• Campioni sottoposti ad analisi, cozze

     

     

    La ditta è stata condannata per il reato di cui all’art. 5, comma 1, lettera C, della legge 238 del 1962, per avere, in qualità di legale rappresentante della ditta Bardetta s.r.l. […], detenuto per la vendita sostanze alimentari, nella specie cozze […] che, sottoposte a controlli sulla contaminazione microbiologica, sono risultate affette da carica di escherichia coli pari a 3500/MPN/100g superiore al limite di legge.

    Quindi è promosso ricorso in Cassazione per i seguenti motivi:

    Violazione di legge (art. 1 legge 283/1962, 191 cod. proc. pen. e 223 disp. att. cod. proc. pen.). Le analisi di laboratorio risultano inutilizzabili in quanto eseguite in violazione di legge , non sono state osservate le procedure di cui all’art. 1, legge 283/1962, senza revisione delle analisi di cui all’art. 4, d. Igs. 123 del 1993.
    L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia utilizzava una metodica non più in uso (la procedura corretta era quella ISO 2015 e non quella utilizzata del 2010, ed indicata nel certificato di analisi) come evidenziato dalla testimonianza della consulente di parte.
    L’imputato inoltre non ha mai avuto conoscenza del risultato delle analisi che evidenziavano una carica batterica e, quindi, non ha potuto richiedere la revisione delle analisi (art. 223 disp. att. cod. proc. pen.). Le analisi di revisione avrebbero potuto restituire un risultato diverso, favorevole all’imputato.

    I Giudici lo hanno rigettato in quanto:

    Il ricorrente lamenta l’omessa comunicazione del risultato delle analisi del laboratorio per la eventuale richiesta delle analisi in revisione.
    Inoltre prospetta l’invalidità di un metodo di analisi non più attuale (del 2010 mentre il protocollo da osservare era VISO 2015).
    Sul metodo di analisi la sentenza impugnata adeguatamente rileva come l’imputato non abbia specificato come e perché il metodo di analisi abbia leso il suo diritto di difesa o abbia comunque falsato il risultato delle analisi. Il ricorso in cassazione non si confronta con tale motivazione ma reitera la sua tesi dell’invalidità ed inutilizzabilità delle analisi per il metodo utilizzato. Nessuna inutilizzabilità risulta prevista dalla legge, per l’uso di un metodo scientifico. Inoltre nessuna prova è stata fornita su un eventuale errore dei risultati…

    Sulla questione della mancata comunicazione dell’esito delle analisi (allo scopo della richiesta delle analisi di revisione) si deve rilevare che gli alimenti sottoposti ad analisi (cozze) erano deteriorabili e, pertanto, era dovuto solo l’avviso dell’inizio delle operazioni per l’assistenza alle stesse (Vedi Corte Costituzionale 26 settembre – 10 ottobre 1990 n. 434, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, legge 283/1962, nella parte in cui non prevede, per i casi di analisi su campioni prelevati da sostanze alimentari deteriorabili, l’avviso dell’inizio delle operazioni alle persone interessate, affinché queste possano presenziare). 

     

    I Giudici inoltre riepilogano le procedure per le analisi amministrative di campioni.

    .. il legislatore – considerando che le analisi dei campioni vengono effettuate pur sempre nell’ambito di una fase amministrativa – ha individuato due momenti differenti in cui sorge l’obbligo (pena la inutilizzabilità dei risultati delle stesse) di avvertire gli interessati per assicurare loro un’adeguata tutela: 1) subito dopo il campionamento ed in tempo utile per assistere alle prime analisi, per i campioni per i quali non è prevista la revisione; 2) dopo le prime analisi, quando la revisione sia possibile e venga richiesta dagli interessati, ed
    almeno tre giorni prima di essa. Ovviamente la concreta possibilità di effettuare la revisione delle analisi è collegata ad un dato obiettivo: la non deteriorabilità del campione, sussistendo altrimenti la fisica impossibilità di una reiterazione di esse; pertanto quando il campione non è deteriorabile, legittimamente viene esclusa dalla legge la partecipazione degli interessati alle prime analisi, giacché la revisione consentirebbe comunque, anche se in un momento successivo, di esercitare le garanzie difensive spettanti all’interessato. Una disciplina particolare è stabilita in relazione ai controlli microbiologici. Invero, in caso di sostanza alimentare classificata deteriorabile, ai sensi del D.M. 16 dicembre 1993, il d. Igs. 3 marzo 1993, n. 123, pone – a carico del responsabile del laboratorio – l’effettuazione di una “preanalisi” su un’aliquota del campione, ovviamente senza alcuna tutela dei diritti della difesa, e l’obbligo, in caso di non conformità dello stesso, d’avvertire tempestivamente l’interessato, specificando il parametro difforme e la metodica seguita e comunicando il luogo, il giorno e l’ora in cui le analisi
    saranno ripetute “limitatamente ai parametri risultati non conformi”.
    Quindi, anche in tale ipotesi, la norma non prevede alcuna revisione di analisi non essendo essa assolutamente possibile con riferimento ad alimenti deteriorabili, bensì una ripetizione “garantita” di analisi effettuate inizialmente a solo fine conoscitivo, da espletare ovviamente a breve distanza di tempo da queste, su una seconda quota dello stesso campione. Che non si tratti di revisione di analisi lo si deduce anche dal citato D.M. 16 dicembre 1993 (Individuazione delle sostanze alimentari deteriorabili alle quali si applica il regime di controlli microbiologici ufficiali), che espressamente (art. 2), per i prodotti deteriorabili, non riconosce la possibilità di effettuare l’analisi di revisione secondo le modalità di cui alla legge n. 283 del 1962, art. 1 (vedi, in modo conforme nella motivazione, sul punto Sez. 3, n. 2360 del 19/11/2009 – dep. 19/01/2010, Prevedini, Rv. 24591001 e Sez. 3, n. 37949 del 09/07/2003 – dep. 07/10/2003, Prudente, Rv. 22658001). 

     

    qui la sentenza Cassazione penale 2020 1434

     

     

     

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