• Spandimento in agricoltura

    Spandimento in agricoltura – Fanghi di depurazione – Abusiva miscelazione – Rifiuti pericolosi con elevate concentrazioni di idrocarburi e metalli pesanti – Pericolo “cancerogeno” e “mutageno” – Superamento dei valori limite delle concentrazioni di metalli pesanti quali zinco, cadmio, e rame e di idrocarburi – Decreto legislativo n. 99/1992

    Secondo i giudici:

    .. Gli accertamenti investigativi proseguivano con altri sopralluoghi su molteplici siti risultati destinatari dei fanghi, con il rilievo di materiale in loco, con l’analisi sui campioni prelevati ed anche con il ricorso alle intercettazioni telefoniche. Le analisi effettuate evidenziavano il superamento dei valori limite relativamente alle concentrazioni dei metalli pesanti quali zinco, cadmio, e rame e degli idrocarburi, cosicché, secondo il parere del consulente tecnico del pubblico ministero, i fanghi destinati in agricoltura e provenienti da impianti di depurazione della CO.IM.P0 S.r.l. (d’ora in poi Coimpo) successivamente conferiti alla società  DC Green, sulla base delle analisi svolte su di essi, non poteva essere classificato come non pericoloso ed il codice che perciò gli competeva doveva essere quello del rifiuto pericoloso: CER 19 03 04*, rifiuti contrassegnati come pericolosi stabilizzati. Sulla base di quanto ancora risulta dal testo del provvedimento impugnato e, quanto ai valori riscontrati, anche dal testo dell’ordinanza cautelare, il consulente tecnico del pubblico ministero ha anche precisato che le analisi avevano evidenziato il superamento dei valori limite stabiliti dalla tabella 1 allegato 5 al titolo V parte IV del D.Lgs. 152/06 relativamente alle concentrazioni dei metalli pesanti quali, zinco (790 mg/kg rispetto al limite 150 mg/kg ), e rame (255 nig/kg rispetto al limite 120 mg/kg ), gli idrocarburi C>12 (2.799 mg/kg rispetto al limite 50 mg/kg ) e gli idrocarburi C<12 (22,9 mg/kg rispetto al limite 10 mg/kg). Tali fanghi inoltre non erano ammissibili allo spandimento sul terreno per la loro origine perché essi, sulla base di quanto risultava dall’autorizzazione derivavano da insediamenti urbani di notevoli dimensioni quali Carrara (abitanti equivalenti circa 35.000), Livorno (abitanti equivalenti circa 100.000) e Viareggio (abitanti circa 64.500), impianto che non risultava nella rilasciata autorizzazione. Essi perciò non derivavano dalla depurazione delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti civili come definiti dalla lettera b), articolo 1- quater, legge 8 ottobre 1976, n. 670, né  avevano caratteristiche tali, come evidenziato anche dalle analisi, da potere essere assimilati ad essi, come prescritto dall’art. 2 del D.Lgs. n. 99 del 1992, ma derivavano anche dal trattamento di scarichi da insediamenti industriali ed artigianali che insistevano nelle fognature urbane asservite agli impianti di depurazione, considerato anche che si trattava di insediamenti urbani di notevole estensione. 

    Inoltre dalle analisi emerge che in quasi tutti i campioni variamente analizzati i valori di idrocarburi non solo sono superiori ai limiti per destinazione a verde sopra riportata (colonna A), ma sono anche superiori ai limiti per destinazione industriale di cui alla colonna B della stessa tabella. Rispetto a tale ultimo limite i valori rilevati sono anche 15 volte ad esso superiori ossia sono stati rilevati fino a 10.000 mg/kg di idrocarburi, pari a 10 grammi di olio ogni chilogrammo di fanghi. Ritenendo che non debba rispettarsi neppure tale limite si giungerebbe al risultato per cui un rifiuto può essere impiegabile nello spandimento su un terreno agricolo sebbene abbia valori di contaminazione ben superiori ai limiti di accettabilità  per aree industriali. Si avrebbe altresì¬ l’assurdo per cui un fango di natura industriale, con le medesime concentrazioni di idrocarburi, ma non classificato come fango di depurazione dovrebbe essere trattato secondo rigorosi criteri ambientali in operazioni di recupero che ne abbattano gli inquinanti per poter essere destinati a recuperi ambientali, ovvero con severe limitazioni anche per essere ammesso in discariche di inerti (500 mg/kg limite massimo stabilito dal decreto legislativo n. 36 del 2003) e quindi compatibile solo con discariche di rifiuti industriali.

    Ebbene in considerazione del fatto che:

    L’articolo 127, comma 1, del testo unico ambientale prevede che, “ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complesso processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qual volta il loro reimpiego risulti appropriato”. Il decreto n. 99 del 1992 (emanato in attuazione della direttiva n. 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura) prevede (articolo 3) una serie di requisiti per i fanghi, ossia prescrive le condizioni ritenute necessarie per il loro uso in attività  agricole, altrimenti vietato, con la conseguenza che essi, ai fini dell’ammissibilità  all’uso agronomico, devono necessariamente e preventivamente essere sottoposti ad un “trattamento biologico, chimico o termico, a deposito a lungo termine ovvero ad altro opportuno procedimento, in modo da ridurre in maniera rilevante il loro potere fermentiscibile e gli inconvenienti sanitari della loro utilizzazione” (articolo 2, lettera b), del suddetto decreto) e, quindi, ad un trattamento finalizzato ad eliderne la pericolosità , sul rilievo che essi contengono, in partenza, un attributo di nocività  ed offensività , sicché ne ha vietata l’applicazione diretta sul fondo; inoltre i fanghi devono sempre avere una funzione concimante, ammendante o correttiva della fertilità  del terreno e non devono contenere sostanze tossiche o nocive in quantità  superiori a determinati parametri. Altri e specifici requisiti sono anche prescritti per i terreni che li debbono ricevere (articolo 4), stabilendosi, in ogni caso, la necessità  di una autorizzazione regionale non solo per le attività  di raccolta, trasporto, stoccaggio e condizionamento (che corrispondono a quelle previste in materia di rifiuti), ma anche per la stessa utilizzazione dei fanghi da parte dell’agricoltore (articolo 9). 

    Questa Sezione, al fine di individuare il momento in cui i fanghi da depurazione siano soggetti alla normativa sui rifiuti, ha già  enunciato i principi di diritto relativi alla disciplina applicabile in materia, chiarendo che le parole “e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione”, aggiunte dal decreto legislativo n. 4 del 2008, vanno lette nel senso che il legislatore non ha inteso restringere, attraverso il riferimento cronologico, l’applicabilità  delle disposizioni sui rifiuti, confinandole esclusivamente alla fine del processo di trattamento e disinteressandosi di qualsiasi tutela ambientale nelle fasi precedenti, ma ha precisato che la disciplina sui rifiuti va applicata al trattamento considerato nel suo complesso e ciò anche in considerazione del fatto che il preliminare trattamento dei fanghi viene effettuato presso l’impianto ed ha finalizzato a predisporre i fanghi medesimi per la destinazione finale (smaltimento o riutilizzo) in condizioni di sicurezza per l’ambiente mediante stabilizzazione, riduzione dei volumi ed altri processi, con la conseguenza che la disciplina sui rifiuti si applica anche in tutti i casi in cui il trattamento non venga effettuato o venga effettuato in luogo diverso dall’impianto di depurazione o in modo incompleto, inappropriato o fittizio (Sez. 3, n. 36096 del 22/09/2011, Lupi, Rv. 25126), e tanto per comprensibili ragioni di tutela ambientale e della salute umana che costituiscono la ratio essendi delle disposizioni in materia. ..

    …  i giudici cautelari che hanno correttamente respinto, come sarà  ancora più chiaro in seguito, l’assunto secondo il quale – per il parametro idrocarburi totali non previsto dal d.lgs. n. 99 del 1992 e ritenuto peraltro dal ricorrente parametro inattendibile ed inadeguato a definire la pericolosità  del rifiuto – non fossero applicabili i limiti stabiliti per le sostanze inquinanti dalla tabella I Allegato 5 al Titolo V della Parte quarta – Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d’uso dei siti da bonificare – del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. 

    e, per finire

    “il fango, sulla base delle analisi svolte dalla società  Coimpo, in atti, non può essere classificato come non pericoloso ed il codice che perciò gli compete e quello di rifiuto pericoloso: CER 19 03 04* rifiuti contrassegnati come pericolosi stabilizzati”.

    cass penale 2017 27958

     

     

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