• soglia limite inquinanti per utilizzo dei fanghi per l’agricoltura

     

     

    Il CdS ha puntualizzato il metodo da seguire per la ricerca in via interpretativa di una soglia limite nel fango di un inquinante pericoloso, ciò ai fini del riutilizzo in agricoltura.

     

    Secondo i Giudici:

    “l’uso agronomico presuppone infatti che il fango sia ricondotto al rispetto dei limiti previsti per le matrici ambientali a cui dovrà essere assimilato (e quindi anche quelli previsti dalla Tab. 1, colonna A dell’allegato 5, al titolo V, parte IV, D.lgs. n. 152 del 2006), salvo siano espressamente previsti, esclusivamente in forza di legge dello Stato, parametri diversi siano essi più o meno rigorosi, nelle tabelle allegate alla normativa di dettaglio (decreto n. 99 del 1992) relativa allo spandimento dei fanghi o in provvedimenti successivamente emanati”: non può quindi ammettersi “un uso indiscriminato di sostanze tossiche e nocive, non nominate come pericolose ex positivo iure, ponendosi piuttosto un problema di limiti e di tollerabilità dei fanghi in sintonia con le finalità perseguite di tutela ambientale e di salvaguardia della salute della persona umana.” (Cass. pen., sez. III, 6 giugno 2017, n. 27958)

    Si pone in continuità con tale indirizzo della Suprema Corte la giurisprudenza di questo Consiglio, che il Collegio condivide, secondo la quale “dovendo la gestione di ogni sorta di rifiuto, e quindi anche dei fanghi derivanti da impianti di depurazione, conformarsi ‘ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione’ (art. 178 comma 1 d.lgs. n. 152/2006), il coordinamento esegetico tra la disciplina concernente l’utilizzazione in agricoltura dei fanghi e quella relativa ai rifiuti, finalizzata alla più ampia protezione dell’ambiente, implica inevitabilmente un’indagine analitica accurata che escluda il rischio di contaminazioni delle matrici ambientali, e segnatamente dei suoli, e verifichi se questi ultimi non siano già, a loro volta, connotati da contaminazioni rilevanti. (…) In tale prospettiva risulta quindi razionale e affatto corretto il riferimento ai valori soglia di concentrazione di cui alla tabella 1, colonna A, allegato 5, alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006, perché essi individuano le sostanze e le soglie massime di concentrazione in funzione delle quali la matrice ambientale non può considerarsi idonea a ricevere ulteriori sostanze contaminanti e semmai deve essere assoggettata a bonifica” (Cons. Stato, sez. IV 28 agosto 2019, n. 5920).

     

    qui la sentenza CdS 2021 2561

     

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