• Avvelenamento, disastro innominato della falda

    Secondo i Giudici

    a. avvelenamento. Per la configurabilità del reato di avvelenamento (ipotizzato, nella specie, come colposo) di acque o sostanze destinate all’alimentazione, pur dovendosi ritenere che trattasi di reato di pericolo presunto, è tuttavia necessario che un «avvelenamento» dì per sé produttivo, come tale, di pericolo per la salute pubblica, vi sia comunque stato; il che richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità ed in quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti tossico ­nocivi per la salute (così questa Sez. 4, n. 15216 del 13/2/2007, Della Torre). Per “pericolosità” deve ritenersi scientificamente accertata quando possa dirsi riferita a “dose di sostanza contaminante alla quale le indagini scientifiche hanno associato effetti avversi per la salute. Sicché, non è sufficiente il mero superamento dei “limiti soglia” di carattere precauzionale, che costituiscono una prudenziale indicazione sulla quantità di sostanza, presente in alimenti, che l’uomo può assumere senza rischio, quotidianamente e sul lungo periodo (Sez. 4, n. 25547 del 10/5/2018, Comune di Carisio). Tale superamento non è sufficiente ad integrare nemmeno la fattispecie prevista dall’art. 257 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la quale sanziona condotte di “inquinamento”, ossia causative di un evento che costituisce evidentemente un “minus” rispetto all’ipotesi di “avvelenamento” (Sez. 1, n. 45001 del 19/09/2014, Capasso). Va ulteriormente precisato che, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 439 cod. pen. l’avvelenamento delle acque destinate all’alimentazione non deve avere necessariamente potenzialità letale, essendo sufficiente che abbia la potenzialità di nuocere alla salute. E che le acque considerate dalla norma di cui ci si occupa sono quelle destinate all’alimentazione umana, abbiano o non abbiano i caratteri biochimici della potabilità secondo la legge e la scienza.
    b. disastro innominatoIl disastro innominato di cui all’art. 434 cod. pen. è un delitto a consumazione anticipata, in quanto la realizzazione del mero pericolo concreto del disastro è idonea a consumare il reato mentre il verificarsi dell’evento funge da circostanza aggravante. Pertanto è compito del giudice di merito accertare se l’imputato abbia dato luogo a fatti diretti a determinare un evento disastroso per poi stabilire se l’attività compiuta abbia causato le conseguenze disastrose (così Sez. 4, n. 18384 del 20/12/2017 dep.il 27/04/2018, P.G. in proc. Medicina Democratica).  La differenza, che va sottolineata, è che nel caso del reato di cui all’art. 439 cod. pen. l’avvelenamento delle acque deve esserci stato, altrimenti il reato non c’è, nel disastro innominato di cui all’art. 434 se l’evento-disastro si è realizzato sussiste l’ipotesi aggravata di cui al secondo comma, ma se non c’è, ma c’è il concreto pericolo di disastro (con i necessari caratteri di capacità diffusiva del nocumento in relazione ad una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità, nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti) sussiste pur sempre il reato nella forma semplice di cui al primo comma (Cass. Sez. 4, n. 36626 del 5/5/2011, Mazzei; conf. Sez. 4, n. 19342 del 20/2/2007, Rubiero ed altri; Sez. 4, n. 5820 del 3/3/2000, Alessio).
    c. Avvelenamento, reato istantaneo ad effetti permanenti. Il reato di avvelenamento di acque, ex art. 439 cod. pen. è un reato istantaneo ad effetti permanenti che si realizza nel momento in cui le condotte inquinanti, per la qualità e la quantità della polluzione, divengono pericolose per la salute pubblica, cioè potenzialmente idonee a produrre effetti tossico­nocivi per la salute pubblica, analizzando la struttura della fattispecie. In tale genere di reati non si ha il protrarsi dell’offesa dovuta alla persistente condotta del soggetto agente, ma ciò che perdura nel tempo sono le sole conseguenze dannose del reato. Diversamente da quanto avviene in altri reati, quale, ad esempio, quello di disastro innominato di cui all’art. 434 co. 2, in quello di avvelenamento colposo delle acque, ai fini della consumazione andrà tenuto conto del momento in cui è cessata la condotta inquinante, ma anche di quello in cui si è realizzato l’evento di inquinamento della falda.
    d. Protrazione dell’evento e modifica della qualificazione giuridica del fatto. Solo con la legge n. 68/2015 sui cd. “ecoreati”, introdotti nel codice penale (art. 452-terdecies e 452-quater), l’effetto di spostamento in avanti del momento consumativo di un reato già perfetto, in materia di inquinamento ambientale, si verifica solo in due casi. Il primo è quello in cui perdura la condotta inquinante. Il secondo è quello in cui la protrazione dell’evento porta a modificare la qualificazione giuridica del fatto.  
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