1
1, 2, 3, 7, 8, 9 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF 0,1
1, 2, 3, 6, 7, 8 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF) 0,1
2, 3, 4, 6, 7, 8 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF) 0,1
1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 - Eptaclorodibenzofurano (HpCDF) 0,01
1, 2, 3, 4, 7, 8, 9 - Eptaclorodibenzofurano (HpCDF) 0,01
Octaclorodibenzofurano (OCDF) 0,001

(2) Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono determinati come somma di:

Benz[a]antracene
Dibenz[a, h]antracene
Benzo[h]fluorantene
Benzo[j]fluorantene
Benzo[k]fluorantene
Benzo[a]pirene
Dibenzo[a, e]pirene
Dibenzo[a, h]pirene
Dibenzo[a, i]pirene
Dibenzo[a, l]pirene
Indeno [1,2,3 - cd] pirene

(3) I valori limite di emissione si riferiscono alla concentrazione totale di PCB-Dl, calcolata come concentrazione “tossica equivalente”. Per la determinazione della concentrazione “tossica equivalente”, le concentrazioni di massa dei seguenti PCB misurati nell'effluente gassoso devono essere moltiplicati per i fattori di equivalenza tossica (FTE) di seguito riportati, prima di eseguire la somma.

Congenere Nome IUPAC WHO-TEF
3,3',4,4'-TetraCB PCB77 0,0001
3,4,4',5-TetraCB PCB81 0,0003
2,3,3',4,4'-PentaCB PCB 105 0,00003
2,3,4,4',5-PentaCB PCB 114 0,00003
2,3',4,4',5-PentaCB PCB 118 0,00003
2',3,4,4',5-PentaCB PCB 123 0,00003
3,3',4,4',5-PentaCB PCB 126 0,1
2,3,3',4,4',5-HexaCB PCB 156 0,00003
2,3,3',4,4',5'-HexaCB PCB 157 0,00003
2,3',4,4',5,5'-HexaCB PCB 167 0,00003
3,3',4,4',5,5'-HexaCB PCB 169 0,03
2,3,3',4,4',5,5'-HeptaCB PCB 189 0,00003

5. Valori limite di emissione per il monossido di carbonio (CO)

I seguenti valori limite di emissione per le concentrazioni di monossido di carbonio (CO) non devono essere superati nei gas di combustione (escluse le fasi di avviamento ed arresto):

- 50 mg/Nm3 come valore medio giornaliero;

- 100 mg/Nm3 come valore medio su 30 minuti;

- il valore di 150 mg/Nm3 come valore medio su 10 minuti.

L'autorità competente può concedere deroghe per gli impianti di incenerimento che utilizzano la tecnologia del letto fluido, purché l'autorizzazione preveda un valore limite di emissione per il monossido di carbonio (CO) non superiore a 100 mg/m3 come valore medio orario.

B. NORMALIZZAZIONE

Condizioni di cui all'articolo 237-nonies del Titolo III-bis della Parte IV:

- pressione 101,3 kPa;

- gas secco,

nonché un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco pari all'11% in volume, utilizzando la seguente formula

nella quale:

Es = concentrazione di emissione calcolata al tenore di ossigeno di riferimento;

Em = concentrazione di emissione misurata;

Os = tenore di ossigeno di riferimento;

Om = tenore di ossigeno misurato.

Nel caso di incenerimento unicamente di oli usati, come definiti all'articolo 183, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'ossigeno di riferimento negli effluenti gassosi secchi è pari al 3%.

Se i rifiuti sono inceneriti in una atmosfera arricchita di ossigeno, l'autorità competente può fissare un tenore di ossigeno di riferimento diverso che rifletta le speciali caratteristiche dell'incenerimento.

Nel caso di incenerimento di rifiuti pericolosi, la normalizzazione in base al tenore di ossigeno viene applicata soltanto se il tenore di ossigeno misurato supera il pertinente tenore di ossigeno di riferimento.

C. VALUTAZIONE DELL'OSSERVANZA DEI VALORI LIMITE DI EMISSIONE IN ATMOSFERA

1. Valutazione dei risultati delle misurazioni

Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.

Per le misurazioni in continuo i valori limite di emissione si intendono rispettati se:

a) nessuno dei valori medi giornalieri supera uno qualsiasi dei valori limite di emissione stabiliti al paragrafo A, punto 1;

b) per il monossido di carbonio (CO):

- almeno il 97% dei valori medi giornalieri nel corso dell'anno non supera il valore limite di emissione di cui al paragrafo A, punto 5, primo trattino;

- almeno il 95% di tutti i valori medi su 10 minuti in un qualsiasi periodo di 24 ore oppure tutti i valori medi su 30 minuti nello stesso periodo non superano i valori limite di emissione di cui al paragrafo A, punto 5, secondo e terzo trattino”;

c) nessuno dei valori medi su 30 minuti supera uno qualsiasi dei valori limite di emissione di cui alla colonna A del paragrafo A, punto 2, oppure, in caso di non totale rispetto di tale limite per il parametro in esame, almeno il 97% dei valori medi su 30 minuti nel corso dell'anno non supera il relativo valore limite di emissione di cui alla colonna B del paragrafo A, punto 2;

d) nessuno dei valori medi rilevati per i metalli pesanti, le diossine e i furani, gli idrocarburi policiclici aromatici, e i policlorobifenili (PCB-DL), durante il periodo di campionamento supera i pertinenti valori limite di emissione stabiliti al paragrafo A, punti 3 e 4;

I valori medi su 30 minuti e i valori medi su 10 minuti sono determinati durante il periodo di effettivo funzionamento (esclusi i periodi di avvio e di arresto se non vengono inceneriti rifiuti) in base ai valori misurati, previa sottrazione del rispettivo valore dell'intervallo di confidenza al 95% riscontrato sperimentalmente. Il campionamento e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle norme CEN. Se non sono disponibili norme CEN, si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.

L'assicurazione di qualità dei sistemi automatici di misurazione e la loro taratura in base ai metodi di misurazione di riferimento devono essere eseguiti in conformità alla norma UNI EN 14181. I sistemi automatici sono sottoposti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi di misurazione di riferimento almeno una volta all'anno.

I valori degli intervalli di confidenza di ciascun risultato delle misurazioni effettuate, non possono eccedere le seguenti percentuali dei valori limite di emissione riferiti alla media giornaliera:

Polveri totali 30%
Carbonio organico totale 30%
Acido cloridrico 40%
Acido fluoridrico 40%
Biossido di zolfo 20%
Biossido di azoto 20%
Monossido di carbonio 10%
Ammoniaca 30%

I valori medi giornalieri sono determinati in base ai valori medi convalidati.

Per ottenere un valore medio giornaliero valido non possono essere scartati, a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo, più di 5 valori medi su 30 minuti in un giorno qualsiasi. Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misurazioni periodiche di HF, HC1 e SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme con la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione da utilizzare per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.

Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle misurazioni ai valori limite di emissione si effettua sulla base di quanto previsto dalle norme tecniche di seguito riportate:

Parametro Metodo
Temperatura UNI EN ISO 16911:2013
Pressione UNI EN ISO 16911:2013
Velocità UNI EN ISO 16911:2013
Portata UNI EN ISO 16911:2013
Umidità UNI EN 14790:2006
Ossigeno (O2) UNI EN 14789:2006
Acido Cloridrico (HCl) UNI EN 1911:2010
Acido Fluoridrico (HF) ISO15713 :2006
Ossidi Di Azoto (NOx) Espressi Come NO2 UNI EN 14792 : 2006
Ammoniaca (NH3) EPA CTM-027 :1997
Biossido Di Zolfo (SO2) UNI EN 14791:2006
Monossido Di Carbonio (CO) UNI EN 15058:2006
TOC Espresso Come C UNI EN 12619 : 2013
PCDD/PCDF Come (Teq) UNI EN 1948-1,2,3 : 2006
PCB-Dl come (Teq) UNI EN 1948-1,2,3,4 :2010
IPA ISO 11338 -1 e 2 : 2003
Polveri UNI EN 13284-1: 2003
Mercurio (Hg) UNI EN 13211:2003
Metalli Pesanti (As,Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl, V) UNI EN 14385:2004

In caso di misure discontinue, al fine di valutare la conformità delle emissioni convogliate ai valori limite di emissioni, la concentrazione è calcolata preferibilmente come media di almeno tre campionamenti consecutivi e riferiti ciascuno ai periodi di campionamento indicati all'Allegato 1, lettera A nelle condizioni di esercizio più gravose dell'impianto.

D. ACQUE DI SCARICO DALL'IMPIANTO DI INCENERIMENTO

1. Valori limite di emissione negli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi

Sono di seguito riportati i valori limite di emissione di inquinanti negli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi, espressi in concentrazioni di massa per campioni non filtrati.

  95% 100%
a) Solidi sospesi totali 30 mg/l 45 mg/l
b) Mercurio e suoi composti, espressi come mercurio (Hg)   0,03 mg/l
c) Cadmio e suoi composti, espressi come cadmio (Cd)   0,05 mg/l
d) Tallio e suoi composti, espressi come tallio (TI)   0,05 mg/l
e) Arsenico e suoi composti, espressi come arsenico As   0,15 mg/l
f) Piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb)   0,2 mg/l
g) Cromo e suoi composti, espressi come cromo (Cr)   0,5 mg/l
h) Rame e suoi composti, espressi come rame (Cu)   0,5 mg/l
i) Nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni)   0,5 mg/l
l) Zinco e suoi composti, espressi come zinco (Zn)   1,5 mg/l
m) Diossine e furani (PCDD + PCDF) come Teq   0,3 ng/l
n) Idrocarburi policiclici aromatici (IPA)   0,0002 mg/l
o) Policlorobifenili (PCB-Dl) come Teq   0,3 ng/l

E. CAMPIONAMENTO, ANALISI E VALUTAZIONE DELLE EMISSIONI NELLE ACQUE DI SCARICO

1. Misurazioni

a) misurazioni continue del pH, della temperatura e della portata;

b) misurazioni giornaliere dei solidi sospesi totali effettuate su campioni per sondaggio;

c) misurazioni almeno mensili, su di un campione rappresentativo proporzionale al flusso dello scarico su un periodo di 24 ore, degli inquinanti di cui al paragrafo D, punto 1, lettere da b) a l);

d) misurazioni almeno semestrali di diossine e furani e degli idrocarburi policiclici aromatici; per i primi dodici mesi di funzionamento dell'impianto, tali sostanze devono essere misurate almeno ogni tre mesi;

d-bis) le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'acqua sono eseguite in modo rappresentativo.

2. Valutazione dei risultati delle misurazioni

I valori limite di emissione si intendono rispettati se:

a) il 95% e il 100% dei valori misurati per i solidi sospesi totali non superano i rispettivi valori limite di emissione stabiliti al paragrafo D, punto 1, lett. a);

b) non più di una misurazione all'anno per i metalli pesanti supera i valori limite di emissione stabiliti al paragrafo D, punto 1, lettere da b) a l);

c) le misurazioni semestrali per le diossine e i furani e per gli idrocarburi policiclici aromatici non superano i valori limite di emissione stabiliti al paragrafo D, punto 1, lettere m) e n).


(1770) Allegato inserito dall’ art. 27, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. v), nn. 1) e 2), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


Allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta

In vigore dal 12 dicembre 2017

Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di coincenerimento (1771)

A. VALORI LIMITE DI EMISSIONE IN ATMOSFERA

1. Formula di miscelazione

La seguente “formula di miscelazione” deve essere applicata ogniqualvolta non sia stato stabilito uno specifico valore limite totale di emissione “C” nel presente Allegato.

Il valore limite per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio presenti nell'effluente gassoso derivante dal coincenerimento dei rifiuti è calcolato come segue:

Vrifiuti: volume dell'effluente gassoso derivante dall'incenerimento dei soli rifiuti, determinato in base ai rifiuti che hanno il più basso potere calorifico specificato nell'autorizzazione e normalizzato alle condizioni indicate al paragrafo B dell'Allegato 1.

Qualora il calore liberato dall'incenerimento di rifiuti pericolosi sia inferiore al 10% del calore totale liberato nell'impianto, Vrifiuti deve essere calcolato in base ad un quantitativo (fittizio) di rifiuti che, se incenerito, libererebbe un calore pari al 10% del calore totale liberato nell'impianto.

Cririfiuti: valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento stabiliti al paragrafo A dell'Allegato 1.

Vprocesso: volume dell'effluente gassoso derivante dal processo dell'impianto, inclusa la combustione dei combustibili autorizzati normalmente utilizzati nell'impianto (esclusi i rifiuti), determinato sulla base dei tenori di ossigeno previsti dalla normativa ai fini della normalizzazione delle emissioni. In assenza di normativa per il pertinente tipo di impianto, si deve utilizzare il tenore reale di ossigeno dell'effluente gassoso non diluito con aggiunta di aria non indispensabile per il processo. La normalizzazione per le altre condizioni è quella specificata al paragrafo B.

Cprocesso: valori limite di emissione indicati nel presente Allegato per taluni settori industriali o, in caso di assenza di tali valori, valori limite di emissione degli inquinanti e del monossido di carbonio fissati dalla normativa statale o regionale per tali impianti quando vengono bruciati i combustibili normalmente autorizzati (rifiuti esclusi). In mancanza di tali disposizioni si applicano i valori limite di emissione che figurano nell'autorizzazione. Se in questa non sono menzionati tali valori, si ricorre alle concentrazioni reali in massa.

C: valori limite totali di emissione e tenore di ossigeno individuati nel presente Allegato per taluni settori industriali e per taluni inquinanti o, in caso di assenza di tali valori, valori limite totali di emissione da rispettare per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio. Il tenore totale di ossigeno di riferimento, che sostituisce il tenore di ossigeno di riferimento per la normalizzazione di cui al successivo paragrafo B, è calcolato sulla base dei tenori di ossigeno sopraindicati per Vrifiuti e per Vprocesso, rispettando i volumi parziali.

I valori limite totali di emissione (C) per gli inquinanti di cui all'Allegato 1, paragrafo A, punti 3 e 4, sono quelli fissati nei suddetti punti, e non sono soggetti alla applicazione della “formula di miscelazione”.

2. Disposizioni speciali relative ai forni per cemento che coinceneriscono rifiuti

2.1. I valori limite di emissione di cui ai punti 2.2 e 2.3 si applicano come valori medi giornalieri di polveri totali, HCl, HF, NOx, SO2, TOC, NH3 (per misurazioni in continuo), come valori medi in un periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore per i metalli pesanti e come valori medi in un periodi di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore per diossine e furani.

Tutti i valori sono normalizzati a ossigeno 10 %.

I valori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.

2.2. C - Valori limite totali di emissione (espressi in mg/Nm3 tranne che per diossine e furani, IPA e PCB-Dl) per le seguenti sostanze inquinanti

Sostanza inquinante C
Polveri totali 30
HCl 10
HF 1
NOx 500 (1)
Cd + Tl 0,05
Hg 0,05
Sb + As +Pb + Cr + Co + Cu + Mn + Ni + V 0,5
Diosine e furani (ng/Nm3) C
IPA C
PCB-Dl (ng/Nm3) C
(1) Fino al 1° gennaio 2016 l'autorità competente può autorizzare dal valore limite per i NOx per i forni Lepol e per i forni rotativi lunghi purché l'autorizzazione stabilisca un valore limite di emissione complessivo per i NOx inferiore o pari a 800 mg/Nm3.

2.3. C - Valori limite totali di emissione (espressi in mg/Nm3) per SO2 e TOC

Inquinanti C
SO2 50
TOC 10

L'autorità competente può concedere deroghe rispetto ai valori limite di emissione di cui al presente punto nei casi in cui il coincenerimento di rifiuti non dia luogo a TOC e SO2.

2.4. C - Valori limite di emissione complessivi per il CO

L'autorità competente può stabilire valori limite di emissione per il CO

3. Disposizioni speciali per impianti di combustione che coinceneriscono rifiuti

3.1. Cprocesso espresso come valori medi giornalieri (in mg/Nm3) valido fino alle seguenti date:

a) 31 dicembre 2015 per gli impianti che hanno ottenuto un'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013, o i cui gestori hanno presentato una domanda completa per un'autorizzazione entro tale data, a condizione che detti impianti siano messi in servizio al più tardi entro il 7 gennaio 2014;

b) 7 gennaio 2013 per gli impianti di combustione non coperti dal comma precedente.

Per determinare la potenza termica nominale totale degli impianti di combustione si applicano le norme sul cumulo delle emissioni di cui all'Allegato 4. I valori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.

Per determinare la potenza termica nominale totale degli impianti di combustione si applicano le norme sul cumulo delle emissioni. I valori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.

Cprocesso per combustibili solidi esclusa la biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 850 200 200
NOx - 400 200 200
Polvere 50 50 30 30

Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 200 200 200
NOx - 350 300 200
Polvere 50 50 30 30

Cprocesso per i combustibili liquidi (tenore di O2 3 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 850 da 400 a 200 (decremento lineare da 100 a 300 MWth) 200
NOx - 400 200 200
Polvere 50 50 30 30

3.2. Cprocesso espresso in valori medi giornalieri (in mg/Nm3) valido fino alle seguenti date:

a) 1° gennaio 2016 per gli impianti di combustione che hanno ottenuto l'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o i cui gestori hanno presentato una domanda completa per un'autorizzazione entro tale data, a condizione che detti impianti siano messi in servizio entro il 7 gennaio 2014;

b) 7 gennaio 2013 per gli impianti di combustione diversi da quelli di cui al punto a).

Per determinare la potenza termica nominale totale degli impianti di combustione si applicano le norme sul cumulo delle emissioni. I valori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.

3.2.1. Cprocesso per gli impianti di combustione che hanno ottenuto l'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o i cui gestori hanno presentato una domanda completa per un'autorizzazione entro tale data, purché siano messi in servizio entro il 7 gennaio 2014, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas

Cprocesso per i combustibili solidi ad eccezione della biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 400 200 200
    per la torba: 300    
NOx - 300 200 200
    per la polverizzata: 400    
Polvere 50 30 25 20
      per la torba: 20  

Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 200 200 200

NOx - 300 250 200
Polvere 50 30 20 20

Cprocesso per i combustibili liquidi (tenore di O2 3 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 350 250 200
NOx - 400 200 150
Polvere 50 30 25 20

3.2.2. Cprocesso per gli impianti di combustione diversi da quelli di cui al punto 3.2.1, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas

Cprocesso per i combustibili solidi ad eccezione della biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza 50 da 50 a 100 da 100 a 300 MWth 300 MWth
inquinante MWth MWth
SO2 - 400 200 150 per combustione a letto fluido circolante o a letto fluido oppure, nel caso di combustione di torba, per tutti i tipi di combustione a letto fluido: 200
    per la torba: 300 per la torba: 300, tranne nel caso di combustione a letto fluido: 250
NOx - 300 200 150 per la combustione di lignite polverizzata: 200
    per la torba: 250    
Polvere 50 20 20 10 per la torba: 20

Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
S02 - 200 200 150
NOx - 250 200 150
Polvere 50 20 20 20

Cprocesso per i combustibili liquidi (tenore di O2 3 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 350 200 150
NOx - 300 150 100
Polvere 50 20 20 10

3.3. C - Valori limite totali di emissione per metalli pesanti (in mg/Nm3) espresso come valori medi in un periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore (tenore di O2 6 % per i combustibili solidi e 3 % per i combustibili liquidi).

Sostanze inquinanti C
Cd + TI 0,05
Hg 0,05
Sb + As + Pb + Cr + Co + Cu + Mn + Ni + V 0,5

a. C - valori limite totali di emissione per diossine e furani, IPA e PCB-D1 espresso come valore medio misurato in un periodo di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore (tenore di O2 6 % per i combustibili solidi e 3 % per i combustibili liquidi).

Sostanza inquinante C
Diossine e furani (come Teq) 0,1 ng/Nm3
IPA 0,01mg/Nm3
PCB-Dl (come Teq) 0,1 ng/Nm3

4. Disposizioni speciali per gli impianti di coincenerimento di rifiuti nei settori industriali non contemplati nei punti 2 e 3 della presente parte

4.1. C - valore limite totale di emissione per diossine e furani, IPA e PCB DL espresso come valore medio misurato in un periodo di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore:

Sostanza inquinante C
Diossine e furani (come Teq) 0,1 ng/Nm3
IPA 0,01mg/Nm3
PCB-Dl (come Teq) 0,1 ng/Nm3

4.2. C - valori limite totali di emissione (in mg/Nm3) per i metalli pesanti espresso come valori medi misurati in un periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore:

Sostanze inquinanti C
Cd + TI 0,05
Hg 0,05

B. NORMALIZZAZIONE

Condizioni di cui all'articolo 237 nonies del Titolo III-bis della Parte IV del presente decreto legislativo

- temperatura 273,15 °K;

- pressione 101,3 kPa.

- gas secco.

nonché ad un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco stabilito o determinato in accordo a quanto previsto al precedente paragrafo A, utilizzando la seguente formula:

nella quale:

Es = concentrazione di emissione calcolata al tenore di ossigeno di riferimento;

Em = concentrazione di emissione misurata;

Os = tenore di ossigeno di riferimento;

Om = tenore di ossigeno misurato.

Se i rifiuti sono coinceneriti in una atmosfera arricchita di ossigeno, l'autorità competente può fissare un tenore di ossigeno di riferimento diverso che rifletta le speciali caratteristiche dell'incenerimento.

Nel caso di coincenerimento di rifiuti pericolosi, la normalizzazione in base al tenore di ossigeno è applicata soltanto se il tenore di ossigeno misurato supera il pertinente tenore di ossigeno di riferimento.

C. METODI DI CAMPIONAMENTO, ANALISI E VALUTAZIONE DELL'OSSERVANZA DEI VALORI LIMITE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA

1. Valutazione dei risultati delle misurazioni

Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.

Per le misurazioni in continuo i valori limite di emissione si intendono rispettati se:

a) nessuno dei valori medi giornalieri supera uno qualsiasi dei pertinenti valori limite di emissione stabiliti nel presente Allegato;

b) nessuno dei valori medi rilevati per i metalli pesanti, per le diossine e i furani e per gli idrocarburi policiclici aromatici e PCB-DL supera i pertinenti valori limite di emissione stabiliti nel presente Allegato.

I valori medi su 30 minuti sono determinati durante il periodo di effettivo funzionamento (esclusi i periodi di avvio e di arresto se non vengono inceneriti rifiuti) in base ai valori misurati, previa sottrazione del rispettivo valore dell'intervallo di confidenza al 95% riscontrato sperimentalmente. Il campionamento e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle norme CEN. Se non sono disponibili norme CEN, si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.

L'assicurazione di qualità dei sistemi automatici di misurazione e la loro taratura in base ai metodi di misurazione di riferimento devono essere eseguiti in conformità alla norma UNI EN 14181. I sistemi automatici sono sottoposti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi di misurazione di riferimento almeno una volta all'anno.

I valori degli intervalli di confidenza di ciascun risultato delle misurazioni effettuate, non possono eccedere le seguenti percentuali dei valori limite di emissione riferiti alla media giornaliera:

Polveri totali 30%
Carbonio organico totale 30%
Acido cloridrico 40%
Acido fluoridrico 40%
Biossido di zolfo 20%
Biossido di azoto 20%
Monossido di carbonio 10%
Ammoniaca 30%

I valori medi giornalieri sono determinati in base ai valori medi convalidati.

Per ottenere un valore medio giornaliero valido non possono essere scartati più di 5 valori medi su 30 minuti in un giorno qualsiasi a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo.

Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle misurazioni ai valori limite di emissione si effettua secondo i seguenti metodi:

Parametro Metodo
Temperatura UNI EN ISO 16911:2013
Pressione UNI EN ISO 16911:2013
Velocità UNI EN ISO 16911:2013
Portata UNI EN ISO 16911:2013
Umidità UNI EN 14790:2006
Ossigeno (O2) UNI EN 14789:2006
Acido Cloridrico (HCl) UNI EN 1911:2010
Acido Fluoridrico (HF) ISO15713 :2006
Ossidi Di Azoto (NOx) Espressi Come NO2 UNI EN 14792 : 2006
Ammoniaca (NH3) EPA CTM-027 :1997
Biossido Di Zolfo (SO2) UNI EN 14791:2006
Monossido Di Carbonio (CO) UNI EN 15058:2006
TOC Espresso Come C UNI EN 12619 : 2013
PCDD/PCDF Come (Teq) UNI EN 1948-1,2,3 : 2006
PCB-Dl come (Teq) UNI EN 1948-1,2,3,4 :2010
IPA ISO 11338 -1 e 2:2003
Polveri UNI EN 13284-1:2003
Mercurio (Hg) UNI EN 13211:2003
Metalli Pesanti (As,Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl, V) UNI EN 14385:2004

In caso di misure discontinue, al fine di valutare la conformità delle emissioni convogliate ai valori limite di emissioni, la concentrazione è calcolata preferibilmente come media di almeno tre campionamenti consecutivi e riferiti ciascuno ai periodi di campionamento indicati all'Allegato 1, lettera A nelle condizioni di esercizio più gravose dell'impianto. I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misurazioni periodiche di HF, HC1 e SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme con la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione da utilizzare per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.

D. ACQUE DI SCARICO DALL'IMPIANTO DI COINCENERIMENTO E RELATIVE NORME SU CAMPIONAMENTO, ANALISI E VALUTAZIONE

Per gli impianti di coincenerimento valgono le disposizioni dei paragrafi D ed E dell'Allegato 1, relative agli impianti di incenerimento.


(1771) Allegato inserito dall’ art. 27, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. z), nn. 1) e 2), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


Allegato 3 al Titolo III-bis alla Parte Quarta

In vigore dal 11 aprile 2014

NORME TECNICHE PER IL COINCENERIMENTO DEI PRODOTTI TRASFORMATI DERIVATI DA MATERIALI DI CATEGORIA 1, 2 E 3 DI CUI AL REGOLAMENTO (CE) 1069/2009. (1772)

1. Tipologia: Prodotti trasformati e derivati da materiali di categoria 1, 2 e 3, ivi compresi i grassi; partite di alimenti zootecnicí contenenti frazioni dei materiali predetti.

1.1 Provenienza: impianti di trasformazione riconosciuti ai sensi del regolamento (CE) 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, per le partite di alimenti zootecnici contenenti frazioni dei materiali predetti è ammessa qualsiasi provenienza

1.2 Caratteristiche:

a) farina proteica animale e/o alimenti zootecnici aventi le seguenti caratteristiche:

P.C.I. sul tal quale 12.000 kJ/kg min;

umidità 10% max;

ceneri sul secco 40% max.

b) grasso animale avente le seguenti caratteristiche:

P.C.I. sul tal quale 30.000 kJ/kg min;

umidità 2% max;

ceneri sul secco 2% max.

I parametri di cui ai punti a) e b) devono essere documentati dal produttore in aggiunta alla documentazione sanitaria prevista dalla vigente normativa.

1.3 Il coincenerimento con recupero energetico, comprende anche la relativa messa in riserva presso l'impianto. Durante tutte le fasi dell'attività devono essere evitati il contatto diretto e la manipolazione dei rifiuti di cui al punto 1.2, nonché qualsiasi forma di dispersione ambientale degli stessi.


(1772) Allegato inserito dall’ art. 27, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati al Titolo V della parte Quarta (1774)
Allegato 1 - Criteri generali per l'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica

In vigore dal 11 aprile 2014

Premessa

Il presente allegato definisce gli elementi necessari per la redazione dell'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica (nel seguito analisi di rischio), da utilizzarsi per la definizione degli obiettivi di bonifica.

L'analisi di rischio si può applicare prima, durante e dopo le operazioni di bonifica o messa in sicurezza.

L'articolato normativo fa riferimento a due criteri-soglia di intervento: il primo (CSC) da considerarsi valore di attenzione, superato il quale occorre svolgere una caratterizzazione ed il secondo (CSR) che identifica i livelli di contaminazione residua accettabili, calcolati mediante analisi di rischio, sui quali impostare gli interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica.

Il presente allegato definisce i criteri minimi da applicare nella procedura di analisi di rischio inversa che verrà utilizzata per il calcolo delle CSR, cioè per definire in modo rigoroso e cautelativo per l'ambiente gli obiettivi di bonifica aderenti alla realtà del sito, che rispettino i criteri di accettabilità del rischio cancerogeno e dell'indice di rischio assunti nei punti di conformità prescelti.

CONCETTI E PRINCIPI BASE

Nell'applicazione dell'analisi di rischio dei siti contaminati ed ai fini di una interpretazione corretta dei risultati finali occorre tenere conto dei seguenti concetti:

la grandezza rischio, in tutte le sue diverse accezioni, ha costantemente al suo interno componenti probabilistiche. Nella sua applicazione per definire gli obiettivi di risanamento è importante sottolineare che la probabilità non è legata all'evento di contaminazione (già avvenuto), quanto alla natura probabilistica degli effetti nocivi che la contaminazione, o meglio l'esposizione ad un certo contaminante, può avere sui ricettori finali.

Ai fini di una piena accettazione dei risultati dovrà essere posta una particolare cura nella scelta dei parametri da utilizzare nei calcoli, scelta che dovrà rispondere sia a criteri di conservatività , il principio della cautela è intrinseco alla procedura di analisi di rischio, che a quelli di sito-specificità ricavabili dalle indagini di caratterizzazione svolte.

L'individuazione e l'analisi dei potenziali percorsi di esposizione e dei bersagli e la definizione degli obiettivi di bonifica, in coerenza con gli orientamenti strategici più recenti, devono tenere presente la destinazione d'uso del sito prevista dagli strumenti di programmazione territoriale.

COMPONENTI DELL'ANALISI DI RISCHIO DA PARAMETRIZZARE

Sulla base della struttura del processo decisionale di «analisi di rischio», indipendentemente dal tipo di metodologia impiegata, dovranno essere parametrizzate le seguenti componenti: contaminanti indice, sorgenti, vie e modalità di esposizione, ricettori finali.

Di seguito si presentano gli indirizzi necessari per la loro definizione ai fini dei calcoli.

Contaminanti indice

Particolare attenzione dovrà essere posta nella scelta delle sostanze di interesse (contaminanti indice) da sottoporre ai calcoli di analisi di rischio.

La scelta dei contaminanti indice, desunti dai risultati della caratterizzazione, deve tener conto dei seguenti fattori:

* Superamento della o delle CSC, ovvero dei valori di fondo naturali.

* Livelli di tossicità.

* Grado di mobilità e persistenza nelle varie matrici ambientali.

* Correlabilità ad attività svolta nel sito.

* Frequenza dei valori superiori al CSC.

Sorgenti

Le indagini di caratterizzazione dovranno portare alla valutazione della geometria della sorgente: tale valutazione dovrà necessariamente tenere conto delle dimensioni globali del sito, in modo da procedere, eventualmente, ad una suddivisione in aree omogenee sia per le caratteristiche idrogeologiche che per la presenza di sostanze contaminanti, da sottoporre individualmente ai calcoli di analisi di rischio.

In generale l'esecuzione dell'analisi di rischio richiede l'individuazione di valori di concentrazione dei contaminanti rappresentativi in corrispondenza di ogni sorgente di contaminazione (suolo superficiale, suolo profondo, falda) secondo modalità e criteri che si diversificano in funzione del grado di approssimazione richiesto.

Tale valore verrà confrontato con quello ricavato dai calcoli di analisi di rischio, per poter definire gli interventi necessari.

Salvo che per le contaminazioni puntuali (hot-spots), che verranno trattate in modo puntuale, tali concentrazioni dovranno essere di norma stabilite su basi statistiche (media aritmetica, media geometrica, UCL 95% del valore medio).

Le vie e le modalità di esposizione

Le vie di esposizione sono quelle mediante le quali il potenziale bersaglio entra in contatto con le sostanze inquinanti.

Si ha una esposizione diretta se la via di esposizione coincide con la sorgente di contaminazione; si ha una esposizione indiretta nel caso in cui il contatto del recettore con la sostanza inquinante avviene a seguito della migrazione dello stesso e quindi avviene ad una certa distanza dalla sorgente.

Le vie di esposizione per le quali occorre definire i parametri da introdurre nei calcoli sono le seguenti:

- Suolo superficiale (compreso fra piano campagna e 1 metro di profondità).

- Suolo profondo (compreso fra la base del precedente e la massima profondità indagata).

- Aria outdoor (porzione di ambiente aperto, aeriforme, dove si possono avere evaporazioni di sostanze inquinanti provenienti dai livelli più superficiali.

- Aria indoor (porzione di ambiente aeriforme confinata in ambienti chiusi).

- Acqua sotterranea (falda superficiale e/o profonda).

Le modalità di esposizione attraverso le quali può avvenire il contatto tra l'inquinante ed il bersaglio variano in funzione delle vie di esposizione sopra riportate e sono distinguibili in:

- ingestione di acqua potabile.

- ingestione di suolo.

- contatto dermico.

- inalazione di vapori e particolato.

I recettori o bersagli della contaminazione

Sono i recettori umani, identificabili in residenti e/o lavoratori presenti nel sito (on-site) o persone che vivono al di fuori del sito (off-site).

Di fondamentale importanza è la scelta del punto di conformità (soprattutto quello per le acque sotterranee) e del livello di rischio accettabile sia per le sostanze cancerogene che non-cancerogene.

- punto di conformità per le acque sotterranee

Il punto di conformità per le acque sotterranee rappresenta il punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato originale (ecologico, chimico e/o quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire tutti i suoi usi potenziali, secondo quanto previsto nella parte terza (in particolare articolo 76) e nella parte sesta del presente decreto (in particolare articolo 300). Pertanto in attuazione del principio generale di precauzione, il punto di conformità deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica e la relativa CSR per ciascun contaminante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all'Allegato 5 della parte quarta del presente decreto. Valori superiori possono essere ammissibili solo in caso di fondo naturale più elevato o di modifiche allo stato originario dovute all'inquinamento diffuso, ove accertati o validati dalla Autorità pubblica competente, o in caso di specifici minori obiettivi di qualità per il corpo idrico sotterraneo o per altri corpi idrici recettori, ove stabiliti e indicati dall'Autorità pubblica competente, comunque compatibilmente con l'assenza di rischio igienico-sanitario per eventuali altri recettori a valle. A monte idrogeologico del punto di conformità così determinato e comunque limitatamente alle aree interne del sito in considerazione, la concentrazione dei contaminanti può risultare maggiore della CSR così determinata, purché compatibile con il rispetto della CSC al punto di conformità nonché compatibile con l'analisi del rischio igienico sanitario per ogni altro possibile recettore nell'area stessa (1773)

- criteri di accettabilità del rischio cancerogeno e dell'indice di rischio

Si propone 1x10-6 come valore di rischio incrementale accettabile per la singola sostanza cancerogena e 1x10'5 come valore di rischio incrementale accettabile cumulato per tutte le sostanze cancerogene, mentre per le sostanze non cancerogene si applica il criterio del non superamento della dose tollerabile o accettabile (ADI o TDI) definita per la sostanza (Hazard Index complessivo 1). (1773)

PROCEDURE DI CALCOLO E STIMA DEL RISCHIO

Le procedure di calcolo finalizzate alla caratterizzazione quantitativa del rischio, data l'importanza della definizione dei livelli di bonifica (CSR), dovranno essere condotte mediante l'utilizzo di metodologie quale ad esempio ASTM PS 104, di comprovata validità sia dal punto di vista delle basi scientifiche che supportano gli algoritmi di calcolo, che della riproducibilità dei risultati.

PROCEDURA DI VALIDAZIONE

Al fine di consentire la validazione dei risultati ottenuti da parte degli enti di controllo è necessario avere la piena rintracciabilità dei dati di input con relative fonti e dei criteri utilizzati per i calcoli.

Gli elementi più importanti sono di seguito riportati:

* Criteri di scelta dei contaminanti indice.

* Modello concettuale del sito alla luce dei risultati delle indagini di caratterizzazione con percorsi di esposizione e punti di conformità.

* Procedure di calcolo utilizzate.

* Fonti utilizzate per la determinazione dei parametri di input degli algoritmi di calcolo.


(1773) Punto così modificato dall'art. 2, comma 43, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

(1774) Intestazione così modificata dall’ art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati al Titolo V della parte Quarta (1775)
Allegato 2 - Criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati (1776)

In vigore dal 11 aprile 2014

PREMESSA

La caratterizzazione ambientale di un sito è identificabile con l'insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito. Le attività di caratterizzazione devono essere condotte in modo tale da permettere la validazione dei risultati finali da parte delle Pubbliche Autorità in un quadro realistico e condiviso delle situazioni di contaminazione eventualmente emerse.

Per caratterizzazione dei siti contaminati si intende quindi l'intero processo costituito dalle seguenti fasi:

1. Ricostruzione storica delle attività produttive svolte sul sito.

2. Elaborazione del Modello Concettuale Preliminare del sito e predisposizione di un piano di indagini ambientali finalizzato alla definizione dello stato ambientale del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.

3. Esecuzione del piano di indagini e delle eventuali indagini integrative necessarie alla luce dei primi risultati raccolti.

4. Elaborazione dei risultati delle indagini eseguite e dei dati storici raccolti e rappresentazione dello stato di contaminazione del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.

5. Elaborazione del Modello Concettuale Definitivo.

6. Identificazione dei livelli di concentrazione residua accettabili - sui quali impostare gli eventuali interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica, che si rendessero successivamente necessari a seguito dell'analisi di rischio-calcolati mediante analisi di rischio eseguita secondo i criteri di cui in Allegato 1.

La Caratterizzazione ambientale, sarà avviata successivamente alla approvazione da parte delle Autorità Competenti del Piano di indagini di cui al punto 1 e si riterrà conclusa con l'approvazione, in unica soluzione, da parte delle Autorità Competenti dell'intero processo sopra riportato, al termine delle attività di cui al punto 5 nel caso di non superamento delle CSC e al termine dell'attività di cui al punto 6 qualora si riscontri un superamento delle suddette concentrazioni.

Nel fase di attuazione dell'intero processo, l'Autorità competente potrà richiedere al Proponente stati di avanzamento dei lavori per ognuna delle fasi sopra riportate, rilasciando eventuali prescrizioni per ognuna delle fasi di cui sopra in un'unica soluzione. Per i Siti di interresse nazionale, i tempi e le modalità di approvazione delle fasi di cui sopra potranno essere disciplinate con appositi Accordi di Programma.

Il presente documento fa riferimento ai siti potenzialmente contaminati che non rientrano nella fattispecie a cui si applicano le procedure semplificate dell'Allegato 4.

PREDISPOSIZIONE DEL PIANO DI INDAGINI AMBIENTALI FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DELLO STATO AMBIENTALE DEL SOTTOSUOLO

Tale fase si attua attraverso:

1. Raccolta dei dati esistenti ed elaborazione del Modello Concettuale Preliminare.

2. Elaborazione del Piano di Investigazione Iniziale comprendente: indagini, campionamenti e analisi da svolgere mediante prove in sito ed analisi di laboratorio.

3. Ogni altra indagine, campionamento e analisi finalizzati alla definizione dello stato ambientale del sottosuolo e dei livelli di concentrazione accettabili per il terreno e le acque sotterranee.

Modello concettuale preliminare

Il modello concettuale preliminare è realizzato sulla base delle informazioni storiche disponibili prima dell'inizio del Piano di investigazione, nonché di eventuali indagini condotte nelle varie matrici ambientali nel corso della normale gestione del sito. Con il modello concettuale preliminare vengono infatti descritte: caratteristiche specifiche del sito in termini di potenziali fonti della contaminazione; estensione, caratteristiche e qualità preliminari delle matrici ambientali influenzate dalla presenza dell'attività esistente o passata svolta sul sito; potenziali percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai bersagli individuati. Tale modello deve essere elaborato prima di condurre l'attività di campo in modo da guidare la definizione del Piano di investigazione.

Parte integrante e fondamentale del modello concettuale del sito è la definizione preliminare, sulla base delle informazioni storiche a disposizione, delle caratteristiche idrogeologiche degli acquiferi superficiali e profondi in quanto possibili veicoli della contaminazione.

Per la redazione del Modello Concettuale preliminare dovranno essere considerate le eventuali indagini condotte nelle varie matrici ambientali nel corso della normale gestione del sito, prima dell'attuazione del piano di indagini.

Piano di indagini

Il piano di indagini dovrà contenere la dettagliata descrizione delle attività che saranno svolte in campo ed in laboratorio per la caratterizzazione ambientale del sito. Il Proponente dovrà includere in tale documento le specifiche tecniche per l'esecuzione delle attività (procedure di campionamento, le misure di campo, modalità di identificazione, conservazione e trasporto dei campioni, metodiche analitiche, ecc. ) che una volta approvate dalle Autorità Competenti, prima dell'inizio dei lavori, costituiranno il protocollo applicabile per la caratterizzazione del sito.

Le fonti potenziali di inquinamento sono definite sulla base del Modello Concettuale Preliminare del sito e comprendono: luoghi di accumulo e stoccaggio di rifiuti e materiali, vasche e serbatoi interrati e fuori terra, pozzi disperdenti, cumuli di rifiuti in contenitori o dispersi, tubazioni e fognature, ecc..

Le indagini avranno l'obiettivo di:

- verificare l'esistenza di inquinamento di suolo, sottosuolo e acque sotterranee; definire il grado, l'estensione volumetrica dell'inquinamento; delimitare il volume delle aree di interramento di rifiuti;

- individuare le possibili vie di dispersione e migrazione degli inquinanti dalle fonti verso i potenziali ricettori;

- ricostruire le caratteristiche geologiche ed idrogeologiche dell'area al fine di sviluppare il modello concettuale definitivo del sito;

- ottenere i parametri necessari a condurre nel dettaglio l'analisi di rischio sito specifica;

- individuare i possibili ricettori.

A tal fine devono essere definiti:

- l'ubicazione e tipologia delle indagini da svolgere, sia di tipo diretto, quali sondaggi e piezometri, sia indiretto, come i rilievi geofisici;

- il piano di campionamento di suolo, sottosuolo, rifiuti e acque sotterranee;

- il piano di analisi chimico-fisiche e le metodiche analitiche;

- la profondità da raggiungere con le perforazioni, assicurando la protezione degli acquiferi profondi ed evitando il rischio di contaminazione indotta dal campionamento;

- le metodologie di interpretazione e restituzione dei risultati.

Ubicazione dei punti di campionamento

L'ubicazione dei punti di campionamento deve essere stabilita in modo da corrispondere agli obiettivi indicati nei criteri generali.

Per ogni matrice ambientale investigata (suolo, sottosuolo, acque sotterranee) si possono presentare due principali strategie per selezionare l'ubicazione dei punti di sondaggio e prelievo:

1. la scelta è basata sull'esame dei dati storici a disposizione e su tutte le informazioni sintetizzate nel modello concettuale preliminare e deve essere mirata a verificare le ipotesi formulate nel suddetto modello in termini di presenza, estensione e potenziale diffusione della contaminazione; questa scelta è da preferirsi per i siti complessi qualora le informazioni storiche e impiantistiche a disposizione consentano di prevedere la localizzazione delle aree più vulnerabili e delle più probabili fonti di contaminazione [«ubicazione ragionata»]

2. la scelta della localizzazione dei punti è effettuata sulla base di un criterio di tipo casuale o statistico, ad esempio campionamento sulla base di una griglia predefinita o casuale; questa scelta è da preferirsi ogni volta che le dimensioni dell'area o la scarsità di informazioni storiche e impiantistiche sul sito non permettano di ottenere una caratterizzazione preliminare soddisfacente e di prevedere la localizzazione delle più probabili fonti di contaminazione [«ubicazione sistematica»]

A seconda della complessità del sito, i due approcci di cui sopra possono essere applicati contemporaneamente in funzione del differente utilizzo delle aree del sito. In particolare, nella scelta dei punti di indagine si terrà conto della diversità tra aree dismesse e/o libere da impianti e aree occupate da impianti, collocando i punti di campionamento in corrispondenza dei punti di criticità, valutando nel contempo la configurazione impiantistica e lo schema dei relativi sottoservizi.

Oltre ai criteri di cui sopra, l'applicazione di tecniche indirette di indagine, laddove applicabili (analisi del gas interstiziale del suolo, indagini geofisiche indirette, ecc.), potrà essere utilizzata al fine di determinare una migliore ubicazione dei punti di indagine diretta (prelievi di terreno e acqua) ed ottenere una maggiore copertura areale delle informazioni. In tal caso il proponente potrà presentare un piano di indagini per approfondimenti successivi utilizzando le indagini indirette per formulare il modello concettuale preliminare del sito e concordando con le Autorità competenti modalità di discussione ed approvazione degli stati di avanzamento delle indagini. In tal caso il piano di indagini dovrà contenere una dettagliata descrizione della validità e della applicabilità delle tecniche di indagine indirette utilizzate.

Al fine di conoscere la qualità delle matrici ambientali (valori di fondo) dell'ambiente in cui è inserito il sito potrà essere necessario prelevare campioni da aree adiacenti il sito. Tali campioni verranno utilizzati per determinare i valori di concentrazione delle sostanze inquinanti per ognuna delle componenti ambientali rilevanti per il sito in esame; nel caso di campionamento di suoli, la profondità ed il tipo di terreno da campionare deve corrispondere, per quanto possibile, a quelli dei campioni raccolti nel sito.

Selezione delle sostanze inquinanti da ricercare

La selezione dei parametri dovrà avvenire essenzialmente sulla base seguente processo:

Esame del ciclo produttivo e/o dei dati storici del sito (processo industriale, materie prime, intermedi, prodotti e reflui generati nel caso di un'area industriale dimessa; materiali smaltiti nel caso di una discarica; prodotti coinvolti nel caso di versamenti accidentali, eventuali analisi esistenti, etc), per la definizione di un «set standard» di analiti (sia per le analisi dei terreni sia per quelle delle acque sotterranee) concettualmente applicabile, nel corso delle indagini, alla generalità delle aree di interesse.

Esame dello stato fisico, della stabilità e delle caratteristiche di reale pericolosità delle sostanze individuate nel «set standard» di analiti di cui al punto precedente per eseguire solo su queste la caratterizzazione completa di laboratorio;

Nei punti distanti dalle possibili sorgenti di contaminazione si potrà inoltre selezionare un numero limitato di parametri indicatori, scelti sulla base della tossicità e mobilità dei contaminanti e dei relativi prodotti di trasformazione.

Il percorso logico di cui sopra dovrà essere validato prima dell'inizio dei lavori con l'approvazione del Piano di Indagini presentato dal proponente.

Si potrà valutare la possibilità e l'opportunità di modulare il piano analitico in funzione delle peculiarità delle varie sub aree di interesse, individuando set specifici.

Modalità di esecuzione sondaggi e piezometri

I sondaggi saranno eseguiti, per quanto possibile, mediante carotaggio continuo a infissione diretta, rotazione/rotopercussione a secco, utilizzando un carotiere di diametro idoneo ed evitando fenomeni di surriscaldamento.

I sondaggi da attrezzare a piezometro saranno realizzati, per quanto possibile, a carotaggio continuo a rotazione/rotopercussione a secco, utilizzando un carotiere di diametro idoneo.

Campionamento terreni e acque sotterranee

Tutte le operazioni che saranno svolte per il campionamento delle matrici ambientali, il prelievo, la formazione, il trasporto e la conservazione del campione e per le analisi di laboratorio dovranno essere documentate con verbali quotidiani.

Dovrà inoltre essere riportato l'elenco e la descrizione dei materiali e delle principali attrezzature utilizzati.

II piano di indagini dovrà contenere una dettagliata descrizione delle procedure di campionamento dei terreni e delle acque, le misure da effettuare in campo, le modalità di identificazione, conservazione e trasporto dei campioni, che una volta approvate dalle Autorità Competenti, prima dell'inizio dei lavori, costituiranno l'unico protocollo applicabile per la caratterizzazione del sito.

Ogni campione è suddiviso in due aliquote, una per l'analisi da condurre ad opera dei soggetti privati, una per archivio a disposizione dell'ente di controllo.

L'eventuale terza aliquota, quando richiesta, sarà confezionata in contraddittorio solo alla presenza dell'ente di controllo, sigillando il campione che verrà firmato dagli addetti incaricati, verbalizzando il relativo prelievo. La copia di archivio verrà conservata a temperatura idonea, sino all'esecuzione e validazione delle analisi di laboratorio da parte dell'ente di controllo preposto.

Terreni

I criteri che devono essere adottati nella formazione di campioni di terreno che si succedono lungo la colonna di materiali prelevati sono:

- ottenere la determinazione della concentrazione delle sostanze inquinanti per strati omogenei dal punto di vista litologico;

- prelevare separatamente, in aggiunta ai campioni previsti per sondaggio, materiali che si distinguono per evidenze di inquinamento o per caratteristiche organolettiche, chimico-fisiche e litologico-stratigrafiche. Analisi di campo e analisi semiquantitative (p.es. test in sito dello spazio di testa) potranno essere utilizzate, laddove applicabili, per selezionare tali campioni e per ottenere una maggiore estensione delle informazioni sulla verticale. I campioni relativi a particolari evidenze o anomalie sono formati per spessori superiori ai 50 cm.

Per corrispondere ai criteri indicati, da ciascun sondaggio i campioni dovranno essere formati distinguendo almeno:

- campione 1: da 0 a -1 metro dal piano campagna;

- campione 2: 1 m che comprenda la zona di frangia capillare;

- campione 3: 1 m nella zona intermedia tra i due campioni precedenti.

Con eccezione dei casi in cui esista un accumulo di rifiuti nella zona satura, la caratterizzazione del terreno sarà concentrata sulla zona insatura. Quando il campionamento dei terreni è specificatamente destinato a composti volatili, non viene previsto il campionamento in doppia aliquota.

Il campione dovrà essere formato immediatamente a seguito dell'estrusione del materiale dal carotiere in quantità significative e rappresentative.

Un apposito campione dovrà essere prelevato nel caso in cui si debba provvedere alla classificazione granulometrica del terreno.

Quando sono oggetto di indagine rifiuti interrati, in particolare quando sia prevista la loro rimozione e smaltimento come rifiuto, si procederà al prelievo e all'analisi di un campione medio del materiale estratto da ogni posizione di sondaggio.

I sondaggi, dopo il prelievo dei campioni di terreno, saranno sigillati con riempimento dall'alto o iniezione di miscele bentonitiche dal fondo.

Acque sotterranee

Ai fini del presente documento si intende rappresentativo della composizione delle acque sotterranee il campionamento dinamico.

Qualora debba essere prelevata solamente la fase separata di sostanze non miscibili oppure si sia in presenza di acquiferi poco produttivi, può essere utilizzato il campionamento statico.

Qualora sia rinvenuto nei piezometri del prodotto surnatante in fase libera, occorrerà provvedere ad un campionamento selettivo del prodotto; sui campioni prelevati saranno condotti i necessari accertamenti di laboratorio finalizzati alla sua caratterizzazione per determinarne se possibile l'origine.

Metodiche analitiche

Le attività analitiche verranno eseguite da laboratori pubblici o privati che garantiscano di corrispondere ai necessari requisiti di qualità. Le metodiche analitiche applicate dovranno essere concordate fra le parti prima dell'inizio dei lavori, in fase di approvazione del piano di indagine proposto.

Analisi chimica dei terreni

Ai fini di ottenere l'obiettivo di ricostruire il profilo verticale della concentrazione degli inquinanti nel terreno, i campioni da portare in laboratorio dovranno essere privi della frazione maggiore di 2 cm (da scartare in campo) e le determinazioni analitiche in laboratorio dovranno essere condotte sull'aliquota di granulometria inferiore a 2 mm. La concentrazione del campione dovrà essere determinata riferendosi alla totalità dei materiali secchi, comprensiva anche dello scheletro.

Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l'ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite.

Analisi chimica delle acque

Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l'ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite.

Attività di controllo

Le attività di controllo da parte della Pubblica Autorità sarà soprattutto qualitativo e potrà essere realizzato durante lo svolgimento delle attività di campo, attraverso la verifica dell'applicazione delle specifiche definite nel Piano di Indagini. Le attività di campo, saranno descritte a cura del responsabile del sito, con la redazione del Giornale dei Lavori, che sarà verificato e validato dai Responsabili degli Enti preposti al controllo.

Le attività di controllo da parte degli enti preposti, potrà essere realizzato durante lo svolgimento delle analisi di laboratorio, seguendone le diverse fasi. I Responsabili degli Enti preposti al controllo, potranno pertanto verificare, attraverso un sistema di controllo qualità, la corretta applicazione :

- delle metodiche analitiche;

- dei sistemi utilizzati;

- del rispetto delle Buone Pratiche di Laboratorio.

Tutte le fasi operative di laboratorio, comprese le attività di controllo degli Enti preposti, saranno descritte nel giornale lavori di laboratorio, che potrà essere verificato e validato dai Responsabili degli stessi Enti.

La validazione dell'intero percorso analitico, dal prelievo dal campione alla restituzione del dato, potrà essere eseguita dagli Enti di Controllo, attraverso l'approvazione dei certificati analitici.

ESECUZIONE DI EVENTUALI INDAGINI INTEGRATIVE

Sulla base dei risultati del Piano di Indagini eseguito in conformità con le specifiche in esso contenute, il Proponente potrà procedere, se ritenuto necessario, alla predisposizione di indagini integrative mirate alla migliore definizione del Modello Concettuale Definitivo del sito.

Per indagini integrative si intendono quindi tutte le indagini mirate alla definizione dei parametri sito specifici necessari per l'applicazione dell'analisi di rischio ed eventualmente alla migliore calibrazione dei modelli di calcolo impiegati, che non sia stato possibile caratterizzare con le indagini iniziali. Tali indagini possono includere: campionamenti e analisi di terreno e acque sotterranee con le modalità riportate ai paragrafi precedenti; prove specifiche per verificare la stabilità e la mobilità dei contaminanti (test di permeabilità, test di cessione, ecc.); prove e test in sito per verificare la naturale attenuazione dei contaminanti nel terreno e nelle acque sotterranee.

Tutte le indagini integrative proposte saranno dettagliatamente descritte e motivate in un documento tecnico che sarà presentato dal Proponente, prima dell'inizio dei lavori, alla Autorità Competenti, per eventuali prescrizioni.

RAPPRESENTAZIONE DELLO STATO DI CONTAMINAZIONE DEL SOTTOSUOLO

Tutti i risultati analitici ricavati nel corso delle fasi di indagine costituiscono la base di dati a cui riferirsi per definire il modello concettuale del sito e definire il grado e l'estensione della contaminazione nel sito.

L'obiettivo è quello di raccogliere e rappresentare tutti gli elementi che servono a definire: l'estensione dell'area da bonificare; i volumi di suolo contaminato; le caratteristiche rilevanti dell'ambiente naturale e costruito; il grado di inquinamento delle diverse matrici ambientali.

L'elaborazione dei risultati analitici deve esprimere l'incertezza del valore di concentrazione determinato per ciascun campione: in considerazione della eterogeneità delle matrici suolo, sottosuolo e materiali di riporto la deviazione standard per ogni valore di concentrazione determinato, da confrontare con i valori di concentrazione limite accettabili, dovrà essere stabilita sulla base del confronto delle metodologie che si intendono adottare per il campionamento e per le analisi dei campioni di terreno e di acqua.

Nella relazione che accompagna la presentazione dei risultati delle analisi devono essere riportati i metodi e calcoli statistici adottati nell'espressione dei risultati e della deviazione standard.

I risultati delle attività di indagine svolte sul sito e in laboratorio devono essere espressi sotto forma di tabelle di sintesi, di rappresentazioni grafiche e cartografiche, tra cui devono essere realizzate:

- carte geologiche, strutturali ed idrogeologiche;

- carte dell'ubicazione delle indagini svolte e dei punti di campionamento;

- carte piezometriche, con evidenziazione delle direzioni prevalenti di flusso e dei punti di misura;

- carte di rappresentazione della contaminazione.

In particolare, carte di rappresentazione della isoconcentrazione dei contaminanti (es. curve di isoconcentrazione) potranno essere utilizzate principalmente per le acque sotterranee e applicate alla contaminazione del terreno qualora le condizioni di omogeneità del sottosuolo lo consentano.

Per i Siti di Interesse nazionale, potrà essere realizzata una banca-dati informatizzata collegata ad un Sistema Informativo Territoriale (SIT/GIS) per permettere la precisa archiviazione di tutti dati relativi al sito e dei risultati di ogni tipo di investigazione.

ELABORAZIONE DI UN MODELLO CONCETTUALE DEFINITIVO DEL SITO

L'elaborazione di un Modello Concettuale Definitivo del sito è mirata alla rappresentazione dell'interazione tra lo stato di contaminazione del sottosuolo, ricostruita e rappresentata conformemente al paragrafo precedente, e l'ambiente naturale e/o costruito.

II Modello Concettuale costituisce pertanto la base per l'applicazione dell'Analisi di Rischio che dovrà verificare gli scenari di esposizione in esso definiti.

Il Modello Concettuale Definitivo include:

- le caratteristiche specifiche del sito in termini di stato delle potenziali fonti della contaminazione (attive, non attive, in sicurezza, ecc.);

- grado ed estensione della contaminazione del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee del sito e dell'ambiente da questo influenzato; a tale fine dovranno essere individuati dei parametri specifici di rappresentazione (ad esempio; concentrazione media della sorgente secondaria di contaminazione);

- percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai bersagli individuati nello scenario attuale (siti in esercizio) o nello scenario futuro (in caso di riqualificazione dell'area).

Informazioni di dettaglio sulla formulazione del Modello Concettuale Definitivo ai fini dell'applicazione dell'Analisi di Rischio sono riportate nell'Allegato 1. In particolare, nel caso di siti in esercizio, il modello concettuale dovrà inoltre includere tutte le informazioni necessarie per stabilire le priorità di intervento per la eventuale verifica delle sorgenti primarie di contaminazione e la messa in sicurezza e bonifica del sottosuolo.

Parte integrante del modello concettuale del sito è la definizione del modello idrogeologico dell'area che descrive in dettaglio le caratteristiche idrogeologiche degli acquiferi superficiali e profondi in quanto possibili veicoli della contaminazione.

IDENTIFICAZIONE DEI LIVELLI DI CONCENTRAZIONE RESIDUA ACCETTABILI

Fatto salvo quanto previsto per i casi in cui si applicano le procedure semplificate di cui in Allegato 4, la Caratterizzazione del sito si riterrà conclusa con la definizione da parte del Proponente e l'approvazione da parte delle Autorità Competenti, dei livelli di concentrazione residua accettabili nel terreno e nelle acque sotterranee mediante l'applicazione dell'analisi di rischio secondo quanto previsto dall'Allegato 1.

L'Analisi di Rischio dovrà essere sviluppata verificando i percorsi di esposizione attivi individuati dal Modello Concettuale di cui al paragrafo precedente.


(1775) Intestazione così modificata dall’ art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1776) Vedi, anche, l’ art. 3, comma 2, D.M. 12 febbraio 2015, n. 31.

 


Allegati al Titolo V della parte Quarta (1777)
Allegato 3 - Criteri generali per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza (d'urgenza, operativa o permanente), nonché per l'individuazione delle migliori tecniche d'intervento a costi sopportabili

In vigore dal 11 aprile 2014

Premessa

Il presente allegato si propone di illustrare i criteri generali da seguire sia nella selezione che nell'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza d'urgenza, messa in sicurezza operativa, messa in sicurezza permanente, nonché degli interventi in cui si faccia ricorso a batteri, ceppi batterici mutanti e stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo.

Sono presentate, quindi, le diverse opzioni da prendere in considerazione sia per pervenire ad un'effettiva eliminazione/riduzione della contaminazione, sia per conseguire un'efficace azione di protezione delle matrici ambientali influenzate dagli effetti del sito, mediante la messa in sicurezza dello stesso, qualora le tecniche di bonifica dovessero risultare meno efficaci, ovvero non sostenibili economicamente ovvero non compatibili con la prosecuzione delle attività produttive.

Per i siti «in esercizio», infatti, laddove un intervento di bonifica intensivo comporterebbe delle limitazioni se non l'interruzione delle attività di produzione, il soggetto responsabile dell'inquinamento o il proprietario del sito può ricorrere, in alternativa, ad interventi altrettanto efficaci di messa in sicurezza dell'intero sito, finalizzati alla protezione delle matrici ambientali sensibili mediante il contenimento degli inquinanti all'interno dello stesso, e provvedere gradualmente all'eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie in step successivi programmati, rimandando la bonifica alla dismissione delle attività.

Le modalità di gestione dei rifiuti e delle acque di scarico, o meglio, gli accorgimenti tecnici che possono essere previsti e progettati per evitare la produzione di rifiuti (per es. il riutilizzo delle acque e dei terreni) incidono in maniera determinante sui costi di un intervento a parità di obiettivi di bonifica o di messa in sicurezza da raggiungere.

Tale situazione è particolarmente rilevante nel caso di siti in esercizio.

Criteri generali per gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza

Interventi di bonifica

La bonifica di un sito inquinato è finalizzata ad eliminare l'inquinamento delle matrici ambientali o a ricondurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti in suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali, entro i valori soglia di contaminazione (CSC) stabiliti per la destinazione d'uso prevista o ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) definiti in base ad una metodologia di Analisi di Rischio condotta per il sito specifico sulla base dei criteri indicati nell'Allegato 1.

Interventi di messa in sicurezza

Gli interventi di messa in sicurezza sono finalizzati alla rimozione e all'isolamento delle fonti inquinanti, e al contenimento della diffusione degli inquinanti per impedirne il contatto con l'uomo e con i recettori ambientali circostanti.

Essi hanno carattere di urgenza in caso di rilasci accidentali o di improvviso accertamento di una situazione di contaminazione o di pericolo di contaminazione (messa in sicurezza d'urgenza), ovvero di continuità e compatibilità con le lavorazioni svolte nei siti produttivi in esercizio (messa in sicurezza operativa), ovvero di definitività nei casi in cui, nei siti non interessati da attività produttive in esercizio, non sia possibile procedere alla rimozione degli inquinanti pur applicando le migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili di cui al presente allegato (messa in sicurezza permanente).

La messa in sicurezza di un sito inquinato è comprensiva delle azioni di monitoraggio e controllo finalizzate alla verifica nel tempo delle soluzioni adottate ed il mantenimento dei valori di concentrazione degli inquinanti nelle matrici ambientali interessate al di sotto dei valori soglia di rischio (CSR).

Gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza devono essere condotti secondo i seguenti criteri tecnici generali:

a) privilegiare le tecniche di bonifica che riducono permanentemente e significativamente la concentrazione nelle diverse matrici ambientali, gli effetti tossici e la mobilità delle sostanze inquinanti;

b) privilegiare le tecniche di bonifica tendenti a trattare e riutilizzare il suolo nel sito, trattamento in-situ ed on-site del suolo contaminato, con conseguente riduzione dei rischi derivanti dal trasporto e messa a discarica di terreno inquinato;

c) privilegiare le tecniche di bonifica/messa in sicurezza permanente che blocchino le sostanze inquinanti in composti chimici stabili (ed es. fasi cristalline stabili per metalli pesanti).

a) privilegiare le tecniche di bonifica che permettono il trattamento e il riutilizzo nel sito anche dei materiali eterogenei o di risulta utilizzati nel sito come materiali di riempimento;

b) prevedere il riutilizzo del suolo e dei materiali eterogenei sottoposti a trattamenti off-site sia nel sito medesimo che in altri siti che presentino le caratteristiche ambientali e sanitarie adeguate;

c) privilegiare negli interventi di bonifica e ripristino ambientale l'impiego di materiali organici di adeguata qualità provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;

d) evitare ogni rischio aggiuntivo a quello esistente di inquinamento dell'aria, delle acque sotterranee e superficiali, del suolo e sottosuolo, nonché ogni inconveniente derivante da rumori e odori;

e) evitare rischi igienico-sanitari per la popolazione durante lo svolgimento degli interventi;

f) adeguare gli interventi di ripristino ambientale alla destinazione d'uso e alle caratteristiche morfologiche, vegetazionali e paesistiche dell'area.

g) per la messa in sicurezza privilegiare gli interventi che permettano il trattamento in situ ed il riutilizzo industriale dei terreni, dei materiali di risulta e delle acque estratte dal sottosuolo, al fine di conseguire una riduzione del volume di rifiuti prodotti e della loro pericolosità;

h) adeguare le misure di sicurezza alle caratteristiche specifiche del sito e dell'ambiente da questo influenzato;

i) evitare ogni possibile peggioramento dell'ambiente e del paesaggio dovuto dalle opere da realizzare.

Nel progetto relativo agli interventi da adottare si dovrà presentare, infatti, una dettagliata analisi comparativa delle diverse tecnologie di intervento applicabili al sito in esame, in considerazione delle specifiche caratteristiche dell'area, in termini di efficacia nel raggiungere gli obiettivi finali, concentrazioni residue, tempi di esecuzione, impatto sull'ambiente circostante degli interventi; questa analisi deve essere corredata da un'analisi dei costi delle diverse tecnologie.

Le alternative presentate dovranno permettere di comparare l'efficacia delle tecnologie anche in considerazione delle risorse economiche disponibili per l'esecuzione degli interventi.

Nel progetto si dovrà inoltre indicare se, qualora previste, si dovrà procedere alla rimozione o al mantenimento a lungo termine delle misure di sicurezza, e dei relativi controlli e monitoraggi.

Messa in sicurezza d'urgenza

Gli interventi di messa in sicurezza d'urgenza sono mirati a rimuovere le fonti inquinanti primarie e secondarie, ad evitare la diffusione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate e matrici ambientali adiacenti, ad impedire il contatto diretto della popolazione con la contaminazione presente.

Gli interventi di messa in sicurezza d'urgenza devono essere attuati tempestivamente a seguito di incidenti o all'individuazione di una chiara situazione di pericolo di inquinamento dell'ambiente o di rischio per la salute umana, per rimuovere o isolare le fonti di contaminazione e attuare azioni mitigative per prevenire ed eliminare pericoli immediati verso l'uomo e l'ambiente circostante. Tali interventi, in assenza di dati specifici, vengono definiti in base ad ipotesi cautelative.

Di seguito vengono riportate le principali tipologie di interventi di messa in sicurezza d'urgenza:

- rimozione dei rifiuti ammassati in superficie, svuotamento di vasche, raccolta sostanze pericolose sversate;

- pompaggio liquidi inquinanti galleggianti, disciolti o depositati in acquiferi superficiali o sotterranei;

- installazione di recinzioni, segnali di pericolo e altre misure di sicurezza e sorveglianza;

- installazione di trincee drenanti di recupero e controllo;

- costruzione o stabilizzazione di argini;

- copertura o impermeabilizzazione temporanea di suoli e fanghi contaminati;

- rimozione o svuotamento di bidoni o container abbandonati, contenenti materiali o sostanze potenzialmente pericolosi.

In caso di adozione di interventi di messa in sicurezza d'urgenza sono previste attività di monitoraggio e controllo finalizzate a verificare il permanere nel tempo delle condizioni che assicurano la protezione ambientale e della salute pubblica.

Messa in sicurezza operativa

Gli interventi di messa in sicurezza operativa si applicano ai siti contaminati in cui siano presenti attività produttive in esercizio.

Tali interventi sono finalizzati a minimizzare o ridurre il rischio per la salute pubblica e per l'ambiente a livelli di accettabilità attraverso il contenimento degli inquinanti all'interno dei confini del sito, alla protezione delle matrici ambientali sensibili, e alla graduale eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie mediante tecniche che siano compatibili col proseguimento delle attività produttive svolte nell'ambito del sito.

Gli interventi di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da idonei sistemi di monitoraggio e controllo atti a verificare l'efficacia delle misure adottate e il mantenimento nel tempo delle condizioni di accettabilità del rischio.

È opportuno progettare tali interventi dopo aver eseguito la caratterizzazione ambientale del sito, finalizzata ad un'analisi di rischio sito-specifica.

Devono pertanto essere acquisite sufficienti informazioni sulla contaminazione presente, sulle caratteristiche degli acquiferi sottostanti e delle altre possibili vie di migrazione degli inquinanti, sui possibili punti di esposizione, e sui probabili bersagli ambientali ed umani.

Nelle operazioni di messa in sicurezza devono essere privilegiate le soluzioni tecniche che consentano di minimizzare la produzione di rifiuti e pertanto favoriscano:

- il trattamento on-site ed il riutilizzo del terreno eventualmente estratto dal sottosuolo;

- il riutilizzo nel sito come materiali di riempimento anche dei materiali eterogenei e di risulta;

- la reintroduzione nel ciclo di lavorazione delle materie prime recuperate;

- il risparmio idrico mediante il riutilizzo industriale delle acque emunte dal sottosuolo;

Le misure di messa in sicurezza operativa si distinguono in:

- mitigative;

- di contenimento.

Misure mitigative

Per misure mitigative della messa in sicurezza operativa si intendono gli interventi finalizzati ad isolare, immobilizzare, rimuovere gli inquinanti dispersi nel suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee.

Esse sono attuate in particolare con:

- sistemi fissi o mobili di emungimento e recupero con estrazione monofase o plurifase;

- trincee drenanti;

- sistemi di ventilazione del sottosuolo insaturo e degli acquiferi ed estrazione dei vapori;

- sistemi gestionali di pronto intervento in caso di incidente che provochi il rilascio di sostanze inquinanti sul suolo, sottosuolo, corpi idrici;

Misure di contenimento

Esse hanno il compito di impedire la migrazione dei contaminanti verso ricettori ambientali sensibili, quali acque superficiali e sotterranee. Esse sono generalmente applicate in prossimità dei confini del sito produttivo.

Esse si dividono in:

- misure di sbarramento passive di natura fisica o statica;

- misure di sbarramento attive di natura idraulica o dinamica;

- misure di sbarramento reattive di natura chimica.

Tra le prime si possono elencare:

- barriere o diaframmi verticali in acciaio o in altri materiali impermeabili; essi possono essere realizzati mediante infissione, escavazione, gettiniezione, iniezione, congelamento, miscelazione in situ, o misti di due o più delle precedenti tipologie;

- sistemi di impermeabilizzazione sotterranei e di immobilizzazione degli inquinanti.

Tra le misure attive e di natura idraulica vi sono:

- sbarramenti realizzati con pozzi di emungimento con pompaggio adeguato ad intercettare il flusso di sostanze inquinanti presenti nelle acque sotterranee;

- trincee di drenaggio delle acque sotterranee possibilmente dotate di sistemi di prelievo di acque contaminate;

- sistemi idraulici di stabilizzazione degli acquiferi sotterranei;

Le misure di sbarramento di tipo reattivo operano l'abbattimento delle concentrazioni degli inquinanti nelle acque di falda mediante sistemi costituiti da sezioni filtranti in cui vengono inserirti materiali in grado di degradare i contaminanti (barriere reattive permeabili).

Bonifica e ripristino ambientale; messa in sicurezza permanente

Tali tipologie possono considerarsi come interventi definitivi da realizzarsi sul sito non interessato da attività produttive in esercizio, al fine di renderlo fruibile per gli utilizzi previsti dagli strumenti urbanistici.

La definizione e la realizzazione degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono essere precedute da un'accurata attività di caratterizzazione del sito inquinato e dell'area soggetta agli effetti dell'inquinamento presente nel sito, sulla base dei criteri di cui all'Allegato 2.

Gli obiettivi di bonifica o della messa in sicurezza permanente sono determinati mediante un'analisi di rischio condotta per il sito specifico secondo i criteri di cui all'Allegato 1, e devono tener conto della specifica destinazione d'uso prevista.

La scelta della soluzione da adottare tiene conto del processo di valutazione dei benefici ambientali e della sostenibilità dei costi delle diverse tecniche applicabili, secondo i criteri di seguito, anche in relazione alla destinazione d'uso del sito.

La definizione di un programma di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale di un sito inquinato può essere schematizzata in questo modo:

- definizione della destinazione d'uso del sito prevista dagli strumenti urbanistici;

- acquisizione dei dati di caratterizzazione del sito, dell'ambiente e del territorio influenzati, secondo i criteri definiti nell'Allegato 2;

- definizione degli obiettivi da raggiungere, secondo i criteri definiti nell'Allegato 1, e selezione della tecnica di bonifica.

- selezione della tecnica di bonifica e definizione degli obiettivi da raggiungere, secondo i criteri definiti nell'Allegato 1;

- selezione delle eventuali misure di sicurezza aggiuntive; studio della compatibilità ambientale degli interventi;

- definizione dei criteri di accettazione dei risultati;

- controllo e monitoraggio degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente e delle eventuali misure di sicurezza,

- definizione delle eventuali limitazioni e prescrizioni all'uso del sito.

Gli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono assicurare per ciascun sito in esame il raggiungimento degli obiettivi previsti col minor impatto ambientale e la maggiore efficacia, in termini di accettabilità del rischio di eventuali concentrazioni residue nelle matrici ambientali e di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

Il sistema di classificazione generalmente adottato per individuare la tipologia di intervento definisce:

- interventi in-situ: effettuati senza movimentazione o rimozione del suolo;

- interventi ex situ on-site: con movimentazione e rimozione di materiali e suolo inquinato, ma con trattamento nell'area del sito stesso e possibile riutilizzo;

- interventi ex situ off-site: con movimentazione e rimozione di materiali e suolo inquinato fuori dal sito stesso, per avviare i materiali e il suolo negli impianti di trattamento autorizzati o in discarica.

Il collaudo degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente dovrà valutare la rispondenza tra il progetto definitivo e la realizzazione in termini di:

- raggiungimento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) o di concentrazioni soglia di rischio (CSR) in caso di intervento di bonifica;

- efficacia delle misure di sicurezza in caso di messa in sicurezza permanente, in particolare di quelle adottate al fine di impedire la migrazione degli inquinanti all'esterno dell'area oggetto dell'intervento;

- efficienza di sistemi, tecnologie, strumenti e mezzi utilizzati per la bonifica/messa in sicurezza permanente, sia durante l'esecuzione che al termine delle attività di bonifica e ripristino ambientale o della messa in sicurezza permanente.

Protezione dei lavoratori

L'applicazione di un intervento di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale di un sito inquinato deve garantire che non si verifichino emissioni di sostanze o prodotti intermedi pericolosi per la salute degli operatori che operano sul sito, sia durante l'esecuzione delle indagini, dei sopralluoghi, del monitoraggio, del campionamento e degli interventi.

Per ciascun sito in cui i lavoratori sono potenzialmente esposti a sostanze pericolose sarà previsto un piano di protezione con lo scopo di indicare i pericoli per la sicurezza e la salute che possono esistere in ogni fase operativa ed identificare le procedure per la protezione dei dipendenti. Il piano di protezione sarà definito in conformità a quanto previsto dalle norme vigenti in materia di protezione dei lavoratori.

Monitoraggio

Le azioni di monitoraggio e controllo devono essere effettuate nel corso e al termine di tutte le fasi previste per la messa in sicurezza, per la bonifica e il ripristino ambientale del sito inquinato, al fine di verificare l'efficacia degli interventi nel raggiungere gli obiettivi prefissati.

In particolare:

- al termine delle azioni di messa in sicurezza d'emergenza e operativa;

- a seguito della realizzazione delle misure di sicurezza a valle della bonifica, per verificare che: i valori di contaminazione nelle matrici ambientali influenzate dal sito corrispondano ai livelli di concentrazione residui accettati in fase di progettazione; non siano in atto fenomeni di migrazione dell'inquinamento; sia tutelata la salute pubblica;

- nel corso delle attività di bonifica/messa in sicurezza permanente per verificare la congruità con i requisiti di progetto;

- a seguito del completamento delle attività di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale, per verificare, durante un congruo periodo di tempo, l'efficacia dell'intervento di bonifica e delle misure di sicurezza.

Criteri generali per gli interventi in cui si faccia ricorso a batteri, ceppi batterici mutanti e stimolanti i batteri naturalmente presenti nel suolo

a) L'uso di inoculi costituiti da microrganismi geneticamente modificati (MGM) negli interventi di bonifica biologica di suolo, sottosuolo, acque sotterranee o superficiali è consentito limitatamente a sistemi di trattamento completamente chiusi, di seguito indicati come bioreattori. Per bioreattori si intendono strutture nelle quali è possibile isolare completamente dall'ambiente esterno le matrici da bonificare, una volta asportate dalla giacitura originaria. In questo caso, le reazioni biologiche avvengono all'interno di contenitori le cui vie di ingresso (per l'alimentazione) e di uscita (per il monitoraggio del processo e lo scarico) devono essere a tenuta, in modo da prevenire il rilascio di agenti biologici nell'ambiente circostante.

b) Nei casi previsti in a) è consentito l'impiego di soli MGM appartenenti al Gruppo 1 di cui alla direttiva 90/219/CEE, recepita col D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 91, con emendamenti introdotti dalla Direttiva 94/51 CEE.

c) Il titolare dell'intervento di bonifica che intenda avvalersi di MGM, limitatamente a quanto specificato al capoverso a) deve inoltrare documentata richiesta al Ministero dell'ambiente (o ad altra autorità competente da designarsi), fornendo le informazioni specificate nell'allegato VB della succitata direttiva. L'impiego di MGM del Gruppo 1 in sistemi chiusi può avvenire solo previo rilascio di autorizzazione da parte dell'autorità competente, la quale è obbligata a pronunciarsi entro 90 giorni dall'inoltro della richiesta da parte del titolare dell'intervento di bonifica.

d) Una volta terminato il ciclo di trattamento in bioreattore, le matrici, prima di una eventuale ricollocazione nella giacitura originaria, devono essere sottoposte a procedure atte a favorire una diffusa ricolonizzazione da parte di comunità microbiche naturali, in modo da ricondurre il numero dei MGM inoculati a valori < IO3 UFC (unità formanti colonie) per g di suolo o mL di acqua sottoposti a trattamento di bonifica.

e) Non sono soggetti a limitazioni particolari, anche per gli interventi di bonifica condotti in sistemi non confinati, gli interventi di amplificazione (bioaugmentation) delle comunità microbiche degradatici autoctone alle matrici da sottoporre a trattamento biologico ovvero l'inoculazione delle stesse con microrganismi o consorzi microbici naturali, fatta salva la non patogenicità di questi per l'uomo, gli animali e le piante.

Migliori tecniche isponibili (BAT)

Principi generali e strumenti per la selezione delle migliori tecniche disponibili (BAT)

La scelta della migliore tra le possibili tipologie di intervento descritte nei paragrafi precedenti applicabile in un determinato caso di inquinamento di un sito comporta il bilanciamento di vari interessi in presenza di numerose variabili, sia di ordine generale che soprattutto sito-specifiche, quali in particolare:

- il livello di protezione dell'ambiente che sarebbe desiderabile conseguire;

- l'esistenza o meno di tecniche affidabili in grado di conseguire e mantenere nel tempo detti livelli di protezione;

- l'entità dei costi di progettazione, realizzazione, gestione monitoraggio, etc da sostenere nelle varie fasi dell'intervento.

La formulazione più evoluta cui deve ispirarsi tale bilanciamento di interessi è data dalla definizione di «migliori tecniche disponibili», contenuta nella Direttiva 96/61/CE, recepita nel nostro ordinamento, che per la prevenzione ed il controllo integrati dell'inquinamento di talune categorie di impianti considera tale «la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso». E specifica che si intende per

- «tecniche», sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;

- «disponibili», le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte nello Stato membro di cui si tratta, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

- «migliori», le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

Strumenti di supporto nel processo decisionale che porta alla scelta sito-specifica della "migliore tecnica disponibile" da adottare sono costituiti dalle metodiche di analisi costi - efficacia e/o costi - benefici.


(1777) Intestazione così modificata dall’ art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati al Titolo V della parte Quarta (1778)
Allegato 4 - Criteri generali per l'applicazione di procedure semplificate (1779)

In vigore dal 11 aprile 2014

PREMESSA

Il presente allegato riporta le procedure amministrative e tecnico/operative con le quali gestire situazioni di rischio concreto o potenziale di superamento delle soglie di contaminazione (CSC) per i siti di ridotte dimensioni (quali, ad esempio, la rete di distribuzione carburanti) oppure per eventi accidentali che interessino aree circoscritte, anche nell'ambito di siti industriali, di superficie non superiore a 1000 metri quadri.

CRITERI GENERALI

Il principio che guida gli interventi si basa sulla semplificazione delle procedure amministrative da seguire nel caso di superamento delle CSC nei casi di cui al punto precedente.

PROCEDURE AMMINISTRATIVE

Nel caso in cui anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti presenti in una delle matrici ambientali risulti superiore ai valori delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), il responsabile deve effettuare una comunicazione di potenziale contaminazione di sito con le seguenti modalità:

1. Comunicazione a Comune, Provincia e Regione territorialmente competente, della constatazione del superamento o del pericolo di superamento delle soglie di contaminazione CSC.

2. - 1° caso

Qualora gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza effettuati riportino i valori di contaminazione del sito al di sotto delle CSC, la comunicazione di cui al punto precedente sarà aggiornata, entro trenta giorni, con una relazione tecnica che descriva gli interventi effettuati ed eventuale autocertificazione di avvenuto ripristino della situazione antecedente il superamento con annullamento della comunicazione.

- 2° caso

Qualora invece oltre agli interventi di messa in sicurezza d'emergenza siano necessari interventi di bonifica, il soggetto responsabile può scegliere una delle seguenti alternative:

a) Bonifica riportando i valori di contaminazione del sito ai livelli di soglia di contaminazione CSC (senza effettuare l'analisi di rischio).

b) Bonifica portando i valori di contaminazione del sito ai livelli di soglia di rischio CSR effettuando l'analisi di rischio sulla base dei criteri di cui all'allegato 1.

In entrambi i casi verrà presentato alle Autorità competenti un unico progetto di bonifica che comprenderà:

1. la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata a seguito delle attività di caratterizzazione eseguite,

2. gli eventuali interventi di messa in sicurezza d'emergenza adottati o in fase di esecuzione per assicurare la tutela della salute e dell'ambiente,

3. la descrizione degli interventi di bonifica da eseguire sulla base:

a) dei risultati della caratterizzazione per riportare la contaminazione ai valori di CSC;

oppure

b) dell'analisi di rischio sito-specifica di cui all'allegato 1 per portare la contaminazione ai valori di CSR.

Tale progetto di bonifica dovrà essere approvato dalle autorità competenti, entro 60 giorni dalla presentazione dello stesso, prima dell'esecuzione degli interventi di bonifica.

- 3° caso

Qualora si riscontri una contaminazione della falda, il soggetto responsabile provvedere alla presentazione alle autorità competenti entro novembre di un unico progetto di bonifica che comprenderà:

1) la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata a seguito delle attività di caratterizzazione eseguite,

2) gli eventuali interventi di messa in sicurezza d'emergenza adottati o in fase di esecuzione per assicurare la tutela della salute e dell'ambiente,

3) la descrizione degli interventi di bonifica da eseguire sulla base dell'analisi di rischio sito-specifica di cui all'allegato 1 per portare la contaminazione ai valori di CSR.

Tale progetto di bonifica dovrà essere approvato dalle autorità competenti, entro sessanta giorni dalla presentazione dello stesso, prima dell'esecuzione degli interventi di bonifica.

4. Notifica di ultimazione interventi per richiesta di certificazione da parte dell'autorità competente.

Procedure Tecniche e Operative

Attività di Messa in sicurezza d'urgenza

Le attività di messa in sicurezza d'urgenza vengono realizzate a partire dalla individuazione della sorgente di contaminazione, allo scopo di evitare la diffusione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate; tali attività possono essere sostitutive degli interventi di bonifica qualora si dimostri che tramite gli interventi effettuati non sussista più il superamento delle CSC.

Le attività di messa in sicurezza d'urgenza vanno in deroga a qualsiasi autorizzazione, concessione, o nulla osta eventualmente necessario per lo svolgimento delle attività inerenti l'intervento.

Caratterizzazione del sito

Per la caratterizzazione del sito valgono i criteri generali di cui all'allegato 2 viste le ridotte dimensioni dei siti oggetto della procedura, si definisce essere 3 il numero minimo di perforazioni da attrezzare eventualmente a piezometro qualora si supponga una contaminazione della falda.

A integrazione delle indagini dirette posso essere previste indagini indirette (rilievi geofisici, soil gas survey, etc. ) al fine di ottenere un quadro ambientale più esaustivo. Non è richiesta la elaborazione di un GIS/SIT.

Analisi di rischio sito-specifica (casi 2 b e 3 di cui al punto precedente)

I risultati della caratterizzazione serviranno alla definizione del Modello Concettuale Definitivo; tale strumento sarà la base per la costruzione e la esecuzione dell'analisi di rischio sito-specifica secondo i criteri di cui in Allegato 1.

Bonifica (casi 2 a e b , 3 di cui al punto precedente)

Ove dall'indagine di caratterizzazione e successivamente dall'analisi di rischio emergesse la necessità di eseguire interventi di bonifica del sito, gli stessi verranno realizzati secondo i criteri previsti dalla normativa vigente.

La scelta della tecnologia da applicare al caso specifico di inquinamento deve scaturire da un processo decisionale nel quale devono essere presi in considerazione non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli economici.


(1778) Intestazione così modificata dall’ art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1779) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli dell'allegato 4 alla Parte quarta sollevate, in riferimento all'art. 117 della Costituzione.

 


Allegati al Titolo V della parte Quarta (1780)
Allegato 5 - Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti

In vigore dal 21 agosto 2014

Tabella 1: Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo e nel sottoscuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da bonificare (1781)

    A B
    Siti ad uso Verde pubblico e privato e residenziale (mg kg-1 espressi come ss) Siti ad uso Commerciale e Industriale (mg kg -1 espressi come ss)
  Composti inorganici    
1 Antimonio 10 30
2 Arsenico 20 50
3 Berillio 2 10
4 Cadmio 2 15
5 Cobalto 20 250
6 Cromo totale 150 800
7 Cromo VI 2 15
8 Mercurio 1 5
9 Nichel 120 500
10 Piombo 100 1000
11 Rame 120 600
12 Selenio 3 15
13 Composti organo-stannici 1 350
14 Tallio 1 10
15 Vanadio 90 250
16 Zinco 150 1500
17 Cianuri (liberi) 1 100
18 Fluoruri 100 2000
  Aromatici    
19 Benzene 0.1 2
20 Etilbenzene 0.5 50
21 Stirene 0.5 50
22 Toluene 0.5 50
23 Xilene 0.5 50
24 Sommatoria organici aromatici (da 20 a 23) 1 100
  Aromatici policiclici (1)    
25 Benzo (a) antracene 0.5 10
26 Benzo (a) pirene 0.1 10
27 Benzo (b) fluorantene 0.5 10
28 Benzo (k,) fluorantene 0.5 10
29 Benzo (g, h, i) perilene 0.1 10
30 Crisene 5 50
31 Dibenzo (a, e) pirene 0.1 10
32 Dibenzo (a, l) pirene 0.1 10
33 Dibenzo (a, i) pirene 0.1 10
34 Dibenzo (a, h) pirene 0.1 10
35 Dibenzo (a, h) antracene 0.1 10
36 Indenopirene 0.1 5
37 Pirene 5 50
38 Sommatoria policiclici aromatici (da 25 a 34) 10 100
  Alifatici clorurati cancerogeni (1)    
39 Clorometano 0.1 5
40 Diclorometano 0.1 5
41 Triclorometano 0.1 5
42 Cloruro di Vinile 0.01 0.1
43 1,2-Dicloroetano 0.2 5
44 1,1 Dicloroetilene 0.1 1
45 Tricloroetilene 1 10
46 Tetracloroetilene (PCE) 0.5 20
  Alifatici clorurati non cancerogeni (1)    
47 1,1-Dicloroetano 0.5 30
48 1,2-Dicloroetilene 0.3 15
49 1,1,1-Tricloroetano 0.5 50
50 1,2-Dicloropropano 0.3 5
51 1,1,2-Tricloroetano 0.5 15
52 1,2,3-Tricloropropano 1 10
53 1,1,2,3-Tetracloroetano 0.5 10
  Alifatici alogenati Cancerogeni (1)    
54 Tribromometano (bromoformio) 0.5 10
55 1,2-Dibromoetano 0.01 0.1
56 Dibromoclorometano 0.5 10
57 Bromodiclorometano 0.5 10
  Nitrobenzeni    
58 Nitrobenzene 0.5 30
59 1,2-Dinitrobenzene 0.1 25
60 1,3-Dinitrobenzene 0.1 25
61 Cloronitrobenzeni 0.1 10
  Clorobenzeni (1)    
62 Monoclorobenzene 0.5 50
63 Diclorobenzeni non cancerogeni (1,2-diclorobenzene) 1 50
64 Diclorobenzeni cancerogeni (1,4-diclorobenzene) 0.1 10
65 1,2,4-triclorobenzene 1 50
66 1,2,4,5-tetraclorobenzene 1 25
67 Pentaclorobenzene 0.1 50
68 Esaclorobenzene 0.05 5
69 Fenoli non clorurari (1)    
70 Metilfenolo (o-, m-, p-) 0.1 25
71 Fenolo 1 60
  Fenoli clorurati (1)    
72 2-clorofenolo 0.5 25
73 2,4-diclorofenolo 0.5 50
74 2,4,6-triclorofenolo 0.01 5
75 Pentaclorofenolo 0.01 5
  Ammine Aromatiche (1)    
76 Anilina 0.05 5
77 o-Anisidina 0.1 10
78 m, p-Anisidina 0.1 10
79 Difenilamina 0.1 10
80 p-Toluidina 0.1 5
81 Sommatoria Ammine Aromatiche (da 73 a 77) 0.5 25
  Fitofarmaci    
82 Alaclor 0.01 1
83 Aldrin 0.01 0.1
84 Atrazina 0.01 1
85 α-esacloroesano 0.01 0.1
86 β-esacloroesano 0.01 0.5
87 γ-esacloroesano (Lindano) 0.01 0.5
88 Clordano 0.01 0.1
89 DDD, DDT, DDE 0.01 0.1
90 Dieldrin 0.01 0.1
91 Endrin 0.01 2
  Diossine e furani    
92 Sommatoria PCDD, PCDF (conversione T.E.) 1x10-5 1x10-4
93 PCB 0.06 5
  Idrocarburi    
94 Idrocarburi Leggeri C inferiore o uguale a 12 10 250
95 Idrocarburi pesanti C superiore a 12 50 750
  Altre sostanze    
96 Amianto 1000 (*) 1000 (*)
97 Esteri dell'acido ftalico (ognuno) 10 60

(1) In Tabella sono selezionate, per ogni categoria chimica, alcune sostanze frequentemente rilevate nei siti contaminati. Per le sostanze non esplicitamente indicate in Tabella i valori di concentrazione limite accettabili sono ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine.

(*) Corrisponde al limite di rilevabilità della tecnica analitica (diffrattometria a raggi X oppure I.R. - Trasformata di Fourier)

Tabella 2. Concentrazione soglia di contaminazione nelle acque sotterranee

         
  N° ord SOSTANZE Valore limite (μ/1)  
  METALLI  
  1 Alluminio 200  
  2 Antimonio 5  
  3 Argento 10  
  4 Arsenico 10  
  5 Berillio 4  
  6 Cadmio 5  
  7 Cobalto 50  
  8 Cromo totale 50  
  9 Cromo (VI) 5  
  10 Ferro 200  
  11 Mercurio 1  
  12 Nichel 20  
  13 Piombo 10  
  14 Rame 1000  
  15 Selenio 10  
  16 Manganese 50  
  17 Tallio 2  
  18 Zinco 3000  
  INQUINANTI INORGANICI  
  19 Boro 1000  
  20 Cianuri liberi 50  
  21 Fluoruri 1500  
  22 Nitriti 500  
  23 Solfati (mg/L) 250  
  COMPOSTI ORGANICI AROMATICI  
  24 Benzene 1  
  25 Etilbenzene 50  
  26 Stirene 25  
  27 Toluene 15  
  28 para-Xilene 10  
  POLICLICI AROMATICI  
  29 Benzo (a) antracene 0.1  
  30 Benzo (a) pirene 0.01  
  31 Benzo (b) fluorantene 0.1  
  32 Benzo (k,) fluorantene 0.05  
  33 Benzo (g, h, i) perilene 0.01  
  34 Crisene 5  
  35 Dibenzo (a, h) antracene 0.01  
  36 Indeno (1,2,3 - c, d) pirene 0.1  
  37 Pirene 50  
  38 Sommatoria (31, 32, 33, 36) 0.1  
  ALIFATICI CLORURATI CANCEROGENI  
  39 Clorometano 1.5  
  40 Triclorometano 0.15  
  41 Cloruro di Vinile 0.5  
  42 1,2-Dicloroetano 3  
  43 1,1 Dicloroetilene 0.05  
  44 Tricloroetilene 1.5  
  45 Tetracloroetilene 1.1  
  46 Esaclorobutadiene 0.15  
  47 Sommatoria organoalogenati 10  
  ALIFATICI CLORURATI NON CANCEROGENI  
  48 1,1-Dicloroetano 810  
  49 1,2-Dicloetilene 60  
  50 1,2-Dicloropropano 0.15  
  51 1,1,2-Tricloroetano 0.2  
  52 1,2,3-Tricloropropano 0.001  
  53 1,1,2,2-Tetracloroetano 0.05  
  ALIFATICI ALOGENATI CANCEROGENI  
  54 Tribromometano 0.3  
  55 1,2-Dibromoetano 0.001  
  56 Dibromoclorometano 0.13  
  57 Bromodiclorometano 0.17  
  NITROBENZENI  
  58 Nitrobenzene 3.5  
  59 1,2-Dinitrobenzene 15  
  60 1,3-Dinitrobenzene 3.7  
  61 Cloronitrobenzeni (ognuno) 0.5  
  CLOROBENZENI  
  62 Monoclorobenzene 40  
  63 1,2 Diclorobenzene 270  
  64 1,4 Diclorobenzene 0.5  
  65 1,2,4 Triclorobenzene 190  
  66 1,2,4,5 Tetraclorobenzene 1.8  
  67 Pentaclorobenzene 5  
  68 Esaclorobenzene 0.01  
  FENOLI E CLOROFENOLI  
  69 2-clorofenolo 180  
  70 2,4 Diclorofenolo 110  
  71 2,4,6 Triclorofenolo 5  
  72 Pentaclorofenolo 0.5  
  AMMINE AROMATICHE  
  73 Anilina 10  
  74 Difenilamina 910  
  75 p-toluidina 0.35  
  FITOFARMACI  
  76 Alaclor 0.1  
  77 Aldrin 0.03  
  78 Atrazina 0.3  
  79 alfa-esacloroesano 0.1  
  80 beta-esacloroesano 0.1  
  81 Gamma - esacloroesano (lindano) 0.1  
  82 Clordano 0.1  
  83 DDD, DDT, DDE 0.1  
  84 Dieldrin 0.03  
  85 Endrin 0.1  
  86 Sommatoria fitofarmaci 0.5  
  DIOSSINE E FURANI  
  87 Sommatoria PCDD, PCDF (conversione TEF) 4 x 10-6  
  ALTRE SOSTANZE  
  88 PCB 0.01  
  89 Acrilammide 0.1  
  90 Idrocarburi totali (espressi come n-esano) 350  
  91 Acido para-ftalico 37000  
  92 Amianto (fibre A > 10 mm) (*) da definire  
         

(*) Non sono disponibili dati di letteratura tranne il valore di 7 milioni fibre/l comunicato da ISS, ma giudicato da ANPA e dallo stesso ISS troppo elevato. Per la definizione del limite si propone un confronto con ARPA e Regioni.


(1780) Intestazione così modificata dall’ art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1781) Tabella così modificata dall’ art. 13, comma 3-bis, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato I - Valori di emissione e prescrizioni (1782) (1783)

In vigore dal 28 agosto 2020

Parte I

Disposizioni generali

1. Il presente allegato fissa, nella Parte II, i valori di emissione per le sostanze inquinanti, nella Parte III, i valori di emissione per le sostanze inquinanti di alcune tipologie di impianti e le relative prescrizioni. Per gli impianti previsti nella Parte III i valori di emissione ivi stabiliti si applicano in luogo di quelli stabiliti per le stesse sostanze nella Parte II. Per le sostanze per cui non sono stabiliti valori di emissione nella Parte III si applicano, anche per gli impianti previsti alla Parte III, i valori di emissione stabiliti alla Parte II. Per gli impianti delle installazioni di cui alla Parte Seconda del presente decreto, per i quali sono state emanate apposite BAT-AEL, i valori limite previsti nelle BAT-AEL, in relazione alle sostanze ivi considerate, si applicano in luogo di quelli previsti, per le stesse sostanze, alle Parti II e III del presente allegato.

2. Il presente allegato fissa, alla Parte IV, i valori di emissione e le prescrizioni relativi agli impianti per la coltivazione di idrocarburi e dei flussi geotermici. A tali impianti si applicano esclusivamente i valori di emissione e le prescrizioni ivi stabiliti.

3. Nei casi in cui le Parti II e III stabiliscano soglie di rilevanza delle emissioni, i valori di emissione, salvo diversamente previsto, devono essere rispettati solo se tali soglie sono raggiunte o superate.

4. L'autorità competente fa riferimento ai valori di emissione del presente allegato, nell'ambito dell'istruttoria autorizzativa prevista all'articolo 271, commi 5 e 7, che stabilisce i valori limite sulla base di una valutazione delle migliori tecniche disponibili, della normativa regionale e dei piani regionali di qualità dell'aria e di tutti gli altri parametri previsti da tali commi. L'autorizzazione deve specificamente indicare le sostanze a cui si applicano i valori limite di emissione, previa valutazione della pertinenza di tali sostanze al ciclo produttivo degli stabilimenti da autorizzare.

5. Ove non espressamente specificato i limiti riportati nelle tabelle del presente allegato sono riferiti all'ossigeno di processo.

Parte II

Valori di emissione

1.1. Sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione e/o mutagene (tabella A1)

In via generale le emissioni di sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione e/o mutagene devono essere limitate nella maggiore misura possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio.

Per le sostanze della tabella A1, i valori di emissione, che rappresentano valori minimi e massimi coincidenti, sono:

  Soglia di rilevanza Valore di emissione
  (espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 0,5 g/h 0,1 mg/Nm3
Classe II 5 g/h 1 mg/Nm3
Classe III 25 g/h 5 mg/Nm3

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate;

- in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze della classe II devono essere sommate le quantità di sostanze di classe I e alle quantità di sostanze della classe III devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi I e II.

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, al fine del rispetto del limite in concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze delle classi I e II la concentrazione totale non deve superare il limite della classe II

- in caso di presenza di più sostanze delle classi I, II e III, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe III.

Tabella A1

Classe I    
- Asbeso (crisotilo, crocidolite, amosite. - Dibenzo(a.e)pirene
  antofillite, actinolite e tremolite - Dibenzo(a,h)pirene
- Benzo(a)pirene - Dibenzo(a,i)pirene
- Berillio e i suoi composti espressi come Be - Dibenzo(a,l)pirene
- Dibenzo(a,h)antracene - Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1)
- 2-naftilammina e suoi sali - Dimetilnitrosamina
- Benzo(a)antracene -  
- Benzo(b)fluorantene - Indeno (1,2,3-cd) pirene (1)
- Benzo(j)fluorantene - 5-Nitroacenaftene
- Benzo(k)fluorantene - 2-Nitronaftalene
- Dibenzo(a,h)acridina - 1-Metil-3-Nitro-1-Nitrosoguanidina
- Dibenzo(a,j)acridina    

(1) Il valore di emissione e la soglia di rilevanza previsti dal presente punto si applicano a decorrere dalla data indicata nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 1.

Classe II    
- Arsenico e suoi composti, espressi - Benzidina e suoi sali
  come As - 4,4'-Metilen bis (2-Cloroanilina) e suoi
- Cromo (VI) e suoi composti, espressi   sali
  come Cr - Dietilsolfato
- Cobalto e suoi composti, espressi - 3,3'-Dimetilbenzidina e suoi sali
- come Co - Esametilfosforotriamide
- 3,3'-Diclorobenzidina e suoi sali - 2-Metilaziridina
- Dimetilsolfato - Metil ONN Azossimetile Acetato
- Etilenimmina - Sulfallate
- Nichel e suoi composti espressi - Dimetilcarbammoilcloruro
- come Ni (2) - 3,3'-Dimetossibenzidina e suoi sali
- 4-aminobifenile e suoi sali    

(2) Riferito ad emissioni in atmosfera nella forma respirabile ed insolubile.

Classe III    
- Acrilonitrile - N,N-Dimetilidrazina
- Benzene - Idrazina
- 1,3-butadiene - Ossido di etilene
- 1-cloro-2,3-epossipropano (epicloridrina) - Etilentiourea
- 1,2-dibromoetano - 2-Nitropropano
- 1,2-epossipropano - Bis-Clorometiletere
- 1,2-dicloroetano - 3-Propanolide
- vinile cloruro - 1,3-Propansultone
- 1,3-Dicloro-2-propanolo - Stirene Ossido
- Clorometil (Metil) Etere    

1.2. Sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate (tabella A2)

Le emissioni di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate devono essere limitate nella maggior misura possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio.

I valori di emissione, che rappresentano valori minimi e massimi coincidenti, sono:

  Soglia di rilevanza Valore di emissione
  (espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 0,02 g/h 0,01 mg/Nm3
Classe II 0,5 g/h 0,5 mg/Nm3

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione, in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate.

Tabella A2

CLASSE I CLASSE II
Policlorodibenzodiossine Policlorobifenili
Policlorodibenzofurani Policlorotrifenili
  Policloronaftaleni

2. Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere (tabella B)

I valori di emissione sono quelli riportati nella tabella seguente:

  Soglia di rilevanza Valore di emissione
  (espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 1 g/h 0,2 mg/Nm3
Classe II 5 g/h 1 mg/Nm3
Classe III 25 g/h 5 mg/Nm3

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati

a) ai fini del calcolo di flusso di massa e di concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate.

- in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze della classe II devono essere sommate le quantità di sostanze della classe I e alle quantità di sostanze della classe III devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi I e II.

b) al fine del rispetto del limite di concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze delle classi I e II, ferme restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe II; in caso di presenza di più sostanze delle classi I, II e III, fermo restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe III.

Ove non indicato diversamente nella tabella B devono essere considerate anche le eventuali quantità di sostanze presenti nell'effluente gassoso sotto forma di gas o vapore.

Tabella B

CLASSE I
- Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1)
- Mercurio e suoi composti, espressi come Hg
- Tallio e suoi composti, espressi come TI
(1) Fatto salvo quanto previsto dalla Tabella A1

CLASSE II
- Selenio e suoi composti, espressi come Se
- Tellurio e suoi composti, espressi come Te
- Nichel e suoi composti, espressi cone Ni, in forma di polvere

CLASSE III
- Antimonio e suoi composti, espressi come Sb
- Cianuri, espressi come CN
- Cromo (III) e suoi composti, espressi come Cr
- Manganese e suoi composti, espressi come Mn
- Palladio e suoi composti, espressi come Pd
- Piombo e suoi composti, espressi come Pb
- Platino e suoi composti, espressi come Pt
- Quarzo in polvere, se sotto forma di silice cristallina, espressi come SiO2
- Rame e suoi composti, espressi come Cu
- Rodio e suoi composti, espressi come Rh
- Stagno e suoi composti, espressi come Sn
- Vanadio e suoi composti, espressi come V

3. Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di gas o vapore (tabella C)

I valori di emissione sono:

  Soglia di rilevanza Valore di emissione
  (espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 10 g/h 1 mg/Nm3
Classe II 50 g/h 5 mg/Nm3
Classe III 300 g/h 30 mg/Nm3
Classe IV 2000 g/h 250 mg/Nm3
Classe V 5000 g/h 500 mg/Nm3

I flussi di massa e i valori di emissione si riferiscono alle singole sostanze o famiglie di sostanze.

CLASSE I
- Clorocianuro
- Fosfina
- Fosgene

CLASSE II
- Acido cianidrico
- Bromo e suoi composti, espressi come acido bromidrico
- Cloro
- Fluoro e suoi composti, espressi come acido fluoridrico
- Idrogeno solforato

CLASSE III
- Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapore, esclusi clorocianuro e fosgene, espressi come acido cloridrico.

CLASSE IV
- Ammoniaca

CLASSE V
- Ossidi di azoto (monossido e biossido), espressi come biossido di azoto
- Ossidi di zolfo (biossido e triossido), espressi come biossido di zolfo.

4. Composti organici sotto forma di gas, vapori o polveri (tabella D)

I valori di emissione sono:

  Soglia di rilevanza Valore di emissione
  (espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 25 g/h 5 mg/Nm3
Classe II 100 g/h 20 mg/Nm3
Classe III 2000 g/h 150 mg/Nm3
Classe IV 3000 g/h 300 mg/Nm3
Classe V 4000 g/h 600 mg/Nm3

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate;

- in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze di ogni classe devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi inferiori.

Al fine del rispetto del limite di concentrazione, in caso di presenza di più sostanze di classe diverse, fermo restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe più elevata.

Per i composti organici sotto forma di polvere devono essere rispettate anche le condizioni contenute nel paragrafo 5.

Tabella D

Classe I    
- Anisidina - Etere diglicidilico
- Butilmercaptano - Etilacrilato
- Cloropicrina - Etilenimina
- Diazometano - Etilemercaptano
- Dicloroacetilene - Isocianati
- Dinitrobenzene - Metilacrilato
- Dinitrocresolo - Nitroglicerina
- Esaclorobutadiene - Perclorometilmercaptano
- Esaclorociclopentadiene - 1,4-diossano
- Esafluoroacetone    

Classe II    
- Acetaldeide - 2-Furaldeide Furfurolo
- Acido cloroacetico - Iodoformio
- Acido formico - Iosoforone
- Acido tioglicolico - Iosopropilammina
- Acido tricloroacetico - Metilacrilonitrile
- Anidride ftalica - Metilammina
- Anidride maleica - Metilanilina
- Anilina - Metilbromuro
- Benzilcloruro - Metil n-butilbromuro
- Bifenile - Metilcloruro
- Butilacrilato - Metil-2-cianoacrilato
Butilammina - Metilstirene
- Canfora sintetica - 2-Metossietanolo
- Carbonio tetrabromuro - 2-Metossietanolo acetato
- Carbonio tetracloruro - Nitroetano
- Cicloesilammina - Nitrometano
- Cloroacetaldeide - 1-Nitropropano
- 1-Cloro-1-nitropentano - Nitrotoluene
- Cresoli - Piretro
- Crotonaldeide - Piridina
- 1,2-Dibutilaminoetanolo - Piomboalchili
- Dibutilfosfato o-diclorobenzene - 2-Propenale
- 1,1-dicloroetilene - 1,1,2,2,-tetracloroetano
- Dicloroetiletere - Tetracloroetilene
- Diclorofenolo - Tetranitrometano
- Diclorometano - m, p toluidina
- Dietilammina - Tributilfosfato
- Difenilammina - Triclorofenolo
- Diisopropilammina - Tricloroetilene
- Dimetilammina - Triclorometano
- Etilammina - Trietilammina
- Etanolammina - Trimetilammina
- 2-etossietanolo - Trimetilfosfina
- 2-etossietilacetato - Vinilbromuro
- Fenolo - Xilenolo (escluso 2,4-xilenolo)
- Ftalati - Formaldeide

Classe III    
- Acido acrilico - N,N-Dimetilacetammide
- Acetonitrile - N,N-Dimetilformammide
- Acido propinico - Dipropilchetone
- Acido acetico - Esametilendiammina
- Alcool n-butilico - n-esano
- Alcool iso-bitilico - Etilamilchetone
- Alcool sec-butilico - Etilbenzene
- Alcool terb-utilico - Etilbutilchetone
- Alcool metilico - Etilenglicole
- Butirraldeide - Isobutilglicidiletere
- p-ter-butiltoluene - Isopropossietanolo
- 2-butossietanolo - Metilmetacrilato
- Caprolattame - Metilamilchetone
- Disolfuro di carbonio - o-metilcicloesanone
- Cicloesanone - Metilcloroformio
- Ciclopentadiene - Metilformiato
- Clorobenzene - Metilisobutilchetone
- 2-cloro-l,3-butadiene - Metilisobutilcarbinolo
- o-clorostirene - Naftalene
- o-clorotoluente - Propilenglicole
- p-clorotoluene - Propilenglicolemonometiletere
- Cumene - Propionaldeide
- Diacetonalcool - Stirene
- 1,4-diclorobenzene - Tetraidrofurano
- 1,1-dicloroetano - Trimetilbenzene
- Dicloropropano - n-veratraldeide
- Dietanolammina - Vinilacetato
- Dietilformammide - Viniltoluene
- Diisobutilchetone - 2,4-xilenolo

Classe IV    
- Alcool propilico - Etilformiato
- Alcool isopropilico - Metilacetato
- n-amilacetato - Metiletilchetone
- sec-amilacetato - Metilisopropilchetone
- Benzoato di metile - N-metilpirrolidone
- n-butilacetato - Pinene
- isobutilacetato - n-propilacetato
- Dietilchetone - iso-propilenacetato
- Difluorodibromonetano - Toluene
- Sec-esilacetato - Xilene

Classe V    
- Acetone - Esano tecnico
- Alcool etilico - Etere isopropilico
- Butano - Etilacetato
- Cicloesano - Metilacetilene
- Cicloesene - Metilcicloesano
- Cloropentano - Pentano
- Clorobromometano - 1,1,1,2-tetracloro-2,2-difluoroetano
- Clorodifluorometano - 1,1,1,2-tetracloro-1,2-difluoroetano
- Cloropentafluoroetano - Triclorofluorometano
- Dibromodifluoroetano - 1,1,2-tricloro-1,2,2-trifluoroetano
  Dibutiletere - Trifluorometano
  Diclorofluorometano - Trifluorobromometano
  Diclorotetrafluoroetano    
  Dietiletere    
  Diisopropiletere Dimetiletere    
  Eptano    

5. Polveri totali.

Il valore di emissione è pari a:

50 mg/Nm3 se il flusso di massa è pari o superiore a 0,5 kg/h il valore di emissione;

150 mg/Nm3 se il flusso di massa è pari o superiore alla soglia di rilevanza corrispondente a 0,1 kg/h ed è inferiore a 0,5 kg/h.

Parte III

Valori di emissione per specifiche tipologie di impianti

(1) Impianti di combustione con potenza termica nominale inferiore a 50 MW

1.1. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili solidi.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili solidi (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e impianti di combustione di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW) ≤5 >5
polveri 100-150 mg/ Nm3 50 mg/Nm3
COV 50 mg/Nm3 50 mg/ Nm3
ossidi di azoto (NO2) 650 mg/Nm3 650 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 600 mg/Nm3 per gli impianti a letto fluido
  2000 mg/Nm3 per tutti gli altri impianti
I valori si considerano rispettati se sono utilizzati combustibili con contenuto di zolfo uguale o inferiore all'1%.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili solidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW) ≥1 ÷ ≤5 >5
polveri 50 mg/Nm3 30 mg/Nm3 [1]
COV 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 650 mg/Nm3 650 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 1.100 mg/Nm3 [2] 400 mg/Nm3 [3]
[1] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza superiore a 5 MW e inferiore a 20 MW.
[2] 600 mg/Nm3 per gli impianti a letto fluido.
[3] 1.100 mg/Nm3 per gli impianti di potenza superiore a 5 MW e inferiore a 20 MW (600 mg/Nm3 per quelli a letto fluido).

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili solidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW) ≥1 ÷ ≤5 >5
polveri 50 mg/Nm3 20 mg/Nm3 [1]
COV 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 300 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 400 mg/Nm3 400 mg/Nm3
[1] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza superiore a 5 MW e inferiore a 20 MW.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse solide e impianti di combustione a biomasse solide di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo, ed ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 14, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso dell'11%.

Potenza termica nominale (MW) >0,15 ÷ ≤3 >3 ÷ ≤6 >6 ÷ ≤20 >20
polveri [1] 100 mg/Nm3 30 mg/Nm3 30 mg/Nm3 30 mg/Nm3
carbonio organico totale (COT) - - 30 mg/Nm3 20 mg/Nm3
      10 mg/Nm3 [2]
monossido di carbonio (CO) 350 mg/Nm3 300 mg/Nm3 250 mg/Nm3 200 mg/Nm3
      150 mg/Nm3 [2] 100 mg/Nm3 [2]
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 500 mg/Nm3 400 mg/Nm3 400 mg/Nm3
      300 mg/Nm3 [2] 200 mg/Nm3 [2]
ossidi di zolfo (SO2) 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
[1] 200 mg/Nm3 per gli impianti di potenza termica pari o superiore a 0,035 MW e non superiore a 0,15 MW.
[2] Valori medi giornalieri.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse solide (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5) e impianti di combustione a biomasse solide di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW) >0,15 ÷ <1 ≥1 ÷ ≤5 >5 ÷ ≤20 >20
polveri [1] [2] 75 mg/Nm3 45 mg/Nm3 [3] 45 mg/Nm3 30 mg/Nm3
    30 mg/Nm3 [*]  
carbonio organico totale (COT) - - 45 mg/Nm3 30 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 525 mg/Nm3 450 mg/Nm3 300 mg/Nm3 300 mg/Nm3
ammoniaca [4] 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) [2] 650 mg/Nm3 650 mg/Nm3 600 mg/Nm3 450 mg/Nm3
525 mg/Nm3 [*] 450 mg/Nm3 [*] 300 mg/Nm3 [*][5] 300 mg/Nm3 [*][5]
ossidi di zolfo (SO2) [2] [6] 225 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] 150 mg/Nm3 per gli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW.
[2] In caso di utilizzo di pollina si applicano, indipendentemente dalla potenza termica, valori pari a 10 mg/Nm3 per le polveri, 200 mg/Nm3 per gli ossidi di azoto e 50 mg/Nm3 per gli ossidi di zolfo.
[3] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 3 MW.
[4] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.
[5] Se é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore guida si applica come media giornaliera. Se non é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore guida si applica come media oraria.
[6] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a biomasse solide e impianti di combustione a biomasse solide di potenza inferiore a 1 MW installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW) >0,15 ÷ ≤0,5 >0,5 ÷ <1 ≥1 ÷ ≤5 >5 ÷ ≤20 >20
polveri [1] [2] 75 mg/Nm3 60 mg/Nm3 45mg/Nm3 [3] 30 mg/Nm3 20 mg/Nm3
45 mg/Nm3 [*] 45 mg/Nm3 [*] 15 mg/Nm3 [*] 15 mg/Nm3 [*] 15 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) 75 mg/Nm3 75 mg/Nm3 45 mg/Nm3 30 mg/Nm3 15 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 525 mg/Nm3 375 mg/Nm3 375 mg/Nm3 300 mg/Nm3 225 mg/Nm3
ammoniaca [4] 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) [2] 500 mg/Nm3 500 mg/Nm3 500 mg/Nm3 300 mg/Nm3 [5] 300 mg/Nm3 [5]
300 mg/Nm3 [*]
ossidi di zolfo (SO2) [2] [6] 150 mg/Nm3 150 mg/Nm3 150 mg/Nm3 150 mg/Nm3 150 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] 105 mg/Nm3 per gli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW.
[2] In caso di utilizzo di pollina si applicano, indipendentemente dalla potenza termica, valori pari a 10 mg/Nm3 per le polveri, 200 mg/Nm3 per gli ossidi di azoto e 50 mg/Nm3 per gli ossidi di zolfo.
[3] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 3 MW.
[4] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.
[5] Se é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore si applica come media giornaliera. Se non é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore si applica come media oraria.
[6] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

1.2. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili liquidi.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e impianti di combustione di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3% e, se è utilizzata come combustibile la liscivia proveniente dalla produzione di cellulosa, 6%.

Potenza termica nominale (MW) ≤5 >5
Polveri [1] 150 mg/Nm3 100 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 500 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 1700 mg/Nm3 [2]
[1] Non si applica la parte II, paragrafo 2 se il valore limite è rispettato senza l'impiego di un impianto di abbattimento.
[2] Il valore si considera rispettato se sono utilizzati combustibili con contenuto di zolfo uguale o inferiore all'1%.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≥1 ÷ ≤5 >5
polveri 50 mg/Nm3 30 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 [1] 500 mg/Nm3 [1]
ossidi di zolfo (SO2) 350 mg/Nm3 [2] 350 mg/Nm3 [2] [3]
[1] 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gasolio.
[2] Il valore si considera rispettato se é utilizzato gasolio.
[3] 850 mg/Nm3 fino al 1° gennaio 2027 in caso di impianti di potenza termica superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW alimentati a olio combustibile pesante.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili liquidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≥1 ÷ ≤5 >5
polveri 50 mg/Nm3 20 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 300 mg/Nm3 [1] 300 mg/Nm3 [1]
ossidi di zolfo (SO2) 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
[1] 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gasolio

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse liquide (valori da rispettare entro le date previste dall'articolo 273-bis, comma 5) e impianti di combustione a biomasse liquide di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 5 > 5
polveri 50 mg/Nm3 30 mg/Nm3
30 mg/Nm3 [*] 20 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 500 mg/Nm3
200 mg/Nm3 [*] 200 mg/Nm3 [*]
ossidi di zolfo (SO2) 350 mg/Nm3 350 mg/Nm3
200 mg/Nm3 [*] 200 mg/Nm3 [*]
monossido di carbonio (CO) 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
ammoniaca [1] 10 mg/Nm3 10 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a biomasse liquide e impianti di combustione a biomasse liquide di potenza inferiore a 1 MW installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 5 > 5
polveri 50 mg/Nm3 20 mg/Nm3
20 mg/Nm3 [*] 10 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto (NO2) 300 mg/Nm3 300 mg/Nm3
200 mg/Nm3 [*] 200 mg/Nm3 [*]
ossidi di zolfo (SO2) 350 mg/Nm3 350 mg/Nm3
200 mg/Nm3 [*] 200 mg/Nm3 [*]
monossido di carbonio (CO) 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
ammoniaca [1] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

1.3. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili gassosi.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e impianti di combustione di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
polveri 5 mg/Nm3 [1] [2]
ossidi di zolfo (SO2) 35 mg/Nm3 [2] [3]
ossidi di azoto (NO2) 350 mg/Nm3 [4]
[1] 15-20 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gas da altoforno.
[2] Il valore limite di emissione si considera rispettato se é utilizzato come combustibile metano o GPL.
[3] 1700 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gas da forno a coke; 800 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gas da forno a coke e gas da altoforno (o di acciaieria).
[4] Se il combustibile utilizzato é un gas di processo contenente composti dell'azoto non si applica un valore limite; le emissioni devono comunque essere ridotte per quanto possibile.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 5 > 5
polveri 5 mg/Nm3 [1] [4] 5 mg/Nm3 [1] [4]
ossidi di azoto (NO2) 250 mg/Nm3 250 mg/Nm3 [2]
ossidi di zolfo (SO2) 35 mg/Nm3 [3] [4] 35 mg/Nm3 [3] [4]
[1] 15-20 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas da altoforno.
[2] 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas naturale.
[3] 400 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria siderurgica; 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da altoforno dell'industria siderurgica.
[4] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili gassosi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 5 > 5
polveri 5 mg/Nm3 [3] 5 mg/Nm3 [3]
ossidi di azoto (NO2) 200 mg/Nm3 [1] 200 mg/Nm3 [1]
ossidi di zolfo (SO2) 35 mg/Nm3 [2] [3] 35 mg/Nm3 [2] [3]
[1] 100 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas naturale.
[2] 400 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria siderurgica; 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da altoforno dell'industria siderurgica.
[3] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas e impianti di combustione a biogas di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo, ed ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 14, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 3 > 3
ossidi di azoto (NO2) 300 mg/Nm3 200 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 150 mg/Nm3 100 mg/Nm3
carbonio organico totale (COT) [1] 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come 30 mg/Nm3 30 mg/Nm3 HCI) 50 mg/Nm3 30 mg/Nm3
[1] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5) e impianti di combustione a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 3 > 3 - ≤ 5 > 5
polveri 20 mg/Nm3 10 mg/Nm3 10 mg/Nm3
5 mg/Nm3 [*] 5 mg/Nm3 [*] 5 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto (NO2) 250 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 170 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 150 mg/Nm3 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
100 mg/Nm3 [*]    
carbonio organico totale (COT) [2] 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3
ammoniaca [3] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione
[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse e impianti di combustione a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse di potenza inferiore a 1 MW installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 3 > 3 MW - ≤ 5 > 5
polveri 20 mg/Nm3 10 mg/Nm3 10 mg/Nm3
5 mg/Nm3 [*] 5 mg/Nm3 [*] 5 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto (NO2) 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 150 mg/Nm3 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
100 mg/Nm3 [*]    
carbonio organico totale (COT) [2] 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3
Ammoniaca [3] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione.
[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

1.4. Impianti multicombustibile

1.4.1. In caso di impiego simultaneo di due o più combustibili i valori di emissione sono determinati nel modo seguente:

- assumendo ai punti 1.1, 1.2 e 1.3 e 3 il valore di emissione relativo a ciascun combustibile e a ciascun inquinante

- calcolando i valori di emissione ponderati per combustibile; detti valori si ottengono moltiplicando ciascuno dei valori di emissione per la potenza termica fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili

- addizionando i valori di emissione ponderati per combustibile.

1.4.2. In caso di impiego alternato di due o più combustibili i valori di emissione sono quelli relativi al combustibile di volta in volta utilizzato.

1.4.3. Per gli impianti multicombustibile a letto fluido si applicano, per le emissioni di polveri, i valori limite previsti ai sensi del presente punto 1.4 o, se più restrittivi, i seguenti:

- per impianti di potenza termica superiore a 5 MW: 50 mg/Nm3.

- per impianti di potenza termica uguale o inferiore a 5 MW: 150 mg/Nm3.

(2) Impianti di essiccazione

I valori di emissione per gli impianti di essiccazione nei quali i gas combusti o le fiamme vengono a contatto diretto con i materiali da essiccare si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 17%. Il presente paragrafo non si applica, salvo diversa disposizione autorizzativa, agli impianti di essiccazione di materiali agricoli.

(3) Motori fissi a combustione interna.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
ossidi di azoto [1]
monossido di carbonio 650 mg/Nm3
polveri 130 mg/Nm3
[1] 2000 mg/Nm3 per i motori ad accensione spontanea di potenza uguale o superiore a 3 MW; 4000 mg/Nm3 per i motori ad accensione spontanea di potenza inferiore a 3 MW; 500 mg/Nm3 per gli altri motori a quattro tempi; 800 mg/Nm3 per gli altri motori a due tempi.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
ossidi di azoto 190 mg/Nm3 [1] [2] [3] [4]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3
ossidi di zolfo 120 mg/Nm3 [5]
polveri 50 mg/Nm3 [6]
[1] In caso di motori diesel la cui costruzione é iniziata prima del 18 maggio 2006: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW.
[2] In caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
[3] In caso di motori di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW: 250 mg/Nm3 se il motore é diesel oppure a due tempi.
[4] 225 mg/Nm3 in caso di motori a due tempi di potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW se sono utilizzati combustibili liquidi diversi dal gasolio.
[5] In caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio.
[6] 20 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 20 MW; 10 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale superiore a 20 MW.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili liquidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
ossidi di azoto 190 mg/Nm3 [1] [2] [3]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3
ossidi di zolfo 120 mg/Nm3 [4]
polveri 50 mg/Nm3 [5]
[1] 225 mg/Nm3 in caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido.
[2] 225 mg/Nm3 in caso di motori diesel alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1 200 giri al minuto.
[3] L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione nuovi sono in funzione un numero di ore operative all'anno compreso tra 500 e 1.500 può esentare tali impianti dall'applicazione del valore limite. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua valori limite non inferiori a:
- per i motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
- per i motori diesel di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1.200 giri al minuto: 1.300 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
- per i motori diesel di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW: 750 mg/Nm3;
- per i motori diesel a> 1.200 giri al minuto: 750 mg/Nm3.
I valori limite individuati dall'autorizzazione devono essere inoltre non meno restrittivi di quelli previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.
[4] In caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio.
[5] 20 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW; 10 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale superiore a 5 MW.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
ossidi di azoto 190 mg/Nm3 [1]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3
ossidi di zolfo 15 mg/Nm3 [2] [3]
polveri 50 mg/Nm3
[1] 300 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione alimentati a combustibili gassosi in modalità a gas.
[2] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.
[3] 130 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke e 65 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico d'altoforno dell'industria siderurgica.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili gassosi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
ossidi di azoto 190 [1] [2]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3
ossidi di zolfo 15 mg/Nm3 [3]
polveri 50 mg/Nm3
[1] In caso di motori alimentati a gas naturale: 95 mg/Nm3 e, per i motori a doppia alimentazione in modalità a gas, 190 mg/Nm3.
[2] L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione nuovi sono in funzione un numero di ore operative all'anno compreso tra 500 e 1.500 può esentare tali impianti dall'applicazione del valore limite. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua valori limite non inferiori a 300 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a gas. I valori limite individuati dall'autorizzazione devono essere inoltre non meno restrittivi di quelli previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.
[3] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse liquide (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5) e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biomasse liquide installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
polveri 20 mg/Nm3 [1]
10 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto 190 mg/Nm3 [2] [3] [4] [5]
75mg/Nm3 [*]
ossidi di zolfo 120 mg/Nm3
75 mg/Nm3 [*]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3
75 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) 20 mg/Nm3
ammoniaca [6] 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] 10 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 20 MW.
[2] In caso di motori diesel la cui costruzione é iniziata prima del 18 maggio 2006: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW.
[3] In caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
[4] In caso di motori di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW: 250 mg/Nm3 se il motore é diesel oppure a due tempi.
[5] 225 mg/Nm3 in caso di motori a due tempi di potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
[6] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a biomasse liquide e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biomasse liquide installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
polveri 20 mg/Nm3 [1]
10 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto 190 mg/Nm3 [2] [3] [4]
75 mg/Nm3 [*]
ossidi di zolfo 120 mg/Nm3
60 mg/Nm3 [*]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3
75 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) 20 mg/Nm3
ammoniaca [5] 5 mg/Nm3
[1] 10 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 5 MW.
[2] 225 mg/Nm3 in caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido.
[3] 225 mg/Nm3 in caso di motori diesel di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1 200 giri al minuto.
[4] L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione nuovi sono in funzione un numero di ore operative all'anno compreso tra 500 e 1.500 può esentare tali impianti dall'applicazione del valore limite. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua valori limite non inferiori a:
- per i motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
- per i motori diesel di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1.200 giri al minuto: 1.300 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
- per i motori diesel di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW: 750 mg/Nm3;
- per i motori diesel a> 1.200 giri al minuto: 750 mg/Nm3.
I valori limite individuati dall'autorizzazione devono essere inoltre non meno restrittivi di quelli previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.
[5] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biogas installati prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo, ed ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 14, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%.

Potenza termica nominale installata (MW) ≤ 3 > 3
ossidi di azoto 500 mg/Nm3 450 mg/Nm3
monossido di carbonio 800 mg/Nm3 650 mg/Nm3
carbonio organico totale (COT) [1] 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI) 10 mg/Nm3 10 mg/Nm3
[1] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse (valori da rispettare entro le date previste dall'articolo 273bis, comma 5) e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biogas e gas di sintesi da gassificazione di biomasse installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 0,3 > 0,3 - ≤ 5 > 5
ossidi di azoto 190 mg/Nm3 190 mg/Nm3 [1] 170 mg/Nm3
150 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 1,5 MW 95 mg/Nm3 [*]
 
95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW
ossidi di zolfo 130 130 [2] 60
monossido di carbonio 300 mg/Nm3 300 mg/Nm3 [3] 240mg/Nm3
240 mg/Nm3 [*] 190 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 1,5 MW 95 mg/Nm3 [*]
   
95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW
carbonio organico totale (COT) [4] 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3
ammoniaca [5] 4 mg/Nm3 4 mg/Nm3 4 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI) 4 mg/Nm3 4 mg/Nm3 4 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] 170 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.
[2] 60 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW.
[3] 240 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.
[4] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione
[5] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 0,3 MW > 0,3 - ≤ 5 MW > 5 MW
ossidi di azoto 190 mg/Nm3 190 mg/Nm3 [1] 170 mg/Nm3
  150 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 1,5 MW 75 mg/Nm3 [*]
 
95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW
ossidi di zolfo 60 mg/Nm3 60 mg/Nm3 [2] 40
monossido di carbonio 300 mg/Nm3 300 mg/Nm3 [3] 240mg/Nm3
240 mg/Nm3 [*] 190 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 1,5 MW 95 mg/Nm3 [*]
   
95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW
carbonio organico totale (COT) [4] 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3
ammoniaca [5] 2 mg/Nm3 2 mg/Nm3 2 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI) 2 mg/Nm3 2 mg/Nm3 2 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] 170 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.
[2] 40 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 1 MW.
[3] 240 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.
[4] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione
[5] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

(4) Turbine a gas fisse

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15 % (se la turbina a gas è accoppiata ad una caldaia di recupero con o senza sistema di postcombustione i valori di emissione misurati al camino della caldaia si riferiscono ad un tenore di ossigeno del 15%). Per le turbine utilizzate nei cicli combinati i valori di riferimento sono riferiti al combustibile principale.

Potenza termica nominale (MW) < 50
ossidi di azoto 450 mg/Nm3 [1] [2] [3]
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
[1] 400 mg/Nm3 se il flusso in volume dei gas di scarico è uguale o superiore a 60.000 Nm3/h.
[2] 600 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gasolio.
[3] In caso di rendimento termico superiore al 30% i valori di emissione della tabella e delle note 1 e 2 sono calcolati aumentando i valori di emissione in proporzione all'aumento del rendimento.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
ossidi di azoto 200 mg/Nm3 [1]
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
ossidi di zolfo 120 mg/Nm3
polveri 10 mg/Nm3 [2]
[1] Valore limite applicabile solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] 20 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 20 MW.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili liquidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
ossidi di azoto [1] 75 mg/Nm3
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
ossidi di zolfo 120 mg/Nm3
polveri 10 mg/Nm3 [2]
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] 20 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
[2] 150 mg/Nm3 in caso di utilizzo è gas naturale.
ossidi di azoto [1] 200 mg/Nm3 [2]
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
ossidi di zolfo 15 mg/Nm3 [3] [4]
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[3] Il valore limite si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.
[4] 130 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria siderurgia; 65 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico d'altoforno dell'industria siderurgica.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili gassosi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50
ossidi di azoto [1] 75 mg/Nm3 [2]
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
ossidi di zolfo 15 mg/Nm3 [3]
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] 50 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas naturale.
[3] Il valore limite si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentate a biogas installate prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 8 > 8 - ≤ 15 > 15 - ≤ 50
ossidi di azoto 150 mg/Nm3 80 mg/Nm3 80 mg/Nm3
monossido di carbonio 100 mg/Nm3 80 mg/Nm3 60 mg/Nm3
carbonio organico totale (COT) [1] 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI) 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[1] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentate a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 8 > 8 - ≤ 15 > 15 MW - ≤ 50
ossidi di azoto [1] 180 mg/Nm3 75 mg/Nm3 75 mg/Nm3
75 mg/Nm3 [*]    
monossido di carbonio 100 mg/Nm3 80 mg/Nm3 60 mg/Nm3
80 mg/Nm3 [*]    
ossidi di zolfo 60 mg/Nm3 60 mg/Nm3 60 mg/Nm3
35 mg/Nm3 [*] 35 mg/Nm3 [*] 35 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) [2] 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI) 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
ammoniaca [3] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione.
[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione nuovi, alimentate a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 8 > 8 - ≤ 15 > 15 - ≤ 50
ossidi di azoto [1] 75 mg/Nm3 75 mg/Nm3 75 mg/Nm3
monossido di carbonio 100 mg/Nm3 80 mg/Nm3 60 mg/Nm3
80 mg/Nm3 [*]    
ossidi di zolfo 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3
35 mg/Nm3 [*] 35 mg/Nm3 [*] 35 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) [2] 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI) 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
ammoniaca [3] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione
[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

(5) Cementifici

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi.

Ossidi di azoto 1800-3000 mg/Nm3
Ossidi di zolfo 600 mg/Nm3
  1500 mg/Nm3 per i forni a via umida

(6) Forni per la calcinazione di bauxite, dolomite, gesso, calcare, diatomite, magnesite, quarzite

I valori di emissione di seguito riportati si riferiscono agli effluenti gassosi umidi, per gli impianti di produzione di calce spenta e di dolomite idrata.

- Cromo

Nella calcinazione di materiali contenenti cromo, il valore di emissione per il cromo [III] e i suoi composti, espressi come cromo, sotto forma di polvere è 10 mg/Nm3.

- Ossidi di azoto

II valore di emissione è 1800-3000 mg/Nm3.

- Composti del fluoro

Per i forni usati periodicamente per la calcinazione di quarzite, il valore di emissione di composti inorganici gassosi del fluoro espressi come acido fluoridrico è 10 mg/Nm3.

(7) Forni per la produzione di vetro

Per i forni a bacino a lavorazione continua i valori di emissione si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso dell'8% e per i forni a crogiolo e quelli a bacino a lavorazione giornaliera ad un tenore di ossigeno del 13%.

I valori di emissione per gli ossidi di azoto sono:

  Forni che utilizzano combustibile liquido Forni che utilizzano combustibile gassoso
Forni a crogiolo 1200 mg/Nm3 1200 mg/Nm3
Forni a bacino con recupero di calore 1200 mg/Nm3 1400 mg/Nm3
Forni a bacino a lavorazione giornaliera 1600 mg/Nm3 1600 mg/Nm3
Forni a bacino con bruciatore ad "U" con rigenerazione e recupero di calore 1800 mg/Nm3 2200 mg/Nm3
Forni a bacino con bruciatore trasversale con rigenerazione e recupero di calore 3000 mg/Nm3 3500 mg/Nm3
Se, per ragioni connesse alla qualità della produzione, è necessario l'utilizzo di nitrati nella fase di affinaggio si applicano valori di emissione pari al doppio di quelli sopra indicati.

I valori di emissione per gli ossidi di zolfo sono:

Per i forni a bacino a lavorazione continua 1800 mg/Nm3
Per i forni a crogiolo e forni a bacino a lavorazione giornaliera 1100 mg/Nm3

I valori di emissione per le polveri sono:

Per gli impianti con una produzione di vetro inferiore a 250 tonnellate al giorno, se il flusso di massa è superiore a 0,1 kg/h 150 mg/Nm3
Per gli impianti con una produzione di vetro superiore od uguale a 250 tonnellate al giorno 80-100 mg/Nm3
Per gli impianti di produzione di fibre di vetro e tubo di vetro 350 mg/Nm3

(8) Forni per la cottura di prodotti ceramici a base di argilla

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 18%.

Inquinante Valori di emissione di emissione
Ossidi di zolfo 1500 mg/Nm3
Ossidi di azoto 1500 mg/Nm3
Fenoli e aldeidi 40 mg/Nm3

(9) Impianti per la fusione di prodotti minerali, in particolare di basalto, di diabase o di scorie

In caso di utilizzo di combustibile solido i valori di emissione si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso dell'8%.

I valori di emissione per gli ossidi di azoto sono:

  Combustibile liquido Gas
Forni a bacino con recupero di calore 1200 mg/Nm3 1400 mg/Nm3
Forni a tino 1800 mg/Nm3 2200 mg/Nm3

Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo è:

  Soglia di rilevanza Valore di emissione
  (espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Ossidi di zolfo 10 kg/h 1800 mg/Nm3

(10) Impianti per la produzione di piastrelle in ceramica.

Si applicano i seguenti valori di emissione

Fluoro e suoi composti 10 mg/Nm3 per i forni fusori, i forni del vetrato e monocottura e i forni del biscotto e del grès
Polveri 75 mg/Nm3 per gli essiccatori a spruzzo (atomizzatori)
Ossidi di azoto 1500mg/Nm3

(11) Impianti per l'agglomerazione di perlite, scisti o argilla espansa

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi ed a un tenore di ossigeno del 14%.

  Soglia di rilevanza Valore di emissione
  (espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Ossidi di zolfo 10 kg/h 1000 mg/Nm3

(12) Impianti per la produzione o la fusione di miscele composte da bitumi o da catrami e prodotti minerali, compresi gli impianti per la preparazione di materiali da costruzione stradali a base di bitume e gli impianti per la produzione di pietrisco di catrame

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 17%.

Inquinante Valore di emissione
  (espresso come concentrazione)
Polveri 20 mg/Nm3 per l'effluente gassoso proveniente dall'essiccatore a tamburo e dal miscelatore
Ossidi di zolfo 1700 mg/Nm3

(13) Impianti di distillazione a secco del carbone (cokerie)

13.1 Forno inferiore

I valori di emissione di seguito indicati si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%.

- Polveri

Devono essere adottate tutte le misure atte a contenere le emissioni di polveri dalle camere di combustione in base allo stato attuale della tecnica.

Sino alla ricostruzione del forno a coke, il valore di emissione è 100 mg/Nm3.

- Ossidi di zolfo

Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke, il valore di emissione è 1.700 mg/Nm3.

Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke e gas da altoforno (o d'acciaieria) il valore di emissione è 800 mg/Nm3.

- Ossidi di azoto

II valore di emissione è 600 mg/Nm3.

Devono essere adottate tutte le misure atte a contenere le emissioni di ossidi di azoto dalle camere di combustione in base allo stato attuale della tecnica.

Le emissioni di ossidi di azoto, sino alla ricostruzione del forno a coke, non devono essere superiori a 800 mg/Nm3.

13.2 Caricamento dei forni da coke

Devono essere evitate le emissioni di polvere nel prelevare il carbone dalle tramogge e nel caricare i carrelli.

I gas di caricamento devono essere raccolti.

Nelle operazioni di versamento, i gas di caricamento devono essere deviati nel gas grezzo, o in un forno vicino, ove non fosse possibile utilizzarli per lavorare i catrame grezzo.

Nelle operazioni di pigiatura, i gas di caricamento devono essere deviati il più possibile nel gas grezzo.

I gas di caricamento che non possono essere deviati devono essere convogliati ad un impianto di combustione cui si applica il valore di emissione per le polveri di 25 mg/Nm3.

Nelle operazioni di spianamento del carbone le emissioni dei gas di caricamento devono essere limitate assicurando la tenuta delle aperture che servono a tali operazioni.

13.3 Coperchio portello di carica

Le emissioni dal coperchio di carica devono essere evitate quanto più possibile, usando porte a elevata tenuta, spruzzando i coperchi dei portelli dopo ogni carica dei forni, pulendo regolarmente gli stipiti e i coperchi dei portelli di carica prima di chiudere. La copertura del forno deve essere mantenuta costantemente pulita da resti di carbone.

13.4 Coperchio tubo di mandata

I coperchi dei tubi di mandata, per evitare emissioni di gas o di catrame, devono essere dotati di dispositivi ad immersione in acqua, o sistemi analoghi, di pari efficacia; i tubi di mandata devono venire costantemente puliti.

13.5 Macchine ausiliari per forno a coke

Le macchine ausiliarie adibite al funzionamento del forno a coke devono essere dotate di dispositivo per mantenere pulite le guarnizioni applicate agli stipiti dei portelli di carica.

13.6 Porte del forno a coke

Si devono usare porte ad elevate tenuta. Le guarnizioni delle porte dei forni devono essere regolarmente pulite.

13.7 Sfornamento del coke

Nella ricostruzione delle batterie di forni a coke queste devono essere progettate in modo da permettere che vengano installati, sul lato macchina e sul lato coke, impianti di captazione e abbattimento delle emissioni di polveri allo sfornamento del coke, in modo che le emissioni non superino 5 g/t di coke prodotto.

Sino alla ricostruzione del forno a coke, gli effluenti gassosi devono essere raccolti e convogliati ad un impianto di abbattimento delle polveri, ove tecnicamente possibile.

13.8 Raffreddamento del coke

Per il raffreddamento del coke devono essere limitate, per quanto possibile, le emissioni. Nel caso in cui la tecnologia adottata sia quella del raffreddamento a secco, il valore di emissione per le polveri è 20 mg/Nm3.

(14) Impianti per l'agglomerazione del minerale di ferro

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi.

Polveri Gli effluenti gassosi devono essere convogliati ad un impianto di abbattimento: i valori di emissione sono pari ai valori massimi previsti nella parte II, paragrafo 5
Ossidi di azoto Il valore di emissione è 400 mg/Nm3
Inquinanti di cui alla parte II, paragrafo 2 I valori di emissione sono pari ai valori massimi previsti nella parte II, paragrafo 2

(15) Impianti per la produzione di ghisa

Fino al rifacimento del rivestimento in refrattario dell'altoforno il valore di emissione per le polveri è 150 mg/Nm3.

(16) Impianti per la produzione d'acciaio per mezzo di convertitori, forni ad arco elettrici, e forni di fusione sotto vuoto

Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri 25-100 mg/Nm3 per i forni ad arco
  25 mg/Nm3 per i forni ad induzione
monossido di carbonio Negli impianti per fusione ad eccezione dei forni ad arco e nei convertitori l'effluente gassoso deve essere riutilizzato, per quanto possibile, o combusto.

(17) Fonderie di ghisa, d'acciaio.

Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri 20-40 mg/Nm3 se il flusso di massa è uguale o superiore a 0,5 kg/h,
  Per gli impianti funzionanti con abbattimento ad umido i valori di emissione sono:
  -25 mg/Nm3 per i cubilotti con aspirazione applicata alla bocca superiore
  -50 mg/Nm3 per i cubilotti con aspirazione applicata alla bocca inferiore
monossido di carbonio 1000 mg/Nm3 per i cubilotti a vento caldo dotati di recuperatore

(18) Forni di riscaldo e per trattamenti termici, per impianti di laminazione ed altre deformazioni plastiche

I valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%:

ossidi di azoto Per gli impianti nei quali l'aria di combustione è preriscaldata a temperature uguali o superiori a 200°C il valore di emissione è determinato mediante il diagramma riportato in figura 1
ossidi di zolfo 1700 mg/Nm3 se il combustibile usato è gas da forno a coke
  800 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke e gas d'altoforno o d'acciaieria

(19) Impianti di zincatura a caldo.

Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri 15-30 mg/Nm3
composti gassosi del cloro, espressi come acido cloridrico 10 mg/Nm3
ammoniaca ed ammonio in fase gassosa 30 mg/Nm3

(20) Impianti di trattamento di superfici metalliche con uso di acido nitrico

Agli impianti di decapaggio funzionanti in continuo si applica il valore di emissione per gli ossidi di azoto di 1500 mg/Nm3.

(21) Impianti per la produzione di ferroleghe mediante processi elettrotermici o pirometallurgici

Per le polveri di valori di emissione minimo e massimo sono pari rispettivamente a 20 mg/Nm3 e 40 mg/Nm3

(22) Impianti per la produzione primaria di metalli non ferrosi

Si applicano i seguenti valori di emissione:

  Soglia di rilevanza Valore di emissione
  (espressa come flusso di massa)  
polveri - 10 mg/Nm3 per le fonderie di piombo 20 mg/Nm3 negli altri casi
ossidi di zolfo 5kg/h 800 mg/Nm3

(23) Impianti per la produzione di alluminio

I forni elettrolitici devono essere chiusi, le dimensioni dell'apertura del forno devono essere quelle minime indispensabili per il funzionamento e il meccanismo di apertura deve essere, per quanto possibile, automatizzato. Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri (1) 30 mg/Nm3 per i forni elettrolitici;
  5 kg/t di alluminio prodotto, come media giornaliera se all'effluente gassoso dei forni elettrolitici è aggiunta l'aria di ventilazione dei locali di elettrolisi
composti inorganici gassosi del fluoro, 2 mg/Nm3
espressi come acido fluoridrico (1) 0,6-1 kg/t di alluminio prodotto, come media giornaliera se all'effluente gassoso dei forni elettrolitici è aggiunta l'aria di ventilazione dei locali di elettrolisi
(1) in caso di aggiunta di aria di ventilazione si applicano entrambi i valori

(24) Impianti per la fusione dell'alluminio

Si applicano i seguenti valori di emissione:

  Soglia di rilevanza Valore di emissione
  (espressa come flusso di massa)  
polveri 0,5 kg/h 20 mg/Nm3
cloro - 3 mg/Nm3 per i forni di affinazione (impianti di clorazione)
COV (espressi come carbonio organico totale) - 50 mg/Nm3

(25) Impianti per la seconda fusione degli altri metalli non ferrosi e delle loro leghe.

Si applicano i seguenti valori di emissione:

Inquinante Tipologia di impianto Valore di emissione
Polveri impianti per seconda fusione del piombo o delle sue leghe 10 mg/Nm3
  altri impianti, se il flusso di massa è uguale o superiore a 0,2 kg/h 20 mg/Nm3
Rame e suoi composti Per i forni a tino, durante la fusione del rame elettrolitico 10 mg/Nm3
COV (espressi come carbonio organico totale) - 50 mg/Nm3

(26) Impianti per la produzione di accumulatori al piombo

Per le polveri, se il flusso di massa è uguale o superiore a 5 g/h, si applica il valore di emissione di 0,5 mg/Nm3.

(27) Impianti per la produzione di ossidi di zolfo, acido solforico e oleum

Negli impianti per la produzione di ossidi di zolfo allo stato liquido l'effluente gassoso deve essere convogliato da un impianto per la produzione di acido solforico o ad altri impianti di trattamento.

Nei processi a doppio contatto deve essere mantenuta una resa di conversione minima del 99%. Per concentrazioni di biossido di zolfo nel gas d'alimentazione uguali o superiori all'8% in volume deve essere mantenuta:

- una resa del 99,5% in condizioni variabili del gas

- una resa del 99,6% in condizioni costanti del gas

Le emissioni di biossido di zolfo devono essere ulteriormente limitate con adeguati processi di trattamento, se superano 1200 mg/Nm3.

Nei processi a contatto semplice deve essere mantenuta una resa di conversione minima del 97,5%. Per concentrazioni di biossido di zolfo nel gas d'alimentazione inferiori al 6% le emissioni devono essere ulteriormente limitate.

Nei processi di catalisi ad umido deve essere mantenuta una resa di conversione di almeno il 97,5%.

Per l'acido solforico si applicano valori di emissione minimo e massimo rispettivamente pari a 80 mg/Nm3 e 100 mg/Nm3.

(28) Impianti per la produzione di cloro

Si applicano i seguenti valori di emissione

cloro 1 mg/Nm3
  6 mg/Nm3 per gli impianti per la produzione del cloro a liquefazione totale
mercurio 1,5-2 g/t di produzione nella elettrolisi dei cloruri alcalini secondo il processo all'amalgama

(29) Impianti Claus per la produzione di zolfo

Gli effluenti gassosi devono essere convogliati ad un impianto di combustione. Per l'idrogeno solforato si applica un valore di emissione di 10 mg/Nm3.

(30) Impianti per la produzione, granulazione ed essiccamento di fertilizzanti fosfatici, azotati o potassici.

Si applicano i seguenti valori di emissioni:

polveri 75 mg/Nm3
  100-150 mg/Nm3 per gli impianti di prilling o a letto fluido
ammoniaca 200 mg/Nm3 per gli impianti di prilling o a letto fluido

(31 ) Impianti per la produzione di acrilonitrile

L'effluente gassoso prodotto dal reattore e dall'assorbitore deve essere combusto.

L'effluente gassoso prodotto durante la purificazione per distillazione dei prodotti di reazione e quello proveniente dal processo di travaso deve essere convogliato ad idonei sistemi di abbattimento.

(32) Impianti per la produzione di principi attivi antiparassitari

Per le polveri, se il flusso di massa è uguale o superiore a 25 g/h, si applica un valore di emissione di 5 mg/Nm3.

(33) Impianti per la produzione di polivinile cloruro (PVC)

I tenori residui in cloruro di vinile monomero (CVM) nel polimero devono essere ridotti al massimo. Nella zona di passaggio dal sistema chiuso a quello aperto il tenore residuo non può superare i seguenti valori:

PVC in massa 10 mg CVM/ kg PVC
omopolimeri in sospensione 100 mg CVM/kg PVC
copolimeri in sospensione 400 mg CVM/kg PVC
PVC in microsospensione e emulsione di PVC 1500 mg CVM/kg PVC

Al fine di ridurre ulteriormente la concentrazione di cloruro di vinile nell'effluente gassoso proveniente dall'essiccatore tale effluente deve, per quanto possibile, essere utilizzato come comburente in un impianto di combustione.

(34) Impianti per la produzione di polimeri in poliacrilonitrile

I gas provenienti dal reattore e dall'assorbitore devono essere convogliati ad un efficace sistema di combustione. I gas provenienti dalla purificazione per distillazione e dalle operazioni di travaso devono essere convogliati ad idonei sistemi di abbattimento.

34.1. Produzione e lavorazione di polimeri acrilici per fibre

Se la polimerizzazione è effettuata in soluzione acquosa, agli impianti di polimerizzazione, di essiccamento del polimero e di filatura si applica un valore di emissione per l'acrilonitrile pari a 25 mg/Nm3.

Se la polimerizzazione è effettuata in solvente, agli impianti di polimerizzazione si applica un valore di emissione di acrilonitrile pari a 5 mg/Nm3 ed agli impianti di filatura, lavaggio ed essiccamento si applica un valore di emissione di acrilonitrile pari a 50 mg/Nm3.

34.2. Produzione di materie plastiche ABS e SAN

- Polimerizzazione in emulsione: l'effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dalla polimerizzazione, dalla precipitazione e dalla pulizia del reattore deve essere convogliato ad un termocombustore. A tale effluente si applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 25 mg/Nm3.

- Polimerizzazione combinata in soluzione/emulsione: l'effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dalla polimerizzazione, dai serbatoi di stoccaggio intermedi, dalla precipitazione, dalla disidratazione, dal recupero dei solventi e dai miscelatori, deve essere convogliato ad un termocombustore. Alle emissioni che si formano nella zona di uscita dei miscelatori si applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 10 mg/Nm3.

34.3. Produzione di gomma acrilonitrilica (NBR)

L'effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dal recupero di butadiene, dal deposito di lattice, dal lavaggio del caucciù solido, deve essere convogliato ad un termocombustore. L'effluente gassoso proveniente dal recupero dell'acrilonitrile deve essere convogliato ad un impianto di lavaggio. Agli essiccatori si applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 15 mg/Nml3

34.4. Produzione di lattice per polimerizzazione, in emulsione, di acrilonitrile.

L'effluente gassoso contenente acrilonitrile e proveniente dai contenitori di monomeri, dai reattori, dai serbatoi di stoccaggio e dai condensatori deve essere convogliato ad un impianto di abbattimento se la concentrazione di acrilonitrile nell'effluente gassoso è superiore a 5 mg/Nm3.

(35) Impianti per la produzione e la lavorazione della viscosa.

35.1. Le emissioni dalla produzione di viscosa, dalla preparazione del bagno di rilavatura e dai trattamenti successivi connessi alla produzione di rayon tessile, devono essere convogliate ad un impianto di abbattimento. A tali attività si applicano i seguenti valori di emissione:

idrogeno solforato 5 mg/Nm3
solfuro di carbonio 100 mg/Nm3

35.2. Nella produzione di fibra cellulosica in fiocco e cellofane, i gas provenienti dai filatoi e dal trattamento successivo devono essere convogliati ad un impianto di abbattimento. A tali attività si applicano i seguenti valori di emissione:

idrogeno solforato 5 mg/Nm3
solfuro di carbonio 150 mg/Nm3

35.3. Nella produzione di prodotti da viscosa all'impianto di aspirazione generale e agli aspiratori delle macchine, si applica un valore di emissione per l'idrogeno solforato pari a 50 mg/Nm3, mentre per il solfuro di carbonio si applicano i seguenti valori emissione:

prodotti di viscosa Solfuro di carbonio
fibra cellulosica 150 mg/Nm3
cellofane 150 mg/Nm3
rayon tessile 150 mg/Nm3
rayon continuo per usi speciali 300 mg/Nm3
budella artificiali 400 mg/Nm3
panno spugnoso 400 mg/Nm3
rayon tecnico 600 mg/Nm3

(36) Impianti per la produzione di acido nitrosilsolforico

Per la fase di concentrazione i valori di emissione sono:

ossidi di azoto 2000 mg/Nm3
ossidi di zolfo 800 mg/Nm3
n-esano 1000 mg/Nm3

(37) Impianti di produzione di poliesteri

Negli impianti di produzione di acido tereftalico e di dimetiltereftalato facenti parte di cicli di produzione di polimeri e fibre poliesteri per flussi di massa superiori a 3 kg/h il valore di emissione delle sostanze organiche, espresso come carbonio organico totale, è 350 mg/Nm3.

(38) Impianti di produzione di acetato di cellulosa per fibre.

Negli impianti di polimerizzazione, dissoluzione e filatura di acetato di cellulosa per flussi di massa superiori a 3 kg/h il valore di emissione di acetone è pari a 400 mg/Nm3.

(39) Impianti di produzione di fibre poliammidiche

Negli impianti di filatura per fili continui del polimero «poliammide 6» per flussi di massa superiori a 2 kg/h il valore di emissione del caprolattame è 100 mg/Nm3.

Negli impianti di filatura per fiocco il valore di emissione del caprolattame è 150 mg/Nm3.

(40) Impianti per la formulazione di preparati antiparassitari

Le emissioni contenente polveri devono essere convogliate ad un impianto di abbattimento. Il valore di emissione per le polveri è pari a 10 mg/Nm3.

(41) Impianti per la nitrazione della cellulosa

Il valore di emissione per gli ossidi di azoto è pari a 2000 mg/Nm3.

(42) Impianti per la produzione di biossido di titanio

Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo provenienti dalla digestione e dalla calcinazione è pari a 10 kg/t di biossido di titanio prodotto. Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo provenienti dalla concentrazione degli acidi residui è pari a 500 mg/Nm3.

(43) Impianti per la produzione di fibre acriliche

Se il flusso di massa di N,N-dimetilacetamide e N,N-dimetilformamide è uguale o superiore a 2 kg/h si applica, per tali sostanze, un valore di emissione di 150 mg/Nm3.

(44) Impianti per la produzione di policarbonato

Il valore di emissione per il diclorometano è pari a 100 mg/Nm3.

(45) Impianti per la produzione di nero carbonio

I valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono agli effluenti gassosi umidi. L'effluente gassoso contenente idrogeno solforato, monossido di carbonio o sostanze organiche deve essere convogliato ad un termocombustore.

polveri 15-30 mg/Nm3
ossidi di zolfo 2600 mg/Nm3
ossidi di azoto 1000 mg/Nm3

(46) Impianti per la produzione di carbone o elettrografite mediante cottura, ad esempio per la fabbricazione di elettrodi

Per le sostanze organiche si applicano i seguenti valori di emissione, espressi come carbonio organico totale:

100 mg/Nm3 per la miscelazione e macinazione con uso, ad alta temperatura, di pece, catrame o altri leganti o solventi volatili
50 mg/Nm3 per i forni a camera unica, forni a camere comunicanti e forni a tunnel
200 mg/Nm3 per i forni anulari utilizzati per la cottura degli elettrodi di grafite, degli elettrodi di carbone e delle mattonelle di carbone
50 mg/Nm3 per l'impregnazione a base di catrame

(47) Impianti per la verniciatura in serie, inclusi gli impianti in cui si effettuano i trattamenti preliminari, delle carrozzerie degli autoveicoli e componenti degli stessi, eccettuate le carrozzerie degli autobus

Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, si applicano i seguenti valori di emissione, espressi in grammi di solvente per metro quadrato di manufatto trattato, inclusi i solventi emessi dagli impianti in cui si effettuano i trattamenti preliminari:

a) vernici a due strati 120 g/m2

b) altre vernici 60 g/m2.

Per le zone d'applicazione della vernice all'aria di ventilazione delle cabine di verniciatura non si applicano i valori di emissione indicati nella parte II, paragrafo 4, classi III, IV e V.

Per gli essiccatori il valore di emissione per le sostanze organiche, espresse come carbonio organico totale, è pari a 50 mg/Nm3. Il valore di emissione per le polveri è pari a 3 mg/Nm3.

(48) Altri impianti di verniciatura

48.1 Verniciatura del legno

Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, il valore di emissione per la verniciatura piana, espresso in grammi di solvente per metro quadro di superficie verniciata è 40 g/m2. Il valore di emissione per le polveri è pari a 10 mg/Nm3.

48.2 Verniciatura manuale a spruzzo

Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, per l'aria di ventilazione delle cabine di verniciatura nelle quali si vernicia a mano con pistola a spruzzo non si applicano i valori di emissione indicati nella parte II, paragrafo 4, classi III, IV e V; devono comunque essere prese le misure possibili per ridurre le emissioni, facendo ricorso a procedimenti di applicazione della vernice particolarmente efficaci, assicurando un efficace ricambio dell'aria e il suo convogliamento ad un impianto di abbattimento, oppure utilizzando vernici prodotte secondo le migliori tecnologie. Il valore di emissione per le polveri è pari a 3 mg/Nm3.

48.3 Essiccatori

Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, il valore di emissione per le sostanze organiche, espresse con carbonio totale, è 50 mg/Nm3.

(49) Impianti per la produzione di manufatti in gomma

Per le polveri, nella fase di preparazione mescole, i valori di emissione minimo e massimo sono rispettivamente pari a 20 mg/Nm3 e 50 mg/Nm3.

(50) Impianti per impregnare di resine le fibre di vetro o le fibre minerali

Le emissioni di sostanze di cui alla parte II, paragrafo 4, classe I non devono superare 40 mg/Nm3 e devono essere adottate le possibili soluzioni atte a limitare le emissioni, come la postcombustione, o altre misure della medesima efficacia.

(51 ) Impianti per la produzione di zucchero

- Ossidi di zolfo

Il valore di emissione è 1700 mg/Nm3.

- Ammoniaca

Se il flusso di massa supera 1,5 kg/h, i valori di emissione sono:

fase di saturazione 500 mg/ Nm3
fase di essiccazione 150 mg/ Nm3

- Polveri

Il valore di emissione è pari a 75 mg/Nm3, e, nella fase di movimentazione e condizionamento zucchero, è pari a 20 mg/Nm3.

(52) Impianti per l'estrazione e la raffinazione degli oli di sansa di oliva.

I valori di emissione sono:

polveri 200-300 mg/Nm3
ossidi di azoto 300 mg/Nm3

(53) Impianti per l'estrazione e la raffinazione di oli di semi

I valori di emissione per le polveri sono i seguenti:

fase di essiccazione semi 150 mg/Nm3
fase di lavorazione semi oleosi 80 mg/Nm3

Parte IV

[Sezione 1

Valori di emissione e prescrizioni relativi alle raffinerie

1. Valori di emissione

1.1 In deroga a quanto previsto all'articolo 270, comma 5, i valori di emissione per i composti sotto riportati sono calcolati come rapporto ponderato tra la sommatoria delle masse di inquinanti emesse e la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi dell'intera raffineria:

ossidi di zolfo 1700 mg/Nm3
ossidi di azoto 500 mg/Nm3
polveri 80 mg/Nm3
monossido di carbonio 250 mg/Nm3
sostanze organiche volatili 300 mg/Nm3
idrogeno solforato 5 mg/Nm3
ammoniaca e composti a base di cloro espressi come acido cloridrico 30 mg/Nm3

1.2. I valori di emissione per le sostanze inorganiche di cui alla parte II, paragrafo 2, che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere sono:

sostanze appartenenti alla classe I 0,3 mg/Nm3
sostanze appartenenti alla classe II 3 mg/Nm3
sostanze appartenenti alla classe III 10 mg/Nm3

1.3. Per le sostanze di cui alla parte II, paragrafo 1, si applicano i valori di emissione ivi stabiliti.

1.4. I valori di emissione per le sostanze inorganiche che si presentano sotto forma di gas o vapore sono:

cloro 5 mg/Nm3
bromo e suoi composti indicati come acido bromidrico 5 mg/Nm3
fluoro e suoi composti indicati come acido fluoridrico 5 mg/Nm3

1.5. Gli effluenti gassosi degli impianti Claus devono essere convogliati ad un postcombustore. In deroga al punto 1.1, a tali impianti si applica, per l'idrogeno solforato, un valore di emissione minimo pari a 10 e un valore di emissione massimo pari a 30 mg/Nm3. In tali impianti la conversione operativa dello zolfo, nelle condizioni ottimali di funzionamento, non deve essere inferiore, a seconda della capacità produttiva, rispettivamente al:

a) 95% se la capacità produttiva è inferiore o uguale a 20 ton. al giorno di zolfo

b) 96% se la capacità produttiva è superiore a 20 ton. e inferiore o uguale a 50 ton. al giorno di zolfo

c) 97,5% se la capacità produttiva è superiore a 50 ton. al giorno di zolfo.

2. Prescrizioni per le emissioni diffuse

2.1. Fatto salvo quanto diversamente disposto dall'articolo 276, per lo stoccaggio di petrolio greggio e di prodotti della raffinazione, aventi una tensione di vapore superiore a 13 mbar alla temperatura di 20°C devono essere utilizzati serbatoi a tetto galleggiante, serbatoi a tetto fisso con membrana galleggiante, serbatoi a tetto fisso polmonati con emissioni convogliate opportunamente ad un sistema di abbattimento o ad altro sistema idoneo ad evitare la diffusione delle emissioni; i tetti dei serbatoi a tetto galleggiante devono essere muniti di un'efficace tenuta verso il mantello del serbatoio.

Per lo stoccaggio di altri prodotti i serbatoi con tetto fisso devono essere muniti di un sistema di ricambio forzato dei gas e di convogliamento ad un sistema di raccolta o ad un postcombustore se gli stessi contengono liquidi che, nelle condizioni di stoccaggio, possono emettere sostanze cancerogene o organiche di classe I con flussi di massa uguali o superiori a quelli indicati nella parte II, paragrafo 1.

2.2 Gli effluenti gassosi che si formano durante le operazioni di avviamento e di arresto degli impianti devono essere, per quanto possibile, raccolti e convogliati ad un sistema di raccolta di gas e reimmessi nel processo, oppure combusti nell'impianto di combustione del processo; qualora queste soluzioni non fossero possibili, devono essere convogliati ad un bruciatore a torcia.

In quest'ultimo caso il valore di emissione per le sostanze organiche volatili, espresso come carbonio totale è l'1 % in volume.

3. I gas e i vapori che si producono nelle apparecchiature per la riduzione della pressione o nelle apparecchiature da vuoto devono essere convogliati ad un sistema di raccolta del gas; tale disposizione non si applica per le apparecchiature per l'abbassamento della pressione che si usano in caso di emergenza o di incendio o nei casi in cui si forma sovrappressione a seguito della polimerizzazione o di processi analoghi; i gas raccolti devono essere combusti in impianti di processo, oppure, nel caso questa soluzione non fosse possibile, devono essere portati ad un bruciatore a torcia.

4. I gas derivanti dai processi, dalla rigenerazione catalizzatori, dalle ispezioni, dalle operazioni di pulizia, devono essere convogliati ed inviati alla postcombustione. In alternativa al trattamento di post-combustione possono essere applicate altre misure, atte al contenimento delle emissioni.

5. Fatto salvo quanto diversamente disposto dall'articolo 276, nella caricazione di prodotti grezzi, semilavorati, finiti, con pressione di vapore di oltre 13 mbar a temperatura di 20°C, le emissioni devono essere limitate adottando misure adeguate, come sistemi di aspirazione e convogliamento dell'effluente gassoso ad un impianto di abbattimento.

6. L'acqua di processo eccedente può essere fatta defluire in un sistema aperto solo dopo il degassaggio. In tal caso l'effluente gassoso deve essere depurato mediante lavaggio, combustione o altro opportuno sistema.

7. Per le emissioni derivanti da prodotti polverulenti si applica l'allegato V. ]

Sezione 2

Impianti per la coltivazione degli idrocarburi e dei fluidi geotermici

1. L'autorità competente si avvale delle competenti Sezioni dell'Ufficio nazionale Minerario per gli Idrocarburi e la Geotermia ai fini del rilascio dell'autorizzazione alle emissioni degli impianti per la coltivazione degli idrocarburi e dei fluidi geotermici.

2. Coltivazione di idrocarburi

2.1. Disposizioni generali.

Le emissioni devono essere limitate all'origine, convogliate ed abbattute utilizzando la migliore tecnologia disponibile.

2.2. Emissioni da combustione di gas di coda.

I gas di coda derivanti dalle centrali di raccolta e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi, se non utilizzati come combustibili, devono essere convogliati ad unità di termodistruzione in cui la combustione deve avvenire ad una temperatura minima di 950°C per un tempo di almeno 2 secondi e con eccesso di ossigeno non inferiore al 6%. A tali emissioni si applicano i limiti seguenti:

ossidi di zolfo espressi come SO2 1200 mg/Nm3
idrogeno solforato 10 mg/Nm3
ossidi di azoto espressi come NO2 350 mg/Nm3
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
sostanze organiche volatili espresse come carbonio organico totale 20 mg/Nm3
polveri 10 mg/Nm3

Quale unità di riserva a quella di termodistruzione deve essere prevista una torcia, con pilota, in grado di assicurare una efficienza minima di combustione del 99% espressa come CO2/(CO2+CO).

2.3. Emissioni da impianti di combustione utilizzanti il gas naturale del giacimento.

a) Nel caso di impiego di gas naturale proveniente dal giacimento con contenuto di H2S massimo fino a 5 mg/Nm3 i valori di emissione si intendono comunque rispettati.

b) Nel caso che il contenuto di H2S sia superiore a 5 mg/Nm3 o che il gas naturale venga miscelato con gas di coda e/o con gas di saturazione, si applicano i seguenti limiti:

ossidi di zolfo (espressi come SO2) 800 mg/Nm3
ossidi di azoto (espressi come NO2) 350 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 100 mg/Nm3
sostanze organiche volatili (espresse come COT) 10 mg/Nm3
polveri 10 mg/Nm3

2.4. Emissioni da stoccaggi in attività di coltivazione.

Per lo stoccaggio degli idrocarburi estratti dal giacimento e dei prodotti ausiliari aventi tensione di vapore superiore a 13 mbar alla temperatura di 20°C devono essere usati i seguenti sistemi:

a) i serbatoi a tetto galleggiante devono essere dotati di sistemi di tenuta di elevata efficienza realizzati secondo la migliore tecnologia disponibile;

b) i serbatoi a tetto fisso devono essere dotati di sistemi di condotte per l'invio dei gas di sfiato e/o di flussaggio ad una unità di combustione o termodistruzione;

c) le superfici esterne dei serbatoi devono essere trattate in modo tale che venga riflesso inizialmente almeno il 70% dell'energia solare. Detta protezione è ripristinata quando il valore di riflessione diventa inferiore al 45%.

2.5. Vapori di rigenerazione termica di glicoli etilenici (DEG e/o TEG) usati per la disidratazione del gas naturale.

I vapori di rigenerazione termica di glicoli etilenici devono essere convogliati ad una unità di termodistruzione oppure miscelati al gas combustibile primario.

Solo nel caso di piccoli impianti (fino a 200.000 Nm3/giorno di gas naturale trattato) e/o per flussi di massa non superiori a 200 g/h come H2S è consentita l'emissione in atmosfera cui si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri totali 5 mg/Nm3
ossidi di zolfo (espressi come SO2) 30 mg/Nm3
ossidi di azoto (espressi come NO2) 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 10 mg/Nm3
alcali, escluso metano (espressi come esano) 300 mg/Nm3
glicoli etilenici (come MEG) 300 mg/Nm3
idrogeno solforato (H2S ) 10 mg/Nm3

2.6. Emissioni da piattaforme di coltivazione di idrocarburi offshore ossia ubicate nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana.

Se la collocazione geografica della piattaforma assicura una ottimale dispersione delle emissioni, evitando che le stesse interessino località abitate, i limiti di emissione si intendono rispettati quando in torcia viene bruciato esclusivamente gas naturale.

In caso contrario si applicano i valori di emissione indicati alla parte II, paragrafo 3, per le sostanze gassose e un valore pari a 10 mg/Nm3 per le polveri totali.

Per i motori a combustione interna e le turbine a gas si applicano i pertinenti paragrafi della parte III in cui si individuano i valori limite previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.

3. Impianti che utilizzano fluidi geotermici

1. Gli effluenti gassosi negli impianti che utilizzano i fluidi geotermici di cui all'articolo 1 della legge 9 dicembre 1986, n. 896, devono essere dispersi mediante torri refrigeranti e camini di caratteristiche adatte. Per ciascuno dei due tipi di emissione i valori di emissione minimi e massimi, di seguito riportati, sono riferiti agli effluenti gassosi umidi ed intesi come media oraria su base mensile:

H2S 70-100 mg/Nm3 per un flusso di massa uguale o superiore a 170 kg/h
As (come sali disciolti nell'acqua trascinata) 1-1,5 mg/Nm3 per un flusso di massa uguale o superiore a 5 g/h
Hg (come sali disciolti nell'acqua trascinata) 0,2-0,4 mg/ Nm3 per un flusso di massa uguale o superiore a 1 g/h

Parte IV-bis

Elementi minimi dell'autorizzazione e della registrazione dei medi impianti di combustione e dei medi impianti termici civili

1. Elementi minimi in caso di medi impianti di combustione:

a) Nome e sede legale del gestore e sede dello stabilimento in cui sono ubicati gli impianti, se fissi;

b) Classificazione secondo le definizioni dell'articolo 268, comma 1, lett. da gg-bis) a gg-septies);

c) Classificazione dei combustibili utilizzati (biomassa solida, altri combustibili solidi, gasolio, altri combustibili liquidi, gas naturale, altri combustibili gassosi) e relativa quantitativi;

d) Potenza termica nominale;

e) Numero previsto di ore operative annue;

f) Carico medio di processo;

g) Data di messa in esercizio o, se tale data non é nota, prove che la messa in esercizio dei medi impianti di combustione esistenti sia antecedente al 20 dicembre 2018.

h) Settore di attività dello stabilimento o del medio impianto di combustione secondo il codice NACE.

2. Elementi minimi in caso di medi impianti termici civili:

a) Nome e sede legale del responsabile dell'esercizio e della manutenzione e sede dell'impianto;

b) Classificazione secondo le definizioni dell'articolo 268, comma 1, lett. da gg-bis) a gg-septies);

c) Classificazione dei combustibili utilizzati (biomassa solida, altri combustibili solidi, gasolio, altri combustibili liquidi, gas naturale, altri combustibili gassosi) e relativi quantitativi;

d) Potenza termica nominale;

e) Numero previsto di ore operative;

f) Data di messa in esercizio o, se tale data non é nota, prove che la messa in esercizio dei medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, comma 2-ter, sia antecedente al 20 dicembre 2018.


(1782) Allegato modificato dall’ art. 3, comma 27, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall’ art. 1, commi 1, lett. a) e b), 2, lett. a) e b) e 3, lett. a) e b), D.M. 19 maggio 2016, n. 118 e dall’ art. 3, commi 1, 2, 3, 4 e 5, D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente allegato è stato così modificato dall’ art. 2, comma 1, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102. Vedi, anche, l’ art. 1, comma 4, del citato D.M. n. 118/2016.

(1783) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato II - Grandi impianti di combustione (1818)

In vigore dal 12 dicembre 2017

Parte I

Disposizioni generali

1. Definizioni.

Ai fini del presente allegato si intende per :

a) impianto multicombustibile: qualsiasi impianto di combustione che possa essere alimentato simultaneamente o alternativamente da due o più tipi di combustibile;

b) grado di desolforazione: il rapporto tra la quantità di zolfo non emessa nell'atmosfera nel sito dell'impianto di combustione per un determinato periodo di tempo e la quantità di zolfo contenuta nel combustibile introdotto nei dispositivi dell'impianto di combustione e utilizzata per lo stesso periodo di tempo;

c) biomassa: prodotti, costituiti interamente o in parte di materia vegetale, di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile ai sensi della normativa vigente per recuperarne il contenuto energetico, ed i seguenti rifiuti usati come combustibile:

- rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;

- rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata;

- rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se gli stessi sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata;

- rifiuti di sughero;

- rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento, inclusi in particolare i rifiuti di legno, ricadenti in questa definizione, derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione.

d) turbina a gas: qualsiasi macchina rotante, che trasforma energia termica in meccanica, costituita principalmente da un compressore, da un dispositivo termico in cui il combustibile è ossidato per riscaldare il fluido motore e da una turbina;

e) ore operative: il numero delle ore in cui l'impianto è in funzione, con l'esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi di guasto, salvo diversamente stabilito dalle normative adottate ai sensi dell'articolo 271, comma 3, o dall 'autorizzazione. (1794)

1-bis. Condizioni generali

I valori limite di emissione previsti dal presente Allegato sono calcolati in condizioni normali (temperatura di 273,15 K, e pressione di 101,3 kPa) previa detrazione del tenore di vapore acqueo degli scarichi gassosi e ad un tenore standard di O2 pari al 6% per gli impianti che utilizzano combustibili solidi, al 3% per gli impianti, diversi dalle turbine a gas e dai motori a gas, che utilizzano combustibili liquidi e gassosi ed al 15 % per le turbine a gas e per i motori a gas. Nel caso delle turbine a gas usate in impianti nuovi a ciclo combinato dotati di un bruciatore supplementare, il tenore di O2 standard può essere definito dall'autorità competente in funzione delle caratteristiche dell'installazione. (1795)

2. Procedura di esenzione per gli impianti anteriori al 1988.

2.1 I gestori degli impianti anteriori al 1988 presentano all'autorità competente, nell'ambito della richiesta di autorizzazione integrata ambientale, una dichiarazione scritta contenente l'impegno a non far funzionare l'impianto per più di 20.000 ore operative a partire dal 1° gennaio 2008 ed a non farlo funzionare oltre il 31 dicembre 2015. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW la dichiarazione è presentata entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del presente titolo e l'autorità competente, in caso di approvazione della richiesta di esenzione, provvede ad aggiornare l'autorizzazione in atto con la procedura prevista dall'articolo 269. La richiesta di esenzione è approvata soltanto se compatibile con le misure stabilite nei piani e nei programmi di cui al decreto legislativo n. 351 del 1999 ove tali misure siano necessarie per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria e se compatibile con le condizioni stabilite dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale. Tutti i predetti provvedimenti autorizzativi indicano le ore operative approvate per ogni anno del funzionamento residuo degli impianti. In caso di approvazione il gestore è tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui è riportata la registrazione delle ore operative utilizzate e quelle non utilizzate che sono state autorizzate per il restante periodo di funzionamento degli impianti. (1796)

2.2 La richiesta di esenzione di cui al punto precedente decade se il gestore presenta, successivamente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e comunque non oltre il 31 maggio 2007, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui all'articolo 273, comma 6, nell'ambito di una richiesta di aggiornamento dell'autorizzazione integrata ambientale. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW, la richiesta di esenzione decade se il gestore trasmette all'autorità competente, entro il 1° agosto 2007, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui all'articolo 273, comma 7. La richiesta di esenzione non si considera decaduta nel caso in cui l'autorità competente non approvi la relazione tecnica o il progetto di adeguamento

2.3 Gli impianti per cui l'esenzione è stata approvata ai sensi del punto 2.1 e non è decaduta ai sensi del punto 2.2 non possono, in alcun caso, funzionare per più di 20.000 ore operative nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2015. (1797)

3. Impianti multicombustibili (1798)

3.1 Per gli impianti multicombustibili che comportano l'impiego simultaneo di due o più combustibili, l'autorità competente, in sede di autorizzazione, stabilisce i valori limite di emissione per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, il monossido di carbonio, le polveri e i metalli nei modi previsti dal punto 3.2 o applicando le deroghe previste ai punti 3.3 e 3.4. (1809)

3.2. L'autorità competente applica la seguente procedura:

a) individuare il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile ed a ciascun inquinante, corrispondente alla potenza termica nominale dell'intero impianto di combustione secondo quanto stabilito dalla Parte II, sezioni da 1 a 6;

b) determinare i valori limite di emissione ponderati per combustibile, moltiplicando ciascuno dei valori limite di emissione di cui alla lettera a) per la potenza termica fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili;

c) addizionare i valori limite di emissione ponderati per combustibile.

3.3. In deroga al punto 3.2 l'autorità competente, in sede di autorizzazione, può applicare le disposizioni concernenti il combustibile determinante, inteso come il combustibile con il più elevato valore limite di emissione, per gli impianti multi combustibile anteriori al 2013 che utilizzano i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i propri consumi propri dell'installazione, sempre che, durante il funzionamento dell'impianto la proporzione di calore fornito da tale combustibile risulti pari ad almeno il 50% della somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili. Se la proporzione del calore fornito dal combustibile determinante è inferiore al 50% della somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili, l'autorità competente determina il valore limite di emissione, applicando la seguente procedura:

a) individuare il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile ed a ciascun inquinante, corrispondente alla potenza termica nominale dell'impianto secondo quanto stabilito dalla parte II, sezioni da 1 a 6;

b) calcolare il valore limite di emissione per il combustibile determinante, inteso come il combustibile con il valore limite di emissione più elevato in base a quanto stabilito dalla parte II, sezioni da 1 a 6, e inteso, in caso di combustibili aventi il medesimo valore limite, come il combustibile che fornisce la quantità più elevata di calore. Tale valore limite si ottiene moltiplicando per due il valore limite di emissione del combustibile determinante, previsto dalla parte II, sezioni da 1 a 6, e sottraendo il valore limite di emissione relativo al combustibile con il valore limite di emissione meno elevato;

c) determinare i valori limite di emissione ponderati per combustibile, moltiplicando il valore limite di emissione del combustibile calcolato in base alla lettera b) per la quantità di calore fornita da ciascun combustibile determinante, moltiplicando ciascuno degli altri valori limite di emissione per la quantità di calore fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili;

d) addizionare i valori limite di emissione ponderati per combustibile.

3.4 In alternativa a quanto previsto al punto 3.3, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas, per gli impianti multicombustibili, ricompresi in una installazione che svolge attività di raffinazione, alimentati con i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i consumi propri dell'installazione, l'autorizzazione può applicare un valore limite medio di emissione di anidride solforosa pari a 1.000 mg/Nm3 per gli impianti anteriori al 2002 e pari a 600 mg/Nm3 per gli altri impianti anteriori al 2013.

I valori medi da confrontare con tali valori limite sono calcolati ad una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa, previa detrazione del tenore di vapore acqueo degli effluenti gassosi, e ad un tenore standard di O2 pari al 6% per i combustibili solidi e al 3% per i combustibili liquidi e gassosi, come rapporto ponderato tra la sommatoria delle masse di biossido di zolfo emesse e la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi relativi agli impianti.

Tali valori limite medi sono rispettati se superiori alla media, calcolata su base mensile, delle emissioni di tutti i detti impianti, indipendentemente dalla miscela di combustibili usata, qualora ciò non determini un aumento delle emissioni rispetto a quelle previste dalle autorizzazioni in atto.

3.5 Per gli impianti multicombustibili che comportano l'impiego alternativo di due o più combustibili, sono applicabili i valori limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 6, corrispondenti a ciascuno dei combustibili utilizzati.

4. Monitoraggio e controllo delle emissioni

4.1 A partire dall'entrata in vigore del presente decreto, negli impianti di cui all'articolo 273, commi 3 e 4, di potenza termica nominale pari o superiore a 300MW e negli impianti di cui all'articolo 273, comma 2, di potenza termica nominale pari o superiore a 100MW le misurazioni delle concentrazioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri nell'effluente gassoso, sono effettuate in continuo. (1799)

4.2. In deroga al punto 4.1 le misurazioni continue non sono richieste nei seguenti casi:

a) per il biossido di zolfo e per le polveri degli impianti di combustione alimentati con gas naturale;

b) per il biossido di zolfo degli impianti di combustione alimentate a combustibile liquido con tenore di zolfo noto, in assenza di apparecchiature di desolforazione. (1810)

4.3. In deroga al punto 4.1, l'autorità competente può non richiedere misurazioni continue nei seguenti casi:

a) per gli impianti di combustione con un ciclo di vita inferiore a 10.000 ore di funzionamento;

b) per il biossido di zolfo degli impianti di combustione alimentati con biomassa se il gestore può provare che le emissioni di biossido di zolfo non possono in nessun caso superare i valori limite di emissione previsti dal presente decreto. (1811)

4.4. Nei casi previsti dai punti 4.2 e 4.3, l'autorità competente stabilisce, in sede di autorizzazione, l'obbligo di effettuare misurazioni discontinue degli inquinanti per cui vi è la deroga almeno ogni sei mesi ovvero, in alternativa, individua opportune procedure di determinazione per valutare le concentrazioni del biossido di zolfo e degli ossidi di azoto nelle emissioni. Tali procedure devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO, ovvero alle norme nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica. (1812)

4.5. Per gli impianti di combustione alimentati a carbone o lignite, le emissioni di mercurio totale devono essere misurate almeno una volta all'anno. (1813)

4.6 La modifiche relative al combustibile utilizzato e alle modalità di esercizio costituiscono modifica ai sensi dell'articolo 268, comma 1, lettera m). In tal caso l'autorità competente valuta anche, in sede di autorizzazione, se rivedere le prescrizioni imposte ai sensi dei punti da 4.1 a 4.5. (1814)

4.7. L'autorità competente in sede di autorizzazione può stabilire che le misurazioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri nell'effluente gassoso siano effettuate in continuo anche nei casi non previsti dai paragrafi precedenti.

4.8. Il controllo del livello di inquinanti nelle emissioni degli impianti di combustione e di tutti gli altri parametri stabiliti dal presente decreto deve essere realizzato in conformità alle prescrizioni contenute nella parte II, sezione 8, e alle prescrizioni dell'allegato VI.

4.9. Le autorità competenti stabiliscono, in sede di autorizzazione, le modalità e la periodicità secondo cui i gestori devono informare le stesse autorità circa i risultati delle misurazioni continue, i risultati della verifica del funzionamento delle apparecchiature di misurazione, i risultati delle misurazioni discontinue, nonché circa i risultati di tutte le altre misurazioni effettuate per valutare il rispetto delle pertinenti disposizioni del presente decreto.

4.10. Nel caso di impianti che devono rispondere ai gradi di desolforazione fissati nella parte II sezione 1, l'autorità competente, in sede di autorizzazione, individua opportune procedure di determinazione per valutare le concentrazioni del biossido di zolfo nelle emissioni. Tali procedure devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO, ovvero alle norme nazionali o internazionali, che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica. L'autorità competente stabilisce inoltre, in sede di autorizzazione, l'obbligo di effettuare regolari controlli del tenore di zolfo nel combustibile introdotto nell'impianto.

5. Conformità ai valori limite di emissione

5.1. In caso di misurazioni continue, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, si considerano rispettati se la valutazione dei risultati evidenzia che, nelle ore operative, durante un anno civile:

nessun valore medio mensile convalidato supera i pertinenti valori limite, e

nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti nuovi supera i pertinenti valori limite,

nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti anteriori al 2002 e anteriori al 2013 supera il 110 per cento dei pertinenti valori limite,

il 95 per cento di tutti i valori medi orari convalidati nell'arco dell'anno non supera il 200 per cento dei pertinenti valori limite. (1815)

5.2. Nel caso in cui l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione, richieda soltanto misurazioni discontinue o altre opportune procedure di determinazione, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 6, si considerano rispettati se i risultati di ogni serie di misurazioni o delle altre procedure disciplinate nell'allegato VI non superano tali valori limite di emissione.

[5.3. I valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, lettere B, si considerano rispettati se la valutazione dei risultati evidenzia che, nelle ore operative, durante un anno civile, nessun valore medio giornaliero valido supera i pertinenti valori limite di emissione ed il 95% di tutti i valori medi orari convalidati nell'arco dell'anno non supera il 200% dei pertinenti valori limite di emissione. (1817) (1816)]

5.4. I valori medi convalidati di cui al punto 5.3. sono determinati in conformità alle prescrizioni contenute nella parte II, sezione 8, paragrafo 5.

6. Anomalie o guasti degli impianti di abbattimento

6.1. L'autorità competente può concedere sospensioni dell'applicazione dei valori limite di emissione di cui all'articolo 273 per il biossido di zolfo, per periodi massimi di sei mesi, a favore degli impianti che, ai fini del rispetto di tali valori utilizzano un combustibile a basso tenore di zolfo e che, a causa di un'interruzione delle forniture dello stesso combustibile, derivante da una grave ed eccezionale difficoltà di reperimento sul mercato, non siano in grado di rispettare i predetti valori limite.

6.2. L'autorità competente può concedere deroghe all'applicazione dei valori limite di emissione previsti dall'articolo 273, a favore degli impianti che normalmente utilizzano soltanto combustibili gassosi e che sarebbero altrimenti soggetti all'obbligo di dotarsi di un dispositivo di depurazione degli effluenti gassosi, nel caso in cui, a causa di una improvvisa interruzione della fornitura di gas, tali impianti debbano eccezionalmente ricorrere all'uso di altri combustibili per un periodo non superiore a 10 giorni o, se esiste una assoluta necessità di continuare le forniture di energia, per un periodo più lungo.

6.3. L'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, informa tempestivamente tale Ministero in merito a tutte le sospensioni e le deroghe concesse per i periodi di anomalo funzionamento di cui ai punti 6.1. e 6.2. (1793)

6.4. In caso di guasti tali da non permettere il rispetto dei valori limite di emissione, il ripristino funzionale dell'impianto deve avvenire nel più breve tempo possibile e comunque entro le successive 24 ore. In caso di mancato ripristino funzionale l'autorità competente può prescrivere la riduzione o la cessazione dell'attività oppure l'utilizzo di combustibili a minor impatto ambientale rispetto a quelli autorizzati. Un impianto di combustione non può funzionare in assenza di impianti di abbattimento per un periodo complessivo che ecceda le centoventi ore nell'arco di qualsiasi periodo di dodici mesi consecutivi preso in esame. L'autorizzazione prevede l'installazione di idonei sistemi di misurazione dei periodi di funzionamento degli impianti di abbattimento.

6.5. Nei casi in cui siano effettuate misurazioni continue il punto 6.4 si applica soltanto se da tali misurazioni risulti un superamento dei valori limite di emissione previsti negli atti autorizzativi.

6.6. L'autorità competente può concedere deroghe al limite di ventiquattro ore ed al limite di centoventi ore, previsti dal punto 6.4, nei casi in cui sussista la necessità assoluta di mantenere la fornitura energetica e nei casi in cui l'impianto sarebbe sostituito, per il periodo di tempo corrispondente alla durata della deroga, da un impianto in grado di causare un aumento complessivo delle emissioni.

Parte II

Valori limite di emissione

Sezione 1 (1800)

Valori limite di emissione di SO2 - Combustibili solidi

A.

1. Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6%) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili solidi, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas:

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combustibili solidi Biomassa Torba
50-100 400 200 300
100-300 250 200 300
> 300 200 200 200

2. In deroga al paragrafo 1, l'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di biossido di zolfo pari a 800 mg/Nm3 per gli impianti anteriori al 2002 che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

B.

Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6%) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combustibili solidi Biomassa Torba
50-100 200 100 200
100-300 100 100 100
> 300 75 75 75

C.

1. Per gli impianti alimentati a combustibili solidi indigeni, se il gestore dimostra che i valori limite di emissione delle lettere A) e B) non possono essere rispettati a causa delle caratteristiche del combustibile, l'autorizzazione può prevedere un grado minimo di desolforazione quantomeno pari ai seguenti valori, intesi come valori limite medi mensili:

Potenza termica nominale totale (MW) Impianti anteriori al 2002 Impianti anteriori al 2013 Altri impianti
50-100 80% 92% 93%
100-300 90% 92% 93%
> 300 96%(*) 96% 97%
(*) per impianti alimentati a scisti bituminosi: 95%

2. Per gli impianti alimentati a combustibili solidi indigeni in cui sono coinceneriti anche rifiuti, se il gestore dimostra che non possono essere rispettati i valori limite Cprocesso per il biossido di zolfo di cui alla parte 4, punti 3.1 o 3.2, dell'Allegato I al Titolo I-bis della Parte Quarta del presente decreto, a causa delle caratteristiche del combustibile, l'autorizzazione può prevedere, in alternativa, un grado minimo di desolforazione quantomeno pari ai valori del precedente paragrafo. In tal caso, il valore Crifiuti di cui a tale parte 4, punto 1, è pari a 0 mg/Nm3.

3. Nei casi previsti dai paragrafi 1 e 2 il gestore, entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, é tenuto a presentare all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento che riporta il tenore di zolfo del combustibile solido indigeno usato e il grado di desolforazione raggiunto come media mensile; la prima comunicazione indica anche la motivazione tecnica dell'impossibilità di rispettare i valori limite di emissione oggetto di deroga.

Sezione 2 (1800)

Valori limite di emissione di SO2 - Combustibili liquidi

A.

1. Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel:

Potenza termica nominale totale (MWth) valore limite di emissione di SO2 (mg/Nm3)
50-100 350
100-300 250
> 300 200

2. In deroga al paragrafo 1, per gli impianti anteriori al 2002, l'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di biossido di zolfo pari a 850 mg/Nm3 per gli impianti con potenza non superiore a 300 MW e pari a 400 mg/Nm3 per gli impianti con potenza superiore a 300 MW, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno.. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

B.

Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti nuovi, che utilizzano combustibili liquidi ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel:

Potenza termica nominale totale (MWth) valore limite di emissione di SO2 (mg/Nm3)
50-100 350
100-300 200
> 300 150

Sezione 3 (1800)

Valori limite di emissione di SO2- Combustibili gassosi

A.

Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti alimentati a combustibile gassoso ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas:

Gas naturale ed altri gas 35
Gas liquido 5
Gas a basso potere calorifico originati da forni a coke 400
Gas a basso potere calorifico originati da altiforni 200

Per gli impianti di combustione anteriori al 2002 alimentati con gas a basso potere calorifico originati dalla gassificazione dei residui delle raffinerie si applica un limite pari a 800 mg/Nm3.

Sezione 4 (1808)

Valori limite di emissione di NOx (misurati come NO2) e di CO

A.

1. Valori limite di emissione di NOx espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 alimentati con combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combustibili solidi Biomassa e torba Combustibili liquidi
50-100 300 (1787) 300 (1787) 450
100-300 200 (1787) 250 (1787) 200 (1785) (1786) (1787)
> 300 200 (1787) (1788) 200 (1787) (1788) 150 (1784) (1785) (1786) (1787) (1788)

2. Le turbine a gas (comprese le turbine a gas a ciclo combinato - CCGT) di impianti che utilizzano distillati leggeri e medi come combustibili liquidi sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 90 mg/Nm3 e di CO pari a 100 mg/Nm3.

3. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera A. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

A-bis

1. Valori limite di emissione di NOx e di CO espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 15% per le turbine e motori a gas e 3% negli altri casi) che devono essere applicati per gli impianti di combustione alimentati a combustibile gassoso anteriori al 2013:

Tipo impianto NOx CO
alimentato con gas naturale,* ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas 100 100
alimentato con gas di altoforno, gas da forno a coke o gas a basso potere calorifico originati dalla gassificazione dei residui delle raffinerie, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas 200 (300 per impianti anteriori al 2002 di potenza termica totale non superiore ai 500 MW) -
alimentato con gas diversi da quelli specificamente previsti dalla presente tabella, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas 200 (300 per impianti anteriori al 2002 di potenza termica totale non superiore ai 500 MW) -
Turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale* 50 100
Turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate con gas diversi dal gas naturale* 120 -
Motori a gas 100 100
* Il gas naturale è il metano presente in natura con non più del 20% in volume di inerti ed altri costituenti.

2. In deroga al paragrafo 1, sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 75 mg/Nm3 le turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale usate:

- in un sistema di produzione combinata di calore e di elettricità che abbia un grado di rendimento globale superiore al 75%;

- in impianti a ciclo combinato che abbiano un grado di rendimento elettrico globale medio annuo superiore al 55%;

- per trasmissioni meccaniche.

Per le turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale che non rientrano in una delle categorie di cui sopra e che hanno un grado di efficienza η , determinato alle condizioni ISO di carico base, superiore al 35%, il valore limite di emissione di NOx é pari a 50 x η/35%.

3. In deroga ai paragrafi 1, 2 e 4, l'autorizzazione può prevedere, per le turbine a gas (comprese le CCGT) anteriori al 2002 che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno, un valore limite di emissione di NOx pari a 150 mg/Nm3 se le turbine sono alimentate a gas naturale e a 200 mg/Nm3 se le turbine sono alimentate con altri gas o combustibili liquidi. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

4. Per le turbine a gas di potenza termica nominale maggiore o uguale a 300 MW ubicate nelle zone nelle quali i livelli di ossidi di azoto comportano il rischio di superamento dei valori di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, l'autorizzazione deve prevedere un valore limite di ossidi di azoto pari o inferiore a 40 mg/Nm3.

5. Le turbine a gas e i motori a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera A-bis. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

B.

1. Valori limite di emissione NOx espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combustibili solidi Biomassa e torba Combustibili liquidi
50-100 150 180 per biomasse solide e torba 150
    200 per biomasse liquide  
100-300 100 180 per biomasse solide e torba 100
    200 per biomasse liquide  
> 300 100 150 100

2. Le turbine a gas (comprese le CCGT) che utilizzano distillati leggeri e medi come combustibili liquidi sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 50 mg/Nm3 e di CO pari a 100 mg/Nm3.

3. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera B. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

B-bis

1. Valori limite di emissione di NOx e CO espressi in mg/Nm3 per impianti di combustione nuovi alimentati a combustibile gassoso (tenore di O2 di riferimento: 15% per le turbine e motori a gas e 3% negli altri casi).

Tipo impianto NOx CO
diverso dalle turbine a gas e dei motori a gas 100 100
Turbine a gas (comprese le CCGT) 30 * 100
Turbine a gas per Trasmissione meccanica (comprese le CCGT) 50 * 100
Motori a gas 75 100
*Se il grado di efficienza η , determinato alle condizioni ISO di carico base, supera il 35%, il valore limite di emissione di NOx è pari a 30 x η/35%, o in caso di CCGT utilizzate per trasmissioni meccaniche è pari a 50 x η/35%.

2. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera B-bis. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

Sezione 5 (1800)

Valori limite di emissione delle polveri

A.

1. Valori limite di emissione di polveri espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite ed altri combustibili solidi Biomassa e torba Combustibili liquidi
50-100 30 30 30
100-300 25 20 25
> 300 20 20 20

2. In deroga al paragrafo 1, l'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di polveri pari a 50 mg/Nm3 per gli impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW che utilizzano residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio ai fini del processo di raffinazione.

B.

1. Valori limite di emissione di polveri, espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Biomassa e torba altri combustibili solidi o liquidi
50-300 18 per biomasse solide e torba 10 per biomasse liquide 20
> 300 18 per biomasse solide e torba 10 per biomasse liquide 10

2. Valori limite di emissione di polveri, espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento 3%) che devono essere applicati a tutti gli impianti che utilizzano combustibili gassosi ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas.

Gas diversi da quelli indicati nella presente tabella 5
Gas di altiforni 10
Gas prodotti dall'industria siderurgica che possono essere usati in stabilimenti diversi da quello di produzione 30

Sezione 6 (1801)

Valori limite di emissione per alcuni metalli e loro composti (1789)

Valori limite di emissione di metalli e loro composti espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono essere applicati a tutti i grandi impianti di combustione.

Impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW e inferiore o pari a 100MW

Inquinante Valore limite di emissione (mg/Nm3)
Be 0.08
Cd + Hg + TI 0.20
As + Cr (VI) + Co + Ni (frazione respirabile ed insolubile) 0.80
Se + Te + Ni (sotto forma di polvere) 1.60
Sb +Cr (III) + Mn + Pd + Pb + Pt + Cu + Rh + Sn + V 8.00

Impianti di potenza termica nominale superiore a 100MW

Inquinante Valore limite di emissione (mg/Nm3)
Be 0.05
Cd + Hg + TI 0.10
As + Cr (VI) + Co + Ni (frazione respirabile ed insolubile) 0.50
Se + Te + Ni (sotto forma di polvere) 100
Sb +Cr (III) + Mn + Pd + Pb + Pt + Cu + Rh + Sn + V 5.00

Sezione 7 (1802)

Valori limite di emissione di alcuni inquinanti espressi in mg/Nm3 (tenore di 02 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi).

1. Impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW

Inquinante Valore limite di emissione (mg/Nm3)
CO 250 (1790)
sostanze organiche volatili, espresse come carbonio totale 300 mg/m3
cloro 5 mg/m3
idrogeno solforato 5 mg/m3
bromo e suoi composti espressi come acido bromidrico 5 mg/m3
fluoro e suoi composti espressi come acido fluoridrico 5 mg/m3
ammoniaca e composti a base di cloro espressi come acido cloridrico: 100 mg/m3

2. I valori di emissione per le sostanze cancerogene tossiche per la riproduzione e mutagene e quelle di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate sono quelli riportati nell'allegato I, parte II, punti 1.1 e 1.2.

3. Fatto salvo quanto previsto nella sezione 6, i valori di emissione per le sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere, riportate nell'allegato I, parte II, sono i seguenti:

sostanze appartenenti alla classe I 0,2 mg/m3
sostanze appartenenti alla classe II 2 mg/m3
sostanze appartenenti alla classe III 10 mg/m3

4. I valori di emissione di cui ai punti 1, 2 e 3 costituiscono valori di emissione minimi e massimi coincidenti.

Sezione 8

Misurazione e valutazione delle emissioni

1. Le misurazioni in continuo di cui alla parte I, paragrafo 4, devono essere effettuate contestualmente alla misurazione in continuo dei seguenti parametri di processo: tenore di ossigeno, temperatura, pressione e tenore di vapore acqueo. La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo dell'effluente gassoso può non essere effettuata qualora l'effluente gassoso prelevato sia essiccato prima dell'analisi delle emissioni.

2. Il campionamento e l'analisi dei pertinenti inquinanti e dei parametri di processo e i metodi di misurazione di riferimento per calibrare i sistemi di misura automatici devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO ovvero alle norme nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.

3. I sistemi di misurazione continua sono soggetti a verifica mediante misurazioni parallele secondo i metodi di riferimento, almeno una volta all'anno. I gestori informano l'autorità competente dei risultati di tale verifica. (1803)

4. I valori degli intervalli di fiducia al 95% di un singolo risultato di misurazione non possono superare le seguenti percentuali dei valori limite di emissione:

Biossido di zolfo 20%
Ossidi di azoto 20%
Polveri 30%
Monossido di carbonio 10% (1804)

5. I valori medi orari e giornalieri convalidati sono determinati in base ai valori medi orari validi misurati previa detrazione del valore dell'intervallo di fiducia di cui al punto 4. Qualsiasi giorno nel quale più di 3 valori medi orari non sono validi, a causa di malfunzionamento o manutenzione del sistema di misure in continuo, non è considerato valido. Se in un anno più di dieci giorni non sono considerati validi per tali ragioni, l'autorità competente per il controllo prescrive al gestore di assumere adeguati provvedimenti per migliorare l'affidabilità del sistema di controllo in continuo.

6. In caso di impianti a cui si applicano i gradi di desolforazione di cui alla sezione 1, lettera C, l'autorizzazione prescrive le modalità atte ad assicurare anche un controllo periodico del tenore di zolfo del combustibile utilizzato. Le modifiche relative al combustibile utilizzato costituiscono modifica ai sensi dell'articolo 268, comma 1, lettera m). (1805)

Parte III

Modello di trasmissione informazioni a cura del gestore dell'impianto (1806)

A

Anno di riferimento: Data:
  Ragione sociale:  
  Sede legale  
  Comune: Via/Piazza:
  Provincia:  
  Sede impianto  
  Comune: Via/Piazza:
  Provincia:  
  Referente per quanto comunicato  
  Nome: Cognome:
  N. telefono: N. fax
  Indirizzo posta elettronica: Indirizzo posta ordinaria (se diverso da sede impianto):
  B (1791)  
  Data messa in esercizio impianto:  
  Data rilascio dell' autorizzazione:  
  Autorità che ha rilasciato l'autorizzazione :  
  Potenza termica nominale:  
  Ore operative  
per l'anno di riferimento:    
Tipologia impianto: Raffineria  
  Turbina a gas  
  Caldaia  
  Motore diesel  
  Motore a gas  
  Altro (specificare)  
Tecniche di abbattimento delle emissioni in atmosfera Sistemi di assorbimento (torri a riempimento, colonna a piatti)  
  Sistemi di assorbimento  
  Sistemi per la conversione termica  
  Sistemi per la conversione catalitica  
  Sistemi meccanici centrifughi (ciclone, multiciclone)  
  Sistemi ad umido (torri di lavaggio)  
  Sistemi elettrostatici  
  Sistemi a tessuto (filtri a manica)  
Combustibili utilizzati    
Combustibile Quantità utilizzata Apporto di energia (1792)
Biomasse t/anno: TJ / anno:
Carbone t/anno TJ / anno:
Lignite t/anno TJ / anno:
Torba t/anno TJ / anno:
Altri combustibili solidi (specificare) t/anno: TJ / anno:
Combustibili liquidi t/anno: TJ / anno:
Gas naturale Sm3/anno: TJ / anno:
Gas diversi dal gas naturale (specificare) Sm3/anno: TJ / anno:
Emissioni in atmosfera    
SO2: t/anno:  
NOx (espressi come NO2): t/anno:  
Polveri: t/anno:  
[13] Esclusivamente per i gestori degli impianti costruiti o autorizzati dopo il 1° luglio 1988.

Parte IV

Determinazione delle emissioni totali di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri per la elaborazione della relazione alla Commissione europea.

1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare elabora la relazione di cui all'articolo 274, comma 1, sulla base dei dati sulle emissioni totali annue di biossido di zolfo e ossidi d'azoto, trasmessi dai gestori ai sensi dell'articolo 274, comma 4. Qualora si usi il controllo continuo, il gestore dell'impianto di combustione addiziona separatamente, per ogni inquinante, la massa di inquinante emesso quotidianamente, sulla base delle portate volumetriche degli effluenti gassosi. Qualora non si usi il controllo continuo, le stime delle emissioni annue totali sono determinate dal gestore sulla base delle disposizioni di cui alla parte I, paragrafo 4, secondo quanto stabilito dalle autorità competenti in sede di rilascio delle autorizzazioni. Ai fini della trasmissione dei dati previsti dall'articolo 274, le emissioni annue e le concentrazioni delle sostanze inquinanti negli effluenti gassosi sono determinate nel rispetto di quanto stabilito dalle disposizioni della parte I, paragrafi 4 e 5. (1793)

Parte V (1807)

[Massimali e obiettivi di riduzione i emissioni di SO2 e NOx per gli impianti esistenti

  SO2 NOx
Emissioni per i grandi impianti di combustione nel 1980 (Kton) 2450 580
Massimale di emissione (Kton/anno)    
1993 1715 570
1998 1500 406
2003 900 -
% di riduzione delle emissioni    
1993 -30 -2
1998 -39 -30
2003 -63 - ]


(1784)  L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 400 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale superiore a 500 MW, alimentati a combustibile liquido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore è tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

(1785)  L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW che utilizzano residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio ai fini del processo di raffinazione.

(1786)  L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW, situati all'interno di installazioni chimiche, alimentati con residui liquidi di produzione di cui non è ammesso il commercio utilizzati ai fini del processo di produzione.

(1787)  L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW, alimentati a combustibile solido o liquido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore è tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

(1788)  L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti di combustione autorizzati prima del 1° luglio 1987, anche se con una potenza termica nominale totale superiore a 500 MW, alimentati a combustibile solido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore è tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

(1789)  I valori limite di emissione della presente sezione non si applicano agli impianti che utilizzano esclusivamente combustibili gassosi oppure biomasse.

(1790)  L'autorità competente può fissare, per particolari situazioni impiantistiche, un valore limite di emissione maggiore del valore di emissione sopra indicato. Restano in ogni caso fermi i valori limite di CO indicati nella sezione 4, lettere A-bis e B-bis.

(1791)  I dati da riportare sono quelli riferiti ad un singolo punto di emissione.

(1792)  Calcolato come il prodotto tra la quantità di combustibile utilizzato e il potere calorifico netto del combustibile stesso.

(1793) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».

(1794) Lettera così modificata dall’ art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1795) Il punto 1-bis è stato inserito dall’ art. 28, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1796) Il punto 2.1 è stato così modificato dall’ art. 28, commi 1 e 3, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1797) Il punto 2.3 è stato così modificato dall’ art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1798) Il punto 3 è stato così sostituito dall’ art. 28, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1799) Per la modifica e la sostituzione del presente punto 4.1 vedi l’ art. 28, commi 5 e 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1800) Sezione così sostituita dall’ art. 28, comma 7, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1801) La nota (10) della presente sezione è stata così modificata dall’ art. 28, comma 8, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1802) La presente sezione e la relativa nota (11) sono state così modificate dall’ art. 28, comma 9, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1803) Il punto 3 è stato così sostituito dall’ art. 28, comma 10, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1804) Il punto 4 è stato così modificato dall’ art. 28, comma 11, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1805) Il punto 6 è stato aggiunto dall’ art. 28, comma 12, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1806) Modello così sostituito dall’ art. 28, comma 13, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1807) Parte soppressa dall’ art. 28, comma 14, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1808) Sezione sostituita dall'art. 28, comma 7, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificata dall’ art. 11, comma 12-ter, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

(1809) Il punto 3.1 e stato così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. aa), n. 1), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1810) Il punto 4.2 è stato così sostituito dall’ art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1811) Il punto 4.3 è stato così sostituito dall’ art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1812) Il punto 4.4 è stato sostituito dall’ art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. aa), n. 2), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1813) Il punto 4.5 è stato così sostituito dall’ art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1814) Il punto 4.6 è stato così sostituito dall’ art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1815) Il punto 5.1 è stato modificato dall’ art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 18, comma 1, lett. aa), n. 3), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1816) Il punto 5.3 è stato soppresso dall’ art. 18, comma 1, lett. aa), n. 4), L. 20 novembre 2017, n. 167.

(1817) Il punto 5.3 è stato così modificato dall’ art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1818) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato III - Emissioni di composti organici volatili

In vigore dal 12 dicembre 2017

Parte I

Disposizioni generali

1. Definizioni

1.1. Ai fini del presente allegato si intende per:

a) adesivo: qualsiasi miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato per far aderire parti separate di un prodotto; (1819)

b) inchiostro: una miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti i solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato in un'attività di stampa per imprimere testi o immagini su una superficie; (1819)

c) input: la quantità di solventi organici e la loro quantità nelle miscele utilizzati nello svolgimento di un'attività; sono inclusi i solventi recuperati all'interno e all'esterno del luogo in cui l'attività è svolta, i quali devono essere registrati tutte le volte in cui sono riutilizzati per svolgere l'attività; (1821)

d) miscela: le miscele o le soluzioni composte di due o più sostanze; (1820)

e) rivestimento: ogni miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato per ottenere su una superficie un effetto decorativo, protettivo o funzionale; (1819)

f) soglia di produzione: la quantità espressa in numero di pezzi prodotti/anno di cui all'appendice 1 della parte III, riferita alla potenzialità di prodotto per cui le attività sono progettate;

g) solvente organico alogenato: un solvente organico che contiene almeno un atomo di bromo, cloro, fluoro o iodio per molecola;

h) vernice: un rivestimento trasparente.

2. Emissioni di sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l'ambiente

2.1. Le sostanze e le miscele alle quali, a causa del loro tenore di COV classificati dal regolamento 1272/2008 come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, sono state assegnate o sulle quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H340, H350, H350i, H360D o H360F sono sostituite quanto prima con sostanze e miscele meno nocive, tenendo conto delle linee guida della Commissione europea, ove emanate. (1828)

2.2. Agli effluenti gassosi che emettono i COV di cui al punto 2.1 in una quantità complessivamente uguale o superiore a 10 g/h, si applica un valore limite di 2 mg/Nm3, riferito alla somma delle masse dei singoli COV. (1829)

2.3. Agli effluenti gassosi che emettono COV ai quali sono state assegnate o sui quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H341 o H351 in una quantità complessivamente uguale o superiore a 100 g/h, si applica un valore limite di emissione di 20 mg/Nm3, riferito alla somma delle masse dei singoli COV. (1831) (1835)

2.4. Al fine di tutelare la salute umana e l'ambiente, le emissioni dei COV di cui ai punti 2.1 e 2.3 devono essere sempre convogliate.

2.5. Alle emissioni di COV ai quali, successivamente al 12 marzo 2004, sono assegnate etichette con una delle indicazioni di pericolo di cui ai punti 2.1 e 2.3, si applicano, quanto prima, e comunque entro un anno dall'entrata in vigore del provvedimento di attuazione delle relative disposizioni comunitarie, i valori limite di emissione previsti da tali punti. Se il provvedimento di attuazione è anteriore al 31 ottobre 2006 tali valori limite, nei casi previsti dall'articolo 275, commi 8 e 9, si applicano a partire dal 31 ottobre 2007. (1830)

3. Controlli

3.1. Il gestore, in conformità alle prescrizioni dell'autorizzazione e, comunque almeno una volta all'anno, fornisce all'autorità competente i dati di cui al punto 4.1 e tutti gli altri dati che consentano di verificare la conformità dell'impianto o delle attività alle prescrizioni del presente decreto.

3.2. Il gestore installa apparecchiature per la misura e per la registrazione in continuo delle emissioni che, a valle dei dispositivi di abbattimento, presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, superiore a 10 kg/h, al fine di verificarne la conformità ai valori limite per le emissioni convogliate. Se tale flusso di massa è inferiore, il gestore effettua misurazioni continue o periodiche, e, nel caso di misurazioni periodiche, assicura almeno tre letture durante ogni misurazione; anche in tal caso l'autorità competente può comunque, ove lo ritenga necessario, richiedere l'installazione di apparecchiature per la misura e per la registrazione in continuo delle emissioni,

3.3. Per la verifica dei valori limite espressi come concentrazione sono utilizzati i metodi analitici indicati nella parte VI.

3.4. In caso di emissioni che, a valle dei dispositivi di abbattimento, presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, non superiore a 10 kg/h, l'autorità competente può consentire l'installazione di strumenti per la misura e per la registrazione in continuo di parametri significativi ed indicativi del corretto stato di funzionamento dei dispositivi di abbattimento. (1837)

4. Conformità ai valori limite di emissione

4.1. Il gestore dimostra all'autorità competente, ai sensi del punto 3.1, la conformità delle emissioni:

a) ai valori limite di emissione di cui all'articolo 275, comma 2;

b) all'emissione totale annua di cui all'articolo 275, comma 6;

c) alle disposizioni di cui all'articolo 275, comma 12 e 13, ove applicabili.

4.2. Ai fini dell'applicazione del punto 4.1, il gestore effettua, secondo le prescrizioni dell'autorizzazione e secondo i punti 3.2, 3.3. e 3.4, misurazioni di COV continue o periodiche nelle emissioni convogliate ed elabora e aggiorna, con la periodicità prevista dall'autorizzazione, e comunque almeno una volta all'anno, un piano di gestione dei solventi, secondo le indicazioni contenute nella parte V.

4.3. La conformità delle emissioni ai valori limite del paragrafo 2 è verificata sulla base della somma delle concentrazioni di massa dei singoli COV interessati. In tutti gli altri casi, la conformità delle emissioni ai valori limite di cui all'articolo 275, comma 2, ove non altrimenti previsto nella parte III, è verificata sulla base della massa totale di carbonio organico emesso.

4.3-bis. Nel determinare la concentrazione di massa dell'inquinante nell'effluente gassoso non sono presi in considerazione i volumi di gas che possono essere aggiunti, ove tecnicamente giustificato, per scopi di raffreddamento o di diluizione. (1832)

5. Comunicazioni alla Commissione europea. (1836)

5.1 La comunicazione alla Commissione europea prevista dall'art. 29-terdecies, comma 1, e dai relativi decreti di attuazione prevede le seguenti informazioni inerenti agli stabilimenti disciplinati dall'art. 275:

lista degli stabilimenti per i quali sono state applicate le prescrizioni alternative di cui all'allegato III, parte IV, alla parte quinta del decreto legislativo n. 152/2006 (emissioni totali equivalenti a quelle conseguibili applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa, definite emissioni bersaglio), corredata delle seguenti informazioni:

nome del gestore,

indirizzo dello stabilimento,

attività svolta (secondo l'allegato III, parte II, alla parte quinta del decreto legislativo n. 152/2006),

autorizzazione che ha applicato l'emissione bersaglio e autorità che ha rilasciato l'autorizzazione,

descrizione del processo di conseguimento delle emissioni bersaglio che é stato autorizzato e dei risultati ottenuti, negli anni di riferimento, in termini di ottenimento di una riduzione delle emissioni equivalente a quella conseguibile applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa.

lista degli stabilimenti per i quali sono state concesse le deroghe previste dall'art. 275, comma 12 e comma 13, corredata delle seguenti informazioni:

nome del gestore,

indirizzo dello stabilimento,

attività svolta (secondo l'allegato III, parte II, alla parte quinta del decreto legislativo n. 152/2006),

tipo di deroga concessa (comma 12 o comma 13),

autorizzazione che ha concesso la deroga e autorità che ha rilasciato l'autorizzazione,

motivazioni della concessione della deroga.

Parte II

Attività e soglie di consumo di solvente

1. Rivestimento adesivo con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività in cui un adesivo è applicato ad una superficie, ad eccezione dei rivestimenti e dei laminati adesivi nelle attività di stampa.

2. Attività di rivestimento

Qualsiasi attività in cui un film continuo di un rivestimento è applicato in una sola volta o in più volte su:

a) autoveicoli, con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno appartenenti alle categorie definite nel decreto ministeriale 29 marzo 1974, e precisamente:

- autovetture nuove definite come autoveicoli della categoria MI e della categoria NI, nella misura in cui sono trattati nello stesso impianto con gli autoveicoli MI;

- cabine di autocarri, definite come la cabina per il guidatore e tutto l'alloggiamento integrato per l'apparecchiatura tecnica degli autoveicoli delle categorie N2 e N3;

- furgoni e autocarri, definiti come autoveicoli delle categorie NI, N2 e N3, escluse le cabine di autocarri;

- autobus, definiti come autoveicoli delle categorie M2 e M3.

b) rimorchi, con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno, come definiti nelle categorie 01, 02, 03 e 04 nel decreto del Ministro dei trasporti 29 marzo 1974;

c) superfici metalliche e di plastica (comprese le superfici di aeroplani, navi, treni), con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno;

d) superfici di legno, con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno;

e) superfici tessili, di tessuto, di film e di carta, con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno;

f) cuoio, con una soglia di consumo di solvente superiore a 10 tonnellate/anno.

Non è compreso il rivestimento metallico di substrati mediante tecniche di elettroforesi e di spruzzatura chimica. Le fasi di stampa di un substrato inserite in una attività di rivestimento si considerano, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, come parte dell'attività di rivestimento. Le attività di stampa a sé stanti rientrano nel paragrafo 8, nel caso in cui superino le soglie ivi indicate.

3. Verniciatura in continuo di metalli (coil coating) con una soglia di consumo di solvente superiore a 25 tonnellate/anno

Qualsiasi attività per rivestire acciaio in bobine, acciaio inossidabile, acciaio rivestito, leghe di rame o nastro di alluminio con rivestimento filmogeno o rivestimento con lamine in un processo in continuo.

4. Pulitura a secco

Qualsiasi attività industriale o commerciale che utilizza COV in un impianto di pulitura di indumenti, di elementi di arredamento e di prodotti di consumo analoghi, ad eccezione della rimozione manuale di macchie e di chiazze nell'industria tessile e dell'abbigliamento.

5. Fabbricazione di calzature con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di produzione di calzature, o di parti di esse.

6. Fabbricazione di miscele per rivestimenti, vernici, inchiostri e adesivi con una soglia di consumo di solvente superiore a 100 tonnellate/anno. (1822)

La fabbricazione dei prodotti finali sopra indicati e di quelli intermedi se effettuata nello stesso luogo, mediante miscela di pigmenti, di resine e di materiali adesivi con solventi organici o altre basi, comprese attività di dispersione e di dispersione preliminare, di correzione di viscosità e di tinta, nonché operazioni di riempimento del contenitore con il prodotto finale.

7. Fabbricazione di prodotti farmaceutici con una soglia di consumo di solvente superiore a 50 tonnellate/anno.

Sintesi chimica, fermentazione, estrazione, formulazione e finitura di prodotti farmaceutici e, se effettuata nello stesso luogo, la fabbricazione di prodotti intermedi.

8. Stampa

Qualsiasi attività di riproduzione di testi o di immagini nella quale, mediante un supporto dell'immagine, l'inchiostro è trasferito su qualsiasi tipo di superficie, incluse le tecniche correlate di verniciatura, di rivestimento e di laminazione, limitatamente ai seguenti processi, purché il consumo di solvente sia superiore alle soglie indicate:

a) flessografia intesa come un'attività di stampa rilievografica, con un supporto dell'immagine di gomma o di fotopolimeri elastici, in cui la zona stampante si trova al di sopra della zona non stampante, che impiega inchiostri a bassa viscosità che seccano mediante evaporazione. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

b) Offset intesa come un'attività di stampa con sistema a bobina con un supporto dell'immagine in cui la zona stampante e quella non stampante sono sullo stesso piano. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il materiale da stampare non è immesso nella macchina in lamine separate, ma attraverso una bobina. La zona non stampante è trattata in modo da attirare acqua e, quindi, respingere inchiostro. La zona stampante è trattata per assorbire e per trasmettere inchiostro sulla superficie da stampare. L'evaporazione avviene in un forno dove si utilizza aria calda per riscaldare il materiale stampato.

c) Laminazione associata all'attività di stampa intesa come un'attività in cui si opera l'adesione di due o più materiali flessibili per produrre laminati. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

d) Rotocalcografia per pubblicazioni intesa come rotocalcografia per stampare carta destinata a riviste, a opuscoli, a cataloghi o a prodotti simili, usando inchiostri a base di toluene. Soglia di consumo di solvente: >25 tonnellate/anno.

e) Rotocalcografia intesa come un'attività di stampa incavografica nella quale il supporto dell'immagine è un cilindro in cui la zona stampante si trova al di sotto della zona non stampante e vengono usati inchiostri liquidi che asciugano mediante evaporazione. Le cellette sono riempite con inchiostro e l'eccesso è rimosso dalla zona non stampante prima che la zona stampante venga a contatto del cilindro ed assorba l'inchiostro dalle cellette. Soglia di consumo di solvente: > 15 tonnellate/anno.

f) Offset dal rotolo intesa come un'attività di stampa con sistema a bobina, nella quale l'inchiostro è trasferito sulla superficie da stampare facendolo passare attraverso un supporto dell'immagine poroso in cui la zona stampante è aperta e quella non stampante è isolata ermeticamente, usando inchiostri liquidi che seccano soltanto mediante evaporazione. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il materiale da stampare non è immesso nella macchina in lamine separate, ma attraverso una bobina.

g) Laccatura intesa come un'attività di applicazione di una vernice o di un rivestimento adesivo ad un materiale flessibile in vista della successiva sigillatura del materiale di imballaggio. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

9. Conversione di gomma con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di miscela, di macinazione, di dosaggio, di calandratura, di estrusione e di vulcanizzazione di gomma naturale o sintetica e ogni operazione ausiliaria per trasformare gomma naturale o sintetica in un prodotto finito.

10. Pulizia di superficie, con una soglia di consumo di solvente superiore a 1 tonnellata/anno nel caso si utilizzino i COV di cui al paragrafo 2 della parte I del presente allegato e superiore a 2 tonnellate/anno negli altri casi.

Qualsiasi attività, a parte la pulitura a secco, che utilizza solventi organici per eliminare la contaminazione dalla superficie di materiali, compresa la sgrassatura, anche effettuata in più fasi anteriori o successive ad altre fasi di lavorazione. È incussa la pulizia della superficie dei prodotti. È esclusa la pulizia dell'attrezzatura.

11. Estrazione di olio vegetale e grasso animale e attività di raffinazione di olio vegetale con una soglia di consumo di solvente superiore a 10 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di estrazione di olio vegetale da semi e da altre sostanze vegetali, la lavorazione di residui secchi per la produzione di mangimi, la depurazione di grassi e di olii vegetali ricavati da semi, da sostanze vegetali o da sostanze animali.

12. Finitura di autoveicoli con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno Qualsiasi attività industriale o commerciale di rivestimento nonché attività associata di sgrassatura riguardante:

a) il rivestimento di autoveicoli, come definiti nel decreto ministeriale 29 marzo 1974, o parti di essi, eseguito a fini di riparazione, di manutenzione o di decorazione al di fuori degli stabilimenti di produzione;

b) il rivestimento originale di autoveicoli come definiti nel decreto del Ministro dei trasporti 29 marzo 1974, o parti di essi, con rivestimenti del tipo usato per la finitura se il trattamento è eseguito al di fuori della linea originale di produzione;

c) il rivestimento di rimorchi, compresi i semirimorchi (categoria 0).

13. Rivestimento di filo per avvolgimento con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno Qualsiasi attività di rivestimento di conduttori metallici usati per avvolgimenti di trasformatori, di motori, e altre apparecchiature simili.

14. Impregnazione del legno con una soglia di consumo di solvente superiore a 25 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di applicazione al legno di antisettici.

15. Stratificazione di legno e plastica con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività in cui si opera l'adesione di legno con legno, di plastica con plastica o di legno con plastica, per produrre laminati.

Parte III

Valori limite di emissione

Tabella 1

  Attività (soglie di consumo di solvente in tonnellate/anno) Soglie di consumo di solvente (tonn/anno) Valori limite per le emissioni convogliate (mgC/Nm3) Valori limite per le emissioni diffuse (% di input di solvente) Valori limite di emissione totale Disposizioni speciali
    ≤25 100 30[1] L'eventuale valore limite di emissione totale si [1] Il residuo di solvente nel prodotto finito non va
1 Stampa offset (>15) >25 20 30[1] determina secondo la procedura indicata nella parte IV considerato parte delle emissioni diffuse
  Rotocalcografia per       L'eventuale valore limite di emissione Per le attività di cui all'articolo 275, commi
2 pubblicazioni (>25)   75 10[1] totale si determina secondo la procedura indicata nella parte IV 8 e 9 si applica un valore limite di emissione diffusa pari al 15% di input di solvente
  Altri tipi di rotocalcografia, ≤25 100 25 L'eventuale valore limite di emissione totale si determina secondo la  
3.1 flessografia, offset dal rotolo, unità di laminazione o laccatura (>15) >25 100 20 procedura indicata nella parte IV  
  offset dal rotolo su       L'eventuale valore limite di emissione  
3.2 tessili/cartone (>30)   100 20 totale si determina secondo la procedura indicata nella parte IV  
          L'eventuale valore limite di [1] Qualora siano utilizzati i
  Pulizia di superficie ≤5 20[2] 15 emissione totale si determina secondo la composti specificati alla parte 1, punti 2.1 e 2.3.
4 [1]. (>1) >5 20[2] 10 procedura indicata nella parte IV [2] Il limite si riferisce alla massa di composti in mg/Nm3, e non al carbonio totale
          L'eventuale valore limite di emissione totale si [1] I gestori che dimostrano all'autorità competente
5 Altri tipi di pulizia di ≤10 75[1] 20[1] determina secondo la procedura indicata nella che il tenore medio di solvente organico di tutti i
  superficie (>2) >10 75[1] 15[1] parte IV materiali da pulizia usati non supera il 30% in peso sono esonerati dall'applicare questi valori
  Rivestimento di       L'eventuale valore limite di emissione totale si [1] Per tale attività la conformità al valore limite
6.1 autoveicoli (>0,5) ≤15 50[1] 25 determina secondo la procedura indicata nella parte IV nel caso di misurazioni continue essere dimostrata sulla base delle medie di 15 minuti
  Rivestimento di          
6.2 autoveicoli (>15) >15     vedi appendice 1  
  Finitura di       L'eventuale valore limite di [1] Per tale attività, la
6.3 autoveicoli (>0,5)   50[1] 25 emissione totale si determina secondo la procedura indicata nella parte IV conformità al valore limite nel caso di misurazioni continue deve essere dimostrata sulla base delle medie di 15 minuti.
            [1] Per gli impianti cheusano tecniche che consentono di riutilizzare i solventi recuperati, il limite di emissione è 150mgC/Nm3
7 Verniciatura in continuo (coil coating) (>25)   50[1] 5[2] L'eventuale valore limite di emissione totale si determina secondo la procedura indicata nella parte IV [2] Per le attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9 si applica un valore limite di emissione diffusa pari al 10% di input di solvente
  Altri rivestimenti, compreso il       L'eventuale valore limite di emissione totale si determina secondo la [1] Il valore limite di emissione concerne l'applicazione del
8 rivestimento di metalli, plastica, ≤15 100 [1] [4] 25[4] procedura indicata nella parte IV rivestimento e i processi di essicazione con emissioni convogliate.
  tessili [5], tessuti, film e carta (>5) >15 50/75 [2] [3] [4] 20 [4]   [2] Il primo valore limite di emissione concerne i processi di essicazione, il secondo i processi di applicazione del rivestimento.
            [3] Per gli impianti di rivestimento di tessili che applicano tecniche che consentono di riutilizzare i solventi recuperati, il limite di emissione applicato ai processi di applicazione del rivestimento e di essiccazione considerati insieme è di 150.
            [4] Le attività di rivestimento le cui emissioni di COV non possono essere convogliate (come la costruzione di navi, la verniciatura di aerei) possono essere esonerate da questi valori, alle condizioni di cui all'articolo 275 comma 13.
            [5] L'offset dal rotolo su tessili ricade nel punto 3.2
            [1] Si applica agli impianti dove il diametro medio del
9 Rivestimento di filo per       10 g/kg [1] filo è ≤0,1 mm.
  avvolgimento (>5)       5 g/kg [2] [2] Si applica a tutti gli altri impianti.
  Rivestimento delle       L'eventuale valore limite di emissione totale si [1] Il limite di emissione si applica ai processi di
10 superfici di legno (>15) ≤25 100 [1] 25 determina secondo la procedura indicata nella parte IV applicazione di rivestimento ed essiccazione aventi emissioni convogliate.
    >25 50 75 [2] 20   [2] Il primo valore concerne i processi di essiccazione e il secondo quelli di applicazione del rivestimento.
            [1] Espressa in massa di
11 Pulitura a secco       20 g/kg [1] [2] solvente emesso per chilogrammo di prodotto pulito e asciugato.
            [2] Il limite di emissione di cui alla parte I, punto 2.3, non si applica a questo settore.
12 Impregnazione del legno (>25)   100 [1] 45 11 kg/m3 [1] Non si applica all'impregnazione con creosoto
  Rivestimento di cuoio         I valori di emissione sono espressi in grami di
13.1 (ad esclusione ≤25     85 g/m2 solvente emesso per m2 di cuoio rivestito durante la
  degli articoli previsti al punto 13.2) (>10) <25     75 g/m2 produzione
  Rivestimento di cuoio per articoli         I valori di emissione totale sono espressi in grammi di solvente emesso per m2 di cuoio rivestito
13.2 di arredamento e piccola pelletteria (es. borse, cinture, portafogli, ecc...) (>10)       150 g/m2 durante la produzione
  Fabbricazione di         I valori limite di emissione totale sono espressi in
14 calzature (>5)       25 g per paio grammi di solvente emesso per paio completo di calzature prodotto.
15 Stratificazione di legno e plastica (>5)       30 g/m2  
16 Rivestimento adesivi ≤15 50 [1] 25 L'eventuale valore limite di emissione totale si [1] Se sono applicare tecniche che consentono il
  (>5) >15 50 [1] 20 determina secondo la procedura indicata nella parte IV riuso del solvente recuperato, il valore limite di emissione negli scarichi gassosi è 150.
  Fabbricazione di miscele ≤1000 150 5 5% di input di consumo massimo teorico di solvente Il valore di emissioni diffuse non comprende il solvente venduto, come parte di una
17 (1824) per rivestimenti, vernici, inchiostri e adesivi (>100) >1000 150 3 3% di input di consumo massimo teorico di solvente miscela per rivestimento, in un contenitore sigillato.
            [1] Se si applicano tecniche che consentono il riuso del
18 (1823) Conversione della gomma (>15)   20 [1] 25 [2] 25% di input di consumo massimo teorico di solvente solvente recuperato, il valore limite di emissione negli scarichi gassosi è 150
            [2] Il valore di emissione diffusa non comprende il solvente venduto, come parte di prodotti o miscele, in un contenitore sigillato.
          Grasso animale [1] L'autorità competente
          1,5 kg/tonn stabilisce, caso per caso,
          Ricino applicando le migliori
          3,0 kg/tonn tecniche disponibili, i valori
  Estrazione       colza limite di emissione totale
  di olio       1,0 kg/tonn da applicare nei casi in cui
  vegetale e       semi di girasole gli impianti utilizzino singole
  grasso       1,0 kg/tonn partite di semi o di sostanze
19 animale e       semi di soia vegetali dello stesso tipo.
  attività di       (frantumazione normale) [2] Si applica a tutti i
  raffinazione       0,8 kg/tonn processi di frazionamento,
  di olio vegetale       semi di soia (fiocchi bianchi) ad esclusione della demucillaginazione
  (>10)       1,2 kg/tonn (eliminazione delle materie
          altri semi e altre sostanze vegetali gommose dall'olio).
          3 kg/tonn [1] [3] Si applica alla
          1,5 kg/tonn [2] demucillaginazione
          4 kg/tonn [3]  
20 (1823) Fabbricazione di prodotti farmaceutici (>50)   20 [1] 5 [2] [3] 5% di input di consumo massimo teorico di solvente [4] [1] Se si applicano tecniche che consentono il riuso del solvente recuperato, il valore limite di emissione negli scarichi gassosi è 150mg/Nm3
            [2] Il valore limite di emissione diffusa non comprende il solvente venduto come parte di prodotti o miscele in un contenitore sigillato.
            [3] Per le attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9 si applica un valore limite di emissione diffusa pari al 15% di input di solvente
            [4] Per le attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9 si applica un valore limite di emissione totale pari al 15% di consumo massimo teorico di solvente

APPENDICE 1 (1827)

Attività i rivestimento di autoveicoli con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno

1. I valori limite di emissione totale sono, a scelta del gestore, espressi in grammi di solvente emesso per metro quadrato di superficie del prodotto o in chilogrammi di solvente emesso rapportati alla carrozzeria del singolo veicolo.

2. La superficie di ogni prodotto di cui alla tabella sottostante è alternativamente definita come:

- la superficie calcolata sulla base del rivestimento per elettroforesi totale più la superficie di tutte le parti eventualmente aggiunte nelle fasi successive del processo di rivestimento, se rivestite con gli stessi rivestimenti usati per il prodotto in questione, oppure

- la superficie totale del prodotto rivestito nell'impianto.

2.1 La superficie del rivestimento per elettroforesi è calcolata con la formula:

(2 x peso totale della scocca) / (spessore medio della lamiera x densità della lamiera)

Nello stesso modo si calcola la superficie delle altre parti di lamiera rivestite.

2.2 La superficie delle altre parti aggiunte e la superficie totale rivestita nell'impianto sono calcolate tramite la progettazione assistita da calcolatore o altri metodi equivalenti.

3. Nella tabella, il valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione si riferisce a tutte le fasi del processo che si svolgono nello stesso impianto, dal rivestimento mediante elettroforesi o altro processo, sino alle operazioni di lucidatura finale comprese, nonché al solvente utilizzato per pulire l'attrezzatura, compresa la pulitura delle cabine di verniciatura a spruzzo e delle altre attrezzature fisse, sia durante il tempo di produzione che al di fuori di esso.

Il valore limite di emissione totale è espresso come somma della massa totale di composti organici per metro quadro della superficie totale del prodotto trattato o come somma della massa dei composti organici per singola carrozzeria.

Tabella 2

Attività (soglia di consumo di solvente Soglia di produzione (produzione annuale Valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione
in tonnellate/anno) del prodotto rivestito)   Attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9
Rivestimento di > 5000 45g/m2 o 60g/m2 o
autovetture nuove   1,3 1,9 kg/carrozzeria
(>15)   kg/carrozzeria + + 41 g/m2
    33 g/ m2  
  ≤ 5000 90 g/m2 o 90 g/m2 o
  monoscocche o 1,5 1,5 kg/carrozzeria
  > 3500 telai kg/carrozzeria + + 70 g/m2
    70 g/m2  
Rivestimento di ≤ 5000 65 g/m2 85 g/m2
cabine di autocarri > 5000 55 g/m2 75 g/m2
nuovi (>15)      
Rivestimento di ≤ 2500 90 g/m2 120 g/m2
furgoni, autocarri e > 2500 70 g/m2 90 g/m2
rimorchi nuovi (>15)      
Rivestimento di ≤ 2000 210 g/m2 290 g/m2
autobus nuovi (>15) > 2000 150 g/m2 225 g/m2

Gli impianti di rivestimento di autoveicoli con soglie di consumo di solvente inferiori ai valori della tabella 2 devono rispettare i requisiti di cui al punto 6.1 della tabella 1.

Parte IV

Prescrizioni alternative alla Parte III

1. Principi (1833)

La presente parte è riferita alle attività per cui non sono individuati nella parte III specifici valori di emissione totale. Sulla base dei paragrafi che seguono il gestore ha la possibilità di conseguire, a partire da uno scenario emissivo di riferimento, con mezzi diversi, emissioni totali equivalenti a quelle conseguibili applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa. Tali emissioni totali equivalenti si definiscono emissioni bersaglio.

La presente parte si applica altresì alle attività di cui all'articolo 275, comma 13. Per scenario emissivo di riferimento si intende il livello di emissioni totali dell'attività che corrisponde il più fedelmente possibile a quello che si avrebbe in assenza di interventi e di impianti di abbattimento e con l'uso di materie prime ad alto contenuto di solvente, in funzione della potenzialità di prodotto per cui l'attività è progettata.

2. Procedura

2.1. Per le attività di cui alla seguente tabella per le quali può essere ipotizzato un tenore costante di materia solida nelle materie prime, le emissioni bersaglio e lo scenario emissivo di riferimento possono essere individuati secondo il metodo descritto al punto 2.2. Qualora tale metodo risulti inadeguato e in tutti i casi in cui non sia previsto uno specifico fattore di moltiplicazione, l'autorità competente può autorizzare il gestore ad applicare qualsiasi metodo alternativo che soddisfi i principi di cui al paragrafo 1. Al fine di conseguire l'emissione bersaglio, il progetto o la domanda di autorizzazione prevedono la diminuzione del tenore medio di solvente nelle materie prime utilizzate e una maggiore efficienza nell'uso delle materie solide.

2.2 Ai fini di quanto previsto nel punto 2.1, per ciascun anno, si applica un metodo articolato nelle seguenti fasi:

a) calcolo della massa totale annua di materia solida nella quantità di rivestimento, di inchiostro, di vernice o di adesivo in funzione della potenzialità di prodotto per cui l'attività è progettata. Per materia solida si intendono tutte le sostanze contenute nelle vernici, negli inchiostri e negli adesivi che diventano solide dopo l'evaporazione dell'acqua o dei COV.

b) moltiplicazione della massa calcolata ai sensi della lettera a) per l'opportuno fattore elencato nella tabella seguente. Si ottiene in tal modo l'emissione annua di riferimento. Le autorità competenti possono modificare tali fattori per singole attività sulla base del provato aumento di efficienza nell'uso di materia solida e sulla base delle caratteristiche del processo e della tipologia di manufatti oggetto della produzione.

Attività Fattore di moltiplicazione da usare
Rotocalcografia, flessografia;  
Laminazione associata all'attività di stampa;  
Laccatura associata all'attività di stampa; 4
Rivestimento del legno;  
Rivestimento di tessili, tessuti o carta;  
Rivestimento adesivo  
Verniciatura in continuo (coil coating),  
Finitura di autoveicoli 3
Rivestimento a contatto di prodotti alimentari  
Rivestimenti aerospaziali 2,33
Altri rivestimenti e offset dal rotolo 1,5

c) determinazione dell'emissione bersaglio attraverso la moltiplicazione dell'emissione annua di riferimento per una percentuale pari:

- al valore di emissione diffusa + 15, per le attività che rientrano nei punti 6.1 e 6.3 e nella fascia di soglia inferiore dei punti 8 e 10 della parte III;

- al valore di emissione diffusa + 5, per tutte le altre attività.

[3. Adeguamento degli impianti e delle attività (1834)

In caso di applicazione dei paragrafi che precedono, l'adeguamento degli impianti e delle attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9 è effettuato in due fasi in conformità alla seguente tabella:

Date di applicazione Emissioni totali annue autorizzate
al 31.10.2005 emissione bersaglio * 1,5
al 31.10.2007 emissione bersaglio]

Parte V

Piano di gestione dei solventi

1. Principi

1.1. Il piano di gestione dei solventi è elaborato dal gestore, con la periodicità prevista nell'autorizzazione e, comunque, almeno una volta all'anno, ai fini previsti dalla parte I, paragrafo 4, ed al fine di individuare le future opzioni di riduzione e di consentire all'autorità competente di mettere a disposizione del pubblico le informazioni di cui all'articolo 281, comma 6.

1.2. Per valutare la conformità ai requisiti dell'articolo 275, comma 15, il piano di gestione dei solventi deve essere elaborato per determinare le emissioni totali di tutte le attività interessate; questo valore deve essere poi comparato con le emissioni totali che si sarebbero avute se fossero stati rispettati, per ogni singola attività, i requisiti di cui all'articolo 275, comma 2.

2. Definizioni

Ai fini del calcolo del bilancio di massa necessario per l'elaborazione del piano di gestione dei solventi si applicano le seguenti definizioni. Per il calcolo di tale bilancio tutte le grandezze devono essere espresse nella stessa unità di massa.

a) Input di solventi organici [I]:

I1. La quantità di solventi organici o la loro quantità nelle miscele acquistati che sono immessi nel processo nell'arco di tempo in cui viene calcolato il bilancio di massa. (1825)

I2. La quantità di solventi organici o la loro quantità nelle miscele recuperati e reimmessi come solvente nel processo (il solvente riutilizzato è registrato ogni qualvolta sia usato per svolgere l'attività). (1825)

b) Output di solventi organici [O]:

O1. Emissioni negli effluenti gassosi.

O2. La quantità di solventi organici scaricati nell'acqua, tenendo conto, se del caso, del trattamento delle acque reflue nel calcolare O5.

O3. La quantità di solventi organici che rimane come contaminante o residuo nei prodotti all'uscita del processo.

O4. Emissioni diffuse di solventi organici nell'aria. È inclusa la ventilazione generale dei locali nei quali l'aria e scaricata all'esterno attraverso finestre, porte, sfiati e aperture simili.

O5. La quantità di solventi organici e composti organici persi a causa di reazioni chimiche o fisiche (inclusi ad esempio quelli distrutti mediante incenerimento o altri trattamenti degli effluenti gassosi o delle acque reflue, o catturati ad esempio mediante adsorbimento, se non sono stati considerati ai sensi dei punti O6, O7 o O8).

O6. La quantità di solventi organici contenuti nei rifiuti raccolti.

O7. La quantità di solventi organici da soli o solventi organici contenuti in miscele che sono o saranno venduti come prodotto avente i requisiti richiesti per il relativo commercio. (1826)

O8. La quantità di solventi organici contenuti nelle miscele recuperati per riuso, ma non per riutilizzo nel processo, se non sono stati considerati ai sensi del punto 07. (1825)

O9. La quantità di solventi organici scaricati in altro modo.

3. Formule di calcolo a)

L'emissione diffusa è calcolata secondo la seguente formula:

F = I1 - O1 - O5 - O6 - O7 - O8 oppure

F = O2 + O3 + O4 + O9

Questo parametro può essere determinato mediante misurazioni dirette delle quantità. Alternativamente, si può effettuare un calcolo equivalente con altri mezzi, ad esempio utilizzando l'efficienza di captazione del processo. La determinazione delle emissioni diffuse può essere effettuata mediante una serie completa di misurazioni e non deve essere ripetuta sino all'eventuale modifica dell'impianto.

b) Le emissioni totali [E] sono calcolate con la formula seguente:

E = F + O1

dove F è l'emissione diffusa quale definita sopra. Per valutare la conformità al valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione in riferimento a taluni parametri specifici, stabilito nell'autorizzazione, il valore [E] è riferito al pertinente parametro specifico.

c) Il consumo ove applicabile si calcola secondo la formula seguente:

C = I1 - O8

d) L'input per la verifica del limite per le emissioni diffuse o per altri scopi si calcola con la seguente formula:

I = I1 + 12

Parte VI

Metodi di campionamento ed analisi per le emissioni convogliate

1. Ai fini della valutazione della conformità dei valori di emissione misurati ai valori limite per le emissioni convogliate si applicano i metodi di misura indicati nella tabella seguente:

Parametro o inquinante Metodo
Velocità e portata UNI 10169
COV (Singoli composti) UNI EN 13649
COV (Concentrazione < 20 mg m-3) UNI EN 12619
COV (Concentrazione ≥20 mg m-3 UNI EN 13526

Parte VII

SEZIONE 1

Modello di domanda di autorizzazione per la costruzione e la modifica degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco i tessuti e i pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

Alla Regione (o alla diversa autorità competente individuata dalla normativa regionale) ..................

Via .................

n° ....................

e p. c. Al Sindaco del Comune di ................

All'A.R.P.A. Dipartimento di .................

Via ....................

n° ....................

Oggetto: Domanda di autorizzazione in via generale per impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

Il sottoscritto ........................................................ nato a ........................... il ............./............../............. residente a ................... in via/corso ............................ n ....................... in qualità di legale rappresentante dell'impresa [1] [ ] o dell'ente [1] [ ] .............. con sede legale in via/corso ......................... n .............. nel comune di ........................ CAP ................... in provincia di ............ e con telefono n° ................. fax n° ................. partita IVA ...................... codice fiscale ................... iscrizione camera di commercio n° .......... codice ISTAT attività ........... addetti n° .................. [1] [ ] classificata industria insalubre di classe ........................... [1] [ ] non classificata industria insalubre.

chiede l'AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE per:

[1] [ ] installare un nuovo impianto in via/corso .................................. n .................. nel comune di ............................... CAP .................... in provincia di ...................... telefono n° ........................

[1] [ ] modificare un impianto sito in via/corso ....................................... n ......... nel comune di ......................... CAP ................. in provincia di .......................... telefono n° ..................

[1] [ ] trasferire un impianto da via/corso ....................... n ................. nel comune di .................. CAP .............. in provincia di ........................ telefono n° ....................... costituito/a da n ............. macchine di lavaggio a ciclo chiuso a via/corso ......................... n ............ nel comune di ....................... CAP ....................... in provincia di ............... telefono n° ...................

L'impianto è costituito/a da n ................ macchine di lavaggio a ciclo chiuso aventi le caratteristiche descritte nella seguente tabella:

N° e modello della macchina Volume del tamburo [m3] Tipo di solvente utilizzato Quantità annua massima di solvente utilizzato [kg] Quantità annua massima di prodotto pulito e asciugato [kg]
         
         
         
         
         
         

e si impegna

a rispettare i requisiti tecnico costruttivi e gestionali nonché le prescrizioni previsti dalla vigente normativa di attuazione della direttiva 1999/ 13/CE

Allega la planimetria generale dell'impianto, in scala adeguata, nella quale è indicata la collocazione delle macchine utilizzate, nonché le schede di sicurezza dei solventi utilizzati

Data ................. / ................. / ....................

IL LEGALE RAPPRESENTANTE

..............................................

[1] indicare con una X la voce pertinente alla richiesta di autorizzazione.

Sezione 2

Modello di domanda di autorizzazione per la continuazione dell'esercizio degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco i tessuti e i pellami, escluse le pellicce, e elle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

Alla Regione (o alla diversa autorità competente individuata dalla normativa regionale) .................................

Via .............................................. n ................

ep. c. Al Sindaco del Comune di ...........................

All'A.R.P.A. Dipartimento di ....................................... Via ............................................. n ..............

Oggetto: Domanda di autorizzazione in via generale per impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

Il sottoscritto ................................................................ nato a .......................................... il .......... / ......... / ........ residente a ....................................... in via/corso ....................................................................... n ................. in qualità di legale rappresentante dell'impresa [1] [ ] o dell'ente [1] [ ] ....................................... con sede legale in via/corso ............................... n .........nel comune di ....................... CAP .................. in provincia di ......................... e con telefono n° ....................... fax n° ........................ partita IVA .......................................... codice fiscale ............................ iscrizione camera di commercio n° ...................... codice ISTAT attività ........................... addetti n° ..................................... [1] [ ] classificata industria insalubre di classe ................................. [1] [ ] non classificata industria insalubre.

chiede l'AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE

per continuare ad esercire l'impianto a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, o la pulitintolavanderia a ciclo chiuso, ubicato/a ........................................................... in via/corso ............................................................. n ...................... nel comune di ......................................... CAP ........................... in provincia di .......................... telefono n° .................................... costituito/a da n ................. macchine di lavaggio a ciclo chiuso ed esistente al 12 marzo 2004 aventi le caratteristiche descritte nella seguente tabella:

N° e modello della macchina Volume del tamburo [m3] Tipo di solvente utilizzato Quantità annua massima di solvente utilizzato [kg] Quantità annua massima di prodotto pulito e asciugato [kg]
         
         
         
         
         
         

e si impegna

a rispettare i requisiti tecnico costruttivi e gestionali nonché le seguenti prescrizioni previsti dalla vigente normativa di attuazione della direttiva 1999/13/CE.

Allega la planimetria generale dell'impianto, in scala adeguata, nella quale è indicata la collocazione delle macchine utilizzate, nonché le schede di sicurezza dei solventi utilizzati

Data ........ / ........ / .........

IL LEGALE RAPPRESENTANTE

..........................................................

[1] indicare con una X la voce pertinente alla richiesta di autorizzazione.

APPENDICE

Requisiti tecnico costruttivi e gestionali per gli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco i tessuti e pellami, escluse le pellicce, e per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso

1. Caratteristiche tecnico-costruttive degli impianti

Negli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e pellami, escluse le pellicce, e nelle pulitintolavanderie a ciclo chiuso possono essere utilizzati solventi organici o solventi organici clorurati con l'esclusione delle sostanze di cui alla legge 28 dicembre 1993 n. 549 e delle sostanze o preparati classificati ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61.

Tali impianti lavorano secondo cicli di lavaggio che comprendono le seguenti fasi:

- lavaggio

- centrifugazione

- asciugatura

- deodorizzazione

- distillazione e recupero solvente

Tutte le fasi sono svolte in una macchina ermetica la cui unica emissione di solvente nell'aria può avvenire al momento dell'apertura dell'oblò al termine del ciclo di lavaggio.

Gli impianti sono dotati di un ciclo frigorifero in grado di fornire le frigorie necessarie per avere la massima condensazione del solvente (per il percloroetilene, temperature inferiori a -10 °C), in modo da ridurre al minimo le emissioni di solvente.

Gli impianti devono avere una emissione di solvente inferiore ai 20 g di solvente per ogni kg di prodotto pulito e asciugato.

2. Prescrizioni relative all'installazione e all'esercizio:

a) L'esercizio e la manutenzione degli impianti devono essere tali da garantire le condizioni operative e il rispetto del limite di emissione indicati al paragrafo 1.

b) Qualunque anomalia di funzionamento dell'impianto tale da non permettere il rispetto delle condizioni operative fissate comporta la sospensione della lavorazione per il tempo necessario alla rimessa in efficienza dell'impianto stesso.

c) Il gestore che ha installato, modificato o trasferito una o più impianti deve comunicare, con almeno 15 giorni di anticipo, all'autorità competente, al sindaco e al Dipartimento provinciale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente, la data in cui intende dare inizio alla messa in esercizio degli impianti. Il termine per la messa a regime dell'impianto è stabilito in 30 giorni a partire dalla data di inizio della messa in esercizio.

d) Al fine di dimostrare la conformità dell'impianto al valore limite di emissione ed elaborare annualmente il piano di gestione dei solventi di cui alla parte V, il gestore deve registrare per ciascuna macchina lavasecco installata:

- il quantitativo di solvente presente nella macchina all'inizio dell'anno solare considerato, in kg (A)

- la data di carico o di reintegro e il quantitativo di solvente caricato o reintegrato, in kg (B)

- giornalmente, il quantitativo di prodotto pulito e asciugato, in kg (C), ovvero il numero di cicli di lavaggio effettuati e il carico/ciclo massimo della macchina in kg

- la data di smaltimento e il contenuto di solvente presente nei rifiuti smaltiti, in kg (D)

- il quantitativo di solvente presente nella macchina al termine dell'anno solare considerato, in kg (E)

e) Annualmente deve essere elaborato il piano di gestione dei solventi verificando che la massa di solvente emesso per chilogrammo di prodotto pulito o asciugato sia inferiore a 20g/kg, ovvero che:

(A+ΣB-ΣD-E)/ (ΣC) < 0,020

dove Σ indica la sommatoria di tutte le registrazioni effettuate nell'anno solare considerato

f) Il gestore deve conservare nella sede presso cui è localizzato l'impianto, a disposizione dell'autorità competente per il controllo copia della documentazione trasmessa all'autorità competente per aderire alla presente autorizzazione, copia delle registrazioni di cui alla lettera d) e del piano di gestione dei solventi di cui alla lettera e).


(1819) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. a) e b), D.M. 23 marzo 2011.

(1820) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. a), D.M. 23 marzo 2011.

(1821) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. c), D.M. 23 marzo 2011.

(1822) Il punto 6 è stato così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. d), D.M. 23 marzo 2011.

(1823) Punto così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. e), D.M. 23 marzo 2011.

(1824) Punto così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. e) ed f), D.M. 23 marzo 2011.

(1825) Punto così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. g), D.M. 23 marzo 2011.

(1826) Punto così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. h), D.M. 23 marzo 2011.

(1827) Per le modifiche alla presente appendice, vedi l'art. 2, comma 1, lett. i), D.M. 23 marzo 2011.

(1828) Il punto 2.1 è stato sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. l), D.M. 23 marzo 2011, fino al 31 maggio 2015. Successivamente il presente punto 2.1 è stato così sostituito, a decorrere dal 1° giugno 2015, dall'art. 2, comma 1, lett. m), del medesimo D.M. 23 marzo 2011 e dall'art. 28, comma 15, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1829) Per le modifiche al presente punto 2.2, a decorrere dal 1° giugno 2015, vedi l'art. 2, comma 1, lett. n), D.M. 23 marzo 2011.

(1830) Il punto 2.5 è stato così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. o), D.M. 23 marzo 2011, a decorrere dal 1° giugno 2015.

(1831) Il punto 2.3 è stato sostituito dall’ art. 28, comma 15, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. Successivamente il presente punto 2.3 è stato così sostituito dall'art. 28, comma 15, lett. b), del medesimo D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, a decorrere dal 1° giugno 2015.

(1832) Il punto 4.3-bis è stato aggiunto dall’ art. 28, comma 16, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1833) Il punto 1 è stato così modificato dall’ art. 28, comma 17, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1834) Il punto 3 è stato soppresso dall’ art. 28, comma 17, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1835) Vedi, anche, l’ art. 29, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

(1836) Il punto 5 è stato aggiunto dall’ art. 1, comma 7, D.M. 31 maggio 2016.

(1837) Il punto 3.4 è stato così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. bb), L. 20 novembre 2017, n. 167.

 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato IV - Impianti e attività in deroga (1838)

In vigore dal 28 agosto 2020

Parte I

Impianti ed attività di cui all'articolo 272, comma 1

1. Elenco degli impianti e delle attività:

a) Lavorazioni meccaniche dei metalli, con esclusione di attività di verniciatura e trattamento superficiale e smerigliature con consumo complessivo di olio (come tale o come frazione oleosa delle emulsioni) inferiore a 500 kg/anno.

b) Laboratori orafi in cui non è effettuata la fusione di metalli, laboratori odontotecnici, esercizi in cui viene svolta attività estetica, sanitaria e di servizio e cura della persona, officine ed altri laboratori annessi a scuole.

c) Decorazione di piastrelle ceramiche senza procedimento di cottura.

d) Le seguenti lavorazioni tessili:

- preparazione, filatura, tessitura della trama, della catena o della maglia di fibre naturali, artificiali o sintetiche, con eccezione dell'operazione di testurizzazione delle fibre sintetiche e del bruciapelo;

- nobilitazione di fibre, di filati, di tessuti limitatamente alle fasi di purga, lavaggio, candeggio (ad eccezione dei candeggi effettuati con sostanze in grado di liberare cloro e/o suoi composti), tintura e finissaggio a condizione che tutte le citate fasi della nobilitazione siano effettuate nel rispetto delle seguenti condizioni:

1) le operazioni in bagno acquoso devono essere condotte a temperatura inferiore alla temperatura di ebollizione del bagno, oppure, nel caso in cui siano condotte alla temperatura di ebollizione del bagno, ciò deve avvenire senza utilizzazione di acidi, di alcali o di prodotti volatili, organici o inorganici, o, in alternativa, all'interno di macchinari chiusi;

2) le operazioni di asciugamento o essiccazione e i trattamenti con vapore espanso o a bassa pressione devono essere effettuate a temperatura inferiore a 150° e nell'ultimo bagno acquoso applicato alla merce non devono essere stati utilizzati acidi, alcali o prodotti volatili, organici od inorganici.

e) Cucine, esercizi di ristorazione collettiva, mense, rosticcerie e friggitorie.

f) Panetterie, pasticcerie ed affini con un utilizzo complessivo giornaliero di farina non superiore a 300 kg.

g) Stabulari acclusi a laboratori di ricerca e di analisi.

h) Serre.

i) Stirerie.

j) Laboratori fotografici.

k) Autorimesse e officine meccaniche di riparazioni veicoli, escluse quelle in cui si effettuano operazioni di verniciatura.

l) Autolavaggi.

m) Silos per materiali da costruzione ad esclusione di quelli asserviti ad altri impianti, nonché silos per i materiali vegetali. (1839)

n) Macchine per eliografia.

o) Stoccaggio e movimentazione di prodotti petrolchimici ed idrocarburi naturali estratti da giacimento, stoccati e movimentati a ciclo chiuso o protetti da gas inerte.

p) Impianti di trattamento delle acque, escluse le linee di trattamento dei fanghi, fatto salvo quanto previsto dalla lettera p-bis). (1844)

p-bis) Linee di trattamento dei fanghi che operano nell'ambito di impianti di trattamento delle acque reflue con potenzialità inferiore a 10.000 abitanti equivalenti per trattamenti di tipo biologico e inferiore a 10 m3 /h di acque trattate per trattamenti di tipo chimico/fisico; in caso di impianti che prevedono sia un trattamento biologico, sia un trattamento chimico/fisico, devono essere rispettati entrambi i requisiti. (1845)

q) Macchinari a ciclo chiuso di concerie e pelliccerie.

r) Attività di seconde lavorazioni del vetro, successive alle fasi iniziali di fusione, formatura e tempera, ad esclusione di quelle comportanti operazioni di acidatura e satinatura.

s) Forni elettrici a volta fredda destinati alla produzione di vetro.

t) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di frutta, ortaggi, funghi con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di carne con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

v) Molitura di cereali con produzione giornaliera massima non superiore a 500 kg.

v-bis) impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati da imprese agricole o a servizio delle stesse con potenza termica nominale, uguale o inferiore a 1 MW, se alimentati a biomasse o a biodiesel o a gasolio come tale o in emulsione con biodiesel, e uguale o inferiore a 3 MW, se alimentati a metano o a gpl o a biogas. (1840)

w) Lavorazione e conservazione, esclusa surgelazione, di pesce ed altri prodotti alimentari marini con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

x) Lavorazioni manifatturiere alimentari con utilizzo giornaliero di materie prime non superiore a 350 kg.

y) Trasformazioni lattiero-casearie con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

z) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il numero di capi presenti è inferiore a quello indicato, per le diverse categorie di animali, nella seguente tabella. Per allevamento effettuato in ambiente confinato si intende l'allevamento il cui ciclo produttivo prevede il sistematico utilizzo di una struttura coperta per la stabulazione degli animali. (1841)

Categoria animale e tipologia di allevamento N° capi
Vacche specializzate per la produzione di latte (peso vivo medio: 600 kg/capo) Meno di 200
Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 300 kg/capo) Meno di 300
Altre vacche (nutrici e duplice attitudine) Meno di 300
Bovini all’ingrasso (peso vivo medio: 400 kg/capo) Meno di 300
Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 130 kg/capo) Meno di 1.000
Suini: scrofe con suinetti destinati allo svezzamento Meno di 400
Suini: accrescimento/ingrasso Meno di 1.000
Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo) Meno di 2.000
Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 2 kg/capo) Meno di 25.000
Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo) Meno di 30.000
Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo) Meno di 30.000
Altro pollame Meno di 30.000
Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo) Meno di 7.000
Tacchini: femmine (peso vivo medio: 4,5 kg/capo) Meno di 14.000
Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo) Meno di 30.000
Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 3,5 kg/capo) Meno di 40.000
Cunicoli: capi all'ingrasso (peso vivo medio: 1,7 kg/capo) Meno di 24.000
Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo) Meno di 250
Struzzi Meno di 700

aa) Allevamenti effettuati in ambienti non confinati.

bb) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse di cui all'allegato X alla parte quinta del presente decreto, e di potenza termica inferiore a 1 MW, alimentati a gasolio, come tale o in emulsione, o a biodiesel. (1846)

cc) Impianti di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW.

dd) Impianti di combustione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW. (1847)

ee) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate.

ff) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, alimentati a biogas di cui all'allegato X alla parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale inferiore o uguale a 1 MW. (1847)

gg) Gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW. (1847)

hh) Gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW.

ii) Impianti di combustione connessi alle attività di stoccaggio dei prodotti petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW se alimentati a metano o GPL ed inferiore a 1 MW se alimentati a gasolio. (1848)

jj) Laboratori di analisi e ricerca, impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazioni, individuazione di prototipi. (1849)

kk) Dispostivi mobili utilizzati all'interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all'interno di uno stabilimento.

kk-bis) Cantine che trasformano fino a 600 tonnellate l'anno di uva nonché stabilimenti di produzione di aceto o altre bevande fermentate, con una produzione annua di 250 ettolitri per i distillati e di 1.000 ettolitri per gli altri prodotti. Nelle cantine e negli stabilimenti che superano tali soglie sono comunque sempre escluse, indipendentemente dalla produzione annua, le fasi di fermentazione, movimentazione, travaso, addizione, trattamento meccanico, miscelazione, confezionamento e stoccaggio delle materie prime e dei residui effettuate negli stabilimenti di cui alla presente lettera. (1850)

kk-ter) Frantoi di materiali vegetali. (1851)

kk-quater) Attività di stampa «3d» e stampa «ink jet». (1852)

kk-quinquies) Attività di taglio, incisione e marcatura laser su carta o tessuti. (1852)

kk-sexies) turbine a gas e motori a gas esclusivamente usati su piattaforme off-shore, inclusi gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW se alimentati a metano o a GPL, inferiore o uguale a 3 MW se alimentati a biogas (1853).

Parte II

Impianti ed attività di cui all'articolo 272, comma 2

1. Elenco degli impianti e delle attività:

a) Riparazione e verniciatura di carrozzerie di autoveicoli, mezzi e macchine agricole con utilizzo di impianti a ciclo aperto e utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso giornaliero massimo complessivo non superiore a 20 kg.

b) Tipografia, litografia, serigrafia, con utilizzo di prodotti per la stampa (inchiostri, vernici e similari) giornaliero massimo complessivo non superiore a 30 kg.

c) Produzione di prodotti in vetroresine con utilizzo giornaliero massimo complessivo di resina pronta all'uso non superiore a 200 kg.

d) Produzione di articoli in gomma e prodotti delle materie plastiche con utilizzo giornaliero massimo complessivo di materie prime non superiore a 500 kg.

e) Produzione di mobili, oggetti, imballaggi, prodotti semifiniti in materiale a base di legno con utilizzo giornaliero massimo complessivo di materie prime non superiore a 2000 kg.

f) Verniciatura, laccatura, doratura di mobili ed altri oggetti in legno con utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso non superiore a 50 kg/g.

g) Verniciatura di oggetti vari in metalli o vetro con utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso non superiore a 50 kg/g.

h) Panificazione, pasticceria e affini con consumo di farina non superiore a 1500 kg/g.

i) Torrefazione di caffè ed altri prodotti tostati con produzione non superiore a 450 kg/g.

l) Produzione di mastici, pitture, vernici, cere, inchiostri e affini con produzione complessiva non superiore a 500 kg/h.

m) Sgrassaggio superficiale dei metalli con consumo complessivo di solventi non superiore a 10 kg/g.

n) Laboratori orafi con fusione di metalli con meno di venticinque addetti.

o) Anodizzazione, galvanotecnica, fosfatazione di superfici metalliche con consumo di prodotti chimici non superiore a 10 kg/g.

p) Utilizzazione di mastici e colle con consumo complessivo di sostanze collanti non superiore a 100 kg/g.

q) Produzione di sapone e detergenti sintetici prodotti per l'igiene e la profumeria con utilizzo di materie prime non superiori a 200 kg/g.

r) Tempra di metalli con consumo di olio non superiore a 10 kg/g.

s) Produzione di oggetti artistici in ceramica, terracotta o vetro in forni in muffola discontinua con utilizzo nel ciclo produttivo di smalti, colori e affini non superiore a 50 kg/g.

t) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di frutta, ortaggi, funghi con produzione non superiore a 1000 kg/g.

u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di carne con produzione non superiore a 1000 kg/g.

v) Molitura cereali con produzione non superiore a 1500 kg/g.

v-bis) Impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati o a servizio di imprese agricole non ricompresi nella parte I del presente allegato. (1842)

z) Lavorazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di pesce ed altri prodotti alimentari marini con produzione non superiore a 1000 kg/g.

aa) Prodotti in calcestruzzo e gesso in quantità non superiore a 1500 kg/g.

bb) Pressofusione con utilizzo di metalli e leghe in quantità non superiore a 100 kg/g.

cc) Lavorazioni manifatturiere alimentari con utilizzo di materie prime non superiori a 1000 kg/g.

dd) Lavorazioni conciarie con utilizzo di prodotti vernicianti pronti all'uso giornaliero massimo non superiore a 50 kg.

ee) Fonderie di metalli con produzione di oggetti metallici giornaliero massimo non superiore a 100 kg.

ff) Produzione di ceramiche artistiche esclusa la decoratura con utilizzo di materia prima giornaliero massimo non superiore a 3000 kg.

gg) Produzione di carta, cartone e similari con utilizzo di materie prime giornaliero massimo non superiore a 4000 kg.

hh) Saldatura di oggetti e superfici metalliche.

ii) Trasformazioni lattiero-casearie con produzione giornaliera non superiore a 1000 kg.

ll) Impianti termici civili aventi potenza termica nominale non inferiore a 3 MW e inferiore a 10 MW. (1854)

mm) Impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

nn) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il numero di capi potenzialmente presenti è compreso nell'intervallo indicato, per le diverse categorie di animali, nella seguente tabella. Per allevamento effettuato in ambiente confinato si intende l'allevamento il cui ciclo produttivo prevede il sistematico utilizzo di una struttura coperta per la stabulazione degli animali.

Categoria animale e tipologia di allevamento N° capi
Vacche specializzate per la produzione di latte (peso vivo medio: 600 kg/capo) Da 200 a 400
Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 300 kg/capo) Da 300 a 600
Altre vacche (nutrici e duplice attitudine) Da 300 a 600
Bovini all’ingrasso (peso vivo medio: 400 kg/capo) Da 300 a 600
Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 130 kg/capo) Da 1.000 a 2.500
Suini: scrofe con suinetti destinati allo svezzamento Da 400 a 750
Suini: accrescimento/ingrasso Da 1.000 a 2.000
Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo) Da 2.000 a 4.000
Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 2 kg/capo) Da 25.000 a 40.000
Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo) Da 30.000 a 40.000
Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo) Da 30.000 a 40.000
Altro pollame Da 30.000 a 40.000
Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo) Da 7.000 a 40.000
Tacchini: femmine (peso vivo medio: 4,5 kg/capo) Da 14.000 a 40.000
Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo) Da 30.000 a 40.000
Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 3,5 kg/capo) Da 40.000 a 80.000
Cunicoli: capi all'ingrasso (peso vivo medio: 1,7 kg/capo) Da 24.000 a 80.000
Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo) Da 250 a 500
Struzzi Da 700 a 1.500

oo) Lavorazioni meccaniche dei metalli con consumo complessivo di olio (come tale o come frazione oleosa delle emulsioni) uguale o superiore a 500 kg/anno.

oo-bis) Stabilimenti di produzione di vino, aceto o altre bevande fermentate non ricompresi nella parte I del presente allegato. (1843)


(1838) Allegato così sostituito dall'art. 3, comma 28, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1839) Lettera così modificata dall'art. 41-ter, comma 1, lett. a), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

(1840) Lettera inserita dall'art. 41-ter, comma 1, lett. b), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98. Successivamente, la presente lettera è stata così modificata dall’ art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1841) Lettera così modificata dall'art. 41-ter, comma 1, lett. c), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

(1842) Lettera inserita dall'art. 41-ter, comma 2, lett. a), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

(1843) Lettera aggiunta dall'art. 41-ter, comma 2, lett. b), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

(1844) Lettera così sostituita dall’ art. unico, comma 1, D.M. 15 gennaio 2014.

(1845) Lettera inserita dall’ art. unico, comma 1, D.M. 15 gennaio 2014.

(1846) Lettera così modificata dall’ art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1847) Lettera così modificata dall’ art. 4, comma 1, lett. c), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1848) Lettera così modificata dall’ art. 4, comma 1, lett. d), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1849) Lettera così modificata dall’ art. 4, comma 1, lett. e), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1850) Lettera inserita dall'art. 41-ter, comma 1, lett. d), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, e, successivamente, così modificata dall’ art. 4, comma 1, lett. f), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1851) Lettera inserita dall'art. 41-ter, comma 1, lett. d), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, e, successivamente, così sostituita dall’ art. 4, comma 1, lett. g), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1852) Lettera aggiunta dall’ art. 4, comma 1, lett. h), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1853) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 2, lett. a), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1854) Lettera così sostituita dall’ art. 1, comma 2, lett. b), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato V - Polveri e sostanze organiche liquide (1855)

In vigore dal 19 dicembre 2017

Parte I

Emissioni di polveri provenienti da attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti.

1. Disposizioni generali

1.1. Nei casi in cui in uno stabilimento siano prodotti manipolati, trasportati, immagazzinati, caricati e scaricati materiali polverulenti, il gestore deve adottare apposite misure per il contenimento delle emissioni di polveri.

1.2. Nei casi di cui al punto 1.1. l'autorità competente può altresì stabilire specifiche prescrizioni per il contenimento delle emissioni di polveri tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi: - pericolosità delle polveri;

- flusso di massa delle emissioni;

- durata delle emissioni;

- condizioni meteorologiche;

- condizioni dell'ambiente circostante.

2. Produzione e manipolazione di materiali polverulenti.

2.1. I macchinari e i sistemi usati per la preparazione o la produzione (comprendenti, per esempio, la frantumazione, la cernita, la miscelazione, il riscaldamento, il raffreddamento, la pellettizzazione e la bricchettazione) di materiali polverulenti devono essere incapsulati.

2.2. Se l'incapsulamento non può assicurare il contenimento ermetico delle polveri, le emissioni, con particolare riferimento ai punti di introduzione, estrazione e trasferimento dei materiali polverulenti, devono essere convogliate ad un idoneo impianto di abbattimento.

3. Trasporto, carico e scarico dei materiali polverulenti.

3.1. Per il trasporto di materiali polverulenti devono essere utilizzati dispositivi chiusi.

3.2. Se l'utilizzo di dispositivi chiusi non è, in tutto o in parte, possibile, le emissioni polverulenti devono essere convogliate ad un idoneo impianto di abbattimento.

3.3. Per il carico e lo scarico dei materiali polverulenti, ove tecnologicamente possibile, devono essere installati impianti di aspirazione e di abbattimento nei seguenti punti:

- punti fissi, nei quali avviene il prelievo, il trasferimento, lo sgancio con benne, pale caricatrici, attrezzature di trasporto;

- sbocchi di tubazione di caduta delle attrezzature di caricamento;

- attrezzature di ventilazione, operanti come parte integrante di impianti di scarico pneumatici o meccanici;

- canali di scarico per veicoli su strada o rotaie;

- convogliatori aspiranti.

3.4. Se nella movimentazione dei materiali polverulenti non è possibile assicurare il convogliamento delle emissioni di polveri, si deve mantenere, possibilmente in modo automatico, una adeguata altezza di caduta e deve essere assicurata, nei tubi di scarico, la più bassa velocità che è tecnicamente possibile conseguire per l'uscita del materiale trasportato, ad esempio mediante l'utilizzo di deflettori oscillanti.

3.5. Nel caricamento di materiali polverulenti in contenitori da trasporto chiusi, l'aria di spostamento deve essere raccolta e convogliata ad un impianto di abbattimento.

3.6. La copertura delle strade, ove possibile, deve essere realizzata in materiali che ne consentano la regolare pulizia; ove ciò non sia possibile, deve essere presente un adeguato sistema di bagnatura.

3.7 Nel caso di operazioni di carico di silos da autobotte, la tubazione di raccordo, al termine delle operazioni di carico, deve essere svuotata prima di essere scollegata; in alternativa deve essere previsto uno specifico impianto di captazione e trattamento delle polveri residue presenti all'interno della tubazione di raccordo.

4. Stoccaggio di materiali polverulenti.

4.1. L'autorità competente può stabilire specifiche prescrizioni per lo stoccaggio dei materiali polverulenti tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:

- possibilità di stoccaggio in silos;

- possibilità di realizzare una copertura della sommità e di tutti i lati del cumulo di materiali sfusi, incluse tutte le attrezzature ausiliarie;

- possibilità di realizzare una copertura della superficie, per esempio utilizzando stuoie;

- possibilità di stoccaggio su manti erbosi;

- possibilità di costruire terrapieni coperti di verde, piantagioni e barriere frangivento;

- umidificazione costante e sufficiente della superficie del suolo.

5. Materiali polverulenti contenenti specifiche categorie di sostanze.

5.1. Si applica sempre la prescrizione più severa tra quelle previste ai punti precedenti, nel caso in cui i materiali polverulenti contengano sostanze comprese nelle classi riportate nella seguente tabella al di sopra di 50 mg/kg, riferiti al secco:

Classe Indicazione di pericolo
Classe I H340, H350, H360
Classe II H341, H351, H361, H300, H310, H330,

Parte II

Emissioni in forma i gas o vapore derivanti alla lavorazione, trasporto, travaso e stoccaggio di sostanze organiche liquide

1. Pompe.

1.1. Il gestore deve garantire una tenuta efficace delle pompe utilizzate per la movimentazione di sostanze organiche liquide.

1.2 Nei casi previsti dal punto 1.1, ove non possa essere garantita l'efficace tenuta delle pompe, devono essere installati idonei sistemi di aspirazione delle perdite di gas o vapore e sistemi di convogliamento ad impianti di abbattimento.

2. Compressori.

2.1. Il gestore deve effettuare il degasaggio del liquido residuo conseguente all'arresto dei compressori utilizzati per i gas.

3. Raccordi a flangia.

3.1. I raccordi a flangia, con particolare riferimento al caso in cui vi defluiscono miscele, devono essere usati soltanto se garantiscono un buon livello di tenuta.

4. Valvolame.

4.1. Le valvole devono essere rese ermetiche con adeguati sistemi di tenuta.

5. Campionamento.

5.1. I punti in cui si prelevano campioni di sostanze organiche liquide devono essere incapsulati o dotati di dispositivi di bloccaggio, al fine di evitare emissioni durante il prelievo.

5.2. Durante il prelievo dei campioni il prodotto di testa deve essere rimesso in circolo o completamente raccolto.

6. Caricamento.

6.1 Nel caricamento di sostanze organiche liquide devono essere assunte speciali misure per il contenimento delle emissioni, come l'aspirazione e il convogliamento dei gas di scarico in un impianto di abbattimento.


(1855) Allegato così sostituito dall’ art. 4, comma 4, D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato VI - Criteri per i controlli e per il monitoraggio delle emissioni (1857) (1871) (1870)

In vigore dal 28 agosto 2020

1. Definizioni

1.1. Ai fini del presente allegato si intende per:

a) misura diretta: misura effettuata con analizzatori che forniscono un segnale di risposta direttamente proporzionale alla concentrazione dell'inquinante;

b) misura indiretta: misura effettuata con analizzatori che forniscono un segnale di risposta direttamente proporzionale ad un parametro da correlare, tramite ulteriori misure, alle concentrazioni dell'inquinante, come, ad esempio, la misura di trasmittanza o di estinzione effettuata dagli analizzatori di tipo ottico;

c) periodo di osservazione: intervallo temporale a cui si riferisce il limite di emissione da rispettare. Tale periodo, a seconda della norma da applicare, può essere orario, giornaliero, di 48 ore, di sette giorni, di un mese, di un anno. In relazione a ciascun periodo di osservazione, devono essere considerate le ore di normale funzionamento (1856);

d) ore di normale funzionamento (1856): il numero delle ore in cui l'impianto è in funzione, con l'esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi di guasto, salvo diversamente stabilito dal presente decreto, dalle normative adottate ai sensi dell'articolo 271, comma 3, o dall'autorizzazione;

e) valore medio orario o media oraria: media aritmetica delle misure istantanee valide effettuate nel corso di un'ora solare;

f) valore medio giornaliero o media di 24 ore: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati dalle ore 00:00:00 alle ore 23:59:59; (1858)

g) valore di 48 ore o media di 48 ore: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso di 48 ore di normale funzionamento (1856), anche non consecutive;

h) valore medio mensile: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso del mese; per mese, salvo diversamente specificato, si intende il mese di calendario;

i) valore medio annuale: media aritmetica dei valori medi orari rilevati nel corso del periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre successivo;

j) media mensile mobile: valore medio mensile riferito agli ultimi 30 giorni interi, vale a dire alle 24 ore di ogni giorno; le elaborazioni devono essere effettuate al termine di ogni giorno;

k) media mobile di sette giorni: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati durante gli ultimi 7 giorni interi; le elaborazioni devono essere effettuate al termine di ogni giorno;

l) disponibilità dei dati elementari: la percentuale del numero delle misure elementari valide acquisite, relativamente ad un valore medio orario di una misura, rispetto al numero dei valori teoricamente acquisibili nell'arco dell'ora;

m) sistemi di misura estrattivi: sistemi basati sull'estrazione del campione dall'effluente gassoso; l'estrazione avviene direttamente, nel caso dei sistemi ad estrazione diretta, o con diluizione del campione, negli altri casi;

n) sistemi di misura non estrattivi o analizzatori in situ: sistemi basati sulla misura eseguita direttamente su un volume definito di effluente, all'interno del condotto degli effluenti gassosi; tali sistemi possono prevedere la misura lungo un diametro del condotto, e in tal caso sono definiti strumenti in situ lungo percorso o strumenti in situ path, o la misura in un punto o in un tratto molto limitato dell'effluente gassoso, e in tal caso sono definiti strumenti in situ puntuale o strumenti in situ point.

o) calibrazione: procedura di verifica dei segnali di un analizzatore a risposta lineare sullo zero e su un prefissato punto intermedio della scala (span), il quale corrisponde tipicamente all'80% del fondo scala.

2. Metodi di valutazione delle misure effettuate dal gestore dell'impianto e delle misure effettuate dall'autorità competente per il controllo

2.1 Ai fini di una corretta interpretazione dei dati, alle misure di emissione effettuate con metodi discontinui o con metodi continui automatici devono essere associati i valori delle grandezze più significative dell'impianto, atte a caratterizzarne lo stato di funzionamento (ad esempio: produzione di vapore, carico generato, assorbimento elettrico dei filtri di captazione, ecc.).

2.2. Salvo diversamente indicato nel presente decreto, in caso di misure in continuo, le emissioni convogliate si considerano conformi ai valori limite se nessuna delle medie di 24 ore supera i valori limite di emissione e se nessuna delle medie orarie supera i valori limite di emissione di un fattore superiore a 1,25.

2.3. Salvo quanto diversamente previsto dal presente decreto, in caso di misure discontinue, le emissioni convogliate si considerano conformi ai valori limite se, nel corso di una misurazione, la concentrazione, calcolata come media dei valori analitici di almeno tre campioni consecutivi che siano effettuati secondo le prescrizioni dei metodi di campionamento individuati nell'autorizzazione e che siano rappresentativi di almeno un'ora di funzionamento dell'impianto, non supera il valore limite di emissione. Nel caso in cui i metodi di campionamento individuati nell'autorizzazione prevedano, per specifiche sostanze, un periodo minimo di campionamento superiore alle tre ore, è possibile utilizzare un unico campione ai fini della valutazione della conformità delle emissioni ai valori limite. L'autorizzazione può stabilire che, per ciascun prelievo, sia effettuato un numero di campioni o sia individuata una sequenza temporale differente rispetto a quanto previsto dal presente punto 2.3 nei casi in cui, per necessità di natura analitica e per la durata e le caratteristiche del ciclo da cui deriva l'emissione, non sia possibile garantirne l'applicazione. (1859)

2.4. Il sistema di misura in continuo di ciascun inquinante deve assicurare un indice di disponibilità mensile delle medie orarie, come definito al punto 5.5, non inferiore all'80%. Nel caso in cui tale valore non sia raggiunto, il gestore è tenuto a predisporre azioni correttive per migliorare il funzionamento del sistema di misura, dandone comunicazione all'autorità competente per il controllo.

2.5. Il gestore il quale preveda che le misure in continuo di uno o più inquinanti non potranno essere effettuate o registrate per periodi superiori a 48 ore continuative, è tenuto ad informare tempestivamente l'autorità competente per il controllo. In ogni caso in cui, per un determinato periodo, non sia possibile effettuare misure in continuo, laddove queste siano prescritte dall'autorizzazione, il gestore è tenuto, ove tecnicamente ed economicamente possibile, ad attuare forme alternative di controllo delle emissioni basate su misure discontinue, correlazioni con parametri di esercizio o con specifiche caratteristiche delle materie prime utilizzate. Per tali periodi l'autorità competente per il controllo stabilisce, sentito il gestore, le procedure da adottare per la stima delle emissioni. La disposizione data da tale autorità deve essere allegata al registro di cui al punto 2.7.

2.6. I dati misurati o stimati con le modalità di cui al punto 2.5 concorrono ai fini della verifica del rispetto dei valori limite.

2.7. I dati relativi ai controlli analitici discontinui previsti nell'autorizzazione ed ai controlli previsti al punto 2.5 devono essere riportati dal gestore su appositi registri ai quali devono essere allegati i certificati analitici. I registri devono essere tenuti a disposizione dell'autorità competente per il controllo. Uno schema esemplificativo per la redazione dei registri è riportato in appendice 1. Per i medi impianti di combustione il registro è sostituito dall'archiviazione prevista al punto 5-bis.2. (1860)

2.8. Ogni interruzione del normale funzionamento degli impianti di abbattimento (manutenzione ordinaria e straordinaria, guasti, malfunzionamenti, interruzione del funzionamento dell'impianto produttivo) deve essere annotata su un apposito registro. Il registro deve essere tenuto a disposizione dell'autorità competente per il controllo. Uno schema esemplificativo per la redazione del registro è riportato in appendice 2. Per i medi impianti di combustione il registro è sostituito dall'archiviazione prevista al punto 5-bis.2. (1861)

2.9. Ai fini della verifica del rispetto dei valori limite si applicano le procedure di calibrazione degli strumenti di misura stabilite dall'autorità competente per il controllo sentito il gestore. (1862)

3. Requisiti e prescrizioni funzionali dei sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni

3.1. Nella realizzazione e nell'esercizio dei sistemi di rilevamento devono essere perseguiti, per la misura di ogni singolo parametro, elevati livelli di accuratezza e di disponibilità dei dati elementari. Il sistema di rilevamento deve essere realizzato con una configurazione idonea al funzionamento continuo non presidiato in tutte le condizioni ambientali e di processo. Il gestore è tenuto a garantire la qualità dei dati mediante l'adozione di procedure che documentino le modalità e l'avvenuta esecuzione degli interventi manutentivi programmati e straordinari e delle operazioni di calibrazione e taratura della strumentazione di misura. Tali procedure sono stabilite dall'autorità competente per il controllo sentito il gestore e devono, in particolare, prevedere:

a) la verifica periodica, per ogni analizzatore, della risposta strumentale su tutto l'intervallo di misura tramite prove e tarature fuori campo;

b) il controllo e la correzione in campo delle normali derive strumentali o dell'influenza esercitata sulla misura dalla variabilità delle condizioni ambientali;

c) l'esecuzione degli interventi manutentivi periodici per il mantenimento dell'integrità e dell'efficienza del sistema, riguardanti, ad esempio, la sostituzione dei componenti attivi soggetti ad esaurimento, la pulizia di organi filtranti, ecc.;

d) la verifica periodica in campo delle curve di taratura degli analizzatori. In caso di grandi impianti di combustione, cementifici, vetrerie e acciaierie, le procedure di garanzia di qualità dei sistemi di monitoraggio delle emissioni sono soggette alla norma UNI EN 14181. In tali casi non si applica il paragrafo 4 del presente allegato (1863).

3.2. Per ogni strumento devono essere registrate le azioni di manutenzione periodica e straordinaria mediante la redazione di una tabella di riepilogo degli interventi, di cui è riportato uno schema esemplificativo in appendice 3. Per i medi impianti di combustione la registrazione è effettuata nell'ambito dell'archiviazione prevista al punto 5-bis.2. (1864)

3.3. L'idoneità degli analizzatori in continuo deve essere attestata, ai sensi della norma UNI EN 15267, sulla base del procedimento di valutazione standardizzata delle caratteristiche degli strumenti previsto da tale norma tecnica. Resta fermo l'utilizzo degli analizzatori autorizzati, sulla base delle norme all'epoca vigenti, prima dell'entrata in vigore della norma UNI EN 15267:2009. (1865)

3.4. La misura in continuo delle grandezze deve essere realizzata con un sistema che espleti le seguenti funzioni:

- campionamento ed analisi;

- calibrazione;

- acquisizione, validazione, elaborazione automatica dei dati.

Tali funzioni possono essere svolte da sottosistemi a sé stanti, eventualmente comuni a più analizzatori, oppure da una singola apparecchiatura di analisi.

3.5. La sezione di campionamento deve essere posizionata secondo la norma UNI EN 15259. La sezione di campionamento deve essere resa accessibile e agibile, con le necessarie condizioni di sicurezza, per le operazioni di rilevazione. (1866)

3.6. Ogni analizzatore installato deve avere un sistema di calibrazione in campo. Il sistema di calibrazione, ove tecnicamente possibile in relazione al tipo di analizzatore utilizzato, deve essere di tipo automatico e può utilizzare:

- sistemi di riferimento esterni, quali bombole con concentrazioni certificate o calibratori dinamici, oppure, se l'utilizzo dei sistemi di riferimento esterni non è tecnicamente o economicamente possibile,

- sistemi interni agli analizzatori stessi.

3.7. Il sistema per l'acquisizione, la validazione e l'elaborazione dei dati, in aggiunta alle funzioni di cui ai punti seguenti, deve consentire:

- la gestione delle segnalazioni di allarme e delle anomalie provenienti dalle varie apparecchiature;

- la gestione delle operazioni di calibrazione automatica, ove prevista;

- l'elaborazione dei dati e la redazione di tabelle in formato idoneo per il confronto con i valori limite; tali tabelle sono redatte secondo le indicazioni riportate nel punto 5.4.

3.7.1. L'acquisizione dei dati comprende le seguenti funzioni :

- la lettura istantanea, con opportuna frequenza, dei segnali elettrici di risposta degli analizzatori o di altri sensori;

- la traduzione dei segnali elettrici di risposta in valori elementari espressi nelle unità di misura pertinenti alla grandezza misurata;

- la memorizzazione dei segnali validi;

- il rilievo dei segnali di stato delle apparecchiature principali ed ausiliarie necessarie per lo svolgimento delle funzioni precedenti.

Per lo svolgimento di tali funzioni e per le elaborazioni dei segnali acquisiti è ammesso l'intervento dell'operatore, il quale può introdurre nel sistema dati e informazioni. Tali dati e informazioni devono essere archiviati e visualizzati con gli stessi criteri degli altri parametri misurati.

3.7.2. Il sistema di validazione delle misure deve provvedere automaticamente, sulla base di procedure di verifica predefinite, a validare sia i valori elementari acquisiti, sia i valori medi orari calcolati. Le procedure di validazione adottate in relazione al tipo di processo e ad ogni tipo di analizzatore, devono essere stabilite dall'autorità competente per il controllo, sentito il gestore. Per i grandi impianti di combustione, i dati non sono comunque validi se:

- i dati elementari sono stati acquisiti in presenza di segnalazioni di anomalia del sistema di misura tali da rendere inaffidabile la misura stessa;

- i segnali elettrici di risposta dei sensori sono al di fuori di tolleranze predefinite;

- lo scarto tra l'ultimo dato elementare acquisito ed il valore precedente supera una soglia massima che deve essere fissata dall'autorità competente per il controllo;

- il numero di dati elementari validi che hanno concorso al calcolo del valore medio orario è inferiore al 70% del numero dei valori teoricamente acquisibili nell'arco dell'ora;

- il massimo scarto tra le misure elementari non è compreso in un intervallo fissato dall'autorità competente per il controllo;

- il valore medio orario non è compreso in un intervallo fissato dall'autorità competente per il controllo;

3.7.3 Le soglie di validità di cui al punto precedente devono essere fissate in funzione del tipo di processo e del sistema di misura. I valori medi orari archiviati devono essere sempre associati ad un indice di validità che permetta di escludere automaticamente i valori non validi o non significativi dalle elaborazioni successive.

3.7.4. Per preelaborazione dei dati si intende l'insieme delle procedure di calcolo che consentono di definire i valori medi orari espressi nelle unità di misura richieste e riferiti alle condizioni fisiche prescritte, partendo dai valori elementari acquisiti nelle unità di misura pertinenti alla grandezza misurata. Nel caso in cui sia prevista la calibrazione automatica degli analizzatori, la preelaborazione include anche la correzione dei valori misurati sulla base dei risultati dell'ultima calibrazione valida.

3.8. Se la misura di concentrazione è effettuata sui effluenti gassosi umidi e deve essere riportata ad un valore riferito agli effluenti gassosi secchi si applica la seguente formula:

Cs = Cu
    1-Uf

dove:

- Cs è la concentrazione riferita agli effluenti gassosi secchi;

- Cu è la concentrazione riferita agli effluenti gassosi umidi;

- Uf è il contenuto di vapor d'acqua negli effluenti gassosi espresso come rapporto in volume (v/v).

3.8.1. Per i sistemi di misura di tipo estrattivo dotati di apparato di deumidificazione del campione con umidità residua corrispondente all'umidità di saturazione ad una temperatura non superiore a 4 °C, le concentrazioni misurate possono essere considerate come riferite agli effluenti gassosi secchi. In tal caso non è necessaria la correzione di cui al punto precedente.

3.8.2. Ove le caratteristiche del processo produttivo sono tali per cui la percentuale di umidità dipende da parametri noti è ammessa la determinazione del tenore di umidità a mezzo calcolo tramite dati introdotti nel sistema dall'operatore.

3.9. Quando in un processo di produzione è stato verificato che nelle emissioni la concentrazione di NO2 è inferiore o uguale al 5% della concentrazione totale di NOx (NOx= NO + NO2), è consentita la misura del solo monossido di azoto (NO). In tal caso la concentrazione degli ossidi di azoto NOx si ottiene tramite il seguente calcolo: NOx = NO/0,95.

3.10. Ove opportuno può essere adottato un criterio analogo a quello del punto

3.9. per la misura degli ossidi di zolfo (SOx = SO2 + SO3).

4. Tarature e verifiche

4.1. Le verifiche periodiche, di competenza del gestore, consistono nel controllo periodico della risposta su tutto il campo di misura dei singoli analizzatori, da effettuarsi con periodicità almeno annuale. Tale tipo di verifica deve essere effettuata anche dopo interventi manutentivi conseguenti ad un guasto degli analizzatori.

4.2. Nel caso di analizzatori utilizzati nei sistemi estrattivi, la taratura coincide con le operazioni di calibrazione strumentale. La periodicità dipende dalle caratteristiche degli analizzatori e dalle condizioni ambientali di misura e deve essere stabilita dall'autorità competente per il controllo, sentito il gestore.

4.2.1 Nel caso di analizzatori in situ per la misura di gas o di polveri, che forniscono una misura indiretta del valore della concentrazione, la taratura consiste nella determinazione in campo della curva di correlazione tra risposta strumentale ed i valori forniti da un secondo sistema manuale o automatico che rileva la grandezza in esame. In questo caso la curva di taratura è definita con riferimento al volume di effluente gassoso nelle condizioni di pressione, temperatura e percentuale di ossigeno effettivamente presenti nel condotto e senza detrazioni della umidità (cioè in mg/m3 e su tal quale). I valori determinati automaticamente dal sistema in base a tale curva sono riportati, durante la fase di preelaborazione dei dati, alle condizioni di riferimento prescritte. La curva di correlazione si ottiene per interpolazione, da effettuarsi col metodo dei minimi quadrati o con altri criteri statistici, dei valori rilevati attraverso più misure riferite a diverse concentrazioni di inquinante nell'effluente gassoso. Devono essere effettuate almeno tre misure per tre diverse concentrazioni di inquinante.

L'interpolazione può essere di primo grado (lineare) o di secondo grado (parabolica) in funzione del numero delle misure effettuate a diversa concentrazione, del tipo di inquinante misurato e del tipo di processo. Deve essere scelta la curva avente il coefficiente di correlazione più prossimo all'unità.

Le operazioni di taratura sopra descritte devono essere effettuate con periodicità almeno annuale.

4.2.2. La risposta strumentale sullo zero degli analizzatori in situ con misura diretta deve essere verificata nei periodi in cui l'impianto non è in funzione.

4.3. Le verifiche in campo sono le attività destinate all'accertamento della correttezza delle operazioni di misura. Tali attività sono effettuate dall'autorità competente per il controllo o dal gestore sotto la supervisione della stessa.

4.3.1. Per gli analizzatori in situ che forniscono una misura indiretta le verifiche in campo coincidono con le operazioni di taratura indicate nel punto 4.2.

4.3.2 Per le misure di inquinanti gassosi basati su analizzatori in situ con misura diretta e di tipo estrattivo, la verifica in campo consiste nella determinazione dell'indice di accuratezza relativo da effettuare come descritto nel punto 4.4. e con periodicità almeno annuale.

4.4. La verifica di accuratezza di una misura si effettua confrontando le misure rilevate dal sistema in esame con le misure rilevate nello stesso punto o nella stessa zona di campionamento da un altro sistema di misura assunto come riferimento. L'accordo tra i due sistemi si valuta, effettuando almeno tre misure di confronto, tramite l'indice di accuratezza relativo (IAR). Tale indice si calcola, dopo aver determinato i valori assoluti (Xi) delle differenze delle concentrazioni misurate dai due sistemi nelle N prove effettuate, applicando la formula seguente:

IAR = 100* ( 1 - M + Ic )
      Mr  

Dove:

- M è la media aritmetica degli N valori xi

- Mr è la media dei valori delle concentrazioni rilevate dal sistema di riferimento;

- Ic è il valore assoluto dell'intervallo di confidenza calcolato per la media degli N valori xj ossia:

dove:

- N è il numero delle misure effettuate

- S è la deviazione standard dei valori xj cioè:

- tn è la variabile causale t di Student calcolata per un livello di fiducia del 95% e per n gradi di libertà pari a (N - 1). I valori di tn sono riportati nella tabella seguente in funzione di N:

N tn
3 4.303
4 3.182
5 2.776
6 2.571
7 2.447
8 2.365
9 2.306
10 2.262
11 2.229
12 2.201
13 2.179
14 2.160
15 2.145
16 2.131

La correttezza delle operazioni di misura è verificata se l'indice di accuratezza relativo delle due misure è superiore all'80%.

5. Elaborazione, presentazione e valutazione dei risultati

5.1. In fase di preelaborazione dei dati il valore medio orario deve essere invalidato se la disponibilità dei dati elementari è inferiore al 70%.

5.1.1. Salvo diversamente disposto dall'autorizzazione, i valori medi su periodi di osservazione diversi dall'ora sono calcolati, ai fini del confronto con i pertinenti valori limite, a partire dal valore medio orario.

5.1.2. I valori medi orari calcolati sono utilizzabili nelle elaborazioni successive ai fini della verifica dei valori limite se, oltre ad essere validi relativamente alla disponibilità dei dati elementari, si riferiscono ad ore di normale funzionamento (1856). Il sistema di acquisizione o elaborazione dei dati deve essere pertanto in grado di determinare automaticamente, durante il calcolo delle medie per periodi di osservazione superiori all'ora, la validità del valore medio orario. I valori di concentrazione devono essere riportati alle condizioni di riferimento e sono ritenuti validi se sono valide le misure, effettuate contemporaneamente, di tutte le grandezze necessarie alla determinazione di tali valori, fatto salvo quanto previsto dal punto 3.8.2.

5.2. Salvo diversamente disposto nell'autorizzazione, i limiti alle emissioni si intendono riferiti alle concentrazioni mediate sui periodi temporali (medie mobili di 7 giorni, mensili, giornaliere ecc.) indicati, per le diverse tipologie di impianto, nel presente decreto.

5.2.1. Qualora i valori limite di emissione si applichino alle concentrazioni medie giornaliere, allo scadere di ogni giorno devono essere calcolati ed archiviati i valori di concentrazione medi giornalieri secondo quanto indicato al punto 5.1.1. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie riferite al giorno sia inferiore al 70% il valore medio giornaliero è invalidato. In questi casi la verifica del rispetto del limite giornaliero deve essere effettuata con le procedure previste nel punto 5.5.1. Il valore medio giornaliero non deve essere calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento (1856) nel giorno siano inferiori a 6. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio giornaliero. Ove prescritto nell'autorizzazione o richiesto dall'autorità competente per il controllo, nel caso in cui l'autorizzazione stabilisca un valore limite di emissione riferito ad un periodo di osservazione inferiore al mese, allo scadere di ogni giorno devono essere registrati i casi in cui il valore medio giornaliero è risultato superiore al valore limite; tale superamento deve essere espresso come incremento percentuale rispetto al valore limite.

5.2.2. Qualora i valori limite di emissione si applichino alle concentrazioni medie mobili di 7 giorni, allo scadere di ogni giorno devono essere calcolati ed archiviati i valori di concentrazione media degli ultimi sette giorni trascorsi (media mobile di sette giorni). Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie calcolate nei sette giorni sia inferiore al 70% il valore medio è invalidato. La media dei sette giorni non deve essere calcolata nel caso in cui le ore di normale funzionamento (1856) nei sette giorni sono inferiori a 42. In tali casi si ritiene non significativo il valore della media.

5.2.3. Qualora i valori limite di emissione si applichino alle concentrazioni medie mensili, allo scadere di ogni mese civile devono essere calcolati ed archiviati il valore limite relativo al mese trascorso (nel caso di impianti multicombustibile) ed il valore medio di emissione relativo allo stesso periodo. Il valore medio mensile non deve essere calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento (1856) nel mese civile siano inferiori a 144. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio mensile. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nel mese, calcolata secondo quanto indicato al punto 5.5, sia inferiore all'80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non deve essere considerato direttamente utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite mensile deve essere effettuata ai sensi del punto 5.5.1.

5.2.4. Fermo restando quanto stabilito al punto 5.3, per gli impianti di cui all'allegato I, parte IV, sezione 1, il mese, salvo diversa prescrizione autorizzativa, è inteso come una sequenza di 720 ore di normale funzionamento (1856). Il valore medio mensile è la media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso di ognuna delle sequenze consecutive di 720 ore considerate.

5.2.5 I valori medi mensili calcolati ai sensi del punto 5.2.4. sono archiviati e, ove richiesto dall'autorità competente per il controllo, trasmessi alla stessa unitamente ai riferimenti di inizio e fine periodo del calcolo nonché al numero dei dati validi che concorrono al calcolo stesso. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie valide nelle 720 ore considerate sia inferiore all'80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non è considerato direttamente utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite deve essere effettuata con le procedure previste nel punto 5.5.1.

5.3. Per i grandi impianti di combustione, di cui all'allegato II, parte I, paragrafo 3, relativamente agli inquinanti SO2 ed NOx e polveri, allo scadere di ogni mese civile sono calcolati ed archiviati i seguenti valori:

- il valore limite di emissione relativo al mese trascorso, calcolato secondo quanto previsto nello stesso paragrafo;

- il valore medio di emissione relativo allo stesso periodo.

Fermo restando il calcolo delle medie di 48 ore per gli impianti di combustione anteriori al 1988 e anteriori al 2006 e salvo diversa disposizione autorizzativa o data dall'autorità competente per il controllo, il valore medio mensile non viene calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento (1856) nel mese civile siano inferiori a 240. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio mensile. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nel mese calcolate ai sensi del punto 5.5. sia inferiore all'80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non è considerato direttamente utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite mensile è effettuata ai sensi del punto 5.5.1.

5.3.1 II calcolo delle medie di 48 ore si riferisce a sequenze consecutive di 48 ore di normale funzionamento (1856). Ogni media è archiviata allo scadere del periodo a cui il calcolo si riferisce. Contestualmente deve essere calcolato, ai sensi dell'allegato II, parte I, paragrafo 3, e archiviato il valore limite relativo alle stesse 48 ore di normale funzionamento (1856). Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nelle 48 ore considerate sia inferiore al 70% il valore medio non è considerato valido ai fini della verifica del rispetto del limite sulle medie di 48 ore. Allo scadere di ognuno dei periodi di calcolo si provvede ad aggiornare e archiviare l'elenco dei casi in cui le medie di 48 ore hanno superato il 110% del limite corrispondente ed il numero delle medie di 48 ore valide dall'inizio dell'anno. Nel calcolare le percentuali delle medie di 48 ore da sottoporre a verifica si fa riferimento alle medie di 48 ore valide e si approssima il numero risultante per eccesso o per difetto al numero intero più vicino.

5.4. Il gestore è tenuto a conservare e a mettere a disposizione dell'autorità competente per il controllo, per un periodo minimo di cinque anni, salvo diversa disposizione autorizzativa, i dati rilevati ed elaborati secondo quanto previsto ai punti 5.1, 5.2. e 5.3 utilizzando, per l'archiviazione, appositi formati predisposti dall'autorità competente per il controllo, sentito il gestore. Si riporta in appendice 4 un esempio di tale formato relativo ai grandi impianti di combustione. Per i medi impianti di combustione l'archiviazione dei dati è effettuata ai sensi del punto 5-bis.2. (1867)

5.5. L'indice di disponibilità mensile delle medie orarie del singolo inquinante, si calcola nel seguente modo:

Id = 100* NS
  Onf

dove:

- Ns è il numero delle medie orarie valide registrate dal sistema di acquisizione.

- Onf sono le ore di normale funzionamento (1856) dell'impianto nel mese.

Il gestore è tenuto a riportare nella documentazione di cui al punto 5.4 le cause di indisponibilità dei dati.

5.5.1. Qualora l'indice di cui al punto 5.5. sia inferiore all'80%, la verifica del rispetto dei valori limite deve essere effettuata integrando i dati rilevati automaticamente con i dati e le informazioni raccolti in conformità a quanto indicato nei punti 2.5, 2.6 e 2.7.

5-bis. Medi impianti di combustione (1868)

5-bis.1. Ai medi impianti di combustione si applicano, in aggiunta alle disposizioni dei paragrafi 1, 2, 3, 4, e 5, le specifiche disposizioni del presente paragrafo. Se è utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni si applicano, in luogo delle pertinenti disposizioni dei paragrafi 2, 3 e 5, i punti 4 e 5 della sezione 8 della Parte II dell'allegato II alla Parte Quinta ed i valori limite di emissione si considerano rispettati se, nelle ore di normale funzionamento, durante un anno civile:

il 95 per cento di tutti i valori medi orari convalidati non supera il 200 per cento dei pertinenti valori limite di emissione,

nessun valore medio giornaliero convalidato supera il 110 per cento dei pertinenti valori limite di emissione o, in caso di impianti composti esclusivamente da caldaie alimentate a carbone, il 150 per cento dei pertinenti valori limite di emissione,

nessun valore medio mensile convalidato supera i pertinenti valori limite di emissione.

5-bis.2. Il gestore di stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione archivia e conserva, per ciascun medio impianto di combustione, sulla base dello schema previsto all'appendice 4-bis i dati previsti ai punti 2.7, 2.8 e 3.2, i dati di monitoraggio previsti al punto 5.4, le comunicazioni previste al punto 5-bis.3 e gli interventi posti in essere ai sensi dell'articolo 271, commi 14, 20-bis e 20-ter.

5-bis.3. Le comunicazioni delle anomalie o dei guasti tali da non permettere il rispetto di valori limite di emissione e le comunicazioni delle non conformità accertate nel monitoraggio di competenza del gestore, ai sensi dell'articolo 271, commi 14 e 20, sono effettuate secondo il formato stabilito dalla normativa regionale.

5-bis.4. L'autorizzazione o, in caso di impianti di stabilimenti non soggetti ad autorizzazione, l'autorità competente per il controllo può disporre che i dati di monitoraggio e altri dati previsti al punto 5-bis.2 siano soggetti ad invio periodico, anche utilizzando, in caso di sistemi di monitoraggio in continuo, procedure di trasmissione basate su sistemi informatici automatici.

5-bis.5. I dati previsti al punto 5-bis.2 e l'autorizzazione di cui agli articoli 269, 272 o 272-bis, sono messi senza ritardo a disposizione dell'autorità competente per il controllo che ne richieda l'acquisizione. Tali dati, relativi ad un anno civile, sono conservati per almeno i sei anni civili successivi. L'autorità competente per il controllo richiede l'acquisizione dei dati a fini di controllo e quando un cittadino formuli una richiesta di accesso ai dati ivi contenuti.

5-bis.6. Per i medi impianti di combustione multi-combustibili i valori limite di emissione sono misurati nei periodi di normale funzionamento dell'impianto in cui é utilizzato il combustibile o la miscela di combustibili che può determinare il livello più elevato di emissioni.

5-bis.7. Il gestore assicura, nei modi previsti dall'autorizzazione, la misura delle sostanze per cui sono prescritti valori limite di emissione e, anche quando non sia prescritto un valore limite, la misura del monossido di carbonio.

5-bis.8. Se è utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni l'autorizzazione prescrive una verifica almeno annuale mediante misurazioni parallele, svolte con il metodo utilizzato per i controlli dell'autorità competente, e disciplina le modalità per la comunicazione dei risultati della verifica all'autorità competente.

5-bis.9. L'autorizzazione che prevede, per il monitoraggio di competenza del gestore, misure periodiche basate su metodi discontinui, ne prescrive l'esecuzione quantomeno annuale.

5-bis.10. Le misure periodiche del punto 5-bis.9 si effettuano per la prima volta entro quattro mesi dalla più recente tra la data di messa in esercizio dell'impianto e quella di rilascio dell'autorizzazione o di perfezionamento della procedura di adesione alle autorizzazioni generali, relative agli stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione.

5-bis.11. Il presente paragrafo si applica ai medi impianti di combustione esistenti a decorrere dalle date previste all'articolo 273-bis, comma 5. Fino a tali date continuano ad applicarsi le sole disposizioni dei paragrafi 1, 2, 3, 4, e 5.

Appendice 1

Schema esemplificativo dei registri relativi ai controlli discontinui di cui ai punti 2.5 e 2.7

Ragione sociale ..........................................................

Autorizzazione alle emissioni in atmosfera n° ............. del

Sigla dei punti di emissione Origine Data del prelievo Portata (Nm3/h) Inquinanti emessi Concentrazione (mg/Nm3) Flusso di massa (g/h) Valori limite
              mgNm3 g/h
                 
                 
                 
                 

Appendice 2

Schema esemplificativo del registro relativo ai casi di interruzione del normale funzionamento degli impianti di abbattimento (manutenzione ordinaria e straordinaria, guasti, malfunzionamenti, interruzione dell'impianto produttivo) (punto 2.8.)

Ragione sociale ..........................................................

Autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex art .......... n° ............. del

Sigla emissioni Tipologia impianto di abbattimento Motivo interruzione dell'esercizio Data ed ora dell'interruzione Data ed ora del ripristino Durata della fermata in ore
           
           
           
           

Appendice 3

Schema esemplificativo della tabella di riepilogo degli interventi di manutenzione periodica e straordinaria degli strumenti di misura (punto 3.2.)

QUADERNO DI MANUTENZIONE

Stabilimento ...................................

Apprecchio N° .......................

Manutenzione periodica

Tipo di manutenzione ...............................

Ditta che esegue il lavoro

Addetto alle prove

Calendario degli interventi periodici

Data Firma addetto Note
     
     
     
     

Interventi straordinari

Tipo di strumento

Tipo di malfunzionamento

Data

Rilevata da

Intervento N°

Eseguito da

Data

Esito

Descrizione intervento

Firma dell'addetto

Appendice 4

Esempio di formato per l'archiviazione dei dati relativi ai grandi impianti di combustione (punto 5.4).

Tabella dei dati giornalieri

Dati di riferimento:

- numero delle ore di normale funzionamento (1856) nelle 48 ore trascorse (dalle 24 del giorno corrente alle ore 0 del giorno precedente);

- frazione della potenza media generata (elettrica o termica) con i diversi combustibili nel giorno e nelle 48 ore trascorse (proporzione in ragione del calore prodotto dai diversi combustibili);

- tenore di ossigeno di riferimento nelle 48 ore trascorse;

- tenore medio di ossigeno misurato nelle 48 ore trascorse;

Dati per inquinante:

- limiti applicabili nelle 48 ore;

- concentrazione media nelle 48 ore trascorse;

- numero delle medie orarie valide nelle 48 ore trascorse;

Tabella dei dati mensili e di sintesi

La tabella riporta i valori medi mensili di consuntivo e i dati di sintesi per i parametri da valutare su base annuale.

Dati di riferimento:

- numero delle ore di normale funzionamento (1856) nel mese;

- tenore di ossigeno di riferimento (può essere variabile nel caso di impianti multicombustibile);

- tenore medio di ossigeno misurato;

- frazione della potenza generata (elettrica o termica) con i diversi combustibili nel mese.

Dati per inquinante:

- concentrazioni medie mensili rilevate;

- numero delle medie orarie valide rilevate nel mese;

- limiti applicabili nel mese;

- numero delle 48 ore caratterizzate da media valida;

- numero delle medie di 48 ore che nel mese hanno superato il 110% del limite corrispondente.

Tabella dei dati annuali

La tabella riporta il riepilogo di tutti i valori mensili consuntivati ed il consuntivo per inquinante dei dati da valutare su base annuale.

Dati su base annuale:

- numero delle ore di normale funzionamento (1856) nell'anno;

- numero delle 48 ore caratterizzate da media valida ed il calcolo del 5% o del 3% di tale numero (cioè del complemento al 95 e al 97%);

- numero delle medie di 48 ore che nell'anno hanno superato il 110% del limite corrispondente.

Appendice 4-bis (1869)

Schema dei dati da archiviare in caso di medi impianti di combustione (punto 5-bis.2)

- punti di emissione e origine delle relative emissioni;

- indice di disponibilità mensile delle medie orarie;

- numero delle medie orarie valide durante il periodo di mediazione;

- valore limite per ciascun inquinante;

- concentrazioni medie rilevate per ciascun inquinante, con evidenza delle non conformità;

- concentrazioni medie orarie di ciascun inquinante rilevate, con applicazione del tenore di ossigeno di riferimento, durante il periodo di mediazione e correlati valori medi su base oraria rilevati dei seguenti parametri di processo:

- tenore di O2 libero,

- tenore di vapore acqueo,

- temperatura dell'emissione,

- stato di impianto (produttività),

- portata;

- tipo e quantitativo di combustibili utilizzati;

- tipo di impianto di abbattimento delle emissioni e prove del funzionamento effettivo e costante di tale impianto, inclusa la documentazione relativa ad ogni interruzione del normale funzionamento ed alla manutenzione ordinaria e straordinaria;

- dati relativi alle comunicazioni effettuate ai sensi dell'articolo 271, commi 14 e 20;

- dati relativi agli interventi effettuati ai sensi dell'articolo 271, commi 14, 20-bis e 20-ter.


(1856) A norma dell’ art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 i riferimenti alle parole «ore di normale funzionamento», contenute nel presente allegato, ovunque ricorrano, devono intendersi, relativamente ai grandi impianti di combustione, alle parole «ore operative».

(1857) Rubrica così sostituita dall’ art. 4, comma 2, lett. a), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1858) Lettera così modificata dall’ art. 4, comma 2, lett. b), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1859) Il punto 2.3 è stato sostituito dall’ art. 4, comma 2, lett. c), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il paragrafo 2.3 è stato così modificato dall’ art. 1, comma 2, lett. c), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1860) Il punto 2.7 è stato così modificato dall’ art. 4, comma 2, lett. d), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1861) Il punto 2.8 è stato così modificato dall’ art. 4, comma 2, lett. d), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1862) Il punto 2.9 è stato così modificato dall’ art. 4, comma 2, lett. e), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1863) Lettera così modificata dall’ art. 4, comma 2, lett. f), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1864) Il punto 3.2 è stato così modificato dall’ art. 4, comma 2, lett. g), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1865) Il punto 3.3 è stato così sostituito dall’ art. 4, comma 2, lett. h), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1866) Il punto 3.5 è stato così così modificato dall’ art. 4, comma 2, lett. i), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1867) Il punto 5.4 è stato così modificato dall’ art. 4, comma 2, lett. l), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1868) Il paragrafo 5-bis è stato aggiunto dall’ art. 4, comma 2, lett. m), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1869) L’appendice 4-bis è stata aggiunta dall’ art. 4, comma 2, lett. n), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.

(1870) Vedi, anche, l'art. 38-bis, comma 4, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.

(1871) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato VII - Operazioni di deposito della benzina e sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione

In vigore dal 29 aprile 2006

Parte I

1. Definizioni

Ai fini del presente allegato si intende per:

a) vapori: composti aeriformi che evaporano dalla benzina;

b) vapori di ritorno: vapori provenienti da impianti di deposito o da cisterne mobili in fase di caricamento;

c) vapori residui: vapori che rimangono nella cisterna dopo lo scarico di benzina agli impianti di deposito;

d) sistema di recupero dei vapori: l'attrezzatura per il recupero di benzina dai vapori durante le operazioni di caricamento presso i terminali;

e) carro-cisterna: una cisterna mobile costituita da una sovrastruttura che comprende una o più cisterne ed i relativi equipaggiamenti, e da un telaio munito dei propri equipaggiamenti (ruote, sospensioni), destinata al trasporto di benzine su rotaia;

f) nave-cisterna: una cisterna mobile costituite da una nave destinata alla navigazione interna quale definita nel capitolo 1 della direttiva 82/714/CEE del Consiglio, del 4 ottobre 1982, destinata al trasporto di benzine in cisterne;

Parte II

1. Requisiti per gli impianti di deposito di benzina presso i terminali

1.1 Rivestimenti

Le pareti esterne ed i tetti degli impianti di deposito di superficie devono essere dipinti di un colore con riflessione totale del calore radiante pari o superiore al 70%. Il rispetto di tali adempimenti deve essere certificato dal gestore con una dichiarazione in cui si attesti che, per la verniciatura, sono state utilizzate vernici certificate dal fornitore come rispondenti alle norme contenute nell'appendice, applicate secondo regole di buona tecnica.

Detta disposizione non si applica agli impianti di deposito collegati ad un sistema di recupero dei vapori conforme ai requisiti di cui al punto 2.3.

Le operazioni di verniciatura possono essere programmate in modo da essere effettuate come parte dei normali cicli di manutenzione degli impianti di deposito. Il programma delle manutenzioni deve essere conservato dal gestore e reso disponibile su richiesta dell'autorità competente per il controllo.

1.2 Dispositivi per il contenimento dei vapori di benzina

Gli impianti di deposito con tetto galleggiante esterno devono essere dotati di un dispositivo primario di tenuta che copra lo spazio anulare tra la parete del serbatoio e il perimetro esterno del tetto galleggiante, nonché di un dispositivo secondario fissato su quello primario. Tali dispositivi devono essere progettati in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 95% di quello di un serbatoio similare, a tetto fisso, privo di dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori ovvero di un serbatoio a tetto fisso dotato solo di valvola limitatrice di pressione. Il rispetto di tali adempimenti deve essere certificato dal gestore con una dichiarazione in cui si attesti che la progettazione del sistema a doppia tenuta risponde a quanto previsto dal presente punto 1.2, verificato sulla base delle procedure di stima, contenute nella normativa API (American Petroleum Institute) MPMS, Chapter 19, e che tale sistema è stato installato a regola d'arte. A tal fine si utilizza il «Manual of Petroleum Measurement Standards» - capitolo 19 - «Evaporative loss measurement», sezione 1 - «Evaporative loss from fixed - roof tanks» e sezione 2 - «Evaporative loss from floating-rooftanks».

I dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori degli impianti di deposito devono essere sottoposti a manutenzione periodica secondo le modalità previste dalla regola d'arte.

1.3. Sistemi per il recupero dei vapori di benzina

- Gli impianti di deposito presso terminali la cui costruzione è stata autorizzata dopo il 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento dell'autorizzazione, costituiti da serbatoi a tetto fisso, devono essere collegati ad un sistema di recupero dei vapori in conformità ai requisiti di cui al paragrafo 2.

In alternativa, detti depositi devono essere progettati con un tetto galleggiante, interno o esterno, e dotati di dispositivi primari e secondari a tenuta in modo da rispondere ai requisiti relativi alle prestazioni stabiliti dal punto 1.2.

- Gli altri impianti di deposito presso i terminali, costituiti da serbatoi a tetto fisso, devono essere collegati ad un sistema di recupero dei vapori in conformità alle disposizioni contenute nel paragrafo 2. In alternativa, detti depositi devono essere dotati di un tetto galleggiante interno con un dispositivo primario a tenuta progettato in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 90% di quello di un serbatoio similare a tetto fisso privo di dispositivi di controllo dei vapori.

1.4 Ai serbatoi a tetto fisso situati presso i terminali cui è consentito, ai sensi del punto 2.2, il deposito temporaneo dei vapori non si applicano i requisiti relativi ai dispositivi per il contenimento dei vapori di benzina di cui al punto 1.3.

Appendice

Misura del fattore di riflessione delle superfìci dei serbatoi.

Ai fini di quanto prescritto al punto 1.2. per la determinazione del fattore di riflessione delle superfici dei serbatoi, può essere utilizzato uno dei seguenti metodi di misura.

a) Metodo basato sulla misura del fattore di riflessione totale del calore radiante. Per riflessione totale del calore radiante si intende la riflessione dell'energia solare totale incidente, misurata nello spettro compreso fra 0,3 ÷ 2,5 μm di lunghezza d'onda (spettro solare incidente a livello della superficie terrestre).

Specifiche di prova: la procedura di prova per la determinazione del fattore di riflessione di una superficie (ottenuta in laboratorio su provini campione), si basa sulle seguenti norme tecniche di riferimento: ASTM E 903-82 (1) ed ISO 9050 (2). Il fattore di riflessione della superficie deve essere superiore o uguale al 70%.

b) Metodo basato sulla misura del fattore di riflessione totale dell'energia luminosa.

Tale metodo si riferisce alla misura del solo fattore di riflessione totale dell'energia luminosa ed è quindi relativo alla sola parte della radiazione solare contenuta nel campo dello spettro visibile (0,38 ÷ 0,78 μm).

Specifiche di prova: la procedura di prova per la determinazione del fattore di riflessione totale dell'energia luminosa di una superficie (ottenuta su provini campione in laboratorio) si basa sulla normativa di riferimento applicabile UNI 9389 (3) ed ISO 2813 (4).

Il fattore di riflessione della superficie all'energia luminosa deve essere superiore o uguale al 70%.

Nel caso in cui siano presenti serbatoi con superfici di materiale diverso o verniciati con colori diversi il valore medio di riflessione può essere calcolato dagli indici di riflessione (misurati su campioni con uno dei precedenti metodi per i singoli colori), pesati con le estensioni delle relative aree di serbatoio. Il valore medio di riflessione così calcolato deve essere superiore o eguale al 70%.

Riferimenti:

(1) ASTM E 903-82: «Standard test method for solar absorptance, reflectance and trasmittance of materials using integrating spheres».

(2) ISO 9050: «Glass in building. Determination of light trasmittance, direct solar trasmittance, total solar energy trasmittance and ultraviolet trasmittance, and related glazing factors».

(3) UNI 9389: «Misura della riflessione di pellicole di prodotti vernicianti non metallizzanti».

(4) ISO 2813: «Paints and varnishes-Determination of specular gloss of non-metallic paint films at 20°, 60° and 85°».

2. Requisiti per gli impianti di caricamento presso i terminali.

2.1 Attrezzature per il caricamento dal basso

Le torri di caricamento di veicoli-cisterna presenti presso i terminali devono soddisfare le specifiche relative alle attrezzature per il caricamento dal basso previste dal punto 3.2.

2.2. Recupero di vapori

I vapori di ritorno provenienti da una cisterna mobile in fase di caricamento devono essere convogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso un sistema di recupero di vapori. Tale disposizione non si applica alle operazioni di caricamento dall'alto di cisterne mobili che, in accordo con le deroghe previste all'articolo 276, comma 5, non sono conformi alle prescrizioni per il caricamento dal basso stabilite al punto 3.2.

Nei terminali presso i quali negli tre anni civili precedenti l'anno in corso è stata movimentata una quantità di benzina inferiore a 25.000 tonnellate/anno, il deposito temporaneo dei vapori può sostituire il recupero immediato dei vapori presso il terminale. Il serbatoio adibito esclusivamente a tale uso deve essere chiaramente identificato. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale.

Nei terminali in cui la benzina è caricata su navi, può essere adottato un sistema di combustione dei vapori, se ogni altra operazione di recupero dei vapori è pericolosa o tecnicamente impossibile a causa del volume dei vapori di ritorno. I gestori degli impianti di caricamento che producono emissioni in atmosfera provenienti dai sistemi di recupero dei vapori o dalle unità di combustione di vapori devono ottenere l'autorizzazione alle emissioni ai sensi del titolo I del presente decreto.

2.3. Valori limite di emissione, criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione

Agli effluenti gassosi emessi dai sistemi di recupero dei vapori si applica il valore limite di emissione pari a 10 g/Nm3 espressi come media oraria.

Le misurazioni effettuate ai fini della valutazione della conformità delle emissioni ai valori limite devono essere effettuate per un'intera giornata lavorativa (minimo sette ore) in condizioni di normale movimentazione.

Dette misurazioni possono essere continue o discontinue. Le misurazioni discontinue devono essere rilevate almeno quattro volte ogni ora.

L'errore totale di misurazione dovuto alle attrezzature utilizzate, al gas di taratura e al metodo applicato, non deve superare il 10% del valore misurato.

L'apparecchiatura utilizzata deve essere in grado di misurare almeno concentrazioni di 1 g/Nm3.

La precisione della misura deve essere almeno pari al 95% del valore misurato. I controlli di competenza del gestore sono effettuati con periodicità semestrale.

2.4. Misure per la prevenzione di emissioni diffuse

Prima della messa in servizio dei sistemi di recupero dei vapori, il gestore è tenuto effettuare le procedure di prova cui sottoporre le linee di collegamento di vapori di cui al punto 2.2 e ad istituire ed effettuare apposite procedure di controllo periodico secondo quanto indicato nella seguente appendice. È tenuto altresì a seguire le procedure previste nella medesima appendice in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero.

2.5. Perdite accidentali

In caso di perdita accidentale di vapore, le operazioni di caricamento devono essere immediatamente arrestate a livello della torre di caricamento attraverso dispositivi automatici di arresto che devono essere installati sulla torre.

2.6. Operazioni di caricamento di veicoli cisterna dall'alto

Durante le operazioni di caricamento dall'alto di veicoli cisterna che, in accordo con le deroghe previste all'articolo 276, comma 5, non sono conformi alle prescrizioni per il caricamento dal basso stabilite al punto 3.2 l'uscita del braccio di caricamento deve essere mantenuta vicino al fondo della cisterna mobile, per evitare spruzzi di benzina, ed il braccio di carico deve essere dotato di un dispositivo di captazione dei vapori.

Appendice

Procedure di prova cui sottoporre le linee di collegamento di vapore prima della messa in servizio dei sistemi di recupero dei vapori e nel corso della manutenzione periodica e procedure da seguire in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero

a) Prove di tenuta del sistema di trasferimento (1).

Le tubazioni di convogliamelo del vapore devono essere provate, prima della messa in servizio dell'impianto, al fine di verificarne accuratamente la tenuta:

- prima di allacciare le apparecchiature, l'impianto deve essere provato con aria o gas inerte ad una pressione di almeno 100 mbar;

- la durata di prova deve essere di almeno 30 minuti;

- la tenuta deve essere controllata mediante manometro ad acqua od apparecchi di equivalente sensibilità;

- il manometro non deve accusare una caduta di pressione fra le due letture eseguite all'inizio ed al termine del secondo quarto d'ora di prova;

- se si verificano delle perdite, queste devono essere ricercate con l'ausilio di una soluzione saponosa;

- le parti difettose devono essere sostituite e le guarnizioni rifatte;

- non si devono riparare dette parti con mastici, ovvero cianfrinarle;

- una volta eliminate le perdite occorre ripetere la prova di tenuta;

- le prove di tenuta precedenti devono essere ripetute con frequenza triennale;

- se i sistemi sono assemblati con collegamenti fissi (per esempio saldati o cementati), essi devono essere testati su tutto l'assemblaggio, con le stesse modalità di prova sopra descritte

b) Collegamento delle apparecchiature e messa in servizio dell'impianto.

Effettuato il collegamento delle apparecchiature alle parti fisse, ad allacciamento terminato, dovrà essere controllata, mediante soluzione saponosa od altro idoneo equivalente mezzo, la perfetta tenuta dell'impianto, con particolare riguardo ai collegamenti.

c) Avviamento dell'impianto.

Deve essere effettuata una verifica del buon funzionamento delle apparecchiature e degli eventuali dispositivi di sicurezza.

d) Manutenzione periodica.

La manutenzione che il gestore deve assicurare consiste nel frequente controllo dello stato di efficienza delle tubazioni e dei collegamenti, con particolare riguardo per i tubi flessibili e le guarnizioni. Le parti difettose devono essere sostituite. Il monitoraggio in servizio deve comprendere un esame visivo del sistema per verificare eventuali danneggiamenti, disallineamenti o corrosioni del sistema di tubazioni e nei giunti.

Deve essere eseguito un esame visivo delle tubazioni flessibili usate per collegare contenitori mobili al sistema di tubazioni di raccolta del vapore, al fine di individuarne eventuali danneggiamenti.

Gli esami visivi devono essere ripetuti con frequenza almeno trimestrale.

e) Procedure di notifica da seguire in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero dei vapori.

Il gestore, deve informare l'autorità competente, prima di un pianificato spegnimento di un sistema di recupero vapori che comporti una fermata superiore ai tre giorni.

Deve inoltre specificare la data, il periodo previsto ed il motivo dell'arresto.

Nel caso di un arresto non pianificato, il gestore deve informare l'autorità competente della causa dell'arresto, dei provvedimenti attuati al fine di riportare in operazione l'unità e del probabile periodo di non funzionamento. L'autorità competente dispone i provvedimenti necessari ai sensi dell'articolo 271, comma 14.

Il gestore deve adoperarsi per assicurare che il sistema sia riportato in condizioni di operatività il più rapidamente possibile e deve tempestivamente informare l'autorità competente qualora l'arresto si prolunghi per un periodo di tempo superiore a quello originariamente previsto e comunicato all'autorità stessa. Il gestore provvede ad annotare su un apposito registro i periodi di mancata operatività del sistema di recupero dei vapori.

Riferimenti:

(1) UNI 7131- 72: «Impianti a gas di petrolio liquefatti per uso domestico non alimentati da rete di distribuzione».

3. Requisiti per le cisterne mobili e per i veicoli cisterna.

3.1 Contenimento dei vapori di benzina

3.1.1. I vapori residui devono essere trattenuti nella cisterna mobile dopo lo scarico della benzina.

3.1.2. Le cisterne mobili sono progettate e utilizzate in modo che i vapori di ritorno provenienti dagli impianti di deposito situati presso gli impianti di distribuzione o presso i terminali siano raccolti e trattenuti nelle stesse. Il sistema di raccolta deve consentire la tenuta dei vapori durante le operazioni di trasferimento della benzina. Per i carro-cisterna le suddette prescrizioni trovano applicazione solo se gli stessi forniscono la benzina a impianti di distribuzione o la caricano presso i terminali in cui è consentito ai sensi del paragrafo 2, punto 2.2, il deposito temporaneo dei vapori.

3.1.3. Salva l'emissione attraverso le valvole di sfiato previste dalla vigente normativa, i vapori menzionati ai punti 3.1.1. e 3.1.2. sono trattenuti nella cisterna mobile sino alla successiva operazione di caricamento presso il terminale.

3.1.4. Le cisterne montate su veicoli-cisterna devono essere sottoposte a verifiche triennali della tenuta della pressione dei vapori e del corretto funzionamento delle valvole di sfiato.

3.2. Specifiche per il caricamento dal basso, la raccolta dei vapori e la protezione contro il troppo pieno nei veicoli cisterna.

3.2.1. Accoppiatori.

a) L'accoppiatore per i liquidi sul braccio di caricamento deve essere un accoppiatore femmina, cui corrisponde un adattatore maschio API di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sul veicolo-cisterna, quale definito dalla: API RECOMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 - Bottom Loading and Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor Vehicles (Section 2.1.1.1 - Type of Adapter used for Bottom Loading).

b) L'accoppiatore per la raccolta dei vapori sul tubo di raccolta dei vapori della torre di caricamento deve essere un accoppiatore femmina a camma e scanalatura cui corrisponde un adattatore maschio a camma e scanalatura di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sul veicolo-cisterna, quale definito dalla: «API RECOMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 - Bottom Loading and Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor. Vehicles (Section 4.1.1.2 - Vapour Recovery Adapter)».

3.2.2. Condizioni di caricamento.

a) Il caricamento normale per i liquidi è di 2.300 litri al minuto (massimo: 2.500 litri al minuto) per braccio di caricamento.

b) Quando il terminale lavora a regime massimo, il sistema di raccolta dei vapori della torre di caricamento, ivi compreso il sistema di recupero dei vapori, può generare una contropressione massima di 55 millibar sul lato del veicolo-cisterna dov'è posizionato l'adattatore per la raccolta dei vapori.

c) Tutte le cisterne montate su veicoli, idonee al caricamento dal basso sono munite di una targa di identificazione che specifica il numero massimo di bracci di caricamento che possono operare simultaneamente purché, in corrispondenza della contropressione massima dell'impianto di cui alla lettera b), non fuoriescano vapori dai compartimenti e dalle valvole.

3.2.3. Collegamento della messa a terra e del rivelatore di dispersione/troppopieno del veicolo-cisterna.

a) La torre di caricamento deve essere munita di un rivelatore di troppopieno che, collegato al veicolo-cisterna, emette un segnale di consenso all'operazione con logica di interruzione in caso di guasto o malfunzionamento. Il caricamento è consentito ai sensi del punto 2.2., se nessun sensore di troppopieno nei vari compartimenti rileva un livello elevato.

b) Il veicolo-cisterna deve essere collegato al rilevatore collocato sulla torre di caricamento con un connettore elettrico industriale standard a 10 conduttori. Il connettore maschio deve essere montato sul veicolo-cisterna, mentre il connettore femmina deve essere fissato ad un cavo volante raccordato al rilevatore posizionato sulla torre.

c) I rilevatori del livello installati sul veicolo-cisterna devono essere termistori a due fili, sensori ottici a due fili, sensori ottici a cinque fili o dispositivi equivalenti compatibili, purché il sistema sia tale da disporsi automaticamente in condizioni di sicurezza in caso di guasto. I termistori devono avere un coefficiente negativo di temperatura.

d) Il rilevatore collocato sulla torre di caricamento deve essere compatibile con i sistemi a due o a cinque fili montati sul veicolo-cisterna.

e) Il veicolo-cisterna deve essere collegato alla torre di caricamento attraverso il filo comune di terra dei sensori di troppopieno, collegato al conduttore n. 10 del connettore maschio attraverso il telaio del veicolo-cisterna. Il conduttore n. 10 del connettore femmina deve essere collegato al telaio del rilevatore, a sua volta collegato alla terra della torre.

f) Tutte le cisterne idonee al caricamento dal basso sono munite della targa di identificazione di cui al punto 3.2.2, lettera e) che specifica il tipo di sensori per il rilevamento del troppopieno installati (ad esempio, a due o cinque fili).

3.2.4. Posizionamento dei collegamenti.

a) La progettazione delle strutture per il caricamento dei liquidi e la raccolta dei vapori sulla torre di caricamento si basa sul seguente posizionamento dei collegamenti sul veicolo-cisterna:

- L'altezza della linea centrale degli accoppiatori per i liquidi non deve essere superiore a 1,4 metri (senza carico) e inferiore a d 0,5 metri (sotto carico); l'altezza ideale è compresa tra 0,7 e 1 metro.

- La distanza orizzontale tra gli accoppiatori non deve essere inferiore a 0,25 metri; la distanza minima ideale è pari a 0,3 metri.

- Tutti gli accoppiatori per i liquidi sono posizionati in un alloggiamento di lunghezza non superiore a 2,5 metri.

- L'accoppiatore per la raccolta dei vapori, ove tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla sinistra degli accoppiatori per i liquidi, ad un altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico).

b) Il connettore per la messa a terra/troppopieno, ove tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla sinistra degli accoppiatori per i liquidi e per la raccolta dei vapori, ad un'altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico).

c) I collegamenti sopra descritti sono posizionati su un unico lato del veicolo-cisterna.

3.2.5. Blocchi di sicurezza.

a) Messa a terra e dispositivo di troppo pieno.

Il caricamento è consentito soltanto quando il rilevatore combinato di messa a terra/troppopieno emette un segnale di autorizzazione. In caso di troppo pieno o di mancanza di messa a terra del veicolo-cisterna, il rivelatore montato sulla torre deve chiudere la valvola di controllo del caricamento.

b) Rilevatore di raccolta dei vapori. Il caricamento è consentito soltanto se il tubo per il recupero dei vapori è collegato al veicolo-cisterna e i vapori spostati possono liberamente fluire dal veicolo-cisterna al sistema di recupero dei vapori dell'impianto.

4. Requisiti per gli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione e per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori

4.1. I vapori di ritorno durante le operazioni di trasferimento della benzina negli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti devono essere convogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso la cisterna mobile che distribuisce la benzina. Le operazioni di trasferimento possono essere effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano correttamente.

Il gestore dell'impianto di distribuzione deve predisporre idonee procedure per gli autisti dei veicoli-cisterna che dovranno includere istruzioni sul collegamento della tubazione di bilanciamento del vapore prima del trasferimento della benzina all'impianto di distribuzione dei carburanti. Le procedure devono inoltre contenere istruzioni per la fase di distacco delle tubazioni alla fine delle operazioni di trasferimento.

Le operazioni di trasferimento devono essere riportate nel registro di carico e scarico dell'impianto di distribuzione del carburante e controfirmate dal gestore dell'impianto di distribuzione e dall'autista del veicolo-cisterna.

4.2. Nei terminali cui è consentito il deposito temporaneo dei vapori, i vapori spostati durante le operazioni di trasferimento della benzina devono essere riconvogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso la cisterna mobile che distribuisce la benzina. Le operazioni di carico possono essere effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano correttamente.


 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato VIII - Impianti di distribuzione di benzina

In vigore dal 12 giugno 2016

1. Definizioni

Ai fini del presente allegato si intende per:

a) efficienza del sistema di recupero: il rapporto percentuale tra il peso dei vapori di benzina recuperati e il peso degli stessi che risulterebbe rilasciato nell'ambiente in assenza del sistema di recupero;

b) pompa di erogazione macchina idraulica atta all'estrazione della benzina dall'impianto di deposito verso il distributore, ai fini dell'erogazione;

c) rapporto V/L: rapporto tra il volume di vapori di benzina ed aria recuperati (V) e il volume di benzina erogato (L);

d) testata contometrica: dispositivo per l'indicazione e il calcolo delle quantità di benzina erogata, la cui adozione è obbligatoria per distributori inseriti in un impianto di distribuzione dei carburanti in rapporto con il pubblico;

e) pompa del vuoto: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da una macchina idraulica atta a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori di benzina dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito;

f) circolatore idraulico: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un dispositivo atto a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori di benzina dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito;

g) ripartitore: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un dispositivo atto a separare la linea di erogazione del carburante dalla linea di recupero dei vapori, dal quale tali linee si dipartono distintamente;

h) tubazione di erogazione: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un tubo flessibile per l'erogazione della benzina;

i) tubazione coassiale: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un tubo flessibile costituito da due tubi concentrici per il passaggio rispettivamente della benzina erogata e dei vapori recuperati;

l) tubazioni gemellate: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da due tubi flessibili distinti per il passaggio rispettivamente del carburante erogato e dei vapori recuperati;

m) pistola erogatrice: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un apparecchio per il controllo del flusso del carburante durante una operazione di erogazione.

2. Requisiti di efficienza dei sistemi di recupero dei vapori di fase II. (1874)

Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione o il riconvogliamento degli stessi al distributore per la reimmissione in commercio. Ai fini dell'omologazione, l'efficienza del sistema di recupero dei vapori non deve essere inferiore all'85%. In caso di sistemi che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione, il rapporto V/L del sistema deve sempre mantenersi in un intervallo compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi. Il raggiungimento di tale valore di efficienza del sistema di recupero deve essere comprovato da una prova effettuata su prototipo. Per tale certificazione si applicano i paragrafi 2-ter e 2-quinquies.

2-bis. Requisiti di efficienza degli altri sistemi di recupero dei vapori ammessi presso gli impianti di cui all'articolo 277, comma 6. (1884)

Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione. Ai fini dell'omologazione, l'efficienza media del sistema di recupero dei vapori non deve essere inferiore all'80%, raggiunto con un valore medio del rapporto V/L compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi. Il rapporto V/L del sistema deve sempre mantenersi entro tale intervallo. Il raggiungimento di tale valore di efficienza del sistema di recupero deve essere comprovato da una prova effettuata su prototipo. Per tale certificazione si applicano i paragrafi 2-quater e 2-quinquies. Se l'efficienza certificata ai sensi del paragrafo 2-ter è pari o superiore all'85%, con un valore medio del rapporto V/L sempre compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi, il sistema di recupero deve essere comunque considerato di fase II.

2-ter. Certificazione dell'efficienza dei sistemi di recupero dei vapori di fase II. (1885)

L'efficienza dei sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione è determinata in base a quanto disposto dalla norma EN 16321-1.

2-quater. Certificazione dell'efficienza dei sistemi di recupero dei vapori ammessi presso gli impianti di cui all'articolo 277, comma 6. (1884)

Nelle more dell'emanazione di una specifica norma tecnica da parte dei competenti enti di normazione, l'efficienza dei sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione è determinata misurando le perdite di vapori di benzina globali, incluse quelle degli sfiati degli impianti di deposito interrati, attraverso apposite prove effettuate con sistemi di misura che utilizzano il metodo volumetrico-gravimetrico del TÜV Rheinland, ovvero altro metodo equivalente. L'equivalenza del metodo deve risultare da apposite prove.

2-quinquies. Certificazione dell'efficienza dei prototipi. (1884)

La certificazione comprovante l'efficienza del prototipo è rilasciata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI CEI EN ISO/IEC 17025. Per laboratorio accreditato s'intende un laboratorio accreditato da un organismo riconosciuto dall'European Co-operation for accreditation.

2-sexies. Atti di conformità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126. (1884)

Restano fermi, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, gli obblighi relativi alle procedure ed agli atti di conformità previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126.

3. Requisiti costruttivi e di installazione. (1872) (1873)

3.1. Il presente paragrafo si applica, fino all'emanazione di una specifica norma tecnica da parte dei competenti enti di normazione, ai sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione. (1886)

3.1-bis. L'insieme dei dispositivi dei sistemi di recupero dei vapori comprende pistole di erogazione predisposte per il recupero dei vapori, tubazioni flessibili coassiali o gemellate, ripartitori per la separazione della linea dei vapori dalla linea di erogazione della benzina, collegamenti interni ai distributori, linee interrate per il passaggio dei vapori verso i serbatoi, e tutte le apparecchiature e i dispositivi atti a garantire il funzionamento degli impianti in condizioni di sicurezza ed efficienza. (1887)

3.2 I sistemi di recupero dei vapori sono classificati, sulla base del principio di funzionamento, in sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale e sistemi di recupero dei vapori a circolazione forzata, come definiti dai punti 3.3. e 3.4, i quali stabiliscono altresì i requisiti tecnici di carattere generale di tali impianti.

3.3. Sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale. In tali sistemi la pressione esistente nel serbatoio del veicolo e la depressione che si crea nell'impianto di deposito quando si estrae il carburante determinano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito durante il rifornimento, senza l'impiego di pompe a vuoto, aspiratori o altri dispositivi atti a facilitare la circolazione dei vapori.

3.4 Sistemi di recupero dei vapori a circolazione forzata. Tali sistemi prevedono l'impiego di dispositivi che, in aggiunta alla differenza di pressione che si determina tra il serbatoio del veicolo e l'impianto di deposito, facilitano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo all'impianto di deposito durante il rifornimento. In base al tipo di dispositivo impiegato tali sistemi sono classificati in:

a) Sistemi assistiti da pompe. Tali sistemi prevedono l'impiego di una o più pompe del vuoto atte a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori stessi dal serbatoio del veicolo verso gli impianti di deposito. Sulla base del numero e della disposizione delle pompe a vuoto impiegate, tali sistemi vengono classificati in:

- sistemi dedicati. Tali sistemi prevedono l'impiego di almeno una pompa del vuoto installata nel corpo di ciascun distributore, e messa in funzione all'atto dell'erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis. La pompa del vuoto deve essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla mandata e sull'aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui è ubicato.

- sistemi centralizzati. Tali sistemi prevedono l'impiego di un'unica pompa del vuoto centralizzata asservita a più distributori, installata lungo la linea di ritorno dei vapori e messa in funzione all'atto dell'erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis. La pompa del vuoto deve essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla mandata e sull'aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui è ubicato.

b) Sistemi a circolatore idraulico. Tali sistemi prevedono l'impiego di un circolatore idraulico (pompa a getto, aspiratore Venturi o altro dispositivo) al fine di ottenere una depressione atta a facilitare il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo agli impianti di deposito durante la fase del rifornimento. Il circolatore idraulico può essere installato presso il distributore o presso la pompa di erogazione del carburante, e deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis; la mandata del circolatore idraulico deve essere dotata di idoneo dispositivo tagliafiamma. (1875)

3.5 Le pistole erogatrici da impiegarsi nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori devono avere requisiti tali da garantire l'esercizio dell'impianto in condizioni di sicurezza e di efficienza. Esse devono essere provviste di un condotto separato per il passaggio dei vapori, di una valvola di ritegno per mantenere chiuso il circuito dei vapori tra due successive operazioni di erogazione e di idonei dispositivi atti a garantire l'arresto dell'erogazione per serbatoio pieno e per caduta a terra della pistola. Se l'impianto è dotato di sistema di recupero dei vapori di benzina a circolazione naturale le pistole di erogazione devono garantire una tenuta con il bocchettone di carico del serbatoio del veicolo.

3.6 Nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori è consentito l'impiego di tubazioni flessibili coassiali o gemellate. La lunghezza massima di tali tubazioni, esterna al distributore, è pari a 5,00 m.

3.7 Al fine di separare la linea di erogazione del carburante dalla linea di recupero dei vapori è necessario installare un idoneo ripartitore coassiale, dal quale si dipartono distintamente la linea di erogazione del carburante e la linea di recupero dei vapori.

Se il distributore è dotato di tubazioni flessibili coassiali il ripartitore coassiale può essere installato all'interno o all'esterno del corpo del distributore; se il distributore è dotato di tubazioni flessibili gemellate il ripartitore coassiale deve essere installato sulla pistola erogatrice.

3.8 II collegamento tra il distributore e le tubazioni interrate del sistema di recupero dei vapori di benzina può essere costituito da un tronco di tubazione flessibile o rigido.

3.9 Le linee interrate di ritorno dei vapori di benzina, nel tratto compreso tra i distributori e gli impianti di deposito, possono assumere le seguenti configurazioni:

a) linee dedicate (una per ogni distributore), le quali collegano ciascun distributore ad un singolo impianto di deposito;

b) linee centralizzate (a servizio di più distributori), le quali collegano tutti i distributori ad uno o più impianti di deposito per mezzo di una rete comune di tubazioni.

3.10. [Sulla linea di ritorno dei vapori deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento, che segnali visivamente le anomalie del sistema di recupero dei vapori di benzina. In presenza di tali anomalie il gestore è tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti. ] (1876)

3.11. È consentito immettere i vapori recuperati nella parte superiore degli impianti di deposito, senza gorgogliamento. All'ingresso della linea di ritorno dei vapori di ogni serbatoio deve essere inoltre installato un idoneo dispositivo tagliafiamma. Devono essere installati idonei dispositivi al fine di evitare che il carburante rifluisca nella linea di recupero dei vapori in caso di sovrariempimento degli impianti di deposito. Qualora l'impianto di distribuzione di carburanti sia asservito ad un sistema di più impianti di deposito, questi possono essere collegati fra loro in corrispondenza della linea di ritorno dei vapori tramite un collettore comune, a condizione che tutti contengano esclusivamente benzina.

3.12. I requisiti costruttivi delle tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori sono identici a quelli richiesti per le tubazioni per l'adduzione del carburante; i materiali impiegati devono essere compatibili con le caratteristiche fisico-chimiche dei carburanti immagazzinati e devono possedere un'adeguata capacità, robustezza e durata per poter sopportare le pressioni di esercizio, lo stato di tensione strutturale e l'aggressione chimica a cui possono essere sottoposte; devono inoltre assicurare un libero passaggio e nel contempo garantire una bassa resistenza al flusso dei vapori.

3.13. Le tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori devono seguire il percorso effettivo più breve dai distributori agli impianti di deposto, con una pendenza uniforme minima del 2% verso gli impianti di deposito stessi.

3.14. Tutti gli elementi metallici appartenenti alla linea di ritorno dei vapori devono essere adeguatamente protetti dalla corrosione.

3.15. Gli impianti elettrici negli impianti di distribuzione di carburanti liquidi devono essere realizzati secondo quanto prescritto dalle norme vigenti in materia. Le tubazioni e tutti gli altri elementi appartenenti alla linea di erogazione del carburante e alla linea di ritorno dei vapori, se di tipo non metallico, devono essere corredati di certificazione prodotta dal costruttore che ne attesti l'antistaticità. (1877)

4. Controlli periodici dei dispositivi di recupero dei vapori. (1888)

4.1. I controlli circa il rispetto dei requisiti di efficienza previsti dai paragrafi 2 o 2-bis devono essere eseguiti con periodicità almeno annuale dal gestore. I risultati devono essere riportati sul registro di impianto di cui al punto 5.4. Ai fini del controllo, in caso di sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione, si verifica che il rapporto V/L rispetti, in condizioni di simulazione di flusso di benzina, l'intervallo previsto dai paragrafi 2 e 2-bis. Si applica il metodo EN16321-2. (1889)

4.2. Negli impianti di distribuzione di benzina deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento che segnali visivamente le anomalie del sistema di recupero dei vapori di benzina. In presenza di tali anomalie il gestore è tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti. La presente disposizione non si applica in caso di installazione del sistema automatico previsto dal punto 4.3.

4.3. I controlli previsti al punto 4.1 possono essere eseguiti dal gestore con periodicità triennale se è installato un sistema di controllo automatico. Tale sistema deve rilevare automaticamente i guasti che si verificano nel corretto funzionamento del sistema di recupero dei vapori di benzina e nel sistema stesso di controllo automatico, indicare i guasti al gestore ed arrestare automaticamente il flusso di benzina dal distributore interessato dal guasto se questo non è riparato entro sette giorni.

5. Obblighi di documentazione.

5.1 [Per il rilascio delle approvazioni di tipo di competenza del Ministero dell'interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934, relative a distributori provvisti di un sistema di recupero dei vapori omologato, devono essere osservate le modalità di prova contenute nell'appendice. ] (1878)

5.2. Gli impianti di distribuzione di benzina realizzati sulla base di una concessione o di una autorizzazione rilasciata dopo il 30 giugno 1996, ai sensi della normativa vigente al momento del rilascio, installati o da installare su un sito precedentemente non utilizzato quale impianto di distribuzione di carburante, devono essere provvisti di:

a) omologazione o riconoscimento dei dispositivi componenti il sistema di recupero vapori, da parte del Ministero dell'interno, nonché, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche gli atti di conformità previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126;

b) approvazione di tipo del distributore provvisto di un sistema di recupero dei vapori omologato, rilasciata dal Ministero dell'interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934 e nel rispetto delle modalità di prova previste dalla normativa all'epoca vigente;

b-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione di conformità ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, in luogo dell'approvazione di tipo di cui alla lettera b), per i distributori messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003;

c) certificato di collaudo dell'intero impianto effettuato dalla commissione competente ai sensi della vigente normativa. (1879)

5.3 Gli impianti di distribuzione di benzina diversi da quelli del punto 5.2 devono essere provvisti di:

a) originaria approvazione di tipo del distributore sprovvisto di un sistema per il recupero dei vapori, rilasciata dal Ministero dell'interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934;

a-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione di conformità ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, in luogo dell'approvazione di tipo di cui alla lettera a), per i distributori messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003;

b) omologazione o riconoscimento dei dispositivi componenti il sistema di recupero vapori, da parte del Ministero dell'interno, nonché, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche gli atti di conformità previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126;

c) certificazione, rilasciata dal costruttore, attestante la conformità del sistema di recupero di vapori prodotto in serie al prototipo omologato. Tale certificato di conformità deve attestare la capacità del sistema di recupero dei vapori prodotto in serie di rispettare, se correttamente installato, il valore di efficienza prescritto quando sia rispettato il valore V/L, con le relative tolleranze, rilevate in sede di prova del prototipo omologato; la presente lettera non si applica in caso di sistemi di recupero provvisti degli atti di conformità previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, e di distributori provvisti della marcatura CE prevista dal tale decreto;

d) dichiarazione rilasciata dall'installatore del sistema di recupero dei vapori al titolare dell'impianto di distribuzione, attestante che l'installazione del sistema è stata effettuata seguendo le istruzioni fornite dal costruttore e che le prove funzionali, con verifica del rapporto V/L prescritto, eseguite all'atto della presa in carico del sistema da parte del titolare, hanno avuto esito positivo; la presente lettera non si applica in caso di sistemi di recupero provvisti degli atti di conformità previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, e di distributori provvisti della marcatura CE prevista da tale decreto;

e) copia della notifica, da parte del gestore, circa l'avvenuta installazione del sistema di recupero dei vapori, completa di documentazione comprovante il rispetto della normativa all'epoca vigente. (1880)

5.4 Tutti gli impianti di distribuzione di benzina devono essere dotati di un registro di impianto che deve essere custodito dal gestore. Nel registro devono essere riportati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria effettuati sull'impianto, i risultati degli autocontrolli previsti dal paragrafo 4 ed i provvedimenti assunti ai sensi dei paragrafi 4.2 e 4.3. (1881)

5.5 [A seguito di qualsiasi intervento che comporti una sostituzione di componenti, l'installatore deve produrre una dichiarazione scritta dalla quale risulti che i componenti sostituiti sono conformi a quelli del tipo approvato; tale atto deve essere allegato al registro di impianto e ne costituisce parte integrante.] (1882)

Appendice

[Modalità di prova (1883)

1. Esame costruttivo del distributore

1.1. Scopo

La prova è finalizzata all'individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali del distributore in esame.

1.2. Contenuto dell'esame costruttivo

I dati caratteristici del distributore in esame saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) le dimensioni di ingombro del distributore (in millimetri);

b) la conformazione del distributore (singolo, doppio, monofronte, bifronte);

c) la configurazione del distributore (parallelepipedo, cilindrico ecc.);

d) il numero delle pistole che è possibile collegare al distributore;

e) il tipo e lo spessore del fasciame del distributore.

2. Esame costruttivo dell'impianto elettrico

2.1. Scopo.

La prova è finalizzata all'individuazione dei dati caratteristici di ogni singolo componente elettrico ed elettronico del distributore in esame, valutandone l'idoneità all'impiego ai fini antincendi.

2.2. Contenuto dell'esame dell'impianto elettrico.

I dati caratteristici dei componenti dell'impianto elettrico del distributore in esame saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) le caratteristiche del motore della pompa di circolazione del carburante (tipo, esecuzione, custodia, potenza, n.ro giri/min., estremi delle certificazioni acquisite);

b) le caratteristiche dell'interruttore del motore della pompa di circolazione del carburante (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

c) le caratteristiche del motore della pompa a vuoto del circuito di recupero vapori, se presente (tipo, esecuzione, custodia, potenza, n.ro giri/min., estremi delle certificazioni acquisite);

d) le caratteristiche dell'interruttore del motore della pompa a vuoto, se presente (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

e) le caratteristiche dell'elettrovalvola di intercettazione del carburante (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

f) le caratteristiche del sensore di calore, se presente (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

g) le caratteristiche del sensore di pressione (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

h) le caratteristiche dell'impianto di illuminazione (tipo, esecuzione, custodie, grado di protezione, zona di posa in opera, estremi delle certificazioni acquisite);

i) le caratteristiche delle scatole di connessione (tipo, esecuzione, grado di protezione, zona di posa in opera, estremi delle certificazioni acquisite);

l) le caratteristiche delle morsettiere (tipo, zona di posa in opera);

m) le caratteristiche dei cavi elettrici e dei pressacavi (tipo, esecuzione, zona di posa in opera, estremi delle certificazioni acquisite).

3. Esame dell'impianto idraulico

3.1. Linea di erogazione del carburante

3.1.1. Scopo

La prova è finalizzata all'individuazione dei dati caratteristici di ogni singolo componente della linea di erogazione del carburante per il distributore in esame, valutandone l'idoneità all'impiego ai fini antincendi.

3.1.2. Contenuto dell'esame dell'impianto idraulico

I dati caratteristici dei componenti della linea di erogazione del carburante saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) le caratteristiche della pompa di circolazione del carburante (tipo, materiali, prevalenza, estremi delle certificazioni acquisite);

b) le caratteristiche delle tubazioni (tipo, diametri, materiali, estremi delle certificazioni acquisite);

c) le caratteristiche della pistola erogatrice (tipo, esecuzione, numero delle posizioni di apertura, estremi delle certificazioni acquisite);

d) le caratteristiche dello sfiato del sistema di disareazione, se presente (ubicazione, tipo e materiale del tagliafiamma, estremi delle certificazioni acquisite);

e) le caratteristiche del rivelatore di erogazione (tipo, materiale, ubicazione);

f) le caratteristiche della valvola di sicurezza a fusione e distacco (tipo, materiale, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite), se presente.

3.2. Linea di recupero dei vapori

3.2.1. Scopo

La prova è finalizzata all'individuazione dei dati caratteristici di ogni singolo componente della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame, valutandone l'idoneità all'impiego ai fini antincendi.

3.2.2. Contenuto dell'esame dell'impianto idraulico I dati caratteristici di ogni singolo componente della linea di recupero dei vapori saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) la descrizione del princìpio di funzionamento (a circolazione naturale, a circolazione forzata mediante pompa a vuoto, a circolazione forzata tramite eiettore idraulico, etc);

b) le caratteristiche della pompa a vuoto del circuito di recupero vapori, se presente (tipo, materiale, prevalenza, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite);

c) le caratteristiche dell'iniettore idraulico del circuito di recupero vapori, se presente (tipo, materiale, ubicazione);

d) le caratteristiche del ripartitore coassiale (tipo, diametri, materiali, ubicazione);

e) le caratteristiche delle tubazioni (tipo, diametri, materiali, estremi delle certificazioni acquisite);

f) le caratteristiche della valvola di sicurezza a fusione e distacco (tipo, materiale, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite), se presente;

g) le caratteristiche del sensore di pressione, se presente (tipo, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite).

4. Esame della testata contometrica

4.1. Scopo

La prova è finalizzata all'individuazione delle caratteristiche costruttive e di funzionamento della testata contometrica, valutandone l'idoneità all'impiego ai fini antincendi.

4.2. Contenuto dell'esame della testata contometrica

I dati caratteristici della testata contometrica saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:

a) il tipo (meccanica o elettronica);

b) le caratteristiche della custodia (materiale, esecuzione, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite);

c) le caratteristiche del generatore d'impulsi (tipo, esecuzione, grado di protezione, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite).

5. Prova di funzionamento

5.1. Scopo

La prova è finalizzata all'individuazione dell'idoneità all'impiego ai fini antincendi e della regolarità di funzionamento del distributore in esame.

5.2. Apparecchiatura di prova

II distributore in esame viene posizionato su apposito banco di prova, simulante le effettive condizioni di esercizio, costituito dai seguenti elementi:

- serbatoio di stoccaggio comprensivo di passo d'uomo e indicatore di livello, fissato a idonea struttura di sostegno;

- piattaforma per il posizionamento del distributore;

- dispositivo simulante il bocchettone e la tubazione di carico del veicolo, compatibile con le pistole erogatrici utilizzate nei sistemi di recupero vapore e collegato in ciclo chiuso al serbatoio di stoccaggio.

- Il liquido da impiegarsi nelle prove dovrà essere compatibile con le caratteristiche del circuito idraulico del sistema di distribuzione.

5.3. Descrizione della prova

La prova deve essere eseguita secondo la seguente procedura:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;

b) mettere in funzione il distributore simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice, per un'erogazione complessiva di 1000 litri di carburante.

La prova si considera superata se durante tali operazioni il distributore ha mostrato un funzionamento regolare.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

6. Misura delle caratteristiche del circuito idraulico

6.1. Linea di erogazione del carburante liquido

6.1.1. Scopo

La prova è finalizzata a misurare il valore delle grandezze idrauliche caratteristiche della linea di erogazione del carburante per il distributore in esame, sia durante la fase dell'erogazione stessa, sia negli istanti precedenti e successivi, durante i quali la pistola erogatrice rimane chiusa.

6.1.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;

b) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

c) collegare l'estremità libera della tubazione coassiale alla linea di misura, costituita da un primo ripartitore coassiale, a sua volta collegato a due linee distinte per il passaggio del liquido carburante e dei vapori; sulla linea per il passaggio del liquido carburante è installato un idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;

d) collegare le due linee per il passaggio del liquido e del vapore ad un secondo ripartitore coassiale, a sua volta collegato ad un breve tronco di tubazione flessibile coassiale;

e) collegare la pistola di erogazione all'estremità libera del suddetto tronco di tubazione flessibile coassiale;

f) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;

g) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;

h) far funzionare il distributore simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.

Nel corso delle operazioni di cui al punto h) devono essere rilevate le seguenti grandezze:

portata massima di erogazione a pistola completamente aperta (in litri/minuto);

pressione di erogazione a pistola completamente aperta (in bar);

pressione massima all'atto della chiusura della pistola (colpo d'ariete) (in bar);

portata minima di erogazione (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto).

Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, il valore risultante andrà riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;

per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;

b) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

c) collegare l'estremità libera della tubazione di erogazione alla linea di misura, costituita da idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;

d) collegare nuovamente il ripartitore coassiale e la pistola di erogazione all'estremità libera della linea per il passaggio del carburante in uscita dalla linea di misura ed alla linea di recupero dei vapori;

e) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;

f) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;

g) far funzionare il sistema di distribuzione simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.

Nel corso delle operazioni di cui al punto g) devono essere rilevate le seguenti grandezze:

portata massima di erogazione a pistola completamente aperta (in litri/minuto);

pressione di erogazione a pistola completamente aperta (in bar);

pressione massima all'atto della chiusura della pistola (colpo d'ariete) (in bar);

portata minima di erogazione (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto).

Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, i valori risultanti andranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio.

6.2. Linea di recupero dei vapori

6.2.1. Scopo

La prova è finalizzata a misurare il valore delle grandezze idrauliche caratteristiche della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame durante la fase dell'erogazione.

6.2.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;

b) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

c) collegare l'estremità libera della tubazione coassiale alla linea di misura, costituita da un primo ripartitore coassiale, a sua volta collegato a due linee distinte per il passaggio del liquido carburante e dei vapori; sulla linea per il passaggio dei vapori è installato un idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;

d) collegare le due linee per il passaggio del liquido e del vapore ad un secondo ripartitore coassiale, a sua volta collegato ad un breve tronco di tubazione flessibile coassiale;

e) collegare la pistola di erogazione all'estremità libera del suddetto tronco di tubazione flessibile coassiale;

f) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;

g) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;

h) far funzionare il distributore simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.

Nel corso delle operazioni di cui al punto h) devono essere rilevate le seguenti grandezze:

portata massima dei vapori a pistola completamente aperta (in litri/minuto);

pressione dei vapori a pistola completamente aperta (in bar);

portata minima dei vapori (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto);

depressione massima sulla linea di aspirazione dei vapori (in bar).

Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, i valori risultanti andranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio;

per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;

b) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

c) collegare l'estremità libera della tubazione di recupero dei vapori alla linea di misura, costituita da idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;

d) collegare nuovamente il ripartitore coassiale e la pistola di erogazione all'estremità libera della linea di recupero dei vapori in uscita dalla linea di misura e alla linea per il passaggio del carburante;

e) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;

f) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;

g) far funzionare il sistema di distribuzione simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice. Nel corso delle operazioni di cui al punto g) devono essere rilevate le seguenti grandezze:

portata massima dei vapori a pistola completamente aperta (in litri/minuto);

pressione dei vapori a pistola completamente aperta (in bar);

portata minima dei vapori (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto);

depressione massima sulla linea di aspirazione dei vapori (in bar).

Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, i valori risultanti andranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio.

7. Rapporto V/L

ove: V è il volume dei vapori recuperati durante il rifornimento; L è il corrispondente volume del carburante erogato.

I valori di V e L vengono calcolati sulla base delle portate misurate nelle prove di cui ai punti 6.1. e 6.2.

Il rapporto V/L del sistema deve rientrare nei limiti stabiliti al punto 2.1. Se la misura viene effettuata aspirando aria nel circuito di recupero dei vapori, deve essere applicato un idoneo coefficiente correttivo.

8. Prove di tenuta in pressione del circuito idraulico

8.1. Linea di erogazione del carburante

8.1.1. Scopo

La prova è finalizzata alla verifica della tenuta degli elementi costitutivi della linea di erogazione del carburante per il distributore in esame, per una pressione pari almeno a 1,2 volte quella massima misurata all'atto della chiusura della pistola di erogazione (media dei valori riscontrati su 10 operazioni di rifornimento), e comunque non inferiore a 5 bar.

8.1.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

b) chiudere l'estremità libera della tubazione flessibile coassiale mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell'aria presente all'interno;

c) collegare la linea di erogazione del carburante a monte del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno della tubazione flessibile coassiale agendo sulla suddetta valvola di sfiato;

e) inviare, tramite la pompa di cui al punto e), il liquido di prova nella linea di erogazione del carburante, incrementando gradualmente la pressione fino al valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.

La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di erogazione del carburante, compresa la tubazione flessibile coassiale, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;

per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

b) chiudere le estremità libere di ciascuna delle tubazioni flessibili gemellate mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell'aria presente all'interno;

c) collegare la linea di erogazione del carburante a monte del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno delle tubazioni flessibili gemellate agendo sulle valvole di sfiato presenti sui tappi filettati;

e) inviare, tramite la pompa di cui al punto e), il liquido di prova nella linea di erogazione del carburante, incrementando gradualmente la pressione fino al valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.

La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di erogazione del carburante, compresa la tubazione flessibile di erogazione, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

8.2. Linea di recupero dei vapori

8.2.1. Scopo

La prova è finalizzata a verificare la tenuta degli elementi costitutivi della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame, per una pressione pari a 1,2 volte quella massima fornita dal dispositivo del vuoto, e comunque non inferiore a 1 bar.

8.2.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

b) chiudere l'estremità libera della tubazione flessibile coassiale mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell'aria presente all'interno;

c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno della tubazione flessibile coassiale, agendo sulla valvola di sfiato presente sul tappo metallico filettato;

e) inviare, tramite la pompa di cui al punto e), il liquido di prova nella linea di recupero dei vapori, incrementando gradualmente la pressione fino al valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.

La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di recupero dei vapori, compresa la tubazione flessibile coassiale, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;

per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

b) chiudere le estremità libere di ciascuna delle tubazioni flessibili gemellate mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvoladi sfiato per permettere la fuoriuscita dell'aria presente all'interno;

c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno delle tubazioni flessibili gemellate agendo sulle valvole di sfiato presenti sui tappi metallici filettati;

e) inviare, tramite la pompa di cui al punto e), il liquido di prova nella linea di recupero dei vapori, incrementando gradualmente la pressione fino al valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.

La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di erogazione del carburante, compresa la tubazione flessibile di erogazione, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

9. Prova di tenuta in depressione della linea di recupero dei vapori

9.1. Scopo

La prova è finalizzata a verificare la tenuta degli elementi costitutivi della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame, per una depressione pari a 1,2 volte quella massima fornita dal dispositivo del vuoto, e comunque non inferiore in valore assoluto a 300 minibar.

9.1.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:

a) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;

b) chiudere l'estremità libera dalla tubazione flessibile coassiale mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell'aria presente all'interno;

c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa aspirante di idonee caratteristiche, dotata di dispositivo per la misura delle depressioni;

d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno della tubazione flessibile coassiale agendo sulla valvola di sfiato presente sul tappo metallico filettato;

e) mettere in depressione la linea di recupero dei vapori tramite la pompa di cui al punto e), incrementandone gradualmente la depressione fino al valore prefissato.

La prova si considera superata se, dopo 10 minuti primi, nessun elemento della linea di recupero dei vapori ha mostrato variazioni di pressione rispetto al valore prefissato.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio; per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:

a) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;

b) chiudere l'estremità libera di ciascuna delle tubazioni flessibili gemellate mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuoriuscita dell'aria presente all'interno;

d) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa aspirante di idonee caratteristiche, dotata di dispositivo per la misura delle depressioni;

d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno delle tubazioni flessibili gemellate, agendo sulle valvole di sfiato presenti sui tappi metallici filettati;

e) mettere in depressione la linea di recupero dei vapori tramite la pompa di cui al punto e), incrementando gradualmente la depressione fino al valore prefissato.

La prova si considera superata se, dopo 10 minuti primi, nessun elemento della linea di recupero dei vapori ha mostrato variazioni di pressione rispetto al valore prefissato.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

10. Prove sulla pistola erogatrice

10.1. Prova di apertura spontanea

10.1.1. Scopo

La prova è finalizzata a verificare la tenuta della valvola di ritegno del carburante interna alla pistola di erogazione, per pressioni crescenti.

10.1.2. Descrizione della prova.

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

a) collegare la linea di erogazione a monte del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;

b) inviare, tramite la pompa di cui al punto a), il liquido di prova alla pistola erogatrice che viene tenuta chiusa, incrementando gradualmente la pressione fino ad un massimo di 20 bar.

La prova si considera superata se, durante le operazioni di cui al punto b), si verifica uno dei seguenti casi:

la pistola erogatrice rimane chiusa;

la pistola erogatrice si apre solo per un valore di pressione non inferiore a 1,2 volte la pressione massima misurata all'atto della chiusura della pistola di erogazione (media dei valori riscontrati su 10 operazioni di rifornimento), e comunque non inferiore a 5 bar.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

10.2. Prova di caduta

10.2.1. Scopo

La prova è finalizzata a verificare la resistenza meccanica della pistola erogatrice.

10.2.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

la pistola erogatrice deve essere lasciata cadere al suolo (pavimentazione stradale asfaltata) da un'altezza di almeno 1,5 metri, per 5 volte consecutive.

A seguito di esame visivo effettuato dopo la caduta, la pistola erogatrice non deve presentare ammaccature, rotture o altre alterazioni tali da pregiudicarne il corretto funzionamento.

A tale scopo la pistola erogatrice deve essere nuovamente risottoposta alla prova di apertura spontanea descritta al punto 9.1.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

11. Prova di continuità elettrica

11.1. Scopo

La prova è finalizzata alla verifica della continuità elettrica tra la pistola di erogazione e la struttura metallica del distributore in esame.

11.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

tramite l'utilizzazione di idonea strumentazione di misura, deve essere accertata la continuità elettrica tra la pistola di erogazione e la struttura metallica del distributore in esame.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

12. Verifiche sulla testata contometrica (se di tipo elettronico)

12.1. Scopo

La prova è finalizzata alla verifica del corretto funzionamento della testata contometrica per il distributore in esame, e del relativo generatore di impulsi. La testata contometrica, oltre alle funzioni di indicazione delle quantità erogate e, se l'impianto è in rapporto con il pubblico, di calcolo dei relativi importi, svolge funzioni di controllo del funzionamento del distributore e, in caso di mal funzionamento, deve provocare l'arresto dell'erogazione.

Le condizioni di arresto da verificare sono le seguenti:

- mancanza di alimentazione generale;

- mal funzionamento del generatore d'impulsi; alimentazione non corretta del generatore d'impulsi;

- errore aritmetico;

- basso livello nella cisterna di stoccaggio del carburante;

- dispositivo di visualizzazione danneggiato ;

- prezzo unitario nullo;

- mancata erogazione per 30 secondi;

- mancato funzionamento del sistema di recupero dei vapori se interfacciato con la testata contometrica.

12.2. Descrizione della prova

La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:

per il distributore in esame devono essere simulate altrettante situazioni di guasto corrispondenti a ciascuna delle condizioni elencate al punto 12.1.

verificando di volta in volta l'arresto del funzionamento del gruppo motore-pompa di erogazione.

L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.]


(1872) Per la soppressione del presente paragrafo, vedi l'art. 3, comma 33, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1873) Per la disapplicazione del presente punto, a decorrere dal 4 febbraio 2018, vedi l'art. 14, comma 3, L. 15 dicembre 2011, n. 217 e l’ art. 5, comma 2, D.M. 27 dicembre 2017.

(1874) Paragrafo così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l’originario paragrafo 2 con gli attuali paragrafi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies e 2 sexies.

(1875) Paragrafo così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. c), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1876) Paragrafo soppresso dall'art. 3, comma 1, lett. d), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1877) Paragrafo così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. e), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1878) Paragrafo soppresso dall'art. 3, comma 1, lett. g), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1879) Paragrafo così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. da h) a m), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1880) Paragrafo così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. da n) a s), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1881) Paragrafo così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. t), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1882) Paragrafo soppresso dall'art. 3, comma 1, lett. u), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1883) Appendice soppressa dall'art. 3, comma 1, lett. v), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1884) Paragrafo inserito dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l’originario paragrafo 2 con gli attuali paragrafi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies e 2 sexies.

(1885) Paragrafo inserito dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l’originario paragrafo 2 con gli attuali paragrafi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies e 2 sexies. Successivamente, il presente paragrafo è stato così modificato dall’ art. 2, comma 1, D.M. 8 aprile 2016, n. 99, a decorrere dal 12 giugno 2016.

(1886) Paragrafo così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l’originario paragrafo 3.1 con gli attuali paragrafi 3.1 e 3.1-bis.

(1887) Paragrafo inserito dall'art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l’originario paragrafo 3.1 con gli attuali paragrafi 3.1 e 3.1-bis.

(1888) L’intero paragrafo 4 è stato così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. f), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

(1889) Paragrafo così modificato dall’ art. 2, comma 2, D.M. 8 aprile 2016, n. 99, a decorrere dal 12 giugno 2016.

 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato IX - Impianti termici civili (1898)

In vigore dal 28 agosto 2020

Parte I

Modulo di denuncia (1894)

[Io sottoscritto ..............................................................................................

in possesso dei requisiti di cui

[ ] all'articolo 109 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,

[ ] all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412,

dichiaro:

[ ] di aver installato un impianto termico civile avente le seguenti caratteristiche, presso ....................................

[ ] di essere responsabile dell'esercizio e della manutenzione di un impianto termico civile avente le seguenti caratteristiche, presso ....................................................

1. Potenza termica nominale dell'impianto (MW):
2. Combustibili utilizzati:
 
3. Focolari:  
numero totale:  
potenza termica nominale di  
ogni singolo focolare (MW):  
   
   
   
4. Bruciatori e griglie mobili:  
numero totale:  
potenzialità e tipo del singolo  
dispositivo (MW):  
   
   
   
apparecchi accessori:  
5. Canali da fumo:  
sezione minima (m2):  
sviluppo complessivo  
(m):  
aperture di ispezione:  
6. Camini:  
sezioni minime (cm2):  
altezze delle bocche in  
relazione agli ostacoli e alle  
strutture circostanti:  
   
7. Durata del ciclo di vita dell'impianto:  
8. Manutenzioni ordinarie che devono essere effettuate per garantire il rispetto dei valori limite di emissione per l'intera durata del ciclo di vita dell'impianto:  
9. Manutenzioni straordinarie che devono essere effettuate per garantire il rispetto dei valori limite di emissione per l'intera durata del ciclo di vita dell'impianto :  
10. Varie:  
   

Dichiaro che tale impianto è conforme ai requisiti previsti dalla legislazione vigente in materia di prevenzione e limitazione dell'inquinamento atmosferico ed è idoneo a rispettare i valori limite di emissione previsti da tale legislazione per tutto il relativo ciclo di vita, ove siano effettuate le manutenzioni necessarie.

.........................................., lì .................................................

Firma

....................................... ]

Parte II

Requisiti tecnici e costruttivi (1896)

1. Definizioni

1.1. Agli effetti delle presenti norme valgono le seguenti definizioni:

a) bocca del camino: sezione terminale retta del camino.

b) bruciatore: dispositivo che consente di bruciare combustibili liquidi, gassosi o solidi macinati, previo mescolamento con aria comburente.

c) camera di calma: dispositivo atto a separare dai fumi, essenzialmente per effetto della forza di gravità, le particelle in essi contenute.

d) camini: porzioni ascendenti dei canali da fumo atte a determinare un tiraggio naturale nei focolari ed a scaricare i prodotti della combustione nell'atmosfera.

e) canali da fumo: insieme delle canalizzazioni attraversate dai fumi prodotti dalla combustione.

f) ciclone: dispositivo atto a separare dai fumi, per effetto della forza centrifuga, le particelle in essi contenute.

g) griglia: dispositivo statico o mobile che consente di bruciare combustibili solidi nei focolari, assicurandone il contatto con l'aria comburente, e lo scarico delle ceneri.

h) impianto termico automatico: impianto termico nel o nei focolari del quale l'accensione, lo spegnimento o la regolazione della fiamma possa normalmente avvenire anche senza interventi manuali.

i) mitria o comignolo: dispositivo posto alla bocca del camino atto a facilitare la dispersione dei prodotti della combustione nell'atmosfera.

l) registro: dispositivo inserito in una sezione dei canali da fumo che consente di regolare il tiraggio.

m) sezione dei canali da fumo: area della sezione retta minima dei canali da fumo.

n) tiraggio: movimentazione degli effluenti gassosi prodotti da una camera di combustione.

o) tiraggio forzato: tiraggio attivato per effetto di un dispositivo meccanico attivo, inserito sul percorso dell'aria o degli effluenti gassosi.

p) tiraggio naturale: tiraggio determinato da un camino unicamente per effetto della differenza di densità esistente tra gli effluenti gassosi e l'aria atmosferica circostante.

q) velocità dei fumi: velocità che si riscontra in un punto di una determinata sezione retta dei canali da fumo.

r) viscosità: la proprietà dei fluidi di opporsi al moto relativo delle loro particelle.

2. Caratteristiche dei camini.

2.1. Ogni impianto termico civile di potenza termica nominale superiore al valore di soglia deve disporre di uno o più camini tali da assicurare una adeguata dispersione in atmosfera dei prodotti della combustione.

2.2. Ogni camino deve avere, al di sotto dell'imbocco del primo canale da fumo, una camera di raccolta di materiali solidi ed eventuali condense, di altezza sufficiente a garantire una completa rimozione dei materiali accumulati e l'ispezione dei canali. Tale camera deve essere dotata di un'apertura munita di sportello di chiusura a tenuta d'aria realizzato in materiale incombustibile.

2.3. I camini devono garantire la tenuta dei prodotti della combustione e devono essere impermeabili e termicamente isolati. I materiali utilizzati per realizzare i camini devono essere adatti a resistere nel tempo alle normali sollecitazioni meccaniche, al calore ed all'azione dei prodotti della combustione e delle loro eventuali condense. In particolare tali materiali devono essere resistenti alla corrosione. La sezione interna dei camini deve essere di forma circolare, quadrata o rettangolare con rapporto tra i lati non superiore a 1,5.

2.4 I camini che passano entro locali abitati o sono incorporati nell'involucro edilizio devono essere dimensionati in modo tale da evitare sovrappressioni, durante l'esercizio.

2.5. L'afflusso di aria nei focolari e l'emissione degli effluenti gassosi possono essere attivati dal tiraggio naturale dei camini o da mezzi meccanici.

2.6. Più generatori di calore possono essere collegati allo stesso camino soltanto se fanno parte dello stesso impianto termico; in questo caso i generatori di calore dovranno immettere in collettori dotati, ove necessario, ciascuno di propria serranda di intercettazione, distinta dalla valvola di regolazione del tiraggio. Camino e collettore dovranno essere dimensionati secondo la regola dell'arte.

2.7. Gli impianti installati o che hanno subito una modifica relativa ai camini successivamente all'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto devono essere dotati di camini realizzati con prodotti idonei all'uso in conformità ai seguenti requisiti:

- essere realizzati con materiali aventi caratteristiche di incombustibilità, in conformità alle disposizioni nazionali di recepimento del sistema di classificazione europea di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione;

- avere andamento verticale e il più breve e diretto possibile tra l'apparecchio e la quota di sbocco;

- essere privi di qualsiasi strozzatura in tutta la loro lunghezza;

- avere pareti interne lisce per tutta la lunghezza;

- garantire che siano evitati fenomeni di condensa con esclusione degli impianti termici alimentati da apparecchi a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonché da generatori d’aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071;

- essere adeguatamente distanziati, mediante intercapedine d'aria o isolanti idonei, da materiali combustibili o facilmente infiammabili;

- avere angoli arrotondati con raggio non minore di 20 mm, se di sezione quadrata o rettangolare;

- avere un'altezza correlata alla sezione utile secondo gli appropriati metodi di calcolo riportati dalla normativa tecnica vigente (norme UNI e norme CEN). Resta salvo quanto stabilito ai punti 2.9 e 2.10. (1890)

2.8. Le bocche possono terminare comignoli di sezione utile d'uscita non inferiore al doppio della sezione del camino, conformati in modo da non ostacolare il tiraggio e favorire la dispersione dei fumi nell'atmosfera.

2.9. Le bocche dei camini devono essere posizionate in modo tale da consentire una adeguata evacuazione e dispersione dei prodotti della combustione e da evitare la reimmissione degli stessi nell'edificio attraverso qualsiasi apertura. A tal fine le bocche dei camini devono risultare più alte di almeno un metro rispetto al colmo dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 metri.

2.10. Le bocche dei camini situati a distanza compresa fra 10 e 50 metri da aperture di locali abitati devono essere a quota non inferiore a quella del filo superiore dell'apertura più alta. Le presenti disposizioni non si applicano agli impianti termici a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 90/396/CE del Consiglio, del 29 giugno 1990, concernente gli apparecchi a gas. (1891)

2.11. La parete interna del camino deve risultare per tutto il suo sviluppo, ad eccezione del tronco terminale emergente dalla copertura degli edifici, sempre distaccata dalle murature circostanti e deve essere circondata da una controcanna continua formante intercapedine per consentire la normale dilatazione termica. Sono ammessi nell'intercapedine elementi distanziatori o di fissaggio necessari per la stabilità del camino.

2.12. Al fine di agevolare analisi e campionamenti devono essere predisposti alla base del camino due fori allineati sull'asse del camino con relativa chiusura a tenuta. In caso di impianti con potenza termica nominale superiore a 580 kW, due identici fori devono essere predisposti anche alla sommità dei camini in posizione accessibile per le verifiche; la distanza di tali fori dalla bocca non deve essere inferiore a cinque volte il diametro medio della sezione del camino, e comunque ad 1,50 m. In ogni caso i fori devono avere un diametro idoneo a garantire l'effettiva realizzazione di analisi e campionamenti.

2.13. I fori di cui al punto 2.12. devono trovarsi in un tratto rettilineo del camino e a distanza non inferiore a cinque volte la dimensione minima della sezione retta interna da qualunque cambiamento di direzione o di sezione. Qualora esistano impossibilità tecniche di praticare i fori alla base del camino alla distanza stabilita, questi possono essere praticati alla sommità del camino con distanza minima dalla bocca di m 1,5 in posizione accessibile per le verifiche.

3. Canali da fumo.

3.1. I canali da fumo degli impianti termici devono avere in ogni loro tratto un andamento suborizzontale ascendente con pendenza non inferiore al 5%. I canali da fumo al servizio di impianti di potenzialità uguale o superiore a 1.000.000 di kcal/h possono avere pendenza non inferiore al 2 per cento.

3.2. La sezione dei canali da fumo deve essere, in ogni punto del loro percorso, sempre non superiore del 30% alla sezione del camino e non inferiore alla sezione del camino stesso.

3.3. Per quanto riguarda la forma, le variazioni ed i raccordi delle sezioni dei canali da fumo e le loro pareti interne devono essere osservate le medesime norme prescritte per i camini.

3.4. I canali da fumo devono essere costituiti con strutture e materiali aventi le medesime caratteristiche stabilite per i camini. Le presenti disposizioni non si applicano agli impianti termici alimentati da apparecchi a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonché da generatori d’aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071. (1892)

3.5. I canali da fumo devono avere per tutto il loro sviluppo un efficace e duraturo rivestimento coibente tale che la temperatura delle superfici esterne non sia in nessun punto mai superiore a 50 °C. È ammesso che il rivestimento coibente venga omesso in corrispondenza dei giunti di dilatazione e degli sportelli d'ispezione dei canali da fumo nonché dei raccordi metallici con gli apparecchi di cui fanno parte i focolari.

3.6. I raccordi fra i canali da fumo e gli apparecchi di cui fanno parte i focolari devono essere rimovibili con facilità e dovranno avere spessore non inferiore ad 1/100 del loro diametro medio, nel caso di materiali ferrosi comuni, e spessore adeguato, nel caso di altri metalli. (1893)

3.7. Sulle pareti dei canali da fumo devono essere predisposte aperture per facili ispezioni e pulizie ad intervalli non superiori a 10 metri ed una ad ogni testata di tratto rettilineo. Le aperture dovranno essere munite di sportelli di chiusura a tenuta d'aria, formati con doppia parete metallica.

3.8. Nei canali da fumo dovrà essere inserito un registro qualora gli apparecchi di cui fanno parte i focolari non possiedano propri dispositivi per la regolazione del tiraggio.

3.9. Al fine di consentire con facilità rilevamenti e prelevamenti di campioni, devono essere predisposti sulle pareti dei canali da fumo due fori, uno del diametro di mm 50 ed uno del diametro di mm 80, con relative chiusure metalliche, in vicinanza del raccordo con ciascun apparecchio di cui fa parte un focolare.

3.10. La posizione dei fori rispetto alla sezione ed alle curve o raccordi dei canali deve rispondere alle stesse prescrizioni date per i fori praticati sui camini.

4. Dispositivi accessori.

4.1. È vietato l'uso di qualunque apparecchio od impianto di trattamento dei fumi funzionante secondo ciclo ad umido che comporti lo scarico, anche parziale delle sostanze derivanti dal processo adottato, nelle fognature pubbliche o nei corsi di acqua.

4.2. Gli eventuali dispositivi di trattamento possono essere inseriti in qualunque punto del percorso dei fumi purché l'ubicazione ne consenta la facile accessibilità da parte del personale addetto alla conduzione degli impianti ed a quello preposto alla loro sorveglianza.

4.3. L'adozione dei dispositivi di cui sopra non esime dalla osservanza di tutte le prescrizioni contenute nel presente regolamento.

4.4. Gli eventuali dispositivi di trattamento, per quanto concerne le altezze di sbocco, le distanze, le strutture, i materiali e le pareti interne, devono rispondere alle medesime norme stabilite per i camini.

4.5. Il materiale che si raccoglie nei dispositivi suddetti deve essere periodicamente rimosso e smaltito secondo la normativa vigente in materia di rifiuti.

4.6. Tutte le operazioni di manutenzione e di pulizia devono potersi effettuare in modo tale da evitare qualsiasi accidentale dispersione del materiale raccolto.

5. Apparecchi indicatori. (1895)

5.1. Allo scopo di consentire il rilevamento dei principali dati caratteristici relativi alla conduzione dei focolari, gli impianti termici devono essere dotati di due apparecchi misuratori delle pressioni relative (riferite a quella atmosferica) che regnano rispettivamente nella camera di combustione ed alla base del camino, per ciascun focolare di potenzialità superiore ad 1,16 MW.

5.2. I dati forniti dagli apparecchi indicatori a servizio degli impianti termici aventi potenzialità superiore a 5,8 MW, anche se costituiti da un solo focolare, devono essere riportati su di un quadro raggruppante i ripetitori ed i registratori delle misure, situato in un punto riconosciuto idoneo per una lettura agevole da parte del personale addetto alla conduzione dell'impianto termico.

5.3. Tutti gli apparecchi indicatori, ripetitori e registratori delle misure devono essere installati in maniera stabile e devono essere tarati.

Parte III (1897)

Valori di emissione

Sezione

Valori limite per gli impianti che utilizzano i combustibili diversi da biomasse e da biogas

1. Gli impianti termici civili che utilizzano i combustibili previsti all'allegato X diversi da biomasse e biogas devono rispettare, nelle condizioni di esercizio più gravose, i seguenti valori limite, riferiti ad un'ora di funzionamento, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. Il tenore volumetrico di ossigeno nell'effluente gassoso anidro è pari al 3% per i combustibili liquidi e gassosi e pari al 6% per i combustibili solidi. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.

- per gli impianti termici civili di potenza termica nominale pari o superiore al valore di soglia e inferiore a 1 MW e per i medi impianti termici civili di cui all'eccezione prevista all'articolo 283, comma 1, lettera d-bis), si applica un valore limite per le polveri totali pari a 50 mg/Nm3.

- per i medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, comma 2-ter, si applica un valore limite per le polveri totali pari a 50 mg/Nm3 e, dalla data prevista dall'articolo 286, comma 1-bis, i valori limite di polveri, ossidi di azoto e ossidi di zolfo previsti dall'allegato I alla parte quinta del presente decreto per l'adeguamento dei medi impianti di combustione esistenti di potenza termica inferiore a 3 MW.

- per i medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, comma 2-bis, si applicano i valori limite di polveri, ossidi di azoto e ossidi di zolfo previsti dall'allegato I alla parte quinta del presente decreto per i medi impianti di combustione nuovi di potenza termica inferiore a 3 MW.

2. I controlli annuali dei valori di emissione di cui all'articolo 286, comma 2, e le verifiche di cui all'articolo 286, comma 4, non sono richiesti se l'impianto utilizza i combustibili di cui all'allegato X, parte I, sezione II, paragrafo I, lettere a), b), e), d), e) o i), e se sono regolarmente eseguite le operazioni di manutenzione previste dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. E’ fatto salvo quanto previsto dai punti 3 e 4.

3. Per i medi impianti termici civili il controllo di cui all'articolo 286, comma 2, é effettuato con frequenza triennale se l'impianto utilizza i combustibili di cui all'allegato X, Parte I, sezione II, paragrafo I, lettere a), b), c), d), e), i), e se sono regolarmente eseguite le operazioni di manutenzione previste dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.

4. Per i medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, comma 2-ter, si applica, fino al 31 dicembre 2028, quanto previsto dal punto 2 e, successivamente, quanto previsto dal punto 3. Un controllo è in tutti i casi effettuato entro quattro mesi dalla registrazione di cui all'articolo 284, comma 2-quater.

Sezione 2

Valori limite per gli impianti che utilizzano biomasse

1. Gli impianti termici che utilizzano biomasse di cui all'allegato X devono rispettare i seguenti valori limite di emissione, riferiti ad un'ora di funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse solide (valori da rispettare prima della data prevista dall'articolo 286, comma 1-bis) e impianti termici civili di potenza termica inferiore a 1 MW alimentati a biomasse solide. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 11%.

Potenza termica nominale MW >0,15 ÷ ≤3
polveri [1] 100 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 350 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 200 mg/Nm3
[1] Agli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW si applica un valore di emissione per le polveri di 200 mg/Nm3.

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse solide. Valori da rispettare entro la data prevista dall'articolo 286, comma 1bis. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale MW >0,15 ÷≤3
polveri [1] 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 525 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 650 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) [2] 200 mg/Nm3
[1] Agli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW si applica un valore di emissione per le polveri di 200 mg/Nm3.
[2] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

Medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse solide. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale MW >0,15 ÷≤3
polveri [1] 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 525 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) [2] 200 mg/Nm3
[1] Agli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW si applica un valore di emissione per le polveri di 200 mg/Nm3.
[2] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse liquide. Valori da rispettare entro la data prevista dall'articolo 286, comma 1-bis. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale MW >1 ÷≤3
polveri 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO)  
ossidi di azoto (NO2) 650 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 350 mg/Nm3

Medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse liquide.

Potenza termica nominale MW >1 ÷≤3
polveri 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO)  
ossidi di azoto (NO2) 300 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 350 mg/Nm3

Sezione 3

Valori limite per gli impianti che utilizzano biogas

1. Gli impianti che utilizzano biogas di cui all'allegato X devono rispettare i valori limite di emissione indicati nei punti seguenti, espressi in mg/Nm3 e riferiti ad un'ora di funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biogas (valori da rispettare prima della data prevista dall'articolo 286, comma 1-bis) e impianti termici civili di potenza termica pari o superiore al valore di soglia e inferiore a 1 MW alimentati a biogas. Il tenore di ossigeno di riferimento è pari al 15% in volume nell'effluente gassoso anidro in caso di motori a combustione interna, pari al 15% in caso di turbine a gas e pari al 3% in caso di altri impianti di combustione.

  Motori a combustione interna Turbine a gas Altri impianti di combustione
carbonio organico totale (COT) 55 mg/Nm3 - 30 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 800 mg/Nm3 100 mg/Nm3 150 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 150 mg/Nm3 300 mg/Nm3
Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI) 10 mg/Nm3 5 mg/Nm3 30 mg/Nm3

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biogas. Valori da rispettare entro la data prevista dall'articolo 286, comma 1bis. Il tenore di ossigeno di riferimento è pari al 15% in volume nell'effluente gassoso anidro in caso di motori a combustione interna, pari al 15% in caso di turbine a gas e pari al 3% in caso di altri impianti di combustione.

  Motori a combustione interna Turbine a gas Altri impianti di combustione
carbonio organico totale (COT) 55 mg/Nm3   30 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 300 mg/Nm3 100 mg/Nm3 150 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 190 mg/Nm3 200 mg/Nm3 [1] 250 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 60 mg/Nm3 60 mg/Nm3 200 mg/Nm3
Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI) 4 mg/Nm3 5 mg/Nm3 30 mg/Nm3
[1] Valore limite applicabile solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

Medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 alimentati a biogas. Il tenore di ossigeno di riferimento è pari al 5% in volume nell'effluente gassoso anidro in caso di motori a combustione interna, pari al 15% in caso di turbine a gas e pari al 3% in caso di altri impianti di combustione.

  Motori a combustione interna Turbine a gas Altri impianti di combustione
carbonio organico totale (COT) 60 mg/Nm3 - 30 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 300 mg/Nm3 100 mg/Nm3 150 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 190 mg/Nm3 60 mg/Nm3 [1] 200 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3 100 mg/Nm3
Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI) 4 mg/Nm3 5 mg/Nm3 30 mg/Nm3
[1] Valore limite applicabile solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

Sezione 4

Metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni

1. Per il campionamento, l'analisi e la valutazione delle emissioni previste dalle sezioni precedenti si applicano i metodi contenuti nelle seguenti norme tecniche e nei relativi aggiornamenti:

- UNI EN 13284-1;

- UNI EN 14792:2017;

- UNI EN 15058:2017;

- UNI 10393;

- UNI EN 12619;

- UNI EN 1911-1,2,3.

2. Per la determinazione delle concentrazioni delle polveri, le norme tecniche di cui al punto 1 non si applicano nelle parti relative ai punti di prelievo.

3. Per la determinazione delle concentrazioni di ossidi di azoto, monossido di carbonio, ossidi di zolfo e carbonio organico totale, è consentito anche l'utilizzo di strumenti di misura di tipo elettrochimico.

4. Per gli impianti di cui alla sezione II o alla sezione III, in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere utilizzati i metodi in uso ai sensi della normativa previgente.


(1890) Numero così modificato dall'art. 34, comma 1, lett. a), L. 23 luglio 2009, n. 99 e, successivamente, dall'art. 4, comma 1, lett. a), b) e c), L. 30 ottobre 2014, n. 161.

(1891) Numero così modificato dall'art. 34, comma 1, lett. b), L. 23 luglio 2009, n. 99.

(1892) Numero così modificato dall'art. 34, comma 1, lett. c), L. 23 luglio 2009, n. 99.

(1893) Numero così modificato dall'art. 34, comma 1, lett. d), L. 23 luglio 2009, n. 99.

(1894) Parte soppressa dall'art. 3, comma 29, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1895) Paragrafo così sostituito dall'art. 3, comma 29, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

(1896) Sull’applicabilità delle disposizioni di cui alla presente Parte II, vedi l’ art. 73, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.

(1897) La Parte III è stata modificata dall'art. 3, comma 29, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e sostituita dall’ art. 4, comma 3, D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, la Parte III è stata così modificata dall’ art. 1, comma 2, lett. d) ed e), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

(1898) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


Allegati alla Parte Quinta
Allegato X - Disciplina dei combustibili (1899) (1900)

In vigore dal 21 agosto 2019

Parte I

Combustibili consentiti

Sezione 1

Elenco dei combustibili di cui è consentito l'utilizzo negli impianti di cui al titolo I

1. Negli impianti disciplinati dal titolo I è consentito l'utilizzo dei seguenti combustibili:

a) gas naturale;

b) gas di petrolio liquefatto;

c) gas di raffineria e petrolchimici;

d) gas d'altoforno, di cokeria, e d'acciaieria;

e) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1;

f) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera e), rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 1;

g) biodiesel rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 3;

h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e risondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonne 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9 e 10, fatto salvo quanto previsto nella sezione 3;

i) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera h), e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

l) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione 4;

m) carbone di legna;

n) biomasse combustibili individuate nella parte II, sezione 4, alle condizioni ivi previste;

o) carbone da vapore con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;

p) coke metallurgico e da gas con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;

q) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;

r) biogas individuato nella parte II, sezione 6, alle condizioni ivi previste;

s) gas di sintesi proveniente dalla gassificazione di combustibili consentiti, limitatamente allo stesso comprensorio industriale nel quale tale gas è prodotto.

2. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, negli impianti di combustione con potenza termica nominale uguale o superiore a 50 MW è consentito l'utilizzo di:

a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 7, fatta eccezione per il contenuto di nichel e vanadio come somma; tale contenuto non deve essere superiore a 180 mg/kg per gli impianti autorizzati in forma tacita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che, nel rispetto della vigente normativa, non hanno completato l'adeguamento autorizzato;

b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

c) lignite con contenuto di zolfo non superiore all'1,5% in massa;

d) miscele acqua-carbone, anche additivate con stabilizzanti o emulsionanti, purché il carbone utilizzato corrisponda ai requisiti indicati al paragrafo 1, lettere o), p) e q);

e) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 7.

3. In aggiunta ai combustibili di cui ai paragrafi 1 e 2, negli impianti di combustione di potenza termica nominale uguale o superiore a 300 MW, ad eccezione di quelli anteriori al 1988 che sono autorizzati in forma tacita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che, nel rispetto della vigente normativa, non hanno completato l'adeguamento autorizzato, è consentito l'uso di:

a) emulsioni acqua-bitumi rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2;

b) petrolio greggio con contenuto di nichel e vanadio, come somma, non superiore a 230 mg/kg.

4. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, è consentito l'utilizzo dei seguenti combustibili purché prodotti da impianti localizzati nella stessa area delimitata in cui sono utilizzati:

a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 7;

b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

c) gas di raffineria, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio, olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio, derivanti esclusivamente da greggi nazionali, e coke da petrolio;

d) idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio rispondenti alle caratteristiche e secondo le condizioni di utilizzo di cui alla parte II, sezione 5.

5. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, negli impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello zolfo siano fissati o combinati in percentuale non inferiore al 60% con il prodotto ottenuto, ad eccezione dei forni per la produzione della calce impiegata nell'industria alimentare, è consentito l'uso di:

a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 4% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 8;

b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

C) bitume di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa;

d) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 8.

6. In aggiunta a quanto previsto ai paragrafi precedenti, nella regione Sardegna è consentito l'uso di combustibili indigeni, costituiti da carbone e da miscele acqua- carbone, in:

a) centrali termoelettriche e impianti di produzione, combinata e non, di energia elettrica e termica, purché vengano raggiunte le percentuali di desolforazione riportate nell'allegato II;

b) impianti di cui al paragrafo 2.

7. In deroga ai paragrafi 1, 5 e 6, negli impianti aventi potenza termica nominale non superiore a 3 MW, è vietato l'uso dei seguenti combustibili;

a) carbone da vapore salvo l'utilizzo negli impianti di lavorazione del ferro forgiato a mano, in conformità alla parte II, sezione 2, paragrafo 1;

b) coke metallurgico salvo l'utilizzo negli impianti di lavorazione del ferro forgiato a mano, in conformità alla parte II, sezione 2, paragrafo 1;

c) coke da gas;

d) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele;

e) gas da altoforno, di cokeria e d'acciaieria;

f) bitume da petrolio;

g) coke da petrolio;

h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo superiore allo 0,3% in massa e loro emulsioni; tale disposizione si applica soltanto agli impianti autorizzati dopo il 24 marzo 1996, salvo il caso in cui le regioni, nei piani e programmi di cui all'articolo 8 e all'articolo 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ne prevedano l'estensione anche agli impianti autorizzati precedentemente ove tale misura sia necessaria per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria.

8. I divieti di cui al paragrafo 7 non si applicano ai combustibili prodotti da impianti localizzati nella stessa area delimitata in cui gli stessi sono utilizzati.

9. Ai fini dell'applicazione dei paragrafi 2, 3 e 7 si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun singolo impianto anche nei casi in cui più impianti sono considerati, ai sensi degli articoli 270, comma 4, 273, comma 9, o 282, comma 2, come un unico impianto.

10. Senza pregiudizio per quanto previsto ai paragrafi precedenti, è consentito, alle condizioni previste nella parte II, sezione 7, l'utilizzo del combustibile solido secondario (CSS) di cui all'art. 183, comma 1, lettera cc), meglio individuato nella predetta parte II, sezione 7, che, ai sensi e per gli effetti dell'art. 184-ter, ha cessato di essere un rifiuto (CSS-Combustibile).

Sezione 2

Elenco dei combustibili di cui è consentito l'utilizzo negli impianti di cui al titolo II

1. Negli impianti disciplinati dal titolo II è consentito l'uso dei seguenti combustibili:

a) gas naturale;

b) gas di città;

c) gas di petrolio liquefatto;

d) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1;

e) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera d) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 1;

f) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione 4;

g) carbone di legna;

h) biomasse combustibili individuate nella parte II, sezione 4, alle condizioni ivi previste;

i) biodiesel avente le caratteristiche indicate in parte II, sezione 1, paragrafo 3;

[l) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonne 1, 3, 5 e 9;]

[m) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera 1), rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;]

n) biogas individuato nella parte II, sezione 6, alle condizioni ivi previste.

1-bis. L'uso dei combustibili di cui alle lettere f), g) e h) può essere limitato o vietato dai piani e programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove tale misura sia necessaria al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.

2. I combustibili di cui alle lettere 1), m) ed n), non possono essere utilizzati negli impianti di cui all'allegato IV, parte I, punti 5 e 6.

[3. L'uso degli oli combustibili ed altri distillati pesanti di petrolio di cui al paragrafo 1, lettera 1), o delle loro emulsioni di cui alla lettera m) è consentito fino al termine fissato nell'ambito dei piani e programmi di cui all'articolo 8, comma 3 e 9, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, e comunque non oltre il 1° settembre 2007, in tutti gli impianti che alla data di entrata in vigore del presente decreto funzionano, in ragione delle loro caratteristiche costruttive, ad olio combustibile o ad altri distillati pesanti di petrolio utilizzando detti combustibili in misura pari o superiore al 90% in massa del totale dei combustibili impiegati durante l'ultimo periodo annuale di esercizio, individuato dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.]

[4. Il rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 3, deve risultare dalla compilazione iniziale del libretto di impianto o di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993 o da annotazioni effettuate su tale libretto prima della data di entrata in vigore del presente decreto, e da documenti comprovanti acquisti periodici di olio combustibile o di altri distillati pesanti di petrolio di cui al paragrafo 1, lettere 1) o m).]

Sezione 3

Disposizioni per alcune specifiche tipologie di combustibili liquidi

1. Olio combustibile pesante.

1.1. L'olio combustibile pesante di cui all'articolo 292, comma 2, lettera a), utilizzato negli impianti disciplinati dal titolo I, come tale o in emulsione con acqua, deve avere un contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e, nei casi previsti dalla sezione 1, paragrafo 7, non superiore allo 0,3% in massa.

1.2. In deroga a quanto previsto al punto 1.1, negli impianti di cui alla sezione 1, paragrafi da 2 a 6, è consentito, in conformità a tali paragrafi, l'uso di oli combustibili pesanti aventi un tenore massimo di zolfo superiore all'1% in massa nel caso di:

a) grandi impianti di combustione di cui all'articolo 273, ad eccezione di quelli che beneficiano di una deroga prevista da tale articolo al rispetto dei valori limite fissati per gli ossidi di zolfo all'allegato II alla Parte Quinta;

b) impianti di combustione non compresi nella precedente lettera a) ubicati nelle raffinerie di oli minerali, a condizione che la media mensile delle emissioni di ossidi di zolfo di tutti gli impianti della raffineria, esclusi quelli di cui alla lettera a), non superi, indipendentemente dal tipo di combustibile e dalle combinazioni di combustibile utilizzati, il valore di 1700 mg/Nm3;

c) impianti di combustione non compresi alle precedenti lettere a) e b), a condizione che sia rispettato, per gli ossidi di zolfo, il valore limite previsto nell'autorizzazione.

2. Metodi di misura per i combustibili per uso marittimo.

2.1. Fatti salvi i casi in cui si applica il decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, i metodi di riferimento per la determinazione del tenore di zolfo nei combustibili per uso marittimo di cui all'articolo 292, comma 2, lettera d), sono quelli definiti, per tale caratteristica, nella parte II, sezione 1, paragrafo 1. Per la trattazione dei risultati delle misure e l'arbitrato si applica quanto previsto alla parte II, sezione 1, paragrafo 4.

2-bis. Modalità di raccolta dei dati e delle informazioni sui combustibili per uso marittimo.

2-bis.1. E' assicurato un numero di accertamenti sul tenore di zolfo dei combustibili marittimi svolto mediante controllo dei documenti di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile almeno pari al10% del numero delle navi facenti annualmente scalo presso il territorio italiano. Tale numero corrisponde alla media annuale delle navi facenti scalo sul territorio italiano calcolata sulla base dei dati registrati nei tre anni civili precedenti attraverso il sistema SafeSeaNet (sistema di gestione delle informazioni istituito dalla direttiva 2002/59/CE per registrare e scambiare informazioni sui risultati dei controlli ai sensi della direttiva 1999/32/CE). A tal fine, una nave è conteggiata una sola volta per ciascun anno in cui ha effettuato uno o più scali sul territorio italiano.

2-bis.2. E' assicurato un numero di accertamenti sul tenore di zolfo dei combustibili marittimi svolto anche mediante campionamento e analisi almeno pari al 20% degli accertamenti di cui al punto 2-bis.1. Dal 1° gennaio 2020 tale percentuale è elevata al 30%.

2-bis.3. E' assicurato l'accertamento, mediante campionamento e analisi, sul tenore di zolfo dei combustibili marittimi al momento della consegna alle navi, per i fornitori di tali combustibili che, nel corso di un anno civile, secondo quanto risulta dai dati del sistema di informazione dell'Unione (sistema che utilizza i dati sullo scalo delle singole navi nell'ambito del sistema SafeSeaNet) o dalla relazione di cui all'art. 298, comma 2-bis, hanno consegnato almeno tre volte combustibili non conforme a quanto indicato nel bollettino di consegna. Tale accertamento deve essere svolto entro la fine dell'anno successivo a quello in cui è stata riscontrata la consegna di combustibile non conforme.

2-bis.4. In caso di accertamento mediante controllo sui campioni sigillati che sono presenti a bordo e accompagnano il bollettino di consegna del combustibile il prelievo è effettuato conformemente alla regola 18, punti 8.1 e 8.2, dell'allegato VI della Convenzione MARPOL.

2-bis.5. In caso di accertamento mediante controllo sui combustibili presenti nei serbatoi della nave, si devono effettuare uno o più prelievi istantanei nel punto dell'impianto servizio combustibile in cui è installata un'apposita valvola, secondo quanto è indicato nel sistema di tubature del combustibile della nave o quanto è previsto dal piano generale delle sistemazioni, sempre che tale sistema o tale piano siano stati approvati dall'autorità competente dello Stato di bandiera della nave o da un organismo riconosciuto che agisce per conto dell'autorità stessa. Per impianto servizio combustibile si intende il sistema a sostegno di distribuzione, filtraggio, purificazione e fornitura di combustibile dalle casse di servizio agli apparati motori ad olio combustibile. Se il punto di prelievo non è reperibile con le modalità di cui sopra, il prelievo istantaneo deve essere effettuato in un punto, proposto dal rappresentante della nave (il comandante o l'ufficiale responsabile per i combustibili marittimi e per la relativa documentazione) ed accettato dall'autorità competente per il controllo, in cui sia installata una valvola per il prelievo dei campioni che soddisfi tutte le seguenti condizioni:

a) è accessibile in modo facile e sicuro;

b) permette di tenere conto delle differenti qualità di combustibile utilizzato in relazione a ciascun apparato motore ad olio combustibile;

c) è situato a valle della cassa di servizio da cui proviene il combustibile utilizzato; per cassa di servizio si intende il serbatoio da cui proviene il combustibile per alimentare gli apparati motori ad olio combustibile che sono situati a valle;

d) è quanto più vicino possibile, in condizioni di sicurezza, all'ingresso dell'apparato motore ad olio combustibile, considerando il tipo di combustibile, la portata, la temperatura e la pressione a valle del punto di campionamento stesso.

In tutti i casi è possibile effettuare un prelievo istantaneo presso diversi punti dell'impianto servizio combustibile per determinare se vi sia una eventuale contaminazione incrociata di combustibile in assenza di impianti servizio completamente separati o in caso di configurazioni multiple delle casse di servizio.

2-bis.6. I campioni di combustibile prelevati dai serbatoi della nave devono essere raccolti in un contenitore che permetta di riempire almeno tre fiale per campioni rappresentative del combustibile utilizzato. Le fiale per campioni devono essere sigillate dall'autorità competente per il controllo con un mezzo di identificazione, affisso in presenza del rappresentante della nave (il comandante o l'ufficiale responsabile per i combustibili marittimi e per la relativa documentazione). Il mezzo di identificazione deve essere uguale per tutte le tre fiale in tutti i controlli. Due fiale devono essere avviate alle analisi. Una fiala deve essere consegnata al rappresentante della nave con l'indicazione di conservarla, per un periodo non inferiore a 12 mesi dalla data del prelievo, in modo idoneo nel rispetto delle procedure tecniche attinenti alle modalità di conservazione di tale tipologia di campioni.

2-bis.7. Con apposita ordinanza l'autorità marittima e, ove istituita, l'autorità portuale, prescrive nell'ambito territoriale di competenza:

l'obbligo, per i fornitori di combustibili per uso marittimo, di comunicare a tale autorità, entro il mese di febbraio di ciascun anno, le notifiche e le lettere di protesta ricevute nell'anno precedente riguardo al tenore di zolfo dei combustibili consegnati;

l'obbligo, per il comandante o l'armatore delle navi battenti bandiera italiana che utilizzano metodi alternativi di riduzione delle emissioni e che effettuano il primo scalo in territorio italiano durante l'anno civile, di trasmettere a tale autorità, entro le 24 ore successive all'accosto ed in ogni caso prima della partenza, qualora la sosta sia di durata inferiore, una descrizione del metodo utilizzato; in caso di utilizzo di metodi di riduzione delle emissioni di cui all'art. 295, comma 20, deve essere inclusa la descrizione del rispetto dei requisiti di cui alle lettere a) e b) di tale comma.

3. Trasmissione di dati.

3.1. Al fine di consentire l'elaborazione della relazione di cui all'articolo 298, comma 3, i soggetti competenti l'accertamento delle infrazioni ai sensi dell'articolo 296, comma 2 e comma 9, trasmettono all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 marzo di ogni anno, utilizzando il formato indicato nella tabella I, i dati inerenti ai rilevamenti di tenore di zolfo effettuati nel corso degli accertamenti dell'anno civile precedente sui combustibili di cui all'art. 292, comma 2, lettere a) e b). Per i combustibili per uso marittimo devono essere trasmessi i dati e le informazioni indicati nell'elenco previsto dal punto 3.6. In occasione di ciascun controllo, devono essere registrati gli elementi necessari a fornire i dati e le informazioni previsti. Entro la stessa data i laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane, trasmettono all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i dati inerenti ai rilevamenti di tenore di zolfo effettuati nel corso degli accertamenti dell'anno civile precedente, ai sensi della vigente normativa, sui combustibili di cui all'articolo 292, comma 2, lettere a), b) e d), prodotti o importati e destinati alla commercializzazione sul mercato nazionale. Gli esiti trasmessi devono riferirsi ad accertamenti effettuati con una frequenza adeguata e secondo modalità che assicurino la rappresentatività dei campioni rispetto al combustibile controllato e, nel caso di combustibili per uso marittimo, la rappresentatività dei campioni stessi rispetto al complesso dei combustibili utilizzati nelle zone di mare e nei porti in cui si applica il limite.

3.2. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei depositi fiscali che importano i combustibili di cui al punto 3.1 da Paesi terzi o che li ricevono da Paesi membri dell'Unione europea e i gestori degli impianti di produzione dei medesimi combustibili inviano all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite le rispettive associazioni di categoria, utilizzando il formato indicato nelle tabelle II e III, i dati concernenti i quantitativi di tali combustibili prodotti o importati nel corso dell'anno precedente, con esclusione di quelli destinati all'esportazione. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei grandi impianti di combustione che importano olio combustibile pesante da Paesi terzi o che lo ricevono da Paesi membri dell'Unione europea inviano all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite le rispettive associazioni di categoria, utilizzando il formato indicato nella tabella IV, i dati concernenti i quantitativi di olio combustibile pesante importati nell'anno precedente.

3.3. Per depositi fiscali, ai sensi del punto 3.2 si intendono gli impianti in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti o spediti i combustibili oggetto della parte quinta del presente decreto, sottoposti ad accisa, in regime di sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni stabilite dall'amministrazione finanziaria; ricadono in tale definizione anche gli impianti di produzione dei combustibili. Per combustibile sottoposto ad accisa si intende un combustibile al quale si applica il regime fiscale delle accise.

3.4. I dati previsti ai punti 3.1 e 3.2 sono trasmessi all'ISPRA su supporto digitale, unitamente alla lettera di accompagnamento e, per posta elettronica all'indirizzo dati.combustibili@isprambiente.it e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per posta elettronica all'indirizzo dati.combustibili@minambiente.it.

3.5. La relazione elaborata dall'ISPRA sulla base dei dati e delle informazioni di cui ai punti 3.1 e 3.2 deve indicare, per ciascun combustibile, il numero totale di accertamenti effettuati, il tenore medio di zolfo relativo a tali accertamenti ed il quantitativo complessivamente prodotto e importato. Per i combustibili per uso marittimo la relazione deve riportare tutti i dati e le informazioni indicati nell'elenco previsto al punto 3.6.

3.6. Per la trasmissione dei dati previsti al punto 3.1, in relazione ai combustibili per uso marittimo, è utilizzato il seguente elenco:

Elenco per la trasmissione dei dati relativi ai combustibili marittimi

Dati relativi a ciascuna singola nave soggetta ad accertamento mediante controllo dei documenti di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile o mediante campionamento e analisi del combustibile
Nome, bandiera e porto d'iscrizione  
Numero IMO  
(indicare ND se la nave non dispone di un identificativo IMO)
Tipo di nave - Stazza - Età  
Tipo di combustibile utilizzato  
Tenore di zolfo accertato (%m/m)  
Descrizione dei metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo 295, comma 19, del Dlgs 152/2006, utilizzati da navi battenti bandiera italiana  
Descrizione dei metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo 295, comma 20, del Dlgs 152/2006, utilizzati da navi battenti bandiera italiana, inclusa la descrizione dei requisiti di cui alle lettere a) e b) di tale comma  
Accertamento di non conformità (NC) e sua descrizione  
(indicare la fattispecie sulla base di quelle previste dall'articolo 295 del Dlgs 152/2006; per es. nave all'ormeggio, nave passeggeri, ecc.)
Procedimenti giudiziari o amministrativi avviati per violazioni e sanzioni ed altre misure applicate  
Numero di campioni  
Tipo di campioni  
Metodo di campionamento utilizzato  
Punti di prelievo  
Ubicazione del rifornimento di combustibile  
Bollettino di consegna del combustibile  
(indicare se è presente e correttamente compilato)
Registro degli idrocarburi  
(indicare se è presente e correttamente compilato)
Giornali di bordo  
(indicare se sono presenti e correttamente compilati)
Descrizione delle operazioni di cambio dei combustibili effettuate  
(indicare la data e il luogo del cambio ed i combustibili sostituiti e la corretta o meno registrazione del cambio sui documenti di bordo)
Dati aggregati
Numero annuo totale di non conformità  
Tipo di non conformità  
(indicare la fattispecie sulla base di quelle previste dall'art. 295 del Dlgs 152/2006; ad es. nave passeggeri, nave all'ormeggio, ecc.)
Gravità della non conformità  
1) scostamenti ≤ 25%
2) scostamenti ≤ 50%
3) scostamenti ≤ 75%
4) scostamenti> 75%
(indicare il numero di non conformità accertate per ciascuno dei sopra indicati livelli percentuali di scostamento dal valore limite)
Contenuto medio del tenore di zolfo (% m/m)  
(indicare la media di tutti gli accertamenti effettuati, distinti per le seguenti tipologie di combustibile:
Gasolio marino qualità DMA
Gasolio marino qualità DMX
Olio diesel marino qualità DMB
Olio diesel marino qualità DMC
Altri combustibili per uso marittimo)
Rapporti di cui all'articolo 296, commi 10 ter e 10 quater  
Descrizione dei metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo 295, comma 19, del Dlgs 152/2006, utilizzati da navi battenti bandiera italiana  
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole navi)
Descrizione dei metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo 295, comma 20, del Dlgs 152/2006, utilizzati da navi battenti bandiera italiana, inclusa la descrizione dei requisiti di cui alle lettere a) e b) di tale comma  
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole navi)
Notifiche e lettere di protesta ricevute dai fornitori di combustibili marittimi  
Numero totale annuo degli accertamenti mediante controllo dei documenti di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile  
Ubicazione del rifornimento di combustibile  
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole navi)
Bollettino di consegna del combustibile  
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole navi)
Registro degli idrocarburi  
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole navi)
Giornali di bordo  
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole navi)
Descrizione delle operazioni di cambio dei combustibili effettuate  
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole navi, limitatamente al numero totale di cambi effettuati ed alla corretta registrazione di tali cambi sui documenti di bordo)
Elenco di cui all'articolo 295, comma 12, del Dlgs 152/2006  
Numero totale e tipo di procedimenti giudiziari o amministrativi avviati e sanzioni ed altre misure applicate per violazioni, con indicazione dell'importo di ciascuna sanzione, nei confronti di operatori delle navi e fornitori di combustibili marittimi  
(indicare i procedimenti avviati e le sanzioni e le misure applicate nel corso dell'anno anche se riferiti a violazioni commesse in anni precedenti)

Tabella I*
Combustibile Tenore di zolfo accertato (% m/m) Metodo utilizzato per la determinazione del tenore di zolfo Tenore massimo di zolfo previsto dalla legge (1) (% m/m) Modalità di accertamento
Olio combustibile pesante        
Gasolio        

(1) L'indicazione del tenore massimo deve essere accompagnata da quella della disposizione che lo prevede

* Ciascuna riga si riferisce ad un singolo accertamento

Tabella II
Dati indentificativi dell'impianto:
 
Combustibili Quantitativi totali (kt/anno) (2) Tenore massimo di zolfo previsto dalla legge (% m/m)
Gasolio   0,20
(come tale o in emulsione) (1)   0,10
    0,3
Olio combustibile pesante   1,0
(come tale o in emulsione) (1)   3,0
    4,0

(1) Per la emulsione è escluso il quantitativo di acqua

(2) Nei quantitativi totali sono inclusi i quantitativi di combustibile, prodotti o importati, ed utilizzati all'interno dell'impianto (consumi interni)

Tabella III

Combustibili per uso marittimo Quantitativi totali (kt/anno) Tenore massimo di zolfo previsto dalla legge
(% m/m)
Gasolio marino qualità DMA, DMX, DMZ (1)   0,10
Altro
Olio diesel marino qualità DMB (1) 0,10
1,50
Altro
Altri combustibili per uso marittimo (2) 3,50
0,10
1,50
(1) la distinzione del dato in funzione di ciascuna qualità di combustibile è richiesta ove tale informazione sia disponibile.
(2) Combustibili per uso marittimo diversi da gasolio marino e olio diesel marino.

(1) La distinzione del dato in funzione di ciascuna qualità combustibile è richiesta ova tale informazione sia disponibile

(2) Combustibili per uso marittimo diversi da gasolio marino e olio diesel marino

Tabella IV
Dati indentificativi dell'impianto:
 
Combustibili Quantitativi totali (kt/anno) Tenore massimo di zolfo previsto dalla legge (% m/m)
Olio combustibile pesante (come tale o in emulsione) (1)   0,3
  1,0
  3,0
  4,0

(1) Per le emulsioni è escluso il quantitativo di acqua.

Sezione 4

Valori di emissione equivalenti per i metodi di riduzione delle emissioni

1. Ai fini previsti dall'articolo 295, comma 20, lettera a), si applicano i seguenti valori di emissione equivalenti ai limiti di tenore di zolfo dei combustibile per uso marittimo:

Tenore di zolfo del combustibile per uso marittimo Rapporto emissione SO2 (ppm)/CO2
(% m/m) (% v/v)
3,50 151,7
1,50 65,0
1,00 43,3
0,50 21,7
0,10 4,3

2. Il rapporto di equivalenza di cui al punto 1 si applica solo se si utilizzano un distillato a base di petrolio o oli combustibili residui. Se si utilizza un altro tipo di combustibile, l'operatore deve individuare un'altra idonea modalità ai fini prevista all'articolo 295, comma 20, lettera a).

3. In casi in cui la concentrazione di CO2 è ridotta da un sistema di depurazione dei gas di scarico, la concentrazione di CO2, può essere misurata nel punto di ingresso di tale sistema, purché l'operatore fornisca una adeguata giustificazione e dimostri che la metodologia è idonea ai fini della misura.

Sezione 5

Criteri per l'utilizzo dei metodi di riduzione delle emissioni

1. I metodi di riduzione delle emissioni previsti all'articolo 295, commi 19 e 20, devono rispettare, ai fini dell'utilizzo, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, ivi inclusi i porti, almeno i seguenti criteri individuati in funzione dello specifico tipo di metodo:

Metodo di riduzione delle emissioni Criteri per l'utilizzo
A.  
Utilizzo di una miscela di combustibile per uso marittimo e gas di evaporazione (per le navi all'ormeggio) Si applicano i criteri previsti dalla decisione della Commissione europea 2010/769/UE del 13 dicembre 2010.
B.  
Sistemi di depurazione dei gas di scarico Si applicano i criteri previsti dalla risoluzione MEPC.184(59).
  Le acque di lavaggio risultanti dai sistemi di depurazione dei gas di scarico che utilizzano prodotti chimici, additivi o preparati o che creano rilevanti agenti chimici durante l'esercizio, previsti dal punto 10.1.6.1 della risoluzione MEPC.184(59), non possono essere scaricate in mare, inclusi baie, porti ed estuari, eccettuato il caso in cui l'utilizzatore dimostri che tali gli scarichi non producono impatti negativi rilevanti e non presentano rischi per la salute umana e l'ambiente. Se il prodotto chimico utilizzato è la soda caustica, tali scarichi sono ammessi se rispettano i criteri stabiliti nella risoluzione MEPC.184(59), ed un limite per il pH pari a 8,0.
C. Si utilizzano combustibili definiti biocarburanti nella direttiva 2009/28/CE e che rispettano le pertinenti norme CEN e ISO.
Utilizzo di biocarburanti
Restano fermi i limiti di tenore di zolfo previsti dall'articolo 295 per le miscele di biocarburanti e combustibili per uso marittimo.

Sezione 6

Rapporto per la comunicazione prevista all'articolo 296, comma 10-ter

1. Ai fini della comunicazione prevista all'articolo 296, comma 10-ter, si utilizza il seguente rapporto:

Rapporto di indisponibilità di combustibile a norma (facsimile)

Data:

Campo Nome del campo Dati Note e istruzioni di compilazione
1 Nome della compagnia della nave   Inserire il nome della compagnia della nave
2 Nome della Nave   Inserire il nome della nave
3 Paese di bandiera   Inserire il codice paese come da ISO 3166
(Un elenco dei codici è reperibile al seguente indirizzo) https://www.iso.org/obp/ui/#search
4 Numero IMO   Inserire il numero identificativo IMO assegnato alla nave.
Inserire “ND” se non si dispone di un numero identificativo IMO
5 Data prima comunicazione   Inserire la data in cui la nave ha ricevuto la prima comunicazione di dover effettuare un viaggio comportante il transito nelle acque di giurisdizione italiana
6 Luogo di prima comunicazione   Inserire il nome del porto in cui la nave ha ricevuto la prima comunicazione di dover effettuare un viaggio comportante il transito nelle acque di giurisdizione italiana
Nota: se la nave ha ricevuto la comunicazione in navigazione, fornire le coordinate della nave al momento della comunicazione
7 Nomi dei porti dopo la prima comunicazione   Inserire i nomi di tutti i successivi porti noti, che la nave dovrà scalare durante il viaggio pianificato, dopo aver ricevuto la comunicazione di dover effettuare un viaggio comportante il transito nelle acque di giurisdizione italiana.
8 Nome dell'ultimo porto prima dell’ingresso in acque Italiane   Inserire il nome del porto precedente a quello di ingresso in acque di giurisdizione italiana
Nota: questo porto deve essere riportato anche nel Campo 7
9 Nome del porto in cui si è verificato il disservizio sul rifornimento di combustibile   Inserire il nome del porto si è verificato il disservizio sul rifornimento di combustibile. Se non si è trattato di un disservizio sul rifornimento inserire “ND”
10 Nome del fornitore di carburante che ha originato il disservizio   Immettere il nome del fornitore di carburante previsto nel porto di cui al campo 9 all'unità che sta attualmente riportando la non conformità del carburante utilizzato.
Se non si è trattato di un disservizio sul rifornimento inserire “ND”
11 Numero di fornitori contattati   Inserire il numero dei fornitori contattati nel porto indicato al Campo 9 dove si è verificato il disservizio del rifornimento.
Se non si è trattato di un disservizio sul rifornimento inserire “ND”.
Nota: si prega di inserire le informazioni di contatto dei fornitori
12 Data e orario stimati di arrivo nelle acque di giurisdizione Italiane   Inserire data e ora stimate di ingresso nelle acque di giurisdizione Italiane
Formato:anno/mese/giorno/ora
13 Contenuto di zolfo del combustibile non conforme   Inserire il contenuto di zolfo, in percentuale per massa
(% m/m) del combustibile non conforme che verrà usato all'ingresso e durante le operazioni nelle acque di giurisdizione Italiana
14 Stima delle ore d'impiego del propulsore principale   Inserire il numero di ore previsto durante le quali i motori principali funzioneranno con il combustibile non conforme, nelle acque di giurisdizione Italiana
15 Nome del primo porto italiano di accosto   Inserire il nome del primo porto italiano di accosto
16 E’ disponibile combustibile conforme nel primo porto italiano?   Il primo porto italiano di accosto avente disponibilità di combustibile conforme?
S: Si
N: No
17 Piano di rifornimento di combustibile conforme nel primo porto italiano di accosto ?   La vostra nave ha pianificato il rifornimento di combustibile a norma nel primo porto italiano ?
S: Si
N: No
18 Numero di fornitori contattati al primo porto italiano   Inserire il numero di fornitori contattati al primo porto di accosto indicato nel Campo 15.
Nota: Se il Campo 17 è “S”, allora inserire “ND”.
Fornire informazioni di contatto dei fornitori
19 Nome del secondo porto italiano di accosto   Inserire il nome del secondo porto italiano di accosto.
Nota: Se il Campo 17 è “S”, allora inserire “ND” / Se il vostro successivo porto di accosto non è in Italia allora inserire “Nessuno”
20 E’ disponibile combustibile conforme nel secondo porto italiano?   E’ disponibile combustibile conforme nel secondo porto italiano di accosto?
S: Si
N: No
Nota: Se il Campo 17 è “ND” o il campo 19 è “Nessuno” allora inserire “ND”
21 Piano di rifornimento di combustibile conforme, nel secondo porto italiano?   La nave ha pianificato il bunker al secondo porto italiano?
S: Si
N: No
Nota: Se Campo 17 è “ND” o il 19 è “Nessuno” allora inserire “ND”
22 Numero di fornitori contattati al secondo porto italiano   Inserire il numero di fornitori contattati al secondo porto di accosto al Campo 19
Nota: Se il Campo 19 è “ND” o “Nessuno” allora inserire “ND”.
Nota: Prego fornire informazioni di contatto dei fornitori
23 Data e orario stimati di uscita dalle acque di giurisdizione Italiana   Inserire data e ora stimate di uscita dalle acque di giurisdizione Italiana
Formato:anno/mese/giorno/ora
24 Sono stati presentati analoghi rapporti precedentemente?   Indicare se la compagnia indicata al Campo 1 ha già presentato analoghi rapporti per qualsiasi nave nei precedenti 12 mesi
S: Si
N: No
25 Numero di rapporti presentati   Inserire il numero di Rapporti di indisponibilità presentati negli ultimi 12 mesi (Includere il presente nel totale)
Nota: Se il Campo 24 è “N”, allora inserire “1”
26 Funzionario della Società Armatrice Nome, e-mail e telefono   Inserire il nome di un funzionario della Società armatrice designato quale punto di contatto (includendo il titolo, es: Dott, Sig., Cap.,ecc.), l'e-mail e il telefono (includendo il prefisso internazionale se non italiano)
27 Descrizione delle azioni intraprese per raggiungere la conformità, eventuali ulteriori problemi, commenti o altre informazioni   Fornire una descrizione delle azioni intraprese per raggiungere la conformità, eventuali ulteriori problemi, commenti o altre informazioni afferenti alla situazione di non conformità della nave ai requisiti per il combustibile marino previsti nelle acque di giurisdizione italiana.
Nota: Si può scegliere di allegare un documento separato che contenga tale descrizione (formato pdf).
Se si sceglie di allegare un documento separato, immettere “allegato” in questo campo.
Se non si dispone di queste informazioni, inserire “ND”

Parte II

Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura

Sezione 1

Combustibili liquidi

1. Gasolio, kerosene olio combustibile ed altri distillati leggeri, medi e pesanti di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettere e) e h), paragrafo 2 lettera a), paragrafo 4, lettera a), paragrafo 5 lettera a) e sezione 2, paragrafo 1, lettere d), e), ed.1)]

Tipo di Gasolio / Olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio
combustibile liquido kerosene / distillati leggeri e medi di petrolio Fluidissimo BTZ Fluido BTZ Semifluido BTZ Denso ATZ Denso BTZ Metodo di analisi
Caratteristica Unità   1 2 3 4 5 6 7 8 9 10  
Viscosità                
a 50 C mm2/s   <21,2 da 21,2 a 36,4 da 37,5 a 91,0 >di 91 >di 91 EN ISO 3104
a 50 C °E   <3 da 3,0 a 5,0 da 5,1 a 12,0 >di 12 >di 12 EN ISO 3104
a 40 C mm2/s Da 2,0 a 7,4 (1)           EN ISO 3104
Acqua e sedimenti % (V/V) ≤ 0,05 ≤0,05 ≤1,0 ≤1,0     UNI 20058
Acqua % (V/V)         ≤1,5(6) ≤1,5 ISO 3733
Sedimenti % (V/V)         ≤0,5 ≤0,5 ISO 3735
    ≤0,20                     ISO 8754
Zolfo % (m/m) ≤0,10(5) ≤0,3 1 ≤0,3 1 ≤0,3 1 ≤3,0 ≤4,0 ≤0,3 1 UNI EN ISO 14596
Residuo carbonioso % (m/m)   ≤6 ≤15 ≤6 ≤15 ≤6 ≤15 ≤18 ≤6 ≤15 ISO 6615
Nichel + Vanadio mg/kg ≤15 ≤50 ≤180 ≤50 ≤180 ≤50 ≤180 ≤230(2) ≤50 ≤180 UNI e 09.10.024.0 EN 13131(3)
Ceneri % (m/m)   ≤0,05 ≤0,10 ≤0,15 ≤0,20(7) ≤0,20 UNI EN ISO 6245
PCB/PCT mg/kg Inferiore al limite di rilevabilità Inferiore al limite di rilevabilità Inferiore al limite di rilevabilità Inferiore al limite di rilevabilità Inferiore al limite di rilevabilità Inferiore al limite di rilevabilità DIN 51527(4) EN 12766

(1) Solo per il gasolio

(2) Il valore è di 180 mg/kg per gli impianti di cui alla parte I, sezione 1, paragrafo 2 fino all'adeguamento.

(3) Il metodo UNI E 09.10.024.0 è utilizzato, in via transitoria, fino alla pubblicazione del metodo 13131.

(4) Il metodo DIN 51527 è utilizzato, in via transitoria, fino alla pubblicazione del metodo EN 12766.

(5) Tale specifica è riferita solo al gasolio e si applica a partire dal 1° gennaio 2008.

(6) Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da avviare a successivo trattamento di centrifugazione, filtrazione e miscelazione con idrocarburi è consentito un contenuto massimo di acqua pari al 15% V/V

(7) Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da avviare a successivo trattamento di centrifugazione, filtrazione e miscelazione con idrocarburi è consentito un contenuto massimo di ceneri pari all'1,5% m/m

2. Emulsioni acqua - bitumi [parte I, sezione 1, paragrafo 3, lettera a)]

Caratteristica Unità Emulsioni acqua-bitumi naturali Emulsioni acqua - altri bitumi Metodi di analisi
Acqua % (m/m) ≤35% ≤35% ISO 3733
Zolfo % (m/m) ≤3%* ≤3%*/** ASTM D 1552
Nichel + Vanadio mg/kg ≤450* ≤230* 1)

1) Fino all'adozione di una metodica ufficiale da parte dei competenti organismi di normazione, per l'analisi del nichel e vanadio si applica un metodo di comprovata validità concordato con l'autorità competente. Fino a tale data non si applica la norma EN ISO 4259 per la trattazione dei risultati.

* I valori limite sono riferiti all'emulsione tal quale.

** Per emulsioni derivanti da greggi nazionali il valore è ≤8%.

3. Biodiesel [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettera g) e sezione 2, paragrafo 1, lettera i)]

Proprietà Unità Limiti Metodo di prova
    Minimo Massimo  
Viscosità a 40 °C mm2/s 3,5 5,0 EN ISO 3104
        ISO 3105
Residuo carbonioso (a) (sul 10% residuo distillazione) % (m/m) - 0,30 EN ISO 10370
Contenuto di ceneri solfatate % (m/m) - 0,02 ISO 3987
Contenuto di acqua mg/kg - 500 EN ISO 12937:2000
Contaminazione totale* mg/kg - 24 EN 12662
Valore di acidità mg KOH/g   0,50 EN 14104
Contenuto di estere (b)* % (m/m) 96,5   EN 14103
Contenuto di monogliceridi % (m/m)   0,80 EN 14105
Contenuto di digliceridi % (m/m)   0,20 EN 14105
Contenuto di trigliceridi* % (m/m)   0,20 EN 14105
Glicerolo libero (c)* % /m/m)   0,02 EN 14105
        EN 14106
CFPP (d) °C     UNI EN 116
Punto di scorrimento (e) °C   0 ISO 3016
Potere calorifico inferiore (calcolato) MJ/kg 35   DIN 51900:1989
        DIN 51900-1:1998
        DIN 51900-2:1977
        DIN 51900-3:1977
Numero di iodio g iodio/100 g   130 EN 14111
Contenuto di zolfo mg/kg   10,0 prEN ISO 20846
        prEN ISO 20884
Stabilità all'ossidazione 110°C ore 4,0 - EN 14112
(a) Per ottenere il 10% residuo deve essere utilizzato il metodo ASTM D 1160.
(b) Non è consentita l'aggiunta di esteri diversi da quelli propri del biodiesel e di altre sostanze diverse dagli additivi.
(c) In caso di controversia sul glicerolo libero, si deve utilizzare il EN 14105.
(d) Per il biodiesel da utilizzare tal quale, il limite massimo coincide con quello previsto dalla UNI 6579.
(e) Il biodiesel destinato alla miscelazione con oli combustibili convenzionali non deve contenere additivi migliorativi della filtrabilità a freddo.
* In caso di controversia per la determinazione della contaminazione totale, del contenuto di esteri, del contenuto di trigliveridi e del glicerolo libero non si applica il criterio del 2R della UNI EN ISO 4259 rispetto al limite indicato in tabella.

4. Per la determinazione delle caratteristiche dei combustibili di cui alla presente sezione si applicano i metodi riportati nelle tabelle di cui ai paragrafi da 1 a 3 riferiti alle versioni più aggiornate. Salvo quanto diversamente disposto nei paragrafi 2 e 3, la trattazione dei risultati delle misure è effettuata secondo la norma EN ISO 4259. Per l'arbitrato è utilizzato il metodo EN ISO 14596 - edizione 1998.

Sezione 2

Combustibili solidi

1. Caratteristiche e metodi di prova per i combustibili solidi [parte 1, sezione 1, paragrafo 1, lettere o), p) e q), paragrafo 2, lettera e), paragrafo 5, lettera d)]

Tipo   Materie volatili (b) Ceneri (b) Zolfo (b) Umidità (b) Potere calorifico inferiore (c)
    % % % % MJ/Kg  
Coke 1   ≤ 12   ≤ 12   Coke
metallurgico e da gas 2 ≤ 2 ≤ 10 ≤ 1 ≤ 8 ≥ 27,63 metallurgico e da gas
Antracite, prodotti antracitosi e loro miscele 3 ≤ 13 ≤ 10 ≤ 1 ≤ 5 ≥ 29,31 Antracite, prodotti antracitosi e loro miscele
Carbone da vapore 4 ≤ 40 ≤ 16 ≤ 1     Carbone da vapore
Agglomerati di lignite 5 ≤ 40 ≤ 16 ≤ 0,5 ≤ 15 ≥ 14,65 Agglomerati di lignite
Coke da 7 (a) ≤ 12   ≤ 3     Coke da
petrolio 8 (d) ≤ 14   ≤ 6   ≥ 29,31 petrolio
Norma per l’analisi   ISO 562 UNI 7342 UNI 7584 UNI 7340 ISO 1928

(a) - per gli impianti di cui alla parte I, paragrafo 2

(b) - i valori rappresentano limiti massimi come percentuali di massa sul prodotto tal quale

(c) - valori minimi riferiti al prodotto tal quale

(d) - per gli impianti di cui alla parte I, paragrafo 5

Sezione 3

Caratteristiche delle emulsioni acqua - gasolio, acqua - kerosene e acqua - olio combustibile

1. Emulsione acqua-gasolio, acqua-kerosene o acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio (parte 1, sezione 1 paragrafo 1, lettera f) e sezione 2, paragrafo 1, lettera e)

1.1 II contenuto di acqua delle emulsioni di cui al punto 1 non può essere inferiore al 10%, né superiore al 30%.

1.2 Le emulsioni di cui al punto 1 possono essere stabilizzate con l'aggiunta, in quantità non superiore al 3%, di tensioattivi non contenenti composti del fluoro, del cloro né metalli pesanti. In ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per il quale è previsto un limite massimo di specifica nel combustibile usato per preparare l'emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve essere tale che il contenuto totale di questo elemento nell'emulsione, dedotta la percentuale di acqua, non superi il suddetto limite di specifica.

1.3 Le emulsioni di cui al punto 1 si definiscono stabili alle seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 20°C ± 1°C e sottoposto a centrifugazione con un apparato conforme al metodo ASTM D 1796 con una accelerazione centrifuga pari a 30.000 m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga relativa a pari a 3060) per 15 minuti, non deve dar luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alla voce «Acqua e sedimenti».

1.4 In alternativa al metodo di cui al comma precedente, per verificare che l'emulsione sia stabile, e cioè che non dia luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alla voce «Acqua e sedimenti», può essere utilizzato il metodo indicato all'articolo 1, comma 1, del decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle Finanze del 20 marzo 2000.

1.5 La rispondenza delle emulsioni ai suddetti requisiti di stabilità e composizione deve essere certificata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI-CEI EN 45001 per le prove sopracitate. Il sistema di accreditamento deve essere conforme alla norma UNI-CEI EN 45003 e deve valutare la competenza dei laboratori secondo la norma UNI-CEI EN 42002.

2. Emulsioni acqua-olio combustibile, ed altri distillati pesanti di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettera i), paragrafo 2 lettera b), paragrafo 4 lettera b) e paragrafo 5 lettera b) e sezione 2, paragrafo 1, lettera m)]

2.1 II contenuto di acqua delle emulsioni di cui al punto 2 non può essere inferiore al 10%, né superiore al 30%.

2.2 Le emulsioni di cui al punto 2 possono essere stabilizzate con l'aggiunta, in quantità non superiore al 3%, di tensioattivi non contenenti composti del fluoro, del cloro né metalli pesanti. In ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per il quale è previsto un limite massimo di specifica nel combustibile usato per preparare l'emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve essere tale che il contenuto totale di questo elemento nell'emulsione, dedotta la percentuale di acqua, non superi il suddetto limite di specifica.

2.3 Le emulsioni di cui al punto 2 si definiscono stabili alle seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 50°C ± 1°C e sottoposto a centrifugazione con un apparato conforme al metodo ASTM D 1796 con una accelerazione centrifuga pari a 30.000 m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga relativa pari a 3060) per 15 minuti, non deve dar luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita alla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alle voci «Acqua e sedimenti», «Acqua» e «Sedimenti».

2.4 In alternativa al metodo di cui al comma precedente, per verificare che l'emulsione sia stabile, e cioè che non dia luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alle voci «Acqua e sedimenti», «Acqua» e «Sedimenti», può essere utilizzato il metodo indicato all'articolo 1, comma 2, decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle Finanze del 20 marzo 2000.

La rispondenza delle emulsioni ai suddetti requisiti di stabilità e composizione deve essere certificata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI-CEI EN 45001 per le prove sopraccitate. Il sistema di accreditamento deve essere conforme alla UNI-CEI EN 45003 e deve valutare la competenza dei laboratori secondo la norma UNI-CEI EN 42002.

Sezione 4

Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo

(parte 1, sezione 1, paragrafo 1 lettera n) e sezione 2, paragrafo 1, lettera h))

1. Tipologia e provenienza

a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;

b) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essiccazione di coltivazioni agricole non dedicate;

c) Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;

d) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica e dal trattamento con aria, vapore o acqua anche surriscaldata di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti;

e) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essiccazione di prodotti agricoli;

f) Sansa di oliva disoleata avente le caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenuta dal trattamento delle sanse vergini con n-esano per l'estrazione dell'olio di sansa destinato all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico, purché i predetti trattamenti siano effettuati all'interno del medesimo impianto; tali requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dell'impianto stesso di produzione, devono risultare da un sistema di identificazione conforme a quanto stabilito al punto 3:

Caratteristica Unità Valori minimi / massimi Metodi di analisi
Ceneri % (m/m) ≤ 4% ASTM D 5142-98
Umidità % (m/m) ≤ 15% ASTM D 5142-98
N-esano mg/kg ≤ 30 UNI 22609
Solventi organici clorurati   assenti *
Potere calorifico inferiore     ASTM D
  MJ/kg ≥ 15,700 5865-01
(*) Nel certificato di analisi deve essere indicato il metodo impiegato per la rilevazione dei solventi organici clorurati

g) Liquor nero ottenuto nelle cartiere dalle operazioni di lisciviazione del legno e sottoposto ad evaporazione al fine di incrementarne il residuo solido, purché la produzione, il trattamento e la successiva combustione siano effettuate nella medesima cartiera e purché l'utilizzo di tale prodotto costituisca una misura per la riduzione delle emissioni e per il risparmio energetico individuata nell'autorizzazione integrata ambientale;

h) prodotti greggi o raffinati costituiti prevalentemente da gliceridi di origine animale qualificati dal regolamento (CE) n. 1069/2009 del 21 ottobre 2009, dal regolamento (UE) n. 142/2011 del 25 febbraio 2011, modificato dal regolamento (UE) n. 592/2014 del 3 giugno 2014, e da successivi regolamenti attuativi come sottoprodotti di origine animale o prodotti derivati che è possibile utilizzare nei processi di combustione, purché:

siano applicati i metodi di trasformazione, le condizioni di combustione e le altre condizioni prescritti per l'uso di tali materiali come combustibili dal regolamento (UE) n. 142/2011 del 25 febbraio 2011, modificato dal regolamento (UE) n. 592/2014 del 3 giugno 2014, e da successivi regolamenti attuativi del regolamento (CE) n. 1069/2009 del 21 ottobre 2009;

i materiali rispettino i valori limite previsti dalla seguente tabella:

Proprietà Unità di misura Valori limite Metodo di prova
Densità a 15 °C (kg/m3) 850-970 ISO 6883
Densità a 60 °C (kg/m3) 820-940 UNI EN ISO 3675
Viscosità a 50 °C (cST) Max. 100 UNI EN ISO 3104
Contenuto di acqua (%m/m) Max. 1 UNI EN ISO 12937
Ceneri (%m/m) Max. 0.05 ISO 6884
Sedimenti totali (mg/kg) Max. 1.500 ISO 10307-1
Potere Calorifico Inferiore (MJ/kg) Min. 33 ASTM-D 240
Punto di infiammabilità °C Min. 120 ISO 15267
Stabilità all'ossidazione 110°C (h) Min. 4 ISO 6886
Residuo carbonioso (%m/m) Max. 1,5 UNI EN ISO 10370
Acidità forte (SAN) (mgKOH/g) LR ASTM-D 664
Zolfo mg/kg Max. 200 UNI EN ISO 20884
Solventi organici clorurati mg/kg LR EN ISO 16035
Solventi idrocarburici (Esano) mg/kg Max. 300 UNI EN ISO 9832
LR: il valore rilevato deve essere inferiore al limite di rilevabilità specifico per il metodo di analisi indicato

L'utilizzo di tali materiali come combustibili è in tutti i casi escluso negli impianti termici civili di cui alla parte quinta, titolo II, del presente decreto.

h-bis) Farina di vinaccioli disoleata, avente le caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenuta dalla disoleazione dei vinaccioli con n-esano per l'estrazione di olio di vinaccioli e da successivo trattamento termico ed eventuali trattamenti meccanici e lavaggi, purché tutti i predetti trattamenti siano effettuati all'interno del medesimo stabilimento; tali requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dello stabilimento stesso di produzione, devono risultare da un sistema di identificazione conforme a quanto stabilito al paragrafo 3.

Caratteristica Unità Valori minimi/massimi UNI 11459: 2016 Metodi di analisi
Umidità % (m di H2O/m totale) ≤ 15 UNI EN 14774-1/2/3
N-Esano mg/kg ≤ 30 UNI 22609
Ceneri sul secco % (m/m) ≤ 5,9 UNI EN 14775
Potere calorifico inferiore sul secco MJ/kg ss ≥ 16,5 UNI EN 14918
Potere calorifico inferiore sul tal quale (umidità 15%) MJ/kg tq ≥ 15,7 UNI EN 14918
Solventi organici clorurati   LR UNI EN ISO 16035
LR: il valore misurato, espresso in mg/kg, deve essere minore del Limite di Rilevabilità specifico per il metodo di analisi indicato in colonna

1-bis. Salvo il caso in cui i materiali elencati nel paragrafo 1 derivino da processi direttamente destinati alla loro produzione o ricadano nelle esclusioni dal campo di applicazione della parte quarta del presente decreto, la possibilità di utilizzare tali biomasse secondo le disposizioni della presente parte quinta è subordinata alla sussistenza dei requisiti previsti per i sottoprodotti dalla precedente parte quarta.

2. Condizioni di utilizzo

2.1 La conversione energetica della biomasse di cui al paragrafo 1 può essere effettuata attraverso la combustione diretta, ovvero previa pirolisi o gassificazione.

2.2 Modalità di combustione

Al fine di garantire il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente decreto, le condizioni operative devono essere assicurate, alle normali condizioni di esercizio, anche attraverso:

a) l'alimentazione automatica del combustibile (non obbligatoria se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto di cui al titolo I o di ciascun singolo focolare di cui al titolo II è inferiore o uguale a 1 MW);

b) il controllo della combustione, anche in fase di avviamento, tramite la misura e la registrazione in continuo, nella camera di combustione, della temperatura e del tenore di ossigeno, e la regolazione automatica del rapporto aria/combustibile (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto è inferiore o uguale a 3 MW);

c) l'installazione del bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto è inferiore o uguale a 6 MW);

d) la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso, della temperatura e delle concentrazioni di monossido di carbonio, degli ossidi di azoto e del vapore acqueo (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale complessiva è inferiore o uguale a 6 MW). La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi;

e) la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso, delle concentrazioni di polveri totali e carbonio organico totale (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale complessiva è inferiore o uguale a 20 MW);

f) la misurazione con frequenza almeno annuale della concentrazione negli effluenti gassosi delle sostanze per cui sono fissati specifici valori limite di emissione, ove non sia prevista la misurazione in continuo.

3. Norme per l'identificazione delle biomasse di cui al paragrafo 1, lettera f) e lettera h-bis)

3.1. La denominazione «sansa di oliva disoleata» o la denominazione «farina di vinaccioli disoleata», la denominazione e l'ubicazione dell'impianto di produzione, l'anno di produzione, nonché il possesso delle caratteristiche di cui alla tabella riportata al paragrafo 1 devono figurare:

a) in caso di imballaggio, su apposite etichette o direttamente sugli imballaggi;

b) in caso di prodotto sfuso, nei documenti di accompagnamento.

Nel caso di imballaggi che contengano quantitativi superiori a 100 kg è ammessa la sola iscrizione dei dati nei documenti di accompagnamento.

Un esemplare dei documenti di accompagnamento, contenente le informazioni prescritte, deve essere unito al prodotto e deve essere accessibile agli organi di controllo.

3.2. Le etichette o i dati stampati sull'imballaggio, contenenti tutte le informazioni prescritte, devono essere bene in vista. Le etichette devono essere inoltre fissate al sistema di chiusura dell'imballaggio. Le informazioni devono essere redatte almeno in lingua italiana, indelebili e chiaramente leggibili e devono essere nettamente separate da altre eventuali informazioni concernenti il prodotto.

3.3. In caso di prodotto imballato, l'imballaggio deve essere chiuso con un dispositivo o con un sistema tale che, all'atto dell'apertura, il dispositivo o il sigillo di chiusura o l'imballaggio stesso risultino irreparabilmente danneggiati.

Sezione 5

Caratteristiche e condizioni di utilizzo degli idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio (parte I, sezione 1, paragrafo 4, lettera d))

1. Provenienza

Gli idrocarburi pesanti devono derivare dai processi di lavorazione del greggio (distillazione, processi di conversione e/o estrazione)

2. Caratteristiche degli idrocarburi pesanti e metodi di misura.

Gli idrocarburi pesanti devono avere le seguenti caratteristiche, da misurare con i pertinenti metodi:

    Metodi di misura
Potere calorifico inferiore sul tal quale min. 35.000 kJ/kg  
Contenuto di ceneri sul tal quale in massa max 1% UNI EN ISO 6245
Contenuto di zolfo sul tal quale in massa max 10% UNI EN ISO 8754

3. Condizioni di impiego:

Gli idrocarburi pesanti possono essere impiegati solo previa gassificazione per l'ottenimento di gas di sintesi e alle seguenti condizioni:

3.1 II gas di sintesi può essere destinato alla produzione di energia elettrica in cicli combinati o nella combustione diretta (in caldaie e/o forni), in impianti con potenza termica nominale non inferiore a 50 MW localizzati nel comprensorio industriale in cui è prodotto. A tal fine si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun singolo impianto anche nei casi in cui più impianti sono considerati, ai sensi dell'articolo 273, comma 9, come un unico impianto.

3.2 Gli impianti di cui al punto 3.1 devono essere attrezzati per la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso in atmosfera, della temperatura, del tenore volumetrico di ossigeno, del tenore di vapore acqueo e delle concentrazioni di monossido di carbonio e degli ossidi di azoto; la misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi.

3.3 I valori limite di emissione nell'effluente gassoso derivante dalla combustione del gas di sintesi in ciclo combinato per la produzione di energia elettrica, riferiti ad un tenore volumetrico di ossigeno nell'effluente gassoso anidro del 15%, sono i seguenti:

a) Polveri totali 10 mg/Nm3 (1)
b) Ossidi di azoto (espressi come NO2) 70 mg/Nm3 (1)
c) Ossidi di zolfo (espressi come SO2) 60 mg/Nm3 (1)
d) Monossido di carbonio 50 mg/Nm3 (1) (come valore medio giornaliero)
(1) I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali: 0° Centigradi e 0.1013 MPa

3.4 I valori limite di emissione nell'effluente gassoso derivante dalla combustione del gas di sintesi in forni e caldaie, non facenti parte dei cicli combinati, riferiti ad un tenore volumetrico di ossigeno nell'effluente gassoso anidro del 3%, sono i seguenti:

a) Polveri totali 30 mg/Nm3 (1)
b) Ossidi di azoto (espressi come NO2) 200 mg/Nm3 (1)
c) Ossidi di zolfo (espressi come SO2) 180 mg/Nm3 (1)
d) Monossido di carbonio 150 mg/Nm3 (1) (come valore medio giornaliero)
(1) I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali: 0° Centigradi e 0.1013 MPa

Sezione 6

Caratteristiche e condizioni di utilizzo del biogas

(parte I, sezione paragrafo 1, lettera r) e sezione 2, paragrafo 1, lettera n))

1. Provenienza:

Il biogas deve provenire dalla fermentazione anaerobica metanogenica di sostanze organiche, quali per esempio effluenti di allevamento, prodotti agricoli o borlande di distillazione, purché tali sostanze non costituiscano rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. In particolare non deve essere prodotto da discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a matrice organica. Il biogas derivante dai rifiuti può essere utilizzato con le modalità e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti.

2. Caratteristiche

Il biogas deve essere costituito prevalentemente da metano e biossido di carbonio e con un contenuto massimo di composti solforati, espressi come solfuro di idrogeno, non superiore allo 0.1%v/v.

3. Condizioni di utilizzo

3.1 L'utilizzo del biogas è consentito nel medesimo comprensorio in cui tale biogas è prodotto.

3.2 Per gli impianti di cui al punto 3.1 devono essere effettuati controlli almeno annuali dei valori di emissione ad esclusione di quelli per cui è richiesta la misurazione in continuo di cui al punto 3.3.

3.3 Se la potenza termica nominale complessiva è superiore a 6 MW, deve essere effettuata la misurazione e registrazione in continuo nell'effluente gassoso del tenore volumetrico di ossigeno, della temperatura, delle concentrazioni del monossido di carbonio, degli ossidi di azoto e del vapore acqueo (la misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi).

Sezione 7

CARATTERISTICHE E CONDIZIONI DI UTILIZZO DEL CSS-COMBUSTIBILE Parte I, sezione 1, paragrafo 10

La provenienza, le caratteristiche e le condizioni di utilizzo del CSS-Combustibile sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 14 febbraio 2013, n. 22, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 62 del 14 marzo 2013.


(1899) Allegato modificato dall'art. 2, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205, dall'art. 30, comma 14, L. 23 luglio 2009, n. 99, dall'art. 3, comma 30, lett. da a) a l), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 1, commi 1 e 2, D.M. 20 marzo 2013, dall’ art. 1, comma 4, lett. da a) a g), D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112, dall’ art. 1, comma 1, D.M. 19 maggio 2016, n. 123 e dall’ art. 1, comma 1, lett. da a) a d), D.M. 22 marzo 2017, a decorrere dal 12 aprile 2017. Successivamente, il presente allegato è stato così modificato dall’ art. 1, commi 1 e 2, lett. a) e b), D.M. 29 maggio 2019, n. 74.

(1900) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

 


Allegati alla Parte Quinta-bis
Allegato I - Attività che producono biossido di titanio (1901)

In vigore dal 11 aprile 2014

Parte 1

Valori limite per le emissioni nelle acque

1. Nel caso di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento al solfato (come media annuale): 550 kg di solfato per t di biossido di titano prodotto;

2. Nel caso di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento con cloruro (come media annuale):

a) 130 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza rutilio naturale;

b) 228 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza rutilio sintetico;

c) 330 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza “slag”. In caso di scarico in acque salate (estuariali, costiere, d'altura) si può applicare un valore limite di 450 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza “slag”.

3. Per installazioni e stabilimenti che utilizzano il processo con cloruro e che utilizzano più di un tipo di minerale, i valori limite di emissione di cui al punto 2 si applicano in proporzione ai quantitativi di ciascun minerale utilizzato.

Parte 2

Valori limite per le emissioni nell'atmosfera

1. I valori limite di emissione espressi come in concentrazioni di massa per metro cubo (Nm3) sono calcolati a una temperatura di 273,15 K ad una pressione di 101,3 kPa.

2. Polveri: 50 mg/Nm3 come media oraria dalle fonti più importanti e 150 mg/Nm3 come media oraria dalle altre fonti.

3. Biossido e triossido di zolfo emessi in atmosfera dalla digestione e dalla calcinazione, compresi gli aerosol acidi, calcolati come SO2 equivalente:

a) 6 kg per t di biossido di titanio prodotto come media annuale;

b) 500 mg/Nm3 come media oraria per gli impianti di concentrazione dell'acido di scarto.

4. Cloro, in caso di installazioni che utilizzano il procedimento con cloruro:

a) 5 mg/Nm3 come media giornaliera;

b) 40 mg/Nm3 per qualsiasi intervallo di tempo.

Parte 3

Controllo delle emissioni

Il controllo delle emissioni nell'atmosfera comprende almeno il monitoraggio in continuo di:

a) biossido e triossido di zolfo emessi in atmosfera dalla digestione e dalla calcinazione da impianti di concentrazione degli acidi di scarto in installazioni che utilizzano il procedimento al solfato;

b) cloro proveniente dalle fonti principali all'interno di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento con cloruro;

c) polvere proveniente dalle fonti principali di installazioni e stabilimenti.


(1901) Allegato inserito dall’ art. 28, comma 18, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

 


Allegati alla Parte Sesta
Allegato 1

In vigore dal 29 aprile 2006

a) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

b) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un Fondo internazionale per l'indennizzo dei danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

c) Convenzione internazionale del 23 marzo 2001 sulla responsabilità civile per i danni derivanti dall'inquinamento determinato dal carburante delle navi;

d) Convenzione internazionale del 3 maggio 1996 sulla responsabilità e l'indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose;

e) Convenzione del 10 ottobre 1989 sulla responsabilità civile per i danni causati durante il trasporto di materiali pericolosi su strada, ferrovia o battello di navigazione interna.


 


Allegati alla Parte Sesta
Allegato 2

In vigore dal 29 aprile 2006

a) Convenzione di Parigi del 29 luglio 1960 sulla responsabilità civile nel campo dell'energia nucleare e convenzione complementare di Bruxelles del 31 gennaio 1963;

b) Convenzione di Vienna del 21 maggio 1963 sulla responsabilità civile in materia di danni nucleari;

c) Convenzione di Vienna del 12 settembre 1997 sull'indennizzo complementare per danno nucleare;

d) Protocollo congiunto del 21 settembre 1988 relativo all'applicazione della convenzione di Vienna e della convenzione di Parigi;

e) Convenzione di Bruxelles del 17 dicembre 1971 relativa alla responsabilità civile derivante dal trasporto marittimo di sostanze nucleari.


 


Allegati alla Parte Sesta
Allegato 3

In vigore dal 29 aprile 2006

Il presente allegato stabilisce un quadro comune da rispettare per scegliere le misure più appropriate cui attenersi per garantire la riparazione del danno ambientale.

1. Riparazione del danno all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti

La riparazione del danno ambientale, in relazione all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, è conseguita riportando l'ambiente danneggiato alle condizioni originarie tramite misure di riparazione primaria, complementare e compensativa, da intendersi come segue:

a) riparazione «primaria»: qualsiasi misura di riparazione che riporta le risorse e/o i servizi naturali danneggiati alle o verso le condizioni originarie;

b) riparazione «complementare»: qualsiasi misura di riparazione intrapresa in relazione a risorse e/o servizi naturali per compensare il mancato ripristino completo delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati;

c) riparazione «compensativa»: qualsiasi azione intrapresa per compensare la perdita temporanea di risorse e/o servizi naturali dalla data del verificarsi del danno fino a quando la riparazione primaria non abbia prodotto un effetto completo;

d) «perdite temporanee»: perdite risultanti dal fatto che le risorse e/o i servizi naturali danneggiati non possono svolgere le loro funzioni ecologiche o fornire i servizi ad altre risorse naturali o al pubblico fino a che le misure primarie o complementari non abbiano avuto effetto. Non si tratta di una compensazione finanziaria al pubblico.

Qualora la riparazione primaria non dia luogo a un ritorno dell'ambiente alle condizioni originarie, si intraprenderà la riparazione complementare. Inoltre, si intraprenderà la riparazione compensativa per compensare le perdite temporanee. La riparazione del danno ambientale, in termini di danno all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, implica inoltre che si deve sopprimere qualsiasi rischio significativo di effetti nocivi per la salute umana.

1.1. Obiettivi di riparazione.

Finalità della riparazione primaria.

1.1.1. Lo scopo della riparazione primaria è quello di riportare le risorse naturali e/o i servizi danneggiati alle o verso le condizioni originarie.

Finalità della riparazione complementare.

1.1.2. Qualora le risorse naturali e/o i servizi danneggiati non tornino alle condizioni originarie, sarà intrapresa la riparazione complementare. Lo scopo della riparazione complementare è di ottenere, se opportuno anche in un sito alternativo, un livello di risorse naturali e/o servizi analogo a quello che si sarebbe ottenuto se il sito danneggiato fosse tornato alle condizioni originarie.

Laddove possibile e opportuno, il sito alternativo dovrebbe essere geograficamente collegato al sito danneggiato, tenuto conto degli interessi della popolazione colpita.

Finalità della riparazione compensativa.

1.1.3. La riparazione compensativa è avviata per compensare la perdita temporanea di risorse naturali e servizi in attesa del ripristino. La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria al pubblico.

1.2. Individuazione di misure di riparazione

Individuazione di misure di riparazione primarie

1.2.1. Vanno prese in considerazione altre opzioni, ossia azioni per riportare direttamente le risorse naturali e i servizi alle condizioni originarie in tempi brevi, o attraverso il ripristino naturale.

Individuazione di misure di riparazione complementare e compensativa

1.2.2. Nel determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa, occorre prendere in considerazione in primo luogo l'uso di metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio. Con detti metodi vanno prese in considerazione in primo luogo azioni che forniscono risorse naturali e/o servizi dello stesso tipo, qualità e quantità di quelli danneggiati. Qualora ciò non sia possibile, si devono fornire risorse naturali e/o servizi di tipo alternativo. Per esempio, una riduzione della qualità potrebbe essere compensata da una maggiore quantità di misure di riparazione.

1.2.3. Se non è possibile usare, come prima scelta, i metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio, si devono utilizzare tecniche di valutazione alternative. L'autorità competente può prescrivere il metodo, ad esempio la valutazione monetaria, per determinare la portata delle necessarie misure di riparazione complementare e compensativa. Se la valutazione delle risorse e/o dei servizi perduti è praticabile, ma la valutazione delle risorse naturali e/o dei servizi di sostituzione non può essere eseguita in tempi o a costi ragionevoli, l'autorità competente può scegliere misure di riparazione il cui costo sia equivalente al valore monetario stimato delle risorse naturali e/o dei servizi perduti.

Le misure di riparazione complementare e compensativa dovrebbero essere concepite in modo che le risorse naturali e/o i servizi supplementari rispecchino le preferenze e il profilo temporali delle misure di riparazione. Per esempio, a parità delle altre condizioni, più lungo è il periodo prima del raggiungimento delle condizioni originarie, maggiore è il numero delle misure di riparazione compensativa che saranno avviate.

1.3. Scelta delle opzioni di riparazione

1.3.1. Le opzioni ragionevoli di riparazione dovrebbero essere valutate, usando le migliori tecnologie disponibili, qualora siano definite, in base ai seguenti criteri:

- l'effetto di ciascuna opzione sulla salute e la sicurezza pubblica;

- il costo di attuazione dell'opzione;

- la probabilità di successo di ciascuna opzione;

- la misura in cui ciascuna opzione impedirà danni futuri ed eviterà danni collaterali a seguito dell'attuazione dell'opzione stessa;

- la misura in cui ciascuna opzione giova a ogni componente della risorsa naturale e/o del servizio;

- la misura in cui ciascuna opzione tiene conto dei pertinenti aspetti sociali, economici e culturali e di altri fattori specifici della località.

- il tempo necessario per l'efficace riparazione del danno ambientale; - la misura in cui ciascuna opzione realizza la riparazione del sito colpito dal danno ambientale;

- il collegamento geografico al sito danneggiato.

1.3.2. Nel valutare le diverse opzioni di riparazione, possono essere scelte misure di riparazione primaria che non riportano completamente l'acqua o le specie e gli habitat naturali protetti danneggiati alle condizioni originarie o che li riportano più lentamente a tali condizioni. Questa decisione può essere presa soltanto se le risorse naturali e/o i servizi perduti sul sito primario a seguito della decisione sono compensati aumentando le azioni complementari o compensative per fornire un livello di risorse naturali e/o servizi simile a quello perduto. È il caso, per esempio, di risorse naturali e/o servizi equivalenti forniti altrove a costo inferiore.

Queste misure supplementari di riparazione sono determinate conformemente alle regole precisate nel punto 1.2.2.

1.3.3. In deroga alle disposizioni di cui al punto 1.3.2 e conformemente all'articolo 7, paragrafo 3, l'autorità competente può decidere di non intraprendere ulteriori misure di riparazione qualora:

a) le misure di riparazione già intraprese garantiscano che non esiste più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana, l'acqua, le specie e gli habitat naturali protetti e b) i costi delle misure di riparazione da adottare per raggiungere le condizioni originarie o un livello simile siano sproporzionati rispetto ai vantaggi ambientali ricercati.

2. Riparazione del danno al terreno

Si devono adottare le misure necessarie per garantire, come minimo, che gli agenti contaminanti pertinenti siano eliminati, controllati, circoscritti o diminuiti in modo che il terreno contaminato, tenuto conto del suo uso attuale o approvato per il futuro al momento del danno, non presenti più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana. La presenza di tale rischio è valutata mediante procedure di valutazione del rischio che tengono conto della caratteristica e della funzione del suolo, del tipo e della concentrazione delle sostanze, dei preparati, degli organismi o microrganismi nocivi, dei relativi rischi e della possibilità di dispersione degli stessi. L'utilizzo è calcolato sulla base delle normative sull'assetto territoriale o di eventuali altre normative pertinenti vigenti quando si è verificato il danno.

Se l'uso del terreno viene modificato, si devono adottare tutte le misure necessarie per evitare di causare effetti nocivi per la salute umana. In mancanza di normative sull'assetto territoriale o di altre normative pertinenti, l'uso dell'area specifica del terreno è determinato, tenuto conto dello sviluppo previsto, dalla natura dell'area in cui si è verificato il danno. Va presa in considerazione un'opzione di ripristino naturale, ossia un'opzione senza interventi umani diretti nel processo di ripristino.


 


Allegati alla Parte Sesta
Allegato 4

In vigore dal 29 aprile 2006

Il carattere significativo di un danno che produce effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di specie o habitat è da valutare in riferimento allo stato di conservazione, al momento del danno, ai servizi offerti dai valori ricreativi connessi e alla capacità di rigenerazione naturale. Gli effetti negativi significativi rispetto alle condizioni originarie dovrebbero essere determinati con dati misurabili, del tipo:

- numero degli individui, loro densità o area coperta;

- ruolo di determinati individui o dell'area danneggiata in relazione alla specie o alla conservazione dell'habitat, alla rarità della specie o dell'habitat (valutata a livello locale, regionale e più alto, anche a livello comunitario);

- capacità di propagazione della specie (secondo la dinamica propria alla specie o alla popolazione), sua vitalità o capacità di rigenerazione naturale dell'habitat (secondo le dinamiche proprie alle specie che lo caratterizzano o alle loro popolazioni);

- capacità della specie o dell'habitat, dopo che il danno si è verificato, di ripristinarsi in breve tempo, senza interventi diversi da misure di protezione rafforzate, in uno stato che, unicamente in virtù della dinamica della specie o dell'habitat, conduca a condizioni ritenute equivalenti o superiori alle condizioni originarie.

Il danno con un provato effetto sulla salute umana deve essere classificato come significativo.

Non devono essere classificati come danni significativi:

- le variazioni negative inferiori alle fluttuazioni naturali considerate normali per la specie o l'habitat in questione;

- le variazioni negative dovute a cause naturali o risultanti da interventi connessi con la normale gestione dei siti, quale definita nei documenti di gestione o di indirizzo relativi all'habitat, o praticata anteriormente dai proprietari o dagli operatori;

- il danno a specie o habitat per i quali è stabilito che si ripristineranno entro breve tempo e senza interventi, o nelle condizioni originarie o in uno stato che, unicamente in virtù della dinamica della specie o dell'habitat, conduca a condizioni ritenute equivalenti o superiori alle condizioni originarie.


 


Allegati alla Parte Sesta
Allegato 5

In vigore dal 5 ottobre 2011

1. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 96/61/Ce del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento. Include tutte le attività elencate nell'allegato I della direttiva 96/61/Ce, ad esclusione degli impianti o parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi.

2. Operazioni di gestione dei rifiuti, compresi la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento di rifiuti e di rifiuti pericolosi, nonché la supervisione di tali operazioni e i controlli successivi sui siti di smaltimento, soggetti ad autorizzazione o registrazione, conformemente alle direttive del Consiglio 75/442/Cee, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti e 91/689/Cee, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi. Tali operazioni comprendono tra l'altro la gestione di siti di discarica ai sensi della direttiva del Consiglio 1999/31/Ce, del 26 aprile 1999, concernente le operazioni di discarica di rifiuti, e il funzionamento di impianti d'incenerimento ai sensi della direttiva 2000/76/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento di rifiuti.

3. Tutti gli scarichi nelle acque interne superficiali che siano soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 76/464/Cee del Consiglio, del 4 maggio 1976, concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità.

4. Tutti gli scarichi di sostanze nelle acque sotterranee che siano soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 80/68/Cee del Consiglio, del 17 dicembre 1979, concernente la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose.

5. Lo scarico o l'immissione di inquinanti nelle acque superficiali o sotterranee che sono soggetti a permesso, autorizzazione o registrazione conformemente alla direttiva 2000/60/Ce.

6. Estrazione e arenazione delle acque soggette ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 2000/60/Ce.

7. Fabbricazione, uso, stoccaggio, trattamento, interramento, rilascio nell'ambiente e trasporto sul sito di:

a) sostanze pericolose definite nell'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 67/548/Cee del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose;

b) preparati pericolosi definiti nell'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 1999/45/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 1999, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi;

c) prodotti fitosanitari definiti nell'articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 91/414/Cee del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari;

d) biocidi definiti nell'articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 98/8/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi in quantitativi superiori.

8. Trasporto per strada, ferrovia, navigazione interna, mare o aria di merci pericolose o di merci inquinanti definite nell'allegato A della direttiva 94/55/Ce del Consiglio, del 21 novembre 1994, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada, o nell'allegato della direttiva 96/49/Ce del Consiglio, del 23 luglio 1996, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia, o definite nella direttiva 93/75/Cee del Consiglio, del 13 settembre 1993, relativa alle condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti marittimi della Comunità o che ne escono e che trasportano merci pericolose o inquinanti.

9. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 84/360/Cee del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali relativamente al rilascio nell'aria di una qualsiasi delle sostanze inquinanti coperte da detta direttiva.

10. Qualsiasi uso confinato, compreso il trasporto, di microrganismi geneticamente modificati definiti nella direttiva 90/219/Cee del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati.

11. Qualsiasi rilascio deliberato nell'ambiente, trasporto e immissione in commercio di organismi geneticamente modificati definiti nella direttiva 2001/ 18/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio.

12. Qualsiasi spedizione transfrontaliera di rifiuti all'interno dell'Unione europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, che necessiti di un'autorizzazione o sia vietata ai sensi del regolamento (Cee) n. 259/93 del Consiglio, del 1 febbraio 1993, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio.

12-bis. La gestione dei rifiuti di estrazione ai sensi della direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive. (1902)

12-ter. Gestione dei siti di stoccaggio a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio. (1903)


(1902) Punto aggiunto dall'art. 15, comma 1, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 117.

(1903) Punto aggiunto dall'art. 35, comma 11, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011.

 


 
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