La provvisoria esclusione di un’impresa dalla “white list” ai sensi della normativa antimafia scatta anche per il rinvio a giudizio per traffico illecito di rifiuti senza la prova di effettiva infiltrazione mafiosa. Il Consiglio di Stato nella sentenza 28 ottobre 2016, n. 4555 ha rigettato le doglianze di un’impresa che si era vista escludere dalla Prefettura dalla lista delle imprese “mafia free” (“white list”) ex d. Lgs 159/2011 (Codice antimafia) poiché le era stata applicata la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale e il titolare era stato rinviato a giudizio per traffico illecito di rifiuti ex articolo 260, d. Lgs 152/2006. Il ricorrente lamentava l’assenza di indagini concrete per verificare l’effettiva infiltrazione mafiosa. Per i Giudici tali eventi sono condizioni sufficienti per fare scattare in via cautelare l’interdittiva antimafia senza che la P.a. debba effettivamente verificare se l’infiltrazione sia avvenuta in concreto. Infatti il reato ex articolo 260 del d. Lgs 152/2006 è tra i delitti richiamati dall’articolo 51, comma 3bis, del Codice di procedura penale per i quali ai sensi del Codice antimafia scatta in automatico l’informativa antimafia senza bisogno di ulteriori approfondimenti
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