• quando si configura il reato di ECOMAFIA ex art. 260 d. Lgs 152/2006

    Secondo i giudici

    Va comunque ricordato che i requisiti della condotta configurante il reato di cui all’art. 260 d.lgs. 152\06 vanno individuati nel compimento di più operazioni e nell’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, che con l’attività descritta devono essere strettamente correlate, posto che il legislatore utilizza la congiunzione “e”. Si è anche precisato (Sez. 3, n. 40827 del 6/10/2005, Carretta, Rv. 232348, non massimata sul punto) che tale requisito può sussistere a fronte di una struttura organizzativa di tipo imprenditoriale, idonea ed adeguata a realizzare l’obiettivo criminoso preso di mira, anche quando la struttura non sia destinata, in via esclusiva, alla commissione di attività illecite, cosicché il reato può configurarsi anche quando l’attività criminosa sia marginale o secondaria rispetto all’attività principale lecitamente svolta (conf. Sez. 3, n. 47870 del 19/10/2011, R.C., Giommi e altri, Rv. 251965). Si tratta, come precisato già da questa Corte, di reato abituale, in quanto integrato necessariamente dalla realizzazione di più comportamenti della stessa specie (Sez. 3, n. 46705 del 3/11/2009, Caserta, Rv. 245605). [apprezzamento circa la soglia minima di rilevanza penale della condotta deve essere effettuato non soltanto attraverso il riferimento al mero dato numerico, ma, ovviamente, anche considerando gli ulteriori rimandi, contenuti nella norma, a «più operazioni» ed all’«allestimento di mezzi e attività continuative organizzate» finalizzate alla abusiva gestione di ingenti quantità di rifiuti (Sez. 3 n. 47229 del 6/11/2012, De Prà non massimata). Ulteriori requisiti sono l’attività di cessione, ricezione, trasporto, esportazione, importazione, o comunque gestione abusiva di rifiuti, che già risultano sanzionate penalmente e vengono agevolate dalle azioni propedeutiche di cui si è appena detto, nonché l’ingente quantitativo di rifiuti, che secondo quanto stabilito da questa Corte, non può essere individuato a priori, attraverso riferimenti esclusivi a dati specifici, quali, ad esempio, quello ponderale, dovendosi al contrario basare su un giudizio complessivo che tenga conto delle peculiari finalità perseguite dalla norma, della natura del reato e della pericolosità per la salute e l’ambiente e nell’ambito del quale l’elemento quantitativo rappresenta solo uno dei parametri di riferimento (così, Sez. 3 n. 47229 del 6/11/2012, De Prà, cit.). Quanto alla finalità di ingiusto profitto, pure richiesta dalla norma in esame per la configurabilità del delitto, si è invece precisato (Sez. 3, n. 40827 del 6/10/2005, Carretta, cit.) che esso non deve necessariamente consistere in un ricavo patrimoniale, potendosi ritenere integrato anche dal mero risparmio di costi o dal perseguimento di vantaggi di altra natura, senza che sia necessario, ai fini della configurazione del reato, l’effettivo conseguimento di tale vantaggio. 

    cass pen 2017 18935

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