• RSPP, non responsabile

     

    Premesso che il  responsabile del servizio di prevenzione e protezione:

    a. risponde per un infortunio, a titolo di colpa professionale e unitamente al datore di lavoro, ogniqualvolta lo stesso sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare al datore di lavoro.

    b. risponde comunque dell’evento, in altri termini, solo se viene fornita adeguata dimostrazione che abbia svolto in maniera negligente la sua attività di consulente del datore di lavoro a seguito di un errore tecnico nella valutazione dei rischi, per avere fornito suggerimenti sbagliati o per avere mancato di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate, tutte cose che nella circostanza non si sono verificate.

     

    La sentenza in discussione offre spunti interessanti perché esclude la responsabilità del RSPP in quanto precisa che:

    a. Va qui ribadito che la figura del RSPP si caratterizza per lo svolgimento, all’interno della struttura aziendale, di un ruolo non gestionale ma di consulenza, cui si ricollega un obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26110701). 

    b. Si deve convenire con il ricorrente che la condotta cautelare richiesta dal legislatore al RSPP trova il proprio contenuto essenziale in un processo intellettivo (individuazione e valutazione dei rischi) cronologicamente antecedente le fasi operative/esecutive che attengono alle decisioni ed al controllo sullo svolgimento dell’attività lavorativa, che competono, invece, ad altre figure prevenzionistiche (tipicamente al datore di lavoro, ma anche al dirigente e al preposto). 

    c. E’ pacifico, insomma, che il RSPP non è destinatario di poteri decisionali, né operativi, né di doveri di vigilanza sulla corretta applicazione delle modalità di lavoro (cfr. Sez. 4, n. 24958 del 26/04/2017, Rescio, Rv. 27028601, in cui la Corte ha precisato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro ed è privo di effettivo potere decisionale). 

     

    E dunque secondo i Giudici:

    1. Tanto chiarito quanto alla particolare posizione di garanzia riconducibile alla figura del RSPP, si deve osservare che le argomentazioni della sentenza impugnata appaiono illogiche e contraddittorie laddove, da una parte, addebitano agli imputati mancanze decisionali di carattere esecutivo che attengono alla omessa predisposizione di un piano di intervento e di sicurezza specifico per l’operazione lavorativa in disamina; dall’altra – indebitamente equiparando la figura del RSPP, che è quella di un consulente, a quella del datore di lavoro e del preposto, che sono invece figure prevenzionistiche operanti nella quotidianità dell’attività lavorativa -, addebitano anche al …. (ndr RSPP) di non avere individuato e valutato, nell’immediato, i rischi dell’operazione che si stava eseguendo.
    2. la motivazione della sentenza impugnata sembra confondere il piano intellettivo/valutativo (proprio del RSPP) da quello decisionale/operativo (proprio di altri garanti, principalmente il datore di lavoro). Si parla di evento determinato da scelte esecutive sbagliate, ma tali scelte non spettano al RSPP, il quale non è presente tutti i giorni in azienda e non è tenuto a controllare le fasi esecutive delle lavorazioni.
    3. In definitiva, con riferimento alla posizione del RSPP, la motivazione della sentenza impugnata è viziata, poiché la sua responsabilità viene individuata, essenzialmente, in un omesso intervento in fase esecutiva che è estraneo alle competenze consultive/intellettive del RSPP, e senza che sia stato adeguatamente argomentato in ordine alla conoscibilità, da parte sua, della situazione oggettivamente pericolosa e del suo dovere di segnalazione del rischio al datore di lavoro, in una fase antecedente alla lavorazione stessa. 

     

    Qui la sentenza cassazione penale 2019 49761

     

     

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