• sanzione amministrativa ex 758/1994, ma anche azione penale

    Secondo i Giudici:

    …. Deve premettersi che benché l’art. 21 d.lgs. 758/1994 fissi il dovere dell’organo di vigilanza di ammettere il contravventore al pagamento in sede amministrativa di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa nel caso in cui la violazione sia stata eliminata «secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione», ciò non esclude che altrettanto debba farsi laddove ricorrano analoghe situazioni, dovendo il sistema di definizione in via amministrativa delineato dal d.lgs. 758/1994 essere interpretato in senso costituzionalmente orientato come ritenuto in numerose pronunce della Corte costituzionale intervenute sul tema (v. la sent. 12 febbraio 1998, n. 19 e le ordd. 24 maggio 1999, n. 205 e 9 aprile 2003, n. 192). In particolare, nella prima delle richiamate decisioni, la Corte costituzionale, premesso che la disciplina normativa in esame mira, «da un lato ad assicurare l’effettività dell’osservanza delle misure di prevenzione e di protezione in tema di sicurezza e di igiene del lavoro, materia in cui l’interesse alla regolarizzazione delle violazioni, e alla correlativa tutela dei lavoratori, è di gran lunga prevalente rispetto all’applicazione della sanzione penale, dall’altro si propone di conseguire una consistente deflazione processuale», ha ritenuto che «entrambe le ragioni che ispirano la disciplina in esame ricorrono nel caso in cui il contravventore abbia spontaneamente e autonomamente provveduto a eliminare le conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione prima o, comunque, indipendentemente dalla prescrizione dell’organo di vigilanza: anzi, è plausibile e ragionevole sostenere che a maggior ragione dovrebbe essere ammesso alla definizione in via amministrativa, in vista dell’estinzione del reato e della conseguente richiesta di archiviazione del pubblico ministero, il contravventore che abbia spontaneamente regolarizzato la violazione» (Corte cost., sent. n. 19/1998). Osservando come «lo stesso legislatore abbia espressamente previsto due situazioni “anomale” rispetto al procedimento tipico» – vale a dire quelle indicate negli artt. 22, comma 1, e 24, comma 3, d.lgs. 754/1994 – nella citata sent. n. 19/1998 la Corte costituzionale ha ritenuto che alle stesse previsioni possa farsi ricorso in via analogica per colmare eventuali “lacune” dipendenti dall’obiettiva difficoltà di prevedere in astratto tutte le possibili situazioni equipollenti a quelle disciplinate dalla legge.
    In applicazione di questi principi, l’eliminazione delle conseguenze pericolose del reato conseguente allo spostamento delle attività scolastiche in un’altra sede prima del decorso del termine stabilito per l’adempimento della prescrizione avrebbe dunque legittimato il contravventore a fruire del meccanismo di estinzione del reato con pagamento della sanzione ridotta, in via amministrativa a seguito di provvedimento di ammissione emesso dall’organo di vigilanza, ovvero perfezionando l’oblazione in via giudiziale ai sensi dell’art 24, comma 2, d.lgs. 758/1994.
    Pur potendosi dunque ritenere che, nel caso di specie, il L.V. dovesse essere ammesso al pagamento della sanzione amministrativa a norma dell’art. 21, comma 2, d.lgs. 758/1994, reputa tuttavia il Collegio che – in conformità al più recente e maggioritario orientamento di legittimità – la violazione della procedura amministrativa da parte dell’organo di vigilanza non sia causa di improcedibilità dell’azione penale (Sez. 3, n. 7678 del 13/01/2017, Bonanno, Rv. 269140; Sez. 3, n. 20562 del 21/04/2015, Rabitti, Rv. 263751; Sez. 3, n. 5864/2011 del 18/11/2010, Zecchino, Rv. 249566; Sez. 3, n. 26758 del 05/05/2010, Cionna e a., Rv. 248097). Deve darsi, di fatti, un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina dettata dagli artt. 20 ss. d.lgs. n. 758/1994 anche in relazione all’art. 112 Cost., posto che la violazione della procedura amministrativa estintiva non può condizionare l’esercizio dell’azione penale. Il contrario orientamento – da ultimo affermato da Sez. 3, n. 37228/2016 del 15/09/2015, Rv. 268050: «in tema di reati contravvenzionali in materia di legislazione sociale e lavoro, l’omessa fissazione da parte dell’organo di vigilanza di un termine per la regolarizzazione, come previsto dall’art. 20, comma primo, D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, è causa di improcedibilità dell’azione penale» – appare infatti incompatibile con il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Del resto – come si diceva – anche in caso di mancato perfezionamento della procedura il contravventore ben può fruire dell’estinzione del reato in sede giudiziaria nella stessa misura agevolata.
    Non consta, tuttavia, che l’imputato abbia avanzato una tale richiesta, sicché non può in questa sede dolersi del mancato ottenimento dell’effettivo estintivo né, tantomeno, pretendere una declaratoria di improcedibilità dell’azione penale che contrasterebbe con l’art. 112 Cost.

    Qui la sentenza Cassazione penale 2018 3671

     

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